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Sommario del 22/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa crea 19 nuovi cardinali: la Chiesa ha bisogno del vostro coraggio per annunciare il Vangelo
  • I nomi dei 19 nuovi porporati
  • Il neo-porporato Langlois, primo cardinale haitiano della storia: difficoltà enormi ad Haiti
  • Dilma Roussef dona al Papa la maglia del Brasile firmata da Pelè
  • Papa Francesco conclude il Concistoro sulla famiglia: il Signore conduce la Chiesa
  • Tweet del Papa: non perdiamo mai la speranza! Dio ci ama sempre, anche con i nostri peccati
  • Ponticia Accademia Vita: anziani e giovani si prendano cura gli uni degli altri
  • Lotta al riciclaggio, l'Aif firma Memorandum d'intesa con le controparti di Australia e Cipro
  • Nomina episcopale in Cile
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ucraina: Yanukovich lascia Kiev, fedelissimo di Timoshenko nominato premier ad interim
  • Al Quirinale il giuramento del governo Renzi: subito dopo il primo Cdm, lunedì la fiducia al Senato
  • Siria: all'Onu si discute di accessi umanitari e disarmo
  • La crisi al centro del G20 di Sidney. Guerrieri: no all'austerità, rilanciare la crescita per curare il debito
  • Spagna: passo importante degli indipendentisti baschi dell’Eta verso il disarmo
  • Capitolo dei Salesiani. Don Chávez Villanueva: credibili se coerenti col Vangelo
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Preoccupazione delle Conferenze episcopali europee per le violenze in Ucraina
  • Venezuela: ancora proteste. Maduro chiede colloqui diretti con gli Usa
  • Egitto, l'ex presidente Morsi dal tribunale: andare avanti con la rivoluzione
  • I vescovi maltesi: gli ospedali siano “palestre di speranza”
  • Spagna. Nel 2013, in lieve aumento il 7 per mille destinato alla Chiesa cattolica
  • I vescovi inglesi, irlandesi e canadesi consegnano al Sinodo le risposte al questionario sulla famiglia
  • India: grave situazione degli orfanatrofi in Kerala
  • Rwanda: commercio solidale per promuovere la pace nei Grandi Laghi
  • Lussemburgo. Per la prima volta, ciclo di conferenze per la Quaresima
  • In Corea del Sud, "preghiera quaresimale per la vita"
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa crea 19 nuovi cardinali: la Chiesa ha bisogno del vostro coraggio per annunciare il Vangelo

    ◊   La Chiesa ha bisogno di voi, “ha bisogno del vostro coraggio per annunciare il Vangelo”. E’ l’esortazione che Papa Francesco ha rivolto stamani a 19 nuovi cardinali, creati nel Concistoro nella Basilica Vaticana, nel giorno in cui si celebra la festa della Cattedra di San Pietro. Era assente il cardinale Loris Capovilla, che riceverà la berretta, nei prossimi giorni, a Bergamo. Alla celebrazione ha preso parte anche il Papa emerito, salutato con affetto da Papa Francesco all’inizio della cerimonia. Con un gesto di grande umiltà, Benedetto XVI si è levato lo zucchetto nel momento del saluto al Pontefice. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La consegna di un anello, l’imposizione di una berretta, l’assegnazione di un titolo: gesti semplici, ripetuti nel primo Concistoro di Papa Francesco come tante altre volte nella storia bimillenaria della Chiesa. Gesti, però, che hanno una forza sempre nuova, simbolo di quella comunione che lega inscindibilmente il Vescovo di Roma ai suoi fratelli cardinali. Proprio a questo vincolo d’amore, ha fatto riferimento il neo-cardinale Pietro Parolin che, a nome di tutti i nuovi porporati, ha salutato Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto, presente anch’egli alla cerimonia. Un saluto, quest’ultimo, accompagnato da un lungo emozionato applauso. Il segretario di Stato vaticano ha innanzitutto espresso la gratitudine al Pontefice per la fiducia riposta nei nuovi cardinali:

    “E’ la fiducia che sapremo rispondere, con fedeltà, generosità e perseveranza, alla chiamata contenuta nel simbolo della porpora ed esplicitata dall’esortazione che accompagna l’imposizione della berretta, ad essere pronti a 'comportarci con fortezza usque ad sanguinis effusionem per l’incremento della fede cristiana, per la pace e la tranquillità del popolo di Dio e per la libertà e la diffusione della Santa Romana Chiesa'”.

    Il cardinale Parolin ha, quindi, rammentato l’esortazione del Papa, nel primo giorno del suo Pontificato, a camminare alla presenza del Signore per edificare la Chiesa. Un tema, quello del “camminare e poi costruire e confessare” al quale Papa Francesco ha dedicato la sua omelia riprendendo le parole della sua prima Messa in Cappella Sistina, il giorno dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro. Il Vangelo di oggi, ha osservato, ci dice che Gesù camminava davanti ai suoi discepoli:

    “Questo ci colpisce nei Vangeli: Gesù cammina molto, e istruisce i suoi lungo il cammino. Questo è importante. Gesù non è venuto ad insegnare una filosofia, un’ideologia… ma una 'via', una strada da percorrere con Lui, e la strada si impara facendola, camminando. Sì, cari Fratelli, questa è la nostra gioia: camminare con Gesù”.

    Ma questo, ha avvertito, “non è facile, non è comodo, perché la strada che Gesù sceglie è la via della croce”. E così quando ai discepoli “preannuncia la sua passione, morte e risurrezione” restano stupiti “e pieni di timore per quello che Gesù avrebbe dovuto subire, e che anche loro rischiavano di subire”. Diversamente dai discepoli di allora, ha soggiunto il Papa, “noi sappiamo che Gesù ha vinto, e non dovremmo avere paura della Croce, anzi, nella Croce abbiamo la nostra speranza”. Eppure, ha detto, “siamo anche noi pur sempre umani, peccatori, e siamo esposti alla tentazione di pensare alla maniera degli uomini e non di Dio”:

    “E quando si pensa in modo mondano, qual è la conseguenza? «Gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni» (v. 41). Si sdegnarono. Se prevale la mentalità del mondo, subentrano le rivalità, le invidie, le fazioni… Allora questa Parola che oggi il Signore ci rivolge è tanto salutare! Ci purifica interiormente, fa luce nelle nostre coscienze, e ci aiuta a sintonizzarci pienamente con Gesù, e a farlo insieme, nel momento in cui il Collegio dei Cardinali si accresce con l’ingresso di nuovi Membri”.

    Gesù, ha proseguito, “si accorge che c’è bisogno di parlare ai Dodici, si ferma, e li chiama a sé”. E proprio di questa chiamata la Chiesa ha bisogno anche oggi:

    “…ha bisogno di voi, della vostra collaborazione, e prima ancora della vostra comunione, con me e tra di voi. La Chiesa ha bisogno del vostro coraggio, per annunciare il Vangelo in ogni occasione opportuna e non opportuna, e per dare testimonianza alla verità. La Chiesa ha bisogno della vostra preghiera, per il buon cammino del gregge di Cristo, la preghiera che, con l’annuncio della Parola, è il primo compito del Vescovo. La Chiesa ha bisogno della vostra compassione soprattutto in questo momento di dolore e sofferenza in tanti Paesi del mondo”.

    Il Papa ha così espresso “vicinanza spirituale alle comunità ecclesiali e a tutti i cristiani che soffrono discriminazioni e persecuzioni”. “Dobbiamo lottare – ha ribadito a braccio – contro ogni discriminazione!”. La Chiesa, ha detto, “ha bisogno della nostra preghiera per loro, perché siano forti nella fede e sappiano reagire al male con il bene”. E questa nostra preghiera, ha soggiunto, “si estende ad ogni uomo e donna che subisce ingiustizia a causa delle sue convinzioni religiose”:

    “La Chiesa ha bisogno di noi anche affinché siamo uomini di pace e facciamo la pace con le nostre opere, i nostri desideri, le nostre preghiere. Fare la pace! Artigiani della pace! Per questo invochiamo la pace e la riconciliazione per i popoli che in questi tempi sono provati dalla violenza, dall’esclusione e dalla guerra”.

    Dopo l’allocuzione, il Papa ha elencato il nome dei nuovi cardinali che a loro volta hanno giurato fedeltà alla Chiesa:

    “Ego Petrus, Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalis Parolin, promitto et iuro…”

    Quindi, il simbolico e suggestivo momento dell’imposizione della berretta, della consegna dell’anello cardinalizio e dell’assegnazione del titolo o della diaconia. Momento seguito dall’abbraccio di pace con il Papa e con i confratelli, segno visibile di quella comunione ecclesiale che dà forza alla testimonianza intrepida di Cristo nella Citta di Roma e nelle regioni più lontane.

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    I nomi dei 19 nuovi porporati

    ◊   Questi i nomi dei 19 nuovi cardinali:

    1 – Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, del Titolo Santi Simone e Giuda Taddeo a Torre Angela.
    2 – Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, della Diaconia Sant’Anselmo all’Aventino.
    3 – Card. Gerhard Ludwig Müller, Arcivescovo-Vescovo emerito di Regensburg, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Diaconia Sant’Agnese in Agone.
    4 – Card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, della Diaconia Santi Cosma e Damiano.
    5 – Card. Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna), del Titolo Santissimo Redentore e Sant’Alfonso in Via Merulana.
    6 – Card. Leopoldo José Brenes Solórzano, Arcivescovo di Managua (Nicaragua), del Titolo San Gioacchino ai Prati di Castello.
    7 – Card. Gérald Cyprien Lacroix, Arcivescovo di Québec (Canada), del Titolo San Giuseppe all’Aurelio.
    8 – Card. Jean-Pierre Kutwa, Arcivescovo di Abidjan (Costa d’Avorio), del Titolo Sant’Emerenziana a Tor Fiorenza.
    9 – Card. Orani João Tempesta, O.Cist., Arcivescovo di Rio de Janeiro (Brasile), del Titolo Santa Maria Madre della Provvidenza a Monte Verde.
    10 – Card. Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve (Italia), del Titolo Santa Cecilia.
    11 – Card. Mario Aurelio Poli, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), del Titolo San Roberto Bellarmino.
    12 – Card. Andrew Yeom Soo jung, Arcivescovo di Seoul (Korea), del Titolo San Crisogono.
    13 – Card. Ricardo Ezzati Andrello, S.D.B., Arcivescovo di Santiago del Cile (Cile), del Titolo Santissimo Redentore a Valmelaina.
    14 – Card. Philippe Nakellentuba Ouédraogo, Arcivescovo di Ouagadougou (Burkina Faso), del Titolo Santa Maria Consolatrice al Tiburtino.
    15 – Card. Orlando B. Quevedo, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato (Filippine), del Titolo Santa Maria “Regina Mundi” a Torre Spaccata.
    16 – Card. Chibly Langlois, Vescovo di Les Cayes (Haïti), del Titolo San Giacomo in Augusta.

    - Arcivescovi emeriti, che si sono distinti per il loro servizio alla Santa Sede e alla Chiesa:
    1 – Card. Loris Francesco Capovilla, Arcivescovo titolare di Mesembria, del Titolo Santa Maria in Trastevere.
    2 – Card. Fernando Sebastián Aguilar, C.M.F., Arcivescovo emerito di Pamplona, del Titolo Sant’Angela Merici.
    3 – Card. Kelvin Edward Felix, Arcivescovo emerito di Castries, del Titolo Santa Maria della Salute a Primavalle.

    Con la creazione di 19 cardinali, il Collegio Cardinalizio risulta composto da 218 porporati: 122 elettori e 96 non elettori. I nuovi porporati provengono da 15 Paesi diversi:

    - 8 provengono dall’Europa: 5 dall’Italia, tra cui 1 non elettore, 3 dal resto dell’Europa (Germania, Gran Bretagna e Spagna, quest'ultimo non elettore)
    - 4 dall’America settentrionale e centrale (Canada, Nicaragua, Haiti e Antille, quest'ultimo non elettore)
    - 3 dall’America meridionale (Cile, Brasile, Argentina)
    - 2 dall’Africa (Costa d’Avorio e Burkina Faso)
    - 2 dall’Asia (Corea e Filippine)

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    Il neo-porporato Langlois, primo cardinale haitiano della storia: difficoltà enormi ad Haiti

    ◊   Tra i nuovi porporati c'è anche il primo cardinale haitiano della storia, il vescovo di Les Cayes e presidente della Conferenza episcopale di Haiti, Chibly Langlois. 55 anni, rappresenta nel Collegio cardinalizio uno dei Paesi più poveri e dimenticati del mondo, colpito, tra l’altro da gravi calamità naturali. Ascoltiamo quanto riferisce sulla difficile situazione nel Paese, al microfono di Stefano Leszczynski:

    R. – Après le tremblement de terre, nous connaissons des difficultés dans le pays …
    Dopo il terremoto, il Paese si ritrova in grandi difficoltà: le famiglie hanno grandi problemi economici e questo fa sì che esse non possano assumere appieno le loro responsabilità – la madre o il padre – nei riguardi dei figli, e così le difficoltà sono enormi. Sul piano finanziario, Haiti ha molte necessità. La disoccupazione è molto diffusa – siamo all’85 per cento di persone che non ricevono stipendio – e si comprende bene quindi la grande difficoltà delle famiglie a far fronte alle proprie necessità.

    D. – Haiti è però anche il Paese in cui le tensioni sociali sono forti e l’opposizione tra i partiti politici è esasperata; la Chiesa ha avviato una mediazione per avviare un processo di riconciliazione nazionale. A che punto è questa opera della Chiesa nella vita politica del Paese?

    R. – Nous sommes engagés à mettre ensemble les différents partis politiques …
    Ci siamo impegnati a pacificare i diversi partiti politici e anche le istituzioni, come il parlamento e il potere esecutivo affinché, dialogando, possano trovare una via d’uscita da questa crisi. E’ un impegno che porta molti risultati, perché intanto ha attenuato la tensione sociale e politica. Nei mesi di gennaio e febbraio, in cui si è svolto questo dialogo, abbiamo cercato di concentrare l’attenzione della società civile su questo dialogo. Non abbiamo però raggiunto la firma di un accordo. Si tratta di un dialogo inclusivo al quale partecipano non soltanto i partiti politici ma anche le istituzioni, come l’esecutivo, il parlamento … I tempi di cui queste istituzioni hanno bisogno per attuare questo dialogo, perché i risultati di questo siano efficaci, sicuramente dovranno essere più lunghi ed è per questo che non c’è stata la firma di un accordo. Ma noi siamo sicuri che questi accordi saranno firmati e che tutti gli attori che si sono impegnati in questo dialogo sperino fortemente che questo dialogo contribuisca a risolvere la crisi attuale. Fondando sulla speranza delle parti in causa, a nostra volta noi speriamo che, con il nostro accompagnamento, possiamo contribuire ad un accordo e poi alla sua applicazione.

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    Dilma Roussef dona al Papa la maglia del Brasile firmata da Pelè

    ◊   Ieri sera, intorno alle ore 19.30, Papa Francesco ha ricevuto nello Studio presso l’Aula Paolo VI, il presidente del Brasile, la signora Dilma Rousseff, giunta a Roma per essere presente al Concistoro di stamani in cui sarà creato cardinale mons. Orani Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro.

    “Il colloquio – ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi - è stato ampio e cordiale e ha dato occasione al Papa di esprimere ancora una volta i suoi sentimenti di affetto e di augurio per tutto il popolo brasiliano”. Al termine del colloquio, nell’auletta attigua, il Papa ha salutato la delegazione che accompagnava la presidente ed ha avuto luogo lo scambio dei doni. Dilma Rousseff, “con evidente riferimento alla prossima Coppa del Mondo di calcio” che avrà luogo in giugno in Brasile, ha donato al Papa una maglia della nazionale brasiliana, N.10, firmata da Pelè con la dedica: “A Papa Francesco con rispetto e ammirazione”, e un pallone firmato da Ronaldo: “Al Papa Francesco un grande abbraccio dall’amico Ronaldo”.

    “Scherzando, il Papa ha detto che con questi doni lo si invitava a pregare perché il Brasile vinca la Coppa”, e la presidente ha risposto che “gli si chiedeva almeno la neutralità”. Il Santo Padre a sua volta ha donato un artistico medaglione raffigurante “L’Angelo della pace”. L’incontro è terminato dopo le 20.

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    Papa Francesco conclude il Concistoro sulla famiglia: il Signore conduce la Chiesa

    ◊   Papa Francesco ha concluso ieri sera il Concistoro straordinario sul tema della famiglia con un breve intervento, ringraziando tutti i partecipanti ed esprimendo la convinzione che il Signore ha condotto la Chiesa ad affrontare il tema del Vangelo della famiglia e che la accompagnerà nel cammino che, avviato con questo passo importante del Concistoro, continuerà con il Sinodo nel corso di quasi due anni. Ha quindi invitato tutti a pregare il Signore per questa intenzione e per lui.

    L’ultima parte del Concistoro si è svolto nel pomeriggio di ieri, dalle 16.30 alle 18.45, con la continuazione degli interventi dei cardinali. In tutto il Concistoro sono intervenuti 69 cardinali, trattando un’ampia gamma di temi a proposito della famiglia. L’assemblea si è svolta e conclusa in un clima di grande serenità e soddisfazione da parte di tutti i presenti per l’ampiezza e la profondità degli interventi.

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    Tweet del Papa: non perdiamo mai la speranza! Dio ci ama sempre, anche con i nostri peccati

    ◊   Papa Francesco ha lanciato oggi questo nuovo tweet: “Non perdiamo mai la speranza! Dio ci ama sempre, anche con i nostri sbagli e peccati”.

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    Ponticia Accademia Vita: anziani e giovani si prendano cura gli uni degli altri

    ◊   Accompagnare con adeguate cure e amore l’anziano sofferente nell’ultimo tratto del cammino della vita, "no" all'eutanasia. Questo è il messaggio conclusivo dei partecipanti al convegno “Invecchiamento e disabilità”, promosso dalla Pontificia Accademia per la vita, che si è concluso, ieri sera, a Roma. Il servizio di Marina Tomarro:

    Favorire una cultura della reciprocità tra anziani e giovani, quel prendersi cura l’uno dell’ altro con amore e rispetto, perché solo così la disabilità senile diventa una risorsa e non solo un fardello da sopportare. Queste le conclusioni del convegno “Invecchiamento e disabilità”. Il commento di mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari:

    R. - Dobbiamo lavorare su questa cultura dell’unità nella famiglia. Papa Francesco dice sempre ai giovani che devono curare e devono rispettare gli anziani, i disabili. Questo è il nostro programma: fare del bene a chi soffre, far capire al malato, all’anziano, al disabile, che loro hanno tanta potenzialità, che possono "offrire" le loro malattie agli altri, unendo le loro sofferenze a quelle di Cristo.

    D. – In che modo la Chiesa riesce a esser vicino anche alle famiglie dei disabili?

    R. – In Polonia, per esempio, i parroci, ogni primo venerdì del mese, visitano i malati con la Comunione e questo è un grande conforto anche per i famigliari. Quando noi pensiamo ai malati subito pensiamo all’ospedale. La realtà oggi è diversa perché il malato dopo qualche giorno torna a casa, ma oggi ci sono tanti malati anziani che "giacciono" nelle loro case. Questa è la grande preoccupazione: poter aiutare queste famiglie, perché ci sia solidarietà dentro la famiglia, da parte dei vicini di casa e anche in parrocchia. Questo è molto importante secondo me.

    Ma spesso, purtroppo, i disabili si sentono lasciati soli ad affrontare la loro malattia e i problemi che ne conseguono. Cosa si dovrebbe fare maggiormente? La riflessione di Paolo Marchiori, presidente dell’ Associazione Italiana Sclerosi laterale amiotrofica:

    R. - Parte tutto dalla conoscenza e dall’informazione sulla disabilità, che a mio avviso non ci sono. Ci sono regole, hanno fatto la convenzione dell’Onu, sono cose che comunque fanno bene per la società, ma è il "crescere" che crea la persona. Se noi riusciamo a integrare la disabilità, integrarla nel senso che un disabile deve crescere insieme a una persona senza disabilità, quindi, questo giovane, un domani potrebbe diventare una persona che vede la sua disabilità come una normalità. Quindi aiutare una famiglia, essere d’aiuto è una cosa normale. Infine, vorrei dire che la nostra vita, soprattutto da cristiani, fosse una vita a servizio dell’altro. Se avessimo un po’ di fede le famiglie non sarebbero sole. Il cristiano deve essere quella persona attenta al bisogno dell’altro. La fede è questo: io sono l’altro, se voglio bene a me stesso, voglio bene anche all’altro.


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    Lotta al riciclaggio, l'Aif firma Memorandum d'intesa con le controparti di Australia e Cipro

    ◊   L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, ha firmato ieri un Memorandum d’intesa con l’Australian Transaction Reports and Analysis Centre (AUSTRAC), la sua controparte australiana. Precedentemente, in questa stessa settimana, in occasione dell’incontro dell’Egmont Working Group a Budapest, era stato firmato un Memorandum d’intesa con l’Unità di informazione finanziaria della Repubblica di Cipro, l’Unità per la Lotta contro il Riciclaggio di Denaro (MOKAS). I due Memorandum sono stati firmati da René Brülhart, Direttore dell’AIF.

    Un Memorandum d’intesa è lo strumento standard per formalizzare la cooperazione e lo scambio di informazione finanziaria per la lotta contro il riciclaggio del denaro e il finanziamento del terrorismo attraverso le frontiere e viene firmato dalle autorità competenti dei due Paesi interessati. E’ basato sul modello di Memorandum d’intesa preparato dall’Egmont Group, l’organizzazione globale delle Unità d’informazione finanziaria nazionali, e contiene clausole sulla reciprocità, gli usi permessi di informazioni e confidenzialità.

    “Questi nuovi Memorandum – ha affermato Rene Brülhart - rafforzano l’inserimento dell’AIF nel quadro internazionale e rappresentano un forte impegno della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano nella iniziativa a livello globale nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo” e sottolineano “le fruttuose relazioni con le nostre controparti internazionali e favorisce i nostri sforzi congiunti”.

    L’AIF è divenuta membro dell’Egmont Group nel luglio del 2013. Ha firmato Memorandum d’intesa e coopera con le Unità d’informazione finanziaria di Stati Uniti, Belgio, Italia, Spagna, Slovenia, Olanda e Germania. Si prevede che nuovi Memorandum vengano firmati nelle prossime settimane. L’AIF è stata istituita nel 2010 ed è l’Autorità competente della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano per la lotta contro il riciclaggio del denaro e il finanziamento del terrorismo.

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    Nomina episcopale in Cile

    ◊   Il Santo Padre ha nominato vescovo di Iquique (Cile) mons. Guillermo Patricio Vera Soto, finora vescovo di San Juan Bautista de Calama. Mons. Guillermo Patricio Vera Soto è nato a Isla de Maipo, diocesi di Melipilla, il 7 giugno 1958. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici nel Pontificio Seminario Maggiore di Santiago del Cile. Ordinato sacerdote il 12 giugno 1982 per l’arcidiocesi di Santiago del Cile, s’è incardinato poi nella vicina diocesi di Melipilla quando essa è stata eretta nel 1991. Ha svolto l’incarico di parroco nelle parrocchie di Talagante, di Curacaví e della Cattedrale di Melipilla. Il 10 aprile 2003 è stato nominato vescovo prelato di Calama. Ha ricevuto l’Ordinazione episcopale il 31 maggio 2003. Il 20 febbraio 2010 la Prelatura di Calama è stata elevata al rango di diocesi con la denominazione di San Juan Bautista de Calama e mons. Guillermo Patricio Vera Soto è stato nominato il suo primo vescovo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   L'Osservatore Romano di oggi è quasi integralmente dedicato al Concistoro ordinario pubblico per la creazione di 19 nuovi cardinali. Viene pubblicato il testo del discorso - «Gesù camminava davanti a loro» (Mc 10, 32) - pronunciato da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro. Seguono le biografie dei porporati creati dal Pontefice. Il quotidiano presenta poi – oltre a una cronaca del Concistoro – il saluto rivolto al Papa dal primo dei cardinali, Pietro Parolin, segretario di Stato.

    Nelle pagine internazionali, la situazione in Ucraina, le stragi di civili in Sud Sudan e la richiesta dell'Onu di accoglienza e garanzie per i profughi siriani.

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    Oggi in Primo Piano



    Ucraina: Yanukovich lascia Kiev, fedelissimo di Timoshenko nominato premier ad interim

    ◊   Situazione in continua evoluzione in Ucraina: il presidente Viktor Yanukovich ha lasciato Kiev e si trova, secondo le ultime informazioni, a Kharkiv, nell’est del Paese, regione dove ha più sostenitori. Nella capitale, il parlamento sta valutando se votare per lui l’impeachment, come richiesto dall’opposizione, che vorrebbe anche arrivare ad elezioni presidenziali anticipate prima del 25 maggio. Intanto, potrebbe essere imminente la liberazione dell’oppositrice ed ex premier Yulia Timoshenko, mentre un suo fedelissimo, Oleksandr Turcinov, è stato nominato dai parlamentari primo ministro ad interim. Una decisione, quest’ultima, contestata dai deputati delle regioni del sud e dell’est fedeli a Yanukovich, che da Kharkiv hanno definito “illegittimo” il parlamento di Kiev. Ma qual è l’atteggiamento delle grandi potenze mondiali di fronte alla complessa crisi ucraina? Davide Maggiore lo ha chiesto a Marco Di Liddo, analista del Centro Studi Internazionali:

    R. – In questo momento i grandi del mondo stanno a guardare. Certo, gli Stati Uniti sono intervenuti perché in un dossier così ‘caldo’ come quello ucraino la presenza statunitense era comunque fondamentale, anche a livello di dimostrazione politica di attenzione. Per quanto riguarda poi la Russia, non vedrebbe con piacere un governo eccessivamente filoeuropeo; però è altrettanto consapevole che il popolo ucraino - o una parte del popolo ucraino - è desideroso di realizzare l’integrazione nelle strutture, nel sistema di valori politici e identitari rappresentato dall’Europa.

    D. – I grandi del mondo – lei dice – restano in una posizione attendista. Ma cosa può fare, invece, la Comunità internazionale?

    R. – In questo momento la Comunità internazionale - e soprattutto l’Unione Europea - può porsi come terza parte mediatrice e come organizzazione e struttura in grado di favorire la pace e la stabilizzazione del Paese. Non è un compito facile, perché i manifestanti non hanno una guida politica unitaria: al momento rappresentano un complesso mosaico di diverse organizzazioni, che va dall’estrema destra agli europeisti, agli attivisti dei diritti umani… In una situazione come questa diventa ancora più difficile sedersi ad un tavolo, perché i manifestanti e coloro che si oppongono al governo di Yanukovich non hanno un’idea politica comune e soprattutto non hanno un obiettivo e un programma unitario, se non quello di voler vedere il presidente Yanukovich rassegnare le dimissioni.

    D. – A questo punto esiste una soluzione condivisibile da tutte le parti?

    R. – Una soluzione che potrebbe accontentare tutte le parti è emersa: è quella di elezioni anticipate. Però è naturalmente una soluzione temporanea.

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    Al Quirinale il giuramento del governo Renzi: subito dopo il primo Cdm, lunedì la fiducia al Senato

    ◊   Il nuovo esecutivo, presentato ieri sera, dal premier incaricato Matteo Renzi, ha giurato questa mattina nelle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il governo è entrato così nella pienezza delle funzioni, ma per il passaggio parlamentare c’è da attendere lunedì quando ci sarà il voto di fiducia al Senato e il giorno successivo per quello alla Camera. Al termine della cerimonia la tradizionale foto, seguita dal passaggio di consegne tra Letta e Renzi, e quindi la prima riunione del Consiglio dei ministri. Giovani e al 50% donne i membri del nuovo governo, anche il presidente del Consiglio è il più giovane della storia italiana, ma anche il più giovane premier in Europa. Per un commento a partire dal valore di questo ricambio generazionale, Adriana Masotti ha intervistato il politologo Paolo Pombeni, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna:

    R. – Il valore è dato dall’anomalia italiana, per cui – purtroppo – il ritmo generazionale, anziché essere un ritmo continuo, è un ritmo che va a salti: per 20 anni non entra nessuno di una nuova generazione, poi improvvisamente si rottama tutta la vecchia e si mette tutta la nuova. Fatto così è un po’ traumatico, però è la nostra storia nazionale.

    D. – Un altro dato è il numero dei ministri, che sono sedici: quindi meno rispetto al passato…

    R. – Da questo punto di vista Renzi ha fatto una politica molto saggia: ha ridotto gli appetiti, riducendo i numeri; pagando qualche prezzo inevitabilmente, ma arrivando nel complesso a un governo, che deve essere un governo snello.

    D. – Pier Carlo Padoan come ministro dell’Economia: che cosa aspettarsi da questa scelta?

    R. – Questa scelta è stata una scelta, in qualche modo, obbligata perché ci voleva una personalità che garantisse quelle forze dalle quali purtroppo noi siamo dipendenti e cioè i mercati internazionali da un lato, la Commissione europea dall’altro. Renzi ha fatto la scelta di un economista che, pur essendo un uomo dell’establishment, non fosse chiaramente un conservatore. Cosa possiamo aspettarci? Bisognerà vedere come le forze che sono in campo riusciranno o non riusciranno a condizionarlo.

    D. – Alfano, Lorenzin, Lupi: quasi tutti i ministri del centrodestra del governo Letta sono stati confermati. Che cosa significa?

    R. - Significa che naturalmente Renzi ha bisogno di una maggioranza parlamentare e la componente indispensabile per questo tipo di maggioranza era quella del Nuovo Centro Destra, per cui ha dovuto arrivare a patti con loro e quindi ha dovuto lasciar loro 3 posti; prima ne avevano 5. Ha tolto questa posizione di vicepremier ad Alfano: questo è un fatto più simbolico che sostanziale, ma significa chiaramente che questo non è più un governo – diciamo - di larghe intese, in cui c’è un accordo destra-sinistra, è un governo magari di sinistra-centro o sinistra-destra.

    D. – Sono state lasciate fuori, invece, la Kyenge e la Bonino. Nel caso della Kyenge scompare proprio il ministero dell’Integrazione…

    R. – Questa, da un certo punto di vista, è una cosa che rientra nella razionalizzazione complessiva: adesso non è che per ogni problema che abbiamo, ci sia la necessità di avere un ministero… L’integrazione è un problema grosso e importante, ma basta un bravo sottosegretario agli Interni che si occupi di questo problema e può fare già benissimo.

    D. – Per quanto riguarda la famiglia, nei giorni scorsi il Forum delle associazioni familiari aveva chiesto una delega chiara per politiche familiari più incisive…

    R. – Questo lo speriamo tutti, io almeno lo spero fortemente! Indubbiamente il sistema familiare è quello che sta tenendo in piedi questo Paese: se non ci fosse un sistema di solidarietà familiare, con una disoccupazione giovanile al 40 per cento, noi saremmo sull’orlo della guerra civile. Non lo siamo, proprio perché invece – per fortuna – c’è ancora questo sistema di reti sociali che regge. Non si può pensare però che questa cosa possa andare avanti all’infinito, senza dei forti interventi di sostegno da parte della sfera pubblica. Quindi anche qui non è un problema che facciano il “ministero per..”, ma il problema è che qualcuno nel governo seriamente si prenda carico di questa questione.

    D. – Prof. Pombeni, per finire le chiederei un giudizio complessivo: lei come vede questa nuova squadra? Questo nuovo governo ha i numeri per durare?

    R. – Ci sono due aspetti. Indubbiamente, in parte, questo governo ha pagato un prezzo a quello che si chiama il “casting politico”, trovare cioè un po’ di immagini per far vedere che si è differenti. Io credo che – come dicono gli inglesi – la prova del budino consista nel mangiarlo, quindi…. perché non dipende soltanto dalla qualità intrinseca di ogni singolo ministro, ma anche dalla squadra che ciascun ministro è capace di costruirsi. Per durare questo governo ha bisogno di una cosa: di superare indenne il tornante delle elezioni europee, che sono connesse con una quota di elezioni amministrative abbastanza importanti. E’ chiaro che se a queste elezioni corrispondesse un non buon risultato a cominciare dal centrodestra di Alfano, magari un non buon risultato per lo stesso Berlusconi, magari qualche problema anche per il Pd, allora io temo che si aprirebbe non tanto un ricorso alle urne – che tutti temono e cercano di evitare – quanto una delegittimazione, una fibrillazione continua all’interno delle forze politiche che sottendono il governo e dello stesso governo: una fibrillazione che non ci farebbe bene….


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    Siria: all'Onu si discute di accessi umanitari e disarmo

    ◊   Al Consiglio di sicurezza dell’Onu si vota oggi un progetto di risoluzione sulla situazione umanitaria in Siria, per chiedere alle parti in conflitto di porre fine agli assedi in particolare a Homs, nel campo profughi palestinese di Yarmouk e a Ghouta, al centro del drammatico attacco chimico nell’agosto 2013. I ritardi siriani nel piano di distruzione dell’arsenale chimico di Damasco sono stati invece al centro del Consiglio esecutivo dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), in questi giorni all’Aja. Da Stati Uniti e Francia, a tal proposito, è arrivato un ultimatum: o il presidente Bashar al Assad dimostrerà entro il 4 marzo di voler adempiere ai propri obblighi, accelerando la consegna degli agenti chimici che devono essere distrutti entro il 30 giugno, così come previsto dal piano Onu-Opac, oppure la Siria verrà deferita al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ce ne parla Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino:

    R. - Il processo di disarmo chimico della Siria, per quello che risulta, sta procedendo con estrema lentezza: sembra che solamente il 19% dell’arsenale sia stato in realtà consegnato, quindi una piccolissima parte e quello che è ancora più grave è che teoricamente rimane a disposizione per un eventuale conflitto di tipo chimico. Il problema è che Assad dice che in questo momento c’è una situazione di guerra in atto ed è difficile trasportare le armi chimiche nel territorio siriano, farle arrivare fino al porto di Latakia, dove dovrebbero essere imbarcate e poi spedite al porto italiano di Gioia Tauro: di lì, a loro volta, trasportate su una nave americana che dovrebbe provvedere a neutralizzare le armi in alto mare. Non è facile trasportarle, né garantire l’integrità di questi convogli ed il personale non è preparato a trasferirle: stiamo parlando di tonnellate di materiale, quindi in parte è anche comprensibile, però certamente non deve diventare un alibi per non rispettare i patti.

    D. - Queste difficoltà in qualche modo non potevano essere previste?

    R. - Erano previste sin dall’inizio. Si sapeva che queste armi, che sono tra l’altro disseminate su tutto il territorio siriano, sono non di facile trasporto. Questo è uno dei motivi per cui in realtà quando è stata fatta la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche quasi tutti i Paesi hanno aderito: in realtà - al di là del fatto che si tratti di un’arma che psicologicamente ci fa molta paura, in quanto arma di distruzione di massa - è comunque un’arma di difficile utilizzo, di non facile gestione e né di facile smaltimento. Quindi, anche le stesse truppe che le usano e le trasportano in realtà sono esposte a forti pericoli; inoltre, trasportare questi prodotti in una zona di guerra - immaginiamo con camion lungo strade disseminate da mine, dove ci sono bombardamenti e sparatorie - ci rendiamo conto che è qualcosa di estremamente pericoloso. Teoricamente, servirebbe in parallelo anche una situazione di relativa calma del conflitto: questo toglierebbe ogni alibi al regime siriano.

    D. - Se questi trasferimenti dovessero subire ulteriori ritardi cosa potrebbe succedere in sede Onu? È stato minacciato di deferire la Siria al Consiglio di Sicurezza…

    R. - Sì, certamente questo potrebbe essere uno dei passaggi. Non credo che l’ipotesi di intervento militare sia comunque ad oggi ventilata, perché poi in realtà queste armi chimiche non sono state più usate dopo quell’episodio controverso dell’agosto 2013. Però, certamente potrebbe andare sotto inchiesta l’azione del governo e quindi il clima internazionale potrebbe diventare più difficile per Damasco.

    D. - Si prevede quindi un termine che vada oltre il 30 giugno, indicato in un primo momento?

    R. - Credo di sì, penso che le scadenze saranno prolungate. Certo, occorre che da parte siriana comunque ci siano segnali di buona volontà e di impegno in questo senso. È anche vero che purtroppo c’è una guerra in atto - di cui adesso si parla relativamente poco - e le armi “convenzionali”, in mano a una parte e all’altra, stanno comunque massacrando prevalentemente la popolazione civile. Quindi, la situazione non è che sia meno drammatica.

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    La crisi al centro del G20 di Sidney. Guerrieri: no all'austerità, rilanciare la crescita per curare il debito

    ◊   Al G20, in corso a Sidney in Australia fino a questa domenica, il Sudafrica preme per un accordo sul coordinamento delle politiche economiche, così da evitare che gli "squilibri" abbiano "ricadute negative sulle altre economie". E’ quanto ha detto il vice-ministro delle Finanze sudafricano, Nhlanhla Nene, facendo riferimento all'impatto della riduzione degli stimoli monetari avviata dalla Federal Reserve sulle economie emergenti. Fausta Speranza ha chiesto di chiarire il nodo del problema in discussione a Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università La Sapienza:

    R. – La questione centrale è che la moneta di un Paese, cioè il dollaro degli Stati Uniti, è anche la moneta di tutti i Paesi, nel senso che è ancora la moneta usata a livello internazionale. Quello, quindi, che decide la Banca centrale americana, cioè la Federal Reserve, ha ovviamente riflesso all’interno dell’economia americana, ma ha poi riflesso in tutto il mondo. Lo abbiamo visto qualche mese fa, quando il semplice annuncio che la Federal Reserve avrebbe cominciato - come dire - a frenare e, quindi, a rallentare la creazione di dollari, ha provocato una specie di reazione in tutti i mercati emergenti. Il punto è che non c’è una moneta veramente internazionale, ma c’è ancora la moneta di un Paese, che serve poi a tutti. Quindi, ne vediamo le conseguenze con questa instabilità che ciclicamente si ripropone ogni volta che c’è un cambio nella politica monetaria americana.

    D. – Si parla tanto di coordinamento al G20 dove ci sono ministri delle Finanze e governatori delle Banche centrali. Quale coordinamento potrebbe essere positivo per la crescita globale?

    R. – Beh, il paradosso che si è sottolineato, e che avevamo sottolineato anche prima del G20, è un po’ questo: c’è un’enorme domanda di tanti beni necessari - dall’elettricità ai telefoni, alle strade, ai porti - e quindi tante occasioni di investimento. Eppure gli investimenti languono in molti Paesi, ma soprattutto la crescita complessiva dell’economia mondiale è molto al di sotto delle potenzialità. Allora, la domanda chiave è: che cosa si può fare per aumentare queste potenzialità? La risposta che sta venendo è in qualche modo su un fronte, cioè quello di cercare perlomeno di armonizzare le regolamentazioni, il tipo di intervento nei vari Paesi, per stimolare gli investimenti sia pubblici che privati. E’ certamente interessante, perché potrebbe in qualche modo favorire una maggiore effettuazione di questi investimenti. Il vero nodo, però, che in realtà non si riesce ad affrontare, è che bisognerebbe coordinare proprio il modo di sostenere la domanda nei vari Paesi a livello internazionale. Ma questo è molto difficile, perché ogni Paese guarda prima al suo interno e poi si preoccupa di quello che serve al resto del mondo. Il coordinamento, quindi, di queste politiche macroeconomiche, soprattutto monetarie e fiscali, tutt’oggi è bassissimo e quindi ne soffre anche la crescita complessiva. Questo è un po’ il nodo al centro di questo G20, e in realtà lo è stato anche al G20 che si è chiuso in Russia lo scorso anno.

    D. – In queste ore in particolare l’Australia, che è poi il Paese che ospita il G20, ha raccomandato meno attenzione al debito e più attenzione ad aumentare la domanda...

    R. – In realtà l’approccio è giusto, è corretto. Per curare un debito eccessivo, un’economia deve crescere di più, perché, crescendo di più, il debito può essere ammortizzato. La ricetta che invece prende di petto il debito, come è poi stato con la ricetta dell’austerità, soprattutto in Europa, ha dimostrato che poi la riduzione del debito non avviene, perché, invece della crescita, si ha il ristagno e la massa di debiti, a quel punto, diventa ancora più ingestibile. Credo che l’approccio, quindi, sia giusto. Fuori dell’Europa, questo approccio è un dato di fatto, perché gli Stati Uniti lo hanno seguito; in Europa si fa un’enorme fatica ad accettarlo, ma io credo che anche in Europa si dovrà arrivare, quanto prima, ad accettare questa logica. Bisogna rilanciare la crescita per curare il debito e non viceversa.

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    Spagna: passo importante degli indipendentisti baschi dell’Eta verso il disarmo

    ◊   Il gruppo indipendentista basco dell'Eta ha cominciato a mettere fuori uso alcune delle armi ancora in suo possesso, oltre due anni dopo la rinuncia alla lotta armata annunciata nell'ottobre 2011. Di “piccolo passo” necessario “per un disarmo completo” ha parlato il governo locale basco, mentre le autorità di Madrid continuano a chiedere lo scioglimento senza condizioni del gruppo. Ascoltiamo , da Bilbao, Ignacio Arregui:

    Un comitato internazionale, composto da cinque esperti, ha annunciato ieri che il gruppo armato basco indipendentista – l’Eta – ha sigillato e messo fuori uso una quantità determinante delle sue armi. Va anche ricordato che risale al 20 ottobre 2011 la rinuncia dell’Eta alla lotta armata. Con l’annuncio fatto, l’Eta ridurrebbe la sua capacità di utilizzo delle armi. I cinque mediatori internazionali, presieduti dal loro portavoce, lo srilankese Ram Manikkalingam, ritengono credibile e rilevante questo gesto dell’Eta e hanno affermato che si dovrà continuare fino ad arrivare al disarmo totale, poiché questo è un passo necessario per arrivare allo scioglimento e alla scomparsa del gruppo armato. Il presidente del governo basco ha affermato che si tratta sì di un gesto positivo, ma non sufficiente. In realtà la vera notizia sarebbe se l’Eta si sciogliesse e scomparisse. Ed è questa l’unica via di uscita che vuole il governo centrale di Madrid, dopo 50 anni di conflitto armato. E’ vero che dal 20 ottobre del 2011 l’Eta non ha ripreso le armi e questo fatto è anche stato confermato dai mediatori internazionali, ma le 850 vittime del suo terrorismo, insieme agli ingenti danni materiali, sociali e morali di 50 anni di violenza e la lentezza con cui i suoi responsabili stanno dilungando il definitivo disarmo e il loro ritorno alla vita normale spiegano lo scetticismo di ampi settori della popolazione e di alcune forze politiche. Tuttavia i mediatori hanno concluso il loro comunicato facendo appello allo spirito di collaborazione attiva di tutte le forze politiche, sociali e anche alla Chiesa, per il raggiungimento del disarmo totale e dello scioglimento dell’Eta, come conseguenza di questo processo di disarmo compiuto adesso.

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    Capitolo dei Salesiani. Don Chávez Villanueva: credibili se coerenti col Vangelo

    ◊   “Testimoni della radicalità evangelica”, il tema del 27.mo Capitolo generale dei Salesiani, al via oggi. A rappresentare la grande famiglia salesiana, formata da oltre 440 mila religiosi, consacrati e laici presenti in 130 Paesi, sono 220 delegati e invitati di 58 nazionalità. Durante i lavori che si tengono a Torino e a Roma saranno eletti il nuovo rettore maggiore e i consiglieri. Roberta Gisotti ha intervistato don Pascual Chávez Villanueva, rettore maggiore uscente:

    R. – Devo dire prima di tutto che l’espressione radicalità evangelica non è che sia tanto comune in questo momento nel linguaggio della vita consacrata, anche se Papa Benedetto XVI l’ha usata parlando ai religiosi e alle religiose nella visita all’Escorial, in Spagna. Però, fondamentalmente, per noi vuol dire vivere con radicalità i valori del Vangelo: oggi, in una società come quella in cui viviamo, quello che rende veramente visibile e credibile e dunque anche feconda la presenza e anche la testimonianza, è proprio questa coerenza di vita, il richiamo concreto ai grandi valori del Vangelo.

    D. – E’ necessario dunque che il cristiano torni a distinguersi per i valori che professa...

    R. – Certo. Quando si parla di radicalità evangelica si potrebbe pensare subito soltanto al voto di povertà; però, noi vogliamo piuttosto prendere l’insieme della vita consacrata non come un progetto personale, una specie di volontariato, ma come un’autentica vocazione che soltanto alla luce della fede viene interpretata come un dono di Dio, che però ha due risvolti molto concreti che servono come banco di prova, come criteri di autenticità: vale a dire, da una parte la missione a cui siamo stati inviati e dall’altra parte la vita della comunità che deve spiccare proprio per la fraternità, per la grande capacità di trasformare la vita in comune in una comunione di vita.

    D. – Questo Capitolo cade nell’Anno bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, dedicato alla missione “con i giovani e per i giovani”. Giovani certo diversi nelle regioni sviluppate e meno sviluppate del mondo. Ma c’è un approccio comune che arriva da Don Bosco e resta attuale anche oggi?

    R. – Sì, fondamentalmente è già in se stessa la scelta per i giovani. Io direi, senza nessuna altra qualifica, i giovani come tali. Naturalmente, oggi, quando noi parliamo di giovani poveri, esclusi, emarginati facciamo un riferimento ad un contesto tipicamente sociale, di povertà economica; però, c’è un tipo di povertà che a volte è molto più dura in quei Paesi, in quei contesti in cui forse c’è più benessere ma c’è una grande solitudine, un grande senso di abbandono, dove non ci sono coloro che potrebbero aiutare ad accompagnare un processo di vita, particolarmente in quelle due fasce evolutive che sono l’adolescenza e la gioventù. Allora, c’è questa povertà anche di tipo affettivo, una povertà di tipo culturale, di tipo religioso. Da questo punto di vista, pur tenendo presenti queste nuove forme di povertà, noi puntiamo molto sulla povertà anche di tipo sociale, perché è quella in cui si sommano tutte le altre povertà.

    D. – Quale bilancio del suo lavoro, per due mandati alla guida della grande famiglia salesiana? C’è un’eredità particolare per il suo successore?

    R. – Sì, ho cercato fondamentalmente – come mi era stato chiesto da Giovanni Paolo II quando mi mandò una lettera, proprio all’inizio del mio ministero – da un lato di conservare fedelmente il carisma di Don Bosco, e dall’altra di svilupparlo in forma tale da renderlo così rispondente ai bisogni della situazione di oggi, della Chiesa e del mondo. Allora, tutto il mio impegno è stato orientato a recuperare una identità carismatica sempre crescente, accompagnata da una grande passione apostolica: cioè, sia di vincere – da un lato – questo genericismo per quanto riguarda la comprensione del proprio progetto di vita, sia a volte la mancanza di una vera mistica nel lavoro, nella dedizione agli altri. Da questo punto di vista sono contento, e ovviamente sarà il Capitolo generale che dovrà scegliere molto bene non soltanto il nuovo rettore maggiore ma anche il cammino da fare in questi prossimi anni.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella settima Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice
    ai discepoli:

    “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico’. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    La parola del Sermone della Montagna di oggi va diritta al cuore della fede cristiana: l’amore al nemico. Sulla legge del taglione, che già poneva un limite alla vendetta senza limiti che voleva soddisfazione ad ogni costo, il Signore innalza l’amore della perfezione di Dio: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Questa pagina dell’amore al nemico la troviamo compiuta interamente nell’amore che il Padre ci mostra nel suo Figlio sulla croce. A noi che quotidianamente lo colpiamo sulla guancia destra, offendendolo nell’onore, con i nostri peccati, Cristo, sulla croce, ci ha offerto l’altra guancia, senza resistere al nostro male. A noi che portiamo Dio costantemente in tribunale, giudicandolo per come conduce la storia, per il suo agire, perché le cose non sono come noi vorremmo, Cristo, sulla croce, ci ha dato la sua tunica e il suo mantello d’amore. A noi, che ci riempiamo la bocca così spesso con la nostra “presunta giustizia”, a noi che ci facciamo giudici degli altri misurando tutto con il povero metro della nostra giustizia, mettendo sempre i carichi sulle spalle altrui, Cristo si è caricato della croce, frutto delle nostre ingiustizie e infedeltà, e l’ha portata fin sulla cima del Calvario e vi si è lasciato inchiodare, chiedendo al Padre di perdonare anche questo nostro ultimo peccato: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Davanti a questo amore di Dio per noi sulla croce, il Sermone della Montagna non è più una legge, ma la stessa natura di Dio che si fa dono all’uomo, che lo fa nuovo: l’amore al nemico. Così fa il cristiano: ama il nemico.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Preoccupazione delle Conferenze episcopali europee per le violenze in Ucraina

    ◊   Preghiere per l’Ucraina. E’ quanto chiede la presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) di fronte ai fatti sanguinosi che stanno avvenendo in Ucraina. “Di fronte alla violenza - si legge in una nota - la CCEE invita i vescovi e tutta la Chiesa in Europa ad unirsi alla preghiera del Santo Padre per le Chiese e il popolo ucraino, in questi giorni particolarmente dolorosi”. La Presidenza CCEE assicura la sua vicinanza spirituale al popolo ucraino ed invita tutti i cittadini del continente a pregare in modo specifico per quanti stanno soffrendo e per le famiglie delle vittime. “Che Dio dia la pace al popolo ucraino!”: è l’auspicio finale dei vescovi europei. (B.C.)

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    Venezuela: ancora proteste. Maduro chiede colloqui diretti con gli Usa

    ◊   Nuova giornata di mobilitazione in Venezuela contro il governo Maduro. Il presidente ha rivolto un appello al suo omologo americano Obama per colloqui diretti. Maduro si è detto convinto che dietro le proteste di piazza ci sia la mano di Washington. La Casa Bianca nei giorni scorsi ha minacciato ritorsioni e ieri il segretario di Stato americano, John Kerry, ha definito “inaccettabile” il ricorso alla violenza da parte delle autorità. Parole definite “arroganti” dallo stesso Maduro. In soli 15 giorni di proteste, il bilancio ufficiale parla di 8 morti e 137 feriti. Ieri sono stati espulsi dal Paese i giornalisti della CNN, accusati da Caracas di “propaganda di guerra”.

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    Egitto, l'ex presidente Morsi dal tribunale: andare avanti con la rivoluzione

    ◊   Nuova udienza oggi al Cairo nel processo a carico dell’ex presidente egiziano Morsi, sotto accusa per la sua evasione dal carcere di Wadi Natrun nel 2011. Morsi ha invitato i suoi fedelissimi ad "andare avanti con la rivoluzione" e si è detto convinto che "la primavera araba trionferà". "Ero - ha aggiunto - e continuo ad essere il presidente della Repubblica". Stamani i Fratelli Musulmani avevano organizzato catene umane e manifestazioni, in diverse zone del Paese, per protestare contro la reclusione di Morsi. (B.C.)

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    I vescovi maltesi: gli ospedali siano “palestre di speranza”

    ◊   Gli ospedali siano “palestre di speranza”, non solo luoghi di cura della sofferenza: questo l’invito rivolto da mons. Mario Grech, presidente della Conferenza episcopale di Malta, ai partecipanti al Forum per gli operatori sanitari svoltosi nei giorni scorsi sull’isola. Richiamando la necessità di guardare gli ammalati con gli occhi della misericordia e dell’umanità, il presule esorta al rispetto e alla difesa della dignità dei pazienti, perché “l’assistenza medica non è solo scienza, ma arte terapeutica” e, quando essa assume “un volto umano”, spesso si verifica “una guarigione più completa” dei malati. In modo particolare, “quando la scienza non riesce a vincere la patologia – continua mons. Grech – l’umanità degli operatori sanitari aiuta il paziente a confrontarsi con la morte in modo dignitoso”. Quindi, il presidente dei vescovi maltesi ricorda che “un malato è soprattutto una persona e non può essere ridotto ad un ‘caso clinico’ “; per questo, rapportarsi con lui significa “comprendere la sua interiorità” e rispettare la sua identità “anche in situazioni difficili”. Riflettendo, infine, sull’etimologia della parola “ospedale”, mons. Grech la mette in relazione con il termine “ospitalità”: “ciò significa – spiega – che un ospedale non può essere inospitale”, anzi deve “offrire accoglienza e prendersi cura di coloro che vivono un momento drammatico della loro vita, soprattutto se dovuto a malattie croniche, irreversibili o terminali”. (I.P.)

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    Spagna. Nel 2013, in lieve aumento il 7 per mille destinato alla Chiesa cattolica

    ◊   Il numero di contribuenti spagnoli che ha scelto di destinare alla Chiesa cattolica il 7 per mille del loro reddito imponibile ha registrato l’anno scorso un lievissimo aumento rispetto all’anno precedete. Secondo i dati resi noti dalla Conferenza episcopale spagnola, si è passati dal 34,83% al 34,87% di quest'anno. In cifre assolute sono stati 7.339.102 i contribuenti che hanno scelto di destinare la quota del 7 per mille dei loro redditi alla Chiesa con un introito complessivo di 249.051.689 euro, quasi due milioni in più rispetto all'anno precedente. Dato che una dichairazione su 5 è congiunta, si può stimare che circa 9 milioni di persone hanno scelto la Chiesa cattolica, circa 900mila in più del 2006. (R.B.)

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    I vescovi inglesi, irlandesi e canadesi consegnano al Sinodo le risposte al questionario sulla famiglia

    ◊   Le Conferenze episcopali di Inghilterra e Galles, Irlanda e Canada hanno consegnato direttamente alla Segreteria del Sinodo le conclusioni della consultazione preparatoria per l’Assemblea straordinaria dei vescovi sulla famiglia, in programma il prossimo ottobre. Una scelta che - hanno spiegato - segue le indicazioni della Santa Sede. Contrariamente a quanto accaduto in Germania, Austria e Svizzera, quindi, i presuli non hanno diffuso in anticipo i risultati. In particolare, i vescovi inglesi e gallesi si sono limitati a rendere noti alcuni dati generali sul questionario, al quale nel Regno Unito hanno risposto in tutto 16.500 fedeli, ma non hanno divulgato i risultati. Anche il portavoce dei vescovi irlandesi ha informato che il rapporto è stato inviato direttamente in Vaticano e che non ne è prevista la pubblicazione. Analoga la decisione presa dai vescovi canadesi, che in un recente comunicato si sono limitati ad osservare come dall’inchiesta sia emerso che non tutti i cattolici canadesi hanno piena “coscienza dei contenuti positivi e della ricchezza dell'insegnamento della Chiesa su matrimonio e famiglia, un fatto che - si evidenzia - potrebbe creare un scarto preoccupante tra il Magistero ed il pensiero di numerosi cattolici”. Dai primi risultati sinora resi noti dei questionari preparatori, emerge comunque, come dato comune, un forte interesse dei fedeli per il tema affrontato dal Sinodo e un grande apprezzamento per essere stati interpellati. (L.Z.)

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    India: grave situazione degli orfanatrofi in Kerala

    ◊   All’Agenzia Fides è giunto un rapporto stilato dalla Human Rights Commission del Kerala (KHRC), in India, che fotografa la situazione degli orfanatrofi. Su 1.107 strutture, 87 sono considerate illegali e nella maggioranza di casi non sono garantiti i diritti dei bambini. Negli ultimi 10 anni in Kerala sono stati registrati 66 casi di abusi in orfanotrofi e case di accoglienza, ma si tratta di numeri imprecisi. Drammatica anche la situazione dei bambini scomparsi: la polizia non riesce a rintracciare i colpevoli e spesso gli orfanotrofi non hanno nemmeno un recapito. (B.C.)

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    Rwanda: commercio solidale per promuovere la pace nei Grandi Laghi

    ◊   “Cosopax”, ovvero “Commercio solidale per la pace”: è questo l’importante progetto lanciato in questi giorni dalla diocesi di Cyangugu, in Rwanda. L’iniziativa è destinata alla regione dei Grandi Laghi, devastata da annosi conflitti, ed oltre al Rwanda coinvolge la Repubblica Democratica del Congo ed il Burundi. Il progetto avrà la durata di due anni e vedrà coinvolte soprattutto le donne, perché – informa una nota della Conferenza episcopale rwandese (Cepr) – “sono loro le vittime principali delle guerre e dei conflitti tra le comunità”. Il programma prevede che 60 donne di diocesi diverse avviino scambi commerciali solidali e regolari tra loro, così da “costruire ponti di pace, consolidare la riconciliazione, rafforzare la fiducia reciproca e ricostruire quella coesione comunitaria distrutta dalla guerra”. “Il progetto Cosopax – spiega mons. Jean Damascane Bimenyimana, vescovo di Cyangugu – è uno strumento per accrescere lo spirito di amicizia, tolleranza e confronto tra i diversi Paesi e farà anche da supporto agli sforzi diplomatici messi in campo dai leader politici dei Grandi Laghi”. Sulla stessa linea anche padre Valens Niragire, presidente della Commissione Giustizia e Pace di Cyangugu, incaricata di seguire da vicino l’andamento dell’iniziativa: “Attraverso i contatti di queste donne, che avranno scambi commerciali con tante e diverse persone, il messaggio di unità che deriva dalla pace e dalla tolleranza raggiungerà gran parte della popolazione”. Soddisfazione, infine, viene espressa anche dalle donne coinvolte nel progetto: “Nel Cosopax – spiega Joselyne Ndizeye, commerciante di Bujumbura – ciascuna si sente a casa propria, a prescindere dal Paese di provenienza”. (I.P.)

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    Lussemburgo. Per la prima volta, ciclo di conferenze per la Quaresima

    ◊   “Chiamati da Cristo. Diversi punti di vista, diverse esperienze”: sarà questo il tema del ciclo di cinque conferenze organizzate in Lussemburgo in preparazione alla Quaresima. L’iniziativa, che si tiene per la prima volta nel Paese, è curata dai vescovi locali e rientra nel cammino spirituale diocesano intitolato: “Convertirsi a Cristo”. Le conferenze si terranno nella cattedrale di Notre-Dame di Lussemburgo nelle domeniche 9, 16, 23 e 30 marzo e il 6 aprile. Gli incontri si apriranno alle 16.00; alle 17.00 è previsto il dibattito, mentre alle 18.00 verrà celebrata la Santa Messa. La prima conferenza sarà tenuta da mons. Eric de Moulins-Beaufort, vicario generale della diocesi di Parigi, che rifletterà sul tema “Tu sei me!”. “Chi sono io? – spiega il presule – Questa domanda, prima o poi, se la pongono tutti gli uomini nell’arco della loro vita. Ma Cristo sa rispondere meglio di ciascuno di noi”. “Lasciarsi chiamare da Cristo – conclude mons. de Moulins-Beaufort – significa aprirsi alla libertà”. Tra i relatori previsti nelle domeniche successive, anche due donne: la teologa Catherine Chevalier, che terrà una conferenza sul tema “Farsi raggiungere da Cristo in questo mondo in continuo cambiamento”, e Veronica Williams, fondatrice del movimento ecumenico “Preghiera delle madri”, sul tema “Il Signore trasformerà le nostra lacrime in gioia”. (I.P.)

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    In Corea del Sud, "preghiera quaresimale per la vita"

    ◊   “Preghiera quaresimale per la vita”: si intitola così l’iniziativa lanciata in questi giorni dalla Chiesa sudcoreana. Si tratta di una catena di Rosari con cui si auspica l’abolizione nel Paese della “Legge sulla salute della madre e del bambino”, promulgata nel 1973: le norme sulla salute riproduttiva regolamentano l’aborto in Corea, Paese che detiene a livello mondiale il record negativo delle nascite. L’iniziativa di preghiera è stata resa nota durante la celebrazione della Messa per la vita che si svolge come ogni anno a febbraio nella cattedrale di Myeongdong, a Seoul. La Messa di quest’anno è stata seguita da oltre 1.300 persone ed è stata organizzata dalla Commissione di Bioetica della Conferenza episcopale e celebrata da mons. Linus Lee Seong-hyo, vescovo ausiliare di Suwon, che guida le iniziative per la vita. Attualmente, il tasso delle nascite in Corea si aggira intorno all’1,05%. Cosciente dei rischi che questo dato rappresenta, la Chiesa cattolica sudcoreana è sempre stata coinvolta nei programmi in favore della famiglia e della procreazione. Le questioni relative alla genetica e alla clonazione sono fortemente sentite nel Paese, dal momento che è proprio qui che si sono svolti i primi esperimenti per la riproduzione delle cellule umane. (T.N.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 53

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.