Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 02/12/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la schiavitù moderna è un crimine di "lesa umanità"

◊  

“Ogni essere umano è immagine di Dio e Dio è amore e libertà”. Questo un passo dell’intervento di Papa Francesco, stamani nella Casina Pio IV, in Vaticano, dove si è svolta la cerimonia per la firma della dichiarazione congiunta da parte dei leader delle religioni, per sradicare ogni forma di schiavitù nel mondo. Presenti, tra gli altri, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, il metropolita ortodosso di Francia in rappresentanza del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, i rabbini Abraham Skorka e David Rosen, e altre autorità islamiche. Il servizio di Giancarlo La Vella

Papa Francesco, nel suo discorso, punta il dito contro il terribile flagello della schiavitù moderna in tutte le sue forme:

"La explotación física, económica, sexual y psicológica de hombres, mujeres y niños y niñas...
Lo sfruttamento fisico, economico, sessuale e psicologico di uomini e donne, bambini e bambine attualmente incatena decine di milioni di persone alla disumanità e all’umiliazione".

Ogni essere umano, poi prosegue, è immagine di Dio. Dio è amore e libertà: quindi ogni essere umano è una persona libera, destinata a esistere per il bene dell’altro, in uguaglianza e fraternità. E’ un delitto aberrante – afferma con forza il Papa – che a ogni essere umano non corrispondano uguali livelli di libertà e dignità. Il Pontefice esorta i leader religiosi presenti a fare fronte comune in nome ognuno del proprio credo in un impegno a favore di chi è più debole:

"La esclavitud moderna es un crimen de lesa humanidad...
La schiavitù moderna è un crimine di 'lesa umanità'. Le sue vittime sono di ogni condizione, ma il più delle volte si riscontrano tra i più poveri e i più vulnerabili dei nostri fratelli e sorelle. ”.

Prostituzione, tratta delle esseri umani, il lavoro forzato, il lavoro schiavo, la mutilazione, la vendita di organi, il consumo di droga, il lavoro dei bambini. Questo il modo di manifestarsi oggi di questo atroce flagello presente in tutto il mondo, sia nelle città ricche che in quelle più povere. Una situazione – afferma il Santo Padre – che si aggrava ogni giorno di più e di fronte alla quale non si può più stare a guardare:

"Llamamos a la acción a todas las personas de fe y a sus líderes, a los Gobiernos, a las empresas...
Chiamiamo all’azione tutte le persone di fede, i leader, i governi, le imprese, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché diano il loro forte appoggio e si aggiungano al movimento contro la schiavitù moderna, in tutte le sue forme". 

Questa dichiarazione – conclude Francesco, riferendosi al documento firmato dai leader religiosi – ci impegna tutti: tutti siamo il riflesso dell’immagine di Dio e non possiamo tollerare che l’immagine del Dio Vivo sia soggetta alla tratta più aberrante!

inizio pagina

Francesco: un cuore umile conosce Dio, teologia si fa in ginocchio

◊  

Chi studia il mistero di Dio si metta in ginocchio perché Dio si rivela più volentieri a un cuore umile. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa S. Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis

Gli occhi di un povero sono i più adatti a vedere Cristo e, attraverso di Lui, scorgere il profilo di Dio. Gli altri che pretendano di sondare questo mistero con le risorse della propria intelligenza devono prima mettersi “in ginocchio”, in atteggiamento di umiltà, altrimenti “non capiranno nulla”. Papa Francesco ribadisce la verità e il paradosso del mistero della Buona Novella: il Regno di suo Padre appartiene ai “poveri in spirito”. La riflessione del Papa segue la traccia del Vangelo di Luca proposta dalla liturgia, nel punto in cui Cristo loda e ringrazia suo Padre perché ha deciso di rivelarsi a chi per la società non conta nulla e a chi magari conta ma sa farsi “piccolo” nell’anima:

“Lui ci fa conoscere il Padre, ci fa conoscere questa vita interiore che Lui ha. E a chi rivela questo il Padre? A chi dà questa grazia? ‘Ti rendo lode, o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli’. Soltanto quelli che hanno il cuore come i piccoli, che sono capaci di ricevere questa rivelazione, il cuore umile, mite, che sente il bisogno di pregare, di aprirsi a Dio, si sente povero; soltanto quello che va avanti con la prima Beatitudine: i poveri di spirito”.

Dunque, la povertà è la dote privilegiata per aprire la porta del mistero di Dio. Una dote che talvolta, fa notare Papa Francesco, può difettare proprio in chi a questo mistero dedica una vita di studi:

“Tanti possono conoscere la scienza, la teologia pure, tanti! Ma se non fanno questa teologia in ginocchio, cioè umilmente, come piccoli, non capiranno nulla. Ci diranno tante cose, ma non capiranno nulla. Soltanto questa povertà è capace di ricevere la Rivelazione che il Padre dà tramite Gesù, attraverso Gesù. E Gesù viene, non come un capitano, un generale di esercito, un governante potente, no, no. Viene come un germoglio. Così abbiamo sentito nella Prima Lettura: ‘In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse’. Lui è un germoglio: è umile, è mite, ed è venuto per gli umili, per i miti, a portare la salvezza agli ammalati, ai poveri, agli oppressi”.

E Gesù, prosegue Papa Francesco, è il primo degli emarginati arrivando addirittura a ritenere “un valore non negoziabile essere uguale a Dio”. “La grandezza del mistero di Dio”, ripete , si conosce soltanto “nel mistero di Gesù e il mistero di Gesù è proprio un mistero dell’abbassarsi, di annientarsi, di umiliarsi” che “porta la salvezza ai poveri, a quelli che sono annientati da tante malattie, peccati e situazioni difficili”. “Fuori da questa cornice – conclude Papa Francesco – non si può capire il mistero di Gesù”:

“Chiediamo al Signore, in questo tempo di Avvento, di avvicinarci più, più, più al suo mistero e di farlo sulla strada che Lui vuole che noi facciamo: la strada dell’umiltà, la strada della mitezza, la strada della povertà, la strada del sentirci peccatori. Così Lui viene a salvarci, a liberarci. Che il Signore ci dia questa grazia”.

inizio pagina

Comandante Guardie Svizzere terminerà incarico il 31 gennaio

◊  

Papa Francesco ha disposto che il colonello Daniel Rudolf Anrig, comandante del Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, termini il suo incarico il 31 gennaio 2015, alla conclusione della proroga concessa dopo la fine del suo mandato quinquennale.

inizio pagina

Papa, tweet: Chiesa vicina a tutti specie a chi è povero e soffre

◊  

Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “La Chiesa è chiamata a farsi vicina ad ogni persona, iniziando dai più poveri e da coloro che soffrono”.

inizio pagina

Commissione Teologica. Müller: non dividere teoria e prassi

◊  

Si è aperta ieri in Vaticano la plenaria della Commissione teologica internazionale. Ha introdotto i lavori il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e presidente dell’organismo.

“La teologia – ha detto il porporato - inizia, nasce e si fa “nella liturgia, nell’adorazione del mistero Dio e nella contemplazione del Verbo fattosi carne. Se noi, teologi e teologhe, ogni giorno mettiamo, a disposizione dei misteri della fede, la nostra intelligenza, le doti proprie e il faticoso lavoro, in realtà, prima ancora di tutto ciò, abbiamo bisogno del suo Spirito, della sua intelligenza divina, che fortifica le nostre povere ricerche umane. Nella liturgia comprendiamo meglio come la teologia è fondamentalmente la contemplazione del Dio d’amore”.

“Dobbiamo, però, renderci ben conto dell’esigenza e della responsabilità dell’intelligenza della fede, che in modo speciale è affidata ai teologi e alle teologhe, che lavorano nella Chiesa, per la Chiesa e a nome della Chiesa. Nella Chiesa, con il loro lavoro intellettuale, realizzano una vocazione ben precisa e un’esigente missione ecclesiale”.

“La fede cristiana, infatti, non è un’esperienza irrazionale. Siamo chiamati ad accogliere l’invito e il dovere, che esprime Pietro, quello di essere «sempre pronti a dare una risposta a chi vi chiede il motivo della vostra speranza» (1 Pietro, 3, 15). La teologia scruta, in un discorso razionale sulla fede, l’armonia e la coerenza intrinseca delle varie verità di fede, che scaturiscono dall’unico fondamento della rivelazione di Dio uno e trino. Il mistero inscrutabile di Dio, nell’economia della salvezza e per mezzo di questa economia del Verbo incarnato si offre anche alla nostra intelligenza. Noi, teologi ne siamo custodi e promotori di quest’intelligenza della fede”.

“La teologia – ha proseguito il porporato - non è mai una pura speculazione o una teoria distaccata dalla vita dei credenti. In effetti, nell’autentica teologia non c’è stato mai un distacco o una contrapposizione tra l’intelligenza della fede e la pastorale o la prassi vissuta della fede. Si potrebbe dire che tutto il pensiero teologico, tutte le nostre investigazioni scientifiche hanno sempre una profonda dimensione pastorale”.

“Ogni divisione tra la ‘teoria’ e la ‘prassi’ della fede sarebbe il riflesso di una sottile ‘eresia’ cristologica di fondo. Sarebbe frutto di una divisione nel mistero del Verbo eterno del Padre che si è fatto carne. Sarebbe l’omissione della dinamica incarnazionista di ogni sana teologia e di tutta la missione evangelizzatrice della Chiesa. Cristo che può essere detto il primo teologo delle Scritture, il teologo per eccellenza, egli ci ha detto «io sono la via, la verità e la vita». Non c’è la verità senza la vita, non c’è vita senza verità. In lui sta la via per comprendere sempre meglio la verità che si è offerta a noi e si è fatta nostra vita”.

“Il lavoro della Commissione – ha concluso il card. Müller - il suo stile di lavorare è caratterizzato da un profondo spirito comunitario, da fraterno rispetto e amicizia, da una vera collegialità di collaborazione, di scambio e di dialogo. Dalla commissione si attende l’esempio di un dibattito teologico sereno e costruttivo, nel rispetto del carisma del Magistero ecclesiale e nella coscienza di alta responsabilità di cui è riversata la vocazione dei teologi e delle teologhe nella Chiesa”.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Crimine di lesa umanità: Papa Francesco denuncia la tratta degli esseri umani e tutte le moderne forme di schiavitù.

Solo l'umile comprende: messa a Santa Marta.

La visita in Australia, dal 21 al 28 novembre, dell'arcivescovo Dominique Mamberti in Australia.

Un santo scaltro come un manager: Leonardo Lugaresi su Basilio di Cesarea nelle opere di Gregorio di Nazianzo.

La bioetica non ha confini: Laura Palazzani sul Forum a Roma dedicato alla globalizzazione della ricerca scientifica.

Qualcosa di positivo: l'ambasciatore Nigel Marcus Baker sul ripristino, un secolo fa, delle relazioni diplomatiche fra Regno Unito e Santa Sede.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Kenya, strage degli al Shabaab. Chiesa: è disastro nazionale

◊  

I miliziani somali di al Shabaab hanno rivendicato l'attacco della notte scorsa nel nordest del Kenya, dove hanno ucciso almeno 36 lavoratori di una cava e hanno "promesso" nuovi attentati. Nella stessa area, ieri un episodio analogo ha provocato un morto e 12 feriti. Anche in questo caso le vittime non erano di fede musulmana. I vescovi locali esortano il governo a dichiarare tale stato di insicurezza come un “disastro nazionale”. Il servizio di Paolo Ondarza

La rivendicazione degli al Shabaab è arrivata insieme alla promessa di proseguire in una lotta “senza quartiere, incessante e spietata” nel Paese del Corno d'Africa. I mujaheddin parlano di “quasi 40 crociati keniani andati incontro alla loro fine”. La strage avvenuta a 15 km da Mandera, al confine con la Somalia, ha visto l’irruzione dei miliziani nelle tende in cui i lavoratori stavano dormendo: qui la selezione dei non musulmani, poi giustiziati con un colpo alla testa e, alcuni di loro, decapitati. All’appello mancano altri operai, si teme siano stati rapiti. Sempre a Mandera, il mese scorso gli islamisti avevano tolto la vita a 28 persone a bordo di un autobus, sparando a sangue freddo su coloro che non erano in grado di recitare un versetto del Corano. La Chiesa del Kenya chiede al governo di dichiarare “un disastro nazionale” lo stato di insicurezza nelle aree calde e di regolare la vendita di munizioni ai comuni cittadini. I vescovi esortano il governo a posizionare strategicamente le forze speciali militari presso i punti di frontiera, per arginare il flusso di miliziani e chiedono, come misura temporanea, il ritiro di lavoratori dal nordest del Kenya per salvaguardare la loro vita. Esprime preoccupazione padre Paolo Latorre, missionario comboniano da 10 anni nel Paese:

R. – Questi attacchi disorientano moltissimo l’opinione pubblica, disorientano moltissimo anche quella che è la nostra presenza di missionari. Tutto quello che infatti in questo momento non si dovrebbe fare, per il bene di questa gente, è proprio una guerra religiosa. Questo non gioverebbe a nessuno e si manderebbero all’aria anni di lavoro fatti in questo senso.

D. – Qual è lo scopo dei miliziani di al Shabaab?

R. – Lo scopo è di destabilizzare. Quella zona, infatti, è una zona dove si sono prospettate delle grandi trasformazioni riguardo alle infrastrutture: un porto, estrazioni di petrolio… Quindi, si vuole creare molta instabilità.

D. – E’ un luogo strategico, potremmo dire…

R. – C’è il petrolio, un oleodotto... Alcuni capi della religione islamica si stanno dissociando e per fortuna, anche se deboli, ci sono queste dichiarazioni.

D. – I vescovi, attraverso la Commissione Giustizia e pace, hanno chiesto al governo di dichiarare come disastro nazionale lo stato di insicurezza in cui si trova a vivere il Kenya e hanno rivolto un appello a regolare la vendita di munizioni ai comuni cittadini. E’ anche questa diffusione delle armi incontrollata che alimenta tutto ciò?

R. – Sì, perché si verifica una lotta di tutti contro tutti. Qui, diciamo, deve lavorare molto la diplomazia internazionale e bisogna anche lavorare molto nell’essere più presenti in queste zone, non con lo scopo di sfruttarle o di fare i propri interessi. Perché se qui si scatena il sentimento religioso o il tribalismo, che in Kenya è molto presente, tutto si complica.

D. – La Chiesa cosa fa in questo momento?  

R. – La nostra presenza, il nostro scopo, è quello di portare la promozione umana, lo sviluppo insieme alla fede, al messaggio di pace della nostra Chiesa, del Vangelo. In questo momento, si riscontra un disorientamento della gente, che è veramente frustrata e allo sbaraglio. 

inizio pagina

Putin blocca il progetto SouthStream in polemica con Ue

◊  

La Russia taglia drasticamente le stime sul Pil 2015. Da una crescita dell'1,2%, cala a 0,8%, con la recessione già nel primo trimestre dell'anno. Il viceministro dell'Economia, Alexey Vedev, cita le sanzioni sull'Ucraina come "elementi di instabilità" strutturali e geopolitici. Intanto, il presidente Putin fa sapere che rinuncia al progetto di gasdotto "South Stream", che nelle ultime settimane era stato messo in forse dalla Commissione europea a seguito delle sanzioni legate alla crisi in Ucraina. Dell’ultima decisione di Putin e della crisi economica in Russia, Fausta Speranza ha parlato con Luigi Geninazzi, editorialista di Avvenire: 

R. – E’ il segnale che la tensione fra Russia e Unione Europea sta raggiungendo un altro vertice. “South Stream” è il gasdotto che avrebbe dovuto fare il paio con “North Stream”, quello ormai già approvato a nord della Germania. Il progetto “South Stream” era pensato un po’ per aggirare l’Ucraina. E questo perché era una rotta energetica verso l’Europa che, secondo Mosca, non era sicura. Però, aveva un costo molto elevato. Dopo la crisi ucraina, l’Unione Europea ha avanzato sempre più obiezioni. Diciamo che Putin, oltre che giocatore di scacchi, è un gran giocatore di poker, e ha fatto un bluff: visto che Bruxelles aveva avanzato molte perplessità, ha fatto lui la prima mossa e ha detto: “Allora non lo facciamo più”.

D. – Tutta la questione delle sanzioni sta pesando su Mosca, anche se Putin ha provato a minimizzare dicendo che le sanzioni avrebbero pesato più sull’Europa…

R. – Sì, certo. Il discorso delle sanzioni sta pesando perché colpisce un po’ i settori strategici: il finanziamento – per esempio – alle grandi imprese. Dobbiamo tenere presente che le grandi compagnie energetiche sono fortemente indebitate con l’Occidente, e quindi va a colpire questi interessi strategici, blocca gli investimenti futuri, il transfer di tecnologie, eccetera. Però, è questa la cosa interessante: la peggiore sanzione, a mio avviso, è quella che non è stata proclamata come tale, il crollo del prezzo del petrolio. Qualcuno a Mosca pensa che sia una manovra degli Stati Uniti, d’accordo con gli alleati dell’Arabia Saudita, che all’interno dell’Opec ha voluto bloccare comunque la produzione anche se il costo sta calando… In ogni caso, al di là di tutte le teorie, il fatto è che il petrolio, che per Mosca per essere a un livello ancora sufficientemente redditizio sarebbe dovuto rimanere al di sopra dei 100 dollari al barile – diciamo che la linea rossa era stata tracciata a 80 dollari, perché sotto gli 80 dollari incomincia ad essere un vero disastro – nelle ultime settimane è sceso sotto i 70, pochi giorni fa ha toccato i 64 dollari. Quindi, questo è quello che pesa veramente. Provoca la caduta del rublo sul mercato valutario e ha già costretto Putin, il governo di Mosca, a operare dei tagli sul welfare state, cioè sullo stato sociale. E già ci sono proteste: abbiamo visto le proteste dei dipendenti del settore sanitario, poi delle scuole e così via… Perché Putin, con i proventi del petrolio e del gas ha sempre in questi anni alimentato una generosa politica sociale. Per esempio, la pensione a 60 anni, cosa che da noi in Occidente ormai è un sogno, l’aumento di stipendio ai dipendenti pubblici, cosa anche che da noi in Occidente non succede più… Adesso, tutto questo incomincia a venir meno.

D. – La Banca centrale russa ha cercato in ogni modo di difendere il rublo, ma continua a calare. E un’altra cosa che prosegue è la fuga dei capitali, addirittura il doppio rispetto al 2013. E' così?

R. – La Banca Centrale russa si sta svenando per sostenere il rublo! Si calcola che abbia già speso 90 miliardi di dollari per sostenere il rublo. Oggi, a Mosca, ci vogliono più di 60-64 rubli per un euro: sei mesi fa, ce ne volevano 45. Quindi, questa è una situazione che costa molto, perché se si calcolano 40 miliardi di dollari di perdita per le sanzioni, più 100 miliardi di mancati incassi per il crollo del prezzo del greggio, si registra veramente un grosso buco nelle finanze.

inizio pagina

Ucraina: Kiev-ribelli, accordo su tregua a Lugansk

◊  

Le Forze armate ucraine e i separatisti dell'autoproclamata repubblica di Lugansk hanno raggiunto un accordo per una tregua a partire dal 5 dicembre. È quanto annuncia l’Osce sul suo sito web. Sul terreno, però, si continuano a registrare scontri a fuoco e colpi di artiglieria. Fra le vittime, almeno due civile e due soldati ucraini. Mentre a Kiev si attende la formazione del nuovo governo annunciata per oggi pomeriggio. Il servizio di Marco Guerra: 

"Un accordo in linea di principio", così la nota dell’Osce definisce la tregua – che scatterà il 5 dicembre – raggiunta tra Kiev e le autorità filo-russe della regione orientale Lugansk, dove si è continuato a combattere nonostante gli accordi di Minsk dello scorso settembre. Sempre l'Osce riferisce che il ritiro delle armi pesanti “comincera' il 6 dicembre" e che sarà istituita una zona cuscinetto larga 15-20 chilometri. I progressi su Lugansk sono stati raggiunti nell’ambito di un negoziato per un più ampio cessate-il-fuoco tra le forze di Kiev e i ribelli di tutta l'Ucraina orientale. Nel pomeriggio sono infatti previsti nuovi colloqui e una tregua temporanea è stata intanto raggiunta anche per la zona dell’aeroporto di Donetsk, sebbene ancora stamani si siano registrati in tutta la città intensi bombardamenti. Dal canto suo, l'esercito ucraino ha denunciato 52 attacchi contro le sue posizioni nelle ultime 24 ore. Intanto, i ministri degli Esteri dei 28 Paesi Nato, riunitisi oggi a Bruxelles, sono tornati a condannare “il potenziamento della struttura militare russa in Crimea” e quella che definiscono come la "deliberata destabilizzazione" dell'Ucraina orientale da parte di Mosca. Infine, sale l’attesa per il varo del nuovo governo ucraino. Il voto del parlamento sull'esecutivo è previsto per oggi pomeriggio. Secondo fonti vicine, al presidente Petro Poroshenko, tre ministri del nuovo gabinetto potrebbero esseri stranieri.

inizio pagina

30 anni fa il disastro di Bhopal: oggi impianti più sicuri

◊  

La notte tra il 2 e il 3 dicembre di 30 anni fa a Bhopal, in India, lo stabilimento chimico della "Union Carbide" andava in avaria, riversando 40 tonnellate di gas tossico. Almeno ottomila le persone uccise solo nelle prime settimane, oltre 500 mila le persone coinvolte nella contaminazione, per quello che è stato definito come il più grave disastro industriale della storia. Ma cosa successe allora e com’è cambiato il mondo dell’industria chimica? Michele Raviart lo ha chiesto al professor Alberto Ricchiuti dell’Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale: 

R. – Dalle fonti che abbiamo consultato nel tempo devo dire che ancora non si riesce a capire bene cosa sia successo. Possiamo dare un’indicazione sintetica: una serie di errori tecnici e gestionali, a mio avviso difficilmente ripetibili e giustificabili alla luce delle tecnologie in uso 30 anni fa in un Paese allora in via di sviluppo. Oggi, sappiamo che è una potenza mondiale, allora forse non era così, e in un contesto ambientale particolare, cioè un impianto chimico che era ubicato in un’area densamente popolata. Ma non solo: aveva ancora caratteristiche di edifici abitativi in grado di fornire protezione alla popolazione: era sostanzialmente uno "slum", una baraccopoli attorno allo stabilimento.

D.  – Oggi è pensabile un verificarsi di una situazione del genere? Quali sono le procedure da mettere in atto?

R.  – Per quanto riguarda il nostro Paese, direi più in generale l’Europa, proprio a seguito dell’evento di Bhopal nonché dell’evento di Seveso - che ricordo era accaduto alcuni anni prima nel nostro Paese - fu emanata una direttiva, la "direttiva Seveso", la prima di una serie che adesso è arrivata alla terza, che dettava norme molto rigorose per gli stabilimenti, non solo chimici, che detengono sostanze pericolose in grandi quantitativi. Da applicare in caso di errori umani o di malfunzionamenti tecnici che potrebbero appunto sversare parte di queste sostanze nell’ambiente.

D.  – Qual è la conseguenza nell’ambiente di un riversamento di queste dimensioni?

R. – L’effetto ambientale principale in realtà è stato l’effetto sulla salute delle persone che vivevano nell’area circostante, trattandosi di un gas è evaporato.

D. – Il gas che si era riversato era l’isocianato di metile, che veniva utilizzato per la produzione di fitofarmaci, cioè di pesticidi. Quali sono le specificità di questo gas?

R. – E’ un gas molto tossico, che adesso viene scarsamente utilizzato. Posso dire che in Italia – alla luce dell’ultimo censimento delle sostanze pericolose presenti, che noi facciamo sulla base delle dichiarazioni dei gestori – non risulta presente isocianato di metile.

inizio pagina

Pakistan. Blasfemia e cristiani schiavi, Italia interviene

◊  

Le minoranze religiose in Pakistan, per lo più cristiane, sono schiavizzate nelle fornaci di mattoni e sono vittime dell’abuso della legge anti-blasfemia. Per denunciare questa realtà e portarla all’attenzione della comunità internazionale, prima che termini il semestre di presidenza italiana in Europa, oggi un gruppo di parlamentari di Pd, Udc, Scelta civica e Lega nord si è impegnato con la firma di una mozione speciale sulla libertà religiosa. L’iniziativa è promossa dall’Associazione Pakistani Cristiani in Italia in collaborazione con l'on. Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il servizio di Gabriella Ceraso

Gli ultimi schiavi cristiani preseguitati in Pakitsan che l’opinione pubblica ha conosciuto sono stati Shama e Shahzad Masih, sposi arsi vivi nella fornace della fabbrica di mattoni, dove lavoravano in condizioni disumane, da una folla di musulmani, con l’accusa di blasfemia. E’ l’ennesima esecuzione sommaria, l’ennesima facile formulazione di un’accusa senza prove di volontarietà, una scusa per perseguitare le minoranze cristiane - nel 2013 su 32 casi di blasfemia 12 riguardavano proprio questa comunità. “Non si può più tacere”, dice il fondatore dell’Associazione cristiani pakistani, Shahid Mobeen:

“Vorrei sottolineare l’implicito consenso di qualsiasi governo che ci sia stato dopo l’introduzione della legge sulla blasfemia, in quanto nessuno ha voluto cambiare la legge sulla blasfemia, per cui in realtà acconsente a questo tipo di abuso”.

Si uccide con la scusa della religione, non è accettabile, incalza mons Enrico dal Covolo, rettore dell'Università Lateranense:

“Non si può parlare di religione, quando si uccidono o si torturano le persone. Religione è rapporto tra Dio e l’uomo. Ma un Dio che voglia che siano calpestati i diritti degli uomini non esiste proprio. Quindi, è pretestuoso riferirsi alla religione quando si compiono violenze”.

Ma il caso di Shama e Shahzad grida anche lo scandalo di una schiavitù, quella dei lavoratori delle fornaci di mattoni - il 68% sono cristiani - ridotti in condizioni disumane perché chi presta loro soldi per vivere, in cambio li sfrutta in questa maniera. In tutto, sono 10 milioni in Pakistan, il 40% minorenni. Ancora Shahid Mobeen:

“La schiavitù dei cristiani del Pakistan, una realtà per niente posta alla visibilità internazionale, perché la realtà è oscura a tal punto, nel centrosud del Pakistan, che nessuno ha il coraggio di parlarne. Perché parlandone, di questa situazione, si rischia la propria vita”.

Due emergenze, dunque, che sorreggono la mozione sulla libertà religiosa, firmata da numerosi parlamentari che intendono portarla all’attenzione dell’Unione Europea:

“E’ necessario che l’Italia, come governo, e la comunità internazionale nei rapporti bilaterali con il Pakistan, propongano provvedimenti secondo i quali il Pakistan, per poter mantenere il rapporto commerciale e economico, debba prima di tutto provvedere alla protezione delle minoranze religiose”.

“Occorre fare presto”, dice una dei firmatari, l’on. Paola Binetti dell’Udc:

“L’importanza di questa mozione è quella di mettere al centro dell’attenzione di tutti come la libertà religiosa sia il diritto dei diritti. Quindi, noi vogliamo incalzare nella concretezza il governo anche semplicemente a calendarizzare questa mozione e a discuterla, prima che finisca il semestre europeo, perché è chiaro che abbiamo una chance in più”.

inizio pagina

Spazio nei Paesi arabi, Real Madrid toglie croce dal simbolo

◊  

Il Real Madrid rimuove la piccola croce che caratterizza la corona reale, simbolo della società spagnola. Secondo quanto scrivono alcuni quotidiani sportivi spagnoli, la scelta del Real, polisportiva di Madrid fondata nel marzo 1902 e composta da attività di calcio e basket, punta a non ostacolare la strategia di marketing nei Paesi arabi, dove il Real cerca nuovi tifosi ed opportunità economiche. Nel settembre scorso, la squadra di calcio del Real Madrid, allenata da Carlo Ancelotti, ha infatti chiuso un accordo di sponsorizzazione con la Banca nazionale di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Luca Collodi ne ha parlato con Carlo Nesti, giornalista sportivo e scrittore. 

R. – Dinanzi a grandi società come il Real Madrid, che si sono messe nei guai con le loro mani sul piano economico, accumulando debiti, è comprensibile la ricerca di una via di uscita. Questo è doveroso dirlo, non certo pensando agli ingaggi dei giocatori che destano scandalo, ma piuttosto ai dipendenti molto meno benestanti e ai tifosi… Ma che il prezzo di questa ricerca di ossigeno sia snaturare le proprie origini, compreso il legame con una Croce, è assolutamente inaccettabile. Lo dico per ragioni puramente democratiche: chiunque si proponga di aiutare una società deve rispettare l’identità del soggetto che decide di sostenere.

D. – E’ la conferma di come il calcio, lo sport in particolare, sia sempre di più una questione di soldi e sempre meno una questione di valori sportivi…

R. – Sì, però quello che davvero mi sorprende è che coloro che pensano non soltanto al business non si rendono conto di pensare, di attuare, di progettare qualcosa che è controproducente per il business. Mi spiego: si dice in Italia – ma vale anche per la Spagna – che il tifo è la grande fede laica… Perché si dice così? Perché si nutre di bandiere, di sentimenti, di convinzioni interiori… Ecco, se tu togli al tifoso questo, togli tutto. E dietro ai diritti televisivi, al marketing, agli stadi, chi c’è? Ci sono i tifosi. Sono loro che sborsano i quattrini. Quindi tradirli, in questo senso, è un boomerang: è un boomerang economico, che si ritorce proprio contro coloro che pensano soltanto al business.

inizio pagina

Resistenza cristiana a nazi-fascismo: libro di A. Paoluzi

◊  

E’ stato presentato presso la Radio Vaticana il libro “La Croce, il fascio e la svastica” del giornalista Angelo Paoluzi, che racconta la Resistenza cristiana a fascismo e nazismo. Una storia spesso trascurata, considerando che furono 80mila i combattenti cristiani su un totale di circa 200mila partigiani. 2mila i morti tra i cattolici in armi, 700 i sacerdoti assassinati. Senza contare l’aiuto fornito da parrocchie, conventi e associazioni cattoliche. Al microfono di Rosario Tronnolone, Angelo Paoluzi descrive i caratteri fondamentali della presenza cattolica nella Resistenza: 

R. - Il primo è la spontaneità con la quale i cattolici hanno reagito alle persecuzioni, alla caccia agli ebrei, spontaneamente. E’ stato un movimento che non ha avuto bisogno di voci di raccolta. La gente proteggeva i ragazzi che uscivano dall’esercito, quelli che non rispondevano alla chiamata alle armi, proteggeva gli ebrei, proteggeva i militari alleati che erano sfuggiti dai campi di concentramento, con estrema spontaneità e a rischio della vita.

D. - Molto spesso le parrocchie erano anche centri di rifugio e di raccolta…

R. - Sì centri di rifugio proprio per quell’empito di carità nei confronti dei perseguitati che è proprio del cristiano.

D. – Questo però sembra tracciare un quadro di un tipo di resistenza cattolica motivata soprattutto da un senso cristiano di carità. Ma, ad un certo punto, però questa resistenza cattolica si è anche organizzata politicamente…

R. - Attraverso una sensibilizzazione popolare e poi anche con vere e proprie bande armate che legittimamente contestavano l’occupante, che era un occupante illegittimo, e quindi erano motivate anche moralmente a difendersi con le armi. Voglio sottolineare che dai campi di concentramento, dalle prigioni, sono usciti 30 santi. E quindi questa è una cosa molto importante, significa che fare opposizione era un’esigenza morale, spirituale.

D. - Abbiamo parlato della situazione in Italia, dell’opposizione dei cattolici al fascismo. Vediamo invece la situazione della resistenza al nazismo. Come si sono comportati i cristiani nei confronti del nazismo?

R. – Non hanno avuto il tempo di reagire alla violenza nazista, quando Hitler è andato al potere era tutto pronto perché un milione di tedeschi - di qualsiasi idea fossero: comunisti, socialisti, cristiani, cattolici, protestanti, donne, uomini giornalisti, intellettuali  - fossero messi in condizioni di non nuocere. Si aprirono immediatamente i campi di concentramento. Dachau fu il primo degli oltre 300 lager che poi popolarono l’Europa. Ci finirono un milione di tedeschi, - tedeschi! -, prima che ci andassero gli ebrei. Fu praticamente decapitata la classe dirigente senza dare possibilità di reagire. Quindi erano agnelli condotti al macello.

D.  –Tu proponi come conclusione del libro una sorta di bibliografia, quasi a volere invitare a non fermarsi nello studio di questo periodo che ancora tanto deve essere …

R. – Sì, quei libri che indico sono soltanto una parte dei 350 libri che ho letto nel corso della mia esistenza per occuparmi di Resistenza. E’ una letteratura che fra l’altro è utilissima perché recupera tanti luoghi comuni, tanti pregiudizi anche nei confronti dei cattolici, nei confronti di Pio XII, e sta recuperando proprio in questo tempo, attraverso un più meditato lavoro degli storici, la partecipazione non tanto a una resistenza armata quanto a una resistenza dello spirito nei confronti dei disvalori nazifascisti.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



India: proteste per l'incendio di una chiesa a New Delhi

◊  

Circa 1.000 cattolici hanno protestato questa mattina davanti alla sede della polizia di Delhi e hanno chiesto di aprire un’inchiesta, un giorno dopo che la chiesa di San Sebastiano, quartiere di Dilshad, nella zona est di Delhi, ha subito un grave incendio che ne ha distrutto l’interno.

“Vogliamo un’inchiesta giudiziaria in materia, l’arresto dei colpevoli e chiediamo che sia data sicurezza ad ogni chiesa” ha detto ai media locali padre Mathew Koyicka. I manifestanti, tra cui donne e bambini, hanno esposto cartelli con scritte come “Vogliamo giustizia” e “Pregate e lasciate che gli altri preghino”.

Ieri mattina - riferisce l'agenzia Misna - la guardia di sicurezza di turno alla chiesa cattolica che al momento dell’incendio era vuota ha avvisato il parroco che ha chiamato subito i vigili del fuoco. Le forze anti incendio sono arrivati dopo circa 10 ore. “Hanno preso il loro tempo. Avevano detto che sarebbero arrivati subito, invece… “ ha affermato John Dayal, leader della comunità in una conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio di ieri e in cui ha partecipato l’arcivescovo di Delhi mons. Anil Couto.

“ L’incendio sembra essere doloso. In questo caso sarebbe un atto di sacrilegio e di odio contro la comunità e la sua fede e sorprende che tale atto possa avvenire a Delhi che si sta riprendendo da una serie di incidenti comunali” ha affermato mons. Couto aggiungendo che la Chiesa ha “fede piena” nelle indagini e, fino a quando l’inchiesta non sarà conclusa, non è giusto puntare il dito contro probabili colpevoli.

“Il primo passo è quello di raccogliere prove e determinare la causa del fuoco. Nel frattempo, un caso è stato registrato. Un team legale è andato alla chiesa ha raccolto due campioni di contenitori di kerosene. I vigili del fuoco stanno preparando la loro relazione. Solo dopo aver ricevuto questi rapporti saremo in grado di accertare l’esatta causa dell’incendio” ha detto S. Chauhan, agente della polizia metropolitana aggiungendo che l’inchiesta è solo agli inizi.

Dal canto suo il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai ha commentato all'agenzia Asianews che  "il rogo della chiesa di san Sebastiano a Delhi "va condannato con la massima forza. Sono sconvolto e profondamente rattristato per questo attacco. Anche se non voglio attribuirgli motivazioni etniche o religiose, il dare fuoco in maniera deliberata a un luogo di culto è del tutto inaccettabile e non può essere condonato. La popolazione si rivolta perché si sente vulnerabile, per quanto piccola possa essere la comunità cristiana nel mirino".

"Alle autorità - riprende il card. Gracias - noi chiediamo un'inchiesta rapida che individui i colpevoli e li metta in stato di accusa. Tutti i luoghi di culto dell'India devono essere rispettati, perché riflettono la nostra società multiconfessionale. Gli organi dello Stato devono essere un baluardo contro incidenti come questi, che poi divengono fonte di divisione e di destabilizzazione della società. Questo incendio va contro il progresso stesso della nazione". (R.P.)

inizio pagina

Iraq: a Mosul chiese usate come prigioni dal Califfato

◊  

Alcune chiese di Mosul sono state trasformate in luoghi di detenzione dai jihadisti del sedicente Stato Islamico, che dettano legge nella città nord-irachena dallo scorso 9 giugno. In particolare, secondo fonti locali citate dal sito d'informazione www.ankawa.com, negli ultimi giorni alcuni detenuti bendati e ammanettati sarebbero stati trasferiti presso l'antica chiesa caldea dell'Immacolata, nella parte orientale della città, dopo che è stato fatto esplodere il carcere di Badush.

Fonti locali riferiscono all'agenzia Fides che anche il monastero di San Giorgio, appartenente all'Ordine antoniano di sant'Ormisda dei caldei, è stato trasformato in luogo di detenzione femminile. E c'è chi teme che nei locali del monastero le donne vengano costrette a subire rapporti sessuali.

A Mosul, lunedì 24 novembre, i miliziani jihadisti dello Stato Islamico erano ricorsi a cariche esplosive per danneggiare gravemente il convento delle suore caldee del Sacro Cuore, in precedenza da loro occupato e usato come alloggio e base logistica.

“I jihadisti del Califfato - riferisce a Fides Rebwar Audish Basa, procuratore dell'Ordine antoniano di sant'Ormisda dei Caldei - hanno occupato le chiese, comprese quelle molto antiche.

Tra le apprensioni che ci affliggono c'è anche quella di chi teme che un'eventuale offensiva militare per la liberazione di Mosul porterebbe fatalmente a considerare le chiese come obiettivi da colpire, visto che sono diventate basi logistiche dei jihadisti. E ovviamente, la distruzione delle chiese antiche rappresenterebbe un danno e una perdita irreparabili”. (R.P.)

inizio pagina

Vescovi del Centrafrica: banditismo minaccia la pace

◊  

“Il popolo è ancora ostaggio di gruppi armati presenti sul territorio e che occupano la scena nazionale” denunciano i vescovi centrafricani nel messaggio per l’Avvento redatto dal Consiglio permanente della locale Conferenza episcopale. “La libertà di portare avanti le proprie attività e di far fronte onestamente ai propri bisogni è una pura illusione per molti nostri compatrioti. In effetti l’insicurezza costringe ancora numerose persone ad abbandonare le proprie case e villaggi per rifugiarsi in campi di fortuna, come a Bangui, a Bambari, a Batangafo” continua il messaggio, che ricorda come i vescovi abbiano denunciato “più volte le condizioni di precarietà alle quali sono ingiustamente sottoposti i centrafricani dall’inizio della crisi politico-militare (fine 2012 inizi 2013). Si direbbe una discesa all’inferno”. 

I gruppi che si sono combattuti durante la guerra civile, la coalizione ribelle Seleka e le milizie anti balaka - riferisce l'agenzia Fides - pur formalmente sciolti, hanno dato vita a una serie di gruppi banditeschi che imperversano nel Paese, al punto che i vescovi affermano di essere “inquieti per la crescita del grande banditismo”. Tra gli atti commessi da queste bande, ci sono i sequestri di persone, che non hanno risparmiato nemmeno i missionari, come padre Mateusz Dziedzic, sacerdote Fidei Donum polacco, di recente liberato.

“Sembra che alcuni si divertano a disseminare armi in mezzo alla popolazione. È un gioco estremamente pericoloso, che non favorisce certo la coesione sociale” afferma il messaggio.

Dopo aver esortato le forze di sicurezza nazionali e internazionali a rafforzare le misure di sicurezza a favore dei civili, i vescovi concludono ricordando che la pace duratura è un dono di Cristo, che però dipende da ciascuno, e che lo strumento ideale per ottenerla è il dialogo e il confronto costruttivo. (R.P.)

inizio pagina

Terra Santa: no della Chiesa al governo su muro a Cremisan

◊  

La Società di St. Yves - organizzazione cattolica attiva nel campo dei diritti umani e patrocinata dal Patriarcato latino di Gerusalemme - ha diffuso ieri una dichiarazione sui risultati di una nuova udienza che si è svolta il 30 novembre presso la Corte Suprema di Giustizia israeliana, in merito al “Caso Cremisan”, la causa riguardante il tracciato del muro di separazione che le autorità d'Israele vogliono far passare nella Valle di Cremisan, sul terreno di 58 famiglie palestinesi di Beit Jala e di due comunità religiose salesiane.

L'udienza - riferisce l'agenzia Fides - era stata convocata per conoscere i giudizi delle parti in causa sulle alternative suggerite dal Ministero israeliano della Difesa riguardo al percorso del muro di separazione. La società St. Yves, nel comunicato rilanciato dai media del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha espresso il suo rifiuto assoluto delle alternative proposte da Israele, e ha chiesto al Ministero israeliano della Difesa di proporre nuove alternative che lascino sia il convento che il monastero salesiani dalla parte palestinese del muro.

Anche il Consiglio di Pace e Sicurezza, organismo che opera con lo status di “amicus Curiae” rispetto alla Corte Suprema di Giustizia israeliana, ha sottolineato che le alternative proposte dal Ministero israeliano della Difesa appaiono discutibili anche dal punto di vista della sicurezza per Israele.

Anche il sindaco di Beit Jala, Nael Salman, ha sottolineato il grave danno che le alternative proposte provocherebbero alla comunità locale palestinese. Mentre la professoressa Vera Baboun, sindaco di Betlemme, ha aggiunto che tali alternative rendono impossibile la sussistenza per decine di famiglie contadine di Cremisan, in maggioranza cristiane, e provocherebbero nel tempo il loro inevitabile esodo dalla Terra Santa. (R.P.)

inizio pagina

Moldavia: Mons. Cosa auspica la via europea

◊  

“La via europea è quella giusta”. Ne è convinto mons. Anton Cosa, vescovo di Chisinau, commentando all'agenzia Sir le elezioni che si sono tenute in Moldavia. Anche se lo spoglio è al 91,8% dei seggi, le elezioni hanno prodotto un duplice risultato: la maggioranza dei seggi va alla coalizione dei partiti europeisti che appoggiano l’attuale governo, ma la maggioranza dei voti ha segnato la vittoria dei filo-russi, soprattutto con la nascita del nuovo Partito Socialista dell‘ex comunista Igor Dodon, che ha preso il maggior numero di consensi.

“Stiamo ancora vivendo - dice il vescovo Cosa - in una eredità della vecchia Unione sovietica” e due sono gli elementi che hanno incoraggiato i moldavi a votare “verso est”. Da una parte c’è una certa parte di popolazione che vive in Russia ed è rimasta legata agli ideali sovietici. Dall’altra la Moldavia risente di “un forte ed evidente influsso politico dell’elemento russo nella sua politica”.

D’altra parte - osserva mons. Cosa - “la Russia non vuole perdere questo filtro geo-politico che rappresenta la Moldavia perché non vuole avere qui la Nato. Per questo fa di tutto per impedire che il Paese si rivolga all’Europa, sostenendo politicamente ma anche per varie vie, questi partiti filo-russi”. “La Moldovia - dice allora il vescovo - ha bisogno di tranquillità, prima di tutto. Mi auguro che queste elezioni possano dare delle certezze perché il percorso europeo incominciato alcuni anni fa dalla Moldavia, non cambi”. 

“Il Paese ha poi bisogno di politici seri - aggiunge il vescovo - e non di persone che giocano a far politica dicendo un giorno di essere con l’Europa e l’altro giorno con la Russia. La nostra classe politica moldava ha già scelto l’Europa e una gran parte della popolazione lo desidera. Ci sono valori fondamentali che ci uniscono all’Europa e sono la speranza di una vera democrazia, la lotta contro la corruzione e il rispetto della dignità umana”.

La Moldavia è il più povero Paese d’Europa: il Pil pro capite a parità di potere d’acquisto è un decimo di quello italiano. “Nessuno - dice mons. Cosa - verrà dall’Europa a dar da mangiare ai nostri poveri. Però c’è la speranza che in Europa, la Moldavia possa riprendersi più velocemente possibile. Questo è l’augurio, che cresca in Moldavia la forza economica così che la nostra gente abbia un lavoro e ben pagato. Noi come chiesa abbiamo scelto di seguire la via della solidarietà con i poveri, ma non possiamo limitarci a vivere di assistenzialismo: i nostri poveri hanno bisogno di crescita dell’economia, con investimenti e creazione di posti di lavoro”. (R.P.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 336

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.