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Sommario del 28/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Offrire calore umano: lo chiede il Papa nel giorno della Santa Famiglia

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La luce della Santa Famiglia ci incoraggia a offrire calore umano: così Papa Francesco all’Angelus chiede attenzione e concreta solidarietà per le famiglie in difficoltà di rapporti o con bisogni materiali o malattie da affrontare. Rivolge un pensiero particolare al ruolo dei nonni. E poi una preghiera pensando alla tragedia dell’aereo malese scomparso e agli incidenti navali nell’Adriatico. Il servizio di Fausta Speranza: 

“Il Bambino Gesù con sua Madre Maria e con san Giuseppe sono un’icona familiare semplice ma tanto luminosa”: con queste parole Papa Francesco, ricorda che si tratta di ”luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie”.

Dunque il pensiero a chi è nel bisogno spirituale o materiale:

“Questa luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l’armonia, manca il perdono. La nostra concreta solidarietà non venga meno specialmente nei confronti delle famiglie che stanno vivendo situazioni più difficili per le malattie, la mancanza di lavoro, le discriminazioni, la necessità di emigrare… “

Dunque a braccio l’invito a un vero momento di preghiera insieme.

"E qui ci fermiamo un po’ e in silenzio preghiamo per tutte queste famiglie in difficoltà, siano difficoltà di malattia, mancanza di lavoro, discriminazione, necessità di emigrare, siano difficoltà a capirsi e anche di disunione. In silenzio preghiamo per tutte queste famiglie…"

“Nella prima domenica dopo Natale, – dice - mentre siamo ancora immersi nel clima gioioso della festa, la Chiesa ci invita a contemplare la Santa Famiglia di Nazaret”. E Papa Francesco porta il pensiero a quella che definisce la “piccola famigliola di Giuseppe, Maria e Gesù, “in mezzo a tanta gente, nei grandi cortili del tempio”, che “non risalta all’occhio, non si distingue… Eppure non passa inosservata!” Ricorda i due anziani, Simeone e Anna, mossi dallo Spirito Santo, che si avvicinano e si mettono a lodare Dio per quel Bambino, nel quale riconoscono il Messia, luce delle genti e salvezza d’Israele. “È un momento semplice ma ricco di profezia” - dice Papa Francesco - che avviene intorno a Gesù:

“Gesù li fa incontrare: i giovani e gli anziani. Gesù è Colui che avvicina le generazioni. E’ la fonte di quell’amore che unisce le famiglie e le persone, vincendo ogni diffidenza, ogni isolamento, ogni lontananza”.

Il pensiero particolare ai nonni:

“Questo ci fa pensare anche ai nonni: quanto è importante la loro presenza, la presenza dei nonni! Quanto è prezioso il loro ruolo nelle famiglie e nella società! Il buon rapporto tra i giovani e gli anziani è decisivo per il cammino della comunità civile ed ecclesiale E guardando a questi due anziani, questi due nonni – Simeone ed Anna – ma salutiamo di qua, con un applauso, a tutti i nonni del mondo!”.

Il messaggio che proviene dalla Santa Famiglia – spiega Francesco - è anzitutto un messaggio di fede. “La Famiglia di Nazaret è santa perché è centrata su Gesù”:

“Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, possiedono un’energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia, ad esempio nell’evento drammatico della fuga in Egitto: una dura prova.”.

Poi, dopo la recita dell’Angelus, la preghiera pensando alla tragedia aerea e agli incidenti in mare:

“Il mio pensiero va, in questo momento, ai passeggeri dell’aereo malese scomparso mentre era in viaggio fra Indonesia e Singapore, come pure ai passeggeri delle navi in transito nelle ultime ore nelle acque del mare Adriatico coinvolte in alcuni incidenti. Sono vicino con l’affetto e la preghiera ai familiari e a quanti vivono con apprensione e sofferenza queste difficili situazioni e a quanti sono impegnati nelle operazioni di soccorso.”

Tra i saluti, oltre a quello a tutte le famiglie presenti, con l’invocazione alla Santa Famiglia, il saluto a romani e pellegrini; in particolare, i numerosi ragazzi delle Diocesi di Bergamo e di Vicenza che hanno ricevuto o stanno per ricevere la Cresima; le famiglie dell’Oratorio della Cattedrale di Sarzana, i fedeli di San Lorenzo in Banale (Trento), i ministranti di Sambruson (Venezia), gli scout di Villamassargia e i collaboratori della Fraterna Domus. A tutti l’augurio una buona domenica. E con il ringraziamento del Papa per gli auguri e le preghiere, di nuovo l’esortazione: “continuate a pregare per me”.

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Il Papa alle famiglie numerose: siete un dono per la società

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“In un mondo segnato spesso dall’egoismo, la famiglia numerosa è una scuola di solidarietà e di condivisione” e questo va poi “a beneficio di tutta la società”. Così Papa Francesco stamattina nell’udienza a circa 7mila membri dell’Associazione nazionale Famiglie numerose presenti a Roma per l’Assemblea nazionale del decennale della sua fondazione. Un’udienza che ben si inserisce nella Festa della Santa Famiglia e offre l’occasione al Papa stesso di annunciare che proprio a Nazareth si sta realizzando una casa per le famiglie del mondo che si recano pellegrine là dove Gesù è cresciuto. Il servizio di Adriana Masotti

Papa Francesco fa il suo ingresso e percorre l’Aula Paolo VI tra il saluto entusiasta delle migliaia di persone che riempiono l’Aula, con un’espressione felice, perfettamente a suo agio, ricevendo piccoli omaggi colorati, accarezzando e baciando i bimbi  più piccoli e scambiando strette di mani vigorose con i ragazzi più grandi. I bambini occupano anche i gradini che conducono al palco. Una gioia espressa al Papa anche da mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che accenna però anche alle difficoltà vissute dalle famiglie numerose nel quotidiano. E’ l’amore che le rende forti, dice, e i nonni restano a casa. Sono famiglie dove non si carta nessuno, soprattutto i più deboli. Sono qui, conclude, per chiedere la sua benedizione. Una coppia si rivolge a Francesco: noi siamo quelli che non hanno avuto il tempo di visitare le capitali europee, che hanno dimenticato che esiste la moda, che non conosceranno mai le auto sportive o le vacanze ai Tropici, ma siamo quelli che vivono impagabili momenti di allegria, di dolcezza, di festa, di preghiera, di dialogo, di condivisione, di amore. Una seconda coppia ricorda anche le mamme arrivate in Cielo perché hanno rinunciato alle cure per salvare la vita che portavano in sé e le famiglie dove i genitori hanno perso il lavoro.

Sono contento di incontrarvi, esordisce il Papa, si vede che voi amate la famiglia e amate la vita! Siete venuti con i frutti più belli del vostro amore. Maternità e paternità sono dono di Dio, ma accogliere il dono, stupirsi della sua bellezza e farlo splendere nella società, questo è vostro compito.

"Ognuno dei vostri figli è una creatura unica che non si ripeterà mai più nella storia dell’umanità. Quando si capisce questo, ossia che ciascuno è stato voluto da Dio, si resta stupiti di quale grande miracolo sia un figlio! Un figlio cambia la vita!"

Voi, bambini e bambine, continua “siete unici, ma non soli! E il fatto di avere fratelli e sorelle vi fa bene:

"In un mondo segnato spesso dall’egoismo, la famiglia numerosa è una scuola di solidarietà e di condivisione; e questi atteggiamenti vanno poi a beneficio di tutta la società".

Papa Francesco sottolinea poi il ruolo dei nonni, che sono le radici dell’albero, la famiglia, come i genitori ne sono il tronco.  Una presenza importante quella dei nonni “sia per l’aiuto pratico, sia soprattutto per l’apporto educativo. I nonni custodiscono in sé i valori di un popolo, di una famiglia, e aiutano i genitori a trasmetterli ai figli. Nel secolo scorso, in tanti Paesi dell'Europa, sono stati i nonni a trasmettere la fede: loro portavano di nascosto il bambino a ricevere il Battesimo e trasmettevano la fede".

Il Papa guarda poi al rapporto tra le famiglie numerose e le istituzioni pubbliche che “non sempre, afferma, vi aiutano a portare i pesi della vita”.

"Giustamente voi ricordate che la Costituzione Italiana, all’articolo 31, chiede un particolare riguardo per le famiglie numerose; ma questo non trova adeguato riscontro nei fatti, resta nelle parole. Auspico quindi, anche pensando alla bassa natalità che da tempo si registra in Italia, una maggiore attenzione della politica e degli amministratori pubblici, ad ogni livello, al fine di dare il sostegno previsto a queste famiglie. Ogni famiglia è cellula della società, ma la famiglia numerosa è una cellula più ricca, più vitale, e lo Stato ha tutto l’interesse a investire su di essa!"

Ben vengano perciò, prosegue, le famiglie riunite in associazione e ben venga una rete di associazioni familiari capace di essere presente e visibile nella società e nella politica per promuovere i valori e le necessità della famiglia. Ben vengano anche i movimenti ecclesiali, nei quali voi membri delle famiglie numerose siete particolarmente presenti e attivi. Per parte mia, conclude il Papa, vi sono vicino con la preghiera:

"Prego in particolare per le famiglie più provate dalla crisi economica, quelle dove il papà o la mamma hanno perso il lavoro, questo è duro, dove i giovani non riescono a trovarlo; le famiglie provate negli affetti più cari e quelle tentate di arrendersi alla solitudine e alla divisione. (…) E voi, per favore, continuate a pregare per me che io sono un po’ il nonno di tutti voi. Pregate per me. Grazie".

Ma cosa vuol dire sentirsi parte di una famiglia numerosa? Le testimonianze raccolte da Marina Tomarro: 

R. – Significa, intanto, amare la vita e poi è un inno alla speranza, perché i figli sono il nostro futuro, il nostro oggi e domani, una risorsa per l’umanità e per la società.

R. – Ne sono pienamente orgogliosa. E’ una meraviglia poter trasmettere ai nostri figli l’amore per Gesù Cristo, perché così a loro volta lo testimonieranno a tutte le persone che un giorno incontreranno.

D. – Quanto è importante anche l’aiuto proprio tra famiglie numerose?

R. – Oggi è fondamentale, perché vengono prese molte iniziative e queste iniziative danno sostegno proprio concreto a tutte quante le famiglie. Lo stare insieme, poi, è il sostegno migliore.

D. – In che modo le istituzioni dovrebbero appoggiarvi maggiormente?

R. – Ci basta solo un po’ di dignità e di rispetto. Non vogliamo altro.

R. – Riconoscendo che comunque il ruolo delle famiglie numerose è di aiuto anche all’intera popolazione. E’ un bene non solo per le famiglie stesse, ma per l’intera popolazione, per tutto il Paese. Valorizzare questo bene, quindi, con un aiuto concreto.

R. – Sicuramente, la prima cosa, come in tutta Europa, è il quoziente familiare. Il quoziente familiare sarebbe un diritto della famiglia. Invece vediamo che a livello dello Stato non c’è niente – poco – e che a livello dei Comuni è ancora peggio. Il nostro Comune ci ha alzato la Tares da 400 a 750 euro, ad una famiglia come la nostra. E’, quindi, una bella responsabilità della politica.

R. – Noi veniamo dalla Puglia e posso dire che siamo stati dal prefetto, siamo stati dal sindaco e abbiamo reclamato a gran voce anche quando ci sono state le elezioni, per esempio. Abbiamo fatto un decalogo per la famiglia, dicendo che a noi piacerebbe avere più centri per la famiglia, fare un discorso di attività per i ragazzi, asili nido, centri per i giovani. E devo dire che in qualche caso hanno anche accettato i nostri consigli e i nostri suggerimenti.

D. – Come ti chiami?

R. – Margherita.

D. – Margherita, quanti fratelli hai?

R. – Cinque.

D. – Cosa vuol dire far parte di una famiglia numerosa e avere cinque fratelli sempre con te?

R. – E’ una bella cosa, perché comunque ci aiutiamo, condividiamo molte cose, molte gioie, molte tristezze anche. Certo, a volte, litighiamo, ma come tutti i fratelli. E’, comunque, una bella esperienza. E’ molto bello.

D. – Ciao, come ti chiami?

R. – Antonio.

D. – Quanti fratelli hai?

R. – Io sono il primo di cinque: quattro maschi e una femmina.

D. – Cosa vi dicono gli amici quando dite “siamo cinque figli”, “abbiamo cinque fratelli”?

R. – Sono increduli, nel senso che credono che non sia possibile una cosa del genere. Invece noi ci rendiamo conto che questo numero elevato di persone in casa rende le giornate vive.

D. – Tu sei l’unica sorella di quattro fratelli maschi, che cosa vuol dire per te avere tanti fratelli, che ti proteggono anche, immagino?

R. – Infatti, mi aiutano sempre quando ne ho bisogno; mi danno consigli e ogni volta che gli chiedo qualcosa loro sono disponibili.

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"La famiglia cristiana è missionaria": il tweet del Papa

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"La famiglia cristiana è missionaria: annuncia al mondo l’amore di Dio". Così Papa Francesco nel tweet della Domenica dedicata alla Santa Famiglia.

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Don Di Noto: anche oggi milioni di bambini martiri innocenti

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La Chiesa questa domenica ricorda anche la memoria dei Santi martiri innocenti, i bambini che a Betlemme furono fatti uccidere da re Erode, perché insieme ad essi morisse Gesù. “Ancora oggi – ha detto a Natale Papa Francesco – il loro silenzio impotente grida sotto la spada di tanti Erode”. Il Santo Padre ha rivolto il pensiero ai “bambini uccisi prima di vedere la luce, massacrati sotto i bombardamenti, sfollati, abusati, sfruttati, maltrattati o privati dei genitori nell’egoismo di una cultura che non ama la vita”. Sui martiri innocenti dei nostri giorni si sofferma al microfono di Paolo Ondarza, don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione Meter, da anni impegnato contro la pedofilia e la pedopornografia online: 

R. – Certamente i martiri innocenti di oggi sono i bambini uccisi sotto i bombardamenti mentre erano nelle loro case, mentre studiavano, mentre dormivano nei loro letti; quelli arruolati, torturati, violentati, venduti come schiavi o vittime delle nuove forme di schiavitù che sono la pedofilia e la pedopornografia; o anche quei bambini che per la fede cristiana vengono uccisi …

D. – Martiri innocenti anche i bambini mai nati, abortiti...

R. – Sicuramente. Sono tanti i bambini non nati, milioni e milioni di vittime in tutto il mondo. E l’aborto certamente non è una scelta culturale, né tantomeno di pianificazione. Si giustifica l’aborto dicendo che forse i bambini che potrebbero nascere non avranno di che mangiare, saranno malnutriti, però questa è una giustificazione assurda di cui noi non possiamo tacere, dobbiamo parlarne, parlarne ad alta voce.

D. – Il silenzio impotente di tanti bambini – ha detto Papa Francesco – grida sotto la spada di tanti Erode, anche oggi …

R. – Immaginate il traffico degli organi dei bambini, lo sfruttamento sessuale oppure quando gli Erode arrivano a pianificare anche l’eutanasia infantile … Ecco, tanti Erode di questo mondo non solo non si inchinano all’umanità, come ha detto il Papa, si inchinano soltanto ad un profitto che è il denaro. E il denaro, noi sappiamo – come dice San Paolo – è la spazzatura, l’immondizia del demonio.

D. – Ma l’innocenza può essere violata, uccisa anche psicologicamente?

R. – Certo! Basti pensare come la tv manipoli, veicoli messaggi violenti; poi ci sono le cosiddette nuove favelas esistenziali digitali: cioè, i bambini sono i soggetti di un’esistenza che è stata invasa dalla tecnologia, che non sanno gestire e quindi naufragano nelle cosiddette periferie digitali. Gli uomini di buona volontà devono abitare quelle periferie non soltanto per comunicare, ma anche per accompagnare la sofferenza di questi minori che naufragano nel mondo digitale.

D. – Il 2014 che si conclude, lei denuncia, è stato un anno terribile: innumerevoli le vittime innocenti …

R. – Possiamo elencarle come una specie di Rosario del dolore … Credo che proprio per la festa dei Santi Innocenti dovremmo elevare preghiere e suppliche e assumere un impegno concreto: infatti, non deve mai mancare la speranza di fronte a tutti questi problemi terrificanti, orribili dove i bambini non vivono neanche il giorno dopo la loro nascita. C’è da sperare perché ci sono tanti uomini di buona volontà … Finisco raccontando una cosa: ho piantato degli alberi di fronte alla mia parrocchia, e spesso me li sradicano. E io, allora, cosa faccio? Li ripianto. E me li sradicano di nuovo. E io che cosa faccio? Li ripianto ancora. E’ vero, li sradicano, nella vita, i bambini. Però noi non possiamo mai dimenticare di continuare a sperare e continuare a far sì che i bambini siano al primo posto, i prediletti del Signore, i privilegiati in una società che non deve disumanizzarsi ma deve sempre sperare nell’uomo.

D. - La Chiesa ci invita a fare memoria dei Santi martiri innocenti. Quale il loro valore per noi?

R. – La Chiesa ha sempre avuto un grande amore per l’infanzia. Lo stesso Beato Paolo VI, prima di morire, diceva che l’impegno della Chiesa per l’infanzia non è una moda transitoria, ma un impegno permanente, proprio perché nasce un bambino per noi. Immaginate che nella Chiesa ci sono stati – oltre ai Santi innocenti – tantissimi bambini martiri, tantissimi bambini testimoni della fede, tanti bambini che sono stati elevati agli onori degli altari come martiri, come Santi, come Beati, come Servi di Dio. Questa è la dimostrazione che anche attraverso i bambini può accadere una rivoluzione. E’ vero, sì, possono offenderli però è anche vero che noi possiamo ricordarli e diventano esempio di vita per tutti.

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Oggi in Primo Piano



Scomparso aereo malese in volo con 162 persone a bordo

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Sarebbe con ogni probabilità il maltempo la causa della scomparsa dai radar dell’aereo della compagnia malese low cost Air Asia, sparito oggi con 162 persone a bordo. Sono ore di angoscia per i familiari dei passeggeri, che Papa Francesco ha ricordato all’Angelus. Il servizio di Roberta Barbi: 

Era decollato una quarantina di minuti prima da Surabaya, in Indonesia, diretto a Singapore; il pilota aveva chiesto un cambio di rotta per evitare il maltempo che in questi giorni imperversa nel sudest asiatico e che ha causato anche diverse inondazioni in Malaysia, poi il silenzio radio e la scomparsa dai radar. È così che non si hanno più notizie di un velivolo della compagnia aerea low cost malese Air Asia, fiore all’occhiello dell’aviazione del continente, che portava a bordo 155 passeggeri – la maggior parte indonesiani, tre sudcoreani, un francese, un malaysiano e un cittadino di Singapore, tra i quali anche 16 bambini e un neonato - e 7 membri dell’equipaggio. Sono ore di angoscia estrema per i parenti mentre in queste stesse ore è arrivato il buio nell’area e con esso la sospensione delle ricerche dell’aereo, sparito nei cieli indonesiani mentre volava sul Mar di Giava tra il Borneo e Sumatra: le operazioni, infatti, sono partite dall’isola di Bangka. L’incidente è arrivato a conclusione di un anno disastroso per l’aviazione malese: due gli incidenti aerei, entrambi a velivoli della compagnia di bandiera Malaysia Airlines, che ha manifestato la propria solidarietà alla concorrente. Il primo velivolo sparì l’8 marzo mentre volava da Kuala Lumpur a Pechino e non fu mai ritrovato; il secondo, il 17 luglio, fu abbattuto da un missile non ancora identificato nei cieli dell’Ucraina.  

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Appello Onu al Pakistan: no al ritorno alla pena di morte

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Il Pakistan ha respinto gli appelli dell'Onu e dell'Unione europea a fermare le impiccagioni riprese negli ultimi giorni. "Il Pakistan rispetta la comunita' internazionale - ha detto un portavoce governativo Tasnim Aslam  - ma il Paese sta attraversando circostanze straordinarie che richiedono misure straordinarie". Sono circa 500 le esecuzioni annunciate dopo la strage alla scuola militare di Peshawar. Si tratta di terroristi incarcerati per altri attentati. La loro esecuzione era stata sospesa perché Islamabad, pur non avendo mai accettato l’abolizione della pena capitale, aveva però adottato una moratoria dal 2008. Della triste scelta di tornare a mettere in atto la pena capitale e della drammatica situazione di violenza che il Pakistan vive, Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Pio, che segue le questioni asiatiche per l’Ispi, Istituto di Studi di Politica Internazionale: 

R. – Il Pakistan di fatto non ha il controllo di una gran parte della fascia di confine con l’Afghanistan, o un controllo quantomeno limitato. Ha responsabilità nell’aver alimentato una serie di realtà radicali più o meno talebane, più o meno jihadiste, impiegate sia in chiave e in funzione anti-indiana, sia per destabilizzare l’Afghanistan, per prendere il controllo dell’Afghanistan, per assicurarsi il controllo delle aree di confine. Il problema è che poi queste realtà estremiste radicali sfuggono al controllo istituzionale e si generano questi fenomeni. Per cui non mi stupisce una scelta schizofrenica come questa, molto di istinto e simbolicamente molto avvertibile e riconoscibile come la sospensione della moratoria.

D. – Le esecuzioni capitali non possono piacerci, ma va anche detto che sicuramente non sono davvero una soluzione: non per questo spariranno gli attentati in Pakistan…

R. – Assolutamente no! Non ci sarà meno terrorismo per questo. Non è che il Pakistan quando fa le operazioni antiterrorismo nelle zone tribali ci vada piano o ci vada col guanto di velluto, tutt’altro! Ma la forza non sortisce effetto. Per cui diciamo che non è assolutamente la risposta, quella della sospensione alla moratoria, e che anzi rischia di alimentare ulteriori fenomeni di terrorismo, di insurrezione e così via…

D. – Dunque, quali soluzioni intravedere, quali soluzioni immaginare?

R. – Conoscendo anche personalmente questo Paese, una delle soluzioni – ma è molto complicata – sarebbe anche quella di rivedere una politica che questo Paese ha portato avanti negli ultimi 15 anni di relazioni, rapporti, con certe realtà radicali jihadiste dell’area. Quello potrebbe essere già un primo passo. Il secondo passo - e questo chiama in causa la comunità internazionale – è mettere fine, una volta per tutte, all’annoso ultradecennale conflitto con l’India, che in qualche misura il Pakistan ha vissuto sempre in una posizione di inferiorità e che per attutire – diciamo – questa sua posizione di inferiorità ha sempre fatto ricorso, contro l’India, anche all’utilizzo e all’appoggio di realtà jihadiste. Non dimentichiamo che India e Pakistan sono tuttora due Stati tecnicamente in guerra: quindi, da questo punto di vista io mi aspetterei che la comunità internazionale, l’Onu e soprattutto gli Stati Uniti facciano finalmente un deciso passo per riportare le relazioni tra questi giganti del subcontinente indiano non dico alla normalità, ma quantomeno alla accettabilità politica e strategica.

D. – C’è anche un tessuto sociale da recuperare dopo anni di conflitto, perché è un territorio che vive la guerra quotidiana praticamente…

R. – Assolutamente! Il Pakistan purtroppo ha dovuto fare i conti con la cronica instabilità e il cronico stato di guerra dell’Afghanistan, dal ’79 in avanti. Quindi in qualche misura è stato anche vittima, vittima inconsapevole di questo stato di cose. Poi mettiamoci anche il conflitto storico con l’India e questo ha fatto sì che il Paese dovesse, per forza, destinare gran parte delle proprie risorse alla difesa, al riarmo militare… Il tessuto sociale si è assolutamente fratturato, sfilacciato dopo anni di guerra, dopo anni anche di politiche un po’ settarie favorite anche dallo stesso establishment del Paese. Non dimentichiamoci che il Pakistan è lo Stato dove è morta Benazir Bhutto, probabilmente uno dei più assurdi complotti che la storia recente, a livello di Stato, ricordi negli ultimi anni.

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"Fuori della porta", onlus per giovani in difficoltà a Roma

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Per aiutare i ragazzi disagiati è necessario anche vivere le periferie e i luoghi che loro stessi frequentano, come discoteche o locali. E' la convinzione di don Giovanni Carpentieri, assistente spirituale dell’associazione “Fuori della porta” che ogni giorno a Roma diventa punto di riferimento e mano amica di ragazzi in difficoltà. Corinna Spirito gli ha chiesto di raccontarci la sua missione quotidiana: 

R. – L’Associazione di volontariato onlus “Fuori dalla porta”, che è anche un’associazione privata di fedeli di cui io sono assistente ecclesiastico, fa all’interno della diocesi di Roma un servizio pastorale di presenza, di accompagnamento di ragazzi tra i 13 – purtroppo già da questa età si manifestano certi disagi – e i 24/25 anni. E' una fascia giovanile che spesso a Roma vive in permanente stato di tragedia, di emergenza, sia dal punto di vista dell’uso di sostanze, sia dal punto di vista dell’alcol e del circuito della prostituzione. Quindi, è un discorso di accompagnamento a questa fascia con un procedimento di tre step. Il primo passo è la presenza negli ambienti: questa fascia di ragazzi non si prende se non si abitano queste periferie, come dice Papa Francesco. Stare lì, in questi ambienti, intercettare questi ragazzi che hanno mille tragedie: questa è la prima presenza, in un discorso – ovviamente – di promozione umana, come del resto ci dice la “Evangelii Gaudium”. Il secondo step è la presa in carico dei ragazzi che vengono incontrati, con le loro difficoltà di natura scolastica, di natura psicologica, di natura legale; e il terzo step, che stiamo anche un pochino ampliando, è l’accoglienza dei ragazzi. Per un po’ di anni abbiamo fatto accoglienza dei ragazzi anche maggiorenni, e adesso stiamo per aprire una casa-famiglia per minori a rischio, ovviamente in convenzione con il Comune di Roma.

D. – Nell’Associazione sono presenti anche coetanei che magari aiutano questi ragazzi ad integrarsi?

R. – Ovviamente, noi abbiamo in Associazione un gruppo di volontari, affiancati anche da un gruppo di persone con competenze professionali che, nella misura in cui si rende necessario, accompagnano, affiancano questi ragazzi. Quello che manca non è tanto il coetaneo di buona volontà che si può trovare e che, ovviamente, deve essere maturo, ma è proprio la realtà adulta che viene a fare difetto, che noi non abbiamo nel presente. È un mondo adulto che in generale, nella nostra società, manca. Non c'è chi si prenda in carico la realtà giovanile. C'è un mondo adulto per il quale la realtà giovanile è soltanto motivo o occasione di business, motivo o occasione di giochi più o meno affettivi, più o meno sessuali, come sentiamo. Nella nostra piccola realtà associativa cerchiamo anche, oltre a questo, di fare formazione all’interno della diocesi.

D. – Possiamo dire che siete già una famiglia per questi ragazzi?

R. – Ovviamente l’obiettivo è quello di essere una casa-famiglia, cioè di dare casa a chi, per tanti motivi, casa non ha, soprattutto di essere famiglia per chi, per tanti motivi, questa famiglia non ce l’ha. Per una concreta casa-famiglia adesso siamo in dirittura di arrivo, ci manca ancora qualche piccolo permesso tecnico – le solite lungaggini burocratiche, ovviamente.  Io rivolterei – se mi è permesso – la domanda e chiederei: “Di chi sono figli questi giovani, questi ragazzi, queste ragazze? Di chi sono figli?”. Sono figli anche nostri, sono figli anche delle nostre famigli, che per grazia di Dio noi abbiamo avuto… L'essere padre, madre,  marito, moglie, la genitorialità può essere una carta vincente per tantissimi di questi ragazzi.

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Un presepe vivente missionario: a Villaregia, a Roma

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Ottava edizione del Presepe vivente missionario presso la Comunità missionaria di Villaregia a Roma. Lo spettacolo è ambientato nella Betlemme di Gesù di duemila anni fa ed è animato da oltre 150 volontari. Ma perché è un presepe “missionario”? Federico Piana lo ha chiesto a padre Roberto Favaretto, uno degli organizzatori dell’iniziativa: 

R. – Missionario, perché il presepe vivente, nel senso tradizionale della parola stessa, ha uno scopo ben definito: un progetto a livello di cooperazione internazionale. Ogni anno scegliamo un progetto in base alle necessità di una missione della stessa Comunità missionaria di Villaregia; noi abbiamo alcune missioni tra Africa e America Latina. Quest’anno ci stiamo impegnando con il presepe ed altre iniziative per quanto riguarda la situazione di una missione che abbiamo a Maputo in Mozambico, all’estrema periferia della capitale, dove ci sono alcune necessità tra cui la copertura di un capannone che diventerà chiesa e svolgerà anche le funzioni di cui la popolazione del posto avrà bisogno.

D. – Qual è lo spettacolo che le persone vedranno?

R. - La gente venendo vedrà nella prima tappa del presepe, attraverso un filmato, qual è la situazione, lo scopo e il motivo. La seconda tappa è un approfondimento della situazione della missione in Mozambico attraverso dati e filmati per comprendere anche la necessità di tempi brevi, oltre che la precarietà, di questo progetto che portiamo avanti e di altri che potrebbero essere svolti come risposta concreta alle necessità di quella gente che c’è stata affidata nella missione di Maputo. La terza tappa è il presepe vivente che si svolge in una piccola valle, dove abbiamo tentato di ricostruire, attraverso una quindicina e più capanne, varie attività usufruendo dell’aiuto di alcuni artigiani di mestiere, e di altri che invece hanno fatto corsi specializzandosi in alcuni settori. Gli artigiani, oltre ad essere i pastori nel presepe tipico, vogliono coinvolgere soprattutto i bambini e i piccoli con le varie filiere che sono presenti. Faccio un esempio: c’è il gregge che viene portato da un pastore locale che abita vicino a noi e oltre agli agnelli, alle pecore, c’è il processo della lavorazione della lana, quindi la cardatura, la filatura e poi la tessitura con un telaio che abbiamo cercato di ricostruire secondo disegni antichi in modo che corrispondesse ad un telaio ebraico. Quindi queste persone sono tutti volontari della comunità e portano avanti tutto ciò in modo tale che il bambino veda anche il processo della lana; poi c’è un mulino ad acqua per la farina; la stessa ruota del mulino muove un maglio per fare vedere come i ramai – i fabbricanti di pentole – una volta facevano le pentole attraverso il rame con questo maglio che batte a ciclo continuo secondo il ciclo dell’acqua. Poi c’è il il ciabattino …  Sono 21 le attività che vengono presentate e che ti fanno ritornare a quell’ambiente del presepio, ma nello stesso tempo, diventano anche educative, nel senso che ti fanno vedere determinate attività artigianali come erano una volta.

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Nella Chiesa e nel mondo



Due incidenti in mare al largo delle coste italiane

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Due navi mercantili si sono scontrate questa mattina circa 2 miglia al largo del porto di Ravenna. Sul posto stanno intervenendo le autorità marittime competenti che si occupano anche del trasferimento a terra delle persone e bordo della motonave turca che dopo la collisione sta affondando all’imboccatura del porto, ma si cercano anche tre dispersi sugli undici componenti dell'equipaggio. L’altra imbarcazione, invece, batte bandiera del Belize. Ma un altro incidente in mare si è verificato nella giornata di oggi: a 22 miglia dalla costa italiana ha preso fuoco un traghetto della compagnia Vismar in viaggio da Patrasso e diretto ad Ancona, dove sarebbe dovuto arrivare questo pomeriggio intorno alle 17. Le prime richieste di aiuto sono arrivate mentre era all'altezza di Corfù, fino al lancio dell’abbandono nave con il calo delle scialuppe cariche di persone, ma le operazioni di soccorso sono rese difficoltose dalle pssime condizioni del mare. Sul posto sono intervenute sia le autorità elleniche che la Marina italiana con mezzi aerei e navali, e si ha notizia già di 170 su 466 passeggeri tratti in salvo, ma si lavora per porre in favore di vento un traghetto ormai alla deriva verso le coste dell'Albania, ma che - sempre secondo le autorità - non rischierebbe di affondare. Tuttavia, per la messa in sicurezza di tutti e per la completa estinzione delle fiamme sviluppatesi dal garage, ci vorranno ancora alcune ore. Il presidente del Consiglio italiano renzi e il premier gresco samaras sono in contatto telefonico continuo per aggiornarsi e coordinarsi sull'accaduto. (R.B.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 362

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.