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Sommario del 25/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: c'è chi attacca il matrimonio, ma famiglia stabile dà speranza ai giovani
  • Papa Francesco: Karol Wojtyla continua a ispirarci con la sua straordinaria testimonianza di santità
  • Lettera del Papa all'Eco di Bergamo: santità di Giovanni XXIII, grande dono per la Chiesa
  • Canonizzazioni. Weigel e Navarro-Valls raccontano ai media Giovanni Paolo II
  • Parlano le testimoni della santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II
  • L'amore più forte della sofferenza: Papa Wojtyla nel ricordo di chi l'ha assistito al Gemelli
  • Messa per San José de Anchieta. Il Papa: la gioia dell’incontro con Gesù diventa annuncio
  • Altre udienze e nomine
  • Tweet del Papa: non lasciamoci intrappolare dal vortice del pessimismo. La fede sposta le montagne
  • Il cardinale Sandri: l’eredità cristiana del popolo armeno porti pace e riconciliazione
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Kiev accusa Mosca di volere un confllitto mondale. Don Khalayim: preghiamo per la pace
  • Elezioni in India. Mons. Machado denuncia carenza di pluralismo nei media
  • Il presidente Napolitano per il 25 aprile: valori della Resistenza irrinunciabili
  • Cento anni fa nasceva don Divo Barsotti: la più alta mistica è la fedeltà a Dio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Kerry: israeliani e palestinesi devono fare compromessi per la pace
  • Obama a Seoul: reazione dura se ci sarà nuovo test nucleare nordcoreano
  • Perù. I vescovi: i nuovi protocolli sull’aborto uccidono, non salvano vite
  • Giornata mondiale contro la malaria: ogni anno muoiono oltre un milione di persone
  • Lutto cittadino a Lovere per il 21.enne schiacciato da una croce
  • Il card. Bagnasco: la famiglia è una realtà universale e incomparabile
  • Venezia celebra San Marco. Mons. Moraglia: sostenga l'evangelizzazione
  • Pellegrinaggio in Papua Nuova Guinea per ricordare l’arrivo dei primi missionari del Verbo Divino
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: c'è chi attacca il matrimonio, ma famiglia stabile dà speranza ai giovani

    ◊   “L’assenza di Cristo è la povertà più grande”, che si riflette nei mali della società – dalla crisi della famiglia, al dilagare della corruzione, al generale degrado morale. È necessario “ravvivare il dono prezioso della fede” con una evangelizzazione nel segno della “gioia” e della riconciliazione con Dio. È quanto ha affermato Papa Francesco nel discorso consegnato oggi ai presuli di Sudafrica, Botswana e Swaziland, ricevuti in visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La buona battaglia della fede. È a questo che in sostanza Papa Francesco, con la sua accurata disamina della situazione sociale, sprona la Chiesa di Sudafrica, Botswana e Swaziland. Come ormai sua consuetudine nelle udienze ad Limina, le prime parole del Papa sono per i santi che hanno fondato la Chiesa nel meridione africano, missionari itineranti che, ricorda, hanno “costruito chiese, scuole e cliniche” per quasi due secoli, il cui “patrimonio risplende ancora oggi” e si riflette anche nell’attuale “fioritura di parrocchie”, nonostante le “grandi distanze tra le comunità, la carenza di risorse materiali e l'accesso limitato ai Sacramenti”.

    Ma la battaglia della fede nei tre Stati di provenienza dei presuli è senza quartiere, in molti campi. Papa Francesco ricorda il servizio quotidiano della Chiesa “ai figli e alle figlie di Dio più vulnerabili: vedove, madri sole, divorziati, bambini a rischio”, in particolare “ai diversi milioni di orfani” causati dall'Aids. Ormai, nota il Papa, aiuti dai Paesi una volta missionari arrivano sempre meno e dunque le Chiese locali sono costrette “sempre più” a contare sulle proprie forze. Forze impegnate in tante direzioni, che equivalgono ad altrettante “gravi sfide pastorali”. Papa Francesco le elenca minuziosamente. “Le famiglie cattoliche – osserva – hanno meno figli e ciò si ripercuote sul numero delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Alcuni cattolici si allontanano dalla Chiesa verso altri gruppi che sembrano promettere qualcosa di meglio. L'aborto aggrava il dolore di molte donne che ora portano con sé profonde ferite fisiche e spirituali dopo aver ceduto alle pressioni di una cultura secolare che svaluta il dono di Dio della sessualità e il diritto alla vita del nascituro”. Crescono, prosegue, separazioni e divorzi – con ricadute sulla stabilità dei figli – e aumenta pure – “e possiamo solo deplorarlo”, afferma, un “incremento della violenza contro donne e bambini”. Una somma di problemi che mina “la vita della società nel suo complesso”.

    All’analisi, Papa Francesco fa seguire dei percorsi d’azione, apprezzando nel contempo i piani pastorali già messi in atto dai presuli di Sudafrica, Botswana e Swaziland. A essere nutrito deve essere anzitutto lo spirito poiché, ribadisce, “l'assenza di Cristo è per tutti la più grande povertà”. Abbiamo bisogno di “trovare – incita – modi nuovi e creativi per aiutare le persone a incontrare Cristo attraverso una comprensione più profonda della fede”. Nello specifico, oltre alla promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, Papa Francesco mostra come sempre grande attenzione al mondo laicale. Chiede che “bambini e adulti siano avvicinati alla vita di preghiera e a una fruttuosa recezione dei Sacramenti”, specie quello della Riconciliazione. Quindi, altro punto cardine, che “la santità e l'indissolubilità del matrimonio cristiano, spesso disintegrato sotto la terribile pressione da parte del mondo laico", siano "approfondite da una dottrina chiara e sostenute dalla testimonianza di sposi impegnati. Il matrimonio cristiano – ripete Papa Francesco – è un patto permanente di amore tra un uomo e una donna”, che “comporta sacrifici reali per allontanarsi dalle idee illusorie della libertà sessuale e al fine di promuovere la fedeltà coniugale”. E qui, il Papa cita i programmi pastorali di preparazione al matrimonio basati sugli insegnamenti specifici di Giovanni Paolo II, che, riconosce, “si stanno rivelando strumenti promettenti e anzi indispensabili per comunicare la verità liberatrice sul matrimonio cristiano e stanno ispirando ai giovani una nuova speranza per sé e per il loro futuro come mariti e mogli, padri e madri”.

    Le ultime considerazioni sono per quel certo “degrado della morale cristiana”, denunciato dai presuli, “tra cui – stigmatizza Papa Francesco – una crescente tentazione di colludere con la disonestà”. La corruzione, ribadisce, è un “rubare ai poveri” che “danneggia l'intera comunità” e “distrugge” la fiducia. Alla comunità cristiana il compito di testimoniare le “virtù dell’onestà e dell’integrità” e con “questo imperativo morale in mente”, conclude Papa Francesco, sarà necessario accostarsi anche ai rifugiati e ai migranti. “Possano questi uomini e donne essere sempre accolti dalle nostre comunità cattoliche, trovando in esse cuore aperto e case in cui poter iniziare una nuova vita”.

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    Papa Francesco: Karol Wojtyla continua a ispirarci con la sua straordinaria testimonianza di santità

    ◊   Sono grato alla Polonia per il dono di Giovanni Paolo II. E’ quanto afferma Papa Francesco in un videomessaggio, trasmesso ieri sera dalla tv e dalla radio nazionale polacca, in occasione della imminente Canonizzazione di Karol Wojtyla e Angelo Roncalli. Francesco mette l’accento sulla “straordinaria testimonianza di santità” del Pontefice polacco e sottolinea che il suo esempio continua ad essere fonte di ispirazione per tutti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Sono felice di proclamare” la “santità” di Karol Wojtyla, “grande uomo e Papa”. Francesco esordisce così rivolgendosi ai connazionali di Giovanni Paolo II ed esprime subito la sua personale gratitudine per il dono del Pontefice polacco:

    “Sono grato a Giovanni Paolo II, come tutti i membri del Popolo di Dio, per il suo instancabile servizio, la sua guida spirituale, per aver introdotto la Chiesa nel terzo millennio della fede e per la sua straordinaria testimonianza di santità”.

    Ha quindi rammentato quanto Benedetto XVI disse del suo amato Predecessore il giorno della Beatificazione, tre anni fa. Giovanni Paolo II, ha rilevato Francesco, chiedeva a tutti “di non avere paura e di spalancare le porte a Cristo”, cosa che egli stesso "ha fatto per primo”. “Ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile”:

    “‘Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia della libertà’ (Omelia, 1 maggio 2011). Mi identifico pienamente con queste parole”.

    Papa Francesco non ha mancato di ricordare che “Karol Wojtyła è cresciuto al servizio di Cristo e della Chiesa nella sua patria, la Polonia”. Lì, ha detto, “si è formato il suo cuore, cuore che poi si è dilatato alla dimensione universale, prima partecipando al Concilio Vaticano II, e soprattutto dopo il 16 ottobre del 1978, perché in esso trovassero posto tutte le nazioni, le lingue e le culture”:

    “Giovanni Paolo II si è fatto tutto a tutti. Ringrazio il popolo polacco e la Chiesa in Polonia per il dono di Giovanni Paolo II. Tutti siamo stati arricchiti da questo dono. Giovanni Paolo II continua ad ispirarci. Ci ispirano le sue parole, i suoi scritti, i suoi gesti, il suo stile di servizio. Ci ispira la sua sofferenza vissuta con speranza eroica. Ci ispira il suo totale affidarsi a Cristo, Redentore dell’uomo, e alla Madre di Dio”.

    Durante la recente visita ad limina Apostolorum dei vescovi polacchi, ha aggiunto il Papa, “ho sottolineato che la Chiesa in Polonia continua ad avere grandi potenzialità di fede, di preghiera, di carità e di pratica cristiana” ed ha espresso l’auspicio che “la canonizzazione di Giovanni Paolo II, e anche di Giovanni XXIII, dia un nuovo impulso al quotidiano e perseverante lavoro della Chiesa” in Polonia. Quindi ha rammentato che “a Dio piacendo”, fra due anni visiterà per la prima volta la terra polacca in occasione della Gmg di Cracovia. Ed ha invitato tutti “a vivere profondamente" la canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII:

    Alcuni di voi verranno a Roma, ma grazie ai mass media moltissimi potranno partecipare a questo grande evento. Perciò voglio già oggi ringraziare tutti i giornalisti di stampa, radio e televisione per il loro servizio alla canonizzazione del 27 aprile. Saluto tutti i connazionali di Giovanni Paolo II, anche quelli che non appartengono alla Chiesa cattolica. Porto tutti nel mio cuore. Dio vi benedica tutti!”.

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    Lettera del Papa all'Eco di Bergamo: santità di Giovanni XXIII, grande dono per la Chiesa

    ◊   La santità di Giovanni XXIII è un “grande dono” per la Chiesa: lo scrive Papa Francesco in una lettera inviata a L’Eco di Bergamo nell’imminenza della canonizzazione di Papa Roncalli, che da sacerdote fu “apprezzato collaboratore” del giornale. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Una lettera inviata ai “cari amici bergamaschi”, non solo ai cattolici “ma anche a coloro che non appartengono alla Chiesa e all’intera comunità civile” per ringraziare il Signore “per il grande dono” che la santità di Giovanni XXIII “è stata per la Chiesa universale”. Il Papa incoraggia “a custodire la memoria del terreno nel quale essa è germinata: un terreno fatto di profonda fede vissuta nel quotidiano, di famiglie povere ma unite dall’amore del Signore, di comunità capaci di condivisione nella semplicità”.

    “So quanto bene volete a Papa Giovanni, e quanto lui ne voleva alla sua terra – scrive Papa Francesco - Dal giorno della sua elezione al Pontificato, il nome di Bergamo e di Sotto il Monte”, dove è nato il 25 novembre 1881, “sono diventati familiari in tutto il mondo e ancora oggi, a più di cinquant’anni di distanza, essi sono associati al suo volto sorridente e alla sua tenerezza di padre”.

    “Certo – prosegue Papa Francesco - da allora il mondo è cambiato, e nuove sono anche le sfide per la missione della comunità cristiana. Tuttavia, quell’eredità può ispirare ancora oggi una Chiesa chiamata a vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare, ad essere compagna del cammino di ogni uomo, ‘fontana del villaggio’ alla quale tutti possono attingere l’acqua fresca del Vangelo. Il rinnovamento voluto dal Concilio Ecumenico Vaticano II – osserva - ha aperto la strada, ed è una gioia speciale che la canonizzazione di Papa Roncalli avvenga assieme a quella del beato Giovanni Paolo II, che tale rinnovamento ha portato avanti nel suo lungo pontificato”.

    Il Papa si dice “certo che anche la società civile potrà sempre trovare ispirazione dalla vita del Papa bergamasco e dall’ambiente che lo ha generato, ricercando modalità nuove ed adatte ai tempi per edificare una convivenza basata sui valori perenni della fraternità e della solidarietà”.

    “Vi chiedo di pregare per me – conclude Papa Francesco - mentre assicuro il mio ricordo e la preghiera per tutti voi, in particolare per i sofferenti, per gli ammalati - ricordando l’Ospedale cittadino che avete voluto dedicare a Papa Giovanni - e per il Seminario diocesano, tanto caro al suo cuore”.

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    Canonizzazioni. Weigel e Navarro-Valls raccontano ai media Giovanni Paolo II

    ◊   La vita e il ministero petrino di Giovanni Paolo II attraverso due testimoni d’eccezione: Joaquin Navarro Valls, portavoce di Papa Wojtyła e Georges Weigel, suo biografo. Questo il tema del quarto giorno di briefing questa mattina in Sala Stampa vaticana in vista delle C Canonizzazioni dei Papi domenica mattina. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Giovanni Paolo II “il grande maestro del nostro tempo”: così presenta il Papa polacco, domenica Santo, il suo biografo, nella conversazione densa di questa mattina con i giornalisti. Saggia e coraggiosa la decisione di Papa Francesco, commenta Georges Weigel, di una canonizzazione insieme a Giovanni XXIII, l’uno intuì l’importanza del Concilio Vaticano II, l’altro gli diede un’interpretazione autorevole e decisiva. Giovanni Paolo II, aggiunge Weigel, ha vissuto il dramma del XX secolo, lo ha compreso profondamente nel suo cuore, nel suo pensiero e nel suo ministero. Il più grande insegnamento che lascia al mondo di oggi è su tre fronti: quello dell’amore umano, cui rispose con una chiara teologia del corpo, quello del lavoro che incardinò sulla dignità dell’essere umano e quello della sofferenza e della morte:

    "In a world...
    In un mondo dove si etichettava la vita, se valeva o non valeva, Giovanni Paolo II ci ha insegnato che tutti i fratelli avevano dignità e questa dignità si esprimeva attraverso il lavoro. In un mondo che è tanto spaccato e che soffre, in un mondo pieno di morte, Giovanni Paolo II ci ha insegnato che Gesù ci mostra la Sua divina misericordia, e ci ha insegnato che la sofferenza dell’essere umano è stata disposta per la salvezza dell’umanità".

    "In all of these, in his challenge…
    In tutto questo Giovanni Paolo II ci ha lanciato una sfida e, al tempo stesso, ci ha manifestato una profonda compassione. Ci ha insegnato che c’è un cammino migliore per l’umanità, che mostrò in tutta la sua vita. La sua vita stessa è stata un rifiuto del nichilismo, che esiste e che rappresenta una sfida per il futuro dell’umanità".

    "My hope…
    La mia speranza è che questa canonizzazione, questo evento ci aiuti ad avere maggiori speranze e non ci lasci vivere quelle aspettative tanto basse, che sono sia personali che appartenenti al mondo della politica".

    La testimonianza che di Giovanni Paolo II dà invece Joaquin Navarro-Valls, suo portavoce per 22 anni, è ricca di aneddoti personali nutriti da un rapporto di vicinanza e intesa profonda. La santità di Wojtyla è raccontata attraverso tre verbi: pregare, lavorare e sorridere. Preghiera che per Wojtila, spiega Navarro Valls, fu “bisogno dell’anima”, nutrita dalle miserie del mondo, e “immagine più eloquente della sua identità”:

    "Quindi, come per noi è respirare, per lui era pregare: da una parte una naturalezza, dall’altra una intensità e una costanza enorme".

    Anche nel lavoro, racconta Navarro-Valls, c’era qualcosa che parlava di santità. Giovanni Paolo II non sapeva perdere un minuto e insieme non aveva mai fretta. Il suo metodo era studiare i problemi mettendoli a confronto con le grandi verità e tenendo sempre presente le persone:

    "Quando lui cercava di risolvere quei problemi, teneva fisicamente nella sua mente la persona o le persone a cui la soluzione di quel problema sarebbe arrivata… Fossero queste persone state in Papa-Nuova Guinea, a Buenos Aires o a Toronto: non risolveva i problemi con la tecnicità, ma si immaginava la persona o le persone che dovevano vivere la decisione che lui avrebbe preso in quel momento".

    La terza dimensione dei questo futuro nuovo santo era l’allegria, il buon umore, spiega ancora Navarro-Valls, che ha senza dubbio le sue radici nella santità perché, dice, non si sarebbe spiegato altrimenti vista la gravità dei problemi che affrontò e le grandi sofferenze che provò. Da qui, la deduzione di una lunga amicizia:

    "Però, vedendo questo dico: ‘Questa allegria non è fisiologica! Non parte da uno stato dell’animo! E’ piuttosto la decisione, convinta e ragionata, di una persona che veramente crede: ma crede che cosa? Tra l’altro, quelle famose due righe della Bibbia, che sono la prima biografia dell’essere umano che esiste: 'Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza'”.

    Nella conversazione con i giornalisti è emerso anche quanto doloroso fu per Giovanni Paolo II la scoperta dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa e quanto immediata fu la sua risposta nell’avviare un processo di chiarificazione, che poi sarebbe stato portato avanti da Benedetto XVI.

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    Parlano le testimoni della santità di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

    ◊   Grande commozione nel briefing che si è tenuto, ieri pomeriggio, nell’atrio dell’Aula Paolo VI in vista delle canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, in programma domenica. A parlare, due testimoni della santità di questi Papi: suor Adele Labianca, che assistette la sua consorella Caterina Capitani, guarita grazie all'intercessione di Giovanni XXIII, e Floribeth Mora Diaz, miracolata da Giovanni Paolo II. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Sono le emozioni e le lacrime a guidare i racconti su Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Le due straordinarie testimoni della loro santità sottolineano più volte la grazia ricevuta dal Signore che ha operato attraverso le figure dei due Pontefici. A prendere la parola per prima è suor Adele Labianca, consorella di suor Caterina Capitani, miracolata da Giovanni XXIII. “Era la mano, il sorriso e la carezza di Dio”, dice suor Adele parlando dell’attività che svolgevano insieme all’ospedale pediatrico “Lina Ravaschieri” di Napoli. A colpire del suo racconto sono le grandi sofferenze di suor Caterina: a soli 23 anni le venne asportata una parte dello stomaco ed il decorso post-operatorio fu faticoso tanto da far temere il peggio. Era il 1966, Giovanni XXIII era già morto da tre anni, ma sia suor Caterina che le sue consorelle lo invocavano nella preghiera quotidiana. Nel momento più buio, una reliquia del Papa venne posta sulla ferita della religiosa e lei si svegliò. Così, dopo qualche tempo, raccontò cosa era accaduto. Suor Adele Labianca:

    “Sentì una mano poggiata sullo stomaco in direzione della fistola e una voce che mi chiamava dal lato sinistro: ‘Suor Caterina!'. Spaventata nel sentire la voce di un uomo, mi voltai e vidi, in piedi accanto al mio letto, Papa Giovanni, in abiti papali, che non so descrivere, perché mi fermai a fissare il viso, che era molto bello e sorridente. Egli mi disse: ‘Suor Caterina mi hai molto pregato e anche molte, molte suore, ma specialmente una di loro’ - purtroppo nella mia umiltà devo dire che questa 'una di loro’ ero io! - Me lo avete proprio strappato dal cuore questo miracolo! Ma ora tutto è finito: tu stai bene e non hai più nulla!’”.

    Suor Caterina riprese a mangiare, a fare controlli tra l’incredulità dei medici che non sapevano spiegare la guarigione. Fu la sua testimonianza a rendere beato Giovanni XXIII:

    “Tutta la vita di suor Caterina, sia nel letto del dolore che nella consacrazione a Dio, è stata una manifestazione della bontà divina. Suor Caterina, in tutto il resto della sua vita, ha nutrito una grandissima devozione a Papa Giovanni, l’ha diffusa, l’ha trasmessa a tutte le Figlie della Carità e al Popolo di Dio. Non sappiamo da quale angolo di Paradiso oggi lei ci guarda, dove è volata il 3 aprile del 2010, lasciando un testamento spirituale che manifesta il suo abbandono in Dio e alla sua volontà. Anche oggi suor Caterina, con il suo incantevole sorriso, torna a parlare ai nostri cuori: la sua è una voce del futuro, che viene dal passato e si fa presente. Ci insegna che la via della fede e dell’amore è impervia, ma dobbiamo percorrerla con audacia, anche attraverso mari burrascosi e vulcani in eruzione, come ha fatto il Beato Papa Giovanni XXIII e come ci esorta a fare Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium”.

    Prodigiosa è anche la guarigione di Floribeth Mora Diaz, 51 anni, di San José in Costa Rica. Una donna molta amata dal marito poliziotto e dai suoi 4 figli che improvvisamente si ritrova in ospedale senza alcuna speranza. Il suo racconto ai giornalisti è pieno di commozione e allo stesso tempo di incredibile forza, insegna che non bisogna cedere alla disperazione ma pregare e chiedere che la volontà del Signore sia esaudita. E’ l’8 aprile del 2011 quando i medici le dicono di tornare a casa perché non sanno più cosa fare, perché l’aneurisma che l’ha colpita è grave, ha solo un mese di vita. La sua famiglia è sconvolta ma lei chiede aiuto a Giovanni Paolo II:

    “Yo le pedía la intersección a Juan Pablo II...
    Io chiedevo l’intercessione a Giovanni Paolo II. Io dicevo sempre: 'Giovanni Paolo II, tu che sei così vicino a Dio, dì al Signore che io non voglio morire!'. Avevo paura di morire, perché c’erano i miei figli… 'Digli per favore, che se io muoio chi si prenderà cura di loro? Sono molto importanti per me! Quello che più amo sono i miei figli e mio marito…'. Sempre gli ho chiesto che li proteggesse e che non li lasciasse soli nel momento in cui io me ne sarei andata. Per questo chiedevo l’intercessione di Giovanni Paolo II, così spesso, affinché mi aiutasse, perché io non volevo morire”.

    Il dolore di questa madre è immenso soprattutto quando la figlia Valentina le chiede di non morire. “Non morirò”, rispose Floribeth alla piccola e allora, affidandosi a Dio e all’intercessione di Giovanni Paolo II, il miracolo si compie:

    “Despues que yo …
    Dopo aver visto la beatificazione di Giovanni Paolo II, in una trasmissione - erano le due del mattino in Costa Rica – ho sentito qualcosa di incredibile… Mi sono svegliata quella mattina, ho acceso la televisione e ho trovato una trasmissione proprio sulla beatificazione. Ricordo che ho visto Papa Benedetto XVI che portava la reliquia… E come mi ero svegliata, mi sono nuovamente addormentata. Alle 8 del mattino mi risveglio, ma avvertii che era un risveglio diverso: ho sentito una voce, nella mia stanza, che mi diceva 'Alzati!'. Io ero molto sorpresa, ho dato uno sguardo intorno e mi sono detta: 'Oh Dio mio, io sono sola!'. E continuavo a sentire questa voce che mi diceva: 'Alzati!'. E continuava a ripetermi 'Alzati! Non aver paura!'. Immediatamente i miei occhi sono andati su una rivista che era sopra la televisione e che era uscita per la beatificazione di Giovanni Paolo II… C’era Giovanni Paolo II con le mani alzate come fosse un quadro… E le sue mani si sollevavano come a dirmi di alzarmi. E io risposi: 'Sì, Signore!'. E da quel giorno sto in piedi! Il Signore, quel giorno, mi ha tolto la paura, mi ha tolto l’agonia e mi ha donato una pace, una pace che mi ha dato la certezza che ero sana!”.

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    L'amore più forte della sofferenza: Papa Wojtyla nel ricordo di chi l'ha assistito al Gemelli

    ◊   Uno dei tratti salienti della personalità di Giovanni Paolo II è stato senz’altro il suo rapporto con il corpo, nel pieno delle forze nella giovinezza a contatto con la natura, e poi in età più avanzata nel dolore e nei limiti fisici. Anzi, quella della malattia vissuta con piena dignità e nella totale accettazione della volontà di Dio è stata per tanti uno dei segni più importanti dell’intero Pontificato di Papa Wojtyla. Lo conferma, al microfono di Adriana Masotti, la testimonianza di Maria Tirino, aiuto infermiera al Policlinico “Agostino Gemelli”, in servizio proprio nel reparto in cui il Papa fu ricoverato negli ultimi giorni della sua vita:

    R. – Sicuramente, io l’ho sentito proprio come un dono il far parte di questa équipe. Ognuno di noi aveva un incarico ben preciso, affinché tutto funzionasse bene. Io prestavo attenzione a tutto ciò che riguardava la sua biancheria, sia sporca che pulita, e poi tutto ciò che poteva essere l’alimentazione... Poi, in un preciso momento, quello che serviva si faceva. Lui, nella sua sofferenza, manifestava amore: amore per tutti. Nessuno di noi, quando entravamo nella camera, passava inosservato. Ci guardava sempre con quella serenità, con quell’amore paterno, quasi a dirci “grazie”, andando oltre la sua sofferenza. Perché non gli è mancata, la sofferenza! Una cosa che a me è rimasta tanto impressa è che quando lo guardavo, certo, la sua sofferenza si vedeva, ma ancora più forte mi colpiva la luce e la forza di una persona che sa di essere amata da Dio. Ecco: lui lo faceva capire.

    D. – C’è qualche episodio, qualche particolare di quei giorni, che vorrebbe raccontare?

    R. – Ogni giorno, c’era la Santa Messa nella sua stanza e ai medici veniva sempre dato l’incarico di leggere le Letture. Una mattina, mons. Stanislao viene in cucina: io ero lì con due colleghe. Entra e ci dice: “Il Santo Padre vuole che le Letture siano lette anche da voi”. Infatti, noi restavamo sempre un pochino nascoste, da parte. Lui aveva notato questo e ci diceva che sarebbe stato contento se avessimo letto anche noi le Letture. Da qui, si vedeva quanta attenzione aveva per tutti: nessuno di noi passava inosservato.

    D. – Certamente, Giovanni Paolo II in quel momento era un uomo indifeso e bisognoso degli altri. Come viveva questa sua dipendenza?

    R. – Posso dire con molta serenità. Vedevi che lui non dimostrava disagio, proprio perché, quando uno di noi entrava in quella camera, più che pensare a se stesso era proiettato verso di noi, a volerci bene. Vedevi quasi che si staccava dalla sua sofferenza. Era sempre “fuori” di sé. Ricordo che stavamo alle sue spalle quando si affacciò alla finestra del Gemelli e… quel momento di sfogo – l’abbiamo visto tutti in televisione – io lo ho sempre interpretato così: lui aveva desiderio di amare gli altri, e in quel momento era come se lui non potesse dire agli altri: “Io sto bene”. Questa è l’impressione che ho sempre avuto. Ma non perché non riuscisse a parlare…

    D. – Di Giovanni Paolo II è stata riconosciuta la santità. Che effetto le fa pensare di essere stata così vicina a un Santo?

    R. – Io penso che sia stato un dono che Dio mi ha fatto, quello di aver potuto essere stata vicina ad un Santo. Un dono grande… Con Giovanni Paolo adesso io ci parlo così, semplicemente, per me è diventato uno di famiglia, uno che fa parte di me...

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    Messa per San José de Anchieta. Il Papa: la gioia dell’incontro con Gesù diventa annuncio

    ◊   La Chiesa cresce perché attrae, grazie alla gioia dell’incontro con Gesù che si trasforma in annuncio. Così in sintesi Papa Francesco alla Messa di ringraziamento per la canonizzazione di José de Anchieta, conosciuto come l’Apostolo del Brasile e divenuto Santo il 3 aprile. L’Eucaristia è stata celebrata nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, a Roma. Nato nel 1534 nelle isole Canarie, de Anchieta è stato il sacerdote gesuita protagonista dell’annuncio del Vangelo fra gli indios del Brasile. Considerato anche il fondatore delle città di San Paolo e di Rio de Janeiro, de Anchieta pubblicò non solo la prima grammatica in tupì, la lingua di una tribù locale, ma anche preghiere e canti. Presenti alla celebrazione 9 cardinali, una trentina di vescovi, tanti sacerdoti e fedeli, per lo più brasiliani. Il servizio di Debora Donnini:

    La gioia dell’incontro con Cristo Risorto è il concetto-chiave dell’omelia di Papa Francesco pronunciata in spagnolo. La Messa per ricordare l’Apostolo del Brasile, in una gremita e festosa Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, è stata celebrata in portoghese. Il Papa parla di una gioia della quale si può avere paura come accadde ai discepoli di Emmaus o a noi quando assumerla “ci sembra rischioso” - dice Papa Francesco – e sentiamo la tentazione di rifugiarci nel “non esagerare”:

    “Es más fácil creer en un fantasma que en Cristo vivo…
    E’ più facile - dice - credere in un fantasma che in Cristo vivo!”. E’ più facile andare da un negromante che ti predice il futuro, che ti fa le carte, che avere fiducia nella speranza “di un Cristo vincitore, di un Cristo che ha vinto la morte!". “E’ più facile un’idea, una immaginazione che la docilità a questo Signore che risorge dalla morte e che vai a sapere a che cosa ti invita”.

    La Lettura degli Atti degli Apostoli, poi, parla di un paralitico. Si tratta di un uomo che ha passato la vita alla porta del Tempio a chiedere l’elemosina ma che, quando viene guarito, loda Dio e la sua allegria è contagiosa. Di fronte a questo avvenimento, la gente, piena di stupore, accorre e allora Pietro annuncia il messaggio. “La gioia dell’incontro con Gesù Cristo, quella che ci fa tanta paura accettare, è contagiosa – dice il Papa – e grida l’annuncio: e lì cresce la Chiesa!”:

    “La Iglesia no crece por proselitismo, crece por atracción…
    La Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione”, afferma il Papa. Questa testimonianza che nasce dalla gioia accettata e poi trasformata in annuncio. “Senza questa gioia, senza questa allegria non si può fondare una Chiesa! Non si può fondare una comunità cristiana!”, sottolinea. È una gioia apostolica, che si irradia. Quindi il Santo Padre invita a domandarsi se si è capaci di raccogliere l’entusiasmo di coloro che scoprono in noi il miracolo di una vita nuova, nata dall’incontro con Cristo.

    Anche San José de Anchieta, sacerdote gesuita, che dedicò la sua vita all’annuncio del Vangelo agli indios del Brasile, “seppe comunicare quello che aveva sperimentato con il Signore”, quello che il Signore gli comunicò nei suoi esercizi. Assieme a Nobrega è il primo gesuita che Ignazio invia in America. Un ragazzo di 19 anni:

    “Era tal la alegría que tenía…
    Era tanta l'allegria che aveva, era tanta la gioia - dice Papa Francesco - che fondò una nazione: pose le fondamenta culturali di una nazione, in Gesù Cristo. Non aveva studiato teologia, non aveva studiato filosofia, era un ragazzo! Però aveva sentito lo sguardo di Gesù Cristo e si lasciò riempire di gioia, e scelse la luce. Questa è stata ed è la sua santità. Non ha avuto paura della gioia”.

    San José de Anchieta - conclude il Papa - ha un bellissimo inno alla Vergine Maria, alla quale, ispirandosi nel cantico di Isaia 52, paragona il messaggero che proclama la pace, che annuncia la gioia della Buona Notizia. L’auspicio del Santo Padre è, dunque, che proprio la Vergine “che non ebbe paura della gioia, ci accompagni nel nostro peregrinare, invitando tutti ad alzarsi, a rinunciare alle paralisi, per entrare insieme nella pace e nell’allegria che Gesù, il Signore Risorto, ci promette”.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche il sign. Salvador Sánchez Cerén, presidente eletto della Repubblica di El Salvador, con la consorte, e seguito; il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Salaam (Tanzania); il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

    Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale del Vicariato Apostolico di Nepal (Nepal), presentata da Mons. Anthony Francis Sharma, S.I., per raggiunti limiti di età. Il Papa ha nominato Vicario Apostolico di Nepal il Rev.do Paul Simick, del clero di Darjeeling, Parroco della Cattedrale di Darjeeling, assegnandogli la sede titolare vescovile di Maturba. Il Rev.do Paul Simick è nato il 7 agosto 1963, a Gitdubling, diocesi di Darjeeling. Ha compiuto gli studi ordinari di Filosofia e Teologia presso il Morning Star Regional Seminary, Barrackpore, Calcutta. Ha conseguito un Master in lingua Inglese, e la Licenza e il Dottorato in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma, risiedendo presso il Pontificio Collegio S. Paolo Apostolo. È stato ordinato sacerdote il 9 aprile 1992 ed incardinato nella diocesi di Darjeeling. Dopo l’ordinazione sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: 1992-1993:Hostel Prefect della Namchi Public School, Sikkim; 1993-1995: Parroco della St. Maurice Parish, Suruk, Darjeeling; 1995-2000: Studi per la Licenza e il Dottorato in Teologia Biblica a Roma; 2000-2006: Docente di Sacra Scrittura al Morning Star College, Calcutta; 2006-2007: Parroco della Christ the King Parish, Pakyong, East Sikkim; 2007-2011: Decano della East Sikkim Deanery ed Economo della St. Xavier’s School, Pakyong; 2009-2011: Vice Preside della St. Xavier’s School, Pakyong; dal 2011: Parroco della Immaculate Conception Cathedral, Darjeeling.

    Il Papa ha nominato Nunzio Apostolico in Bulgaria Mons. Anselmo Guido Pecorari, Arcivescovo titolare di Populonia, finora Nunzio Apostolico in Uruguay.

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    Tweet del Papa: non lasciamoci intrappolare dal vortice del pessimismo. La fede sposta le montagne

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Non dobbiamo mai lasciarci intrappolare dal vortice del pessimismo. La fede sposta le montagne!".

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    Il cardinale Sandri: l’eredità cristiana del popolo armeno porti pace e riconciliazione

    ◊   L'eredità cristiana, “così forte” nei cuori del popolo armeno, sia vissuta “nella personale coerenza e nel superamento di ogni divisione, purtroppo sempre possibile nelle famiglie e nelle comunità, e nella ricerca della pace, riconciliazione e fraternità tra tutti i popoli”. Questo l’auspicio del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, a conclusione, ieri, della Divina Liturgia in suffragio delle vittime del "Grande Male" che ha colpito gli armeni nel 1915. Il rito, presieduto dal procuratore del Patriarca armeno cattolico presso la Santa Sede, mons. Georges Dankaye, si è svolto nella chiesa del Pontificio Collegio armeno di Roma. Presenti, tra gli altri, l'ambasciatore di Armenia in Italia, funzionari dell'ambasciata di Armenia presso la Santa Sede e alcuni rappresentanti delle Chiese Orientali cattoliche.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un seme che cresce: nell’udienza ai vescovi del Botswana, Sud Africa e Swaziland il Papa sottolinea la vivacità della Chiesa.

    Il terreno della santità: Papa Francesco all’“Eco di Bergamo” per la canonizzazione di Giovanni XXIII.

    Un cuore dilatato: il Pontefice ricorda Giovanni Paolo II in un video messaggio trasmesso in Polonia.

    Pellegrini verso la verità: Graziano Borgonovo sull’eredità di John Henry Newman sugli insegnamenti di Giovanni Paolo II.

    Lezione per l’Europa e per il mondo: Mariano dell’Omo su come le intuizioni di san Benedetto furono fatte proprie da Roncalli e da Wojtyla.
    L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, spiega perché David Cameron ha ragione (a proposito della sua definizione della Gran Bretagna come Paese cristiano).

    Per salvare i boat people: seminario a Jakarta sulla protezione dei migranti in mare.

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    Oggi in Primo Piano



    Kiev accusa Mosca di volere un confllitto mondale. Don Khalayim: preghiamo per la pace

    ◊   Crisi Ucraina. Il governo di Kiev parla della volontà di Mosca di innescare un conflitto mondiale. Tuttora in corso l’offensiva militare nei confronti dei separatisi filorussi dell’est. Intanto, si apprende, che il presidente Usa Obama incontrando i leader del G7 a Seul proporrà nuove sanzioni nei confronti di Mosca, che continua le esercitazioni militari ad un chilometro dalla frontiera con l’Ucraina. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente nella centralissima Maidan di Kiev, don Oleksandr Khalayim, sacerdote nella città occidentale di Horodok:

    R. – I segni della battaglia rimangono: le macchine bruciate, anche le case bruciate, e poi tutte quelle foto delle cento persone che sono state uccise a Maidan … Possiamo dire che ogni regione ha la sua tenda: c’è una cappellina, le tende in cui sono i medici …

    D. – Come si sta vivendo questo momento?

    R. – In questo momento, il Paese vive una grande paura. Due-tre mesi fa in piazza c’erano le persone e di queste una metà “voleva Maidan” e l’altra metà no. Adesso sono tutti uniti.

    D. – Ma c’è paura che scoppi la guerra?

    R. – Sì, perché adesso le città vicine alla Russia – Slovyansk e Kramatorsk – sono totalmente chiuse dal governo ucraino. Ieri da un elicottero sono stati lanciati foglietti con le indicazioni su come la gente si debba comportare in questa situazione, come si debba vivere nella condizione di occupazione …

    D. – E come ci si deve comportare?

    R. – Nei limiti del possibile, rimanere in casa, non andare dove si tengono manifestazioni, dove ci sono persone armate.

    D. – La Chiesa, in questa situazione, che cosa sta facendo?

    R. – Tutte le Chiese adesso sono unite, stanno pregando per la pace; a Maidan aiutano le famiglie, perché adesso ci sono più feriti nell’anima e nella psiche.

    D. – A Kiev, però, c’è anche speranza…

    R. – Sì, c’è grande speranza e c’è anche pace. Questa mattina ho parlato con le persone che stanno a Maidan. Loro dicono che non vogliono tornare alle condizioni di prima. Queste persone sperano che tutto si possa risolvere in pace, senza la guerra. Non si può pensare, infatti, che si possa fare la guerra contro la Russia perché possiamo dire che siamo sempre stati come fratelli – fratello maggiore e fratello minore. Tante famiglie sono miste, con radici miste … E nessuno vuole nemmeno pensare che possa iniziare qualcosa di brutto …

    D. – Le persone con cui ha parlato, come vedono la data del 25 maggio prossimo, per le nuove elezioni?

    R. – Spingono per ottenere la pace, per fare in modo che queste elezioni possano svolgersi in tranquillità: sanno, infatti, che dopo questa data cambierà tutto.

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    Elezioni in India. Mons. Machado denuncia carenza di pluralismo nei media

    ◊   In India, la sesta giornata delle elezioni legislative, iniziate lo scorso 7 aprile, è stata segnata da una serie di attentati costati la vita ad almeno 10 persone, tra cui 6 poliziotti. L’attacco più grave, compiuto da ribelli maoisti, è avvenuto nello Stato nordorientale dello Jharkand ,dove un ordigno è esploso al passaggio di un bus. Su questo drammatico episodio e sulle elezioni parlamentari che si concluderanno il 12 maggio, Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Felix Anthony Machado, presidente dell’Ufficio per il dialogo e l’ecumenismo della Conferenza episcopale indiana:

    R. - Nello Jharkhand gli attacchi dei maoisti si susseguono da almeno due o tre anni, non soltanto durante queste elezioni. Quindi non sappiamo se siano collegati direttamente alle elezioni. È un problema - direi - al di fuori del contesto delle elezioni.

    D. - È stata una campagna elettorale segnata da una propaganda massiccia da parte del Partito indu nazionalista, Bharatiya janata party (Bjp) …

    R. – Non ho visto una campagna elettorale promossa da parte di tutti i partiti come dovrebbe accadere in un Paese democratico. Sembra che il Bjp abbia comprato tutti i giornali, tutti gli spazi dei canali televisivi. Almeno io come bambino, come studente e anche come adulto, ho visto altri tipi di campagne elettorali. Una campagna non soltanto solo per il partito Bjp ma soprattutto per un solo candidato. Per la prima volta tutto è centrato su una persona, un nome solo. Niente del partito ma solo per una persona!

    D. – È il segno che in India la democrazia sia malata?

    R. - Direi che non vedo minacce per la democrazia, però la cosa strana è che in un Paese ci sono vari partiti e poi, tra questi, vari candidati … Ma qui è una persona sola ad essere promossa, vista, sentita. Non ci sono dibattiti, discorsi. Mi dispiace che questo accada in un Paese democratico …

    D. – Quali sono le indicazioni date dalla Chiesa in occasione di queste elezioni?

    R. - Abbiamo chiaramente detto che la Chiesa non si identifica con nessun partito. Ogni cristiano, come cittadino del Paese, deve andare a votare e votare con coscienza per scegliere un candidato che farà il bene per il Paese e per il popolo.

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    Il presidente Napolitano per il 25 aprile: valori della Resistenza irrinunciabili

    ◊   Manifestazioni in tutta per le celebrazioni del 25 aprile per ricordare la liberazione dai nazifascisti. A Roma, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deposto una corona di alloro sulla tomba del Milite Ignoto all'Altare della Patria. In un tweet il premier Renzi ha ringraziato quelli che ha chiamato “i ribelli di allora”. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Sono le 9 di mattina quando all’Altare della Patria, il presidente Napolitano e una consistente delegazione del governo, tra cui il premier Renzi, rendono omaggio al Milite Ignoto. Per Roma sfila anche un corteo, che fa registrare un aspro battibecco tra manifestazioni pro Palestina e pro Israele. Poco dopo al Quirinale, il capo dello Stato riceve le associazioni che hanno combattuto 69 anni fa. Il capo delle Stato ricorda che i valori della Resistenza sono incancellabili, rende onore ai due marò “ingiustamente trattenuti” in India, e dice no a decisioni sommarie sui tagli alla Difesa. Parole condivise dal ministro della Difesa Pinotti. A da Marzabotto, dove i nazisti uccisero oltre 1800 civili, la presidente della Camera Boldrini, invita a rispettare le istituzioni. Ma perché ancora oggi ricordare la Resistenza? Bartolo Ciccardini, presidente dell’Associazione Partigiani Cristiani:

    R. – L’Italia si trovò in una situazione di crisi spaventosa e seppe ritrovare le energie per rinascere proprio dalla resistenza, ma non dico la Resistenza con la r maiuscola, ma dalla resistenza quotidiana, con cui affrontò la vita di quei giorni, una vita disperata, difficilissima. E questa capacità di stare assieme, avere la pietas cristiana, la necessità di salvare i rifugiati, difendere i profughi, dare vestiti a chi non li aveva, dare da mangiare a chi non aveva da mangiare, fu la ragione per cui l’Italia ritrovò se stessa.

    D. – In sostanza, una voglia di essere uniti e di ritrovare il collante del popolo italiano?

    R. – Il 25 aprile in questo è una data laica, perché ricorda un episodio nazionale cui parteciparono tutti, ma c’è un’identità cristiana. Pensiamo, infatti, che 700 sacerdoti caddero nella Resistenza, e caddero non perché fossero l’opposizione, ma perché erano i capi naturali della popolazione.

    D. – Lei ha accennato al valore e all’apporto dato dai cristiani, perché spesso non si conosce. Spesso la Resistenza viene accomunata a quelle brigate, che poi si rifacevano ad ideologie di sinistra, estrema spesso...

    R. – C’è una storiografia, che sopravvaluta le azioni armate, quelle che erano organizzate ideologicamente. Innanzitutto, anche la partecipazione armata dei cattolici, come numero, fu superiore a quelle delle Brigate Garibaldi. Le stesse Brigate Garibaldi non erano composte da soli comunisti. I cattolici, in quel momento, non si manifestavano con un’ideologia politica, ma erano presenti nella loro natura, che era quella di cercare di mantenere la vita civile, difendere la resistenza alle barbarie. Cercarono di opporsi anche alle forme troppo disumane delle azioni di resistenza.

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    Cento anni fa nasceva don Divo Barsotti: la più alta mistica è la fedeltà a Dio

    ◊   Cento anni fa nasceva don Divo Barsotti (Palaia, in provincia di Pisa, 25 aprile 1914 – Settignano, Firenze, 15 febbraio 2006), sacerdote, monaco, poeta, scrittore e predicatore, fondatore della Comunità dei Figli di Dio, figura eminente nella spiritualità del XX secolo. Ordinato sacerdote nel 1937, vorrebbe partire missionario per l’India, ma i suoi sogni sono infranti dall’esplodere della seconda guerra mondiale. Don Divo si dedica allo studio e alla preghiera. Nel 1947, con la direzione spirituale di un gruppo di preghiera dà il via al primo nucleo della “Comunità dei figli di Dio” che sarà ufficialmente riconosciuta e approvata dal cardinale arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli nel 1984, con sede a Settignano, nella periferia di Firenze.

    “La ragione della Comunità – scrive don Divo - è il primato della vita di preghiera e dell'unione con Dio - quel primato che finora sembrava essere il fine della vita claustrale e oggi dev'essere il fine di tutti i figli di Dio - nel matrimonio e fuori - nel mondo e nel chiostro. Per questo chi vive nella solitudine e nel silenzio deve vivere senza staccarsi, anzi rimanendo unito a chi vive nel mondo, e chi vive nel mondo non deve sentirsi staccato, anzi dev'essere unito a chi vive in solitudine e silenzio. La Comunità è una cosa grande. Si vive la propria vocazione nella Comunità, precisamente in questa unità di tutti nell'amore - unità non soltanto interiore ma concreta, viva, efficace. Bisogna che spezzi le resistenze. Dio vuole questo da me. Non l’imitazione e la ripetizione di tanti istituti che vivono delle opere e per le opere, non l’imitazione e la ripetizione di tanti ordini che vivono in clausura o in monastero. È la Comunità dei Figli di Dio”. Una comunità che oggi conta circa 2000 membri sparsi nei cinque continenti, impegnati a vivere la radicalità battesimale con i mezzi della grande tradizione monastica.

    Nel 1948 pubblica il suo primo libro, “Cristianesimo russo” (1948), facendo conoscere in Italia per la prima volta figure come san Sergio di Radonez, san Serafino di Sarov e Silvano del Monte Athos. Seguiranno oltre 150 volumi, molti tradotti in altre lingue, e tantissimi articoli, in particolare sull'Osservatore Romano e Avvenire. Insegna teologia sacramentaria e teologia spirituale presso la Facoltà teologica di Firenze, tiene corsi di esercizi spirituali in tutto il mondo. Nel 1971 predica gli esercizi spirituali per la Curia Romana alla presenza di Paolo VI. Numerosi i premi letterari che ha ricevuto come scrittore religioso.

    Per comprendere la spiritualità di don Divo pubblichiamo un breve estratto di una sua meditazione sul Padre Nostro del 1966. In questa preghiera – affermava – “c’è tutto il programma della vita cristiana”. La preghiera del Padre Nostro fa vedere come la mistica preceda l'ascesi:

    “Quello che io ho sempre detto, anche il Padre Nostro lo giustifica. Si è sempre sentito dire che prima viene l’ascetica e poi la mistica. È il contrario che è vero! Che vuoi fare con l’ascetica? È la mistica che determina il grado di ascesi. È nella misura che Dio si fa presente che tu puoi fare il vuoto di tutto; altrimenti come fai a fare il vuoto se non sei riempito di nulla? È Dio che rende possibile e l’esercizio anche minimo della virtù e poi l’esercizio massimo nella misura che vivo in te Dio ha l’iniziativa. Noi non possiamo nemmeno avere il desiderio della fede senza la grazia preveniente. È Dio che fa tutto! Che bello, però, tutto questo! Pensando di fare noi ci si accorge poi che in fondo, dopo esserci tanto arrabattati, siamo al medesimo punto di prima. Ed è giusto; perché fin tanto che non perdiamo la presunzione di poter fare senza Dio, non combiniamo nulla. È la forza della grazia che determina in noi e l'esperienza di Dio e la santità della condotta. Molto spesso l'esperienza più alta di Dio, almeno la più sicura non sono tanto le estasi, ma il fatto che noi siamo fedeli, Dio vive in te nella misura che ti rende capace di conformare la tua volontà alla Sua. Non cercare altro, perché, in fondo, se tu cerchi altro, l'altro è molto meno sicuro, molto meno ti garantisce una presenza divina, di questa tua fedeltà. Ecco perché la suprema mistica è sempre la conformità della propria alla volontà di Dio e l'esperienza più alta della nostra vita divina è la fedeltà ai divini Comandamenti. È questo bisogno, questa facilità che proviamo nel compiere quello che interiormente sentiamo più perfetto e che più può piacere a Dio. Tutto questo ci assicura più di qualsiasi altra cosa. Se poi sentiamo non soltanto docilità, facilità al compimento di quello che è il piacere di Dio, ma sentiamo che, in fondo, tutta la nostra vita non è che un atto solo, tutti i nostri atti pian piano si riducono all'atto onde l'anima consente a Dio di essere, che Egli sia, la volontà essenziale,basta! che volete cercare di più? Non c'è nulla di più alto di questo!”. (A cura di Sergio Centofanti)

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Kerry: israeliani e palestinesi devono fare compromessi per la pace

    ◊   Ancora tensione in Medio Oriente dopo le dichiarazioni del governo israeliano che ha deciso di sospendere i colloqui di pace con i palestinesi, in risposta all’accordo di riconciliazione tra l’Olp e Hamas siglato mercoledì. “Esiste sempre la possibilità di avanzare verso la pace, ma i leader israeliani e palestinesi devono fare dei compromessi”, ha affermato oggi il segretario di Stato Usa John Kerry. “Se non intendono fare i compromessi necessari, diventa molto difficile”, ha aggiunto, precisando che comunque gli Stati Uniti non abbandoneranno mai le speranze e l’impegno per la pace.

    Dal canto suo il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha assicurato all’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente, Robert Serry, che l’Anp rispetterà gli accordi sulla base degli impegni dell’Olp. Lo fa sapere l’Onu dopo l’incontro avvenuto tra i due a Ramallah. “Abu Mazen ha sottolineato che questi impegni includono il riconoscimento di Israele, la non violenza e il rispetto degli accordi precedenti”, ha detto Serry, precisando che il presidente dell’Anp ha ribadito il suo costante impegno per i negoziati di pace. Serry ha affermato inoltre che le Nazioni Unite sostengono su queste basi l’unità palestinese, che significa riunire la Cisgiordania e la Striscia di Gaza sotto un’unica legittima autorità.

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    Obama a Seoul: reazione dura se ci sarà nuovo test nucleare nordcoreano

    ◊   Il presidente Usa Barack Obama è giunto stamani in Corea del Sud, dove ha incontrato la presidente Park Geun-hye. Sul tavolo le questioni della sicurezza riguardanti i due Paesi e le nuove preoccupazioni relative al programma nucleare nordcoreano. Già nei giorni scorsi Seoul aveva denunciato che Pyongyang si starebbe preparando ad effettuare un nuovo test nucleare. “Siamo sicuri – ha detto oggi la leader sudcoreana - che lo possono fare in qualunque momento e la minaccia è reale. Corea del Sud e Stati Uniti – ha aggiunto- faranno di tutto per la deterrenza delle provocazioni". "Anche la Cina ha cominciato a capire che la Corea del Nord è un problema” – ha affermato il capo della Casa Bianca, assicurando l’impegno di Washington su questo fronte. Ieri, dal Giappone, Obama ha invitato la Comunità internazionale ad aumentare la pressione sul regime nordocreano. “Se la Corea del Nord condurrà un altro test - ha garantito il presidente Usa - affronterà una reazione dura". Nel corso del suo tour in Asia, Obama visiterà anche la Malaysia e le Filippine. (C.S)

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    Perù. I vescovi: i nuovi protocolli sull’aborto uccidono, non salvano vite

    ◊   Davanti alla possibile approvazione del protocollo sull’aborto cosiddetto “terapeutico” (PAT), la Chiesa peruviana definisce non necessario questo nuovo strumento che – affermano – intende favorire le organizzazioni che promuovono l’aborto. “L’obiettivo è approvare un PAT per coprire tutte le tipologie di aborto, com’è accaduto in altri Paesi”, si legge nel lungo comunicato della Conferenza episcopale peruviana. I vescovi affermano che il Ministero della Salute dovrebbe occuparsi dei veri problemi della sanità pubblica tra questi “che i bambini non muoiano per mancanza di prevenzione medica basilare e che le donne abbiano le migliori cure durante la gravidanza e il parto, perche è dimostrato che sono il modo più efficace per ridurre la mortalità materna”. La nota riporta alcune statistiche sull’interruzione di gravidanza in casi gravi in due importanti strutture ospedalierie del Paese per dimostrare che in nessuno di questi casi è stato necessario ricorrere a norme contenute nel PAT. Per i vescovi questa è la dimostrazione dell’inutilità della nuova norma che non garantisce neanche i diritti del nascituro, “diritti – aggiunge la nota -che sono riconosciuti nelle Convenzioni internazionali ratificate dal Perù, nella Costituzione nazionale e nei recenti pronunciamenti del Tribunale Costituzionale sull’argomento”. Infine, la nota dell’episcopato ricorda la recente “Marcia per la vita” che ha coinvolto più di mezzo milione di persone in tutto il Paese per manifestare contro l’aborto. (A cura di Alina Tufani)

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    Giornata mondiale contro la malaria: ogni anno muoiono oltre un milione di persone

    ◊   Si celebra oggi la Giornata Mondiale contro la Malaria, malattia che ogni anno uccide oltre un milione di persone, il 75% delle quali sono bambini che vivono in Africa. Ogni 30 secondi ne muore uno. Anche le madri sono a rischio: nella aree endemiche è la diretta o indiretta responsabile del 30% della mortalità materna, pur essendo una malattia che si può prevenire, diagnosticare e trattare con facilità. Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, nel 2013 l’Ong Medici Senza Frontiere ha avviato in Niger la chemioprofilassi antimalarica, un’efficace strategia di prevenzione grazie alla quale sono stati trattati 206 mila bambini al di sotto dei 5 anni di età in più di 1.045 villaggi nelle regioni di Zinder, Tahoua e Maradi.

    L’organizzazione ha impiegato più di 2 mila promotori sanitari per sensibilizzare le comunità e per incoraggiare i genitori a portare i loro figli nei 179 punti di distribuzione delle dosi mensili delle medicine, in 75 siti creati presso le case dei capi villaggio o in capanne, oltre ad essere distribuiti da 99 squadre che passavano porta a porta. Il trattamento, raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità nelle zone dell’Africa Subsahariana, è parte di una campagna di prevenzione farmacologica della malaria stagionale che ha fatto registrare l’83% in meno dei casi nei Paesi interessati. Sebbene la malattia sia endemica in Niger, il Paese deve fronteggiare ogni anno una forte recrudescenza di casi durante la stagione delle piogge, che va da luglio a ottobre e, non a caso, corrisponde al periodo di alta trasmissibilità della malattia.

    La campagna di prevenzione è oggi parte integrante del Programma Nazionale contro la malaria ed è particolarmente efficace in situazioni di malnutrizione e di anemia diffuse, perché permette di ridurre il numero dei casi complessi nei Paesi dove l’acceso alle cure è limitato, come il Niger. Tuttavia non previene tutti i casi di malaria. Le equipe della ong in Niger, e altre organizzazioni in altre aree, stanno preparando una seconda campagna di massa indirizzata a più di 400 mila bambini a cominciare dal luglio prossimo. (C.S.)

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    Lutto cittadino a Lovere per il 21.enne schiacciato da una croce

    ◊   Era educatore all'oratorio Marco Gusmini, il ragazzo di 21 anni morto ieri a Lovere schiacciato nel crollo dell’enorme croce del Cristo Redentore che fu realizzata per la visita a Brescia di Giovanni Paolo II. Il curato di Lovere, don Claudio Laffranchini, parla di lui come un ragazzo allegro e vitale che nonostante le disabilità, legate alla nascita prematura, riusciva ad occuparsi anche di assistere gli anziani in varie case di riposo della zona e stava seguendo un percorso di inserimento lavorativo. Ancora sconosciuti i motivi del crollo. Il sindaco, Giovanni Guizzetti, ha dichiarato il lutto cittadino e ha annullato tutte le manifestazioni e i festeggiamenti in programma nel fine settimana e in particolare domenica 27 aprile per le canonizzazioni di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. (C. S.)

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    Il card. Bagnasco: la famiglia è una realtà universale e incomparabile

    ◊   Domenica 4 maggio migliaia di famiglie genovesi si incontreranno nel Palasport della Fiera del Mare per un momento di festa, riflessione e dibattito nell’ambito delle iniziative per l’anno pastorale 2013-2014 incentrato appunto sulla famiglia e sul matrimonio. Il tema sarà: “La famiglia, dono e speranza per il mondo”. “Il programma pastorale, prevede un biennio per riflettere sul grande patrimonio che è la famiglia, luogo di comunione, grembo naturale di nuove vite, palestra educativa dove i figli trovano nel papà e nella mamma i fondamentali riferimenti per una crescita completa e armonica”: lo ha scritto il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, nel messaggio per l’evento, pubblicato dall'agenzia Sir.

    “Anche in questi anni di crisi – prosegue il porporato - la famiglia si è confermata la ‘cellula della società’, il maggiore presidio affettivo, morale e anche economico per tutti: per non perdere la fiducia e poter affrontare le avversità. La famiglia è una realtà universale e incomparabile, ma, come ha detto Papa Francesco, è troppo spesso disprezzata e maltrattata”. Come cristiani - ha concluso il card. Bagnasco - dobbiamo approfondire i fondamenti del matrimonio e della famiglia, sostenere le coppie, aiutare i giovani che si preparano alle nozze. (C.S.)

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    Venezia celebra San Marco. Mons. Moraglia: sostenga l'evangelizzazione

    ◊   “Si è presi da vera emozione quando, in questa Basilica, si proclama il Vangelo di Marco, sapendo che colui - al quale, in ultima istanza, tale Vangelo è dovuto - è presente qui con le sue spoglie mortali”. Così il Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia durante l’omelia nella solennità del patrono San Marco Evangelista, le cui reliquie furono traslate nel capoluogo veneto nell’anno 828 da due mercanti Buono da Malamocco e Rustico da Torcello. Il presule ha ricordato il legame particolarissimo che unisce la città e i territori limitrofi al ricordo di San Marco, perché secondo tradizione sarebbe stato proprio lui a diffondere qui la Buona Novella e ad evangelizzare.

    Poi si è soffermato sulla figura dell’evangelista nella Chiesa delle origini: in un primo momento al seguito di San Paolo e poi di San Pietro che “lo considerò un vero e proprio figlio”. Molti commentatori inoltre – ha spiegato mons. Moraglia - riconoscono l’evangelista Marco nel giovinetto che tenta di rimanere con Gesù al momento dell’arresto. Il Vangelo di Marco – prosegue - viene inoltre considerato come l’unità di misura per comprendere la retta fede in Gesù Cristo dei primi cristiani. In esso si predica - e lo si dichiara fin dall’inizio con estrema chiarezza - Gesù Cristo, Figlio di Dio. Per questo inoltre "il Patriarcato di Venezia rimane punto di riferimento per le chiese cristiane che si rifanno all’evangelista Marco e ciò vale soprattutto per quelle egiziane, per il legame con Alessandria".

    Infine il presule si sofferma sul modo in cui l’evangelista Marco dipinge nel Vangelo la figura di Gesù presentandolo non solo come “Colui che passò sanando e guarendo”, piuttosto come “Il figlio di Dio che si conosce solamente dall’evento della croce”. Il nucleo dell’intero Vangelo di Marco è così costituito dalla fede in Gesù di Nazareth che, al momento del battesimo, è dichiarato Figlio di Dio (cfr. Mc 1,11) e “dimostra” d’esser tale con la sua vita e, particolarmente, con la sua morte. Infine la richiesta a San Marco perché sia accanto e sostenga la Chiesa nell’opera di evangelizzazione. (C.S.)

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    Pellegrinaggio in Papua Nuova Guinea per ricordare l’arrivo dei primi missionari del Verbo Divino

    ◊   Un grande pellegrinaggio di 15 giorni per ringraziare Dio per l’arrivo della Buona Novella negli altipiani centrali della Papua Nuova Guinea: così l’arcidiocesi di Mount Hagen, ha ricordato l’arrivo dei primi missionari del Verbo Divino che nel 1934 giunsero nei territori della Papua centrale, fondando le prime missioni nella zona. A 80 anni dall’arrivo dei pionieri, i fedeli dell'arcidiocesi vivono un tempo di ringraziamento e di riconoscenza “per tutte le benedizioni ricevute da Dio attraverso i missionari”, dice una nota inviata a Fides dall’arcidiocesi. Con questo spirito oltre 500 fedeli, 3 sacerdoti e 9 seminaristi hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Madang a Mount Hagen, seguendo lo stesso percorso dei primi missionari, su un terreno accidentato e impervio, “in una prova di fede e anche di forza fisica”.

    I partecipanti al pellegrinaggio hanno visitato il sito memoriale dei due primi missionari, p. Carl Morschheuser e p. Eugene Frank, che furono uccisi dagli indigeni locali. L'Arcivescovo di Mt Hagen, Douglas Young, ha accolto e incoraggiato i pellegrini affermando che “il pellegrinaggio è segno di una famiglia che cammina insieme e condivide il Vangelo, come Chiesa viva in Cristo”. I religiosi del Verbo Divino, nei decenni della loro presenza, si sono impegnati anche in scuole e servizi sanitari che da allora si sono molto sviluppati: oggi il 40% dei servizi sanitari ed educativi negli altipiani è fornito dalla Chiesa cattolica. (C.S.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 115

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.