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Sommario del 23/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa ai cristiani del Medio Oriente: soffro con voi, basta guerre e violenze

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“Non possiamo rassegnarci ai conflitti” nel Medio Oriente. E’ uno dei passaggi forti della lunga lettera che Francesco ha indirizzato ai cristiani della regione. Nel documento, il Pontefice sottolinea che tanti, soprattutto in Iraq, sono tormentati da “un’organizzazione terrorista di dimensioni prima inimmaginabili”. Il Papa evidenzia dunque che bisogna proseguire nella via del dialogo con le altre religioni per arrivare alla pace tanto desiderata. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente per la mancanza di pace?” E’ l’interrogativo lancinante che Francesco pone a se stesso e al mondo intero. Una domanda che si fa ancora più pressante nel momento in cui, rileva il Papa, le popolazioni della regione sono scosse dall’operato di una “più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo”.

Terrorismo disumano
Questi terroristi, rileva, colpiscono i cristiani “che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre”. E così, constata con amarezza Francesco, per “molti di voi alle note dei canti natalizi si mescoleranno le lacrime e i sospiri”. Il Papa non dimentica gli “altri gruppi religiosi ed etnici che pure subiscono la persecuzione e le conseguenze di tali conflitti”. Assicura che segue ogni giorno “le notizie dell’enorme sofferenza di molte persone nel Medio Oriente”. E il pensiero va specialmente “ai bambini, alle mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, a quanti patiscono la fame, a chi deve affrontare la durezza dell’inverno senza un tetto sotto il quale proteggersi”.

Vorrei essere con voi
Con parole di “consolazione e di speranza”, Francesco esprime la sua vicinanza e quella della Chiesa al piccolo gregge del Medio Oriente e ai pastori che accompagnano “con sollecitudine il cammino” delle loro comunità. “Spero tanto – è il suo auspicio – di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e a confortarvi”. Al tempo stesso, il Papa torna a “esortare la Comunità internazionale a venire incontro” ai bisogni dei cristiani e delle altre minoranze, “promuovendo la pace mediante il negoziato e il lavoro diplomatico, cercando di arginare e fermare quanto prima la violenza che ha causato già troppi danni”. Quindi, torna a ribadire “la più ferma deprecazione dei traffici di armi”. Abbiamo bisogno “di progetti di pace”, evidenzia, per “una soluzione globale ai problemi della regione”. Di qui l’esortazione a non rassegnarsi “ai conflitti come se non fosse possibile un cambiamento”.

Mai violenza in nome della religione
Un cambiamento che, evidenzia il Papa, può essere sostenuto dal “dialogo interreligioso” che “è tanto più necessario quanto più difficile è la situazione”, “non c’è altra strada”. Del resto, annota, il dialogo “è anche il migliore antidoto alla tentazione del fondamentalismo religioso che è una minaccia per i credenti di tutte le religioni”. Al tempo stesso, Francesco scrive che i cristiani del Medio Oriente possono aiutare i “concittadini musulmani a presentare con discernimento una più autentica immagine dell’Islam, come vogliono tanti di loro, i quali ripetono che l’Islam è una religione di pace”. Tuttavia, ammonisce, la “situazione drammatica” che vivono i cristiani, gli yazidi e le altre minoranze in Iraq richiede una “presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi, per condannare in modo unanime e senza alcuna ambiguità tali crimini e denunciare la pratica di invocare la religione per giustificarli”.

Pregare per la pace
Il Papa ricorda così la sua visita in Terra Santa e l’incontro di preghiera in Vaticano con i presidenti israeliano e palestinese e invita tutti “a pregare per la pace in Medio Oriente”. “Chi è stato costretto a lasciare le proprie terre – si legge nella lettera – possa farvi ritorno e vivere in dignità e sicurezza”. Esorta dunque ad incrementare “l’assistenza umanitaria” ponendo “sempre al centro il bene della persona e di ogni Paese”. Ancora, elogia il lavoro che le Caritas e le organizzazioni caritative stanno facendo per “aiutare tutti senza preferenze”.

Ecumenismo del sangue
“La situazione in cui vivete – scrive il Papa – è un forte appello alla santità della vita, come hanno attestato santi e martiri di ogni appartenenza ecclesiale”. Francesco rammenta con commozione i pastori e i fedeli ai quali “è stato chiesto il sacrificio della vita” e con loro le tante persone sequestrate, lanciando un appello affinché “possano presto tornare sane e salve nelle loro case e comunità”. In mezzo a questi conflitti, sottolinea, “la comunione vissuta” tra i cristiani, cattolici e ortodossi e delle altre Chiese, è segno del Regno di Dio. Queste sofferenze, ribadisce, “portano un contributo inestimabile alla causa dell’unità”. E’, afferma il Pontefice, “l’ecumenismo del sangue, che richiede fiducioso abbandono all’azione dello Spirito Santo”. E definisce il piccolo gregge dei cristiani “la ricchezza maggiore per la Regione”, il “lievito nella massa”. Un piccolo gregge, riprende, “ma con una grande responsabilità” nella terra dove è nato Gesù e si è diffuso il cristianesimo.

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Pizzaballa: Lettera di Francesco, incoraggiamento per tutti

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La Lettera del Papa ai cristiani è un richiamo alla comunità internazionale, è un appello a fermare il male prodotto dal terrorismo e una richiesta a tutti i leader religiosi prendere posizione contro il fondamentalismo. E’ una bella Lettera e un incitamento per tutti i cristiani: commenta il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: 

R. – E’ uno scritto che mi ha colpito molto, perché è chiaro, molto chiaro, nel descrivere la situazione che vivono i cristiani, ma non è pessimista, incoraggia la comunità cristiana alla sua missione, che è quella di rendere testimonianza con una santità di vita, chiama il male per nome, terrorismo che deve essere condannato. Ci sono poi anche degli elementi molto importanti, come il dialogo ecumenico ed interreligioso: di fronte a queste situazioni non ci si deve chiudere, ma ancora di più bisogna guardare all’altro nel dialogo e nel rapporto che sono essenziali e che non hanno alternative. Non c’è altra strada, lo dice espressamente. Quindi, rifiutare ogni forma di parzialità, che è la condanna di questa terra.

D. – Lei ha citato l’importanza, la necessità del dialogo interreligioso: questa, secondo Papa Francesco, è l’unica strada anche per aiutare l’islam a farsi conoscere non solo come religione di violenza…

R. – Sì, lo dice espressamente anche nella Lettera. Il dialogo interreligioso è necessario, perché non c’è altra scelta. Nel dialogo interreligioso bisogna però anche chiedere ai nostri fratelli musulmani chiarezza nel condannare queste forme di degenerazione dell’islam, perché altrimenti il dialogo sarebbe basato su qualcosa di falso. E’ una chiarezza che è importante, allo stesso tempo è anche importante non cedere al disfattismo, allo scontro di civiltà, alla chiamata alle armi, perché non hanno prospettiva.

D. – A suo giudizio in che modo i cristiani accoglieranno questa Lettera?

R. – Io credo che già la Lettera in sé, che non era stata preventivata e che non fa parte di alcuna tradizione, è un gesto di attenzione molto importante, che sarà sicuramente molto gradito. E’ poi anche una indicazione di metodo e una indicazione di via da seguire per tutte le comunità cristiane. Di fronte ai drammi che tutti stiamo assistendo era necessario darci una indicazione e un richiamo autorevole e forte. E questo era quello di cui avevamo proprio bisogno.

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Papa, tweet: A volte siamo schiavi al peccato. Signore, liberaci

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “A volte siamo schiavi al peccato. Signore, vieni a liberarci!”.

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Mons. Vitillo: contro Ebola servono aiuti di lungo periodo

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“Dobbiamo aiutare le economie devastate da Ebola a recuperare” ed anche a “imparare da questa epidemia per prepararsi alla prossima”: queste le parole del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, di ritorno da un viaggio in Africa Occidentale. A oggi, sono 7.518 i morti causati dal virus mortale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un dramma che va ben oltre il settore sanitario, ha sottolineato il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in questi giorni in visita in Sierra Leone e Liberia. Insieme con lui mons. Robert Vitillo, delegato della Caritas Internazionalis presso l’Onu a Ginevra, appena rientrato in Italia. Roberta Gisotti lo ha intervistato: 

R. - La situazione in Sierra Leone è molto grave. C’è molta paura, panico fra la popolazione. Le scuole sono chiuse sia in Sierra Leone che in Liberia. Molto spesso, quando i genitori devono lavorare, i bambini, i ragazzi rimangono soli e questo è un altro problema. Infatti ,in Sierra Leone si stima che il numero delle adolescenti incinte stia crescendo, quindi è molto importante proteggere questi bambini e ragazzi. Speriamo che le scuole possano riaprire.

D. – Sappiamo che c’è anche un’emergenza per gli orfani…

R. - Si, in Sierra Leone ci sono tra i 2.500 e 5.000 orfani. In molti casi, le famiglie non vogliono prendere questi orfani perché hanno paura che possano trasmettere infezioni anche, se non hanno o sono guariti dal virus. Quindi, molti bambini si trovano per strada: in questo momento, ci sono programmi da parte della Chiesa per accoglierli e incoraggiare le famiglie a prenderli con loro.

D. - La situazione è tale che bisognerà pensare a programmi di aiuto anche nel lungo periodo?

R. - Sì, le conseguenze del virus vanno al di là dei problemi medici. Prima di tutto, molta gente non lavora perché i negozi, le scuole, molti uffici del governo sono chiusi. La gente non prende uno stipendio, è un problema anche dare da mangiare alla famiglia e ai propri figli. Questo durerà anche dopo l’Ebola, perché l’impatto sulla situazione economica in questi Paesi, già deboli, è molto forte. Poi, ci sono anche i risvolti sociali: la gente si sente frustata, c’è un incremento di violenza anche nelle comunità... Poi, c’è la questione delle prospettive del futuro, e la paura che questa epidemia possa ripresentarsi in futuro.

D. - È importante, mons. Vitillo, che la comunità internazionale non spenga dunque i riflettori sulla situazione?

R. - Sì, è molto importante che continui a incrementare le risposte, non solo attraverso l’invio di infermieri e medici, ma anche di denaro per stabilizzare la situazione economica e rinforzare le infrastrutture sanitarie e socio politiche.

D. - La Chiesa sta facendo tutto quello che può per aiutare…

R. - La Chiesa sta facendo moltissimo e infatti in qualche regione di questi Paesi sono le uniche strutture sanitare che funzionano. Però, anche in questo senso, c’è bisogno di solidarietà di tutta la Chiesa universale. La Caritas sta facendo molto, così come le Congregazioni religiose, ma c’è bisogno di altro aiuto.

D. - Sicuramente, il tempo di Natale è il momento giusto per solidarizzare con tante persone che sono nella sofferenza e nel bisogno…

R. - Sì, naturalmente in questo Natale c’è molto lutto tra le famiglie. In Sierra Leone, lavorando per Caritas ho incontrato una persona che ha perso 13 membri della propria famiglia… Dunque, c’è tristezza e in alcuni casi disperazione. Ma le chiese sono piene perché è una popolazione che ha fede!

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Cortile Gentili. Mons. Raspanti: da 5 anni spazio d'attrazione

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Si è riunito per la prima volta lo scorso 18 dicembre, in Vaticano, il neo Comitato scientifico del “Cortile dei Gentili”, la struttura dedicata al dialogo con i non credenti, inserita nel Pontificio Consiglio della Cultura. L'incontro è avvenuto nel quinto anniversario del discorso di Benedetto XVI alla Curia Romana, datato 21 dicembre 2009, che ispirò la creazione del “Cortile”. In proposito, Fabio Colagrande ha intervistato mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, coordinatore del Comitato Scientifico del “Cortile dei Gentili”: 

R. – È un’ispirazione che prestissimo ha trovato sponde nel mondo intellettuale, universitario e accademico, ma anche nel mondo più ampio della cultura come modo di essere, come modo di pensare della gente, perché quando in questi cinque anni sono state chieste delle collaborazioni a tutti i livelli, con persone ovviamente non credenti molto spesso, e le risposte sono state sempre entusiaste, pronte, immediate.

D. – Qual è secondo lei l’intuizione originaria del Cortile?

R. – Benedetto XVI voleva davvero creare questo spazio di dialogo, perché ha suggerito che c’è una ricerca nel cuore dell’uomo e questa ricerca deve essere concreta nella nostra società – sia europea-occidentale, sia all’interno del vasto mondo delle religioni – e non è interpretata esclusivamente dal cristianesimo e meno  ancora dalla Chiesa cattolica, ovviamente, ma è molto più ampia. Questa ricerca giace nel fondo del cuore dell’uomo e talvolta non riesce a esprimersi come vorrebbe e soprattutto non sempre riesce a collegarsi alla voglia di fraternità e di pace che c’è nel cuore di tutti gli uomini in tutti i continenti. Allora, aprire uno spazio in cui sia chi non crede, sia gli uomini delle altre religioni possano dare piena espressione a questa ricerca – anche se non sempre esplicitamente “etichettata” con nome di religione, riti e quant’altro, ma spingendo l’acceleratore sul piano della fraternità, della solidarietà, del sentirsi una sola cosa, aspetto legatissimo al senso della pace – è stata veramente una bella intuizione perché appunto, come dicevo prima, subito ha trovato eco nei cuori, nelle anime e nelle menti di tantissime persone.

D. – Come, secondo lei, la Chiesa in uscita di Papa Francesco si sposa con le finalità del Cortile dei Gentili?

R. – Papa Francesco sta apprezzando, perché il Cortile è come un piccolo rimorchiatore che riesce ad andare, a entrare nei meandri, nei fondali in cui la grande nave non riuscirebbe a entrare. Per cui, penso si coniughi molto bene perché per certi aspetti è un punto d’avanguardia, una vedetta, un luogo davvero dove si sta insieme. Siccome il Santo Padre ci vuole prossimi a tutti, a chi soffre e a chi cerca – a chi soffre ne cuore e a chi soffre nel corpo – allora penso che una “falange” come quella del Cortile riesca davvero a poter uscire dagli schemi soliti, dai cliché culturali, mentali, soliti, per addentrarsi in territorio ancora inesplorati.

D. – Quali prospettive di sviluppo del Cortile sono emerse nella prima riunione del suo Comitato scientifico?

R. – Prima ancora di qualsiasi contenuto da affrontare, tutti hanno riconosciuto che poterlo fare a partire dalla Santa Sede è un valore aggiunto perché permette un raggio, un respiro universale,  e dall’altra parte anche un’autorevolezza che è data dai duemila anni della Chiesa e da un’imparzialità che la Santa Sede ha rappresentato e rappresenta ancora oggi all’interno dei popoli e delle nazioni. Altro punto abbastanza importante è stato la sottolineatura di un metodo di lavoro: prima ancora che i contenuti, il come dialogare, come portare avanti, come non scivolare per esempio in dei semplici convegni… Il Cortile vuole piuttosto smuovere i cuori, fa mettere in gioco le persone stesse che molto spesso sono sia rappresentanti delle istituzioni che degli opinion leader e che dunque si espongono e si mettono loro stessi in cammino. E allora bisogna trovare un metodo, quindi un linguaggio che accomuni, delle parole che riescano a far esprimere tutti insieme in maniera concorde e che riescano a parlare davvero al cuore della gente perché incidano nei loro costumi e, soprattutto, diano speranza e orizzonti di luce.

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P. Lombardi. Radio vaticana: curare l'unione fra noi

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“Curiamo l’unione fra di noi, necessaria, come dice il Papa, per il bene di ogni comunità”. Parole di padre Federico Lombardi, direttore della Radio Vaticana, nel salutare il personale riunito questa mattina per il tradizionale scambio di auguri natalizi. L’incontro è seguito alla Santa Messa di preparazione al Natale nella Cappella dell’Annunciazione di Palazzo Pio, sede della nostra emittente. Il servizio di Gabriella Ceraso

Questo è il momento dell’anno in cui la famiglia della Radio Vaticana lascia temporaneamente scrivanie e lavoro per ritrovarsi insieme a celebrare il Natale, la venuta del Signore. "La nascita di un bambino in Africa", ha detto nell’omelia padre Paul Samasumo, originario dello Zambia e responsabile del programma Inglese Africa, "è una festa grande", proprio come è stata la venuta di Gesù:

“La nascita di Gesù è un dono prezioso per tutti noi. Dio ha scelto di venire a vivere fra noi e con questo gesto ci ha dato il prezioso dono del suo Figlio. Oggi, non celebriamo solo la nascita di Gesù nella storia, celebriamo anche la liberazione, riconciliazione dell’umanità con Dio”.

"Il tempo di Natale", ha aggiunto, "non sia un tempo di distrazioni e fretta bensì l’occasione per far silenzio in noi in modo da poter ascoltare la voce di Dio che viene a parlarci".

In diverse lingue – un quarantina quelle della nostra emittente – si è pregato per il Papa, per la Chiesa, per i cristiani perseguitati nel mondo, per il lavoro della Radio Vaticana, perché sia testimonianza di vita, come il Signore la desidera, con gioia, umiltà e dedizione.

Nei saluti finali, dopo le parole dei colleghi, il direttore della nostra emittente, padre Federico Lombardi, ha ricordato presenti, assenti e nuovi arrivi – i cinque bambini appena nati nelle famiglie dei colleghi – e ha ripercorso il secondo anno trascorso al servizio del Papa. Un anno di difficoltà, ma anche di novità e speranza, ha detto:

“Recentemente, per esempio, questo degli Stati Uniti e Cuba, in cui il Papa ha dato un contributo, è un segno che noi non aspettavamo, che qualcosa in meglio può cambiare”.

“Camminiamo con speranza e fiducia come Abramo", è stato il suo invito, certi che il Signore ci conduce, in particolare, curando ciò che anche al Papa sta a cuore:

“Le comunità della Chiesa – la Curia, la Radio Vaticana – devono essere unite. Ognuno di noi deve cercare veramente di creare comunità, comunione con il rispetto dell’altro, con la buona comprensione, con la pazienza che è necessaria. Ma ogni divisione, ogni tensione non curata etc. è fonte poi di debolezza e di fallimento. Mi raccomando in particolare questo aspetto: curare - dice il Papa - continuare a curare l’unione fra di noi, il rispetto e la solidarietà di cui abbiamo veramente molto bisogno.

Tra le novità di questo Natale, annunciata da padre Lombardi, la cronaca indonesiana delle celebrazioni papali. "Grazie al nostro servizio", ha detto, "avanza la frontiera dell’annuncio del Signore".

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Non siete soli: in una lettera la vicinanza e la solidarietà di Papa Francesco ai cristiani del Medio oriente.

E' venuto per darci confidenza: il discorso inedito di Paolo VI del 25 dicembre 1971 e un articolo del direttore su "I Natali di Montini".

Rispettare l'ambiente per garantire uno viluppo umano integrale:

Intervento della Santa Sede a Lima.

Cattive abitudini: Pierluigi Natalia sulla questione sicurezza in Africa.

Un'altra bara tra le onde: quattro cadaveri su un barcone di migranti soccorsi nel Mediterraneo.

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Oggi in Primo Piano



Card. Vallini: Roma è una città provata e afflitta ma non bisogna rassegnarsi al male

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“Roma è una città provata e afflitta” e la corruzione è “un virus della società”. Non bisogna però rassegnarsi al male, per poter rinnovare “quei vincoli di civiltà e di concordia che hanno fatto della città un faro luminoso nella storia dell’intera umanità”. Così il cardinale vicario Agostino Vallini ieri a Santa Maria Maggiore, durante la veglia dedicata all’icona di Maria “Salus Popoli Romani”. Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha ringraziato a nome di tutta la cittadinanza “Papa Francesco e il cardinale Agostino Vallini per il gesto di grande sensibilità nei confronti della città,  un segnale essenziale in questo momento di difficoltà”, in seguito all’inchiesta su “mafia capitale”. Lo stesso Marino ha oggi presentato la nuova giunta del Campidoglio. Tre i nuovi assessori tra cui spicca la nomina del giudice Alfonso Sabella alla “legalità e trasparenza”. La veglia è stata un’occasione di preghiera e riflessione , alla quale hanno partecipato numerosi fedeli Sentiamo le loro testimonianze raccolte da Michele Raviart: 

R. – Siamo qui perché crediamo di poter dare un contributo alla città come cristiani e crediamo anche che, al di là della cattiveria degli uomini, possiamo far qualcosa in più, svegliare un po’ l’attenzione dei cristiani per la città.

R. – Voglio pregare perché io abito qui a Roma e sono preoccupata per questa situazione e voglio pregare affinché le cose possano migliorare. La Chiesa ci sta chiedendo di assumerci la nostra responsabilità per non danneggiare i più deboli e le persone che hanno più bisogno.

R. – C’è sicuramente bisogno in questa nostra città di Roma di uscire fuori anzitutto con più fiducia e con più speranza, perché vediamo tanta rassegnazione in giro. Siamo qui per questo! Quando ci ha chiamato a pregare insieme Maria, io ho proprio pensato: “Sì, c’è bisogno perché c’è sconforto in tutti e anche nel mio cuore”. Queste brutte notizie mi amareggiano… E’ invece il momento di avere un po’ di coraggio e sento, da donna di fede, che la risposta viene da lì: viene sicuramente da un impegno personale di testimonianza continua, da un impegno di etica, di legalità, di lotta alla corruzione nel lavoro quotidiano, ma poi alla fine è tutta una grazia di Dio. Quindi ho sentito forte di dover rispondere a questo invito a pregare.

R. – Sono accorso con piacere perché il momento è particolare e ritengo che sia importante una forte testimonianza di tutto il mondo cattolico. Mi hanno colpito le parole del cardinale, in particolare riguardo al fatto che si scambiano i mezzi per i fini: l’uomo ha perso un po’ l’obiettivo e non conosce più quale sia la vera motivazione della propria vita e quali siano i valori veri che non sono il prestigio, il denaro…

R. – Mi sembrava fosse anche doveroso rispondere come cittadini romani e come cristiani. E’ giusto riaffermare i valori di legalità, valori che pare siano passati: quindi dare testimonianza che non tutti pensano che non siano più importanti questi valori.

R. – La veglia, la preghiera ti aiuta a ricordare continuamente quello che sei e quanto sei fragile e soggetto a sbagliare. La misericordia di Dio ci aiuta ad essere poi perdonati. Però, probabilmente, le persone che invece non si fermano mai a riflettere con loro stessi, con la propria coscienza, perché si allontano completamente dalla spiritualità, sono più soggetti a pensare di acquisire invece potere e potenza da altre dinamiche, che cominciano poi ad inseguire in modo costante e perenne.

R. – E’ stata una bella serata! Sono proprio contenta di essere venuta. Eravamo qui anche per chi fa dei danni alla città e alla gente. Era anche per questo… Non bisogna arrendersi mai! E comunque ognuno risponde di se stesso.

R. – La sua omelia teneva in considerazione la dimensione spirituale con la dimensione storica che la città di Roma sta vivendo. Sicuramente c’è speranza, perché c’è sempre la resurrezione; dopo l’esilio, c’è il ritorno in Israele; dopo la morte, c’è la Resurrezione. Sicuramente abbiamo speranza!

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La missione di don Carpentieri, sacerdote dei ragazzi disagiati

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Per aiutare i ragazzi disagiati è necessario vivere le periferie e avvincarsi ai luoghi che loro stessi frequentano, come discoteche o locali. È proprio questo che fa don Giovanni Carpentieri, assistente spirituale dell’associazione “Fuori della porta” che ogni giorno diventa punto di riferimento e mano amica di ragazzi in difficoltà. Corinna Spirito gli ha chiesto di raccontarci la sua missione quotidiana. 

R. – L’Associazione di volontariato onlus “Fuori della porta”, che è anche un’associazione privata di fedeli di cui io sono assistente ecclesiastico, fa all’interno della diocesi di Roma un servizio pastorale di presenza, di accompagnamento di ragazzi tra i 13 – purtroppo – e i 24/25 anni. Una fascia giovanile che a Roma è in permanente stato di emergenza, sia dal punto di vista dell’uso di sostanze, sia dal punto di vista dell’alcol e del circuito della prostituzione. Quindi, è un discorso di accompagnamento a questa fascia.

D. – Cosa organizzerete per condividere il Natale con questi ragazzi?

R. – Più che occuparci di questi ragazzi a Natale, ci occupiamo dei ragazzi tutto l’anno con un procedimento di tre step. Il primo passo è la presenza negli ambienti: questa fascia di ragazzi non "si prende" se non si abitano queste periferie, come dice Papa Francesco. Stare lì, in questi ambienti, intercettare questi ragazzi che hanno mille tragedie: e questa è la prima presenza, in un discorso – ovviamente – di promozione umana, come del resto ci dice la “Evangelii Gaudium”. Il secondo step è la presa in carico dei ragazzi che vengono incontrati, con le loro difficoltà di natura scolastica, di natura psicologica, di natura legale; e il terzo step, che in questo senso stiamo anche un pochino cambiando, è l’accoglienza dei ragazzi. Per un po’ di anni abbiamo fatto accoglienza dei ragazzi anche maggiorenni, e adesso stiamo per aprire una casa-famiglia per minori a rischio, in convenzione con il Comune di Roma.

D. – Nell’associazione sono presenti anche coetanei che magari aiutano questi ragazzi ad integrarsi?

R. – Ovviamente, noi abbiamo in associazione un gruppo di volontari, affiancati anche da un gruppo di competenze professionali che, nella misura in cui si rende necessario, accompagnano, affiancano questi ragazzi. Quello che manca non è tanto il coetaneo che si può trovare e che, ovviamente, deve essere maturo, ma è proprio la realtà adulta che viene a fare difetto, che noi non abbiamo nel presente. È un mondo adulto che in generale, nella nostra società, manca, non prende a carico la realtà giovanile; un mondo adulto per il quale la realtà giovanile è soltanto motivo o occasione di business, motivo o occasione di giochi più o meno affettivi, più o meno sessuali – come sentiamo. Ma nella nostra piccola realtà associativa cerchiamo anche, oltre a questo, di fare formazione all’interno della diocesi.

D. – Possiamo dire che siete già una famiglia per questi ragazzi?

R. – Ovviamente. Adesso siamo in dirittura di arrivo, ci manca ancora qualche piccolo permesso tecnico – le solite lungaggini burocratiche, ovviamente. L’obiettivo è quello di essere una casa-famiglia, cioè di dare casa a chi, per tanti motivi, casa non ha, soprattutto di essere famiglia per chi, per tanti motivi, questa famiglia non ce l’ha. Io rivolterei – se mi è permesso – la domanda e chiederei: “Di chi sono figli questi giovani, questi ragazzi, queste ragazze? Di chi sono figli?” Sono figli anche nostri, sono figli anche delle nostre famiglie che per grazia di Dio noi abbiamo avuto… Quindi si è rivelata vincente la situazione che il nostro essere padre, madre, il nostro essere marito, moglie, la nostra genitorialità possa essere una carta vincente per tantissimi di questi ragazzi.

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Al cinema la poesia dell'orsetto "Paddington"

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Esce nei cinema il giorno di Natale “Paddington”, il film in cui il protagonista è il simpatico orsetto nato dalla fantasia di Michael Bond e che ha conquistato milioni di affezionati lettori nel mondo, accompagnando l’infanzia d’intere generazioni. Uno splendido cast di attori diretti dal regista inglese Paul King si affiancano alle avventure di Paddington, mirabilmente creato al computer. Il servizio di Luca Pellegrini: 

Paddington, un orsetto proveniente dal cuore del Perù, che parla e cammina come uno di noi, trovato abbandonato e solo nell'omonima stazione londinese dalla famiglia Brown e accudito poi con amore, è una creatura deliziosa e straordinaria che ha iniziato a fare breccia nei cuori dei più piccoli nel 1958 grazie al libro di Michael Bond. Finalmente, le sue esilaranti avventure arrivano al cinema. Montgomery blu e cappello rosso da esploratore, modi gentilissimi, gran ghiottone di marmellata, Paddington ha appassionato intere schiere di lettori. David Heyman, il produttore, lo descrive assai bene: "E' un entusiasta, vede il lato positivo della vita e delle cose. E' il classico "outsider", guarda al nostro mondo da un altro punto di vista e ci incoraggia a farlo con occhi nuovi, incarnando i valori della civiltà, della correttezza e dell'onestà". Il film, garbato e divertente, è anche la storia della famiglia Brown e di come il Signor Brown cominci a rendersi conto della grande ricchezza di Paddington.Il giovane regista Paul King, che dirige con misura e leggerezza, ha confessato di essersi ispirato al "Monello" di Chaplin, sospeso tra tristezza e tanta poesia. Si è sempre detto un entusiasta lettore dei libri di Bond, perché danno la sensazione di un mondo meraviglioso. Paddington, infatti, secondo il suo creatore, non appartiene a un'epoca specifica, vive nel presente ma allo stesso tempo è pervaso dalla nostalgia dei tempi felici e per questo tira fuori il meglio delle persone. Quello che Paddington ha di speciale non è che sia, appunto, un orso o che abbia un aspetto così simpatico. Il suo fascino risiede proprio nella sua capacità innata di far presa sulla parte migliore di noi. Quando lo trovano alla stazione, ha un cartellino al collo con scritto: "Prendetevi cura di quest'orso, grazie". Chiede di essere accolto nei nostri cuori e nella nostra casa. Ci chiede di diventare migliori. Accade a tutti quelli che lo incontrano e potrebbe succedere anche agli spettatori, dopo aver trascorso un paio d'ore al cinema in sua compagnia.

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Nella Chiesa e nel mondo



Terra Santa: 700 permessi ai cristiani di Gaza per Betlemme

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Sono 700 i permessi che le autorità israeliane hanno rilasciato ai cristiani di Gaza perché possano recarsi a Betlemme in occasione delle feste di Natale. Oltre 25mila quelli, invece, concessi ai cristiani di tutta la Cisgiordania. A fornire all'agenzia Sir le cifre è mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina.

L'effetto Papa Francesco
“Un numero di permessi in aumento rispetto al passato”, spiega il vescovo, che si potrebbe spiegare “con un effetto Papa Francesco, dopo la sua visita di quest’anno. Anche se nessuno lo dice. Speriamo che tutti coloro in possesso del permesso possano muoversi liberamente e che non ci siano problemi di spostamenti soprattutto ai check point. Moltissimi nostri cristiani non vedono da anni familiari e parenti a causa del Muro israeliano”.

Betlemme capitale della Cristianità
Sarebbero, invece, 200 i palestinesi che potranno partire direttamente dall’aeroporto di Tel Aviv invece che da quello di Amman. Betlemme, dunque, si appresta a diventare per le prossime due settimane la capitale della Cristianità. “La città è piena di luci e sono davvero tanti i pellegrini in arrivo qui - dichiara mons. Shomali - tuttavia se la loro presenza è per l’economia della città e di tanti nostri fedeli una vera boccata di ossigeno, questo non deve farci dimenticare la gravità della situazione in cui versa la città che è tappezzata da grandi poster che recitano: '‘Tutto ciò che vogliamo è giustizia’ ”. 

Il patriarca Twal a Betlemme
Il clou delle celebrazioni sarà mercoledì 24 dicembre, quando alle ore 13, il patriarca latino, Fouad Twal, nella sua auto da Gerusalemme si dirigerà a Betlemme. Due ore e mezza di auto per percorrere solo dieci chilometri, tanta è la distanza che separa Gerusalemme da Betlemme. Lungo la strada i poliziotti israeliani disporranno tutti i semafori al verde. Giunto al monastero di sant’Elia, che segna l’inizio della città di Betlemme, le autorità civili e religiose di Betlemme accompagneranno il patriarca, secondo l’antico percorso dei patriarchi. Questa strada, ora Highway 60, attraversa il Paese biblico da Nord a Sud ed è stata percorsa dai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe. Seguendo il tragitto il corteo giungerà fino alla tomba di Rachele dove Twal verrà salutato dai sacerdoti della città.

Da qui il corteo si muoverà alla volta della basilica della Natività. Qui ad attendere il patriarca ci sarà il padre guardiano del convento francescano della chiesa della Natività. Il patriarca aprirà la porta dell’Umiltà per poi celebrare i Vespri prima dell’Ufficio della Natività. Al termine il patriarca si ritirerà in attesa della tradizionale Messa di mezzanotte celebrata al cospetto delle massime cariche palestinesi e dei rappresentanti del corpo diplomatico accreditato e di tantissimi fedeli e pellegrini. (R.P.)

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Iraq: in Kurdistan il Natale è giorno festivo

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Il governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno ha proclamato il prossimo 25 dicembre giorno festivo per esprimere in maniera pubblica la solidarietà delle istituzioni e di tutta la società verso i cristiani, in occasione della festività del Natale del Signore. Quel giorno tutti i dipendenti delle istituzioni pubbliche della regione, comprese le scuole osserveranno un giorno di riposo. Il portavoce ufficiale del governo, Sven Dzia, ha pubblicato sul sito del governo regionale un messaggio di felicitazioni rivolto “a tutti i fratelli cristiani del Kurdistan, dell'Iraq e di tutto il mondo” augurando un anno di pace, sicurezza e stabilità.

La riconoscenza dei cristiani
Oggi i sacerdoti caldei presenti a Erbil e nei suoi sobborghi – compresi quelli fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive - si sono riuniti con i loro vescovi per una giornata di ritiro spirituale, in preparazione al Natale. “La decisione delle autorità del Kurdistan iracheno testimonia attenzione e vicinanza alle nostre sofferenze. I leader politici del Kurdistan ripetono che faranno il possibile per liberare le città e i villaggi da cui siamo dovuti fuggire” dice all'agenzia Fides il sacerdote Paolo Thabit Mekko, trasferitosi in Kurdistan dopo che ha dovuto lasciare Mosul, conquistata dai Jihadisti dello Stato Islamico.

La gioia per il messaggio del Papa
“Ci prepariamo al Natale” aggiunge padre Paolo “chiedendo a Gesù di portare pace e consolazione nei nostri cuori. Ci ha commosso il messaggio che ci ha inviato qualche giorno fa Papa Francesco, e speriamo che ce ne siano altri”. (R.P.)

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America Latina: Messico il Paese più pericoloso per il clero

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Il Messico è diventato il Paese più pericoloso in America Latina dove esercitare il ministero sacerdotale. E’ quanto emerge dal rapporto annuale del Centro Cattolico Multimedia (Ccm) che segnala i sacerdoti, i religiosi e i laici messicani che hanno perso la vita nel Paese , "a causa della loro efficace azione pastorale e del senso di assoluta fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa".

Casi in aumento sotto il governo Nieto
Il rapporto, che fa riferimento ai dati forniti dalla Conferenza episcopale, presenta l’elenco degli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento in Messico dal 1990 al 2014: 1 cardinale, 34 sacerdoti, 1 diacono, 3 religiosi, 5 laici e una giornalista cattolica. Secondo il rapporto nel corso degli ultimi 24 anni sono stati commessi 47 attentati contro membri della Chiesa cattolica, di cui 45 sono reati minori e 2 corrispondono a sacerdoti scomparsi di cui non si ha più alcuna notizia. Esso registra inoltre un incremento di questi casi durante l'amministrazione dell'ultimo governo di Enrique Peña Nieto. Solo nel 2014 sono stati commessi 3 omicidi di sacerdoti e un attentato nei confronti di un laico che accompagnava un sacerdote. Quest'ultimo è sopravvissuto ad una sparatoria, dopo il fallito tentativo di rapimento.

Due sacerdoti uccisi nello Stato di Guerrero
Negli ultimi 12 mesi, due sacerdoti dell'arcidiocesi di Acapulco, Guerrero, hanno pagato con la loro vita il sequestro da parte di gruppi violenti. Un altro sacerdote della diocesi di Atlacomulco, Stato del Messico, è stato ucciso durante un furto perpetrato nella chiesa di cui era parroco. (L.Z.)

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Card. Cleemis al governo indiano: fermare le conversioni forzate

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Per fermare le conversioni forzate in India non c’è bisogno di una nuova legge, occorre piuttosto un intervento del governo per assicurare l’applicazione della normativa esistente e il rispetto dalla laicità dello Stato sancito dalla Costituzione. E’ quanto afferma il presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), il cardinale Baselios Cleemis, in una dichiarazione diffusa ieri in cui esprime forti preoccupazioni per le notizie da diverse parti del Paese di nuove conversioni forzate di massa da parte dei fondamentalisti indù.

Preoccupazione per nuove conversioni forzate di massa all’induismo
L’ultima – riporta l’agenzia Ucan - è avvenuta domenica nel Gujarat, lo Stato di origine del Primo Ministro filo-induista Narendra Modi, dove 200 cristiani tribali sono stati costretti a tornare all’induismo da gruppi radicali del Vishwa Hindu Parishad (Vhp). “Fermare queste derive è improcrastinabile per la crescita e il progresso del nostro Paese, la cui laicità, diversità e pluralismo è da secoli parte integrante della sua cultura”, afferma il card. Cleemis che è anche membro del Consiglio Nazionale per l’Integrazione.

Assicurare pluralismo e libertà religiosa in India
“Una società laica non può incoraggiare conversioni con la forza o con l’induzione” che “mettono in ridicolo” l’India agli occhi del mondo. Per il porporato tuttavia, una nuova legge anti-conversioni andrebbe nella direzione opposta e sembra piuttosto “una mossa premeditata e una violazione dei diritti costituzionali” Di qui il reiterato appello al Governo guidato dal Partito nazionalista Bharatiya Janata Party (Bjp) a prendere misure concrete per “tutelare la libertà di religiosa e di culto” in India. (A cura di Lisa Zengarini)

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India. A Natale “Giornata del buon governo”: cristiani approvano

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Il governo indiano ha proclamato il 25 dicembre “Giornata del buon governo”: sarà celebrata a livello nazionale - riporta l'agenzia Fides - come un momento in cui istituzioni, cittadini, associazioni e credenti di tutte le religioni riflettono e fanno le loro osservazioni sulla “buona governance”, all’insegna di principi come trasparenza, onestà, bene comune, interesse pubblico, dignità e diritti per tutti, pari opportunità.

Approvazione dei cristiani
“Accogliamo con favore la decisione del governo centrale di osservare la Giornata del buon governo nel giorno di Natale. La scelta di Natale come una Giornata di buon governo è un omaggio a Cristo, che è venuto ad asciugare ogni lacrima e a creare un mondo in cui l'agnello e il leone pascoleranno insieme” afferma a Fides Sajan K. George, presidente nazionale del “Consiglio globale dei cristiani indiani” (Gcic).

Proteggere le minoranze
Tuttavia i cristiani notano: “Quanti credono nelle istituzioni democratiche in India desiderano che il buon governo duri non solo il giorno di Natale, ma tutti i giorni dell’anno”. Per questo ricordano con apprensione “attacchi e minacce contro le minoranze in India”: chiese devastate, liturgie interrotte, divieto di ingresso ai missionari cristiani in alcuni villaggi, conversioni forzate di dalit dal cristianesimo all’induismo.

Per lo sviluppo pacifico del Paese
“Natale porta con sé un messaggio di pace e serenità per le persone di buona volontà. Il nostro desiderio è che l’India viva in pace questo Natale” afferma George.“Il buon governo – spiega – comprende anche la lotta contro il comunitarismo religioso, sociale e politico” che porta a polarizzare la società, induce alla violenza, erode ogni forma di dialogo e di legalità. Per questo, conclude, il Natale, “Giorno del buon governo” costituisca “un promemoria per il governo, nel tenere a mente che il suo compito è lavorare per lo sviluppo pacifico e armonico della nazione”. (R.P.)

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Argentina: i vescovi incontrano la presidente de Kirchner

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Il Comitato esecutivo della Conferenza episcopale argentina (Cea) ha fatto visito ieri, alla presidente dell'Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner, nel suo studio al Palazzo del Governo. L'incontro è avvenuto dopo il rinnovo delle cariche della Cea, nel novembre scorso. Erano presenti mons. José María Arancedo, presidente della Cea, il card. Mario Poli, primo vicepresidente; mons. Mario Cargnello, secondo vicepresidente e mons. Carlos Malfa, segretario generale.

Il ruolo di Giovanni Paolo II e Papa Francesco
Durante l'incontro, che è durato circa mezz'ora in un clima cordiale - riferisce l'agenzia Fides - è stato ricordato l’importante ruolo della Chiesa nella vita politico-internazionale del Paese, con la mediazione di Papa Giovanni Paolo II durante il conflitto per il Canale di Beagle, e di Papa Francesco per riallacciare i rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cuba. Quindi si è concluso con lo scambio di auguri e di doni tra i vescovi e la Presidente e i suoi collaboratori.

Il significativo ed importante incontro avviene dopo qualche attrito tra il governo e i vescovi, dovuto all’insistenza da parte della Chiesa sul diffondersi del traffico di droga e della violenza, sulla precarietà del lavoro e sulla corruzione dilagante, che hanno provocato le forti reazioni del partito di governo. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 357

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti.