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Sommario del 03/02/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: un uomo di governo non strumentalizza Dio e il suo popolo
  • Il Papa riceve il capo di Stato di Samoa: temi ambientali in primo piano
  • Altre udienze e nomina di amministratore apostolico in India
  • Tweet del Papa: importante avere amici di cui potersi fidare, ma essenziale avere fiducia nel Signore
  • Biblioteca Vaticana studia le "Carte Marega" sulle persecuzioni cristiane in Giappone tra il '600 e l'800
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Costa d'Avorio in crescita. Un religioso: con il lavoro arriverà la vera riconciliazione
  • Violenza nello Yemen: duplice attentato a Sana'a, rapiti due cittadini europei
  • Primo Rapporto Ue sulla corruzione: costa al continente 120 miliardi di euro l’anno
  • Piano Onu per il Sahel: servono 2 miliardi di dollari per aiutare 20 milioni di persone
  • Ue, al voto il rapporto Lunacek per i diritti Lgbt. La protesta corre online
  • Istat: cala il reddito delle famiglie, soprattutto nelle regioni del Nord
  • Malattie rare. I bimbi dalle “ossa di vetro” chiedono aiuto: una Moc al Policlinico Umberto I
  • 50 anni del Sermig. Olivero: abbiamo visto Dio all'opera nella nostra storia
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: ancora bombe del regime su Aleppo. Interventi immediati dell'Onu
  • Iraq: autobombe e violenze sommarie a Baghdad
  • Brasile: nel 50.mo del Concilio, corso dei vescovi su impegno missionario e ministero episcopale
  • Turchia: conclusa la visita a Bartolomeo I del card. Scola
  • Cortile dei Gentili a Budapest su moralità, economia e società
  • Centrafrica: vendette incrociate. Ex ribelli fuggono al nord
  • Congo. L'Onu: in Katanga “catastrofe umanitaria”
  • Egitto. Assiut: operazione di polizia contro i rapimenti di copti
  • Libano. Il card. Rai: gli attentati colpa delle divisioni fra i politici libanesi
  • India: in Andhra Pradesh in aumento le violenze dei radicali indù contro i cristiani
  • Guatemala: la Chiesa chiede l'impegno di tutti per la pace e per la giustizia sociale
  • Australia: conferenza dell'Ufficio di Ricerca pastorale sullo stato di salute della Chiesa
  • Dedicata alle donne la Giornata Mondiale della Radio del 13 febbraio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: un uomo di governo non strumentalizza Dio e il suo popolo

    ◊   Non usare Dio e il popolo per difendersi nei momenti di difficoltà. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Commentando l’atteggiamento del re Davide nei confronti del tradimento del figlio Assalonne, il Papa ha esortato a scegliere sempre la via dell’affidamento a Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Il re Davide fugge perché suo figlio Assalonne lo ha tradito. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sulla Prima lettura, tratta dal Secondo Libro di Samuele, che narra di questo “grande tradimento” e delle sue conseguenze. Davide è triste perché “anche il popolo” era col figlio contro il re. E sente “come se questo figlio fosse morto”. Ma qual è, dunque, la reazione di Davide “davanti a questo tradimento del figlio?”. Il Pontefice indica tre atteggiamenti. Innanzitutto, Davide, “uomo di governo, prende la realtà come è e sa che questa guerra sarà molto” dura e “che ci saranno tanti morti”. Quindi, “fa la scelta di non far morire il suo popolo”. Lui, ha osservato il Papa, “poteva lottare in Gerusalemme contro le forze di suo figlio”, ma sceglie che Gerusalemme non sia distrutta:

    “Davide, questo è il primo atteggiamento, per difendersi non usa né Dio né il suo popolo, e questo significa l’amore di un re per il suo Dio e il suo popolo. Un re peccatore - conosciamo la storia – ma un re anche con questo amore tanto grande: era tanto attaccato al suo Dio e tanto attaccato al suo popolo e non usa per difendersi né Dio né il suo popolo. Nei momenti brutti della vita accade che forse nella disperazione uno cerchi di difendersi come può e anche di usare Dio e di usare la gente. Lui no, il primo atteggiamento è quello: non usare Dio e il suo popolo”.

    Davide sceglie dunque di fuggire. Il suo secondo atteggiamento è “penitenziale”. Sale la montagna “piangendo”, camminando “col capo coperto e a piedi scalzi”. E tutta la “gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva”. E’ davvero “un cammino penitenziale”. “Forse – è stata la riflessione del Papa – nel suo cuore aveva pensato tante cose brutte, tanti peccati, che aveva fatto”, pensa di non essere “innocente”. Pensa anche che non sia giusto che il figlio lo tradisca, ma riconosce di non essere un santo e “sceglie la penitenza”:

    “Questa salita al monte ci fa pensare a quell’altra salita di Gesù, anche Lui addolorato, a piedi scalzi, con la sua croce saliva il monte. Questo atteggiamento penitenziale. Davide accetta di essere in lutto e piange. Noi, quando accade una cosa del genere nella nostra vita sempre cerchiamo – è un istinto che abbiamo – di giustificarci. Davide non si giustifica, è realista, cerca di salvare l’arca di Dio, il suo popolo, e fa penitenza per quella strada. E’ un grande: un grande peccatore e un grande santo. Come vanno insieme queste due cose… Dio lo sa!”.

    E nel cammino, ha soggiunto il Papa, appare un altro personaggio: Simei, che getta sassi contro Davide e contro tutti i suoi servi. E’ un “nemico” che va maledicendo Davide. Uno degli amici del re afferma, quindi, di voler uccidere questo “disgraziato”, questo “cane morto”. Ma Davide lo ferma: “invece di scegliere la vendetta contro tanti insulti, sceglie di affidarsi a Dio”. Anzi, dice di lasciare che Simei lo maledica perché “glielo ha ordinato il Signore”. E aggiunge: “Lui sa sempre quello che accade, il Signore lo permette”. "Forse - pensa ancora Davide - il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione d'oggi". Il terzo atteggiamento di Davide è dunque l’affidamento al Signore. Il comportamento di Davide, ha così rilevato il Papa, può aiutare anche noi, “perché tutti noi passiamo nella vita” per momenti di buio e di prova. Ecco allora i tre atteggiamenti di Davide: “Non negoziare Dio” e “la nostra appartenenza”; “accettare la penitenza e piangere sui nostri sbagli”; infine “non cercare, noi, di fare giustizia con le nostre mani, ma affidarci a Dio”:

    “E’ bello sentire questo e vedere questi tre atteggiamenti: un uomo che ama Dio, ama il suo popolo e non lo negozia; un uomo che si sa peccatore e fa penitenza; un uomo che è sicuro del suo Dio e si affida a Lui. Davide è santo e noi lo veneriamo come santo. Chiediamo a lui che ci insegni questi atteggiamenti nei momenti brutti della vita”.

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    Il Papa riceve il capo di Stato di Samoa: temi ambientali in primo piano

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto, oggi, il capo di Stato di Samoa, Tui Atua Tupua Tamasese Efi. Nel corso del colloquio, informa una nota della Sala Stampa, “ci si è soffermati su alcuni aspetti della vita sociale ed economica del Paese, nonché sull’apprezzato contributo della Chiesa cattolica in vari settori della società samoana e, in particolare, nell’ambito della promozione umana”. Nel colloquio, anche “uno scambio di opinioni sulla situazione internazionale, con particolare riferimento alla cooperazione regionale e ai temi ambientali che interessano diversi Paesi del Pacifico”.

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    Altre udienze e nomina di amministratore apostolico in India

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata un gruppo di presuli della Conferenza episcopale di Polonia, in visita ad Limina.

    In India, il Papa ha nominato amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della diocesi di Jowai mons. Thomas Menamparampil, della Congregazione salesiana, arcivescovo emerito di Guwahati.

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    Tweet del Papa: importante avere amici di cui potersi fidare, ma essenziale avere fiducia nel Signore

    ◊   Il Papa ha lanciato oggi questo nuovo tweet: “È importante avere amici di cui potersi fidare. Ma è essenziale avere fiducia nel Signore, che non ci delude mai”. L'account @Pontifex in nove lingue conta quasi 11 milioni e 600 mila follower, così distribuiti: 4.666.700 (spagnolo), 3.614.100 (inglese), 1.472.800 (italiano), 937.800 (portoghese), 237.360 (francese), 207.000 (latino), 170.730 (tedesco), 182.120 (polacco), 109.430 (arabo).

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    Biblioteca Vaticana studia le "Carte Marega" sulle persecuzioni cristiane in Giappone tra il '600 e l'800

    ◊   La Biblioteca Apostolica Vaticana ha annunciato la nascita di una collaborazione con le istituzioni giapponesi, collegate al National Institute for Humanities, per inventariare, conservare, digitalizzare, studiare e catalogare i circa 10 mila documenti del fondo "Carte Marega", che riguardano le persecuzioni subite dai cristiani giapponesi tra il XVII e il XIX secolo. Il fondo "Carte Marega" della Vaticana prende il nome dal salesiano don Mario Marega che fu missionario in Giappone nel secolo scorso e raccolse i documenti nei decenni Trenta e Quaranta. Sulla genesi di questa collaborazione tra istituzioni vaticane e giapponesi, sentiamo il prefetto della Biblioteca Vaticana, mons. Cesare Pasini, al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – E’ nata, questa collaborazione, perché appena abbiamo rimesso l’attenzione su queste carte che avevamo e che meritavano di essere meglio inventariate, conosciute, studiate. Abbiamo preso qualche contatto con il Giappone e ci siamo accorti quanto, in quelle istituzioni, ci fosse interesse per queste carte: se ne capisce l’importanza storica che avevano. E da qui è nato quel circolo virtuoso che spesso si crea fra istituzioni culturali: la Biblioteca Vaticana da una parte e quelle giapponesi dall’altra. Cioè, quel desiderio di costruire insieme un qualcosa che poi dia un frutto più chiaro: conoscere meglio quelle carte, conoscere la storia che sta alle spalle. L’abbiamo fatto per davvero, costruendo tappa per tappa un progetto che oggi lanciamo e rendiamo pubblico.

    D. – Frutto della collaborazione sarà anche il finanziamento della digitalizzazione di questi documenti?

    R. – Questo progetto comporta la digitalizzazione, ma non soltanto questo. Sono, infatti, documenti così particolari che richiedono di essere ben organizzati, ben conservati e soprattutto inventariati. E quindi, nell’estrarli dalle sacche originarie che ancora li contengono, quelle che stavano negli uffici pubblici del Giappone – l’isola meridionale del Giappone, dove erano conservate – dobbiamo ben organizzarli. E quindi, sia la digitalizzazione sia lo studio, l’inventariazione procedono di pari passo.

    D. – Queste “Carte Marega” che tipo di documenti raccolgono?

    R. – Sono documenti civili, governativi, quindi non vengono da fonte cristiana ma vengono da fonte pubblica, e da fonte pubblica che doveva controllare la popolazione. Perché dalla fine del Cinquecento, ma soprattutto dal 1612, furono emanati dall’autorità – lo Shogun che prese il potere in Giappone al posto dell’imperatore – dei decreti in cui venivano banditi i cristiani. E allora bisognava rintracciarli e in qualche modo costringerli ad abiurare. I documenti contengono tutta una serie di elementi riguardanti la eventuale abiura, oppure riguardanti la consistenza delle famiglie. Ci sono quindi perfino i documenti di morte di queste persone, ma ci sono anche i documenti concreti da cui risulta come si cercasse di far recedere i cristiani dalla loro fede con quel famoso procedimento – che ci fa un po’ raccapriccio, anche solo a raccontarlo – secondo il quale per dimostrare di non essere più cristiani le persone dovevano calpestare immagini sacre o lo stesso Crocifisso. Tutto questo è documentato.

    D. – Possiamo dire che le istituzioni giapponesi, collaborando con voi, stanno promuovendo la conoscenza di testi che raccontano come lo stesso Giappone, secoli fa, perseguitasse i cristiani. Possiamo dire che questo fa onore, dal punto di vista culturale, alle istituzioni giapponesi?

    R. – Fa certamente onore e, se posso dirlo in questa maniera, noi della Biblioteca siamo grati ma anche non sorpresi, perché siamo abituati ad accorgerci che la cultura apre le strade, permette di capirsi, perché conoscere la verità, e la verità storica, è una via buona. E trovarsi tra persone che vogliono meglio capire il loro passato per meglio collaborare nel presente, arricchisce gli uni gli altri. Lo facciamo volentieri e siamo veramente contenti che i giapponesi – fra l’altro, con tutta la loro competenza, cultura, ordine, cortesia – si siano presi a cuore il lavoro su queste Carte.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Se non ci fossero le suore: Papa Francesco celebra la giornata dei consacrati.

    Un articolo di Giovanni Preziosi dal titolo "Non li salvò neanche la tessera dell'Osservatore": nella notte fra il 3 e il 4 febbraio 1944 l'irruzione fascista nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.

    Jean-Michel Roessli e Francisco Berrizbeitia ricordano - a dieci anni dalla morte - il gesuita spagnolo Antonio Orbe, che ha studiato e ricostruito come nessuno la teologia cristiana prima del concilio di Nicea.

    In attesa della quarta ondata: sulla resistenza dei cristiani di Okinawa intervista, da Tokyo, di Cristian Martini Grimaldi al vescovo Berard Toshio Oshikawa.

    Dario E. Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, sulle distanze al tempo di Facebook, dieci anni fa lanciato come un annuario digitale.

    A volte basta uno sguardo: Silvia Guidi recensisce il libro di Andrea Dall'Asta "Dio storia dell'uomo. Dalla Parola all'immagine".

    Il grido dell'abbé Pierre per la Francia di oggi: sessant'anni fa l'appello in favore dei senzatetto.

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    Oggi in Primo Piano



    Costa d'Avorio in crescita. Un religioso: con il lavoro arriverà la vera riconciliazione

    ◊   Una crescita del 9,8% nel 2012, dell’8,7% nel 2013 e tra l’8 e il 10% prevista nel 2014. Sono i dati economici relativi alla Costa d’Avorio, il Paese africano sconvolto da sanguinose violenze tra il dicembre 2010 e l’aprile 2011, con un bilancio di oltre tremila morti. A causare la crisi post-elettorale fu allora il rifiuto dell’ex presidente, Laurent Gbagbo, di riconoscere la vittoria del rivale, Alassane Ouattara, alle presidenziali del novembre 2010. Attualmente, Gbagbo è imprigionato all’Aja, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. Alla base della crescita economica in corso, lo straordinario potenziale agricolo del Paese, primo produttore mondiale di cacao. Ma non mancano i problemi ancora da risolvere, in vista pure delle presidenziali del 2015. Ce ne parla don Flavio Zanetti, parroco di San Giovanni Evangelista a Morofé, quartiere settentrionale di Yamoussoukro, intervistato da Giada Aquilino:

    R. – Effettivamente, si può constatare che di soldi ne girano: le compagnie aeree offrono più voli settimanali, ci sono molti investitori esteri che vanno e vengono e fanno progetti. Ci sono molte cose da fare. Nell’ambito dell’edilizia, ci sono difficoltà anche per trovare un bulldozer usato, c’è bisogno di camion, di materiale e di gente che sappia fare bene il proprio lavoro. Nel campo dell’agricoltura, c’è bisogno di personale che si occupi delle piantagioni di hevea per produrre la gomma. Il Paese rimane poi il primo produttore mondiale di cacao e si coltiva anche il caffè. Il governo ha pure annunciato l’apertura di fabbriche e l’aumento dei salari degli statali bloccati da tempo. Ci sono molte cose che si possono fare, favorite dal basso costo della manodopera. Per adesso, i soldi girano in certi ambienti ma la maggior parte della popolazione non ne vede ancora i benefici. I prezzi dei generi alimentari aumentano, ma la gente al momento "tira la cinghia".

    D. – Oggi, come vive la maggior parte della popolazione?

    R. - La maggior parte della popolazione ha difficoltà a nutrirsi correttamente e a curarsi correttamente. Questo è ancora un problema per quelli che vivono nelle periferie urbane, ma anche per chi vive nelle campagne. Quando si va in un ospedale pubblico, bisogna pagare la visita e le medicine che ti danno non sono gratuite ma a pagamento. Quindi, anche se si stanno facendo sforzi enormi per ricostruire le strutture sanitarie, non tutti possono accedervi perché mancano i mezzi economici. Ogni giorno si vive di espedienti, di lavori precari per riuscire a mangiare qualche cosa o per pagare solo l’affitto di una baracca.

    D. – Cosa rimane oggi delle sanguinose violenze che ci sono state tra il dicembre 2010 e l’aprile del 2011?

    R. – La crisi c’è stata non solo tra il 2010 ed il 2011, ma dal 2002 in poi. Tanti vogliono provare a dimenticare, però quando ad esempio si perde la casa il fatto non si supera facilmente: si cerca un risarcimento oppure c'è chi vuole vendicarsi. Non è detto che tutto si risolva immediatamente. Lo stesso avviene per chi ha perso un congiunto. Ci sono tante persone che sono sparite e non si sa più dove siano. Tutto ciò alimenta l’odio, lo spirito di vendetta sui presunti colpevoli. C’è una Commissione di dialogo-verità-riconciliazione che cerca di far parlare gli uni con gli altri, cerca di far dialogare sulla base di una verità. Se effettivamente ci sarà un rilancio economico e le persone inizieranno a vedere che lavorando hanno un ritorno economico, le condizioni di vita miglioreranno e forse riusciranno a superare questa fase, riconquistando una vita normale.

    D. – Qual è la speranza da parroco di Morofé per il futuro?

    R. – La speranza è che ci sia lavoro per la maggior parte delle persone. Personalmente, spero anche che il Vangelo possa lavorare nel cuore degli uomini, per far riscoprire una vita più fraterna. Queste sono le mie speranze da parroco.

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    Violenza nello Yemen: duplice attentato a Sana'a, rapiti due cittadini europei

    ◊   Violenza nello Yemen: un colpo di mortaio è stato lanciato verso l'ambasciata francese a Sana'a, senza colpirla, mentre a poche centinaia di metri è esplosa un'autobomba nel quartiere diplomatico di Hadda. Lo rendono noto fonti della polizia, secondo le quali gli attentati non avrebbero provocato vittime. Si moltiplicano, poi, i rapimenti di stranieri: nelle ultime ore sono stati sequestrati un cittadino britannico ed uno tedesco. Lo Yemen, insomma, si conferma un Paese tutt’altro che stabilizzato. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Farian Sabahi, docente al corso “Middle East” all’Università Bocconi di Milano:

    R. – A Sana'a la situazione sembra paradossalmente tranquilla. Si sono sentiti sì degli spari. Si sa del rapimento del cittadino tedesco, ma non di quello britannico. A rischio ora c’è quello che era percepito come un successo dello Yemen, cioè la Conferenza del dialogo nazionale, che ha visto seduti allo stesso tavolo 500 delegati delle varie fazioni dell’opposizione e anche dei ribelli, ma non Al Qaeda, che approfitta delle divisioni per guadagnare terreno e soprattutto fa attentati proprio per destabilizzare la situazione. La Conferenza per il dialogo nazionale ha permesso di evitare in Yemen la guerra civile, cosa che non è possibile invece in Siria per una serie di motivi. Innanzitutto, in Yemen, nessuna grande potenza ha interessi strategici con il clan dell’ex presidente Saleh, cosa che non vale per la Siria, dove la Russia per esempio ha interessi economici, strategici con la famiglia Assad. Il secondo motivo è che in Yemen, di fatto, tutti temono Al Qaeda, e il terzo motivo è che l’ex presidente Saleh non ha usato le forze armate contro i civili, come ha fatto invece in Siria il presidente Assad.

    D. – Comunque lo Yemen continua ad essere un Paese strategico sul fronte geopolitico, nonostante la comunità internazionale sembri non occuparsene, almeno non quanto dovrebbe...

    R. – In realtà, lo Yemen è un Paese strategico, perché da Bab Al-Yemen, dalle porte dello Yemen, passano il petrolio, i barili che vengono in Europa attraverso il Canale di Suez, e dallo Yemen transitano anche tanti rifugiati che giungono dal Corno d’Africa. Tawakkul Karman, premio Nobel per la pace 2011, ha tenuto tante conferenze in giro per il mondo, chiedendo di prendere posizione, in particolare contro l’ex presidente Saleh, che è accusato di sabotare la Conferenza del dialogo nazionale. E proprio recentemente l’ambasciatore britannico a Sana'a ha avanzato l’ipotesi di imporre sanzioni contro l’ex presidente Saleh e contro il suo clan, sanzioni che dovrebbero essere motivate dai suoi tentativi appunto di mandare a monte la transizione.

    D. – L’enorme frammentazione impone una ridefinizione territoriale delle province yemenite, che formeranno il nuovo Stato federale. Da cosa si dovrà partire?

    R. – Il punto di partenza fondamentale è che il nuovo Yemen sarà uno Stato federale. Resta da vedere come saranno distribuite le risorse e non solo una definizione delle province. Bisognerà fare grande attenzione al Sud, perché dopo l’unificazione avvenuta nel 1990, il Sud si è sentito di fatto colonizzato dal Nord più tradizionalista. Il Sud è sul piede di guerra, dopo che a dicembre un leader e le sue guardie del corpo sono state uccise. Quindi, particolare attenzione al Sud. Il fatto che Hadi Mansur, che è il successore dell’ex presidente Saleh - era anche il suo vice - venga dal Sud, non è sufficiente.

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    Primo Rapporto Ue sulla corruzione: costa al continente 120 miliardi di euro l’anno

    ◊   E’ stato presentato oggi a Bruxelles il primo Rapporto della Commissione Europea sulla corruzione, un problema dal quale non è immune nessuno dei 28 Paesi membri. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

    Una piaga che costa all’Unione circa 120 miliardi di euro all’anno, ovvero quanto un bilancio comunitario. Nel continente, non ci sono aree non affette da questa grave emergenza che mina i conti di ogni amministrazione statale. Questo ha riferito oggi, non senza preoccupazione, il commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, presentando il documento. Esistono tentativi di porre un freno a questo problema – ha detto il commissario – ma i risultati raggiunti sono insufficienti e questo vale per tutti gli Stati membri. E’ l’analisi di una situazione che ha ricadute negative in altri settori della vita comunitaria. La corruzione – ha detto ancora la Malmstrom – erode la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e nello Stato di diritto, dei consumatori, degli investitori e rappresenta un aggravio consistente per i contribuenti. Inoltre, in questa fase di crisi essa è un grave ostacolo alla ripresa. Dunque, una lotta seria a questa pratica, esistente a ogni livello istituzionale, politico ed economico, può essere uno strumento per uscire dall’attuale impasse economica.

    Il Rapporto, realizzato dopo un’indagine portata avanti da Eurobarometro, prende in esame, tra le altre, anche la realtà italiana. Il 97% dei cittadini della Penisola – a fronte del dato europeo pari al 76% – è convito che il fenomeno è altamente diffuso. E non a torto, dato che secondo il rapporto la corruzione ammonta a 60 miliardi l’anno, la metà di tutta l’unione, pari al 4% del Pil nazionale.

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    Piano Onu per il Sahel: servono 2 miliardi di dollari per aiutare 20 milioni di persone

    ◊   Un nuovo Piano dell’Onu per affrontare la crisi umanitaria nella regione africana del Sahel è stato lanciato, stamani a Roma, nella sede della Fao. Nove i Paesi interessati dall’emergenza: Burkina Faso, Camerun, Ciad, Gambia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria e Senegal. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Una grande alleanza di solidarietà tra Nazioni Unte, Unione Europea e organismi non governativi: 117 gli enti coinvolti in una corsa contro il tempo, oltre 2 milioni e mezzo le persone affamate a rischio della vita. Vichi De Marchi, portavoce in Italia del Programma Alimentare Mondiale (Pam):

    R. - Sono anni che il Sahel conosce una grave crisi che ancora non è stata superata. L’appello di oggi delle agenzie Onu parla di 20 milioni di persone che ancora sono a rischio di sicurezza alimentare. Moltissimi sono i bambini - 5 milioni - che soffrono di forme di malnutrizione più o meno gravi. É una vera emergenza! E l’appello per il 2014 -2016 sollecita donazioni, fondi, per circa due miliardi di dollari. Quindi, un impegno ancora molto importante. Alcuni Paesi del Sahel sono più a rischio di altri. Si tratta soprattutto di quelli che hanno conosciuto oltre al problema della siccità, della malnutrizione, della scarsità di cibo anche guerre e movimenti di rifugiati o sfollati. Pensiamo al Mali, al Ciad, dove si stanno riversando 40 mila rifugiati provenienti dalla Repubblica centrafricana.

    D. - La regione del Sahel è ciclicamente in emergenza. Ci sono delle strategie particolari che verranno messe in atto con questi fondi?

    R. - Questo appello di oggi serve a sottolineare quanto sia importante in questa regione mettere insieme interventi di emergenza e interventi per lo sviluppo e per la ripresa, nel senso che le crisi sono ricorrenti e ci sono delle gravissime condizioni di insicurezza alimentare che sono strutturali. Pensiamo al fatto che alcuni sono Paesi che hanno un bassissimo indice di sviluppo e dipendono dai mercati internazionali esteri per il cibo. Quindi, unire gli interventi di emergenza e quelli di sviluppo è sicuramente fondamentale. Da una ricerca recente, fatta in Niger, si è visto che interventi preventivi o molto veloci consentono di risparmiare 75 milioni di dollari l’anno solo per aver anticipato, in qualche modo, la risposta e non essere intervenuti a crisi in corso. Nel piano di oggi, ci sono cinque priorità umanitarie che sono state evidenziate: una è la sicurezza alimentare di cui abbiamo parlato, l’altra è la malnutrizione dei bambini. Poi, c’è il tema delle guerre e dei conflitti e dei movimenti di popolazione e poi, sempre legato alla povertà e ai bassi livelli di alimentazione, anche il rischio di epidemie e quindi di problemi legati alla salute. A questo si aggiunge sicuramente anche il grande tema dei cambiamenti climatici e dei disastri naturali, che colpisce in modo particolare questa zona.

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    Ue, al voto il rapporto Lunacek per i diritti Lgbt. La protesta corre online

    ◊   “Un voto che mette in discussione la credibilità del Parlamento Europeo”. Così Luca Volontè, già presidente del Partito Popolare Europeo, alla vigilia del voto a Bruxelles, senza dibattito in aula, sulla relazione Lunacek per la promozione dell’agenda gay-Lgbt nelle politiche Ue. Contro il testo, che ricalca il rapporto Estrela già bocciato dall’Europarlamento, sono state già raccolte sul sito citizengo.org quasi 190mila firme. Quale il contenuto della relazione? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Luca Volontè:

    R. – E’ una road-map, a livello europeo, per proteggere i cosiddetti diritti delle persone omosessuali. Si invitano i Paesi membri ad adottare un vero e proprio matrimonio tra persone dello stesso sesso, a dare libero accesso all’adozione e alla fecondazione in vitro e alla maternità surrogata per queste coppie, ad introdurre norme che possano azzerare ogni tipo di critica nei confronti non dell’omosessualità, ma della ostentazione di essa attraverso la ideologia Lgtb, da parte di tutti coloro che pensano che il dato sessuale maschio-femmina, la complementarietà maschio-femmina sia l’unica – sinora – base certa sulla quale si è evoluta la civiltà.

    D. – Qualora la relazione Lunacek venisse votata, e quindi passasse, che effetti ci sarebbero?

    R. – Di fatto, come tutte le risoluzioni avrebbe l’effetto di raccomandazione: certamente, ogni Paese sarà libero di adottare questa risoluzione. Tuttavia rimane un grande sconcerto per l’uso del prezioso tempo del Parlamento europeo su queste materie.

    D. – Il rapporto Lunacek mira anche a dare direttive in ambito di istruzione, quindi di educazione scolastica, in ambito medico-sanitario, nell’ambito dell’informazione, di mass media …

    R. – Certo: il rapporto conformerebbe quei primi tentativi, seppur molto gravi, che anche in Italia si stanno introducendo attraverso leggi-bavaglio nei confronti dell'informazione, primi tentativi di introdurre la decostruzione psicologica dei bambini attraverso l’ideologia del gender nelle scuole … E ovviamente, tutti coloro che nel nostro Paese, come in altri Paesi, hanno tentato di introdurre queste normative, avranno un elemento in più su cui fondare le proprie convinzioni e cercare di promuovere i propri privilegi.

    D. – Ma c’è effettivamente bisogno di catalogare diritti specifici per una singola categoria di persone, quale può essere quella Lgbt, piuttosto che focalizzare l’attenzione sui diritti umani, in senso più generale?

    R. – Non ce n’è nessuna necessità. Tutte le indagini dimostrano casi veramente numericamente poco rilevanti di violenze o discriminazioni nei confronti degli omosessuali: forse al massimo qualche decina all’anno, e nella maggior parte dei casi si usa violenza non per il fatto che la persona a cui si sia usata violenza sia omosessuale, ma per altre ragioni.

    D. – Si ha proprio l’impressione che quanto sta avvenendo non risponda al sentire comune della gente, ma sia qualcosa che venga quasi imposto dall’alto …

    R. – Sì, esatto: è proprio un’imposizione da parte di una lobby Lgtb fortemente finanziata – purtroppo – da alcuni governi e purtroppo anche, talvolta, attraverso alcuni progetti dalla Commissione europea, che con la scusa di voler vedere attuati i diritti umani per tutti, di fatto impongono i diritti umani privilegiati per il proprio uso e consumo e discriminano invece gli altri cittadini.

    D. – Il voto sulla relazione Lunacek al Parlamento Europeo probabilmente non sarà preceduto da alcun dibattito: è così?

    R. – Sì: avendo poche ragioni da dibattere nel Parlamento, coloro che promuovono questi diritti non hanno nessuna intenzione di aprire un dialogo con chiunque la pensi in maniera diversa. Devo dire che sono perplesso – come penso lo siano moltissimi cittadini europei – dal fatto che, dopo che il Parlamento europeo aveva bocciato qualche mese fa un rapporto-fotocopia di questo – il rapporto Estrela –sullo stesso argomento, riapra la possibilità di voto su un rapporto – come dicevo prima – assolutamente identico.

    D. – Alla vigilia del voto, come si profila l’esito?

    R. – Penso che tutti i parlamentari europei che hanno respinto il rapporto Estrela non possano fare altro che votare anche contro questo rapporto Lunacek. Confido nel recupero del buon senso anche da parte dei presentatori di questo rapporto Lunacek: spero si rendano conto che questo voto non dà nessuna credibilità al Parlamento europeo, piuttosto, continua ad aumentare il discredito che queste istituzioni già hanno nei confronti dei cittadini.

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    Istat: cala il reddito delle famiglie, soprattutto nelle regioni del Nord

    ◊   Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto al 2011, in tutte le regioni italiane. E’ quanto emerge dai dati diffusi dell’Istat in base ai quali il Mezzogiorno segna la flessione più contenuta (-1,6%). Nel Nord Est il calo è dell’1,8%. Nel Nord Ovest e nel Centro del 2%. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dell’1,9% rispetto all’anno precedente. Le più colpite sono le regioni settentrionali, soprattutto Liguria e Valle D’Aosta (-2,8%) che hanno subito maggiormente gli effetti della crisi economica. L’economista Giacomo Vaciago:

    “Il problema è che questo trend probabilmente non è ancora terminato. Il dato è del 2012. Nel 2013 la situazione non è molto migliorata e, attenzione, anche la ripresa del 2014 non riguarda tutti. Riguarda, probabilmente, quelli che già andavano bene. L’enorme ‘pulizia’, infatti, che hanno fatto la crisi e la recessione poi, hanno fatto sì che tanti oggi si trovino senza lavoro, senza possibilità di trovarlo facilmente. Questo si riflette, quindi, sul reddito delle famiglie sopravvissute negli anni scorsi, usando le risorse passate, cioè il risparmio e in parte il patrimonio”.

    La graduatoria del reddito disponibile, per abitante, vede al primo posto la provincia di Bolzano con circa 22.400 euro e nell’ultima posizione la Campania con meno di 12.300 euro. Il valore medio è di 17.600 euro. In particolare, il reddito monetario disponibile per abitante è pari a circa 20.300 euro nelle regioni del Nord Est e nel Nord Ovest. Nel Centro è di 18.700 euro e nel Mezzogiorno di 13.200 euro. I divari tra le regioni restano dunque rilevanti. Ancora l’economista Giacomo Vaciago:

    “E’ vero che nei Paesi sottosviluppati i divari aumentano, quando iniziano a crescere, ma è vero anche quando un Paese va indietro. I divari non sono uguali per tutti e quindi c’è chi ha perso il posto, c’è chi ha perso la speranza di trovarlo e c’è chi, viceversa, negli anni scorsi, è andato bene e probabilmente andrà meglio. Sul territorio bisogna tener conto di due fattori: dove il settore pubblico conta molto, come in Sicilia, in Calabria e così via, il calo è minore, perché gli stipendi pubblici sono stati tutelati; dove, viceversa, è la piccola impresa che conta molto – e questo è vero sia in Lombardia che in Campania – allora ci sono più problemi”.

    Tra i dati diffusi dall’Istat emerge anche un trend positivo: rispetto al 2009 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti, a livello nazionale, è aumentato nel 2012 dell'1% con incrementi maggiori nelle regioni del Nord.

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    Malattie rare. I bimbi dalle “ossa di vetro” chiedono aiuto: una Moc al Policlinico Umberto I

    ◊   Bambini piccoli, anche neonati, che rischiano di fratturarsi con un banale movimento. E genitori costretti a vivere un dramma quotidiano. È questo le scenario che coinvolge le persone affette da “osteogenesi imperfetta”. Si tratta di una malattia rara, che da 12 anni ha un efficiente presidio di ricerca, diagnosi e cura nel Policlinico romano Umberto I. Per poter visitare in ambiente protetto i piccoli pazienti, il reparto ha urgente bisogno di dotarsi di una Moc, un apparecchio che misura la densità ossea, e per realizzare l’obiettivo l’Associazione “Il sogno di Federica” – che unisce i pazienti colpiti da osteogenesi e i loro familiari – ha lanciato una campagna di sensibilizzazione. Al microfono di Alessandro De Carolis, il responsabile del presidio ospedaliero, il dott. Mauro Celli, parla della malattia e si appella alla generosità collettiva, perché contribuisca a regalare agli ammalati una possibilità in più per una vita migliore:

    R. – L’osteogenesi imperfetta è una patologia rara. E’ caratterizzata da un interessamento sia scheletrico che extrascheletrico, ma la parte più importante è la parte scheletrica. Questi bimbi che una volta venivano chiamati “i bambini dalle ossa di vetro”, sono bambini che vanno incontro a fratture spontanee. Spontanee vuol dire anche in completa assenza di un trauma, anche lieve: abbiamo bimbi che riescono a fratturarsi alla nascita anche al solo cambio del pannolino.

    D. – Come molte di queste patologie, chi ne è colpito è vittima di una fragilità forse ancora peggiore: quella dell’esclusione sociale, che si ripercuote anche sulle famiglie. Anche questo ha bisogno delle vostre cure…

    R. – Questo noi lo definiamo il dramma nel dramma, perché tutto l’aspetto psicologico delle famiglie è veramente drammatico. Il momento più particolare per questi pazienti è quando noi dobbiamo dire alle famiglie che i loro bambini sono affetti da osteogenesi imperfetta. Ora, possiamo avere due tipi di condizione. Una prima condizione è quella per cui, essendo queste malattie genetiche, vuol dire che uno dei genitori ne è affetto: a quel punto ci troviamo di fronte a una famiglia già lacerata da un dramma per tutta la vita, che può essere della madre o del padre, e che quindi rivive il dramma su questo bambino. L’altro aspetto, invece, è quello di una famiglia in cui ci troviamo di fronte a un bambino che è una nuova mutazione, e in genere queste sono le forme ancora più gravi di osteogenesi imperfetta. Qui, si tratta di spiegare a una famiglia come, con una serie di interventi terapeutici, una serie di interventi clinici mirati a ridurre delle fratture e mirati ad aumentare la capacità muscolare di questi pazienti, possiamo dare una vita “decente” a questi bambini. Perché dico “decente”? Perché le forme molto gravi, nella maggior parte dei casi, terminano con una vita su sedia a rotelle.

    D. – Abbiamo parlato di bambini affetti da questa patologia: lei ne conosce molti, conosce il loro coraggio, quello delle loro famiglie… C’è una storia, tra le altre, che porta nel cuore?

    R. – Le storie che si potrebbero raccontare, di questi bimbi, sono tante. Una storia che non solo io ma tutta la mia équipe portiamo nel cuore, è la storia di Emanuele. Emanuele è un bimbo che è nato con una serie di fratture, 22 fratture alla nascita. Emanuele non riusciva a muovere neanche un dito. Pian piano, abbiamo iniziato la terapia – a quel tempo, ancora erano sperimentali – con i bifosfonati. Emanuele ha iniziato, lentamente a ridurre il numero delle fratture, però grandi fratture a carico degli arti superiori e inferiori ancora continuavano a esserci. L’immagine più bella di Emanuele è quando lui ha iniziato a parlare – noi abbiamo conosciuto Emanuele quando aveva 10 giorni – e l’unica cosa che diceva alzando il dito indice, riuscendo a muovere solo il dito indice, era: “Non volo”. “Non volo” per Emanuele indicava che lui non voleva essere toccato da nessuno quando aveva delle fratture. Le uniche persone che riuscivano a toccarlo eravamo io e la mia collega, la dottoressa Zambrano, per cui lui aspettava anche ore che noi arrivassimo, da qualunque parte noi fossimo. Emanuele ha continuato la sua vita tra una serie di fratture, terapie, fisioterapie. Emanuele aveva, come molti pazienti con osteogenesi imperfetta, purtroppo un’ipertermia: significa che loro vanno incontro a profuse sudorazioni e a una febbre elevata, 40°-42°… Ancora lo ricordo: io ero in Pronto soccorso, una sera, erano circa le 21, le 21.30, ero al termine del mio servizio. Il papà di Emanuele mi ha chiamato dicendo che Emanuele aveva la febbre molto alta. Noi lo abbiamo fatto venire in Pronto soccorso, abbiamo eseguito tutti gli esami ematochimici, abbiamo cambiato il gesso – Emanuele aveva avuto un intervento all’omero – lo abbiamo riportato in Pronto soccorso e abbiamo tranquillizzato il papà. Gli abbiamo detto: “Guarda, è la solita febbre di Emanuele, non ti preoccupare, è conseguente a una frattura”. Emanuele, in quei momenti, mi ha detto: “Mauro, io con il piedino ho toccato la base della piscina”: Emanuele aveva sette anni, non era mai riuscito a camminare. Attraverso una serie di interventi, aveva toccato la base della piscina: questo, per lui, voleva dire volare, raggiungere un sogno. Emanuele quella sera è tornato a casa e purtroppo il papà, dopo sei ore, ci ha chiamato per dirci che Emanuele era deceduto a seguito di questa ipertermia maligna. Quindi, se questa è una storia che può essere triste per noi, è una storia che ha lasciato il segno in noi, perché non siamo riusciti a far raggiungere a Emanuele quel sogno che lui aveva: quello di correre, di camminare come tanti altri bambini.

    D. – Certamente, però, ora con il vostro lavoro siete protesi a far sì che questo sogno sia realizzabile per tanti altri bambini. E a questo stesso scopo si è costituita, alcuni anni fa, l’Associazione “Il sogno di Federica”, che sostiene il vostro lavoro nel presidio al Policlinico Umberto I. E un’iniziativa che sta promuovendo da qualche tempo è quella di procurare al vostro reparto un apparecchio per voi indispensabile, cioè una Moc. Di che cosa si tratta?

    R. – Per noi la Moc – che poi è la densitometria minerale – è l’apparecchio che ci permette di monitorare le terapie che noi facciamo a questi bambini. Già ci sono macchine per la Moc al Policlinico, però non sono macchine dedicate esclusivamente all’età pediatrica. E soprattutto, non sono ubicate in Clinica pediatrica, ma dislocate nel nostro servizio di Radiologia centrale. I nostri bimbi non possono stare a contatto con pazienti adulti o con altri pazienti, perché rischiano di fratturarsi: basta che vengano urtati, cadono e si fratturano. Quindi, questa macchina dovrebbe essere messa nel nostro istituto di Clinica pediatrica, in ambiente protetto e quindi essere utilizzata esclusivamente per i bimbi con la displasia scheletrica. Qual è il nostro appello? Il nostro appello è che la bontà delle persone che ci stanno ascoltando ci aiuti, donando qualcosa per l’acquisto di questa Moc. Basta entrare sul sito www.ilsognodifederica.it e si può fare una donazione. Anche un euro è sicuramente un euro donato per dare questa felicità e per realizzare il “sogno di Federica”.

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    50 anni del Sermig. Olivero: abbiamo visto Dio all'opera nella nostra storia

    ◊   “Una storia di Dio”: ecco come definisce i 50 anni di storia del Sermig, Servizio Missionario Giovanile, il suo ideatore e fondatore Ernesto Olivero. La regola del movimento è la gioia di rispondere sì e il ringraziamento per questo importante traguardo è inventare nuova carità. Maura Pellegrini Rhao ha intervistato lo stesso Olivero:

    R. - Uno stupore nuovo che ha visto all’opera Dio attraverso tantissime persone che hanno creduto nel sogno di un ragazzino che voleva combattere la fame del mondo; l’hanno appoggiato, l’hanno aiutato, l’hanno fatto piangere tante volte. Su questa strada ho incontrato dei segni dell’opera di Dio. Negli anni ’60, quando l'arcivescovo di Torino, il cardinale Michele Pellegrino, ci diede la chiesa dell’arcivescovado di Torino come sede, eravamo quattro ragazzini! Ed io dico sempre che ci ha riconosciuto quando noi non sapevamo ancora chi eravamo.

    D. - Gli avvenimenti secondo lei più importanti di questi 50 anni?

    R. - Abbiamo capito da subito che i giovani dovevano essere messi al primo posto, dare loro responsabilità. Così noi ci siamo messi subito al primo posto, e immediatamente ci hanno aiutato veramente la preghiera, il Vangelo, l’incontro con Gesù e con delle persone spirituali che avevano visto nel sogno di questi quattro ragazzi qualcosa di particolare.

    D. - I momenti invece più difficili?

    R. - Tutti i momenti sono difficili e nello stesso tempo pieni di speranza. Quando ho scritto la regola - la nostra regola è la gioia di rispondere “Sì” - non sapevo come scriverla! Poi, ho fatto un ragionamento: noi abbiamo avuto dei risultati oggettivamente importanti. Chi ci ha dato la forza di non montarci la testa? Abbiamo ricevuto delle sofferenze, delle calunnie pazzesche … Chi ci ha dato la forza per non deprimerci, per non abbatterci? E allora, la nostra regola è il racconto della nostra storia: amare con il cuore di Dio, l’imprevisto accolto, il “sì” come Maria per sempre, il Vangelo la nostra regola, l’insegnamento della chiesa … E noi lì, ci siamo trovati accolti.

    D. - Come festeggerete questi 50 anni?

    R. - Stasera faremo un incontro al quale abbiamo invitato il nostro arcivescovo, il generale della finanza, Andrea Agnelli, Marco Testa - un giornalista -, e chiederemo loro cosa lì ha colpiti di più di questi 50 anni e cosa si aspettano da noi. Questi sono i nostri festeggiamenti, ma poi avremo anche altri incontri quest’anno - altri tre o quattro - attraverso i quali andremo sempre più a fondo nel dono che Dio ci ha dato e ringraziare, "inventando carità" per le persone che sono in difficoltà.

    D. - Quali possono essere i grandi obbiettivi futuri?

    R. - Mettere i giovani al primo posto, veramente! Noi vogliamo una Chiesa dove i giovani che escono fuori dai vari gruppi, diventando preti buoni e santi, sapranno servire; e se entreranno in politica, in qualunque partito non ruberanno e faranno di tutto per fare un servizio. Noi dobbiamo tirare fuori i De Gasperi che ci sono nel mondo dei credenti, coltivarli già da ragazzi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: ancora bombe del regime su Aleppo. Interventi immediati dell'Onu

    ◊   Un numero ancora imprecisato di civili e' morto stamani in nuovi bombardamenti dell'aviazione di Damasco contro quartieri di Aleppo controllati dagli insorti. Lo riferiscono attivisti presenti nella metropoli siriana del nord, precisando che elicotteri del regime hanno sganciato barili esplosivi sul rione di Salhin nella Citta' vecchia e sulle zone orientali di Zahrat Awwad, Maadi, Masaken Hanano e Haydariya. Al-Qaeda intanto ha negato i legami con l'organizzazione terroristica irachena Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil). In un comunicato diffuso ieri sera, la rete fondata da Osama bin Laden ha annunciato ''di non essere legata all'Isil, di non essere mai stata informata della sua creazione e di non accettarlo''. L'Isil e' nato dalla ceneri di un gruppo precedente guidato da Abu Bakr al-Baghdadi e all'inizio del conflitto in Siria ha inviato alcuni dei suoi membri nel Paese per formare una forza combattente. Ma i miliziani del gruppo si sono attirati le ire di molti musulmani imponendo nelle zone da esso controllate severe restrizioni, vietando alcolici e sigarette, ma anche torturando ribelli e civili. Sul piano umanitario oggi a Roma il gruppo di alto livello sull'emergenza umanitaria in Siria ha approvato "11 interventi immediati". Lo ha annunciato la vice segretario generale dell'Onu, Valerie Amos, spiegando che l'obiettivo e' garantire l'accesso alle comunita' assediate, demilitarizzare scuole e ospedali e trovare nuovi finanziamenti per gli aiuti. La Amos, in una conferenza stampa accanto al ministro degli Esteri italiano Emma Bonino e al commissario Ue Kristalina Georgieva, ha ricordato che 7 milioni di persone sono difficilmente raggiungibili dagli aiuti umanitari e circa 3.300.000 sono in uno stato "di urgente bisogno. La Amos ha auspicato che "gli impegni" che sono stati presi oggi a Roma "possano compiersi" e piu' in generale ha auspicato un sempre maggiore coinvolgimento della comunita' internazionale dei paesi vicini alla Siria. (R.P.)

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    Iraq: autobombe e violenze sommarie a Baghdad

    ◊   È di almeno 12 morti il bilancio delle vittime delle esplosioni di diverse autobombe avvenute questa mattina a Baghdad nei quartieri di Mahmoudiyah, Baladiyat e Hourriya. A questi si aggiunge il ritrovamento di tre corpi senza vita, tre uomini e una donna, rinvenuti dalle forze dell’ordine a ovest della capitale e conseguenza, secondo le prime informazioni in circolazione, di esecuzioni sommarie. Intanto - riferisce l'agenzia Misna - nella provincia occidentale di Al Anbar, continuano i combattimenti tra l’esercito regolare e i gruppi armati jihadisti che hanno preso il controllo di parte della città di Ramadi, 100 chilometri a ovest di Baghdad, mentre Falluja, nella stessa regione, è nelle mani degli insorti da circa un mese. La provincia a maggioranza sunnita, frontaliera con la Siria e già in passato teatro di proteste e contestazioni nei confronti del governo dello sciita Nuri al Maliki, è diventata un bastione dell’insurrezione armata che sta mettendo a dura prova la resistenza delle autorità centrali. Inoltre, nel solo mese di gennaio, una rinnovata escalation di violenze ha causato oltre mille morti in tutto il paese e circa 140.000 sfollati. (R.P.)

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    Brasile: nel 50.mo del Concilio, corso dei vescovi su impegno missionario e ministero episcopale

    ◊   Nel luglio 1990, con la presenza dell'allora card. Joseph Ratzinger, ebbe luogo il primo corso per i vescovi brasiliani presso il Centro Studi e Formazione di Sumaré, a Rio de Janeiro, sul tema "il ministero Petrino nel nostro tempo". Da quel momento in poi, con due eccezioni sole, ogni anno i vescovi si sono ritrovati per un periodo di comunione e di dibattito su questioni di interesse comune, con docenti che li hanno aiutati a esplorare le tematiche scelte. Il tema di questi ultimi anni è stato il Concilio Vaticano II, con una rivisitazione dei documenti conciliari in occasione del 50° anniversario dell’evento. La nota inviata all’agenzia Fides dalla Conferenza episcopale del Brasile, riferisce: “quest’anno avremo l'opportunità di discutere i temi delle missioni, della vita consacrata e della missione dei vescovi, e di conseguenza anche del ruolo del sacerdote”. I documenti che serviranno da base sono i decreti "Ad gentes", "Perfectae Caritatis" e "Christus Dominus". Il corso si tiene da oggi al 7 febbraio. Per aiutare la riflessione, sono stati invitati alcuni relatori. Il Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, il card. Fernando Filoni, si soffermerà sul decreto "ad gentes", trattando del profilo missionario oggi. Il suo intervento, è spiegato nel comunicato della Conferenza episcopale, “mira a rafforzare la nostra consapevolezza e l’impegno missionario ad inviare missionari nelle regioni che in passato hanno inviato missionari in Brasile. E' importante notare che molte nuove comunità inviano missionari in Europa, che sta vivendo una profonda crisi di vocazioni. Anche i sacerdoti diocesani devono aprirsi allo spirito missionario, non solo per andare negli altri Paesi, ma anche nelle principali regioni dell'Amazzonia, che hanno bisogno di chi amministri i sacramenti e dell'incontro personale con Cristo”. Il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, il cardinale brasiliano John Braz Aviz, presenterà il documento "Perfectae Caritatis", illustrando la dimensione vocazionale e le questioni specifiche inerenti alla vita religiosa. L’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, si soffermerà sulla centralità del ministero episcopale, mentre mons. Fernando Guimarães, vescovo di Garanhuns, tratterà dei rapporti tra papato ed episcopato. (R.P.)

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    Turchia: conclusa la visita a Bartolomeo I del card. Scola

    ◊   “La Provvidenza ha chiamato le nostre Chiese e i loro pastori a confessare la fede, ad essere testimoni, in un tempo senz’altro affascinante” e “da tutto ciò scaturisce una responsabilità nuova per tutti i cristiani”. Lo ha detto ieri il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, nel suo saluto al patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, a conclusione del viaggio in Turchia. “Il profondo travaglio che le nostre società stanno attraversando - ha osservato il card. Scola ripreso dall'agenzia Sir - esprime in modo acuto, talora sconcertante e doloroso, e non di rado addirittura violento, l’inquietudine dei nostri fratelli uomini”. “Le periferie esistenziali”, di cui spesso parla Papa Francesco, per il porporato, “sono innanzitutto i confini della nostra esperienza umana”. “Dinanzi alla rinascita della pretesa di Prometeo - i cui esiti si vedono in modo particolare nello sfruttamento del cosmo - la Chiesa nostra madre ci conduce a riconoscere ogni giorno nel Risorto il volto pieno dell’uomo”, ha detto il cardinale. In questa prospettiva, “aprendoci al confronto leale con tutti”, “tesi a lasciarci fecondare da un autentico ascolto, vogliamo condividere con ciascuna donna e ciascun uomo il dono della fede. Se la fede si rafforza donandola, la testimonianza consente di gustare maggiormente la bellezza della vita cristiana”. (R.P.)

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    Cortile dei Gentili a Budapest su moralità, economia e società

    ◊   Prende il via domani a Budapest la nuova edizione del “Cortile dei gentili”, iniziativa di dialogo tra credenti e non credenti promossa dal card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Tre giorni (4 - 6 febbraio) su “Moralità, economia, società secolare nel 21° secolo”, organizzati dalla Conferenza episcopale ungherese con l‘Università Corvinus e l‘Università cattolica Pázmány Péter. Ad inaugurare i lavori il card. Péter Erdõ, arcivescovo di Budapest e primate d’Ungheria; Szuromi Szabolcs, rettore dell’Università Pázmány Péter; e il card. Ravasi. András Zs Varga terrà la relazione “Verso uno Stato di diritto totalitario?”, Péter Szolgay offrirà una riflessione sulle questioni morali nell’Information technology e nella bionica. “Il disincanto dell’economia, un sentire morale in un contesto secolarizzato” sarà il tema affrontato da Máté Botos; Gyula Bándi si soffermerà su “Dignità umana, diritti e obblighi ed etica ambientale”. Di responsabilità sociale d‘impresa dal punto di vista cattolico parlerà Klára Katona, mentre Tihamér Tóth si soffermerà su moralità e regolazione della concorrenza. Ulteriori temi: il rinnovamento dell’economia sociale di mercato dalla prospettiva della dottrina sociale cattolica (István Kõrösi), morale e stabilità finanziaria (Dóra Trus Gyõrffy), etica e sviluppo degli aiuti internazionali (Tamás Szigetvári). (R.P.)

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    Centrafrica: vendette incrociate. Ex ribelli fuggono al nord

    ◊   Circa 200 ex ribelli della Seleka che si erano consegnati alle truppe dell’Unione Africana (Misca) a Sibut, nel nord, hanno abbandonato la città per cercare rifugio più a settentrione, verso Kaga Bandoro. Lo riferiscono fonti della missione di peacekeeping, secondo cui i combattenti avrebbero lasciato la città per timore di rappresaglie e vendette incrociate da parte dei gruppi cosiddetti ‘Anti-Balaka’ (anti-machete, ndr) in una spirale di violenze che rischia di avviluppare il Paese. Il colonnello Abdelkader Djelani, ufficiale della Seleka tra coloro che sono fuggiti da Sibut, ha chiarito che per il gruppo “la questione della sicurezza è prioritaria” e confermato che i gruppi Anti-Balaka hanno attaccato miliziani all’interno dei campi allestiti a Bangui. Sibut, 180 chilometri a nord di Bangui, era stata riconquistata nei giorni scorsi dalle truppe della Misca dopo che gli ex ribelli della Seleka, si erano resi protagonisti di violenze e abusi. I combattimenti tra le due parti si sono trascinati per circa due settimane, costringendo gran parte degli abitanti a rifugiarsi nelle foreste circostanti. Testimoni hanno riferito che la città è stata parzialmente bruciata e saccheggiata, mentre le forti piogge degli ultimi giorni hanno acuito una già difficile situazione umanitaria. (R.P.)

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    Congo. L'Onu: in Katanga “catastrofe umanitaria”

    ◊   Una delegazione di notabili locali è in visita nel nord del Katanga (nel sud della Repubblica Democratica del Congo) per rasserenare gli animi della popolazione locale allarmata dalle azioni del gruppo Bakata-Katanga, responsabile dello sfollamento di più di 500.000 persone da 66 villaggi della zona. Ad accrescere la tensione vi sono anche i sospetti che dietro l’azione del gruppo vi sarebbero alcuni politici locali, interessati a turbare il clima politico in vista delle elezioni presidenziali del 2016. Uno dei compiti della delegazione dei notabili è quella di smentire le voci che si stanno diffondendo su chi manovra nell’ombra i Bakata-Katanga; voci che contribuiscono a seminare sospetti e odio tra le popolazioni locali. L’organizzazione della società civile del Katanga ha da tempo chiesto alle autorità di portare di fronte alla giustizia le persone citate in un suo rapporto del 2013 come ispiratori delle azioni dei Bakata-Katanga. Secondo Martin Kobler, capo della Missione Onu nella Repubblica Democratica del Congo (Monusco), nel Katanga si è in presenza “di una catastrofe umanitaria” causata dalle violenze del Bakata-Katanga, in particolare nel cosiddetto “triangolo della morte” formato dai territori di Mitwaba, Manono, Pweto. (R.P.)

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    Egitto. Assiut: operazione di polizia contro i rapimenti di copti

    ◊   Le forze di sicurezza egiziane nei primi giorni di febbraio hanno realizzato una vasta operazione nell'area della città di Assiut per smantellare una rete criminale che da mesi organizzava sequestri di persona, furti e estorsioni ai danni della locale comunità copta. Lo conferma all'agenzia Fides il vescovo copto cattolico di Assiut Kyrillos William, che vede nell'intervento un deciso cambio di passo rispetto alla prassi finora seguita dalla polizia locale. “Da mesi e mesi” spiega Anba Kyrillos “famiglie e intere comunità copte di Assiut e della provincia vivevano nell'angoscia. I rapimenti erano all'ordine del giorno. Di recente è stato rapito anche il fratello di uno dei nostri sacerdoti, che è farmacista. I responsabili di tali crimini erano noti a tutti, ma quando i copti reclamavano e li denunciavano alle forze di sicurezza, non succedeva niente. Ora ho saputo che è stato appena rimosso il comandante di polizia della provincia. E' possibile che anche questa misura improvvisa sia un segnale contro l'inerzia delle forze dell'ordine che finora aveva favorito l'impunità dei comportamenti criminali”. Le operazioni di polizia hanno coinvolto in particolare alcuni villaggi posti lungo le rive del Nilo dove nei mesi scorsi interi clan familiari copti avevano anche dovuto pagare “preventivamente” somme di denaro sotto la minaccia di subire ritorsioni violente. (R.P.)

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    Libano. Il card. Rai: gli attentati colpa delle divisioni fra i politici libanesi

    ◊   Le zuffe meschine fra i politici libanesi - anche fra i cristiani - sono la causa dei violenti attentati che colpiscono le città del Paese dei cedri. Lo ha affermato il patriarca maronita Beshara Rai ieri all'omelia durante la messa celebrata a Bkerke, sede del patriarcato. "Riguardo alle esplosioni che si susseguono - ha detto Rai - noi riteniamo responsabili i partiti politici e tutti coloro che rifiutano la riconciliazione [nazionale], ponendo ostacoli alla formazione del governo". Proprio ieri il Fronte Nusra in Libano ha rivendicato l'attacco avvenuto il giorno prima con un'autobomba suicida nella città sciita di Hermel, nel nordest del Paese, che ha fatto tre morti. Questo era il terzo attentato ad opera del gruppo di estremisti sunniti. Secondo una loro dichiarazione, essi volevano "punire" gli Hezbollah, che combattono a fianco del governo siriano e di Bashar Assad. Oltre ad essere divisi pro o contro Assad, i partiti e i politici libanesi sono divisi per mire di potere ed economiche. L'ex generale Michel Aoun, ad esempio, frena la nascita di un governo perché esige per il suo partito - il Movimento patriottico libero - alcuni ministeri chiave. In un velato riferimento a questo problema, ieri il patriarca maronita ha sottolineato che il compito di un governo dovrebbe essere la cura degli esseri umani, non il bilancio del loro ministero. Egli ha chiesto di pregare per tutti i politici libanesi, sperando che Dio possa illuminare le loro menti. Da oltre un anno in Libano vi è un governo ad interim perché i partiti non riescono a trovare un accordo sulla composizione e sul numero di ministeri da distribuire fra le formazioni politiche. In occasione della festa di san Marone (9 febbraio), padre della tradizione maronita, il patriarca pubblicherà un documento (definito "carta nazionale") sui principi dell'unità nazionale e sulle priorità per affrontare il presente e il futuro. Il documento verrà stilato dopo l'incontro mensile dei vescovi maroniti, che si terrà il prossimo 5 febbraio. (R.P.)

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    India: in Andhra Pradesh in aumento le violenze dei radicali indù contro i cristiani

    ◊   "Gli attacchi contro i pastori cristiani dell'Andhra Pradesh sono in aumento e destano preoccupazione. Sono violenze immotivate, che con la scusa di 'fermare le conversioni' colpiscono in modo mirato questa comunità". È la denuncia lanciata sull'agenzia AsiaNews da Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic). In particolare, il leader cristiano invita il governo locale, centrale e la Commissione nazionale per i diritti umani a tenere sotto controllo il gruppo fondamentalista indù Hindu Vahini, responsabile di numerosi attacchi avvenuti negli ultimi mesi. Il 20 gennaio scorso la polizia dello Stato indiano ha arrestato tre militanti del movimento, ritenuti responsabili dell'omicidio del pastore evangelico Sanjeevulu a Nalgonda. Tuttavia, nell'ultimo periodo questi fondamentalisti hanno aggredito altri leader protestanti: sempre a gennaio è stato il caso del rev. Talla Christopher, nel villaggio di Munugode, e di Gajjala Neeladri Pal, di Ipparthi. Nel dicembre 2013 un gruppo di militanti ha attaccato una chiesa battista a Narketpally, accusando - senza prove - il rev. Nama Moses di praticare conversioni forzate. "C'è bisogno di un intervento immediato - sottolinea Sajan George - soprattutto in vista delle elezioni generali. Questi gruppi potrebbero attaccare in modo ancora più brutale le comunità cristiane per polarizzare i voti degli indù. Questi attacchi immotivati mettono a rischio l'autorità morale e il tessuto secolare dell'India". (R.P.)

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    Guatemala: la Chiesa chiede l'impegno di tutti per la pace e per la giustizia sociale

    ◊   La Conferenza episcopale del Guatemala (Ceg) ha esortato i tre poteri del governo, gli imprenditori, i proprietari di terre, i lavoratori e tutta la società civile in generale, ad impegnarsi per la pace e per la giustizia sociale, come parte degli obblighi richiesti dallo Stato di diritto. Il messaggio dei vescovi, a conclusione della loro Assemblea plenaria annuale tenuta negli ultimi giorni di gennaio, viene pubblicato con il titolo “Costruiamo il Paese nella pace e nella fraternità”. Secondo le informazioni inviate all’agenzia Fides, il vescovo della diocesi di Huehuetenango, mons. Alvaro Ramazzini, responsabile dell’ufficio comunicazione della Ceg, presentando il documento ha affermato tra l’altro: "Chiediamo ai deputati di non cadere nella tentazione dei soldi che comprano le coscienze. Un dovere della giustizia sociale è quello di proporre leggi per il bene comune. All'esecutivo chiediamo un nuovo modello di sviluppo perché quello che c'è continua a generare esclusione e povertà". Mons. Ramazzini ha dichiarato anche che, sebbene ritenga legittime le sue proteste, la Ceg chiede alla società civile di non ricorrere alla violenza e di non calpestare gli interessi di altri cittadini. (R.P.)

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    Australia: conferenza dell'Ufficio di Ricerca pastorale sullo stato di salute della Chiesa

    ◊   Fare il punto sullo “stato di salute” della Chiesa in Australia. Con questo obiettivo l’Ufficio di Ricerca Pastorale della Conferenza episcopale australiana organizza dal 19 al 21 febbraio prossimo la conferenza “Credenze e pratiche dei cattolici australiani: cosa ne sappiamo e perché è importante saperlo”. Alla conferenza, cui parteciperanno rappresentanti delle parrocchie e di tutte le realtà ecclesiali australiane, saranno presentati i risultati delle ricerche condotte in questi anni dall’Ufficio episcopale. Esso sarà quindi un’occasione unica per confrontare, con il contributo di vari esperti, tutti i dati raccolti e discutere le sfide che essi pongono alla Chiesa in Australia. “Mai prima di ora - spiega infatti il direttore l’Ufficio di Ricerca Pastorale Bob Dixon - si è tentato di fare un’analisi complessiva di quello che dicono queste ricerche alla Chiesa e delle risposte che essa è chiamata a dare”. Ad introdurre i lavori sarà il nunzio apostolico in Australia, mons. Paul Gallagher. I principali relatori saranno la dottoressa Mary Gautier, ricercatrice presso il prestigioso Centro di Ricerca applicata nell’Apostolato (Center for Applied Research in the Apostolate - Cara) della Georgetown University di Washington e Francis Sullivan, responsabile della “Truth, Justice and Healing Council”, la Commissione della Chiesa cattolica australiana per le vittime di abusi sessuali. Al convegno seguirà, il 22 febbraio, un seminario dove si discuterà come dare nuovo impulso alla vita delle parrocchie australiane alla luce dei dati presentati alla conferenza dall’Ufficio di Ricerca Pastorale. (L.Z.)

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    Dedicata alle donne la Giornata Mondiale della Radio del 13 febbraio

    ◊   “Il 13 febbraio celebriamo le donne nel mondo della radio e coloro che le sostengono!”: con questo slogan, l’Unesco si prepara a festeggiare la Giornata Mondiale della Radio, sancita per ribadire l’importanza della radio come mass media, migliorare la cooperazione tra le emittenti ed incoraggiare i network a promuovere, attraverso le loro trasmissioni, l’accesso all’informazione, la libertà di espressione e le pari opportunità. “La radio continua ad evolversi nell’era digitale – si legge sul sito web dell’Unesco – e resta il mezzo di comunicazione che raggiunge la più ampia audience nel mondo”: “È essenziale – si legge ancora – sostenere l’impegno dell’Unesco nel promuovere la parità tra sessi ed il rafforzamento del ruolo delle donne”. Diverse le strade intraprese per raggiungere tali obiettivi, ricorda ancora l’Organizzazione Onu per la scienza e la cultura, tra le quali la sensibilizzazione del settore giornalistico ed politico sulla questione della parità tra uomo e donna; la promozione della multimedialità delle emittenti e la tutela della sicurezza delle giornaliste radiofoniche. Tra gli eventi in programma per la Giornata, una conferenza sul tema “Il futuro della radio”, organizzata dall’Ebu (European Broadcasting Union) nella sede di Bruxelles, dalle 12.30 alle 14.00, ed un concerto dell’Orchestra nazionale francese, che si terrà al teatro Châtelet di Parigi, alle 18.00 dello stesso giorno. (I.P.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 34

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