Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 14/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • L'abbraccio di Papa Francesco ai fidanzati: "Signore, dacci il nostro amore quotidiano"
  • Pronti a un "sì" per sempre: i fidanzati rispondono all'invito del Papa
  • Il Papa ai vescovi cechi: sostegno ai laici e trasparenza nella gestione economica
  • Il Papa: il cristiano sia agnello sempre, vinca la tentazione di farsi lupo
  • Papa Francesco riceve il fondatore della "Comunidade Catolica Shalom"
  • Nomine di Papa Francesco in Argentina: mons. Giorgi nuovo ausiliare di Buenos Aires
  • Il rabbino Rosen: il viaggio del Papa in Terra Santa porterà frutti di comunione, di speranza e di pace
  • Il Papa invia altre 28 "missio ad gentes" del Cammino Neocatecumenale
  • Mons. Gänswein: Benedetto XVI ha vissuto con grande serenità l’11 febbraio di quest’anno
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Belgio, eutanasia minori. Il cardinale Sgreccia: orribile crudeltà
  • Nuove prospettive di dialogo tra Nord e Sud Sudan
  • L’energia e gli scenari geopolitici d'Asia. Intervista al presidente della Nato Foundation
  • Crisi di governo. Da stasera le consultazioni. Napolitano: "Soluzione rapida e subito riforme"
  • Gender. Lo psicologo: per insegnare a non discriminare si lede la psiche del minore
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: "Rischio genocidio imminente"
  • Coree. Conclusi i colloqui: via libera alle ricongiunzioni familiari
  • Venezuela: la Chiesa chiede al governo di ascoltare la voce della gente
  • India. Messaggio dell'Assemblea dei vescovi: "Essere davvero una Chiesa dei poveri"
  • Indonesia: allarme eruzione. Ordinata evacuazione di massa
  • Filippine: no dei vescovi alla pubblicità dei contraccettivi. A marzo la sentenza sulla Rh Bill
  • Pakistan: morte misteriosa di un cristiano che era in custodia della polizia
  • Panama: si chiude il Giubileo per i 500 anni di Santa Maria La Antigua
  • Iraq: il patriarca Sako propone alla società civile una "Lega Caldea"
  • Nigeria: card. Onaiyekan chiede più equa distribuzione delle grandi ricchezze naturali del Paese
  • Il Papa e la Santa Sede



    L'abbraccio di Papa Francesco ai fidanzati: "Signore, dacci il nostro amore quotidiano"

    ◊   In un clima di festa e commozione si è svolta stamani in Piazza San Pietro l’udienza speciale di Papa Francesco ai fidanzati di tutto il mondo, nel contesto dell’incontro “La gioia del Sì per sempre”, promosso nel giorno di San Valentino dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Oltre 25 mila i partecipanti, provenienti da una trentina di Paesi. Dopo una mattinata di canti, testimonianze, poesie e riflessioni, con l’intervento dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del dicastero per la Famiglia – e dopo questo tweet lanciato dal Pontefice poco prima dell'incontro: “Giovani, non abbiate paura di sposarvi: uniti in un matrimonio fedele e fecondo, sarete felici” – Papa Francesco ha salutato le coppie presenti e ha risposto alle domande sul valore del matrimonio poste da tre di loro. Il servizio di Giada Aquilino:

    “Signore, dacci oggi il nostro amore quotidiano”. È un suggerimento per la preghiera quello che Papa Francesco ha voluto dare ai fidanzati di tutto il mondo, ispirandosi al Padre Nostro. Ha chiesto di ripeterlo più volte in Piazza. Rispondendo alle domande di tre coppie, il Pontefice ha fatto un quadro della società contemporanea: “Tante persone – ha detto – hanno paura di fare scelte definitive, per tutta la vita, sembra impossibile”. “Oggi – ha aggiunto – tutto cambia rapidamente, niente dura a lungo”. Eppure, ha spiegato il Papa nel suo primo incontro ufficiale coi fidanzati, l’amore è una relazione, “è una realtà che cresce”, “che si costruisce come una casa. E la casa si costruisce assieme, non da soli”: “Costruire – ha proseguito – qui significa favorire e aiutare la crescita”:

    Cari fidanzati, voi vi state preparando a crescere insieme, a costruire questa casa, per vivere insieme per sempre. Non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero, l’amore che viene da Dio. La famiglia nasce da questo progetto d’amore che vuole crescere come si costruisce una casa che sia luogo di affetto, di aiuto, di speranza, di sostegno. Ma tutti insieme: affetto, aiuto, speranza, sostegno! Come l’amore di Dio è stabile e per sempre, così anche l’amore che fonda la famiglia vogliamo che sia stabile e per sempre. Per favore non dobbiamo lasciarci vincere dalla “cultura del provvisorio”! Questa cultura che oggi ci invade tutti, questa cultura del provvisorio. Questo non va!".

    Di fronte alla “paura del ‘per sempre’”, la “cura” giorno per giorno è quella di affidarsi “al Signore Gesù in una vita che diventa un cammino spirituale quotidiano, fatto di passi, di crescita comune, di impegno a diventare donne e uomini maturi nella fede”. Perché, ha spiegato il Papa, il “per sempre” non è solo una questione di durata:

    “Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità. Stare insieme e sapersi amare per sempre è la sfida degli sposi cristiani”.

    Rifacendosi al miracolo delle nozze di Cana, il Santo Padre ha ricordato ai fidanzati che “il Signore può moltiplicare” il loro amore e donarlo “fresco e buono ogni giorno” perché “ne ha una riserva infinita”, “lo rinnova”, “lo rafforza” e “lo rende ancora più grande quando la famiglia cresce con i figli”. In questo cammino, vanno osservate “delle regole”, già ricordate dal Papa incontrando le famiglie: permesso, grazie, scusa. “Permesso” è una “richiesta gentile”:

    Chiedere permesso significa saper entrare con cortesia nella vita degli altri. Ma sentite bene questo: saper entrare con cortesia nella vita degli altri non è facile! Non è facile! A volte invece si usano maniere un po’ pesanti, come certi scarponi da montagna! L’amore vero non si impone con durezza e aggressività”.

    D’altra parte, ha riflettuto il Santo Padre, “nelle nostre famiglie, nel nostro mondo, spesso violento e arrogante, c’è bisogno di molta più cortesia”. Poi, ha parlato della gratitudine, altro “sentimento importante”:

    “Nella vostra relazione, e domani nella vita matrimoniale, è importante tenere viva la coscienza che l’altra persona è un dono di Dio e ai doni di Dio si dice: 'Grazie!'. Ai doni di Dio si dice: Grazie! E in questo atteggiamento interiore dirsi grazie a vicenda, per ogni cosa”.

    Quindi, un esame di coscienza, perché “nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli”: l’uomo è portato “ad accusare l’altro e a giustificare se stesso”, è “un istinto che sta all’origine di tanti disastri. Impariamo a riconoscere i nostri errori e – ha aggiunto Papa Francesco – a chiedere scusa”; mai finire la giornata “senza fare la pace”:

    Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta! Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che ci conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia”.

    Quindi, una riflessione sulla festa per le nozze: l’invito del Papa è stato quello a fare in modo “che sia una vera festa, una festa cristiana, non una festa mondana”, perché ciò che rende “pieno e profondamente vero” il matrimonio è “la presenza del Signore che si rivela e dona la sua grazia”. È “Lui il segreto della gioia piena, quella che scalda il cuore veramente”:

    “E’ bene che il vostro matrimonio sia sobrio e faccia risaltare ciò che è veramente importante. Alcuni sono più preoccupati dei segni esteriori, del banchetto, delle fotografie, dei vestiti e dei fiori... Sono cose importanti in una festa, ma solo se sono capaci di indicare il vero motivo della vostra gioia: la benedizione del Signore sul vostro amore”.

    Infine, un pensiero per questi giovani che hanno frequentato o stanno ancora vivendo i percorsi di preparazione al matrimonio, in vista delle nozze nei prossimi mesi: una riflessione sul matrimonio, come “lavoro di tutti i giorni”, “lavoro artigianale”, per “crescere anche in umanità, come uomo e come donna”:

    “Arrivare a questo, arrivare a questo: farci crescere insieme, l’uno all’altro. E i figli avranno questa eredità di aver avuto un papà e una mamma che sono cresciuti insieme, facendosi - l’uno all’altro - più uomo e più donna!".

    Dopo le risposte del Papa alle coppie, la piazza ha recitato una "Preghiera dei fidanzati", appositamente composta per l’occasione. Nel corso della mattinata era stato mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a introdurre al Papa i fidanzati, definendoli “giovani controcorrente” perché “non hanno paura di sposarsi” e di creare una famiglia “in un mondo in cui si crede che è bene che ciascuno pensi a se stesso”:

    “Tutti vediamo che voi rifiutate di edificare una casa sulle sabbie mobili dei sentimenti egocentrici che vanno e vengono, e spesso falsamente scambiati per amore, ma che piegano tutto e tutti a se stessi, anche con la violenza. Penso e preghiamo per quella fidanzata romana picchiata dal fidanzato e per tutte quelle ragazze che vengono umiliate da chi scambia per amore i propri sentimenti egocentrici. Basta con la violenza sulle donne sui bambini!".

    Proiettato un video sull’emergenza in Siria, per cui sono direttamente impegnati con programmi di solidarietà il Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italiana, mons. Paglia e i presenti hanno ringraziato il Pontefice per aver donato a ciascuna coppia un cuscinetto portafedi, “la carezza del Papa” per i fidanzati, ha concluso il presule.

    inizio pagina

    Pronti a un "sì" per sempre: i fidanzati rispondono all'invito del Papa

    ◊   Le migliaia di fidanzati in Piazza San Pietro hanno accolto con grande gioia ed entusiasmo le parole a loro rivolte da papa Francesco. Le loro voci e i loro commenti al microfono di Marina Tomarro.

    R. – Cerchiamo una conferma, abbiamo detto il nostro “sì”, e nonostante stiamo ancora finendo i nostri studi, abbiamo ricevuto questo invito ad aver coraggio, a buttarci sperando che alla fine la Provvidenza si faccia sentire.

    D. – Come è cresciuto il vostro amore?

    R. – Piano, piano, con difficoltà. Però abbiamo visto sempre la Provvidenza grande di Dio nella nostra vita che gradualmente ci ha portato a capire il nostro stare insieme, creando anche un “noi”. E questo, piano, piano è diventato sempre più forte.

    R. – Devo dire riuscire a ricevere una parola di luce che illumini il cammino che stiamo facendo e che, appunto, ci dia quella forza e quel sostegno che servirà poi per vivere l’amore quotidiano giorno per giorno.

    D. – Come è cresciuta la vostra storia?

    R. – Velocemente. Ma deve ancora crescere. É un cammino. Andiamo avanti e vediamo dove ci porta.

    R. – Questo è un incontro molto speciale per noi, perché sembra accaduto nel momento giusto. In questo anno, in cui abbiamo deciso di volerci sposare, sentire la parola che il Papa ci vuole donare è sempre una grande gioia e una benedizione speciale.

    D. – "Permesso", "grazie", "scusa": quanto servono queste parole nel vostro rapporto?

    R. – Ogni giorno. È importante perché il Signore ci ha insegnato questo: dire grazie per ogni momento, dire grazie perché si è dono l’uno dell’altro e quindi ringraziamo il Signore per la nostra vita.

    R. – Sono importantissime e bisogna imparare a dirle. Soprattutto l’ultima! Quindi, la preghiera ci aiuta.

    R. – Parecchio, anche perché per andare avanti nella relazione dopo i primi tempi che sono tutte rose e fiori è necessario andare verso l’altro, a volte rinunciando al proprio orgoglio. Però, ne vale la pena.

    D. – Quanto è importante anche la preghiera in un rapporto di coppia? Quanto ti aiuta a crescere?

    R. – Senza la preghiera viene meno l’essenza stessa della coppia. Se invece alla base c’è una fede solida e la presenza quotidiana di Dio, che in qualche maniera permea la vita di coppia, si va avanti sempre con il sorriso, con serenità e con amore.

    R. - Sicuramente la base, il fondamento. È quello che ti dà la forza per superare i momenti di difficoltà che indubbiamente ci sono in un rapporto.

    inizio pagina

    Il Papa ai vescovi cechi: sostegno ai laici e trasparenza nella gestione economica

    ◊   Una Chiesa proiettata con il Vangelo verso le periferie e oculata e trasparente nella sua gestione interna. Sono due dei principali impegni affidati da Papa Francesco ai vescovi cella Repubblica Ceca, ricevuti questa mattina in visita ad Limina, nel giorno della festa liturgica dei Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatore dei popoli slavi. Dal Papa, anche un forte impulso alla promozione dei laici nella vita ecclesiale e sociale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Periferie” che vuol dire ovunque, perché periferia per Papa Francesco è ovunque Cristo non sia conosciuto, sia osteggiato, considerato con indifferenza. Per questo, dal punto di vista dello slancio missionario, il discorso consegnato ai presuli cechi include, e non potrebbe essere altrimenti, tutti i settori della vita sociale. Ai pastori che oggi curano un gregge non troppo tempo fa oppresso dai totalitarismi, il Papa chiede “impegno per l’educazione religiosa” e una “presenza qualificata nel mondo della scuola”, perché oggi a soffocare, afferma, sono “secolarismo” e “relativismo”. Un impegno che riguarda certamente il clero, ma l’appello di Papa Francesco abbraccia in particolare i laici. “Non può mancare da parte vostra – dice rivolto ai vescovi – un’apertura vigile e coraggiosa agli impulsi nuovi dello Spirito Santo, che distribuisce i suoi carismi e rende disponibili i fedeli laici ad assumere responsabilità e ministeri, utili al rinnovamento e alla crescita della Chiesa”. Ognuno “nel proprio ruolo – soggiunge il Papa – è chiamato a dare un generoso apporto affinché la Buona Novella sia annunciata in ogni ambiente, anche quello più ostile o lontano dalla Chiesa; affinché l’annuncio possa raggiungere le periferie, le diverse categorie di persone, specialmente i più deboli e i più poveri di speranza”, come gli anziani e i malati. Attenzione ai laici vuol dire quindi anche attenta “pastorale familiare” e significa “presenza dei cattolici nella vita pubblica” e “anche nei mezzi di comunicazione”. “Dipende anche da loro – sostiene il Papa – il far sì che si possa sempre sentire una voce di verità sui problemi del momento e si possa percepire la Chiesa come alleata dell’uomo, al servizio della sua dignità”.

    Lo sguardo di Papa Francesco si sposta poi all’interno della Chiesa. Le comunità cristiane, esorta, “siano sempre luoghi di accoglienza, di confronto aperto e pacato; siano operatrici di riconciliazione e di pace, stimolo per l’intera società nel perseguimento del bene comune e nell’attenzione verso i più bisognosi; siano operatrici della cultura dell’incontro”. E accanto alla promozione di una “capillare pastorale vocazione”, e a una vicinanza ai propri sacerdoti che sia paterna e affettuosa, Papa Francesco conclude con un’osservazione tanto pratica quanto in linea con la sua volontà di rinnovamento interno delle strutture ecclesiali. “Nel campo economico – indica – è necessario sviluppare un sistema il quale, tenendo conto che i mezzi materiali sono destinati esclusivamente alla missione spirituale della Chiesa, garantisca ad ogni realtà ecclesiale il necessario e la libertà per l’attività pastorale. Occorre vigilare attentamente – conclude Papa Francesco – affinché i beni ecclesiastici siano amministrati con oculatezza e trasparenza, siano tutelati e preservati, anche con l’aiuto di laici fidati e competenti”.

    inizio pagina

    Il Papa: il cristiano sia agnello sempre, vinca la tentazione di farsi lupo

    ◊   Il cristiano non sta mai fermo, cammina sempre oltre le difficoltà. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Nella festa dei Santi Patroni d’Europa, Cirillo e Metodio, il Pontefice si è soffermato sull’identità del discepolo. Il Vangelo, ha avvertito, si annuncia con gioia, lamentandosi non si fa un favore al Signore. E ha messo in guardia dalla tentazione di farsi lupi tra i lupi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Come deve essere un discepolo di Gesù? Papa Francesco ha preso spunto dalle figure di Cirillo e Metodio per soffermarsi sull’identità del cristiano. E commentando la prima Lettura tratta dagli Atti degli Apostoli ha subito sottolineato che il cristiano è “inviato”. Il Signore invia i suoi discepoli, gli chiede di andare avanti. “E questo – ha osservato – significa che il cristiano è un discepolo del Signore che cammina, che va sempre avanti”:

    “Non si può pensare a un cristiano fermo: un cristiano che rimane fermo è ammalato, nella sua identità cristiana, ha qualche malattia in quella identità. Il cristiano è discepolo per camminare, per andare. Ma il Signore questo anche, alla fine - l’abbiamo sentito nel Salmo, il congedo del Signore - alla fine: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo’. Andate. Camminate. Ecco: un primo atteggiamento dell’identità cristiana è camminare, e camminare anche se ci sono difficoltà, andare oltre le difficoltà”.

    Questo, ha soggiunto, è quello che è successo con Paolo ad Antiochia di Pisidia, “dove c’era difficoltà con la comunità ebrea e allora sono andati i pagani, avanti”. Gesù, ha poi rammentato il Papa, “esorta ad andare agli incroci delle strade” e a invitare “tutti, buoni e cattivi”. Così dice il Vangelo, ha ribadito: “Anche i cattivi! Tutti”. Il cristiano, dunque, “cammina” e “se ci sono difficoltà, va oltre, per annunziare che il Regno di Dio è vicino”. Un secondo aspetto dell’identità del cristiano, ha proseguito, “è che il cristiano deve rimanere sempre agnello”. Il cristiano, ha riaffermato, “è un agnello, e deve conservare questa identità”. Il Signore ci manda “come agnelli in mezzo ai lupi”. Ma, si è chiesto il Papa, qualcuno potrebbe proporre di usare la “forza contro di loro”. Pensiamo a Davide, ha così osservato, “quando doveva lottare contro il filisteo: volevano vestirlo con tutte le armature di Saulo e non poteva muoversi”. Così, ha spiegato Papa Francesco, “non era se stesso, non era l’umile, non era il semplice Davide. Alla fine, lui ha preso la fionda e ha vinto la battaglia”:

    “Come agnelli… Non diventare lupi… Perché, a volte, la tentazione ci fa pensare: ‘Ma questo è difficile, questi lupi sono furbi e io sarò anche più furbo di loro, eh?’. Agnello. Non scemo, ma agnello. Agnello. Con l’astuzia cristiana, ma agnello sempre. Perché se tu sei agnello, Lui ti difende. Ma se tu ti senti forte come il lupo, Lui non ti difende, ti lascia solo, e i lupi ti mangeranno crudo".

    Terzo aspetto di questa identità, ha detto, è lo “stile del cristiano” che è “la gioia”. I cristiani, ha affermato, “sono persone che esultano perché conoscono il Signore e portano il Signore”. E ha avvertito che “non si può camminare in cristiano senza gioia, non si può camminare come agnello senza gioia”. Anche “nei problemi, anche nelle difficoltà, anche nei propri sbagli e peccati – ha ribadito il Papa – c’è la gioia di Gesù che sempre perdona e aiuta”. Il Vangelo allora “deve andare avanti, portato da questi agnelli inviati dal Signore che cammina, con gioia”:

    “Non fanno un favore al Signore né alla Chiesa quei cristiani che hanno un tempo di adagio-lamentoso, che vivono sempre così, lamentandosi, di tutto, tristi… Questo non è lo stile del discepolo. Sant’Agostino dice ai cristiani: ‘Vai, vai avanti, canta e cammina!’. Con la gioia: è quello lo stile del cristiano. Annunciare il Vangelo con gioia. E il Signore fa tutto. Invece, la troppa tristezza, questa troppa tristezza, anche l’amarezza ci porta a vivere un cosiddetto cristianesimo senza Cristo: la Croce svuota i cristiani che sono davanti al Sepolcro piangendo, come la Maddalena, ma senza la gioia di aver trovato il Risorto”.

    Nella festa dei due discepoli cristiani, Cirillo e Metodio, ha riaffermato Papa Francesco, la Chiesa ci fa riflettere sulla “identità cristiana”. Il cristiano, ha detto, “mai sta fermo, è un uomo o una donna che cammina sempre, che cammina oltre le difficoltà”. E cammina, ha ribadito, “come agnello, non è sufficiente delle sue forze: è un uomo o una donna che cammina con gioia”. Il Signore, ha concluso il Papa, “per l’intercessione di questi due fratelli Santi, Patroni dell’Europa, ci conceda la grazia di vivere come cristiani che camminano come agnelli e con gioia”.

    inizio pagina

    Papa Francesco riceve il fondatore della "Comunidade Catolica Shalom"

    ◊   Il Papa ha ricevuto, questa mattina, in udienza Moysés Louro de Azevedo Filho, Fondatore e Moderatore Generale della "Comunidade Catolica Shalom" (Brasile).

    inizio pagina

    Nomine di Papa Francesco in Argentina: mons. Giorgi nuovo ausiliare di Buenos Aires

    ◊   In Argentina, Papa Francesco ha nominato ausiliare di Buenos Aires, il rev.do Alejandro Daniel Giorgi, del clero della medesima arcidiocesi, finora rettore del Seminario Metropolitano di Buenos Aires, assegnandogli la sede titolare vescovile di Summa.

    Sempre in Argentina, il Papa ha nominato ausiliare di San Roque de Presidencia Roque Sáenz Peña, il rev.do Mons. Gustavo Alejandro Montini, finora vicario generale della diocesi di Rafaela, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tisedi.

    inizio pagina

    Il rabbino Rosen: il viaggio del Papa in Terra Santa porterà frutti di comunione, di speranza e di pace

    ◊   Papa Francesco è amato e in Israele sono già tutti entusiasti della sua visita, lancerà un messaggio d’amore che altro non è che il messaggio cristiano e il messaggio dell’ebraismo. Lo ha detto il rabbino David Rosen, direttore internazionale degli affari interreligiosi dell’American Jewish Committee, dopo l’incontro ieri del Santo Padre con 55 membri dell’organizzazione che, aveva detto lo stesso Papa, negli anni ha dato un importante contributo al dialogo tra ebrei e cristiani. Rosen, nel pomeriggio, ha incontrato la stampa nella sede della nostra emittente. Servizio di Francesca Sabatinelli:

    "Anche chi non ha che fare con la Chiesa Cattolica, anche chi non ha nulla a che fare con la fede, resta affascinato dalla sua presenza, dal suo essere. Ci siamo sentiti accolti come persone di famiglia”: così il rabbino David Rosen, dopo l’udienza dal Papa che nel suo discorso all’American Jewish Committee era andato con il pensiero anche all’imminente viaggio in Terra Santa, auspicando “frutti di comunione, di speranza e di pace”. Ed ecco il pensiero di Rosen:

    R. – I would like his visit to be longer, …
    Mi piacerebbe che questa visita fosse più lunga, ma l’accoglienza positiva è garantita a causa di questo incredibile carisma di cui gli è stato fatto dono. Tutti sono in sua attesa, e tutti sapranno che il Papa parla a loro e che è con loro, il che è di enorme importanza soprattutto nella zona di conflitto della Terra Santa

    D. - Nei vostri incontri in Vaticano è stata sollevata l’importanza della libertà religiosa, oggi a rischio per molti cristiani nel mondo, così come per gli ebrei…

    R. – Unfortunately, anti-semitism in a very resistant virus, …
    Purtroppo l'antisemitismo è un virus molto resistente e continua a esistere, in alcune zone addirittura diventa più forte, ma la realtà è che molto spesso oggi i cristiani sperimentano qualcosa di simile: ci sono posti dove non possono apertamente manifestarsi come cristiani, e questo può dipendere da un sentimento antireligioso in generale, o da un fondamentalismo religioso che non consente di professare altra tradizione religiosa, e questo è ciò che accade in diverse parti del mondo. E, dato che entrambi sperimentiamo questo fenomeno, questo ci obbliga ancor di più a lavorare insieme contro qualsiasi restrizione o minaccia alla libertà religiosa.

    D. - Qual è lo stato di salute del dialogo tra cattolici ed ebrei?

    R. – It gets healthier and healthier every day. …
    Diventa sempre più sano. Così come voltiamo le spalle al tragico passato e riscopriamo la nostra fraternità e sorellanza, anche se ci sono differenze che non interpretiamo esattamente nello stesso modo, come ha detto il filosofo Martin Buber: abbiamo un libro in comune e non è piccola cosa. Ancora dobbiamo conoscere molto l'uno dell'altro, dobbiamo approfondire la nostra conoscenza reciproca, e lavorare insieme per i valori in cui crediamo e che condividiamo.

    inizio pagina

    Il Papa invia altre 28 "missio ad gentes" del Cammino Neocatecumenale

    ◊   Questa mattina in Casa Santa Marta, Papa Francesco ha ricevuto l’equipe responsabile del Cammino Neocatecumenale Kiko Argüello, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi ed ha “inviato” in missione i presbiteri responsabili delle 28 “Missio ad gentes” di Europa e Stati Uniti: Francia, Svizzera, Austria, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Kossovo, Olanda, Ucraina, Bulgaria, Ungheria e per gli States, Philadelfia. L’incontro ha fatto seguito all’udienza al Cammino del 1° febbraio scorso quando il Papa aveva “inviato” 12 “missio ad gentes” per la Cina, l’India, il Vietnam e la Mongolia. Sull’incontro di questa mattina con il Papa, l’intervista di Roberto Piermarini a Kiko Argüello:

    R. – A tutti ha detto una parola e ha fatto un segno sulla fronte; dopo ci ha detto: “Coraggio, andate avanti, io sono con voi! Sono molto contento”. Dopo abbiamo fatto una foto sotto il quadro della Madonna e ci siamo messi tutti in ginocchio. Ci ha benedetto tutti e ci ha incoraggiati ad andare avanti. Il Papa era molto contento …
    D. – Kiko, come operano queste missio ad gentes?

    R. – Queste missio ad gentes sono meravigliose: sono composte da quattro famiglie, guidate da un presbitero, che si recano in zone dove non c’è assolutamente presenza di Chiesa, tra persone fortemente secolarizzate che però rimangono molto colpite dall’amore di queste famiglie con tanti figli, e della relazione soprannaturale che c’è tra queste famiglie e lo Spirito Santo: questo tocca il mondo. Perché il Signore ha detto: “Amatevi: in questo modo vi riconosceranno come miei discepoli, e se sarete perfettamente uno, il mondo crederà”. Ecco, questa è la missione ad gentes, e nel fondo c’è l’invito pronunciato da Nostro Signore durante l’Ultima Cena, che chiamiamo il Testamento di Nostro Signore Gesù Cristo quando, prima di patire in croce, dice: “Padre, io in loro e tu in me, perché siano perfettamente Uno e il mondo creda che Tu mi hai inviato”. Allora, perché il mondo creda che il Padre ha inviato suo Figlio a salvare il mondo, c’è bisogno che appaia la relazione della Santissima Trinità, la perfetta Unità. Per arrivare ad una perfetta Unità bisogna passare per l’iniziazione cristiana, occorre il Battesimo: nella misura in cui noi aderiamo al Battesimo, il peccato della carne – come dice San Paolo – va perdendo forza e allora la gente smette di fornicare, smette di mentire, smette di essere avida di denaro e incomincia ad essere libera per offrirsi a Gesù Cristo e alla Chiesa per la nuova evangelizzazione.

    inizio pagina

    Mons. Gänswein: Benedetto XVI ha vissuto con grande serenità l’11 febbraio di quest’anno

    ◊   “Ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore”. Con queste parole, il 14 febbraio dell’anno scorso, Benedetto XVI si congedava dai parroci della sua diocesi di Roma, tre giorni dopo l’annuncio della rinuncia al ministero petrino. A un anno di distanza da quel gesto epocale, Alessandro Gisotti ha intervistato il segretario particolare del Papa emerito e prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gänswein. L’intervista inizia con il racconto di come Papa Benedetto abbia passato la giornata di martedì scorso, primo anniversario della rinuncia:

    R. – L’11 febbraio di quest’anno è stato un giorno come tutti gli altri: la mattina è iniziata con la Messa, poi il breviario, poi la prima colazione e poi si è continuata la giornata. Chiaro, in questo giorno si è parlato anche dell’11 febbraio del 2013, che è stata una giornata storica, indimenticabile per tutti quelli che l’hanno vissuta. Ci si è pensato, se ne è parlato, ma non ha cambiato nulla all’11 febbraio 2014…

    D. – Papa Benedetto l’ha passato con la serenità che è sua…

    R. – Con la serenità che è sua e che ha dimostrato da subito dopo l’11 febbraio dell’anno scorso.

    D. – E’ passato un anno da questo gesto epocale della rinuncia. Come descriverebbe questo periodo così particolare per Papa Benedetto?

    R. – La chiave di lettura è ciò che Papa Benedetto stesso ha detto nel discorso della rinuncia: il motivo è quello. Non ci sono altri motivi. Chi cerca altri motivi fa speculazione: quelli non c’entrano. E’ che non ha più le forze, e serviva un Papa che avesse le forze per guidare bene la Chiesa di Cristo. L’atto è un atto di amore, un atto coraggioso, ma anche un atto di una grande umiltà, di amore verso il Signore e verso la Chiesa. E questo forse pochi – me incluso – l’hanno capito subito e in questo anno credo sia cresciuta la consapevolezza che questo atto sia stato un atto coraggioso, rivoluzionario, umile che sicuramente porterà frutti in futuro.

    D. – Benedetto XVI vive una vita “nascosta al mondo”, come proprio lui ha detto. Ma non è isolata, questa vita. Cosa la colpisce del modo in cui trascorre la giornata, il Papa emerito?

    R. – E’ bello ciò che ha detto padre Lombardi: Papa Benedetto vive nascosto, discreto ma non isolato perché spesso discrezione e riservatezza vengono confusi con l’essere isolati, e questo non è vero, per niente. Papa Benedetto vive – come sappiamo – nel monastero Mater Ecclesiae, ha i suoi contatti, il suo ritmo quotidiano: ci sono visite, c’è la corrispondenza, ci sono anche tanti contatti esterni… Ma lui ha voluto vivere in questo modo per pregare per la Chiesa e per il suo successore e in questo modo si trova a suo agio.

    D. – In molti, un anno fa, temevano la convivenza inedita, straordinaria tra due Papi. Vediamo, invece, che c’è una naturalezza di rapporti tra questi due servitori del Signore: si sentono, lo hanno detto, davvero fratelli…

    R. – E’ vero. Molti, penso, hanno avuto questa idea o questo dubbio: potrà funzionare una coabitazione tra Papa emerito e Papa regnante? Chi conosce Papa Benedetto non poteva dubitare che non si sarebbe immischiato nel governo del suo successore. E così è stato. Ma è stata una cosa bella che, subito dopo l’elezione, Papa Francesco abbia cercato il contatto con il suo predecessore e questo primo contatto è stato l’inizio di una buona, bella amicizia che si sviluppa ogni giorno.

    D. – Tanti vorrebbero ancora reincontrare Papa Benedetto, potergli parlare. Sappiamo anche che tanti scrivono a Papa Benedetto. Lei cosa si sente di dire a questi fedeli, e come Papa Benedetto accoglie questo grande amore da parte di tanti?

    R. – Questo per Papa Benedetto è una consolazione enorme, che riempie il suo cuore di gioia ma anche di gratitudine verso le persone che gli vogliono bene e verso il Signore. E’ chiaro – e anche qui, chiedo comprensione – che non è possibile che Papa Benedetto accetti tutte le richieste di poterlo incontrare, di poterlo vedere, perché sono troppe. Non solo dall’Italia, ma da tutto il mondo scrivono. Ma per questo segno di vicinanza, per questo segno di amore, di affetto, Papa Benedetto è molto, molto grato.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina. In evidenza l'incontro tra Papa Francesco e i fidanzati. Diplomazia ancora in stallo sulla Siria. Un articolo di Ferdinando Cancelli sulla decisione del Belgio di consentire ai minori di chiedere l'eutanasia

    Nell'informazione internazionale. Intervista di Giuseppe Fiorentino al presidente di Cipro alla vigilia della sua visita in Vaticano. Marco Bellizi sulle dimissioni del Governo italiano

    Nell'informazione vaticana. Il Papa raccomanda ai vescovi della Repubblica Ceca in visita ad limina apostolorum sinergia tra clero, religiosi e laici per le urgenze pastorali. Incontro del Pontefice con due fratelli ex rifugiati politici argentini.

    Nelle pagine culturali. Tragici errori e ciniche scelte: un articolo di Gaetano Vallini sui retroscena diplomatici del bombardamento di Montecassino. S'Innamò del vero: Ilario Tolomio scrive di come Romano Guardini scelse san Bonaventura.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Belgio, eutanasia minori. Il cardinale Sgreccia: orribile crudeltà

    ◊   Il parlamento del Belgio ha ieri approvato la controversa legge sull’eutanasia per i minori malati terminali senza limiti d’età. Secondo i vescovi del Paese europeo, si tratta di “un crimine che apre la strada ad altri attentati contro la vita”. La normativa, ancora più elastica di quella che c’è in Olanda, che tuttavia prevede un tetto di 12 anni, è passata nonostante la strenua opposizione della Chiesa cattolica e delle comunità ebraica e musulmana. Giancarlo La Vella ne ha parlato con il card. Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. – Credo che il bambino sia diventato bersaglio di più attacchi. Si ricorderà che, qualche mese fa, vennero due studiosi a proporre l’aborto post-natale, cioè a spiegare che le cause che nella società di oggi contribuiscono a giustificare legalmente l’aborto devono essere fatte valere, secondo loro, anche per i bambini malati e malformati dopo la nascita. Questa mostruosità va a colpire il bambino, non solamente prima ma anche dopo. Adesso, dal Belgio viene a essere anticipata l’eutanasia per gli anziani morenti, gli infermi, per i bambini, e anche per i minori senza limiti di età. Allora, si vanno a congiungere aborto ed eutanasia nella fascia dei bambini. C’è anche un accento di crudeltà che rende orribile il solo pensare a quello che sta succedendo! C’è da dire che nel mondo manca l’amore, perché basterebbe una certa dose di pietà, di compassione umana per scongiurare queste cose.

    D. – Come parlare di queste tematiche a una società come quella belga, che secondo i sondaggi sarebbe per oltre il 70% favorevole ad una legge del genere?

    R. – Credo ci siano i segni di ripresa, a cominciare proprio dalla rottura di questa cappa di piombo costruita sul mondo occidentale chiamata "benessere, piacere, utilità", che fa sì che il bicchiere della felicità venga bevuto in breve tempo – quello terreno – e che poi venga buttato via insieme alla vita.

    inizio pagina

    Nuove prospettive di dialogo tra Nord e Sud Sudan

    ◊   Nuove prospettive di dialogo per la pace tra Nord e Sud Sudan: dopo la ripesa dei colloqui ad Addis Abeba, in Etiopia, si rinnovano infatti gli sforzi per una cooperazione tra i governi dei due Paesi. Maura Pellegrini Rhao ha intervistato Anna Bono, docente di Storia dei Paesi e delle Istituzioni africane all’università di Torino:

    R. – La gran parte - il 75% - delle risorse petrolifere del Sudan, quando era un Paese unito, si ritrovano nelle regioni del Sud che ora sono autonome, e quindi questo ha comportato un’enorme perdita di risorse per il Sudan con capitale Khartoum. D’altra parte, però, il nuovo Paese nato nel 2011, se vuole commercializzare i suoi prodotti petroliferi per il momento deve servirsi degli oleodotti che portano il greggio nel Sudan del Nord e di lì in tutto il mondo. Di questo ha approfittato Khartoum per esigere dei dazi elevatissimi per far confluire ai terminali di Port Sudan il greggio del Sud. Di qui, una serie di contenziosi che hanno comportato per circa un anno addirittura la sospensione della produzione petrolifera, e questo ha provocato una crisi economica in entrambi i Paesi. Successivi accordi hanno permesso la ripresa dell’attività petrolifera ma sono accordi sul filo del rasoio perché entrambi i Paesi, nel frattempo, si trovano a dover affrontare – proprio anche in conseguenza della crisi economica – crisi politiche, crisi di potere che complicano e hanno complicato il quadro, soprattutto in questo momento e da circa un paio di mesi, nel Sud del Sudan, dove forse un tentativo di colpo di Stato, di sicuro una ribellione da parte di una componente importante del governo, ha determinato una crisi prima politica e poi militare, tuttora in corso.

    D. – Quali sarebbero gli scenari futuri, se si giungesse ad un accordo?

    R. – La prospettiva più auspicabile è che da un lato sia Khartoum sia Juba – le due capitali – si rendano conto che è interesse prioritario raggiungere una maggiore cooperazione sul piano economico, e quindi sfruttare queste immense risorse petrolifere a beneficio di entrambi i Paesi. Il secondo punto, molto importante e decisivo, anzi, per il futuro di entrambi i Paesi e dei rapporti tra entrambi i Paesi, è la questione dei movimenti antigovernativi armati che attentano alla stabilità politica. Le accuse reciproche che in questi due anni si sono rimbalzati i due Paesi, sono di aiutare i movimenti antigovernativi l’uno dell’altro: accuse del tutto fondate. Le conseguenze del risultato di cosa si è creato negli ultimi due anni sono, dal punto di vista umanitario, terribili: i movimenti antigovernativi nel Sudan, forse appoggiati dal Sud Sudan, hanno portato a più di un milione di sfollati e a emergenze umanitarie che si sono aggravate di mese in mese; lo stesso si può dire per quel che riguarda il Sud Sudan con l’aggravante, adesso, del conflitto che è scoppiato a livello governativo che poi si è esteso ed è diventato un conflitto militare, tuttora in corso.

    inizio pagina

    L’energia e gli scenari geopolitici d'Asia. Intervista al presidente della Nato Foundation

    ◊   L’energia è al centro dei cambiamenti dello scenario geopolitico in Asia. E' quanto emerge dalla conferenza della "Nato College Foundation", dedicata proprio alle scelte di riposizionamento dell’Alleanza Atlantica in Asia, in corso da ieri a Roma. A seguirla è Fausta Speranza:

    Diversi i fattori che stanno determinando un cambiamento dello scenario e che chiedono nuove strategie. Tra questi, la questione energetica, come ci spiega il presidente della Nato Foundation, Alessandro Minuto Rizzo, già ambasciatore e capo missione Nato in Afghanistan:

    "L’energia c’entra molto, soprattutto se noi parliamo di Asia, perché si sta verificando un aumento continuo soprattutto di domanda di energia da parte cinese. Quindi, la Cina, un miliardo e 400 milioni di persone, è diventata ormai un consumatore di energia fortissimo e quindi è un Paese che cerca ovunque di trovare spazi e di trovare fornitori. Questo porta grossi cambiamenti strategici perché, per esempio, l’Asia centrale, che era sempre stata sotto l’influenza russa, adesso è sempre più sotto l’influenza cinese. Nel Golfo Persico, per esempio, se gli Stati Uniti avranno meno bisogno di petrolio e di gas in futuro, è chiaro che invece la Cina diventa un acquirente come l’India di grande importanza".

    Tra le incognite della rivoluzione energetica, c’è la nuova frontiera avviata con l’estrazione di petrolio e gas da formazioni scistose, praticamente estrazione dalla roccia. Per alcuni Paesi l’ostacolo principale è la mancanza di gasdotti e oleodotti ma a breve su questo possono attrezzarsi. Ma guardiamo alle altre questioni da considerare. Minuto Rizzo sottolinea:

    "Sì, c’è anche il fatto che alla fine di quest’anno finirà la principale operazione della Nato in corso, quella in Afghanistan. Questo naturalmente creerà in un certo senso un vuoto in Asia centrale perché non sappiamo bene se l’Afghanistan riuscirà ad essere uno Stato sostenibile dopo che la comunità internazionale si è ritirata. Speriamo di sì, perché se non lo fosse abbiamo un elemento di incertezza in più. Tutta quella zona, infatti, tra l’Iran, l’Uzbekistan e il Pakistan, l’India, è chiaramente una zona molto fragile. Avere un Afghanistan che ridiventa uno Stato fallito sarebbe assolutamente molto grave".

    E ci sono poi i problemi della regione araba, dovuti ai differenti esiti delle rivoluzioni, alcune delle quali sono ancora in corso:

    "Quello che mi sembra stia emergendo nella regione araba è una differenziazione crescente tra i vari attori. Mentre noi in passato, fino a due, tre anni fa, eravamo un po’ abituati tutti a dire “regione araba” adesso quello che viene fuori sempre di più è che ci sono diversi interessi, diverse politiche, diverse posizioni e non è facile identificare una regione araba. Per esempio, abbiamo l’Egitto che attualmente ha un governo secolare, cioè i Fratelli musulmani sono stati respinti. Il Qatar invece appoggia i Fratelli musulmani, come fa la Turchia. L’Arabia Saudita supporta l’attuale governo militare… C’è una differenza di interessi che sta crescendo. L’Iraq è in crisi, nel senso che ci sono attentati tutti i giorni e non sappiamo se riuscirà a resistere come Stato unitario. Quindi, è evidente la frammentazione della regione e il fatto che sono sempre più in discussione gli Stati nazionali, come noi li conosciamo oggi. Parlo della Libia, della Siria, dell’Iraq, considerati Stati dopo la Prima guerra mondiale - in realtà, su impulso europeo, a seconda dei Paesi che erano lì - e adesso sono in forte crisi".

    Resta da dire della sfida sul piano industriale e tecnologico: il punto è che in pochi anni la metà dei 10 Paesi che maggiormente spendono in armamenti potrebbe non essere dentro la Nato. Non può non incidere sugli equilibri geopolitici.

    inizio pagina

    Crisi di governo. Da stasera le consultazioni. Napolitano: "Soluzione rapida e subito riforme"

    ◊   Il premier italiano Enrico Letta, dopo l’ultimo Consiglio dei ministri della mattinata, è salito alle 13 al Quirinale e ha rassegnato “dimissioni irrevocabili” nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Si apre così ufficialmente la crisi di governo che porterà a nuove consultazioni già dal pomeriggio. Il Colle auspica una rapida soluzione e la ripresa del cammino delle riforme. Intanto, Matteo Renzi lascia Firenze da sindaco dicendo "è un momento delicato, ma uno dei più belli per me degli ultimi cinque anni”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Un passaggio istituzionale dovuto, dopo la sfiducia: Letta lascia il governo, sereno anche rammaricato per le posizioni del Pd, e sale al Quirinale per dimettersi irrevocabilmente, e lo anticipa in un tweet. Ora Napolitano ha dato il via alle consultazioni alle ore 17 già con i presidenti di Senato e Camera. Il capo dello Stato vuole chiudere entro domani senza il passaggio parlamentare chiesto fortemente da Fi, Lega e M5s, di cui non c’erano i presupposti secondo il Colle. Bisogna comporre, spiega Napolitano in una nota, un’efficace soluzione della crisi perché la fase del Paese è delicata e occorre affrontare subito il nodo elettorale. Vola intanto Piazza Affari, migliore d'Europa a +1,7% incoraggiata anche dai dati del Pil del quarto trimestre 2013, mentre è dura la stampa internazionale sulla situazione italiana. Si parla di “solite anomalie”, di “elettrochoc” della sinistra, di “pugnalata fiorentina”, ma soprattutto l’Europa, Germania in testa, spera in un rapido processo per avviare riforme e consolidamento.


    Ma come leggere questa nuova fase della vita politica italiana e quali i rischi e le possibili opportunità? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Alberto Lo Presti, direttore del Centro studi Igino Giordani:

    R. - Qui si sta parlando non più della configurazione di un governo tecnico, ma di un governo autenticamente politico, che possa arrivare alla fine del 2018. Questo significa che un governo politico, però, dovrebbe avere un collegamento con un elettorato che si è espresso in tal senso. E questo manca. È anche vero, però, che c’è un clima di scoramento diffuso e di disagio che si misura in modo rilevante con le parole di Squinzi e di Confindustria che hanno bacchettato la lentezza con la quale il governo Letta si stava muovendo rispetto alle sfide che abbiamo di fronte. Ebbene, di fronte a questa lentezza, il dato che Renzi sta sfruttando è la sua dinamicità e velocità: quello che è successo non è un cambio al vertice - come da tanto tempo la sinistra e il Partito Democratico ci hanno abituato - ma è la costruzione di un percorso condiviso e convergente di quasi tutto il partito che porta Renzi – forse – a riuscire a fare un esecutivo forte.

    D. - Cos’ha Renzi per riuscire dove Letta ha fallito, visto che la maggioranza è la stessa e – probabilmente - il perimetro di movimento di un’eventuale nuova squadra sarà lo stesso?

    R. - Prima di tutto, non so se la squadra sarà la stessa così come la compagine di governo, ovvero le forze di governo che aderiranno a questa nuova fase, sia geograficamente la stessa; questo non è detto, perché qui si sta muovendo la geografia parlamentare, sembrano esserci rilievi di interesse non solo da parte delle forze di prima, ma anche di qualcun altro. Ci sarà la curiosità di capire che cosa accade da parte di qualcuno dei "Cinque stelle" che già si era visto riottoso rispetto ad ipotesi tutte negative di collaborazioni finora configurate. Bisognerà vedere che cosa succede con Sel e gli altri. Certo, che cos’ha Renzi di più? In questo momento potrebbe appunto trovarsi di fronte ad una collocazione più favorevole nel mondo Confindustria, nel comparto pubblico; potrebbe trovarsi di fronte ad un’opinione pubblica che forse finalmente crede di aver trovato colui che è capace di dare una svolta alla situazione del Paese. Io su questo aggiungerei anche un altro dato: la severità con cui si legge l’esperienza del governo Letta, a mio avviso, non è sempre giustificata.

    D. - Ma secondo lei sarà una crisi rapida?

    R. - Se non è rapida, fallisce. Questo contrassegna l’iniziativa Renzi. Questa è una scommessa importantissima, perché arrivare al 2018 con un modo di agire, di incidere, di influenzare rapido, non è facile.

    D. - E che cosa rischiamo nei confronti del mondo che ci sta guardando?

    R. - Rischiamo tanto, perché Letta ha goduto di una stima dal punto di vista internazionale assolutamente meritata, così come la squadra dei ministri; però, è anche vero che se andiamo a vedere come stanno reagendo le principali testate giornalistiche alle notizie italiane fuori dal nostro Paese, si iniziano ad utilizzare categorie come “demolition man”, “l’uomo della svolta”, “l’uomo della sfida”, “l’uomo al di fuori degli schemi” ... Per cui, forse riusciamo ad attenuare il pregiudizio secondo il quale il presidente del Consiglio dei ministri in Italia ha una data di scadenza che è uguale a quella della bottiglia del latte nel frigorifero, con il fatto che forse adesso si può percepire questo “demolition man” come l’uomo che – forse – può provvedere a quelle riforme che da ci chiedono da tante parti. Questo non ci rassicura: invece di riuscire a fare squadra, noi ancora una volta, abbiamo bisogno di colui che tira fuori il coniglio dal cilindro. Questo, in alcune circostanze va bene; ma quando diventa costume politico, il declino della politica è evidente.

    inizio pagina

    Gender. Lo psicologo: per insegnare a non discriminare si lede la psiche del minore

    ◊   “Le componenti dell’identità sessuale”, “Bullismo omofobico: come riconoscerlo ed intervenire”. Sono solo due dei temi trattati negli opuscoli sull’ideologia del gender, preparati appositamente per le scuole, dall’asilo nido alla secondaria di secondo grado, dall’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale del governo e dall’Istituto Beck. Diverse le voci di politici e psicologi che parlano di “proposte che disorientano e confondono”. Maura Pellegrini Rhao ha raccolto il parere di Marco Scicchitano, psicologo e psicoterapeuta che si occupa di adolescenti e di problematiche dello sviluppo:

    R. – La cosa che, secondo me, si perde di vista e che secondo me è un principio pedagogico fondamentale è che in realtà, in questo modo, cercando di dare un’educazione che spinge a non considerare le differenze che ci sono tra maschile e femminile, in realtà non si fa altro che enfatizzare la possibilità che i ragazzi sviluppino un’identità più fragile, meno sicura, meno aderente a quello che naturalmente si sentono di essere e questo poi – l’insicurezza – viene a formare il terreno psicologico di base che porta al bullismo, alla violenza. Io credo che sia un rischio, che per seguire un obiettivo giusto, che è quello di aiutare i bambini a non discriminare, in realtà si realizzi proprio il contrario, cioè che si elimini la possibilità nei bambini di formarsi un’identità solida, formata, coerente con i processi di sviluppo che avvengono nel corso del tempo. E questo, poi, diventa un problema.

    D. – E’ giusto, secondo lei, parlare ai bambini di cose come “cinque generi sessuali”?

    R. – Mentre l’adulto ha un’identità con la quale può confrontarsi, può recepire questa informazione, farla propria, confrontarla come esperienza già vissuta, e quindi non è destabilizzante rispetto alla propria identità di genere. Se io questa informazione la do a un bambino di due anni che sta appena ora incominciando a comprendere cos’è un maschio e cos’è una femmina, è assolutamente fuori da un approccio rispettoso dei processi di sviluppo progressivi del bambino: affettivi, psicologici eccetera…

    D. – Ma cosa si intende, di preciso, per omofobia? Perché negli opuscoli leggiamo che “il grado di religiosità costituisce un fattore importante nel delineare un ritratto di un individuo omofobo”…

    R. – Credo che sia un po’ ambiguo, anche nella sua struttura linguistica, perché in termini proprio da manuale psicologico, la fobia si riferisce a qualcosa, nel mondo esterno, che crea ansia, crea problemi, il decadimento della qualità; in quest’altro caso, dell’omofobia, può descrivere un comportamento che è aggressivo verso un’altra persona, quindi non si fa riferimento a un disagio della persona che eventualmente attuerebbe questa omofobia, ma si fa riferimento all’aggressività in termini verbali o fisici o di limitazione di libertà e della libera espressione dell’altro, o che comunque tenti in qualche modo di prevaricarlo… Però, è molto ambiguo. Mi sembra che voglia far passare il termine che sia una malattia – facendo riferimento a fobia – quando in realtà sono convinzioni che possono poggiare anche su elementi diversi dal disagio psichico. Mi sembra pericoloso, perché incominci a ledere anche la libera educazione che un genitore può dare ai propri figli. Capisco l’obiettivo buono, ma io ci vedo l’ingerenza di una forte ideologia.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica. L'arcivescovo di Bangui: "Rischio genocidio imminente"

    ◊   “Il rischio che si arrivi al genocidio è imminente”. È il grido di allarme lanciato nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonnè Nzapalainga, ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs). Il presule descrive l’attuale situazione in Repubblica Centrafricana ed esorta le Nazioni Unite ad inviare un contingente di pace adeguato. “Con appena 4mila o 5mila soldati è impossibile restaurare la pace nell’intero Paese - spiega -. Per proteggere la popolazione servono più uomini. La crisi ha ormai raggiunto proporzioni drammatiche e in Centrafrica potrebbero regnare definitivamente il caos, l’anarchia e il disordine totale”. Mons. Nzapalainga - riferisce l'agenzia Sir - racconta di un suo recente viaggio a Bodango, un piccolo villaggio a 190 chilometri da Bangui. Arrivato sul luogo, il presule si è reso conto che erano scomparsi circa duecento musulmani che abitavano il piccolo centro ed ha chiesto ad alcuni militanti anti-balaka cosa fosse successo. “Mi hanno risposto che erano stati cacciati e si erano trasferiti nella capitale. Ma come potevano camminare per quasi 200 chilometri con donne, anziani e bambini? È chiaro che è andata diversamente”, denuncia il presule. L’arcivescovo sottolinea come, a differenza di quanto diffuso dai media internazionali, gli anti-balaka - che in lingua Sango significa anti-machete - non sono milizie cristiane. Un’estraneità ribadita ieri anche dal vescovo di Bangassou, mons. Juan José Aguirre. “Nessuna milizia cristiana sta uccidendo i musulmani in Centrafrica - ha dichiarato ad Acs -. Gli anti-balaka sono dei cittadini traumatizzati ed esaltati, che dopo aver subito per un anno violenze e soprusi da parte della Seleka, hanno deciso di vendicarsi riversando il proprio odio contro la coalizione e contro i centrafricani di fede islamica che l’hanno sostenuta”. La popolazione continua a vivere nel terrore e ad assistere a scene che, afferma mons. Nzapalainga, “ricordano il genocidio in Ruanda”. L’arcivescovo si riferisce a quanto accaduto a Bohong, il piccolo villaggio cristiano a 15 chilometri da Bouar attaccato dalla Seleka l’estate scorsa. “Persone arse vive, case bruciate, teschi e ossa abbandonati tra le ceneri - racconta -. Avevo visto simili crudeltà solo nei documentari sull’olocausto ruandese. Oggi il diavolo vive nel nostro Paese e se nessuno tratterrà la sua mano, il maligno riuscirà a raggiungere il suo obiettivo: uccidere e distruggere”. La presenza dei missionari è uno dei pochi aiuti rimasti ai centrafricani: “Loro hanno scelto di rimanere, non sono stati costretti. E nel coraggio di questi religiosi i centrafricani possono intravedere una luce nel buio della notte. Perché se i missionari sono ancora in Centrafrica, vuol dire che c’è ancora speranza”. (R.P.)

    inizio pagina

    Coree. Conclusi i colloqui: via libera alle ricongiunzioni familiari

    ◊   Il doppio incontro di oggi che seguiva quelli di mercoledì di una tornata organizzata all’ultimo momento su iniziativa della Corea del Nord e senza nemmeno un programma definito ha portato alla conferma della prevista ricongiunzione a fine mese di famiglie divise dal conflitto coreano. Una decisione non scontata, data l’opposizione del Nord a un evento organizzato per il 20-25 di questo mese che inevitabilmente risentirà dell’avvio delle manovre militari congiunte sudcoreane-statunitensi il 24. La conferma - riferisce l'agenzia Misna - è arrivata alla fine di due brevi confronti odierni tra le delegazioni a Panmunjom, abituale Centro degli incontri inter-coreani all’interno della zona di armistizio. La Corea del Sud ha ottenuto la riunione provvisoria di anziani parenti divisi dal conflitto nella sede del comprensorio turistico del Monte Kumgang, nel Nord, a ridosso del confine. Niente di fatto invece per la sospensione delle manovre militari, abituali in questo periodo dell’anno e che proseguiranno fino ad aprile. Pyongyang aveva chiesto che venissero sospese fino a dopo il 25 febbraio ma ha ottenuto una risposta negativa. Positivi in sé i colloqui, quelli a più alto livello diplomatico dal 2007, che certamente inseriscono un elemento di distensione necessario in un periodo in cui le trattative tra le due Coree sono in stallo su tutti i fronti, come pure è bloccata – dalle provocazioni missilistiche e dagli esperimenti nucleari sotterranei del Nord – la ripresa del dialogo a Sei (Coree, Usa, Cina, Russia e Giappone) sul nucleare nordcoreano. Inoltre, rappresentano il primo concreto risultato della volontà di non rompere il tenue filo del negoziato espressa anche di recente dalla presidente sudcoreana Park Geun-hye e dal leader nordcoreano Kim Jong-un. Ieri, durante un breve passaggio per Seul prima di ripartire questa mattina per Pechino, il segretario di Stato Usa John Kerry si era espresso in termini favorevoli all’incontro e aveva chiesto un accordo sulle ricongiunzioni, chiedendo però che non venissero contrattate con le manovre militari, che non sono una minaccia diretta al Nord. Aveva anche ricordato, però, come il suo paese non sia pronto a colloqui bilaterali diretti con il regime di Pyongyang. “Pazienza e perseveranza” erano state chieste ieri sera alle due parti anche dal segretario generale dell’Onu, il sudcoreano Ban Ki-moon, esortate a proseguire sulla via del dialogo, come confermato dal portavoce Martin Nesirky. (R.P.)

    inizio pagina

    Venezuela: la Chiesa chiede al governo di ascoltare la voce della gente

    ◊   "Non possiamo avere un governo che non ascolta la sua gente" ha affermato il presidente della Conferenza episcopale del Venezuela, l’arcivescovo di Cumaná, mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, in merito all'uccisione di tre giovani nel corso delle recenti manifestazioni di protesta contro il governo del Presidente Nicolás Maduro. Oltre a Juan Montoya, dirigente di un 'colectivo' (gruppo pro-governativo), sono morti due studenti che partecipavano alla protesta: Alejandro Dacosta e Neyder Arellano Sierra. Tutti sono stati feriti a morte da colpi di arma da fuoco. Nella nota inviata all’agenzia Fides da Union Radio, mons. Padrón Sánchez, che ha difeso la marcia dei giovani perché legittima e pacifica, ha denunciato l'esistenza di "piccoli gruppi violenti che occorre individuare, disarmare e arrestare". Mercoledì scorso i venezuelani si erano riuniti in diverse zone della capitale, Caracas, per celebrare il 200° anniversario della "Battaglia della Vittoria", evento storico che ricorda la guerra di indipendenza del Paese. Lo stesso giorno è stata celebrata anche la "Giornata della Gioventù", per rendere omaggio ai giovani che sono morti durante il conflitto. La celebrazione è però diventata l’occasione per una protesta generale in difesa dei diritti umani, accusando il presidente Maduro di reprimere le dimostrazioni contro il governo. I manifestanti criticavano l'uso delle armi da fuoco da parte della polizia per controllare le manifestazioni e il ricorso alla legge anti-terrorismo per fermare gli attivisti, violando il diritto costituzionale alle proteste pacifiche. In merito a questi eventi, il presidente della Conferenza episcopale venezuelana, ha affermato: "è il momento opportuno per tutti i venezuelani di riflettere e mobilitarsi a favore della pace. Il dialogo è una chiave che apre le porte, che abbassa le tensioni e consente di trovare accordi e consensi tra tutti, che certamente ci sono". Non seguire questa strada, ha proseguito l'arcivescovo, “significa approfondire la polarizzazione”, perciò ha chiesto al Presidente di "dare ascolto al popolo che protesta". (R.P.)

    inizio pagina

    India. Messaggio dell'Assemblea dei vescovi: "Essere davvero una Chiesa dei poveri"

    ◊   Per essere autenticamente evangelizzatrice, la Chiesa è chiamata a diventare esempio di semplicità, trasparenza, giustizia, misericordia, in una società inquinata da corruzione e violenza: è quanto afferma il comunicato finale della 31a assemblea della Conferenza episcopale indiana (Cbci), che si è conclusa ieri a Palai, in Kerala, sul tema “Una Chiesa rinnovata per una società rinnovata”. Nel testo inviato all'agenzia Fides, i vescovi dicono, sull’esempio di Papa Francesco: “Vogliamo che la Chiesa sia veramente una Chiesa dei poveri”. Nella nota giunta all'agenzia Fides, i 187 Vescovi partecipanti ribadiscono che “la Chiesa in India cerca di vivere secondo la visione del Concilio Vaticano II”: “Riaffermiamo la visione di Chiesa, sancita nella costituzione Lumen gentium, come popolo di Dio in cammino verso Cristo” e come “comunità evangelizzatrice”, indicata nel decreto Ad Gentes. Inoltre “vogliamo essere, come detto nella costituzione Gaudium et spes, una Chiesa coinvolta nelle lotte dell'umanità sofferente, sulla base dei principi di rispetto per la persona, di solidarietà e dialogo”. Nella dinamica interna della Chiesa, i vescovi intendono valorizzare “le piccole comunità cristiane, nate in molti luoghi, radicate nella Parola e nell'Eucaristia”, che “sono segno di vitalità e strumento di formazione e di evangelizzazione”. Sui piani e gli orientamenti futuri, i vescovi notano che occorre promuovere l’esperienza e l’incontro con Dio, attraverso la Parola e i Sacramenti. Da qui deriva tutto il resto: “L'esperienza di Dio porta a una conversione interiore resa visibile nella semplicità della nostra vita, nell’atteggiamento di amore, compassione e perdono, sull’esempio di Papa Francesco”, affermano. “L'esperienza di Dio porterà al coinvolgimento con gli emarginati, con quanti vivono nelle periferie economiche, culturali e sociali. Parleremo contro tutte le forme di ingiustizia perpetrate contro di loro e faremo valere i loro diritti” prosegue il testo. “Vogliamo che la Chiesa sia veramente una Chiesa dei poveri” dicono i Presuli, riaffermando “piena solidarietà con i dalit in India che continuano a essere oppressi”. La Conferenza episcopale “ribadisce la sua volontà di lottare per la parità dei diritti dei dalit cristiani, chiedendo l’abolizione dell’Ordine presidenziale del 1950, che discrimina ingiustamente i dalit cristiani”. Inoltre la Chiesa si impegna a “sradicare tutte le forme di discriminazione al suo interno e a garantire pari opportunità ai dalit cristiani”.Il messaggio si sofferma anche sul ruolo dei laici, a cui va dato maggiore spazio nella pastorale; tocca poi la lotta contro la discriminazione delle donne, cui vanno assicurate “pari dignità e pari opportunità”, appoggiando la campagna “contro il feticidio femminile e la violenza di genere”. I Vescovi chiedono una “più significativa presenza cristiana nella vita politica e pubblica” e propongono il dialogo “come stile di presenza in una terra ricca di culture e religioni antiche”: “La Chiesa in India deve essere una Chiesa in dialogo. Esortiamo il fedeli laici a impegnarsi nel dialogo di vita” dice il testo. Ultimo punto: la salvaguardia del creato, per uno sviluppo sostenibile. (R.P.)

    inizio pagina

    Indonesia: allarme eruzione. Ordinata evacuazione di massa

    ◊   Le autorità indonesiane hanno ordinato l’evacuazione di almeno 200.000 persone dai dintorni del vulcano Kelud, interessato da una spettacolare eruzione. Lo stato d’allerta è stato decretato la scorsa notte dopo l’intensa emissione di cenere incandescente e di rocce dal cratere di uno più pericolosi vulcani dell’arcipelago, che domina aree fittamente popolate dell’isola di Java. Un terzo dell’isola, per un raggio di 500 chilometri, è ricoperto in varia misura dalla cenere. Fermi i voli negli aeroporti di Jogyakarta, Solo e Surabaya. La popolazione locale - riporta l'agenzia Misna - è stata colta di sorpresa e molti sono dovuti fuggire abbandonando ogni cosa sotto una pioggia di cenere e fango che ha ricoperto per intero il distretto di Kediri. L’evacuazione degli abitanti entro un raggio di 10 chilometri dalla base del vulcano potrebbe non bastare e le autorità stanno pensando di estendere l’area di sicurezza ad almeno 15 chilometri. Questa mattina il Centro di vulcanologia e di controllo dei disastri geologici ha dichiarato la massima allerta dopo una serie di scosse provenienti dal cono che si alza per 1.731 metri. Il Kelud, caratterizzato da eruzioni improvvise e di forte intensità, si era risvegliato l’ultima volta nel 2007 e l’eruzione aveva causato una trentina di morti, mentre la sua manifestazione più letale si è registrata nel 1919 con migliaia di vittime. Un evento che arriva mentre pare acquietarsi il Sinabung, nella lontana Sumatra, che dopo mesi di intensa attività e di allerta per le popolazioni, con 17 vittime finora accertate, sta attraversando un periodo di relativa calma. Il Kelud, come il Sinabung e una mezza dozzina di vulcani monitorizzati in questo periodo, fanno parte dei 129 vulcani attivi nell’arcipelago indonesiano; uno degli elementi, insieme ai terremoti (e conseguenti tsunami, a volte) che manifestano la piena appartenenza dell’Indonesia all’“anello di fuoco” che dal Pacifico arriva fino al Mediterraneo. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: no dei vescovi alla pubblicità dei contraccettivi. A marzo la sentenza sulla Rh Bill

    ◊   Il responsabile della Commissione per la famiglia e la vita della Conferenza episcopale filippina (Cbcp) ha chiesto ai media di non continuare a diffondere pubblicità sui preservativi che incoraggiano i giovani alla promiscuità sessuale. “Questa pubblicità sta corrompendo le menti e i cuori dei nostri giovani”, ha dichiarato padre Melvin Castro in un’intervista ad una emittente locale citata dall’agenzia Ucan, osservando che gli spot in questione sono trasmessi in prima serata. La dichiarazione del portavoce dei vescovi filippini interviene a poche settimane dall’attesa sentenza della Corte Suprema sulla controversa Legge sulla salute riproduttiva" (RH Bill 4244), oggetto un annoso braccio di ferro tra la Chiesa e il governo di Manila. Il testo finale del provvedimento, approvato in via definitiva nel dicembre 2012 dopo 14 anni di discussioni e modifiche, rifiuta l'aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere più di due figli. La legge permette in alcuni casi l'obiezione di coscienza, ma allo stesso tempo favorisce la sterilizzazione volontaria e il ricorso ai contraccettivi. La Chiesa e le associazioni pro-vita sostengono invece il Programma di pianificazione naturale delle nascite che mira a diffondere una cultura della genitorialità responsabile. La RH Bill ha avuto come grande sponsor le organizzazioni internazionali, come ad esempio l’Onu, che legano l'alto tasso di natalità alla povertà del Paese, tesi fermamente contestata dalla Chiesa. Da rilevare che la maggior parte dei cattolici nelle Filippine non è contrario al controllo artificiale delle nascite. L’arcivescovo di Lipa, mons. Ramon Arguelles, ha ammesso di recente che anche i cattolici filippini hanno difficoltà a seguire gli insegnamenti della Chiesa sui metodi di controllo delle nascite , obiettando però che se tra i giovani i rapporti pre-matrimoniali sono in aumento, questa non è una buona ragione per giustificare il ricorso ai contraccettivi (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Pakistan: morte misteriosa di un cristiano che era in custodia della polizia

    ◊   “Chi ha ucciso il cristiano Sabir Masih?”: è il grido che sale dalla Chiesa e dalla società civile pakistana che chiedono un’inchiesta indipendente e una autopsia approfondita dopo la misteriosa morte dell’uomo, deceduto mercoledì scorso in circostanze misteriose, mente era sotto custodia della polizia. Come appreso dall’agenzia Fides, ieri attivisti, gruppi della società civile, organizzazioni cristiane e musulmane, sacerdoti, religiosi e laici, hanno inscenato una imponente manifestazione di protesta a Islamabad, per esprimere il loro sdegno e chiedere giustizia. Sabir Masih, 32 anni, apparteneva ad una famiglia povera che vive in una baraccopoli di Islamabad. E’ stato catturato dalla polizia per sospetto furto e rinchiuso nella stazione di polizia di Kohsar. Tre giorni dopo ne è stato reso noto il decesso e il suo cadavere è stato portato in ospedale per l’autopsia. La versione della polizia è “suicidio commesso nella toilette: Sabir si è impiccato con la sua cintura”. Un comunicato congiunto di organizzazioni cristiane e reti della società civile pakistana, inviato a Fides, recita: “Respingiamo con forza questa palese falsità, in quanto non è fisicamente possibile, nelle circostanze date. Condanniamo fermamente l'uccisione. Chiediamo giustizia e trasparenza”. Chiedendo una nuova autopsia, da condurre in un ospedale privato, gli attivisti denunciano anche le pressioni della polizia sulla famiglia della vittima per seppellire subito il corpo di Sabir Masih e si rivolgono alla magistratura perché avvii una inchiesta giudiziaria indipendente, formando un team che includa membri della società civile e un rappresentante della comunità cristiana del Pakistan. Si chiede di chiarire le responsabilità degli agenti di polizia, fermando e interrogando il personale in servizio nella stazione di Kohsar al momento dell'uccisione. “E’ giunto il momento di frenare le torture e la diffusa brutalità della polizia, per porre fine alle uccisioni extragiudiziali in Pakistan, e difendere lo stato di diritto” recita la nota inviata a Fides. Una delle leader che si sta adoperando per chiarire la vicenda di Sabir Masih, è l’attivista musulmana Tahira Abdullah, che a Fides spiega: “Dove sono i rappresentanti dei cittadini pakistani non musulmani eletti in Parlamento? Ora devono parlare forte e chiaro, non importa a quale partito politico siano affiliati. Questo è il momento, per noi musulmani, di mostrare solidarietà con tutte le vittime di torture, specialmente quando sono di classe sociale bassa e appartengono alle minoranze non musulmane. L'esperienza, infatti, ci insegna che costoro sono più vulnerabili alla discriminazione, all’arresto, alla tortura e alle esecuzioni extragiudiziali”. (R.P.)

    inizio pagina

    Panama: si chiude il Giubileo per i 500 anni di Santa Maria La Antigua

    ◊   Con l'arrivo dell'Inviato speciale del Santo Padre, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sono iniziate a Panama le celebrazioni per la chiusura del Giubileo per il V centenario della creazione della prima diocesi del continente, Santa Maria La Antigua (oggi arcidiocesi di Panama). Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, ieri, presso l'Auditorium principale dell'Università Santa María la Antigua, al cardinale è stata conferita la laurea honoris causa in "Humanidades y Ciencias Religiosas". Nell'ambito della chiusura dell'Anno Giubilare, questa sera, 14 febbraio, si terrà il "Gran Encuentro di Fe" presso il Mirador del Pacifico, una piazza molto grande sul lungo mare, con la partecipazione di cantanti cattolici nazionali molto conosciuti e del predicatore colombiano Fray Nelson Medina. Seguirà l'adorazione eucaristica e la possibilità di accostarsi al sacramento della riconciliazione. Si prevede che il cardinale Canizares rivolga il suo saluto ai presenti. La celebrazione principale, la Messa di chiusura del Giubileo, si svolgerà presso l'Arena Roberto Duran (Centro Polisportivo), domani pomeriggio. Sarà presieduta dal cardinale Cañizares e concelebrata dal cardinale deisgnato Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua (Nicaragua), dai vescovi di Panama e da altri vescovi provenienti per l’occasione da altre nazioni dell'America centrale. Saranno presenti le delegazioni delle 8 diocesi del Paese. L’evento giubilare è iniziato nel settembre 2012 ed è stato celebrato dalla comunità cattolica nazionale con un programma articolato in più di un anno. (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq: il patriarca Sako propone alla società civile una "Lega Caldea"

    ◊   Nel tempo difficile che continua a vivere la nazione irachena, c'è bisogno di dar vita a una “Lega Caldea”: un'associazione per coordinare e favorire il contributo dei caldei alla società civile e aiutare l'Iraq a vincere le derive del settarismo confessionale e etnico. Questa è l'urgenza che il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako esprime in una conversazione con l'agenzia Fides, delineando obiettivi e caratteristiche di un progetto destinato a prendere forma nei prossimi mesi. “Come caldei” spiega a Fides il patriarca Sako “viviamo un tempo di confusione e di incertezza. La nostra presenza nella società è debole, frammentata nel campo della politica, della cultura, dell'azione sociale. Una 'Lega caldea' potrà aiutarci a rendere più concreto e efficace il nostro contributo alla vita civile del Paese”. Il modello è quello di organizzazioni analoghe nate in seno a altre comunità ecclesiali d'Oriente, come la Lega Maronita e la Lega Siriaca. Un'associazione che non diventi strumento diretto dei politici cristiani - che in Iraq militano in liste contrapposte e perseguono spesso interessi particolari - ma cerchi di muoversi su un orizzonte più largo. “L'immagine che ho presente” spiega il patriarca Sako “è quella di un'élite di laici - professionisti, intellettuali, esperti, persone che hanno ruoli nella vita pubblica – che si coordini e renda più efficace e visibile il contributo civile e umanitario dei caldei a servizio di tutta la società, per costruire ponti tra i cristiani e con tutti gli iracheni non solo sul piano religioso e spirituale, ma anche su quello sociale e civile”. La proposta è rivolta anche ai caldei della diaspora, e prefigura un'organizzazione legata alla comunità caldea ma senza tutele formali o sostegno economico diretto da parte delle gerarchie ecclesiastiche. “Ci sono tanti cristiani” insiste il Patriarca caldeo “che già lavorano in tante istituzioni pubbliche o in settori importanti come la sanità e l'educazione. Ma il loro contributo al bene comune appare frammentato. E' venuto il tempo di creare un'organizzazione che sappia valorizzare i loro talenti e le loro competenze, al servizio di tutti”. L'idea di istituire una Lega Caldea, annunciata pubblicamente dal patriarca Sako nei giorni scorsi, sta raccogliendo adesioni e commenti positivi. Il progetto dovrebbe prendere forma più dettagliata entro l'estate, dopo la probabile celebrazione di un nuovo Sinodo della Chiesa caldea. “L'importante” sottolinea il patriarca Sako “è vincere la tentazione del nazionalismo cieco e della frammentazione, che stanno mettendo in crisi il Paese: Non dobbiamo imitare i gruppi che si chiudono in se stessi e lottano tra loro. Come caldei, vogliamo collaborare con tutti e essere aperti a tutti”. (R.P.)

    inizio pagina

    Nigeria: card. Onaiyekan chiede più equa distribuzione delle grandi ricchezze naturali del Paese

    ◊   Una gestione più trasparente e una più equa distribuzione dei proventi delle risorse naturali della Nigeria. E’ quanto ha chiesto nei giorni scorsi il card. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, ai governanti e alle imprese estrattive che operano nel Paese. Intervenendo alla celebrazione del 70° anniversario della pro-cattedrale di Nostra Signora Regina della Nigeria della città, il porporato ha sottolineato come la giustizia e una più equa distribuzione delle straordinarie ricchezze che Dio ha concesso alla Nigeria, risolverebbero gran parte dei suoi problemi di insicurezza, corruzione e decadenza morale. Di qui l’appello “a chi controlla e gestisce le nostre risorse: devono essere condivise equamente per la prosperità della nostra Nazione”. Il card. Onaiyekan si è rivolto quindi a tutti i nigeriani affinché contribuiscano a costruire la Nazione: “Costruirla – ha detto – è responsabilità di tutti, grandi e piccoli, ricchi e poveri. Sono i piccoli contribuiti di ciascuno che fanno la grandezza di questa nazione”. La straordinaria ricchezza di petrolio su cui si regge gran parte dell’economia nigeriana, beneficia solo una parte molto limitata della popolazione, anche grazie a una corruzione endemica, come conferma il fatto che la Nigeria è ancora tra gli ultimi posti nella classifica del Programma Onu per lo sviluppo umano. Le grandi disuguaglianze socio-economiche alimentano, tra l'altro, le tensioni etniche e religiose nel Paese. (L.Z.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 45

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.