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Sommario del 04/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: in Quaresima i cristiani curino con la carità ogni miseria materiale, morale e spirituale
  • Il card. Sarah: al cristiano non basta denunciare la povertà, serve la condivisione
  • Papa Francesco: anche Dio piange, con il cuore di un padre che non rinnega mai i suoi figli
  • Il 3 aprile il Papa riceverà in Vaticano la Regina Elisabetta II
  • Tweet del Papa: cari giovani, Gesù ci dà la vita in abbondanza. Vicini a Lui, avremo la gioia nel cuore
  • Cuba, seminario sulle comunicazioni sociali. Mons. Celli: annunciare Cristo nel continente digitale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ue approva rapporto Lunacek per i diritti Lgbt. Le famiglie: promosso da lobby che divide l'Europa
  • Francia, governo sospende riforma diritto di famiglia. Manif pour tous: era contro gli interessi dei bambini
  • Siria: stallo negoziale, conflitto infuria. Georgieva (Ue): serve maggiore accesso alle vittime
  • Sud Sudan. Raffaelli (Amref): tragedia enorme, sono 740 mila gli sfollati
  • Ucraina: possibili elezioni anticipate per sbloccare la crisi
  • Italia. "Disagio occupazionale" per 7 milioni di persone. Alla Camera documento sul lavoro
  • Giornata mondiale del Cancro: intensificare la prevenzione
  • Facebook compie 10 anni. Prof. Colombo: società commerciale controlla dati di 1,2 miliardi di persone
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terra Santa: rapporto sugli interventi pro-Gaza della Pontifical Mission
  • Terra Santa: Corte Suprema israeliana fissa al 30 luglio nuova udienza per il muro a Cremisan
  • Pakistan: al via i colloqui di pace preliminari fra governo e talebani
  • Brunei: preoccupazione della Chiesa per la prossima introduzione della "sharia"
  • Centrafrica: a Bouar situazione più calma. Ancora rappresaglie contro i musulmani
  • Colombia: Plenaria dei vescovi sull’azione pastorale. Gli sforzi della Chiesa per il dialogo di pace
  • Messico: l’arcidiocesi contro la legalizzazione della marijuana
  • Honduras: la Chiesa esorta il governo a un disarmo generale per ridurre la violenza
  • Sud Corea. Fioriscono le vocazioni: ordinazioni di vescovi, preti e diaconi a Seul
  • Sinodo sulla famiglia: primi risultati della consultazione degli episcopali di Svizzera e Germania
  • Regno Unito: l'8 febbraio Giornata di preghiera per le vittime della tratta
  • Spagna: Manos Unidas lancia la Campagna annuale 'Un nuovo mondo, un progetto di tutti'
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: in Quaresima i cristiani curino con la carità ogni miseria materiale, morale e spirituale

    ◊   Nel tempo di Quaresima, la Chiesa sia “disposta e sollecita” nel curare ogni miseria materiale, morale e spirituale con l’annuncio del Vangelo e il servizio concreto della carità. Lo afferma Papa Francesco nel Messaggio scritto per il periodo di preparazione alla Pasqua, che inizierà il prossimo 5 marzo, Mercoledì delle Ceneri. La sintesi del Messaggio nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Tre miserie che nel mondo non sono mai mancate: il non avere niente – o averne troppo poco – per vivere con dignità in mezzo agli altri, l’avere un cuore e una mente bruciati da una qualche schiavitù, oppure avere le mani anche piene di beni ma vuota l’anima, che non sa credere in niente perché niente vale la pena. E dall’altra parte, l’“antidoto”: il Vangelo. Per Papa Francesco, la Quaresima consiste essenzialmente nel curare le prime mettendo in pratica il secondo. Il suo Messaggio ruota attorno alla povertà cristiana così come la spiega S. Paolo: Gesù, “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà”. Questo, scrive subito il Papa, “non è un gioco di parole” né “un’espressione ad effetto”, ma la dimostrazione dello “stile di Dio” e della sua “logica”. Dio si rivela al mondo con la povertà di suo Figlio, “spogliato” di potenza e gloria perché il suo modo di amare l’uomo è fatto di “grazia, generosità, desiderio di prossimità”. “Dio – scrive Papa Francesco – non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico”. Dio è invece un Padre che in Gesù “non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate”. La carità, l’amore – insiste – “è condividere in tutto la sorte dell’amato”. E questo tipo di amore “rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze”. Dunque, spiega il Papa “questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi” è “proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano”. E per dei cristiani, sempre, e soprattutto in Quaresima, non c’è altra strada che “l’imitazione del Maestro”.

    Dal tipo di amore, Papa Francesco passa agli obiettivi. “Siamo chiamati – dice – a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle”. La miseria, chiarisce anzitutto, “non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza”. Dopodiché distingue: la miseria “materiale” è quella più evidente per cui una persona non ha cibo sufficiente, o acqua, condizioni igieniche, lavoro, possibilità di sviluppo e di crescita culturale. E di fronte questo, ribadisce Papa Francesco, “la Chiesa offre il suo servizio” in senso ampio, cioè impegnandosi anche perché “cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria”. “È necessario – chiosa – che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione”.

    C’è poi la miseria “morale, che è “non meno preoccupante”. Quante famiglie – osserva il Papa – sono “nell’angoscia”, e spesso si rovinano, “perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia!”. E quante, prosegue, “sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute”. In questi casi, scrive, “la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente”. Alla miseria morale si lega spesso quella “spirituale” e qui, asserisce Papa Francesco, “il Vangelo è il vero antidoto”, che impegna quindi il cristiano “a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna”.

    “Cari fratelli e sorelle – è l’auspicio di Papa Francesco – questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico”, ma “potremo farlo – sottolinea – nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà”. E soggiunge: “La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole”.

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    Il card. Sarah: al cristiano non basta denunciare la povertà, serve la condivisione

    ◊   Il Messaggio per la Quaresima è stato presentato, stamani, in Sala Stampa vaticana. Tra i relatori il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", e i coniugi Davide Dotta e Anna Zumbo, missionari per tre anni ad Haiti, accompagnati dai loro due bambini. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Un documento “straordinario” che vuole guidarci a comprendere il vero significato della povertà per un cristiano. Il cardinale Robert Sarah ha sintetizzato, così, il valore del primo Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima. Il presidente di “Cor Unum” ha così messo in guardia da chi vede una Chiesa “buona”- la Chiesa “povera e per i poveri” - contrapposta ad una Chiesa “della predicazione e della verità”. Il Papa, ha detto il porporato, “ci riporta ad una visione integrale della povertà”. E ha osservato che “la scelta della povertà da parte di Cristo ci suggerisce che esiste una dimensione positiva della povertà”:

    “Non pensiamo di mettere a posto le nostre coscienze borghesi – vuole dire il Papa – denunciando la mancanza di beni di altri o denunciando la povertà come sistema. La povertà tocca la profondità del cuore umano: come Cristo è sceso dal suo trono regale per compiere la volontà del Padre e venire così incontro ai suoi fratelli bisognosi di salvezza, così il cristiano entra in una dinamica di povertà e di dono, perché è ricco del fatto di essere figlio di Dio”.

    “Quando la Chiesa parla di povertà – ha detto ancora – non vuole” dunque “intendere la povertà alla stregua di chi contesta l’esistenza della povertà in quanto tale, perché sa che la povertà è l’oggetto di una scelta precisa, fatta per amore di Cristo e dei fratelli”. Il messaggio, ha detto ancora, evidenzia la distinzione tra “povertà e miseria”. Ed ha ammonito: “Non è la povertà, che è un atteggiamento evangelico, ma è la miseria che vogliamo combattere”. E del resto, ha aggiunto, come Papa Francesco sottolinea, la Chiesa non è meno attenta alla miseria spirituale, rispetto a quella materiale:

    “Guai se il nostro sguardo a chi è nel bisogno prescindesse da quella miseria spirituale che spesso si annida nel cuore dell’uomo e lo fa soffrire profondamente, anche se ha a disposizione molti beni materiali (…) Guai per questo se Chiesa povera significasse solo una Chiesa senza beni materiali”.

    “Se vogliamo cogliere in pienezza il messaggio di Papa Francesco – ha soggiunto –dobbiamo declinarlo nella sua valenza antropologica”. “L’uomo – ha detto – per natura è figlio di Dio. Questa è la sua ricchezza!”. Ed ha avvertito che “la grande colpa della cultura moderna è di aver pensato ad un uomo felice senza Dio”. In questo messaggio, è stata dunque la riflessione del cardinale Sarah, “vedo una grande continuità del Magistero di questo Pontefice con Benedetto XVI” che “ha fatto di questa denuncia della mancanza di Dio nella cultura moderna il cuore del suo Magistero”. Dopo il presidente di “Cor Unum” è stata la volta della testimonianza di Anna Zumbo, che per Caritas italiana è stata impegnata con il marito e i figli in una missione ad Haiti, devastata dal terremoto. Assistere, ha detto, è più facile che condividere. Ma così i poveri restano “assistiti” e i ricchi “assistenti”. Ecco perché, ha raccontato, la sua famiglia ha scelto di vivere povera tra i poveri, vivendo in un quartiere di haitiani e non abitato da stranieri delle Ong:

    “Per noi questo avvicinarci alla gente, vivere con uno stile sobrio, uscire dal palazzo, ha significato molte cose. Un’esperienza molto intima di costruzione delle relazioni personali con gli haitiani: ci siamo integrati nel quartiere, abbiamo potuto condividere la tenerezza delle nascite, la confusione dei giochi dei bambini, la compassione per i malati, per i morti, la gioia della condivisione dei pasti. I nostri nuovi amici haitiani che a disagio avrebbero frequentato contesti più formali della nostra semplice casa. Tutte esperienze che, se fossimo rimasti a vivere nel palazzo blindato, non avremmo potuto vivere”.

    Anna Zumbo ha quindi condiviso anche l’esperienza dei suoi bambini, anch’essi al tavolo della conferenza in Sala Stampa:

    “Hanno imparato a volere bene, a provare affetto profondo per persone molto diverse da loro. Hanno sperimentato la comunione, accogliendo i bambini del quartiere nella loro casa come se fossero loro fratelli, condividendo con loro ogni tipo di giocattolo, il pane della merenda, i frutti del giardino … Loro hanno vissuto con la porta aperta, con gli ospiti di lingua, colore e cultura diversa che erano sempre a tavola con noi e, adesso ci chiedono continuamente: 'Perché i compagnetti non vogliono venire a giocare a casa?'. E noi rispondiamo: 'Perché non si possono invitare quando e come vogliono a casa dei vicini'”.

    E’ stata dunque la volta delle domande dei giornalisti. Il cardinale Sarah ha risposto in particolare sulla miseria spirituale, così sottolineata nel Messaggio:

    “Questi problemi suscitati da un orientamento nuovo dell’uomo, cioè un’antropologia che non rispetta più la visione cristiana dell’uomo, della famiglia, del matrimonio; mi sembra che possiamo chiamare queste situazioni di povertà spirituale e morale”.

    Quindi, a proposito del tema della spoliazione presente nel documento, ha detto che ci sono diverse modalità per spogliarci dei beni, a partire dalla condivisione con chi ha più bisogno. Il cardinale Sarah, assieme a mons. Segundo Tejado Muñoz, sotto-segretario del dicastero, ha quindi raccontato della recente visita nelle Filippine per portare la vicinanza del Papa alle popolazioni colpite dallo tsunami. Il dicastero “Cor Unum”, è stato riferito, si è impegnato a costruire un orfanotrofio e una piccola clinica e a ricostruire le chiese distrutte, così importanti per la vita e l’identità del popolo filippino.

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    Papa Francesco: anche Dio piange, con il cuore di un padre che non rinnega mai i suoi figli

    ◊   Anche Dio piange: il suo pianto è come quello di un padre che ama i figli e non li rinnega mai anche se sono ribelli, ma sempre li aspetta. E' quanto ha affermato Papa Francesco durante la Messa presieduta stamani a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Le letture del giorno presentano la figura di due padri: il re Davide, che piange la morte del figlio ribelle Assalonne, e Giàiro, capo della Sinagoga, che prega Gesù di guarire la figlia. Il Papa spiega il pianto di Davide alla notizia dell’uccisione del figlio, nonostante questi combattesse contro di lui per conquistare il regno. L’esercito di Davide ha vinto, ma a lui non interessava la vittoria, “aspettava il figlio! Gli interessava soltanto il figlio! Era re, era capo del Paese, ma era padre! E così quando è arrivata la notizia della fine di suo figlio, fu scosso da un tremito: salì al piano di sopra … e pianse”:

    “Diceva andandosene: ‘Figlio mio, Assalonne. Figlio mio! Figlio mio, Assalonne! Fossi morto io invece di te! Assalonne, Figlio mio! Figlio mio!’. Questo è il cuore di un padre, che non rinnega mai suo figlio. ‘E’ un brigante. E’ un nemico. Ma è mio figlio!’. E non rinnega la paternità: pianse… Due volte Davide pianse per un figlio: questa e l’altra quando stava per morire il figlio dell’adulterio. Anche quella volta ha fatto digiuno, penitenza per salvare la vita del figlio. Era padre!”.

    L’altro padre è il capo della Sinagoga, “una persona importante – afferma il Papa - ma davanti alla malattia della figlia non ha vergogna di gettarsi ai piedi di Gesù: ‘La mia figlioletta sta morendo, vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva!’. Non ha vergogna”, non pensa a quello che potranno dire gli altri, perché è padre. Davide e Giàiro sono due padri:

    “Per loro ciò che è più importante è il figlio, la figlia! Non c’è un’altra cosa. L’unica cosa importante! Ci fa pensare alla prima cosa che noi diciamo a Dio, nel Credo: ‘Credo in Dio Padre…’. Ci fa pensare alla paternità di Dio. Ma Dio è così. Dio è così con noi! ‘Ma, Padre, Dio non piange!’. Ma come no! Ricordiamo Gesù, quando ha pianto guardando Gerusalemme. ‘Gerusalemme, Gerusalemme! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali’. Dio piange! Gesù ha pianto per noi! E quel pianto di Gesù è proprio la figura del pianto del Padre, che ci vuole tutti con sé”.

    “Nei momenti difficili” - sottolinea Papa Francesco – “il Padre risponde. Ricordiamo Isacco, quando va con Abramo a fare il sacrificio: Isacco non era sciocco, se ne era accorto che portavano il legno, il fuoco, ma non la pecorella per il sacrificio. Aveva angoscia nel cuore! E cosa dice? ‘Padre!’. E subito: ‘Eccomi figlio!’. Il Padre rispose”. Così, Gesù, nell’Orto degli Ulivi, dice “con quell’angoscia nel cuore: ‘Padre, se è possibile, allontana da me questo calice!’. E gli angeli sono venuti a dargli forza. Così è il nostro Dio: è Padre! E’ un Padre così!”. Un Padre come quello che aspetta il figlio prodigo che è andato via “con tutti i soldi, con tutta l’eredità. Ma il padre lo aspettava” tutti i giorni e “lo ha visto da lontano”. “Quello è il nostro Dio!" - ha osservato il Papa - e "la nostra paternità" - quella dei padri di famiglia come la paternità spirituale di vescovi e sacerdoti - "deve essere come questa. Il Padre ha come un’unzione che viene dal figlio: non può capire se stesso senza il figlio! E per questo ha bisogno del figlio: lo aspetta, lo ama, lo cerca, lo perdona, lo vuole vicino a sé, tanto vicino come la gallina vuole i suoi pulcini”:

    “Andiamo oggi a casa con queste due icone: Davide che piange e l’altro, capo della Sinagoga, che si getta davanti a Gesù, senza paura di diventare una vergogna e far ridere gli altri. In gioco erano i loro figli: il figlio e la figlia. E con queste due icone diciamo: ‘Credo in Dio Padre…’. E chiediamo allo Spirito Santo - perché soltanto è Lui, lo Spirito Santo – che ci insegni a dire ‘Abbà, Padre!’. E’ una grazia! Poter dire a Dio ‘Padre!’ col cuore è una grazia dello Spirito Santo. Chiederla a Lui!”.

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    Il 3 aprile il Papa riceverà in Vaticano la Regina Elisabetta II

    ◊   Giovedì 3 aprile, Papa Francesco riceverà in udienza Elisabetta II, Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Lo rende noto Buckingham Palace. La notizia è stata confermata dalla Sala Stampa vaticana. La sovrana, accompagnata dal consorte Filippo, Duca di Edimburgo, sarà a Roma su invito del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Il programma della visita prevede un pranzo privato al Quirinale con il capo dello Stato e, successivamente, l’udienza con il Pontefice, in Vaticano. Si tratterà del primo incontro tra Papa Francesco ed Elisabetta II: alla Messa di inizio Pontificato del 19 marzo 2013, infatti, il Regno Unito era rappresentato dal Duca di Glouchester. L’invito del presidente Napolitano era già stato presentato lo scorso anno, ma la Regina ed il Duca di Edimburgo non avevano potuto accettarlo, a causa di motivi di salute. L’invito è stato, quindi, rinnovato; nel frattempo, c’è stata l’elezione del nuovo Papa e quindi la sovrana ha deciso di cogliere l’opportunità del viaggio in Italia per incontrare anche il Pontefice. Lo stesso avvenne nel corso dell’ultima visita a Roma, il 17 ottobre 2000, quando fu ricevuta da Giovanni Paolo II. Con Benedetto XVI, invece, l’incontro si tenne nel Regno Unito, a settembre 2010, nell’ambito del viaggio apostolico dell’allora Pontefice. Elisabetta II è stata ricevuta anche da Giovanni XXIII nel 1961. (A cura di Isabella Piro)

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    Tweet del Papa: cari giovani, Gesù ci dà la vita in abbondanza. Vicini a Lui, avremo la gioia nel cuore

    ◊   Il Papa ha lanciato questo nuovo tweet sull’account @Pontifex: “Cari giovani, Gesù ci dà la vita, la vita in abbondanza. Vicini a Lui, avremo la gioia nel cuore, e un sorriso sulle labbra”.

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    Cuba, seminario sulle comunicazioni sociali. Mons. Celli: annunciare Cristo nel continente digitale

    ◊   Inizia oggi all’Avana, a Cuba, un seminario sulle nuove tecnologie organizzato dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali. Tema conduttore sarà il Messaggio del Papa per la 48.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, dal titolo “Comunicazione al servizio di una autentica cultura dell’incontro”. All’evento, che vedrà la presenza di trentacinque vescovi dell’America Centrale e dei Caraibi, partecipa anche il presidente del dicastero mons. Claudio Maria Celli. Philippa Hitchen gli ha chiesto quale sia lo scopo di questo appuntamento:

    R. - Questo seminario mira a introdurre i vescovi nella complessità delle tecnologie attuali per riscoprirne la valenza non solamente comunicativa, ma anche collegiale. Noi stiamo favorendo una comunione ecclesiale, riscoprendo come le attuale tecnologie della comunicazione non solo svolgano un ruolo di comunicazione ma anche di comunione.

    D. – Ci sono grandi sfide in questi Paesi …

    R. - Certo, questi Paesi stanno affrontando varie difficoltà, anche se stanno compiendo passi da gigante. Però, la Chiesa fa ancora fatica a utilizzare, a vivere in questa contestualità. Come lei sa, ormai le tecnologie attuali di comunicazione non sono più solamente uno strumento, ma danno origine ad un ambiente di vita che oggi ha le dimensioni di una rete sociale. Io amo parlare di “un continente digitale”. E la Chiesa è chiamata a dare testimonianza dei valori cristiani, ad annunciare il Vangelo in questa contestualità, dove oggi abitano centinaia di milioni di uomini e donne, specialmente giovani. Quindi, questa per noi è una sfida, perché dobbiamo essere capaci, piano piano, di usare un linguaggio che gli uomini e le donne di oggi possano capire e, nello stesso tempo, dobbiamo stare attenti alle sfide che queste realtà ci offrono. Un tema grande sarà anche quello della preparazione dei futuri sacerdoti. I giovani di oggi sono molto esperti tecnologicamente perché sono nati in questo contesto digitale. Ma per noi, la comunicazione, e in campo ecclesiale parlerei di “comunione ecclesiale”, non è solamente il frutto di una conoscenza tecnologica; dobbiamo crescere, maturare, capire in profondità che cosa significa “comunicare oggi”, cosa significa “testimoniare oggi” e, con la nostra vita e con le nostre parole, cosa significa “testimoniare Gesù Cristo”. Questa è la sfida che dovremmo affrontare insieme ai vescovi.

    D. - A Cuba, in particolare, la Chiesa affronta grandi difficoltà, anche per quanto riguarda i limiti all’accesso ai mezzi di comunicazione. Che cosa spera di fare, in questo senso, durante questo viaggio?

    R. - Direi che la Chiesa cubana, nelle sue diverse articolazioni, sta dando una buona testimonianza, nonostante sia privata di tante opportunità. Noi speriamo che nel futuro le cose possano migliorare. Ecco perché direi che - anticipando un po’ i tempi - questo Pontificio Consiglio ha organizzato un corso biennale per operatori della comunicazione nelle varie diocesi cubane, che stanno già svolgendo un ruolo particolare nelle Chiese locali in questo campo. Certo, una comunicazione con molti limiti, con molte difficoltà, però guardo - perché ho conosciuto alcuni di loro - al loro cuore, alla loro generosità, al loro impegno ... Ecco, perché guardo con fiducia al futuro nonostante le difficoltà. La Chiesa cubana è impegnata a dare testimonianza e a vivere con responsabilità le opportunità - anche se ridotte - che le vengono offerte nel campo comunicativo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Ricchi perché poveri: nel messaggio per la Quaresima, Papa Francesco invita i cristiani a farsi carico della miseria materiale, morale e spirituale.

    Un metodo di lavoro nuovo: in prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia sul dibattito in preparazione al Sinodo.

    Un Papa giacobino: l'articolo di Luis Suarez - apparso sulla "Razon" - su Napoleone che, sconfitto due secoli fa, tentò di sopprimere la Chiesa cattolica ma si imbatté nel cardinale Barnaba Chiaramonti.

    Vita autentica anche online: Brett T. Robinson su Papa Francesco e le autostrade della comunicazione.

    I cristiani non possono più permettersi di essere divisi: in un'intervista a "la Croix" il patriarca Bartolomeo parla del suo prossimo incontro con il Pontefice in Terra Santa.

    La storia in una pietra: Gaetano Vallini recensisce gli scatti di Mimmo Jodice all'università Suor Orsola Benincasa.

    Volontà di capire: Felice Accrocca ricorda - a cent'anni dalla nascita - lo storico Arsenio Frugoni.

    Frassati e la lezione della carità: il cardinale Gianfranco Ravasi ricorda la testimonianza di un giovane diventato beato.

    Per portare il Vangelo nei nuovi areopaghi: il cardinale Filoni in Brasile parla ai vescovi di concilio e missione.

    Musica inclusiva: Massimo Palombella sulla Sistina e il coro di Westminster insieme al concistoro.

    Un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo: "Se sboccia il dialogo tra Islamabad e i talebani".

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    Oggi in Primo Piano



    Ue approva rapporto Lunacek per i diritti Lgbt. Le famiglie: promosso da lobby che divide l'Europa

    ◊   Il Parlamento europeo ha approvato questa mattina con 394 voti a favore, 176 contrari e 72 astensioni, il rapporto Lunacek, una tabella di marcia firmata dalla parlamentare Ulrike Lunacek e intitolata “contro l'omofobia e la discriminazione, legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere”. Con questa risoluzione, in realtà, si invitano gli Stati membri, che restano liberi di non adottarla, a promuovere con ogni mezzo l’agenda di diritti di persone LGBT - lesbiche, gay, bisessuali, transgender - che comprende, tra l’altro, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il libero accesso all’adozione, alla riproduzione assistita e alla maternità surrogata per queste coppie. "Non tutela di diritti umani, ma un’imposizione da parte di una lobby”, aveva commentato Luca Volontè, già presidente del partito Popolare Europeo. A seguire i lavori a Bruxelles c'era Maria Hildingsson, segretario generale della Federazione europea associazioni familiari cattoliche (Fafce). Manuella Affejee ha raccolto il suo commento a caldo:

    R. - L’ambiance était relativement calme …
    L’atmosfera era relativamente calma nell’emiciclo, ma penso che sia l’inizio di una consultazione preliminare. C’è stata una mobilitazione molto forte, in particolar modo tra i social network come Twitter. Sappiamo che il rapporto è stato sostenuto in modo unanime da un certo gruppo politico, altri gruppi erano divisi, altri erano fortemente contrari. Tutto questo è un segnale che si tratta di un tema tutt’altro che facile da trattare; è un tema che prima di tutto non rientra tra le competenze dell’Unione Europea ma degli Stati membri, come il diritto della famiglia. Quindi, in particolare, fa riferimento alle raccomandazioni del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 2010 che raccomandava l’apertura dell’assistenza sanitaria alla procreazione e l’adozione per le persone omosessuali, lesbiche nel primo caso, e omosessuali nel secondo. È un tema che non contribuisce ad unire i cittadini europei ma piuttosto a divederli, non solo perché si tratta di un tema delicato, ma perché ci sono delle interpretazioni molto diverse a seconda dei Paesi. Se guardiamo all’Unione Europea si può notare che non c’è nessun Paese dell’Est Europa che ha legiferato in direzione di quella che in Francia chiamiamo Legge Taubirà, mentre nei Paesi occidentali sono state prodotte delle leggi in questo senso. Quindi notiamo che c’è una grande diversità e credo veramente che si stia aprendo una frattura tra i Paesi europei. Alla luce di tutto questo, è un peccato spingere avanti questa agenda che sembra essere portata avanti da una lobby che si dichiara a sostegno delle persone omosessuali, mentre noi sappiamo bene che molte persone omosessuali da una parte non sono completamente d’accordo con questa posizione e dall’altra non sono informati di quello che si fa a loro nome, di cosa si tratti. Quindi si tratta di una sorta di presa in ostaggio di queste persone in un certo senso contro la loro volontà.

    D. - Concretamente ora cosa pensate di fare, avete qualche iniziativa in programma?

    R. - Alors, d’une part nous allons bien communiquer …
    Allora, da una parte ci sarà un confronto sul voto di questi giorni facendo un’analisi di ciò che è accaduto e di ciò che questo implica, ma nel breve termine abbiamo un’opportunità: le elezioni europee. Tra qualche settimana, lanceremo una campagna in vista delle elezioni per permettere a tutti i padri, a tutte le madri e ai maggiorenni di interpellare i candidati attraverso la creazione di una piattaforma internet che sarà disponibile in tutte le lingue dell’Unione Europea. Tutto questo perché i cittadini possano direttamente porre le loro domande ai candidati per conoscere la loro posizione, per sapere se questi sono impegnati in politiche a favore della famiglia. La politica familiare non è di competenza dell’Unione Europea. D’altro lato, molte delle decisioni politiche che sono prese a livello dell’Unione Europea hanno un impatto diretto sulla vita delle famiglie. Quindi, questa campagna sta per cominciare e non terminerà dopo il voto. Questo non sarà che il preludio per dare assistenza ai deputati che saranno eletti intorno al prossimo 25 maggio e che si impegneranno nel loro mandato per la legislatura che inizierà a giugno e che durerà per i prossimi cinque anni. Tutto questo per sostenere la famiglia a livello europeo.

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    Francia, governo sospende riforma diritto di famiglia. Manif pour tous: era contro gli interessi dei bambini

    ◊   Il governo francese ha bloccato, almeno per il 2014, la riforma del diritto di famiglia. Esultano i Movimenti della Manif pour tous, scesi in piazza anche domenica scorsa contro la norma ritenuta lesiva dei diritti dei bambini e della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Da Parigi, Francesca Pierantozzi:

    Il progetto di legge, che avrebbe dovuto sancire tra l’altro un nuovo statuto per le famiglie allargate, è stato rinviato ad almeno il 2015. Tra le proposte, un nuovo statuto per i patrigni e le matrigne. Non all’ordine del giorno invece la procreazione medicalmente assistita per le coppie lesbiche, misura che ha particolarmente mobilitato i militanti della Manif Pour Tous, primi oppositori alle nozze gay e sostenitori della famiglia tradizionale. Il governo ha comunque precisato che i lavori di preparazione del testo continueranno, mentre per la presidente della Manif Pour Tous, Ludovine de la Rochère, nessun dubbio: “E’ una vittoria” - ha detto - “perché ciò che il progetto di legge prevedeva era contrario all’interesse del bambino e della famiglia”.

    Ma la cautela è ancora grande, ha affermato la stessa Ludovine de la Rochère, al microfono di Cyprien Viet:

    R. – Comme il ya effectivement beaucoup d’autres projets…
    Ci sono effettivamente molti altri progetti governativi che ci pongono grandi problemi Aggiungo che sulla procreazione medicalmente assistita (Pma) non c’è ancora nessuna presa di posizione del Consiglio nazionale di Etica, ma è attesa. A questo riguardo Hollande ha detto che la seguirà: in effetti, si tratta di un Comitato consultivo e questo non è normale… E poi sulla maternità surrogata (Gpa) c’è una circolare, che si chiama “Circolare di Taubirà”, che facilita il ricorso a questa pratica all’estero. Ci sono inoltre delle domande che si pongono riguardo – ad esempio – alla questione del gender a scuola, riguardo alla riduzione del congedo parentale nel progetto per la famiglia in corso di preparazione e a una politica fiscale che è utilizzata in realtà contro la famiglia. Quindi abbiamo ancora – sfortunatamente! – molte sfide da affrontare o meglio noi abbiamo sempre le stesse sfide e abbiamo ancora molte cose da riuscire a far comprendere. Manif pour tous, dunque, andrà avanti ed organizzerà se necessario altri azioni di mobilitazione di piazza. E poi abbiamo sviluppato un volano di proposte. Abbiamo organizzato, nelle ultime settimane del 2013, un “Grenelle de la famille” (un dibattito tra governo e associazioni, ndr), che si è sviluppato su tutto il territorio francese e del quale daremo le conclusioni l’8 marzo prossimo a Parigi, alla Mutualitè. E renderemo anche pubblico il testo di una proposta di legge-famiglia elaborata partendo proprio da questo “Grenelle de la famille”.

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    Siria: stallo negoziale, conflitto infuria. Georgieva (Ue): serve maggiore accesso alle vittime

    ◊   Nuova impasse della comunità internazionale sulla questione siriana. Dopo la chiusura del primo round di negoziati della Conferenza "Ginevra 2", le attenzioni delle cancellerie occidentali sono tutte orientate sull’aspetto umanitario. In secondo piano, invece, sono passati i combattimenti, che continuano quotidianamente. La conferma giunge dai dati diffusi stamattina sul mese di gennaio che, con 5.794 morti, è il mese con il più alto numero di uccisioni da quando è esploso il conflitto a marzo del 2011. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi e dell’Islam all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Il dato è sicuramente preoccupante, ma ancora più preoccupante è l’appiattimento sul versante umanitario, che è ovviamente importantissimo. Ma se non si agisce sulle cause che provocano questa tragedia continua, anzi la incrementano, mi sembra addirittura ipocrita.

    D. – Intanto, si assiste a una continua frammentazione del fronte anti-Assad, anche questa è una situazione che rende sempre più difficile la mediazione…

    R. – Sono cose che abbiamo purtroppo già visto nei Balcani, ma la stessa questione arabo-israeliana, a pensarci bene, è così da decenni. La frammentazione, la nascita di nuove sigle, la degenerazione nel terrorismo gratuito – che non ha nessun progetto se non quello appunto di terrorizzare – è conseguenza di una mancanza di iniziativa su altri fronti, credibile e condivisa. Purtroppo, dalle lezioni della storia non vogliamo apprendere nulla.

    D. – La Siria, visti anche gli scarsi risultati raggiunti a Ginevra, è ancora una piccola pedina di un gioco ben più ampio o sta scardinando anche le regole del gioco internazionale?

    R. – In parte lo è, perché è così da sempre, lo è l’intera area del Medio Oriente: sono quasi propaggini della Guerra fredda. Certamente, ci sono elementi innovativi ma anche peggiorativi, perché sta assumendo le sembianze di una guerra di religione, che nella Guerra fredda almeno non c’era.

    D. – In questa guerra di religione si inserisce anche l’Iran, il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammed Zarif, ha detto che se l’Arabia Saudita convincesse i jihadisti radicali a deporre le armi il governo iraniano si impegnerebbe in prima persona con il presidente Assad per una tregua e per la fine delle ostilità. Quanto questa strada, secondo lei, potrebbe essere percorribile?

    R. – Deve essere percorsa assolutamente con il coinvolgimento dell’Iran, che è uno dei grandi partner ed è soprattutto la potenza regionale dell’Asia centrale dal tempo dei greci. Quindi, nessun gioco in Asia centrale può essere fatto lasciando da parte l’Iran. Per fortuna, abbiamo un nuovo leader che ha carte molto più in regola del precedente e non approfittarne sarebbe un delitto.

    D. – Anche se quanto accaduto a "Ginevra 2" – prima l’invito rivolto a Teheran, poi il passo indietro dell’Onu – ha creato qualche imbarazzo…

    R. – Siamo alle solite: non è stato invitato perché non gradito a qualcuno per altre questioni, tipo quella arabo-israeliana, ma non si può risolvere la questione siriana senza tener conto dell’Iran, alleato storico della “dinastia” degli Assad e vicino – anche dal punto di vista religioso – agli alawiti.

    Sullo scenario umanitario in Siria, Davide Maggiore ha intervistato Kristalina Georgieva, commissaria dell’Unione Europea per gli aiuti umanitari, che nella capitale italiana ha partecipato anche al vertice internazionale sul Sahel:

    R. – The situation there is getting...
    La situazione sta diventando sempre peggiore. Sempre più persone hanno bisogno di aiuto e hanno via via meno capacità di resistenza, per l’impatto della guerra. In Europa, siamo stati i più generosi: i nostri popoli hanno fornito, attraverso i bilanci nazionali e la Commissione europea, tre miliardi di dollari e mezzo in aiuti umanitari. Ma il denaro non significa nulla per i bambini, le donne e gli uomini che sono privati dell’assistenza da forze governative o da combattenti dell’opposizione. E l’appello di tutti noi nella comunità internazionale ha avuto lo scopo di fare pressione sulle parti in lotta per un maggiore accesso alle vittime innocenti di questa guerra.

    D. - Che ruolo può giocare, in particolare, l’Unione Europea?

    R. – The Eu can continue…
    L’Unione Europea può continuare e aumentare l’impegno per conto del popolo siriano. Abbiamo visto che l’impegno può portare risultati: per esempio, vaccinazioni antipolio hanno raggiunto oltre tre milioni di bambini. E abbiamo visto, localmente, anche dei cessate-il-fuoco che hanno permesso agli aiuti di arrivare. La questione è come fare questo in modo più profondo, su scala molto più larga.

    D. – Venendo allo scenario del Sahel, la sicurezza alimentare è ancora lontana. Nel summit, il Programma alimentare mondiale ha lanciato un’iniziativa, che è stata definita senza precedenti. Quale sarà il ruolo dell’Europa in questa iniziativa?

    R. – What we have done…
    Quello che abbiamo fatto come Europa è stato aumentare la consapevolezza riguardo alla periodica siccità nella regione del Sahel e riguardo all’instabilità, che è ha causato anche il conflitto in Mali. Questi sono fattori cui possiamo rispondere solo attraverso una strategia globale. Stiamo anche affrontando, insieme al Programma alimentare mondiale, alla Fao e ad altre organizzazioni chiave, i problemi, davvero grandi, che riguardano l’insicurezza alimentare nella regione. Ma riconosciamo che questo non è solo un problema di agricoltura: dobbiamo sostenere un programma globale, che includa la sicurezza sociale, un miglioramento del servizio sanitario e anche una distribuzione regolare del cibo, in maniera che quando la prossima crisi colpirà, saremo pronti.

    D. – La Repubblica Centrafricana è sede di un’altra crisi, nello stesso continente. Quali sono i problemi più grandi che l’Unione Europea può contribuire ad affrontare?

    R. – We have seen in the Central Africa...
    Nella Repubblica Centrafricana, noi abbiamo visto l’effetto dell’abbandono, un abbandono da parte dei leader del Paese, ma anche da parte della comunità internazionale, per decenni. La Repubblica Centrafricana ha ricevuto uno dei più bassi contributi allo sviluppo da parte della comunità internazionale. Se si vuole tornare a una stabilità nel Paese, dobbiamo fare tre cose: primo, investire significativamente nelle forze di sicurezza, e l’Unione Europea sta facendo questo. Secondo, dobbiamo appoggiare la riconciliazione e dobbiamo aiutare a sopravvivere nell’immediato le persone che sono vittime di questa crisi ma, terzo, ci deve essere un investimento a lungo termine nello sviluppo. Lo Stato, infatti, si è dissolto e non tornerà a vivere in un mese o due. Noi abbiamo l’obbligo di pagare i nostri debiti a questo Paese e di muoverci, affinché si vada verso una situazione con istituzioni decenti e decenti mezzi di sostentamento per la popolazione.

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    Sud Sudan. Raffaelli (Amref): tragedia enorme, sono 740 mila gli sfollati

    ◊   Un forte appello al governo e all’opposizione del Sud Sudan a rispettare l’accordo di cessate-il-fuoco, siglato il 23 gennaio scorso: è quanto chiesto dal responsabile delle operazioni dell’Onu, Herve Ladsous, di fronte all’aggravarsi della situazione umanitaria nel Paese africano. La popolazione civile appare sempre più in difficoltà dopo quasi due mesi di scontri armati tra le fazioni guidate dal presidente, Salva Kiir, e dall’ex vicepresidente, Riek Machar. Quest’ultimo ha appena annunciato la creazione di un movimento di resistenza per il ripristino della democrazia e la stabilità nel Paese. Sulla situazione in Sud Sudan, Lucas Duran ha chiesto un commento a Mario Raffaelli, presidente di Amref Italia, l’ong che promuove numerosi progetti umanitari in Africa:

    R. – La situazione ad oggi, purtroppo, è ancora molto difficile. Il 7 febbraio prossimo, ci dovrebbe essere un secondo incontro. Purtroppo, anche in questi pochi giorni le difficoltà e le tragedie sono state enormi. Si parla ormai di 740 mila persone che sono state sfollate all’interno del Sud Sudan e che sono accolte in numerosi centri – spesso in prossimità delle sedi delle Nazioni Unite – ma in condizioni assolutamente difficili, perché il Sud Sudan è di per sé un Paese povero, nonostante la ricchezza di petrolio, senza infrastrutture e importa quasi tutto dall’Uganda e dal Kenya. Anche dal punto di vista sanitario, ci sono delle carenze enormi sia in termini di personale che in termini di strumenti e di medicinali. Si parla ad oggi di migliaia di morti. Le informazioni che provengono da nostre fonti riferiscono di circa cinquemila feriti da arma da fuoco, che sono ricoverati negli ospedali. L’intervento che Amref sta facendo - in coordinamento ovviamente con le altre organizzazioni che operano - è centrato particolarmente su questo sostegno agli ospedali per far fronte a questa situazione di emergenza, che è fortissima. Amref, per di più, ha un suo settore rappresentato dai "Flying Doctors", i medici volanti, che portano aiuto in circa 150 ospedali nell’Africa dell’Est 4-5 volte l’anno. In questo momento, sono, anch’essi, impegnati a portare sia personale medico che medicinali in queste aree.

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    Ucraina: possibili elezioni anticipate per sbloccare la crisi

    ◊   Potrebbero essere le elezioni anticipate il modo per sbloccare la crisi ucraina. Lo ha detto un portavoce del presidente Ianukovich, dichiarando che il capo dello Stato sarebbe disponibile ad andare al voto per bloccare lo scontro. Intanto, Stati Uniti e Unione Europea starebbero preparando un piano di aiuti per Kiev. Lo ha rivelato l’Alto Commissario europeo, Catherine Ashton, che oggi si trova in Ucraina per colloqui con le parti. Su questo nuovo tentativo diplomatico, Giancarlo La Vella ha sentito il collega Matteo Tacconi, che sta seguendo le vicende ucraine:

    R. – Fondamentalmente si cerca di trovare un accordo con una supervisione intra-nazionale, dal momento che le parti faticano a trovare un compromesso, che permetta di uscire dalla crisi. C’è un po’ d’impasse. Quindi, anche i grandi della diplomazia cercano di muoversi. Certamente la proposta europea può essere sensata. Il vero problema è che se agli accordi le associazioni avessero associato anche un qualche impulso finanziario, probabilmente non saremmo arrivati al punto in cui siamo ora, perché la "lettura" di questa crisi politica ucraina passa anche dalla situazione finanziaria. Erano mesi che Ianukovich cercava con chiunque di alzare la posta: ha chiesto all’Unione Europea 20 miliardi di dollari e, al tempo stesso, li ha chiesti alla Russia, che poi glieli ha dati. E’ chiaro che l’Ucraina era in una crisi economica devastante e Ianukovich cercava questi soldi.

    D. – Ianukovich sembra avere accettato l’ipotesi di elezioni anticipate. Che Paese uscirebbe da un voto del genere?

    R. – Probabilmente lo stesso. Anche se dovesse cambiare il governo e ci dovesse essere un cambio di marcia, dubito che l’Ucraina potrebbe fare degli scatti in avanti, perché comunque non può rinunciare ai rapporti con Mosca e, al tempo stesso, deve per forza guardare anche a Bruxelles. Quindi, siamo un po’ al palo, senza contare che il grosso problema di questo Paese è quello di non avere fatto una riforma in 20 anni.

    D. – E’ inevitabile, dunque, che a questo punto un superamento della crisi debba necessariamente passare attraverso un accordo esterno a tre, cioè Russia, Stati Uniti ed Unione Europea?

    R. – Non è necessario, ma può aiutarlo. Alla fine i patti li stringono il governo e l’opposizione.

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    Italia. "Disagio occupazionale" per 7 milioni di persone. Alla Camera documento sul lavoro

    ◊   Sono sette milioni gli affetti da “disagio occupazionale” in Italia. Lo rileva l’indagine conoscitiva sull’emergenza occupazionale condotta dalla Commissione Lavoro della Camera e introdotta oggi a Montecitorio dalla presidente, Laura Boldrini. il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Il disagio occupazionale in Italia conta sette milioni di persone. Il dato preoccupante riportato nel testo della Commissione lavoro, e citato da Laura Boldrini, conferma inoltre il divario tra il centronord e il meridione. Si legge poi dell'emergere un problema di disoccupazione definita “adulta”: se il 38% di disoccupati è giovane, al di sotto dei 29 anni, il 35% è oltre i 39, mentre il resto dei senza lavoro si trova fra i 30 i 39 anni. Occorre una strategia che blocchi una logica di emergenza, ha detto la presidente della Camera, invitando a impegnarsi con coraggio e nell’ottica di taglio degli sprechi. La Boldrini poi ha espresso le sue perplessità sulla soluzione affidata all’introduzione di contratti flessibili. Che tipo di occupazione hanno creato queste misure, si chiede dunque la presidente della Camera. Risponde Michele Tiraboschi, professore di Diritto del Lavoro all’Università di Modena:

    R. – Abbiamo avuto, nel corso degli ultimi 10-15 anni, molti interventi sulla flessibilità del lavoro. Alcuni interventi positivi che hanno creato occupazione, certamente non stabile, ma sempre meglio della disoccupazione, della inattività e del lavoro nero. Vero è che – come dice Laura Boldrini – c’è una forte mercificazione del lavoro con l’utilizzo distorto di questi strumenti: finte partite Iva, finte collaborazioni a progetto e, soprattutto per i giovani, tirocini fittizi che non corrispondono a quanto la legge prevede.

    D. – Il ministro del Lavoro Giovannini, anche lui parlando a Montecitorio, ha anticipato l’arrivo di un pacchetto di semplificazioni sul lavoro: 25 misure – ha detto – metà realizzabili per via amministrativa e metà con interventi normativi. Prof. Tiraboschi, lei cosa ne pensa?

    R. – Più il legislatore interviene, più lo Stato interviene e più è difficile per l’imprenditore assumere, perché cambia il quadro delle certezze e il quadro delle regole. Sono le imprese che fanno lavoro, sono le imprese che creano occupazione. Serve, al limite, più contrattazione collettiva, più decentramento contrattuale. Questo è l’insegnamento del sistema tedesco, il grande malato dell’Europa di 10 anni fa che non attraverso Stato e legislazioni, ma attraverso buone relazioni industriali, ha aumentato l’occupazione. Certo, poi serve una buona flessibilità, contrastare gli abusi, le collaborazioni fittizie e i finti tirocini ma, soprattutto, serve una grande responsabilizzazione delle parti sociali, sussidiarietà e attenzione al profilo, non solo giuridico-economico, ma anche soggettivo, relazionale, personale del lavoro. Il lavoro inteso come progetto di vita, il lavoro inteso come competenza e non solo come contratto di lavoro.

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    Giornata mondiale del Cancro: intensificare la prevenzione

    ◊   Sono oltre 12 milioni le persone a cui ogni anno viene diagnosticato un tumore e circa 7 milioni e mezzo muoiono per questa causa. Sono dati forniti dall’Unione internazionale contro il cancro (UICC) nell’odierna Giornata Mondiale contro questa malattia. “Combattere il cancro con la prevenzione” il tema al centro delle iniziative promosse quest’anno. La prevenzione rimane infatti la via più efficace per combattere i tumori e ciò significa dire no al fumo, limitare il consumo di alcool, seguire una sana alimentazione, fare attività fisica, evitare l’esposizione eccessiva al sole. Altro strumento fondamentale la diagnosi precoce. Ma oggi quanto è stato recepito dalla popolazione e dalle strutture sanitarie questo messaggio? Eliana Astorri lo ha chiesto a Vincenzo Valentini, direttore dell’Unità Operativa complessa di Radioterapia 1 del Gemelli di Roma:

    R. – Sicuramente, siamo in un momento nel quale la prevenzione viene percepita come un’attenzione a fare una diagnosi precoce che non sottovaluti i primi sintomi. Chiaramente, questa attenzione ha bisogno di infrastrutture e di organizzazione che sappiano intercettare questa esigenza in maniera appropriata. In Italia, ci troviamo ad avere delle eccellenze in questo campo, ma anche delle situazioni che necessitano di miglioramento. Sicuramente, la popolazione è pronta: non ha più paura di parlare di questa malattia, di offrire una risposta positiva alle possibilità che gli vengono offerte. Per alcune neoplasie, però, ci troviamo ancora non allineati a degli standard europei per quello che riguarda la possibilità di intercettare la malattia in una fase iniziale.

    D. – Parlando di terapie sempre più personalizzate e sempre meno invasive: qual è il futuro?

    R. – La preservazione d’organo rappresentata un obiettivo per i gruppi multidisciplinari. La possibilità di poter essere sempre meno invasivi nei trattamenti è una sfida che chiaramente richiama l’attenzione e la motivazione della maggior parte dei ricercatori. Non possiamo dimenticare che la malattia neoplastica è una malattia aggressiva e non sempre riusciamo a poterla fronteggiare senza dover richiedere grossi impegni da parte dei pazienti, in termini di sacrifici e anche – a volte – con sequele di trattamenti che vengono eseguiti. Ma sicuramente la prevenzione e le nuove terapie delle quali disponiamo stanno offrendo una possibilità di poter guarire sempre più pazienti e anche di preservare e mantenere le funzionali e la qualità di vita di tutti coloro che adesso hanno bisogno di cure, a volte anche intense e aggressive, ma che alla fine possono ricordare il percorso di questa malattia come un percorso passato e non più significativo per quello che stanno vivendo attualmente.

    D. - Quindi professore, nonostante i dati dell’Unione internazionale contro il cancro, che prevede 17 milioni di morti a causa di questa patologia entro il 2030, in questa Giornata mondiale possiamo dire che oggi molte forme sono guaribili e con altre si può comunque avere una qualità di vita accettabile?

    R. – Sicuramente sì. Ovviamente, il numero che lei ha indicato riflette anche un invecchiamento complessivo della popolazione, che significa che più persone arrivano a un’età molto avanzata, dove l’incidenza di questa malattia per molte patologie diventa maggiore. Ma, complessivamente, le percentuali di sopravvivenza si sono innalzate, le percentuali di pazienti che mantengono una qualità di vita ottima sono anch’esse in incremento. Quindi, con fiducia, possiamo dire che qualcosa sta cambiando e che per molti la speranza non è più un desiderio, ma si concretizza con una possibilità di guarigione.

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    Facebook compie 10 anni. Prof. Colombo: società commerciale controlla dati di 1,2 miliardi di persone

    ◊   Compie 10 anni di Facebook, che oggi collega in rete 1 miliardo e 250 milioni cosiddetti ‘amici’, sparsi nell’intero Pianeta e fattura 6 miliardi di dollari l’anno. Fondata il 4 febbraio del 2004, la società Facebook, quotata in Borsa nel 2012, vanta una capitalizzazione di 138 miliardi di dollari. C’è chi parla di rivoluzione nella comunicazione portata dai social media. Ma possiamo dire che abbia migliorato la qualità della vita collettiva? Roberta Gisotti ha girato la domanda al prof. Fausto Colombo, direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione dello spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

    R. – Cominciamo col dire che si tratta di un mezzo di comunicazione che serve ad entrare in relazione, a costituire gruppi, dare informazioni in un modo orizzontale. Come tale offre naturalmente dei vantaggi. Di qui a dire che abbia reso la vita migliore o peggiore, dipende… Dipende naturalmente dall’uso che se ne fa, dipende in parte dalla prevalenza che ci può essere fra gli elementi – diciamo – di controllo sociale, per esempio tutte le cose che noi facciamo su Facebook sono ovviamente monitorate e diventano strumenti per proporci acquisti o relazioni di questo tipo e, invece, la componente più libera, più sinceramente relazionale e interpersonale.

    D. – Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni 2014, sottolinea due rischi: il rischio della velocità delle informazioni in Rete, che non aiuta la riflessione e il giudizio e il rischio dell’isolamento sia da chi ci vive accanto, che quello di chiudersi in un ambiente – come dire - a nostro piacimento…

    R. – Quando io devo spiegare il funzionamento dei media ai miei studenti faccio sempre un esempio evangelico: l’episodio di Zaccheo. Zaccheo sale su un sicomoro per vedere Gesù, ma quello che gli interessa è semplicemente soddisfare una sua curiosità. Vuole vedere questa persona di cui tutti parlano, solo che essendo piccolo sale sul sicomoro, che è l’esempio del medium: io uso un medium per vedere… Quello che fa Gesù è interessante, perché è di rovesciare questa logica e di chiedere a Zaccheo di incontrarlo personalmente, di recarsi a casa sua e attraverso questa cosa lo converte. Allora, questi strumenti sono sempre un’opportunità, ma hanno dei limiti. Un limite è quello di tenerti distante, non solo di avvicinarti, perché si tratta pur sempre di conoscenze, di fenomeni mediati. Per esempio l’amico di Facebook non è necessariamente un amico nella vita: è amico in un altro senso, nel senso appunto relativo a quel piccolo universo che è Facebook. Inoltre tendono – appunto come sottolineava il Papa – ad essere usati frettolosamente: per esempio Zaccheo voleva semplicemente vedere, un’occhiata e via. E invece le relazioni umane richiedono pazienza, tempo, silenzio, dedizione, cura. Da questo punto di vista i media e soprattutto – direi – Facebook vanno trattati con i guanti. D’altronde alcune nostre recenti ricerche dimostrano che usando nel tempo Facebook, le persone cominciano a porre attenzione a questa questione. Ci sono comportamenti che si trasformano nel tempo: ci sono persone – per esempio – che stanno più attente alle cerchie di amici e non mandano più tutto a tutti, ma cominciano a creare una discrezionalità fra i vari contenuti e le persone a cui devono essere inviate; ci sono persone che escono da Facebook; ci sono persone che limitano le persone con cui sono in contatto, riducono questo numero. Tutti questi sono comportamenti che fanno vedere come, ponendosi in relazione con un medium, con una certa attenzione umana, lentamente si impari ad utilizzarlo in modo sempre più consapevole.

    D. – Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, oggi è tra gli uomini più ricchi del mondo, così come lo sono gli altri ‘signori’ che dominano la Rete, come i proprietari di Apple e Google, che risultano però anche i maggiori elusori, se non evasori, di tasse. Ecco, questo ci fa pensare a chi stiamo dando o abbiamo già dato le chiavi del mondo?

    R. – Temo che fra grande capitale e grande evasione ci siano delle connessioni molto forti, però spero di non avere un pregiudizio! Quindi questa cosa non riguarda il fatto che siano imprenditori del settore dei nuovi media, ma che siano imprenditori con una certa etica o senza una certa etica. Ricordiamo anche, per dire, che la Rete mette a disposizione una serie di risorse che invece sono molto più trasparenti e molto più ben gestite. Quello che è vero è che bisognerebbe interrogarsi sulle responsabilità non tanto delle persone, ma di questi soggetti: voglio dire Google, Facebook hanno in mano dati su di noi che nessuno Stato ha mai avuto in questa dimensione, ma non portano le responsabilità di uno Stato, perché sono entità commerciali. Quindi la cosa su cui occorre interrogarsi e su cui occorre continuare a lavorare, perché in parte la legislazione europea e nazionale lo fa, è chiedersi come proteggere il cittadino dai mal usi che possono essere fatti di tutto ciò che lui fa sulla Rete: come vengono usate le informazioni che lui stesso, volontariamente, talvolta un po’ maldestramente certifica di sé sulla Rete, dicendo dove è, che cosa fa, che cosa consuma, con chi è amico… Come vengono usati questi dati? Questo è il grande problema, credo, dei prossimi anni.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terra Santa: rapporto sugli interventi pro-Gaza della Pontifical Mission

    ◊   La Pontifical Mission for Palestine ha reso noto un rapporto dettagliato sugli interventi d'emergenza che ha messo in campo in favore delle popolazioni della Striscia di Gaza dopo l'operazione militare “Colonna di Fumo” condotta in quell'area dalle Forze armate israeliane nel novembre 2012. Otto giorni di incursioni che provocarono la morte di 165 palestinesi, per la gran maggioranza civili. Gli interventi di assistenza e soccorso – spiega il rapporto pervenuto all'agenzia Fides – sono iniziati subito dopo il cessate il fuoco, grazie anche alle donazioni - pari a 400mila dollari – arrivate da diversi organismi stranieri e internazionali, compresa l'Opera dell'Infanzia Missionaria tedesca (Kindermissionwerk). I settori d'intervento sono stati quelli del soccorso sanitario, dell'assistenza psico-sociale e della riparazione di case e immobili di uso sociale danneggiati dai bombardamenti. In campo medico, la Pontifical Mission ha cercato di alleviare la carenza di medicinali e strumenti sanitari che dopo la fine delle operazioni militari rendeva drammatico anche il soccorso dei feriti. Le medicine e le attrezzature fornite dalla Pontifical Mission hanno contribuito all'assistenza sanitaria di più di 17mila persone, riservando particolare attenzione a fornire alimentazione e servizi adeguati alle donne in gravidanza e alla cura delle infezioni intestinali provocate dall'uso di acqua inquinata. I programmi di sostegno psico-sociale sono stati attivati a favore di quasi 6mila bambini e bambine traumatizzati dai bombardamenti e dall'esperienza di dover lasciare le proprie case. Lo screening condotto su quella porzione traumatizzata dell'infanzia di Gaza ha portato alla luce in diversi casi disturbi di apprendimento connessi alle difficili condizioni vissute dai bambini che vivono nella Striscia. Infine, una parte dell'intervento della Pontifical Mission è stato destinato a opere edili per i riparare i danneggiamenti subiti da case private di più di quaranta famiglie palestinesi e dagli edifici di numerose istituzioni pubbliche, comprese le scuole del Patriarcato latino di Gerusalemme e il locale Centro culturale greco ortodosso. La Pontifical Mission for Palestine, attualmente amministrata dalla Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), è un'Agenzia fondata dalla Santa Sede su impulso di Pio XII nel 1949 per soccorrere i rifugiati palestinesi. (R.P.)

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    Terra Santa: Corte Suprema israeliana fissa al 30 luglio nuova udienza per il muro a Cremisan

    ◊   “Un buon segno”: così Zvi Avni, avvocato della Société Saint-Yves, organizzazione cattolica per i diritti umani, commenta la notizia del rinvio ulteriore della convalida della costruzione del muro di separazione israeliano nella valle di Cremisan. Ieri la Corte Suprema ha chiesto allo Stato di Israele di motivare la sua tesi in base alla quale l’itinerario della barriera a Cremisan non può essere cambiato e perché insiste a volerla costruire sul quel luogo piuttosto che sul percorso proposto dal Consiglio di Pace e Sicurezza. Tutto bloccato, quindi, fino alla risposta dello Stato, comprese le decisioni di confisca nella valle Cremisan. “Il caso non può dirsi chiuso fino a quando una decisione definitiva non sia stata adottata”. Per l’avvocato che segue il caso - riferisce l'agenzia Sir - “quanto richiesto della Corte è un‘indicazione che non è incline ad adottare la posizione dello Stato. Abbiamo una certa speranza, e la risposta della Corte è un buon segno”. Per le 58 famiglie di Beit Jala che rischiano di vedersi confiscate le loro terre si tratta di una boccata di ossigeno in quanto hanno la certezza che non saranno sloggiate nei prossimi mesi. La Corte Suprema ha proposto una nuova udienza per il 30 luglio per discutere la risposta dello Stato. (R.P.)

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    Pakistan: al via i colloqui di pace preliminari fra governo e talebani

    ◊   A Islamabad si sono aperti oggi i colloqui di pace "preliminari" fra governo pakistano e talebani. Durante questo primo incontro, i rappresentanti dell'esecutivo e la delegazione del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp) stanno stilando una tabella di marcia che detterà tempi e modi del dialogo. La lotta lanciata dagli estremisti islamici contro l'esercito, le istituzioni e la popolazione civile del Paese - riferisce l'agenzia AsiaNews - è iniziata nel 2007 e ha registrato ondate progressive di violenza; solo nelle ultime settimane si sono susseguiti numerosi attentati e attacchi mirati che hanno provocato centinaia fra morti e feriti. Tuttavia, la scorsa settimana il premier Nawaz Sharif ha assicurato che "i colloqui di pace andranno avanti". L'escalation ha indotto diversi analisti a ipotizzare una vasta operazione militare contro le roccaforti talebane nelle aree tribali del nord del Pakistan; ma l'attacco frontale dell'esercito non sembra l'opzione privilegiata dell'esecutivo, che punta sul dialogo per raggiungere un cessate il fuoco definitivo. Del resto sono in molti a pensare - fra esperti di politica, intellettuali e cittadini - che i dialoghi non faranno altro che "rafforzare" la posizione del Ttp. Maulana Sami ul-Haq - noto come il "padre dei talebani", uno dei componenti della delegazione impegnata nelle trattative - sottolinea che questi primi incontri serviranno a delineare un primo "cessate il fuoco" fra governo e militanti. Una condizione "necessaria", aggiunge, per il processo di pace vero e proprio. Egli ha aggiunto che la propria parte non ha avanzato alcuna richiesta formale in vista degli incontri, sebbene in molti affermino che una delle condizioni essenziali per la pace sia l'introduzione della sharia, la legge islamica, in tutto il Pakistan. Fra gli esponenti del governo, resta qualche dubbio sulla natura della delegazione talebana, che è composta da persone "esterne" al movimento, con una componente più "politica" e che crede nella "lotta pacifica per il dominio islamico". Resta da vedere se essi rappresentano davvero l'anima talebana, quella che da anni conduce una guerra sanguinaria e che non sembra intenzionata a raggiungere un accordo di pace. "Non ci facciamo particolari illusioni - ha confermato Rahimullah Yusufzai, esponente di punta del fronte esecutivo - sappiamo bene che sarà una grande sfida". Fra la sorpresa generale, la scorsa settimana il Primo Ministro Sharif ha annunciato il proseguimento dei colloqui. In un discorso al Parlamento, egli ha aggiunto che il terrorismo va sconfitto con le parole o con la forza, e che era disponibile a "dare alla pace un'ultima possibilità". Del resto si fa sempre più forte la pressione sul governo, perché riesca a mettere un argine alle violenze e alla deriva estremista. Da tempo la popolazione civile pakistana chiede interventi decisi per portare pace e sicurezza in una nazione esasperata dalla logica della violenza e del conflitto a sfondo confessionale. In una imponente marcia delle "bandiere bianche" che si è tenuta nei giorni scorsi a Faisalabad, centinaia di persone hanno avanzato una "terza via": dialogare coi miliziani e colpire con forza quanti perseguono la logica della violenza. A fine gennaio la Chiesa cattolica pakistana ha promosso una giornata di preghiera per ricordare tutte le vittime del terrorismo. (R.P.)

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    Brunei: preoccupazione della Chiesa per la prossima introduzione della "sharia"

    ◊   Cresce la preoccupazione della piccola comunità cristiana del Sultanato del Brunei per l’introduzione della sharia - la legge islamica - che entrerà in vigore ad aprile in questo piccolo Stato situato sull'isola del Borneo. Lo scorso ottobre il sultano Hassanal Bolkiah ha infatti approvato l’inserimento nel codice penale di numerose disposizioni della legge islamica che prevede la condanna a morte per lapidazione agli adulteri, l’amputazione degli arti ai ladri, e fustigazioni per altri reati quali aborto e consumo di alcol. Tradizionalmente la Sharia non si applica ai non musulmani, ma può estendersi ad altri se questi vengono riconosciuti complici di un musulmano che ha commesso uno di questi reati. Di qui i timori delle minoranze religiose, in particolare di quella cattolica, che conta circa 20mila fedeli distribuiti in tre parrocchie, per le ripercussioni negative di queste misure sulle comunità non musulmane. Timori confermati dal vicario apostolico di Brunei, mons. Cornelius Sim, che in una recente intervista all’agenzia Eglises d’Asie (Eda) ha detto che la decisione del sultano è un ulteriore passo verso la progressiva "islamizzazione" della società registrata in questi ultimi decenni. Secondo il presule, la Chiesa in Brunei deve mostrarsi "creativa" per rispondere in modo efficace a queste sfide. Mons. Sin si è detto comunque "sereno" per affrontare il difficile compito di arricchire e rafforzare la vita della Chiesa locale. Quasi il 70% dei 400mila abitanti del Brunei, uno dei più ricchi al mondo, è di religione musulmana e di etnia Malay, il 13% è buddista, mentre i cristiani - metà dei quali cattolici di cui il 70% migranti filippini, il 20% indonesiani e il rimanente indigeni - sono circa il 10% del totale. (L.Z.)

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    Centrafrica: a Bouar situazione più calma. Ancora rappresaglie contro i musulmani

    ◊   “Stiamo finalmente respirando un po’ di pace” dice all’agenzia Fides un missionario che opera a Bouar, nell’ovest della Repubblica Centrafricana. “Attualmente la situazione è abbastanza calma dopo i problemi avuto la scorsa settimana, per il passaggio dei ribelli Seleka diretti vero il Ciad. Bouar è un crocevia strategico perché qui passano le strade che portano in direzione del Camerun (ad ovest) e del Ciad (a nord)” spiega il missionario. “I Seleka in ritirata erano dunque obbligati a passare per qui, ma le milizie anti balaka li hanno attaccati. Ci sono stati diversi scontri; abbiamo vissuto giornate tesissime. Alla fine i Seleka sono riusciti a passare ed ora la situazione è un po’ più calma. Il problema ora è che Bouar è in mano alle milizie anti balaka che danno la caccia ai musulmani, molti dei quali sono in fuga. Ormai c’è un vero e proprio esodo dei musulmani centrafricani verso il Camerun”. Il missionario aggiunge che “il quadro è in realtà più complesso perché ufficialmente le milizie anti balaka più strutturate, che hanno più o meno un riconoscimento ufficiale, danno la caccia a chi è stato complice dei ribelli, ma affermano di volere proteggere i civili innocenti da vendette e atti di predazione. E in effetti organizzano pattuglie anche notturne per cercare di limitare le violenze”. “Accanto a queste si sono però creati diversi gruppi criminali dediti ai saccheggi. Insomma sotto l’etichetta “anti balaka” c’è un po’ di tutto” dice il missionario che aggiunge “sappiamo che diversi Seleka che passando per Bouar, sono giunti al confine con il Ciad sono bloccati alla frontiera dalle autorità di quel Paese, anche se tra di loro vi sono diversi ciadiani. Gli abitanti dei villaggi vicini hanno bruciato un ponte per impedire ai Seleka di tornare indietro. Speriamo che la situazione si sblocchi”. Sul piano umanitario infine il missionario riferisce che “a Bouar opera il Programma Alimentare Mondiale (Pam) che collabora con la Caritas per distribuire cibo agli sfollati". (R.P.)

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    Colombia: Plenaria dei vescovi sull’azione pastorale. Gli sforzi della Chiesa per il dialogo di pace

    ◊   All'apertura della XCVI Assemblea plenaria dei vescovi della Colombia, che ha avuto inizio ieri a Bogotà, il presidente della Conferenza episcopale, il card. Rubén Salazar Gómez, ha sottolineato l'importanza dell’azione pastorale della comunità cristiana. L'arcivescovo di Bogotà e primate della Colombia, ha ricordato che negli ultimi due incontri i vescovi hanno analizzato le prime fasi del processo di evangelizzazione: l'attività missionaria e l'azione catechetica di iniziazione. In questa Assemblea plenaria, che si protrarrà fino al 7 febbraio, informa la nota inviata all'agenzia Fides dalla segreteria della Conferenza episcopale, l'attenzione dei vescovi si concentrerà sulla terza fase: "ciò che noi oggi chiamiamo l'azione pastorale, che è destinata ad alimentare e rafforzare la vita di tutta la comunità cristiana". "Questi tre elementi sono inseparabili e continuamente si rimandano a vicenda" ha detto il cardinale, che nel suo intervento ha spiegato come l'azione pastorale derivi dalla natura stessa della Chiesa e si realizzi nei vari ambiti ecclesiali (diocesi, parrocchie, movimenti apostolici e comunità ecclesiali), attraverso le "dimensioni" profetica, liturgica, comunitaria, sociale e caritativa, che hanno il loro vertice nella testimonianza. Il cardinale Rubén Salazar, dopo l'inaugurazione della Plenaria dei vescovi, parlando agli operatori dei media, ha detto che la Chiesa cattolica auspica che finisca presto la guerra in Colombia, e che tanto il governo come le Farc devono essere concordi su alcuni principi di base perché abbiano successo i dialoghi che si svolgono a Cuba. "Per esempio la vita, l'accesso alla sanità, all'istruzione, alla casa, all'occupazione. Questi sono diritti fondamentali ed essenziali della popolazione. Cosa significa questo per un gruppo di guerriglieri che vuole firmare la pace? Significa che non dovranno impedire l'accesso delle persone a tali diritti" ha detto il cardinale a Radio Caracol. "Occorre ricordare alle Farc che ci sono dei diritti che non possono essere violati, e il governo deve avere chiaro che ha l'obbligo di promuovere tali diritti" ha ribadito il cardinale. La nota pervenuta a Fides da Radio Caracol, riferisce anche che la Chiesa cattolica ha fatto uno studio in tutte le parrocchie del Paese e ha elaborato un documento con proposte politiche e di pace che è stato inviato ai negoziatori a L'Avana. (R.P.)

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    Messico: l’arcidiocesi contro la legalizzazione della marijuana

    ◊   L’arcidiocesi di Mexico critica duramente la proposta di legalizzare la marijuana a Città del Messico e chiede invece di rafforzare soluzioni alternative di prevenzione e trattamenti efficaci di riabilitazione. Il settimanale dell’arcidiocesi, "Desde la Fe", ha inviato all'agenzia Fides il suo editoriale dell’ultimo numero in cui si esprime contro l'iniziativa promossa dall'Assemblea del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd), ritenendo che "il consumo della droga non si combatte con la droga". Il testo inviato all’agenzia Fides osserva che la marijuana è la droga più diffusa e le conseguenze sulla salute pubblica sono terribili, però, viene sottolineato, i politici del Prd ignorano che questo problema abbia alla sua origine una molteplicità di fattori. "Inoltre non considerano la realtà drammatica e dolorosa dei tossicodipendenti, che sperimentano una limitazione che minaccia le loro relazioni familiari e di lavoro e, socialmente, potrebbe incitare alla violenza e alla criminalità" si legge ancora nel testo. Alla base di questa proposta ci sarebbe l'elevato numero di consumatori in città (circa 80.000 persone) e l’eliminazione del mercato nero dove viene commercializzata. Mentre la pubblicazione cattolica ritiene che tali argomenti siano solo pretesti per non cercare soluzioni alternative concrete. (R.P.)

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    Honduras: la Chiesa esorta il governo a un disarmo generale per ridurre la violenza

    ◊   “Dobbiamo avviare in Honduras un disarmo generale e controllato perchè l’enorme quantità di armi da fuoco che circola nel Paese, rappresenta una grave minaccia per la stabilità e la pace del Paese”. Queste le parole dell’arcivescovo ausiliare di Tegucigalpa, mons. Juan Josè Pineda durante l’omelia della messa commemorativa della vigilia dei 267 anni del ritrovamento della Madonna di Suyapa, patrona del’Honduras. Ogni giorno, circa 20 persone sono assassinate con armi da fuoco nel Paese centroamericano. Una realtà che tende ad aggravarsi per l’aumento della domanda da parte di cittadini che vedono nelle armi, l’unica maniera di difendere la propria vita. “Abbiamo bisogno di cittadini non armati perché la violenza è inaccettabile e non è una risposta valida per la soluzione del problema” ha detto il prelato honduregno durante la celebrazione eucaristica alla quale hanno assistito il Presidente della repubblica, Juan Orlando Hernández, membri delle Forze Armate e numerose autorità governative. Mons. Pineda ha sottolineato l’urgenza di una normativa che impedisca la proliferazione, il traffico, il commercio e l’uso di armi da fuoco da parte di persone che non appartengono alle Forze di sicurezza. Attualmente, la legge permette il possesso di un massimo di cinque armi a persona ed un'età minima di 18 anni per l’acquisto. Mons. Pineda ha ricordato che “la pace è solo l’assenza di guerra, ma il rispetto della vita e del bene comune”, ma ha pure avvertito che “se non c’è giustizia sociale non ci sarà mai una vera pace”. Migliaia di fedeli e pellegrini sono arrivati al Santuario mariano di Suyapa, alla periferia di Tegucigalpa, per venerare la piccola statua di legno trovata da due contadini, il 3 febbraio 1747, oggi Centro di devozione per tutta la nazione. (A.T.)

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    Sud Corea. Fioriscono le vocazioni: ordinazioni di vescovi, preti e diaconi a Seul

    ◊   La fioritura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa in Corea del Sud non conosce sosta: come comunica all'agenzia Fides la segretaria dell’arcidiocesi, si tengono a Seul da domani al 7 febbraio tre ordinazioni consecutive di vescovi, sacerdoti e diaconi. Papa Francesco, ha nominato padre Timothy Yu Gyoung-chon e padre Peter Chung Soon- taek vescovi ausiliari dell'arcidiocesi. La loro ordinazione si terrà all'Olympic Gymnastics Hall del Parco Olimpico di Seoul. A ordinarli saranno il prossimo cardinale Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seul, e altri vescovi. Si prevede la partecipazione di oltre 10 mila persone. Nel territorio il “tam tam” nei giorni scorsi è stato capillare: dal 27 gennaio, parrocchie e istituti di tutta la diocesi hanno celebrato novene di preghiera per i nuovi vescovi. Seguirà l'ordinazione di 38 sacerdoti che si terrà il 7 febbraio. Fra i nuovi preti, tutti diocesani, ce n’è uno vietnamita (il diacono Vu Tan Tuan, dalla diocesi di Thai Binh ) e un membro della “Comunità internazionale della missione cattolica” di Seul, formatosi a Panama. Per questo saranno presenti mons. José Domingo Ulloa Mendieta, arcivescovo di Panama e mons. Nguyen Van De, vescovo della diocesi di Thai Binh in Vietnam. Quest’ultimo, ha scritto al cardinale designato Yeom Soo- jung: “Siamo molto grati per il vostro impegno nel dare a Vu Tan Tuan una sana e buona formazione sacerdotale”. L'ordinazione dei diaconi avrà luogo il 6 febbraio: sono 26 i nuovi diaconi dell'arcidiocesi, che si dedicheranno al servizio dei fedeli, nelle parrocchie, servendo nella liturgia e nella carità. (R.P.)

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    Sinodo sulla famiglia: primi risultati della consultazione degli episcopali di Svizzera e Germania

    ◊   La netta maggioranza dei cattolici svizzeri riconosce l’importanza del matrimonio religioso e dell’educazione religiosa dei figli, mentre ha riserve sugli insegnamenti della Chiesa su famiglia, matrimonio e sessualità. Questi, in estrema sintesi, i primi risultati emersi dalla consultazione commissionata dalla Conferenza episcopale svizzera (Ces) all’Istituto di sociologia pastorale di San Gallo in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia indetto da Papa Francesco il prossimo ottobre. I dati sono stati resi noti oggi. Circa 25mila le risposte ricevute finora, l’87% dai cantoni germanofoni, il 9% da quelli francofoni e un migliaio dalla Svizzera italiana. Si tratta di laici impegnati nella vita ecclesiale e informati sulla dottrina della Chiesa. Da rilevare inoltre che la ricerca non ha riscontrato sostanziali differenze nelle risposte dei diversi gruppi di appartenenza generazionale, linguistica e sessuale. Lo spoglio dei risultati non è ancora stato completato, ma già ora comincia a delinearsi un quadro molto chiaro. Il matrimonio religioso è considerato importante dall’80% dei partecipanti al sondaggio, mentre la quasi totalità ritiene fondamentale l’educazione religiosa in famiglia. In contrasto con queste risposte, quelle relative al Magistero cattolico su matrimonio, famiglia e sessualità. Molto diffusa in particolare l’incomprensione per l’esclusione dei cattolici divorziati dai Sacramenti, ritenuta discriminatoria e in contrasto con la carità cristiana. Forti riserve anche verso gli insegnamenti della Chiesa sul controllo naturale della nascite, praticato da appena il 3% dei fedeli, e più in generale sulla sua visione della sessualità umana, come anche su diversi aspetti della dottrina sulla famiglia, in particolare riguardo alle convivenze prima del matrimonio. Da notare, per altro verso, una certa polarizzazione sul riconoscimento da parte della Chiesa delle unioni omosessuali: il 60% degli intervistati auspica una qualche forma di riconoscimento, come una benedizione (non il matrimonio), mentre il 40% si dice fermamente contrario. Analoghi i risultati della consultazione condotta in Germania resi noti ieri dalla Conferenza episcopale (Dbk). Se per un verso, molti cattolici tedeschi si riconoscono nell’ideale della Chiesa di una famiglia stabile e unita, per l’altro, il rapporto rileva che “le posizioni della Chiesa sui rapporti prematrimoniali, l’omosessualità, i divorziati rispostati, il controllo delle nascite è rifiutata dalla netta maggioranza”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Regno Unito: l'8 febbraio Giornata di preghiera per le vittime della tratta

    ◊   Un invito a pregare e ad impegnarsi personalmente contro la tratta umana: a lanciarlo è mons. Pat Lynch, presidente dell’Ufficio per le politiche migratorie della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles in occasione della Giornata di preghiera per i sopravvissuti e le vittime del traffico di esseri umani, che la Chiesa del Regno Unito celebrerà l’8 febbraio. La Giornata è stata indetta per la prima volta l’anno scorso per la Festa di Santa Giuseppina Bakhita, patrona del Sudan ed ex schiava, canonizzata nel 2000 da Giovanni Paolo II per sensibilizzare i fedeli su questo dramma che coinvolge milioni di persone nel mondo. L’obiettivo della Chiesa inglese e gallese – spiega mons. Lynch in una lettera indirizzata alle parrocchie – è di fare dell’8 febbraio un appuntamento fisso per tutti i cattolici nel mondo. A questa seconda edizione ha già dato la sua adesione la Chiesa negli Stati Uniti che in queste settimane ha lanciato diverse iniziative di sensibilizzazione sul tema delle nuove forme di schiavitù, in particolare durante la Settimana nazionale delle migrazioni celebrata dal 5 all’11 gennaio. Nel 2013 la Conferenza episcopale, da anni impegnata sul tema dell’immigrazione, ha lanciato l’”Amistad Movement”, un movimento per prevenire e potenziare la lotta contro lo sfruttamento e il traffico di esseri umani, strettamente connesso con il fenomeno migratorio.(A cura di Lisa Zengarini)

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    Spagna: Manos Unidas lancia la Campagna annuale 'Un nuovo mondo, un progetto di tutti'

    ◊   Ispirata all'8° punto degli Obbiettivi di Sviluppo del Millennio, sulla necessità di promuovere una alleanza mondiale per lo sviluppo, la Campagna annuale della associazione Manos Unidas, verrà lanciata oggi, con il motto: "Un mondo nuovo, un progetto comune". L’Ong cattolica spagnola che porta avanti più di 800 progetti di sviluppo in tutto il mondo, vuole sottolineare con questa nuova Campagna “l’urgenza di una fraternità universale, cioè, che i Paesi ricchi si uniscano ai più svantaggiati nella lotta contro la povertà, ma partendo anche dall’impegno individuale per raggiungere un cambiamento globale”. Insieme al lancio della Campagna, Manos Unidas annuncia che venerdì prossimo, si svolgerà la Giornata di digiuno volontario 2014, che come ogni anno, nella seconda settimana di febbraio, vuole sensibilizzare i credenti alla lotta contro la fame e la povertà che colpisce nel mondo circa 850 milioni di persone, ovvero il 12% della popolazione mondiale. Inoltre, ci sarà la colletta della Giornata nazionale di Manos Unidas che sarà gestita dalle 70 delegazioni dell'Ong, in tutte le parrocchie spagnole. Due appuntamenti che saranno presentati insieme al lancio della Campagna, dalla presidente dell’associazione, Soledad Suarez; il coordinatore per il Sudamerica, Oscar Bazoberry e la missionaria carmelitana, Covadonga Orejas, direttrice dei Centri africani per il reinserimento dei bambini vittime del traffico di bambini in Togo e Gabon. (A cura di Alina Tufani)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 35

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.