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Sommario del 17/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: è la pazienza del popolo di Dio nelle prove della vita che fa andare avanti la Chiesa
  • Terza riunione del "Consiglio dei Cardinali" con il Papa. Briefing di padre Lombardi
  • La visita di Papa Francesco alla parrocchia romana di San Tommaso Apostolo
  • Visita in parrocchia. L'incontro del Papa col Consiglio pastorale, la voce del parroco e della gente
  • Nomina episcopale in Tanzania
  • Tweet del Papa per i malati: non perdete la speranza, anche nei momenti più duri Cristo è vicino a voi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Strage in Nigeria. L'esperto: dietro gli attacchi le tensioni di una grave povertà
  • Attentato nel Sinai. Camille Eid: rischio di destabilizzazione per l'intero Egitto
  • Ucraina. Leader protesta chiedono a Germania aiuti economici per il Paese
  • Dispensari e ospedali cattolici in Madagascar: la testimonianza di un carmelitano
  • Italia. A Renzi l’incarico per un nuovo governo. Pombeni: difficile rimuovere i tanti privilegi
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica: arresti e scissioni per i miliziani anti-Balaka
  • Africa. Sicurezza e sviluppo: nasce il "G5 del Sahel"
  • Denuncia dell'Onu: migliaia di morti nei campi di prigionia in Corea del Nord
  • Iraq: leader sciita Al Sadr annuncia ritiro dalla vita politica
  • Egitto: al via il Sinodo della Chiesa copta ortodossa
  • Venezuela: nel Collegio don Bosco di Valencia uccisi un sacerdote di 80 anni ed un fratello laico
  • Brasile: migliaia di religiosi si mobilitano contro la tratta di persone
  • Filippine: 100 giorni dal tifone Haiyan. Manila: "Non abbandonateci"
  • Vietnam: migliaia di cristiani e non in piazza per la liberazione dell’avvocato cattolico
  • India: a Mumbai il governo chiede l'esproprio parziale di una casa di Madre Teresa
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: è la pazienza del popolo di Dio nelle prove della vita che fa andare avanti la Chiesa

    ◊   La pazienza del popolo di Dio che sopporta con fede le prove quotidiane della vita è ciò che fa andare avanti la Chiesa: è quanto ha affermato Papa Francesco stamani nella Messa presieduta a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

    “La pazienza non è rassegnazione, è un’altra cosa”: il Papa commenta la Lettera di San Giacomo dove dice: “Considerate perfetta letizia, quando subite ogni sorta di prove”. “Sembra un invito a fare il fachiro” – osserva – ma non è così. La pazienza, sopportare le prove, “le cose che noi non vogliamo”, fa “maturare la nostra vita. Chi non ha pazienza vuole tutto subito, tutto di fretta. Chi non conosce questa saggezza della pazienza – sottolinea Papa Francesco - è una persona capricciosa, come i bambini che sono capricciosi” e nessuna cosa va loro bene. “La persona che non ha pazienza – spiega - è una persona che non cresce, che rimane nei capricci del bambino, che non sa prendere la vita come viene: o questo o niente. Questa è una delle tentazioni: diventare capricciosi”. “Un’altra tentazione di quelli che non hanno pazienza – afferma il Papa - è l’onnipotenza” di volere subito una cosa, come accade ai farisei che chiedono a Gesù un segno dal cielo: “volevano uno spettacolo, un miracolo”:

    “Confondono il modo di agire di Dio con il modo di agire di uno stregone. E Dio non agisce come uno stregone, Dio ha il suo modo di andare avanti. La pazienza di Dio. Anche Lui ha pazienza. Ogni volta che noi andiamo al sacramento della riconciliazione, cantiamo un inno alla pazienza di Dio! Ma il Signore come ci porta sulle sue spalle, con quanta pazienza, con quanta pazienza! La vita cristiana deve svolgersi su questa musica della pazienza, perché è stata proprio la musica dei nostri padri, del popolo di Dio, quelli che hanno creduto alla Parola di Dio, che hanno seguito il comandamento che il Signore aveva dato al nostro padre Abramo: ‘Cammina davanti a me e sii irreprensibile’”.

    Il popolo di Dio – afferma il Papa citando la Lettera agli Ebrei – “ha sofferto tanto, sono stati perseguitati, ammazzati”, ma ha avuto “la gioia di salutare da lontano le promesse” di Dio. “Questa è la pazienza” che “noi dobbiamo avere nelle prove: la pazienza di una persona adulta, la pazienza di Dio” che ci porta sulle sue spalle. E questa – ha proseguito - è “la pazienza del nostro popolo”:

    “Quanto paziente è il nostro popolo! Ancora adesso! Quando andiamo nelle parrocchie e troviamo quelle persone che soffrono, che hanno problemi, che hanno un figlio disabile o hanno una malattia, ma portano avanti con pazienza la vita. Non chiedono segni, come questi del Vangelo, che volevano un segno. Dicevano: ‘Dateci un segno!’. No, non chiedono, ma sanno leggere i segni dei tempi: sanno che quando germoglia il fico, viene la primavera; sanno distinguere quello. Invece, questi impazienti del Vangelo di oggi, che volevano un segno, non sapevano leggere i segni dei tempi, e per questo non hanno riconosciuto Gesù”.

    Il Papa conclude la sua omelia lodando la “gente del nostro popolo, gente che soffre, che soffre tante, tante cose, ma non perde il sorriso della fede, che ha la gioia della fede”:

    “E questa gente, il nostro popolo, nelle nostre parrocchie, nelle nostre istituzioni - tanta gente – è quella che porta avanti la Chiesa, con la sua santità, di tutti i giorni, di ogni giorno. ‘Fratelli, considerate perfetta letizia, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza e la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti ed integri, senza mancare di nulla’ (Gc 1, 2-4). Che il Signore ci dia a tutti noi la pazienza, la pazienza gioiosa, la pazienza del lavoro, della pace, ci dia la pazienza di Dio, quella che Lui ha, e ci dia la pazienza del nostro popolo fedele, che è tanto esemplare”.

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    Terza riunione del "Consiglio dei Cardinali" con il Papa. Briefing di padre Lombardi

    ◊   Ha avuto inizio questa mattina la terza riunione – in programma da oggi a mercoledì prossimo – di Papa Francesco con il “Consiglio di Cardinali” creato il 13 aprile 2013 e confermato con Chirografo del 28 settembre, per aiutarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana. In tarda mattinata, il briefing del direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi. Il servizio di Paolo Ondarza:

    Un briefing conciso di inizio settimana, prima di un periodo denso di impegni quello tenuto oggi da padre Lombardi. Obiettivo: illustrare il lavoro del gruppo del Consiglio di cardinali, la cui terza riunione con Papa Francesco è iniziata questa mattina dopo la Messa in Casa Santa Marta, alla presenza del segretario di Stato, mons. Pietro Parolin. Questa mattina, ha spiegato padre Lombardi, si è tenuta l’audizione, non conclusiva, dei rappresentanti della Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede, ribattezzata con la sigla "Cosea" (Commissione per l’Organizzazione struttura economica amministrativa Santa Sede). Tre rappresentanti – il presidente, il prof. Zahra, il segretario mons. Vallejo Balda e uno dei membri, il tedesco Jochen Messemer – hanno riferito del lavoro della commissione in questi primi 7-8 mesi:

    "E’ stata una presentazione iniziale di queste risultanze. Non c’è stata alcuna decisione presa di nessun genere".

    Al termine della mattinata, gli otto cardinali hanno partecipato al pranzo con il presidente del Governatorato, il cardinale Giuseppe Bertello. Domani, l’audizione dell’altra Commissione referente, quella sullo Ior. Solo mercoledì mattina, il Papa non sarà presente ai lavori perché impegnato con l’udienza generale e dunque il Consiglio tratterà altre questioni di minori rilievo. Nel pomeriggio, poi, è previsto un incontro con i cardinali membri del Consiglio dei quindici, incaricato dello studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, che si trovano a Roma per il Concistoro. Giovedì mattina 20 febbraio, alle 9.30 – ha ricordato padre Lombardi – con l’Ora terza e il saluto del Santo Padre inizierà il Concistoro straordinario nell’Aula nuova del Sinodo: una relazione introduttiva sul tema della famiglia è stata affidata al cardinale Walter Kasper. A seguire, gli interventi liberi dei cardinali. Durante gli incontri dei porporati, padre Lombardi avrà come di consueto degli appuntamenti con i giornalisti. Venerdì sera, la presidente del Brasile, Dilma Russef, vedrà il Papa a conclusione delle riunioni del Concistoro presso l’aula Paolo VI. Infine, lunedì 24 e martedì 25 febbraio altri due appuntamenti importanti: la Segreteria del Sinodo e il Consiglio dei Quindici:

    "Quindi, adesso abbiamo un periodo – fino al 25 – piuttosto pieno evidentemente di riunioni e di eventi".

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    La visita di Papa Francesco alla parrocchia romana di San Tommaso Apostolo

    ◊   “Ispirare il rapporto con il prossimo a verità e sincerità”. Queste alcuni concetti che il Papa ieri pomeriggio ha rivolto nell’omelia pronunciata a braccio durante la Messa presieduta nella parrocchia di San Tommaso Apostolo, nel quartiere dell’Infernetto, nella zona sud della diocesi di Roma. Calorose le espressioni d’affetto rivolte a Papa Francesco, che ha incontrato tutte le realtà sociali della parrocchia. Ad accogliere il Pontefice, il cardinale vicario Agostino Vallini, il vescovo ausiliare di zona, mons. Paolino Schiavon e il parroco don Antonio D'Errico. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    Il primo saluto di Papa Francesco è andato ai bambini di San Tommaso Apostolo. Ai piccoli parrocchiani, il Pontefice ha consegnato una ricetta infallibile per iniziare un cammino di fede fecondo:

    “Io vi dirò un segreto per amare Gesù. Sentite bene: per amare Gesù bisogna lasciarsi amare da Lui. Avete capito? E’ Lui che fa il lavoro, non noi! Lui ci ama per primo!”.

    E i piccoli, porgendo affettuosamente e simpaticamente la mano al Papa: “Sei nostro amico, battiamo il cinque!” Poi, l’incontro con i battezzati negli ultimi mesi e i genitori, gli anziani, gli ammalati, i sacerdoti e l’Associazione delle famiglie con figli disabili. Quindi, prima della Santa Messa, la confessione ad alcuni penitenti.

    Clima di intenso raccoglimento nella celebrazione eucaristica. Parlando a braccio nell’omelia, il Santo Padre, prendendo spunto dal Vangelo domenicale di Matteo, ha evidenziato come i rapporti interpersonali, soprattutto nell’ambiente ristretto del quartiere, debbano essere ispirati al criterio della sincerità e della verità. Una verità che viene direttamente dal nostro cuore:

    “Credo che ci farà bene, oggi, pensare non se la mia anima è pulita o sporca, ma pensare cosa c’è nel mio cuore, cosa ho dentro. Dirci la verità a noi stessi”.

    Ma non basta un generico interrogarsi – sottolinea Papa Francesco – occorre andare profondamente ad chiedere al proprio cuore per scoprirne i reali sentimenti:

    “C’è amore? (…) C’è odio? (…) C’è un atteggiamento di perdono per quelli che mi hanno offeso, o c’è un atteggiamento di vendetta? Dobbiamo domandarci cosa c’è dentro, perché questo che è dentro viene fuori e fa il male, se è male. E se è buono, viene fuori e fa il bene”.

    E’ un percorso non facile, dice il Santo Padre, per fare il quale occorre la preghiera e l’intervento del Signore:

    “Chiedere sempre questa grazia: conoscere cosa succede nel mio cuore, per fare sempre la scelta giusta, la scelta del bene. Ricordando che quello che sporca la nostra vita è quello che c’è di cattivo che esce dal nostro cuore. E che il Signore ci aiuti”.

    Al termine della Messa il saluto e il ringraziamento al Papa di don Antonio d’Errico, parroco di San Tommaso Apostolo, la quarta parrocchia visitata da Papa Francesco nel suo Pontificato. Una realtà nata cinquanta anni fa tra la capitale e il Mar Tirreno e che oggi abbraccia una popolazione di 25 mila persone. Appena un anno fa la dedicazione del nuovo edificio, punto di riferimento di un quartiere dal nome curioso: Infernetto, che non ha nessun riferimento maligno, ma solo perché nella zona in passato, prima dell’urbanizzazione, erano in funzione numerose carbonaie. Negli occhi di tutti al termine dell’incontro col Papa parole, concetti, emozioni sui quali continuare a meditare ed edificare il proprio essere cristiani.

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    Visita in parrocchia. L'incontro del Papa col Consiglio pastorale, la voce del parroco e della gente

    ◊   Dopo la Messa presieduta nella chiesa di San Tommaso apostolo all'Infernetto, Papa Francesco si è intrattenuto con i membri del Consiglio pastorale della parrocchia, con i quali ha condiviso alcune considerazioni. La sintesi delle parole del Papa nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Il Consiglio pastorale e il Consiglio degli affari economici sono di grande aiuto per un parroco, perché gli consentono di assumere delle decisioni in base alle idee e all’esperienza dei laici che fanno parte delle due entità. Nei minuti trascorsi con i membri del Consiglio pastorale, Papa Francesco ha sottolineato in modo incisivo l’importanza di questi organismi parrocchiali. Senza il loro ausilio, un sacerdote rischia di condurre una parrocchia con stile clericalista, il che potrebbe provocare confusione sulla sua figura, rendendolo più simile al responsabile di una ditta. Il clericalismo, ha ribadito Papa Francesco, non fa crescere né la parrocchia né i laici e in generale va sradicato dalla Chiesa. Il Papa ha poi esortato i membri dei Consigli parrocchiali a non cedere alla tentazione delle chiacchiere, che distruggono i rapporti tra i vari membri. Eventuali obiezioni al pensiero di qualcuno, ha detto, vanno espresse direttamente e con franchezza, senza mai parlare alla spalle. Solo così, ha concluso, si difende l’unità della parrocchia.

    Al termine della visita del Papa alla chiesa di San Tommaso Apostolo, Benedetta Capelli ha raccolto le prime impressioni del parroco, don Antonio d'Errico:

    R. – Come può essere il mio cuore? Come ha detto il Papa nell’omelia: un cuore che deve essere aperto e soprattutto sempre in introspezione per vedere cosa c’è. Adesso, ovviamente, il cuore è pieno di questa visita, per questo uomo che viene veramente dallo Spirito Santo e ci porta a Gesù, ce lo fa veramente toccare con mano.

    D. – C’è una fotografia che secondo lei è emblematica di questa giornata passata qui, nella vostra parrocchia?

    R. – Se proprio devo essere sincero: un bambino che ha starnutito davanti al Papa e il Papa gli ha asciugato lo starnuto sulla bocca. Questo è emblematico di quest’uomo.

    Grande è stato l’entusiasmo della folla che si è stretta attorno a Papa Francesco, durante la visita alla parrocchia. Migliaia di persone lo hanno atteso per ore e poi salutato nel cortile antistante la chiesa. Tanti gli incontri in programma: dai genitori dei bambini battezzati ai malati, ai disabili. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte dalla nostra inviata Benedetta Capelli:

    R. – Ho chiesto la benedizione per le due bambine e per il terzo figlio che porto in grembo. Allora, lui mi ha chiesto se sapevo già il nome e io gli ho detto: “No, però se sarà maschio lo chiameremo Francesco”. E lui ha chiesto: “E se sarà femmina?”. E visto che nascerà 12 agosto – mi aveva chiesto la data – lui mi ha detto: “Va bene, allora potrai chiamarla Chiara”. E io ho detto: “Allora senz’altro la chiamerò Chiara, se è femmina”.

    R. – Meraviglioso. Veramente commovente. Lui è stato battezzato nel 2013 e abbiamo avuto questa occasione…

    R. – Abbiamo avuto la possibilità di avere questa carezza materiale da parte di Dio, tramite Papa Francesco.

    D. – Cosa lascerà, secondo voi, questa visita in questa parrocchia?

    R. – La vicinanza di Dio a noi tutti parrocchiani, questo.

    R. – Sicuramente, dove passa lui qualche segno buono nel nostro cuore lo lascia. Speriamo di saperlo comunicare agli altri, alle nostre famiglie e a tutti gli amici che ci circondano. Papa Francesco non se ne va mai senza lasciare un segno propositivo e buono.

    R. – Sì, veramente, questa è una delle parrocchie in cui l’apostolato è molto efficace, ci sono molte iniziative… Io, per esempio, vengo da Ostia e faccio un po’ di apostolato qua.

    D. – Cosa le lascerà questa visita?

    R. – Sicuramente, molto più impegno da parte delle persone e forse una riflessione sulle chiacchiere, perché spesso ci fermiamo su questo e non vediamo il bisogno dell’altro. Quindi, penso che questo sia un incentivo per noi.

    R. – Sicuramente, è stata un’emozione forte, oggi. Sicuramente lascerà un ricordo indelebile, sicuramente mettiamo nella nostra parrocchia un gioiello, una luce nuova, che è quella che il Papa – anche in virtù delle parole che ci ha lasciato, ci dà.

    R. – Una fortissima emozione, un desiderio di partecipazione. Ti senti proprio la pecorella, la pecorella che ha bisogno del pastore.

    R. – Ho visto l’amore e l’affetto che lui ha. Era gioioso, ci ha visti così, tutti presi per lui, ha visto tutti quei bambini, i malati… Io ho visto, quando era dai malati, ho visto che si era commosso: c’erano dei bambini molto malati… L’ho visto proprio disinvolto, come Gesù, quando accarezza i bimbi, quando diceva: “Lasciate che i bambini vengano a me”… Non lo so, mi ha fatto questa impressione… Pure io, quando gli ho dato la croce, ché devo andare in Africa – vado in missione – mi ha abbracciato: è una cosa… Non so, sembrava proprio, insomma, Cristo sulla terra. Io ho avuto questa impressione: che per l’Infernetto, per San Tommaso, ha avuto proprio un amore grande.

    R. – Una grande umiltà e disponibilità, e soprattutto quello che si vede ovunque, al di là della nostra parrocchia, la vicinanza alle persone più deboli e malate. E questo è forse quello da cui lui è maggiormente attratto e che lo fa distinguere. Comunque, è un dono il fatto che lui sia venuto qui. Noi lo aspettavamo.

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    Nomina episcopale in Tanzania

    ◊   In Tanzania, Papa Francesco ha nominato vescovo di Mpanda mons. Gervas John Mwasikwabhila Nyaisonga, finora vescovo della diocesi di Dodoma.

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    Tweet del Papa per i malati: non perdete la speranza, anche nei momenti più duri Cristo è vicino a voi

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi questo tweet sull’account @Pontifex in nove lingue: “Cari ammalati, non perdete la speranza, anche nei momenti più duri della sofferenza. Cristo è vicino a voi”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Le parole che uccidono: Papa Francesco in visita alla parrocchia romana di san Tommaso apostolo.

    In prima pagina, Ugo Sartorio sull'esortazione apostolica di Papa Francesco.

    Terza riunione del vescovo di Roma con il Consiglio di cardinali: ascoltata la Commissione sull'organizzazione economica-amministrativa della Santa Sede.

    Come Paolo VI ricordava Michelangelo, morto nella notte tra il 17 e il 18 febbraio di 400 anni fa, con un articolo di Antonio Paolucci dal titolo "L'ultimo duello".

    I portavoce della speranza: Laurent Stalla-Bourdillon sui cattolici di fronte alle domande del Papa.

    Un oratorio per i forzati della vittoria: una parte del primo capitolo del libro di Stefano Borghi "San Lorenzo de Almagro. La squadra del cuore di Papa Francesco".

    Il torpore degli antenati: ebrei e cristiani nelle lunette della Cappella Sistina.

    Tagli che fanno male: il presidente dell'episcopato di Inghilterra e Galles sulla riforma del welfare.

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    Oggi in Primo Piano



    Strage in Nigeria. L'esperto: dietro gli attacchi le tensioni di una grave povertà

    ◊   “Una situazione drammatica di terribile violenza, che colpisce tantissimi innocenti tra cui molti cristiani”. Così il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, sulla strage avvenuta in Nigeria nella notte tra sabato e domenica scorsi. Una formazione jihadista, probabilmente Boko Haram, ha attaccato un villaggio, nello Stato nordorientale del Borno, al grido di “Allah è grande”. Al momento il bilancio è di oltre 100 morti, in maggioranza cristiani. “Preghiamo per le vittime – ha aggiunto padre Lombardi – e speriamo che i responsabili trovino le vie per fermare tanta assurda violenza”. Sulla situazione nel Paese africano, Giancarlo La Vella ha intervistato Enrico Casale, africanista della rivista dei Gesuiti, “Popoli”:

    R. – Purtroppo, è il perpetrarsi di una strategia da parte di Boko Haram e di questi movimenti che si riconoscono in un fondamentalismo islamico nei confronti della popolazione cristiana e di quella popolazione musulmana che non accetta una lettura radicale dell’islam. Questa operazione, come quella della settimana scorsa, è una reazione violentissima all’offensiva che è attualmente in corso da parte dell’esercito nigeriano.

    D. – Non c’è il rischio che la Nigeria diventi un po’ uno Stato senza Stato, nel senso che il governo vada poi ad occuparsi più che altro delle gestione delle aree petrolifere?

    R. – La Nigeria non è di facile gestione perché al suo interno convive un nord prevalentemente musulmano e un sud prevalentemente cristiano-animista. Il governo, secondo me, può ancora tenere sotto controllo il Paese con, però, grossi problemi al nord dove deve contrastare militarmente queste forze integraliste, che sono particolarmente violente.

    D. – Perché colpire soprattutto la popolazione civile, in gran parte cristiana? Qual è l’obiettivo di un’azione del genere?

    R. – Intanto, si parla di fondamentalisti islamici, quindi è chiaro che il loro primo obiettivo è quello dei fedeli delle altre religioni. In quegli Stati del nord della Nigeria, c’è una minoranza cristiana, che è l’obiettivo preferito di questi movimenti. Loro, quindi, prendono questa popolazione come scusa per le loro azioni e come un obiettivo, giustificandolo con il fatto che questi cristiani sarebbero legati all’Occidente, quell’Occidente che vuole un forte contenimento dell’islam.

    D. – C’è anche un obiettivo che punta alla gestione delle risorse naturali…

    R. – Più che una gestione diretta da parte dei movimenti fondamentalisti islamici, c’è un problema grande della ridistribuzione del reddito. Le risorse petrolifere forniscono alla Nigeria grandi rendite, che però rimangono nelle mani di una ristretta élite politica. Questo fa sì che la stragrande maggioranza della popolazione si stia impoverendo sempre di più e questo crea, naturalmente, tensioni. Le prime tensioni sono quelle di carattere identitario, da una parte, e di carattere religioso dall’altra e quindi l’esplodere di fenomeni quali Boko Haram.

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    Attentato nel Sinai. Camille Eid: rischio di destabilizzazione per l'intero Egitto

    ◊   Cinque morti, quattro cittadini sudcoreani e un egiziano. Questo il bilancio dell’attentato contro un autobus turistico al valico di Taba, sul Mar Rosso. La deflagrazione è avvenuta a 100 metri dal confine con Israele e ha coinvolto un gruppo di turisti che aveva visitato poco prima il Monastero di Santa Caterina, nel Sinai. Un attacco che porta sotto i riflettori internazionali la difficile situazione che si vive quotidianamente nella penisola egiziana. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Camille Eid, analista dell’area mediorientale del quotidiano Avvenire:

    R. - Il Sinai assiste periodicamente ad attacchi condotti da islamisti locali, senza poi parlare dei beduini coinvolti nel contrabbando e in altre attività criminali. Basti pensare che l’esercito egiziano fino alla fine dello scorso anno aveva denunciato la perdita 87 soldati. Un numero quasi identico erano state le perdite degli islamisti, senza parlare poi delle centinaia di arresti… Nel Sinai, si svolge una guerra clamorosa, di cui si sente parlare solo quando l’obiettivo riguarda dei turisti.

    D. - Proprio su questo punto, bisogna dire che l’obiettivo dell’attacco - un autobus di turisti stranieri - è molto significativo, visto che il clamore internazionale rischia di arrecare ulteriori danni all’industria turistica egiziana, che è comunque una delle prime voci del Pil del Paese…

    R. - Chiaramente. L’industria turistica è una fonte principale dell’economia egiziana, ma noi sappiamo che dalle violenze che hanno scosso l’Egitto la scorsa estate, la maggior parte dei Paesi europei ha sconsigliato le mete turistiche ai propri cittadini, non solo nelle capitale, ma anche nella zona del Sinai e nelle località frequentatissime del Mar Rosso.

    D. - Però, bisogna anche sottolineare che l’Egitto, che ha bisogno di ripartire, deve per forza di cose ripartire attraverso il turismo, che è il suo punto di forza…

    R. - Certamente, ma per questo ha bisogno di stabilità politica. Adesso, il primo passo è stato compiuto con l’approvazione della nuova Costituzione. Tutti puntano alle prossime elezioni presidenziali che vedranno, molto probabilmente, l’elezione del generale Sisi e le elezioni legislative. Senza di questo, chiaramente la situazione del Sinai, che risente molto delle ricadute politiche al Cairo, sarà in un vicolo cieco.

    D. - Come dicevi, da mesi l’esercito egiziano è impegnato nel Sinai, in quella che viene descritta da tutti come la sua più grande operazione militare in quell’area della Guerra del Kippur: stiamo parlando del ’73. A questo punto, la cooperazione tra i due eserciti - egiziano e israeliano - diventa essenziale per garantire la sicurezza. In che modo ci possiamo immaginare questa ulteriore collaborazione tra lo Stato ebraico e l’Egitto?

    R. - Secondo il trattato di pace, Il Cairo deve coordinare con Israele ogni manovra che coinvolga mezzi militari e armi pesanti nel Sinai. Abbiamo visto che anche sotto la presenza di Morsi, l’esercito egiziano era riuscito a introdurre una trentina di carri armati, che hanno preso posizione lungo il confine tra il Sinai e la Striscia di Gaza. Il Sinai poi dovrebbe rimanere smilitarizzato. Quindi, negli ultimi anni questa collaborazione è stata rafforzata, oltre quindi allo scambio di informazioni di intelligence tra Egitto ed Israele. Sappiamo, inoltre, che gli aiuti americani non sono stati tagliati dopo il golpe dello scorso luglio, proprio per non sfavorire questa collaborazione tra i due eserciti, egiziano e israeliano.

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    Ucraina. Leader protesta chiedono a Germania aiuti economici per il Paese

    ◊   Concessa dal governo ucraino l’amnistia per i manifestanti dell’opposizione che, come da accordi presi, hanno abbandonato gli edifici occupati e smantellato parzialmente le barricate. I leader della protesta oggi incontreranno il cancelliere tedesco, Angela Merkel, chiedendo alla Germania di mediare per un sostegno economico a Kiev. Maura Pellegrini Rhao ne ha parlato con Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, esperto dell’area ex sovietica:

    R. – È un segnale di distensione abbastanza importante, dopo che la situazione aveva rischiato di deflagrare con violenze, mettendo addirittura a rischio l’unità dell’Ucraina. Da qui a dire, però, che i problemi sono risolti naturalmente il passo è molto lungo, perché le due direzioni sono così radicalmente opposte che trovare una composizione finale sembra molto difficile. Il passare del tempo naturalmente aiuta il governo, perché la situazione nel frattempo si decanta. Resta però il fatto che le due idee sono inconciliabili. L’ipotesi a questo punto più probabile è che il presidente Janukovič, pur di restare al potere, faccia concessioni un po’ più larghe.

    D. – Se ci fosse un dialogo costruttivo tra governo e manifestanti, quali potrebbero essere le reazioni della Russia e dell’Europa?

    R. – Queste manifestazioni sono state ampiamente fomentate sia dalle autorità europee, sia dagli Stati Uniti, così come naturalmente a favore del regime di Janukovič si è pesantemente schierata la Russia. Resta sul fondo un problema veramente irresolubile: se l’Ucraina dipende quasi totalmente dalla Russia per le sue forniture energetiche, se l’Ucraina ha 1.500 chilometri di confine terrestre con la Russia, se la Russia vale per l’Ucraina circa il 22% dell’import come dell’export, come si può pensare di intervenire su questa situazione senza raggiungere prima un accordo con la Russia? Pare veramente impossibile.

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    Dispensari e ospedali cattolici in Madagascar: la testimonianza di un carmelitano

    ◊   Attraverso i dispensari cattolici, “la Chiesa salva delle vite” e fa sentire ai malgasci che “c’è chi si preoccupa per loro”. Lo dichiara padre Bruno Dall’Acqua, missionario carmelitano ed economo della diocesi di Mahajanga, nel nord del Madagascar, in una nota di Aiuto alla Chiesa che Soffre, la Fondazione di diritto pontificio che solo nel 2012 ha donato 561 mila euro per progetti pastorali della Chiesa locale. In un Paese in cui l’80% degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno, appena il 15% della popolazione ha accesso alle cure mediche di base: in questo quadro, i dispensari cattolici sono una realtà essenziale per sopperire alle carenze in campo sanitario. In particolare, la diocesi di Mahajanga ha avviato negli ultimi anni la costruzione di un nuovo ospedale, intitolato a Giovanni Paolo II. Di questa realtà ci parla proprio padre Dall’Acqua, in questi giorni in Italia per reperire materiali di prima necessità per gli abitanti della diocesi. L’intervista è di Giada Aquilino:

    R. – Mahajanga è tra le diocesi più estese del Madagascar: la superficie è di 71 mila chilometri quadrati, con una popolazione di circa un milione e mezzo: è gente che vive di pesca – per chi è sulla costa, lungo il mare – e di agricoltura, la cui produzione principale è il riso. Per quanto riguarda i servizi, nei centri più grandi ci sono varie strutture ma quando si esce dalle città è molto più difficile trovarle. Purtroppo, soprattutto la sanità è ancora molto carente: tutto è a pagamento, ma se non ci sono entrate economiche il sistema sanitario non va avanti. Con questa situazione politica incerta, dopo cinque anni di transizione ci sono state le elezioni e si è insediato il nuovo presidente, Hery Rajaonarimampianina. Anche se non sarà facile, speriamo che le cose si possano un po’ sistemare.

    D. – La realtà malgascia parla di un 15% della popolazione che ha accesso alle cure mediche di base. Quali sono le emergenze sanitarie?

    R. – La tubercolosi, la malaria, la febbre tifoide... Adesso, sono insorti anche problemi di peste. E poi le malattie della pelle, polmonari, intestinali, come ad esempio la dissenteria…

    D. – Sono malattie dovute a cosa?

    R. – Dovute in parte alla mancanza di igiene e insufficienza nell’alimentazione. E poi all’impossibilità di curarsi. In qualche modo, per le prime cure qualcosa si riesce a fare, ma quando si deve ricorrere alle cure ospedaliere diventa molto più difficile perché, per esempio, c’è chi, per sottoporsi a un’operazione, deve prima tornare a casa a vendere un bue, se ce l’ha, o un pezzetto di terra, per pagarsi poi l’intervento. Chi non ce l’ha, non può far niente.

    D. – Nel 2011, avete avviato la costruzione dell’ospedale Giovanni Paolo II: di cosa si tratta?

    R. – Di fronte a questa realtà si è presa la decisione di fare qualcosa come Chiesa, come cristiani per poter rispondere ai bisogni fondamentali della gente, per quanto riguarda le cure mediche e la sanità. Ci sono già realtà semplici nella diocesi, come un dispensario, ma il problema sorge per le cure più specialistiche. Per questo motivo, si è deciso di intraprendere questa ‘avventura’ dell’ospedale insieme ad un gruppo di medici locali ed altri che lavorano nel settore sanitario; abbiamo anche chiesto aiuto ad un’associazione italiana, di Modena, che faceva già degli interventi in Madagascar e che si chiama “La vita per te” (www.lavitaperte.org), il cui presidente è il dott. Francesco Cimino. Tutti insieme abbiamo dato uno sguardo al progetto: sono state messe le fondamenta del poliambulatorio e sono già stati realizzati i muri del pian terreno. Ora, si sta lavorando al resto dell’ospedale.

    D. – Questo ospedale fornirà assistenza a tutti, senza distinzione…

    R. – Sì, a tutti senza distinzione. Certo, c’è il grosso problema di chi non ha proprio possibilità e questa è la realtà di tanta gente. Stiamo quindi pensando a come creare una specie di fondo di solidarietà per poter andare incontro anche a coloro che non possono pagare le cure.

    D. – Lei ha detto che, dopo cinque anni di crisi, di un periodo di transizione, ora il Madagascar ha un nuovo presidente. Cosa rimane di quel periodo di violenze e cosa ci si aspetta per il futuro del Madagascar?

    R. – Ci sono state violenze ed è aumentata l’illegalità. Ci si aspetta che la situazione possa sistemarsi un po’, ma sarà un cammino ancora lungo. Anche la Chiesa è impegnata in questo percorso ed i vescovi sono molto ascoltati dalla popolazione. La gente è stanca di fare rivolte e spera tanto che possano esserci più ordine e sicurezza. Ma l’economia è ancora ferma, quindi ci si augura che si possa tornare a produrre e a crescere. E’ però importante andare avanti. Anche per i malgasci stessi: vedere che qualcuno si interessa a loro, che non li fa sentire soli, è una grande forza.

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    Italia. A Renzi l’incarico per un nuovo governo. Pombeni: difficile rimuovere i tanti privilegi

    ◊   Ore cruciali per la politica italiana. Il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha ricevuto stamani dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l'incarico di formare un governo. Al termine di un colloquio con il capo dello Stato, durato oltre un'ora, Matteo Renzi - come da prassi istituzionale - ha accettato "con riserva". Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Il segretario del Pd, Matteo Renzi, dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente Napolitano di formare un nuovo governo, ha assicurato “tutto l’impegno in questa difficile situazione”. Queste le sue prime parole:

    “Ho ricevuto dal signor presidente della Repubblica l’incarico di provare a formare il nuovo governo. L’impegno che immaginiamo è quello di un allungamento della prospettiva politica di questa legislatura, che poi è quella che si colloca nell’orizzonte naturale, previsto dalla Costituzione. Pertanto, prima di qualsiasi discussione, è fondamentale che le forze politiche della maggioranza, per quello che riguarda il governo, e di tutto l’arco costituzionale, per quanto riguarda il profilo delle riforme, siano ben consapevoli dei prossimi passaggi. Significa, cioè, avere, nelle prossime ore, una straordinaria attenzione ai contenuti e alle scelte da fare”.

    Poi, il segretario del Pd ha illustrato il programma dei prossimi mesi:

    “La piattaforma con la quale discuteremo assieme alle forze politiche è quella che prevede, entro il mese di febbraio, un lavoro urgente sulle riforme costituzionali, elettorali e, subito dopo, nei mesi successivi, immediatamente, nel mese di marzo la questione del lavoro, nel mese di aprile la riforma della pubblica amministrazione e nel mese di maggio quella del fisco”.

    Matteo Renzi ha indicato, in particolare, un obiettivo:

    “Metterò tutto il coraggio, l’impegno, l’energia e l’entusiasmo di cui sono capace, partendo dall’emergenza più importante: quella, che riguarda non soltanto la mia generazione, che è l’emergenza del lavoro, dell’occupazione, e in qualche modo anche della rassegnazione”.

    Domani, cominceranno le consultazioni. Poi, dopo lo scioglimento della riserva e il giuramento, venerdì prossimo il nuovo presidente del Consiglio dovrebbe andare in Senato e chiedere la fiducia. Dai mercati arrivano, intanto, reazioni positive: lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha aperto in ribasso a 195 punti, dopo la decisione di Moody's di alzare l'outlook dell'Italia da negativo a stabile.

    Sull’attuale fase politica italiana, si sofferma il politologo, Paolo Pombeni, docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna:

    R. – La politica è tornata nell’alveo previsto dal nostro sistema politico e anche dalla Costituzione, cioè a essere una politica di partiti. La seconda caratteristica è il tentativo di dare un piglio molto decisionista a questa politica, proprio per rispondere alle ansie di un Paese che pensa che, se non si fa nulla, si finirà molto male.

    D. – Quello illustrato da Matteo Renzi è un programma serrato: nei prossimi mesi subito riforme costituzionali ed elettorali…

    R. – Questi erano i passaggi che Renzi aveva chiesto anche prima di ottenere l’incarico. Chiaramente, queste riforme sono necessarie anche dal punto di vista della ricostruzione di governi che abbiano maggioranze omogenee e non sottoposte a troppi ricatti. Poi, c’è questa incognita della riforma del Senato. Questa a mio giudizio è una cosa che andrebbe meditata un po’ meglio perché, è vero che due organi che fanno la stessa cosa non hanno molto senso, però anche chiudere la fase della “doppia lettura” dei provvedimenti più importanti forse non è una cosa molto saggia.

    D. – Sulla scena politica, Renzi ha finora assunto il ruolo del “rottamatore”, chiedendo più volte cambiamenti forti. Ora, dovrà assicurare continuità facendo i conti con tutte le forze della coalizione. Questa è un’operazione possibile?

    R. – In parte sì perché, ovviamente, lui conta molto sul “ricatto” dell’opinione pubblica, un’opinione che se vedesse saltare quest’ultimo passaggio si disamorerebbe completamente dalla politica. Conta anche su un altro fatto: per la prima volta, abbiamo un leader di governo che prova un po’ di simpatia per una parte non indifferente dell’opposizione, cioè Forza Italia. È vero che per certi aspetti sembrerebbe un “bacio della morte”, ma per altri aspetti per la prima volta rompe questo schema. Quindi, Renzi ha delle possibilità ma naturalmente ha anche molti avversari. Com’era anche prima, dare una sistemata alla struttura italiana significa toccare tantissimi privilegi, situazioni particolari e rimuoverli non sarà proprio un gioco da ragazzi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica: arresti e scissioni per i miliziani anti-Balaka

    ◊   Ha portato a decine di arresti e al sequestro di armi detenute illegalmente l’operazione congiunta tra soldati francesi e africani attuata nel fine settimana a Bangui, in un tentativo di fermare le violenze delle milizie Anti-Balaka ai danni della popolazione musulmana. Il disarmo forzato dei miliziani, ricercati casa per casa - riferisce l'agenzia Misna - si è essenzialmente svolto nel quartiere di Boy Rabe, considerato uno dei feudi degli Anti-Balaka nella capitale. All’operazione di sicurezza hanno partecipato 250 uomini tra agenti di polizia e peacekeepers. “Tutti gli individui trovati in possesso di armi e munizioni sono stati identificati e saranno consegnati alla polizia centrafricana” hanno annunciato fonti della missione africana in Centrafrica (Misca). Tra i combattenti arrestati, 11 sono già stati trasferiti al carcere centrale di Bangui; quattro sono alti responsabili degli Anti-Balaka, tra cui i luogotenenti Yvon Konaté e Hervé Ganazoui, accusati di aver reclutato con la forza decine di giovani per costringerli a seminare disordini e violenze. L’operazione congiunta tra i francesi di Sangaris e le truppe africane della Misca è stata lanciata dopo il mandato spiccato dal procuratore della Repubblica, Ghislain Gresenguet, che sta ricercando i massimi leader della milizia che tiene in scacco Bangui dagli inizi di dicembre. I primi interrogatori dei combattenti arrestati si sono svolti presso la base di Mpoko, sede della Misca; successivamente sono stati consegnati alle autorità giudiziarie locali. E’ invece riuscito a scappare un ricercato eccellente, Patrice Edouard Ngaissona, ex ministro e coordinatore politico delle milizie. L’operazione attuata nel fine settimana ha inoltre fatto emergere una spaccatura all’interno della ‘nebulosa’ Anti-Balaka. Ad annunciare la scissione è stato il capitano Joachim Kokaté, al termine di un incontro col primo ministro di transizione André Nzapayéké. Lo scorso anno Kokaté assieme a decine di militari delle ex forze armate centrafricane (Faca) aveva raggiunto i ranghi degli Anti-Balaka con l’obiettivo dichiarato di cacciare dal paese Michel Djotodia, capo della ribellione Seleka autrice del colpo di stato del marzo 2013 ai danni dell’allora presidente François Bozizé. “Dal momento che Djotodia ha rassegnato le dimissioni, le armi devono tacere e le esazioni devono finire” ha dichiarato il capitano Kokaté, che ha preso le distanza dall’ala guidata da Ngaissona, assicurando che il gruppo di Anti-Balaka cha rappresenta “è pronto a cooperare con la comunità internazionale per il ritorno della pace”. Intanto nel fine settimana i militari francesi hanno svolto le prime operazioni di sicurezza a Bouar, una delle città più instabili del nord-ovest, già teatro di violenze su vasta scala. Tra il 20 e il 22 gennaio scorso in rappresaglie incrociate hanno perso la vita almeno 152 persone. L’obiettivo dei soldati di Sangaris è quello di disarmare gli Anti-Balaka e recuperare armi e munizioni abbandonate dagli ex ribelli Seleka, fuggiti nei paesi vicini. Il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian ha annunciato che l’operazione in Centrafrica durerà più del previsto, con il coinvolgimento di altri 400 uomini dispiegati a Bangui nelle ultime ore. (R.P.)

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    Africa. Sicurezza e sviluppo: nasce il "G5 del Sahel"

    ◊   Coordinare le politiche di sicurezza e attuare progetti di sviluppo: è la doppia sfida a cui dovrà far fronte il “G5 del Sahel”, istituito ieri a Nouakchott da Mauritania, Burkina Faso, Niger, Mali e Ciad. Il presidente mauritano Mohamed Ould Abdel Aziz è stato designato momentaneamente alla guida della “cornice istituzionale di coordinamento e monitoraggio della cooperazione regionale”, nata “dalla volontà comune di affrontare insieme le stesse problematiche”, si legge nel comunicato finale. La regione del Sahel - riferisce l'agenzia Misna - è stata fortemente destabilizzata dalla caduta del regime di Gheddafi in Libia nel 2011, diventando un covo di mercenari e combattenti di gruppi jihadisti nonché una zona “franca”, in cui transitano armi e droga. Per 18 mesi l’Azawad, vasta regione settentrionale e desertica del Mali, è stata controllata da gruppi armati tuareg e da ribelli legati ad Al Qaida nel Maghreb islamico (Aqmi). La crisi militare è in parte rientrata con l’intervento delle truppe francesi di Serval e con il contributo di soldati africani, confluiti in una missione Onu (Minusma) ancora operativa. Il conflitto in Mali ha avuto ripercussioni negative anche sulla sicurezza dei paesi confinanti: sia il Niger che l’Algeria sono stati colpiti da attentati terroristici, ai danni di infrastrutture produttive e cittadini stranieri. Inoltre l’instabilità diffusa nella fascia del Sahel ha spinto i Paesi occidentali – Francia in primis – ad impegnarsi militarmente nella regione, anche con motivazioni economiche e strategiche. La comunità internazionale ha promesso ai cinque Paesi in questione circa 8 miliardi di euro di aiuti entro fine anno: un’ulteriore motivazione che ha spinto Nouakchott, Ouagadougou, Bamako, Niamey e N’Djamena a unire le proprie forze. “L’idea di base è quella di privilegiare una serie di progetti in zone lasciate all’abbandono, quindi propizie allo sviluppo del terrorismo” ha dichiarato il ministero nigerino della Pianificazione, Amadou Boubacar Cissé, sottolineando che “non si tratta dell’ennesima struttura o organizzazione ma bensì di un nuovo spazio di solidarietà necessario per aiutarci ad organizzarci meglio”. Nel discorso pronunciato davanti ai suoi omologhi, il presidente Abdel Aziz ha invece evidenziato “lo stretto legame tra mancato sviluppo economico e insicurezza”, invitando i suoi vicini “a rimanere vigili di fronte al perdurare delle minacce”. Il segretariato permanente del “G5” sarà stabilito nella capitale mauritana ma la presidenza dovrebbe essere affidata a un nigerino. Il prossimo vertice dei Paesi del Sahel si terrà in Ciad tra sei mesi. Nel frattempo i nuovi alleati dovranno preparare una mappatura dettagliata delle problematiche, dei bisogni e dei progetti da realizzare essenzialmente nel settore delle infrastrutture, dalle strade alla fornitura di energia elettrica. (R.P.)

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    Denuncia dell'Onu: migliaia di morti nei campi di prigionia in Corea del Nord

    ◊   Negli ultimi 5 decenni, "centinaia di migliaia di prigionieri politici sono morti nei campi di prigionia della Corea del Nord". Lo denuncia la Commissione d'inchiesta dell'Onu. Le persone nei campi sono state gradualmente eliminate con una politica deliberata di fame, lavori forzati, esecuzioni, tortura, stupri, aborti forzati e l'infanticidio. "La gravità, la scala e la natura di queste violazioni rivelano uno stato che non ha alcun parallelo nel mondo contemporaneo", aggiunge il rapporto della Commissione di inchiesta. Il documento di quasi 400 pagine descrive la situazione drammatica dei campi di prigionia e le scomparse forzate anche all'estero, nonché le politiche di indottrinamento e di monopolio del cibo da parte del regime. Pyongyang non ha concesso l'accesso al Paese alla Commissione di inchiesta, istituita da una risoluzione approvata il 21 marzo 2013 dal Consiglio Onu dei diritti umani. Composta da tre principali esperti, la commissione ha condotto le indagini tramite interviste di vittime e testimoni all'estero in condizioni di estrema riservatezza per non mettere nessuno in pericolo.

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    Iraq: leader sciita Al Sadr annuncia ritiro dalla vita politica

    ◊   A due mesi dalle elezioni parlamentari, il leader sciita Moqtada la Sadr, a capo della milizia dell’Esercito del Mahdi, ha annunciato il suo ritiro dalla vita politica. In un comunicato diffuso oggi, al Sadr ha dichiarato che non si candiderà a incarichi di governo né a far eleggere gli esponenti del suo movimento in parlamento. Salito agli onori delle cronache in seguito all’invasione americana in Iraq, il religioso quarantenne ha guidato una delle milizie coinvolte negli scontri e nelle violenze settarie che piegarono il Paese tra il 2004 e il 2007. Dopo aver combattuto la presenza americana in Iraq, al Sadr ha guidato i suoi uomini contro l’esercito iracheno comandato dal primo ministro Nuri al Maliki, prima di annunciare la resa e la smobilitazione. Figura estremamente controversa dell’Iraq del dopo Saddam Hussein – il cui regime uccise suo padre e suo nonno – al Sadr e la sua milizia sono accusati di aver torturato migliaia di sunniti dal 2006. In seguito al Sadr raggiunse un’intesa con l’attuale premier e lo aiutò ad assicurarsi un secondo mandato nel 2010. Il suo gruppo fu pian piano integrato nel nuovo governo ottenendo posti ministeriali e di rappresentanza. I sadristi hanno attualmente 40 dei 325 seggi in parlamento e detengono sei posti nel governo. Le elezioni politiche di aprile, in un clima di rinnovata violenza e segnato dalla rivolta dei sunniti nella provincia occidentale di al Anbar sono considerate un appuntamento decisivo per il governo di al Maliki, che tenta di farsi rieleggere per un terzo mandato. Gli iracheni saranno chiamati a votare per la prima volta dopo il ritiro degli Stati Uniti. (R.P.)

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    Egitto: al via il Sinodo della Chiesa copta ortodossa

    ◊   “La Chiesa verso un futuro migliore”. Con questa formula che guarda all'avvenire è intitolato il Sinodo dei vescovi della Chiesa copta ortodossa in corso al Cairo fino al 19 febbraio, sotto la presidenza del patriarca Tawadros II. Secondo quanto riferito dall'agenzia Fides, tra i temi all'ordine del giorno c'è anche la discussione sulle bozze di un nuovo regolamento per l'elezione del patriarca. La revisione delle procedure elettorali utilizzate per la selezione del Capo della Chiesa copta ortodossa era stata promessa dallo stesso patriarca Tawadros dopo la sua elezione, avvenuta nel novembre 2012. In quell'occasione, era apparso evidente a gran parte delle persone coinvolte che molte regole del sistema elettorale in vigore erano da aggiornare perchè non più corrispondenti allo stato presente della Chiesa copta ortodossa. Tra le altre cose, si registrano incongruenze nella distribuzione delle quote di aventi diritto al voto, che ad esempio vede penalizzata la consistente comunità di Alessandria. Inoltre, nell'attuale procedimento per l'elezione del patriarca non è prevista alcun coinvolgimento delle comunità copte in diaspora, che negli ultimi decenni hanno registrato una progressione numerica impressionante, con conseguente creazione di diocesi copte ortodosse in tutto il mondo. (R.P.)

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    Venezuela: nel Collegio don Bosco di Valencia uccisi un sacerdote di 80 anni ed un fratello laico

    ◊   Nella città venezuelana di Valencia nel corso di un tentativo di furto sono stati uccisi un sacerdote salesiano, padre Jesús Plaza, 80 anni, e un fratello laico Luis Sánchez , 84 anni. Il tragico evento ha avuto luogo nel collegio dei salesiani Don Bosco della città, mentre le vittime riposavano. La versione dei fatti è stata data da una terza persona, anch'essa gravemente ferita e operata nella clinica "Guerra Mèndez", il padre David Marín, direttore del collegio (64 anni). Gli autori del delitto, eseguito secondo la stampa locale con assurda efferatezza durante la notte tra sabato e domenica, sono due minorenni: uno di 13 anni e l'altro di 15, che si sono introdotti nel collegio con l'intenzione di compiere un furto, aggredendo per primo il padre José Luis Salazar. Padre Plaza è morto in ospedale mentre i medici tentavano di fermare le emorragie causate da numerose coltellate. Invece il fratello salesiano Sánchez è morto sul colpo, nella sua abitazione. Lo scorso 14 febbraio la Conferenza episcopale del Venezuela, dopo la morte di tre giovani che protestavano contro il governo, aveva lanciato un appello alla pace, ribadendo la condanna della violenza. "Siamo tutti coinvolti — si legge nel documento dei vescovi — nel costruire il bene del Paese. E tutti dobbiamo risolvere i principali problemi, come l’insicurezza, e lavorare per tutto ciò che riguarda la qualità della vita". "Ciò che è accaduto è molto triste e va rifiutato": così il presidente dell'episcopato del Venezuela, mons. Diego Padrón, arcivescovo di Cumaná, in merito all'uccisione, mercoledì 12 febbraio, nel corso di manifestazioni contro il governo del Presidente Nicolás Maduro, di tre giovani che prendevano parte alla protesta. "Lo stato di violenza al quale siamo arrivati", ha aggiunto l'arcivescovo in dichiarazioni a 'Unión Radio', ci spinge a rinnovare, "ancora una volta, un appello serio, molto forte, alla riconciliazione e al reciproco riconoscimento. Senza queste condizioni non vi sarà dialogo e dunque neanche pace". Per il presule venezuelano "è il momento opportuno affinché tutti i venezuelani riflettano" e si mobilitino in favore della pace. "Il dialogo è una chiave che apre le porte, che abbassa le tensioni e consente di trovare accordi e convergenze tra tutti, e che certamente ci sono", ha precisato mons. Padrón. (A cura di Luis Badilla)

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    Brasile: migliaia di religiosi si mobilitano contro la tratta di persone

    ◊   Più di 30 mila religiose, quasi 8.000 sacerdoti e circa 2.700 fratelli religiosi mobilitati “per una campagna di prevenzione che avrà inizio il 18 maggio in tutte le città sedi del Campionato Mondiale di Calcio, fino alla fine della gara” per aumentare la consapevolezza della popolazione su problemi come la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale nel Paese. Si tratta della campagna "Giocare a favore della vita", promossa dalla Conferenza dei Religiosi del Brasile (Crb), per cui fervono i preparativi, secondo la nota pervenuta all’agenzia Fides. Suor Eurides de Oliveira, coordinatrice della rete "Un grido per la vita", incaricata di preparare la campagna, l'azione dei sacerdoti e religiosi si concentrerà principalmente sulla "prevenzione e informazione". Alle stazioni degli autobus, sui trasporti pubblici, negli aeroporti e negli alberghi delle città sedi delle partite, saranno distribuiti volantini sulla prevenzione delle diverse forme di tratta di esseri umani. Dai dati raccolti dall'organizzazione, si apprende che la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale sono ormai una minaccia per molti bambini, giovani e adulti, e allo stesso tempo muove miliardi di dollari. Eventi internazionali come la Coppa del Mondo di calcio, "finiscono per essere occasioni per la pratica di questo crimine", dal momento che "in molti casi i bambini sono adottati illegalmente, gli adolescenti sono coinvolti inizialmente per la promozione dello sport ma poi vengono immersi nelle reti di sfruttamento sessuale" sottolinea la nota della Crb. La campagna "Giocare per la vita" ha il sostegno di organizzazioni locali ed internazionali, come la Commissione per la Pastorale del Bambino, il ministero brasiliano della Giustizia e la Caritas internazionalis. (R.P.)

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    Filippine: 100 giorni dal tifone Haiyan. Manila: "Non abbandonateci"

    ◊   Il governo di Manila ha chiesto al mondo di continuare a sostenere l’impegno per i sopravvissuti del tifone Haiyan che ha devastato le aree centrali dell’arcipelago l’8 novembre 2013. Insieme alla richiesta accorata è arrivata anche l’ammissione dell’inadeguatezza dell’impegno ufficiale nel soddisfare le necessità delle popolazioni colpite. L’occasione dell’appello - riferisce l'agenzia Misna - è stato il 100° giorno dall’evento, che ha interessato ufficialmente 14 milioni di abitanti, provocato almeno 6.200 morti, e oltre 1.700 dispersi. Un milione le abitazioni distrutte o danneggiate seriamente e gravi i danni a important aree agricole e alla pesca locale, essenziale all’economia dell’arcipelago. In un’intervista radiotrasmessa, il segretario operativo per le comunicazioni presidenziali Herminio Coloma Jr. ha indicato che, nonostante l’impegno “il governo non è riuscito a rispondere in modo adeguato alle necessità di tutte le famiglie e gli individui coinvolti” e che i responsabili continueranno “ad accettare suggerimenti su come migliorare la risposta alle necessità e l’assistenza alla ricostruzione”. Coloma ha anche indicato che il governo non ignorerà le denunce di abusi e di irregolarità nell’emergenza e nei soccorsi e che è fermamente impegnato a proseguire nella massiccia opera di ricostruzione delle 171 municipalità interessate dal tifone. Un’eco dell’impegno ripetuto dal presidente Benigno Aquino III secondo cui la ricostruzione aprirà per le regioni colpite “prospettiva ancora migliori” del passato. (R.P.)

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    Vietnam: migliaia di cristiani e non in piazza per la liberazione dell’avvocato cattolico

    ◊   Almeno 3mila vietnamiti, cristiani e non, hanno aderito alla fiaccolata promossa nella giornata di ieri dai sacerdoti Redentoristi di Hanoi e Saigon; i partecipanti hanno pregato per la salute di Lê Quốc Quân e di molti altri attivisti, dissidenti, giornalisti e blogger rinchiusi in prigione per la loro battaglia a difesa dei diritti umani e della libertà religiosa nel Paese. Domani è fissata la prima udienza del processo di appello per l'avvocato cattolico, condannato con (false) accuse di frode fiscale. Dal 2 febbraio egli ha promosso uno sciopero della fame, per protesta contro il rifiuto opposto dalle autorità della prigione di fornirgli testi giuridici e religiosi, fra cui la Bibbia. Tuttavia, in queste ultime ore la famiglia e i suoi legali lanciano l'allarme per le sue condizioni di salute, che definiscono "preoccupanti". Fonti cattoliche riprese dall'agenzia AsiaNews riferiscono che il suo fisico è molto "indebolito" per la mancanza di cibo e il clima freddo e umido di questo periodo ad Hanoi contribuisce a peggiorare il quadro. Inoltre, le autorità della prigione gli hanno più volte impedito di incontrare i suoi legali (l'ultimo episodio risale al 14 febbraio), in vista del processo di secondo grado. Fermato e rilasciato dopo brevi periodi in passato, Lê Quốc Quân è stato arrestato da funzionari del governo vietnamita il 27 dicembre 2012, con la presunta accusa di "frode fiscale". La condanna a 30 mesi di prigione e al pagamento di una pesante multa (56mila dollari) è arrivata il 2 ottobre, al termine di un'udienza lampo durata due ore. A difesa del dissidente, che aveva digiunato e pregato a lungo in vista del processo di primo grado, sono scesi in campo - senza ottenere sinora risultati concreti - Ong internazionali, attivisti cattolici e rappresentanti delle principali religioni in Vietnam. (R.P.)

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    India: a Mumbai il governo chiede l'esproprio parziale di una casa di Madre Teresa

    ◊   Il governo locale di Mumbai ha presentato una notifica di esproprio terriero alla Cardinal Gracias Destitute's Home, una casa per malati e moribondi delle Missionarie della Carità. L'amministrazione chiede di acquisire 3,5 m2 per motivi di ampliamento della strada, al fine di decongestionare il traffico nell'area. Tuttavia attivisti e religiose spiegano che a causare disagi alla viabilità è la zona intorno alla stazione, e non quella vicino alla casa. "Nella Cardinal Gracias Destitute's Home - sottolinea all'agenzia AsiaNews suor Praxi, la madre superiora - vivono al momento 70 donne. Con l'esproprio del terreno andrebbero distrutti una cappella dedicata alla Vergine, otto alberi e una cisterna. Inoltre si ridurrebbe anche l'ingresso per il passaggio delle ambulanza". La struttura appartiene alla chiesa del Sacro cuore. "Già nel 1983 - spiega ad AsiaNews padre Vernon Aguilar, il parroco - la chiesa ha dato 58 m2 di terreno per ampliare la strada. Nel punto che l'amministrazione vuole acquisire sorge anche un crocifisso antico di 150 anni". Mons. Nereus Rodrigues, uno stretto collaboratore di Madre Teresa e in passato parroco del Sacro cuore, spiega ad AsiaNews il valore che ha questa casa per la città di Mumbai: "La Cardinal Gracias Destitute's Home è stata inaugurata il 24 maggio 1962, nella festa di Maria Ausiliatrice. Il terreno su cui sorge è un dono della Chiesa, che ancora oggi ne è 'proprietaria'. Madre Teresa veniva a visitarla spesso, aveva un legame speciale con questa casa". (R.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 48

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.