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Sommario del 24/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: evitiamo di essere "cristiani pipistrelli" impauriti dalla luce della gioia
  • La piena integrazione dell'Albania nell'Ue al centro del colloquio tra il Papa e il premier Edi Rama
  • Il Papa riceve i vescovi del Sudafrica, il card. Stella e mons. You Heung-sik
  • Tweet del Papa: la sobrietà fa bene a noi e ci permette di condividere meglio con chi ha bisogno
  • Padre Lombardi: telefonate del Papa, non trarre conseguenze su insegnamento Chiesa
  • Canonizzazioni. P. Lombardi: non confermata presenza Benedetto XVI
  • Briefing per i giornalisti su vita e ministero petrino di Giovanni XXIII
  • Mons. Frisina: la vita di Karol Wojtyla scolpita da Dio come un’opera d’arte
  • Mons. Adoukonou: i futuri Santi Wojtyla e Roncalli avevano l'Africa nel cuore
  • Canonizzazioni: Radio Vaticana al servizio dei media di tutto il mondo
  • Santa Sede, messaggio ai "cari amici buddisti": unire le forze per costruire un mondo fraterno
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi Ucraina. Kiev attacca Sloviansk. Per Obama la Russia non rispetta gli accordi di Ginevra
  • Le condoglianze del premier turco Erdogan nell'anniversario dell'eccidio degli armeni
  • Delrio: tra maggio e giugno riforma del fisco a misura di famiglia, no condoni
  • Divorzio breve, il giurista Alberto Gambino: verso privatizzazione della separazione
  • A 70 anni dal rastrellamento del Quadraro, ricordato don Gioacchino Rey, parroco delle trincee
  • A Milano, arte antica e moderna per indagare il trascendente
  • Al cinema "La sedia della felicità", ultimo film di Carlo Mazzacurati, scomparso in gennaio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Centrafrica. Il vescovo di Bossangoa: "I ribelli mi volevano uccidere"
  • Siria: appello delle agenzie umanitarie Onu per salvare la popolazione
  • Congo. Treno merci deraglia nel Katanga: oltre 60 morti e 80 feriti
  • Pakistan: giovane cristiano ucciso perché non si è convertito all'islam
  • Punjab pakistano: "branco" stupra una cristiana di 7 anni e rapisce il padre per bloccare la denuncia
  • Sud Corea. Affondamento del traghetto: le condoglianze di Pyongyang a Seoul
  • Myanmar: l'Unicef chiede di salvare i bambini Kachin da mine e guerra
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: evitiamo di essere "cristiani pipistrelli" impauriti dalla luce della gioia

    ◊   Ci sono cristiani che hanno paura della gioia della Risurrezione che Gesù ci vuole donare e la loro vita sembra un funerale, ma il Signore risorto è sempre con noi: è quanto ha affermato il Papa durante la Messa presieduta a Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    Il Vangelo proposto dalla liturgia del giorno racconta l’apparizione di Cristo risorto ai discepoli. Al saluto di pace del Signore i discepoli, invece di gioire – afferma il Papa nell’omelia - restano “sconvolti e pieni di paura”, pensando “di vedere un fantasma”. Gesù cerca di far capire loro che è realtà quello che vedono, li invita a toccare il suo corpo, si fa dare da mangiare. Li vuole condurre alla “gioia della Risurrezione, la gioia della sua presenza fra di loro”. Ma i discepoli – osserva il Papa – “per la gioia non credevano, non potevano credere, perché avevano paura della gioia”:

    “E’ una malattia dei cristiani questa. Abbiamo paura della gioia. E’ meglio pensare: ‘Sì, sì, Dio esiste, ma è là; Gesù è risorto, è là’. Un po’ di distanza. Abbiamo paura della vicinanza di Gesù, perché questo ci dà gioia. E così si spiegano tanti cristiani di funerale, no? Che la loro vita sembra un funerale continuo. Preferiscono la tristezza e non la gioia. Si muovono meglio non nella luce della gioia, ma nelle ombre, come quegli animali che soltanto riescono ad uscire nella notte, ma alla luce del giorno no, non vedono niente. Come i pipistrelli. E con un po’ di senso dell’umorismo possiamo dire che ci sono cristiani pipistrelli che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore”.

    Ma “Gesù, con la sua Risurrezione – ha proseguito il Papa - ci dà la gioia: la gioia di essere cristiani; la gioia di seguirlo da vicino; la gioia di andare sulla strada delle Beatitudini, la gioia di essere con Lui”:

    “E noi, tante volte, o siamo sconvolti, quando ci viene questa gioia, o pieni di paura o crediamo di vedere un fantasma o pensiamo che Gesù è un modo di agire: ‘Ma noi siamo cristiani e dobbiamo fare così’. Ma dov’è Gesù? ‘No, Gesù è in Cielo’. Tu parli con Gesù? Tu dici a Gesù: ‘Io credo che Tu vivi, che Tu sei risorto, che Tu sei vicino a me, che Tu non mi abbandoni’? La vita cristiana deve essere questo: un dialogo con Gesù, perché - questo è vero - Gesù sempre è con noi, è sempre con i nostri problemi, con le nostre difficoltà, con le nostre opere buone”.

    Quante volte – ha detto infine Papa Francesco – noi cristiani “non siamo gioiosi, perché abbiamo paura!”. Cristiani che “sono stati sconfitti” nella croce:

    “Nella mia terra c’è un detto, che dice così: ‘Quando uno si brucia con il latte bollente, dopo, quando vede la mucca, piange’. E questi si erano bruciati con il dramma della croce e hanno detto: ‘No, fermiamoci qui; Lui è in Cielo; ma benissimo, è risorto, ma che non venga un’altra volta qui, perché non ce la facciamo’. Chiediamo al Signore che faccia con tutti noi quello che ha fatto con i discepoli, che avevano paura della gioia: che apra la nostra mente: ‘Allora, aprì loro la mente per comprendere le Scritture’; che apra la nostra mente e che ci faccia capire che Lui è una realtà vivente, che Lui ha corpo, che Lui è con noi e che Lui ci accompagna e che Lui ha vinto. Chiediamo al Signore la grazia di non avere paura della gioia”.

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    La piena integrazione dell'Albania nell'Ue al centro del colloquio tra il Papa e il premier Edi Rama

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Primo Ministro della Repubblica di Albania, Edi Rama, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    “Nei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - si sono rilevati i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica d’Albania e sono stati affrontati temi di comune interesse attinenti alle relazioni tra la comunità ecclesiale e quella civile, tra i quali il dialogo interreligioso ed il contributo della Chiesa per il bene comune della società albanese. Nel proseguo dei colloqui, ci si è soffermati sulle principali questioni regionali e sul cammino dell’Albania verso la piena integrazione nell’Unione Europea”.

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    Il Papa riceve i vescovi del Sudafrica, il card. Stella e mons. You Heung-sik

    ◊   Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale del Sud Africa, in visita "ad Limina"; mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon (Corea); il card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero.

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    Tweet del Papa: la sobrietà fa bene a noi e ci permette di condividere meglio con chi ha bisogno

    ◊   Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: “Uno stile di vita sobrio fa bene a noi e ci permette di condividere meglio con chi ha bisogno”.

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    Padre Lombardi: telefonate del Papa, non trarre conseguenze su insegnamento Chiesa

    ◊   In questi giorni si è parlato molto di una telefonata di Papa Francesco. A questo proposito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

    “Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del Papa Francesco. Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del Papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della Sala Stampa. Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione. E’ perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa”.

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    Canonizzazioni. P. Lombardi: non confermata presenza Benedetto XVI

    ◊   Terza giornata di briefing oggi in Sala stampa vaticana in vista delle Canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Questa mattina si è parlato delle veglie di preghiera che, sin da sabato, prepareranno i pellegrini presenti a Roma alla celebrazione del 27 aprile. Padre Federico Lombardi ha ripercorso i momenti salienti del rito, alla quale è prevista per ora la partecipazione di rappresentanti di altre confessioni religiose, di 93 delegazioni ufficiali di diversi Paesi e 24 tra capi di Stato e reali. A concelebrare almeno 150 cardinali e 1000 vescovi. Nessuna ufficialità sulla presenza del Papa emerito Benedetto XVI. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    La notte tra sabato e domenica sarà l’inizio della grande festa della fede di Roma con una serie di veglie. “Sarà una notte bianca”, cioè di attesa in preghiera, animata da gruppi in diverse lingue, in almeno 11 chiese della capitale, ha detto don Walter Insero portavoce del Vicariato:

    “Come sapete ci sarà una notte bianca di preghiera. Abbiamo voluto fare in modo che la città, aprendo soprattutto le chiese del centro, desse ospitalità ai pellegrini, un’ospitalità spirituale ovviamente, per fare in modo che chi arriva possa recarsi a pregare e a vivere una celebrazione, che permetta quindi di prepararsi sui contenuti, con testi tratti dalla Parola di Dio. Dal sito www.duepapisanti.org potrete scaricare i tre schemi previsti. C’è la possibilità, infatti, di scegliere un rito, dunque, diverso in base all’occasione. Comunque, nelle varie chiese del centro, dove appunto la preghiera sarà animata, ci sono dei gruppi, che faranno accoglienza e permetteranno la preghiera in diverse lingue”.

    Sarà dunque una "staffetta" che si aprirà alle 19.00 di sabato con la Messa alla Basilica in Monte santo dove Giovanni XXIII è stato ordinato sacerdote nel 1904; e si proseguirà in tutte le altre chiese dalle ore 21:

    “Poi, alle 21, la preghiera sarà a Sant’Agnese in Agone, a Piazza Navona, con animazione in lingua polacca; a San Marco al Campidoglio, proprio a Piazza Venezia, in italiano e in inglese; a Sant’Anastasia in lingua portoghese; al Santissimo nome di Gesù, all’Argentina, in italiano e in spagnolo; a Santa Maria in Vallicella e a San Giovanni Battista dei Fiorentini, qui vicino, in lingua italiana; a Sant’Andrea della Valle in lingua francese; a San Bartolomeo, all’Isola Tiberina, con animazione in italiano e in arabo; a Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio, alla Chiesa delle Stimmate, ai Santi Apostoli, al Sacro Cuore di Gesù a via Marsala, a Santa Maria in lingua italiana”.

    La mattina di domenica invece, ha spiegato padre Federico Lombardi, il programma inizia in Piazza San Pietro con la preghiera della coroncina della Misericordia dalle ore 9, con i canti del coro della diocesi di Roma, quindi l’avvio della celebrazione con le Litanie dei Santi. Al coro della cappella Sistina si affiancheranno in questa occasione anche la Filarmonica di Cracovia e il Coro della diocesi di Bergamo. A concelebrare col Papa, circa 130-150 cardinali e 1000 vescovi. I più vicini saranno il cardinale vicario di Roma, Vallini, il cardinale polacco Dziwisz e il vescovo di Bergamo mons Beschi. Per la distribuzione della Comunione previsti in tutto 870 tra sacerdoti e diaconi da piazza San Pietro a via della Conciliazione. Il rito della Canonizzazione, ha spiegato padre Lombardi, aprirà subito la celebrazione: con le tre petizioni al Papa da parte del cardinale prefetto della congregazione dei santi, Angelo Amato, quindi la solenne formula recitata dal Pontefice che rende bene la proposta alla venerazione della chiesa universale dei nuovi Santi:

    “Ad onore della Santissima Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e nostra, dopo aver lungamente riflettuto e invocato più volte l’aiuto divino, ascoltato il parere di molti nostri fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, li iscriviamo nell’albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa essi siano devotamente onorati fra i Santi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

    Dopo la formula verranno presentate le reliquie dei nuovi Santi da parte di persone vicine a loro ancora da stabilire, quindi un momento di ringraziamento e si riprenderà la Messa dal Gloria. Da segnalare, come avviene nelle grandi feste, la proclamazione del Vangelo in greco e in latino. Circa le presenze: "Nessun invito speciale della Santa Sede", ha chiarito padre Lombardi ma una comunicazione, per cui, chi ci sarà, dimostrerà un particolare interesse ed è il benvenuto. Ciò vale per le delegazioni dei governi - sono 93 le delegazioni ufficiali attese di diversi Paesi e organizzazioni internazionali e 24 tra capi di Stato e presidenti con 35 delegazioni varie - e per i rappresentanti di altre confessioni religiose. E’ atteso ha detto padre Lombardi, un buon numero di ortodossi e anglicani e anche di ebrei e musulmani:

    “C’è notevole libertà. Benvenuti a coloro, che desiderano venire. Verrà certamente un gruppo importante di ebrei, che come sapete hanno manifestato anche in vari modi la stima, l’affetto per questi due Papi, che sono stati particolarmente importanti per il rapporto con il popolo ebraico. Ci sono anche dei musulmani, che – sappiamo - hanno manifestato il desiderio di partecipare. Ci saranno, quindi, anche presenze di altre religioni. Non abbiamo, però, delegazioni o liste da dare su questo”.

    Nessuna ufficialità invece sulla presenza di Papa Benedetto, come ha sottolineato padre Lombardi:

    “Il Papa Benedetto è benvenuto e sa di essere desiderato e invitato. Noi rispettiamo la sua libertà, la sua età e il suo sentirsi in forze, per venire o meno quel giorno. Quindi non c’è nessuna ufficialità di una sua presenza, c’è il desiderio che venga. Se viene saremo tutti contentissimi, se non viene non abbiamo il diritto di sentirci delusi per una promessa mancata, perché nessuno l’ha fatta”.

    In conferenza, questa mattina, anche il ricordo del Santo gesuita missionario Josè de Anchieta canonizzato da Papa Francesco il 3 aprile scorso. Sarà il Pontefice stasera a rendere grazie con una Messa, per la vita e l’opera di questo religioso la cui figura è stata ricordata dai cardinali brasiliani Damasceno Assis e Odilo Scherer. Nelle loro parole la gioia di tutto un Paese e un popolo che nel Santo, il terzo per il Brasile, vede un missionario instancabile e una figura esemplare: fu evangelizzatore, dice il cardinale Damasceno Assis, difensore della vita e e dei diritti delle popolazioni indigene minacciate nella loro cultura e nelle loro tradizioni e missionario educatore. Un vanto anche per l’ordine dei gesuiti aggiunge il cardinale Scherer:

    “Aveva 15 anni, mentre studiava a Coimbra, in Portogallo, ed era già attratto, entusiasta dagli esempi e dalle lettere che venivano dai missionari gesuiti dall’Oriente, in particolare quelle di San Francesco Saverio. E lui decise di diventare missionario, come i missionari che erano andati in Oriente. Poi, però, Ignazio di Loyola – il fondatore – lo mandò in Brasile, e lì ha svolto tutto il suo lavoro missionario, pur avendo salute malferma – e poi è vissuto fino a quasi 70 anni, e ha svolto un lavoro immenso …”

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    Briefing per i giornalisti su vita e ministero petrino di Giovanni XXIII

    ◊   In vista delle canonizzazioni di domenica, al Media Center allestito nell’atrio dell’Aula Paolo VI in Vaticano, si è tenuto un briefing sulla vita e il ministero petrino di Giovanni XXIII. L’ha seguito per noi Paolo Ondarza:

    La vita di un santo raccontata attraverso la storia di chi ne ha approfondito lo studio o i ricordi di chi ne ha condiviso la vita privata. Mons. Battista Angelo Pansa ricapitola la vicenda terrena di Roncalli: da quando, giovane seminarista, confidava ai genitori di voler diventare prete “non per comodità o per far soldi, ma per per fare del bene alla povera gente”, fino al momento in cui, in punto di morte, pronunciò la preghiera del Seminario Romano: “Mater mea, Fiducia Mea”. Un pontificato provvidenziale quello di Roncalli – secondo mons. Pansa - scandito da tanti fuoriprogramma come la visita agli ospedali romani o al carcere di Regina Coeli, o l’ispirata decisione di indire il Concilio Vaticano II, preceduta dal memorabile viaggio in treno ad Assisi e Loreto nel 1962:

    "E’ stata la prima volta che un Papa , dopo la breccia di Porta Pia e dopo la fine del potere temporale dei Papi, è uscito in territorio italiano. Quasi a dire: la questione romana è chiusa, guardiamo avanti!".

    Mons. Pansa ricorda l’impegno di Giovanni XXII per la pace. Dal messaggio diffuso attraverso la Radio Vaticana il 25 ottobre 1962 per evitare la terza guerra mondiale, alla Pacem in terris, fino al commovente incontro in Vaticano con Rada Krusciov, figlia dell’allora leader sovietico. Quest’ultima, in seguito, visitando la Casa Bianca, resterà colpita riconoscendo tra gli oggetti esposti dai Kennedy un rosario identico a quello regalatole anni prima da Roncalli:

    "Con un rosario intendeva unificare l'Oriente e l'Occidente… quasi una preghiera a Maria, perché la devozione a Maria, Giovanni XXIII la imparò da giovane: fin dai tempi del Seminario Romano la Madonna della Fiducia l'accompagnò sempre. Il rosario che ha unito la Casa Bianca con il Cremlino".

    Dietro alla grande storia c’è anche la quotidianità semplice di un santo. Ne è stato testimone Guido Gusso, aiutante di camera di Angelo Roncalli fin dai tempi in cui era Patriarca di Venezia:

    "Appena eletto Papa tutti mi dicevano: vai ad inginocchiarti da lui! Il Papa quel pomeriggio e quella sera lo ha sopportato. Poi il giorno dopo mi ha preso per mano e mi ha detto: facciamo un patto noi due, tu mi baci l'anello la mattina e mi dai il buongiorno; mi baci l'anello la sera e mi dai la buonanotte, ma se ti devi inginocchiare, inginocchiati davanti al Santissimo!".

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    Mons. Frisina: la vita di Karol Wojtyla scolpita da Dio come un’opera d’arte

    ◊   Le sue opere musicali, in particolare l’inno “Jesus Christ You’re my life”, sono state in qualche modo la colonna sonora dello straordinario Pontificato di Giovanni Paolo II. Per questo, mons. Marco Frisina – da 30 anni direttore del Coro della diocesi di Roma, da lui fondato – vive con particolare emozione l’imminente Canonizzazione di Karol Wojtyla. Alessandro Gisotti ha chiesto a mons. Frisina di soffermarsi sul binomio arte-fede nel futuro Santo:

    R. – Sono momenti di grande emozione. Io ricordo alla Beatificazione, l’emozione era tantissima perché avere avuto la grazia di stare accanto ad un santo, e soprattutto di avere avuto l’ispirazione da parte di un santo perché devo dire che Giovanni Paolo II sapeva trasmetterci anche suggestioni non solo spirituali, ma anche poetiche: nelle sue parole, nelle frasi, a volte anche gli stessi suoi documenti, le encicliche, per me erano fonte di ispirazione – e lo sono ancora. Infatti, certe immagini che lui ci donava e che noi ormai siamo anche abituati a pensare, come “Aprite le porte a Cristo”, oppure dire ai giovani: “Voi siete le sentinelle del mattino” … Ci sono tante cose che io da musicista e da prete insieme ho sempre vissuto come un’ispirazione straordinaria.

    D. – Gli artisti forse si sentivano particolarmente compresi, anche perché di fronte avevano un Papa che in qualche modo egli stesso era – era stato – artista, poeta, e poi attore di teatro, grande amante della musica e della poesia … Ecco, questo è un rapporto che effettivamente aveva una sua unicità …

    R. – Sì, era unico. Ma io credo che quello che mi ha insegnato Giovanni Paolo II, tra le tantissime cose che ci ha donato, credo che ci sia anche quella di vedere l’arte non come fine a se stessa, ma l’arte come uno strumento di evangelizzazione. Una cosa che mi ha fatto capire profondamente, che mi è rimasta proprio nelle ossa: ho capito sempre di più, proprio grazie a volte anche al suo aiuto, ad alcune frasi che mi ha detto – che ha detto a tutti – capire che le arti sono un dono di Dio, che se vengono usate per l’evangelizzazione sono uno strumento potentissimo, sono uno strumento universale perché parlano attraverso il cuore dell’uomo, ma parlano di Dio: perché in fondo al cuore dell’uomo, Dio parla. E l’arte tira fuori questa voce come un’eco profonda, e fare un’opera musicale o un’opera poetica o visuale, non è diverso che fare un’omelia efficace.

    D. – Musical, film, canzoni: a nove anni dalla morte, Karol Wojtyla continua ad essere ricantato, ridisegnato, riproposto sui palcoscenici, dimostra in qualche modo anche il fascino della santità, il fascino di Karol Wojtyla che, veramente, passano gli anni e invece di smorzarsi, questa attenzione, passa di generazione in generazione …

    R. – E’ vero: è vero. Io ricordo la sua prima enciclica, la “Redemptor Hominis”: l’intuizione grande che Papa Wojtyla ha avuto è stata proprio quella di tradurre la sua vita, una vita fatta di tante cose, anche di tante esperienze artistiche, tradurla con un’eloquenza universale forte, che ancora si sente. Cioè, è la vita di Giovanni Paolo II che parla, che canta, che dice, come tutte le vite dei Santi. Io credo che il Signore scolpisca i santi, veramente – per usare un’espressione propria di Giovanni Paolo II – come un’opera d’arte perché noi possiamo vedere in loro sempre la forza dello Spirito, la bellezza del Vangelo … E quindi, è evidente che una vita come quella di Giovanni Paolo II ispiri, affascini, attragga, dia la voglia di cantarla, la voglia di rappresentarla proprio perché la sentiamo: ciascuno la sente sua …

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    Mons. Adoukonou: i futuri Santi Wojtyla e Roncalli avevano l'Africa nel cuore

    ◊   Il continente africano e la sua Chiesa sono stati al centro dell’attenzione sia di Giovanni XXIII che di Giovanni Paolo II. È quanto ha messo in luce, al microfono di Davide Maggiore, mons. Barthélémy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, parlando a margine dell’incontro internazionale “La Chiesa in Africa, dal Concilio Vaticano II al Terzo Millennio”, che si svolge oggi e domani presso la Pontificia Università Urbaniana:

    R. - Giovanni XXIII, convocando il Concilio, nel suo primo discorso, ha detto chiaramente che una cosa è il contenuto, un’altra sono le forme tramite le quali il contenuto si trasmette. Quindi ha aperto l’area della interculturalità reale. La Chiesa, nata interculturale, si trova oggi realmente a svolgere la sua vocazione. Papa Giovanni XXIII è stato il Papa della pace, il Papa dell’educare e quello che ha riconosciuto la dignità dell’uomo africano, la dignità della cultura africana per primo.

    D. - Per l’Africa Giovanni Paolo II ha avuto un’attenzione particolare, compiendo 16 viaggi nel continente, tra il 1980 e il 2000. In particolare nel 1992 visitando l’isola senegalese di Gorée da cui partivano le navi cariche di schiavi, ha pronunciato delle parole emblematiche…

    R. - Giovanni Paolo II è stato il Papa che ci ha chiamati ad essere attenti a vivere la nostra storia. Quindi è andato a Gorée per chiedere perdono a Dio per questa distruzione dell’essere umano. Così facendo ha aperto veramente, per noi, l’area - diciamo - della presa di coscienza. Ci ha anche insegnato a fare la teologia partendo dalla vita, partendo dalla storia. Ha insistito sulla necessità di prendere in mano il nostro destino.

    D. - Parlando di cultura e inculturazione, di cui entrambi i Papi hanno sottolineato l’importanza, è essenziale fare riferimento al Concilio Vaticano II: qual è stata, più in generale, la sua importanza per l’Africa?

    R. - Il contributo del Concilio per lo sviluppo dell’Africa viene dal fatto che le nostre indipendenze africane sono state concesse o guadagnate proprio nel tempo in cui il Concilio si svolgeva. La Chiesa ha saputo accompagnare la nascita di nuove nazioni africane e i vescovi che furono nominati erano così impegnati, nel far sorgere queste nazioni, che veramente la Chiesa ha portato il massimo contributo al nostro essere anche nazione. Mentre l’Africa, facendo il suo sforzo di inculturazione, ha cominciato anche a dare in modo visibile alla Chiesa tante ricchezze e tanti valori culturali africani, ma anche l’impegno per essere nel mondo moderno un partner di qualità nel dialogo tra le culture, nel dialogo per la giustizia e la pace. La Chiesa africana, in questo momento, sta dando anche una risposta di fede: avete portato la fede a noi e noi portiamo, anche oggi, Cristo a voi!

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    Canonizzazioni: Radio Vaticana al servizio dei media di tutto il mondo

    ◊   Da alcuni giorni, il punto nevralgico per l’informazione sulle Canonizzazioni è la Radio Vaticana che, sulla scia di quanto venne fatto sia in occasione dei funerali di Giovanni Paolo II, sia della sua Beatificazione, si ripropone come ente al servizio dei media mondiali. E’ quanto avviene, in particolare, nel Vatican Media Center, realizzato con il coordinamento generale della Sala Stampa della Santa Sede, dove collaborano la Radio Vaticana, il Centro Televisivo Vaticano e tutti quegli enti dello Stato della Città del Vaticano che forniscono servizi. La voce del Papa, in tv, radio, web, è frutto del lavoro dei tecnici della Radio Vaticana, in collaborazione con il CTV per le immagini video. Radio Vaticana, inoltre, in collaborazione con l’Agenzia Roma Servizi per la Mobilità, Luce Verde, Polizia Locale di Roma Capitale, Aci, Regione Lazio, FSNews Radio, l’Opera Romana Pellegrinaggi e il Vicariato di Roma, trasmette sulla frequenza romana di 105 FM e su app all’indirizzo, http://vaticanapp.iquii.com, informazioni in tempo reale sia della cerimonia di Canonizzazione sia sulla situazione in tempo reale di autobus, metro, ferrovie, traffico privato, per garantire in sicurezza i movimenti da e per lo Stato Vaticano. Al microfono di Luca Collodi, il responsabile delle Relazioni Internazionali della Radio Vaticana, Giacomo Ghisani.

    R. – Il Vatican Media Center nasce soprattutto per rispondere ad una esigenza di carattere logistico. Cioè, si è allestito nell’altrio dell’Aula Paolo VI questo spazio attrezzato per poter ospitare testate giornalistiche e personale dei media che altrimenti non avrebbero potuto trovare spazio né nei locali della Sala Stampa né nei locali e negli studi della Radio Vaticana.

    D. – Nel Vatican Media Center ci sono giornalisti di varia estrazione, che magari non si occupano stabilmente di Chiesa. Per aiutare questi giornalisti, saranno irradiate all’interno delle radio-telecronache guida …

    R. – Verranno messe a disposizione sei audio-guida che sono praticamente le cronache che la Radio Vaticana realizza in sei diverse lingue. Queste cronache sono messe a disposizione non soltanto degli ascoltatori della Radio Vaticana, ma sono messe a disposizione anche dei cronisti che devono fare cronache dedicate per le proprie emittenti ma che non hanno familiarità con la liturgia e con i momenti centrali e topici della Messa o comunque degli eventi che in questi giorni si celebrano. Queste cronache non soltanto verranno diffuse dalla Radio Vaticana, non soltanto verranno – appunto – messe a disposizione di questi cronisti all’interno del Vatican Media Center, ma saranno anche inoltrate alla sede centrale dell’Ebu, a Ginevra, perché poi Ginevra, attraverso la propria rete, il proprio network, le metta a disposizione anche di quei cronisti che provengano da emittenti membri dell’Ebu che da casa – cioè dai loro studi nazionali – faranno queste cronache, e quindi potranno ricevere un valido aiuto dalle cronache multilinguistiche che la Radio Vaticana realizza. In collaborazione con Polski Radio, che è la radio nazionale polacca – realizzeremo delle cronache in lingua polacca, che quindi si aggiungono alle sei cronache di cui prima parlavamo, e queste cronache verranno diffuse la mattina della Canonizzazione – quindi, durante la Messa della Canonizzazione – sia in Polonia, sulle frequenze di Polski Radio, sia a Roma su una delle frequenze romane della Radio Vaticana, che è la 93.3, in modo da poter servire non solo la comunità polacca di Roma, ma anche e soprattutto le centinaia di migliaia di pellegrini che saranno qua per assistere e per condividere questo momento centrale nella vita della Chiesa ma anche nella vita di questa comunità nazionale.

    D. – Un’altra curiosità che è propria della Radio Vaticana, ma questa volta del canale italiano, riguarda la diffusione di informazioni di pubblica utilità ai romani, ai turisti ma soprattutto ai pellegrini di lingua italiana che si trovano a Roma per le Canonizzazioni …

    R. – E’ un canale che si sta sempre più caratterizzando per essere anche un canale di servizio, oltre che di approfondimento, e in quest’ottica, con le autorità italiane e comunali di Roma abbiamo messo in piedi una serie di passaggi informativi per poter dare, appunto, adeguate informazioni e anche istruzioni agli ascoltatori, il 27 aprile che sarà un giorno comunque critico per la città di Roma!

    D. – Tutto quello che sarà la voce del Papa – in tv, su Internet, in radio – sarà distribuito dal lavoro dei tecnici della Radio Vaticana, in collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano, per quanto riguarda le immagini video …

    R. – Sì: questo è un elemento caratterizzante la Storia di sempre della Radio Vaticana. Cioè, la Radio Vaticana ha tra i propri compiti istituzionali quello di produrre il suono della voce degli eventi papali e quindi del Papa. Tutte le volte che il Papa fa qualcosa, c’è sempre il microfono della Radio Vaticana che non soltanto produce il suono: lo amplifica e lo distribuisce. Lo distribuisce anche per quanto attiene le immagini televisive che sono invece del Centro Televisivo Vaticano.

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    Santa Sede, messaggio ai "cari amici buddisti": unire le forze per costruire un mondo fraterno

    ◊   “Per costruire un mondo fraterno, è di vitale importanza che uniamo le forze per educare le persone, in particolare i giovani, a cercare fraternità, a vivere in fraternità e ad avere il coraggio di costruire fraternità”: è quanto scrive il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, in un messaggio di auguri indirizzato ai “cari amici buddisti” in occasione del Vesakh, la festa dell’illuminazione di Buddha che si celebra in maggio.

    Gli auguri di quest’anno si ispirano al Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2014, intitolato “Fraternità, fondamento e via per la pace”. “Cari amici – scrive il porporato - la vostra tradizione religiosa ispira la convinzione che le relazioni amichevoli, il dialogo, lo scambio di doni, ed il rispettoso ed armonioso scambio di vedute portano ad un atteggiamento di cortesia e di amore, che a sua volta genera relazioni autentiche e fraterne. Siete altresì convinti che le radici di ogni male siano l’ignoranza e l’incomprensione nate dall’avidità e dall’odio che, a loro volta, distruggono i legami di fraternità”.

    “Noi buddisti e cristiani – prosegue il messaggio - viviamo in un mondo troppo spesso lacerato da oppressione, egoismo, tribalismo, rivalità etniche, violenza e fondamentalismo religioso, un mondo dove ‘l’altro’ è trattato come un essere inferiore, una non-persona, o qualcuno da temere e, se possibile, da eliminare. Tuttavia, noi siamo chiamati, in spirito di collaborazione con altri pellegrini e con le persone di buona volontà, a rispettare e difendere la nostra comune umanità nella varietà dei contesti socio-economici, politici e religiosi. Attingendo alle nostre differenti convinzioni religiose, siamo chiamati in particolare ad essere franchi nel denunciare tutti i mali sociali che danneggiano la fraternità; ad essere curatori, che aiutano gli altri a crescere nella generosità disinteressata, e ad essere riconciliatori, che abbattono i muri di divisione e promuovono nella società una vera fraternità fra singoli e gruppi”.

    “Nel mondo odierno – afferma il cardinale Tauran - si assiste a una crescita del senso della nostra comune umanità e ad una ricerca globale di un mondo più giusto, pacifico e fraterno. Ma la realizzazione di queste speranze dipende dal riconoscimento di valori universali. Noi speriamo che il dialogo interreligioso, riconoscendo dei principi fondamentali di etica universale, possa contribuire a promuovere un rinnovato e profondo senso di unità e di fraternità fra tutti i membri della famiglia umana”.

    “Preghiamo che la celebrazione di Vesakh – conclude il messaggio - sia un’occasione per riscoprire e promuovere nuovamente la fraternità, specialmente nelle nostre società divise”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Sulla rotta di Gesù: all’udienza generale Papa Francesco raccomanda di non lasciarsi sedurre da vanità mondane, denaro, successo.

    Il patriarca e il cancelliere: l’esperienza veneziana di Roncalli vista da vicino.

    In una terra splendida: le visite di Karol Wojtyla in Trentino.

    Ascoltando i Promessi sposi: Silvia Guidi riguardo alla lettura integrale - su Radio Rai3 - del capolavoro di Alessandro Manzoni.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo l’accordo tra Hamas e Fatah.

    La nuova stagione: Paolo Siniscalco su Augusto e Gesù, quel sincronismo che ha cambiato la storia.

    Un articolo di Jean-Pierre De Rycke dal titolo “Da Ensor e alla battaglia di Van Gogh”: in mostra a Tournai l’arte del disegno nell’Europa di fine Ottocento.

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi Ucraina. Kiev attacca Sloviansk. Per Obama la Russia non rispetta gli accordi di Ginevra

    ◊   “La Russia non rispetta l’accordo Ginevra”. Così il Presidente statunitense Obama, da Tokyo, sulla crisi in Ucraina. Intanto è allarme sul fronte energia, si ipotizza, per il 28 aprile prossimo, un trilaterale tra Ue, Russia e Ucraina, per affrontare il nodo dei rifornimenti di gas. E mentre Mosca lancia un nuovo duro monito, i separatisti filo-russi fronteggiano l’offensiva militare di Kiev. A Sloviansk 5 insorti sarebbero stati uccisi dalle truppe ucraine. Sulla tenuta degli accordi di Ginevra Massimiliano Menichetti ha intervistato Nicolò Sartori ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali:

    R. – Degli accordi di Ginevra resta ben poco, perché i primi due punti parlavano di evitare ogni violenza e intimidazione o atti provocatori, mentre il secondo parlava di disarmare tutti i gruppi e di liberare gli uffici occupati illegalmente. Quindi, gli ultimi eventi ci dimostrano che non è stato rispettato: addirittura, l’Ucraina sembra aver riattivato le sue misure antiterrorismo che avevano preceduto gli accordi, per cui diciamo che gli accordi – in sostanza – seppur non in modo dichiarato sono sostanzialmente falliti.

    D. – Da una parte, le tensioni sul terreno, dall’altra questo conflitto si sta combattendo anche sul gas …

    R. – E’ estremamente rilevante perché la Russia in generale fornisce circa il 30% del gas consumato in Europa e 80 miliardi di questo gas – quindi il 15% dei consumi europei – passano proprio attraverso il territorio ucraino.

    D. – Ma il fatto che l’Ucraina non stia pagando i contratti di fornitura alla Russia, può avere delle ricadute?

    R. – Purtroppo può avere ricadute significative perché, come è successo nel 2009, spingerà – come ha già annunciato Putin in una lettera ai governi europei consumatori di gas – la Russia a bloccare le forniture verso l’Ucraina. Ciò direttamente non significa che bloccherà le forniture verso l’Europa, però se dovesse succedere come nel 2009 che, per far fronte a mancate risorse energetiche interne l’Ucraina dovesse prendere parte di queste risorse destinate all’Europa e utilizzarle per il suo mercato interno, la Russia si troverà ancora una volta, come nel 2009, costretta a bloccare anche le forniture verso l’Europa, con un impatto ovviamente significativo per tutti i consumi europei.

    D. – Si ipotizza la data del 28 aprile proprio per un trilaterale – Unione Europea, Russia e Ucraina – proprio sul gas …

    R. – Sinceramente, è difficile capire quali possano essere le aspettative, perché c’è un grosso interesse alla stabilizzazione dell’Ucraina. Noi abbiamo parlato della dipendenza europea dalla Russia; c’è anche da dire che la Russia è estremamente dipendente dalle esportazioni, dalle rendite che ha dalle esportazioni di gas verso l’Europa. Per cui, in teoria non c’è un grosso interesse russo ad andare a una rottura totale.

    D. – Ma il fatto che gli Stati Uniti abbiano rassicurato l’Europa nell’ambito delle forniture energetiche, rende l’Europa più forte?

    R. – Personalmente, non lo ritengo così per due semplici motivi. Uno: gli Stati Uniti hanno rassicurato, però in un quadro di accordi di libero scambio tra Unione Europea e Stato Uniti. Obama ha detto chiaramente che senza questo accordo, i volumi di gas americani andranno sul mercato internazionale e non ci sarà una preferenza europea. Un altro elemento estremamente importante è che la capacità di esportare degli Stati Uniti al momento non è reale, per cui non ci sono ancora i volumi esportabili.

    D. – Che vuol dire “non è reale”?

    R. – Che praticamente non ha surplus tale da esportare. Ci sarà tra qualche anno, questa capacità di export. E anche a livello di infrastrutture vere e proprie, per cui i famosi “degassifica tori” e “rigassificatori” americani non sono ancora pronti. Quindi è una promessa sicuramente di medio periodo, che però non va incontro alle necessità europee, che sono comunque estremamente più attuali.

    D. – Ma secondo lei, quanto incide dunque la leva economica nella risoluzione di questa tensione che c’è in Ucraina?

    R. – Ero convinto, all’inizio, che potesse incidere molto. Probabilmente anche per una mancata risolutezza dal punto di vista europeo nell’immediato scoppio della crisi, la dimensione economica ha lasciato il campo ad una dimensione più politica. Ad oggi, la leva economica sembra essere quasi in secondo piano, trascinata dagli eventi che probabilmente nessuno si aspettava andassero così “oltre”.

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    Le condoglianze del premier turco Erdogan nell'anniversario dell'eccidio degli armeni

    ◊   Il premier turco Erdogan ha espresso le "condoglianze", a suo nome e di Ankara, ai discendenti degli armeni massacrati durante la Prima Guerra Mondiale, nell'ultimo periodo dell'Impero Ottomano, definendo questa drammatica vicenda un "dolore comune di tutti noi". Si tratta delle prime parole di cordoglio espresse dalla Turchia a 99 anni da quei tragici fatti nei quali, tra il 1915 e il 1917, morirono più di un milione di persone. Da parte armena, il presidente Sargsyan ha espresso con rammarico che la Turchia, anche se oggi è un Paese amico, continua a negare gli eccidi perpetrati in epoca ottomana. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Marco Tosatti, vaticanista, autore di diversi libri sull’eccidio degli armeni:

    R. – Io spero che questi siano i primi segni di un piccolo disgelo anche se non possiamo nasconderci che nel suo messaggio di condoglianze al popolo armeno Erdogan ribadisce quella che è una posizione sostanzialmente negazionista della Turchia e questo sicuramente non è accettabile. Io credo che ci sia un desiderio, se non altro per questioni pratiche, di vincere l’impasse che esiste in questo momento fra Turchia e Armenia, anche se ancora una volta vediamo che però ci sono segnali contrastanti, nel senso che nel momento in cui c’è questo messaggio di condoglianze la Turchia appoggia e aiuta i miliziani islamici che hanno obbligato i cristiani armeni del Kessab nel nord della Siria a lasciare le loro case e a rifugiarsi a Latakia, mentre il territorio e le chiese sono saccheggiate. Diciamo che è una situazione molto variegata. Di sicuro, questo è stato un primo segnale, che resta come tale e che qualcosa porterà.

    D. - Che cosa hanno rappresentato per la storia europea le persecuzioni contro gli armeni?

    R. – E’ stato un punto chiave per la storia dei cristiani in Medio Oriente, perché quella armena era la più grande comunità cristiana, e anche per tutta l’Europa. Infatti, non dimentichiamoci che tutto è stato compiuto sotto gli occhi di centinaia di ufficiali tedeschi e il capo delle operazioni segrete tedesche in Turchia, all’epoca, è stato poi uno dei nazisti ucciso mentre era a braccetto di Hitler, durante il fallito “putsch” di Monaco, ed è quello che ha portato il know how a Hitler, quando stava progettando la Shoah. Quindi, credo che l’eccidio armeno sia stato un punto chiave della storia del nostro secolo.

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    Delrio: tra maggio e giugno riforma del fisco a misura di famiglia, no condoni

    ◊   "Dedicheremo" una ''attenzione particolare al tema del fisco per le famiglie. E' urgente che si diano risposte da troppo tempo disattese''. Lo scrive il premier Matteo Renzi in un intervento su Avvenire rispondendo alla missiva di un lettore del quotidiano. Dunque, il governo si prepara a una riforma fiscale, come conferma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio. L'intervista è di Alessandro Guarasci:

    R. – E’ in vista una riforma fiscale, come ha annunciato il presidente del Consiglio, che appunto avverrà tra maggio e giugno ed è una riforma che deve portare più semplificazione nelle case degli italiani, ma dovrà portare anche più giustizia. E’ giusto, quindi, che il carico, che le famiglie sopportano per i figli, sia in qualche modo tenuto presente in misura maggiore. Cerchiamo, dunque, di fare anche un fisco più giusto, specialmente per coloro che per il bene di tutta la comunità allevano la principale risorsa della comunità: i figli.

    D. – Sarà dato più peso alle famiglie monoreddito e numerose?

    R. – Ancora non siamo nei dettagli, stiamo certamente definendo le linee guida, ma valuteremo certamente, partendo da coloro che più hanno bisogno. Tra questi sicuramente ci sono quelli che lei ha citato.

    D. – Ma ci sarà appunto un intervento legislativo ad hoc oppure, ad esempio, interverrete con la legge di stabilità?

    R. – Pensiamo che la delega fiscale, che abbiamo ricevuto, possa contenere già in sé tutto il mandato, per fare già con la riforma fiscale, appunto, un fisco più giusto, più equo e più a misura di famiglia.

    D. – Come risponde a chi dice che gli ottanta euro che arriveranno in busta paga, probabilmente serviranno solo per i risparmi e poco per rilanciare i consumi?

    R. – Non mi pare che sia così. La gran parte degli economisti la pensa diversamente. Serviranno a rilanciare i consumi, a dare un piccolo sollievo alle famiglie, è chiaro, ma, ripeto, fanno parte di un’iniziale strategia del governo di alleggerimento del carico fiscale. E, comunque, in ogni caso, non dimentichiamo che spesso gli italiani hanno pagato più tasse perché l’amministrazione pubblica era più inefficiente. Ci sono, quindi, due iniziative molto forti: la riduzione del carico fiscale, ma soprattutto l’efficientamento della pubblica amministrazione, che dovrà quindi consentirci una riduzione progressiva e anche maggiore del carico fiscale sulle famiglie e le imprese.

    D. – Negli ultimi 20 anni, periodicamente, si è parlato anche di condoni fiscali. Voi tornate ad escluderlo?

    R. – Sì, non c’è nessuna intenzione di fare condoni fiscali. Abbiamo intenzione di far rientrare capitali dall’estero, come sapete, con un’iniziativa di rientro dei capitali, ma niente a che fare con un condono.

    D. – Per chiudere: il decreto legge sul lavoro è fondamentale per fermare l’aumento della disoccupazione in Italia?

    R. – Sì, è quello che chiedono le imprese: più flessibilità, e nello stesso tempo vanno garantiti i diritti dei lavoratori specialmente dei precari, meno burocrazia possono consentire alle imprese di assumere con più facilità. In particolare, confidiamo molto nel decollo dell’apprendistato, che in tanti Paesi è la vera porta d’ingresso nel mondo del lavoro stabile e sicuro e che in Italia, purtroppo, è ancora troppo poco sfruttato.

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    Divorzio breve, il giurista Alberto Gambino: verso privatizzazione della separazione

    ◊   I divorzi consensuali saranno più veloci ed assistiti dagli avvocati senza passare dal giudice, tranne nei casi in cui ci siano figli minori o portatori di grave handicap. E’ quanto ha annunciato ieri il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aggiungendo che il provvedimento, ispirato al modello francese, rientrerà nell’ambito di una riforma prevista nei prossimi mesi. Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento del giurista Alberto Gambino:

    R. – La velocizzazione del divorzio è legata ad un provvedimento parlamentare, che è attualmente in discussione, che vuole portare da tre anni ad un anno la decorrenza della separazione come termine minimo, oltre il quale poi si può chiedere ed ottenere il divorzio. Il profilo dell’assistenza degli avvocati, invece, non è previsto in questo provvedimento normativo ma è un lancio che ha fatto direttamente il ministro, che forse verrà portato avanti con un decreto, con un disegno di legge. Se sono gli avvocati e non l’autorità giurisdizionale, andiamo verso una forma di privatizzazione della separazione e del divorzio.

    D. – Rendere più semplici le procedure del divorzio è una direzione contraria alla tutela costituzionale della famiglia, fondata sul matrimonio...

    R. – La separazione non è detto che sfoci direttamente nel divorzio. Sono situazioni tuttavia reversibili e grazie a Dio abbiamo tanti esempi di reversibilità. Nel momento in cui, invece, si dà per scontato che davanti all’apertura di una separazione sia ineluttabile arrivare al divorzio, si ha una visione che contrasta con l’istituto della separazione stessa. Quindi, per certi versi, poteva anche non essere pensata la separazione e si poteva arrivare direttamente al divorzio. Invece, questo periodo, chiamiamolo di riflessione, di valutazione, è necessario per verificare se ci può essere ancora la condizione della prosecuzione del rapporto matrimoniale.

    D. – Quindi più che stabilire quanto il divorzio possa essere lungo o breve, in realtà ci dovremmo interrogare su quanto possa essere considerato giusto...

    R. – Sì, peraltro ci sono degli istituti, come quello della mediazione familiare, prevista in altri ordinamenti, anche di stampo anglosassone, che invece cercano di verificare se in questo periodo di crisi non ci siano dei momenti in cui si possano affrontare i problemi e magari risolverli. Se questo, viceversa, non è possibile, allora si arriva, con la sedimentazione di questi problemi, alla fase della crisi ormai definitiva con il divorzio e la separazione. Del resto, perché poi accelerare questa fase per avere a tutti i costi il divorzio? Forse per risposarsi di nuovo?

    D. – L’obiettivo indicato è quello di snellire la mole dei processi civili e pendenti. Ma in questo modo non si rischia di banalizzare proprio il divorzio?

    R. – Non è detto che l’efficienza vada di pari passo con la giustizia e l’equità. Qui l’efficienza si lega a temi esistenziali fortissimi. Pensi, poi, quando ci sono i figli, in queste situazioni. Quindi velocizzare a tutti i costi delle procedure, che hanno a che fare con la carne viva delle persone, lo trovo un aspetto molto delicato e molto affrettato che, tra l’altro, non tiene ben presente invece quella che è la concezione generale del nostro matrimonio e della nostra famiglia, come costituzionalmente indicato.

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    A 70 anni dal rastrellamento del Quadraro, ricordato don Gioacchino Rey, parroco delle trincee

    ◊   In occasione del settantesimo del rastrellamento del Quadraro, la Parrocchia Santa Maria del Buon Consiglio ha ricordato la figura di don Gioacchino Rey, il parroco delle trincee, che si dedicò completamente alla sua comunità non risparmiandosi e divenendo così un punto di riferimento per l’intero quartiere. Il servizio è di Maura Pellegrini Rhao:

    Fu un duro colpo, quello inferto al Quadraro all’alba del 17 aprile 1944. Il più grande rastrellamento, dopo quello del ghetto, che strappò 947 uomini di età compresa fra i 16 e i 60 anni alle loro case e alle loro famiglie. Meno della metà fece ritorno. Un’azione politica volta ad eliminare tutti gli oppositori che trovavano rifugio nel quartiere, non più un semplice covo di partigiani, ma simbolo di una forma specifica ed autonoma di resistenza non armata. La voglia di riscatto e di migliorare la condizione umana, sociale e civile di questa povera gente riuscì dove i partigiani nemmeno arrivarono.

    È in questo contesto che si staglia la figura di don Gioacchino Rey, parroco di Santa Maria del Buon Consiglio, una figura che i testimoni descrivono imponente e vigorosa, che non ha esitato a spendersi per gli altri. Eppure di don Gioacchino, come di tanti altri, si sono perse completamente le tracce come se fosse stato solo un’ombra e non un eroe. Proprio per questo motivo la sua parrocchia ha organizzato un incontro, con il patrocinio del municipio Roma VII, dove, tra testimonianze e memoria si è cercato di dare un viso ad un nome e di raccontare una storia. Ce ne parla Francesco Laddaga, presidente della commissione cultura del municipio Roma VII:

    “Certe cose meritano di essere raccontate, perché ovviamente i testimoni diretti sono sempre meno. Quindi, credo che noi più giovani dobbiamo prenderci la responsabilità di tramandare gli eventi tragici durante i quali persone comuni sono diventate persone straordinarie. Don Gioacchino era, prima di tutto, un parroco. Abbiamo la responsabilità di ricordare quello che un parroco di Santa Maria del Buon Consiglio ha fatto per i suoi parrocchiani e anche per chi non credeva, per chi non frequentava la parrocchia, che considerava comunque suoi parrocchiani, in quanto abitanti del territorio della parrocchia. Si è speso, dunque, e si è dato da fare per tutti. E credo che figure così abbiano bisogno di qualcuno che ricordi quello che è stato fatto. Ci sono, penso, molti don Gioacchino Rey nascosti tra le pieghe della storia di quegli anni. Il nostro compito è quello di tirarli fuori da queste pieghe, perché possano parlare ancora”.

    Pireluigi Amen, dell’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, sta riscostruendo passo dopo passo la vita di questo prete che fece la spola tra il Quadraro e Cinecittà, dove i rastrellati rimasero per qualche ora, per contrattare, portare conforto e benedire fino a piangere in ginocchio quando vide partire i camion colmi:

    “E’ veramente l’immagine del sacerdote, che si dà da fare per i suoi parrocchiani, anche a rischio della vita. Don Gioacchino è il prete che tutti noi vorremmo avere vicino nel momento del bisogno. E’ chiaro, dunque, che una figura del genere non può essere lasciata ancora nell’ombra, e che è assolutamente indispensabile, a mio parere, che sia meglio compresa in tutto quello che ha fatto”.

    “Un sacerdote adatto a quel periodo storico e a questa parrocchia” è il commento di Sergio Iannelli, un testimone dell’operato di don Gioacchino Rey al Quadraro, “cercava di provvedere in ogni modo alle nostre necessità, era un punto di riferimento”:

    “Don Gioacchino aveva anche un’attività caritativa specifica per la povertà del quartiere e ha cercato in tutti i modi di prodigarsi in favore di questa popolazione, che viveva in maniera spartana senza progetti per il futuro. Era un quartiere povero, ma un quartiere di una povertà dignitosa, che si stringeva intorno a questo parroco”.

    Un esempio che ci ricorda quanto sia importante raccontare e fare memoria perché queste vite straordinarie non restino solo delle ombre.

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    A Milano, arte antica e moderna per indagare il trascendente

    ◊   “Oltre. Le soglie dell’invisibile”: è il titolo della mostra in corso a Milano fino al 29 giugno, negli spazi espositivi delle Gallerie d’Italia-Piazza Scala, della Galleria San Fedele e della chiesa di San Fedele. Il servizio di Giada Aquilino:

    Un’esposizione pensata per indagare il tema del trascendente attraverso un percorso che pone in dialogo l’arte di varie epoche e connotazioni culturali. È “Oltre. Le soglie dell’invisibile”, curata da padre Andrea Dall’Asta e Francesco Tedeschi e organizzata da Fondazione Culturale San Fedele e Intesa Sanpaolo. Quarantadue le opere in mostra, di cui due ideate appositamente per il progetto da Hidetoshi Nagasawa e Claudio Parmiggiani. Ascoltiamo il padre gesuita Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele:

    R. – Si tratta di opere molto diverse fra loro sia per genere, sia per epoca, nel senso che vanno dal Medioevo fino all’arte contemporanea, fino a opere appositamente commissionate agli artisti. Sono 42 opere. Gli artisti sono Hidetoshi Nagasawa, Ettore Spalletti, Mimmo Paladino, Lucio Fontana, Claudio Parmiggiani... Ci sono opere antiche come per esempio ex voto, che vanno dal ’400 al ’900, ma anche due splendide tavole, fondi oro, di scuola riminese e di scuola toscana, del XIV secolo.

    D. - L’esposizione è pensata per indagare il tema del trascendente. Cosa vuol dire oggi?

    R. – La mostra si chiama “Oltre. Le soglie dell’invisibile”. E’ pensata per indagare il tema del trascendente attraverso la dimensione della soglia. Molto spesso siamo abituati a considerare la dimensione ‘orizzontale’ dell’uomo, una dimensione puramente terrena. Al contrario, la mostra vuole indagare la dimensione umana secondo la quale l’uomo riesce a sollevare il proprio sguardo verso l’altro e l’alto, attraverso una serie di modalità. Per esempio, con Mimmo Paladino, abbiamo una serie di splendidi ex voto. In questo caso il divino si caratterizza come la possibilità dell’uomo di rivolgersi verso un divino che è un ‘tu personale’: l’uomo di fronte alle dimensioni, ai drammi, alle sofferenze dell’esistenza si rivolge a Dio nella richiesta di una grazia. Ma divino è anche, per esempio, l’accostamento di splendide icone russe di epoca medievale e rinascimentale con opere di Lucio Fontana: con “La fine di Dio”, l’artista esplora, attraverso gli squarci sulla tela, la possibilità di attraversare la pelle del mondo per raggiungere il divino, attraverso l’oltre della tela, in modo tale che l’oltre della tela possa raggiungere il ‘qui e ora’ della vita dell’uomo.

    D. - Questo dialogo tra arte antica e arte contemporanea cosa produce di fatto nel percorso espositivo?

    R. – Produce una meditazione, una vera e propria riflessione sul senso ultimo dell’esistenza umana: come la vita dell’uomo cerchi nella propria esperienza la dimensione del trascendente. Questo è molto chiaro, per esempio, attraverso l’opera che Claudio Parmiggiani ha realizzato esplicitamente per la mostra, la “Corona di spine”, che è collocata nella chiesa di San Fedele sull’altare maggiore: riflette sul tema del volto di Cristo che per Parmiggiani si concentra nello strumento del suo supplizio e realizza così una “Corona di spine” che, al tempo stesso, è un ostensorio. Vuol dire che la corona, che è simbolo di regalità, di gloria, del divino, nel caso di Cristo è una corona di spine, vale a dire una corona nel suo contrario. E, nel contesto dell’altare maggiore, diventa il passaggio dalla morte alla vita, considerando che nella parte inferiore dell’altare sono conservate le reliquie di San Fedele e Carpoforo, quindi il luogo della testimonianza, del dono della propria vita fino alla morte. Attraverso il passaggio della “Corona di spine”, si giunge alla statua marmorea della Risurrezione, dalla morte alla vita: quindi una “Corona di spine” che da strumento di supplizio diventa un passaggio verso la gloria.

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    Al cinema "La sedia della felicità", ultimo film di Carlo Mazzacurati, scomparso in gennaio

    ◊   Da oggi nelle sale italiane “La sedia della felicità”, l’ultimo film girato dal regista padovano Carlo Mazzacurati, scomparso lo scorso gennaio all’età di cinquantasette anni, dopo una lunga malattia vissuta con esemplare dignità, rispetto per la vita e per la morte. Il servizio di Luca Pellegrini:

    Tre personaggi cercano la felicità in una sedia, perché racchiude un tesoro. Mazzacurati, prima di lasciarci, ha cercato la vita nei suoi film, i suoi risvolti misteriosi e malinconici, e ha cercato anche la sua personale porzione di felicità. Ha scritto il film nel tempo in cui la malattia ancora non lo aveva del tutto aggredito, lo ha girato quando la speranza terrena si era ormai affievolita del tutto. Ma non la virtù, quella che lo faceva sempre guardare in alto, guardare oltre: come dice Dino alla fine del film, “volare”, sempre che sia possibile. Schivo e amabilissimo, legato al territorio veneto che per lui rappresentava la cultura d’origine e una geografia dell’anima, dove sono ambientate anche le surreali vicende legate alla “sedia”, ha lasciato una serie di opere sempre soffuse di ironia, leggerezza e profondità di sguardo. Sull’essere umano, sul cuore e sull’amore, anche su certe velleità che si stemperano nella fantasia della fiaba, della commedia, nell’amore per la natura, soprattutto nel conoscere bene come siamo e quali sono le nostre perdonabili debolezze. I suoi attori più amati hanno preso parte, anche se per brevissimi camei, all’ultimo set. Mentre i tre protagonisti lo ricordano con queste parole. Isabella Ragonese, un’estetista distratta e di gran cuore:

    “Credo che questo film rappresenti lui, il momento che stava vivendo, ed è un saluto anche pieno di grazia, com’era lui”.

    Giuseppe Battiston, un sacerdote impacciato e amabile:

    “Questo film, “La sedia della felicità”, ci lascia una bellissima lezione di cinema, per la ricchezza dei personaggi. Rappresenta in pieno il percorso di Carlo, quello che era la sua passione, ovvero raccontare storie di personaggi imperfetti, imprecisi; offre il ritratto di un’umanità sempre alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di un modo per migliorare la propria condizione di vita. Professionalmente, ci lascia questo, umanamente molto di più”.

    Valerio Mastandrea, un tatuatore spiantato e generoso:

    “Un ricordo... Possiamo dividerlo in due: un ricordo puramente professionale e uno umano, di cui è difficile parlare e forse anche ingiusto. Carlo, infatti, si racconta molto attraverso i film che ha fatto, attraverso i personaggi che ha esplorato. Io, personalmente, sono uno che voleva lavorare con Carlo molto prima. Da un lato, sono contento, perché ho meno nostalgia; dall’altro, capisco pure che mi mancherà moltissimo”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Centrafrica. Il vescovo di Bossangoa: "I ribelli mi volevano uccidere"

    ◊   “Una grande disavventura, che mi ha condotto lontano, nella zona est della mia diocesi”: così mons. Nestor Désiré Nongo-Aziagbia, vescovo di Bossangoa (nel nord della Repubblica Centrafricana) descrive all’agenzia Fides il rapimento di cui è stato vittima da parte di una formazione di ribelli Seleka.

    “Mercoledì 16 aprile - racconta a Fides mons. Nongo-Aziagbia - con la mia auto stavo riportando tre sacerdoti della mia diocesi alla loro parrocchia (la parrocchia Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Bantangafo), quando intorno alle 17 siamo stati intercettati dai ribelli della coalizione Seleka al comando di un colonnello che era in carica a Bossangoa quando i ribelli occupavano la città”.

    “Sono stato condotto al cospetto di questo colonnello – prosegue il vescovo - che mi ha accusato di aver fatto fallire il suo piano di riconquistare Bossangoa, di aver fatto circolare su Internet delle dichiarazioni diffamatorie nei suoi confronti, di aver raccolto a Bantangafo delle informazioni che avrei dovuto trasmettere alle forze internazionali presenti in Centrafrica, la Sangaris (francese) e la Misca (africana), e infine di aver organizzato la resistenza nella città per impedirne la riconquista da parte dei suoi uomini”.

    Il vescovo aggiunge che “i ribelli mi hanno tolto la croce pettorale, l’anello episcopale ed i paramenti sacri contenuti nella mia valigia. Poi io e i miei tre preti siamo stati condotti verso Sidot per essere uccisi. All’altezza di Kabo (nell’estremo nord del Paese, al confine con il Ciad, ndr.) il nostro convoglio è stato fermato grazie all’intervento della comunità internazionale e soprattutto del comandante delle locale zona militare di Seleka, un generale, che non ha condiviso l’ordine di esecuzione emesso dal suo sottoposto. Dopo questa peregrinazione durata tutto il Giovedì Santo, il Venerdì Santo siamo stati ricondotti a Bantangafo dove il comandate della Misca è venuto a prenderci in elicottero per riportarci a casa”.

    Sempre nella diocesi di Bossangoa il 18 aprile, Venerdì Santo, è stato ucciso don Christ Forman Wilibona. “Don Wilibona era un mio sacerdote - racconta a Fides mons. Nongo-Aziagbia - che stava rientrando in moto dalla Messa Crismale (che per ragioni logistiche è stata celebrata il Venerdì Santo anziché il Giovedì) quando è incappato in un posto di blocco dei ribelli Seleka associati ad elementi Peuls (una popolazione di pastori di fede musulmana, presenti in diversi Paesi della regione, ndr.) che lo hanno ucciso, sparandogli contro ben 12 pallottole”.

    “Don Wilibona è morto all’istante - prosegue il vescovo -. La popolazione locale ha cercato di recuperare il corpo ma i suoi assassini hanno impedito per 3-4 ore di avvicinarsi alla salma. Finalmente gli abitanti del villaggio locale hanno potuto seppellire il cadavere, che però è stato poi traslato con l’aiuto della Croce Rossa, presso la missione di Paoua dove padre Wilibona era parroco”.

    “Tutto il nord della mia diocesi è occupato dai ribelli della coalizione Seleka, che dettano legge a dispetto della presenza delle forze internazionali. Mi chiedo allora: a che serve la loro presenza in Centrafrica?” conclude mons. Nongo-Aziagbia. (R.P.)

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    Siria: appello delle agenzie umanitarie Onu per salvare la popolazione

    ◊   “Permettere l’accesso umanitario incondizionato a tutte le persone in stato di bisogno, usando tutte le strade disponibili attraverso le linee del fronte in Siria o attraverso i suoi confini; togliere gli assedi sui civili, al momento imposti da tutte le parti, come quelli che isolano parti di Aleppo, della città vecchia di Homs, di Yarmouk, di East Ghouta, di Moadhamieh, Nubl e Zahra; porre fine agli indiscriminati bombardamenti e lanci di granate sui civili da parte del governo e dei gruppi dell’opposizione oltre alla fine di tutte le altre violazioni del diritto umanitario internazionale”.

    Sono le richieste che i capi delle Agenzie umanitarie delle Nazioni Unite lanciano “a tutte le parti di questo brutale conflitto” perché si permetta alla popolazione civile siriana di sopravvivere. I numeri forniti dai capi delle agenzie, Valerie Amos, sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari e Coordinatore alle Emergenze, Anthony Lake, Direttore esecutivo Unicef, António Guterres, Alto Commissario per i Rifugiati, Ertharin Cousin, Direttore esecutivo, World Food Programme e Margaret Chan, direttore generale, Organizzazione Mondiale della Sanità sono drammatici.

    “Solo nella città di Aleppo, almeno un milione di persone necessita ora di urgente assistenza umanitaria e un milione e 250.000 persone hanno bisogno di cibo". "Sanità al collasso con soli 40 medici per 2,5 milioni di persone, mentre continuano bombardamenti aerei, razzi, mortai e altri attacchi indiscriminati che massacrano donne, uomini e bambini innocenti”. "Un terzo degli impianti di trattamento delle acque del Paese non sono più funzionanti, il 60% dei Centri sanitari sono distrutti e circa 3,5 milioni di persone vivono in aree sotto assedio o impossibili da raggiungere con assistenza umanitaria. I civili innocenti della Siria sembrano sopravvivere solo grazie al proprio coraggio”.

    Da qui l’appello delle agenzie - riferisce l'agenzia Sir - che sottolineano come “fino ad oggi, gli sforzi diplomatici volti a porre termine ad anni di sofferenze hanno mancato di produrre risultati. Quello che non è mancato, invece, è il coraggio e la determinazione della straordinaria popolazione civile siriana a sopravvivere. Potranno - concludono i capi delle agenzie Onu - coloro che hanno la responsabilità, il potere e l’influenza per fermare questa tragica e terribile guerra trovare lo stesso coraggio? La stessa volontà?”. (R.P.)

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    Congo. Treno merci deraglia nel Katanga: oltre 60 morti e 80 feriti

    ◊   E' di 63 morti e 80 feriti gravi il bilancio del deragliamento di un treno nel Katanga, nel sudest della Repubblica Democratica del Congo. Secondo quanto riportano le autorità locali una cinquantina di persone sarebbero ancora intrappolate nel treno all'interno dei 12 vagoni dei quali alcuni ribaltati.

    Il ministro dell'Interno del Katanga, Dikanga Kazadi, ha spiegato che il treno andava troppo veloce e all'altezza di una curva ha frenato bruscamente provocando l'incidente. Il problema - riporta l'agenzia Agi - ora è quello di far arrivare una gru in loco in grado di capovolgere i vagoni ribaltati per riuscire a liberare i passeggeri intrappolati ma il terreno dove giace il treno è al momento inaccessibile. L'alta temperatura all'esterno inoltre fa temere un contagio infettivo vista la presenza di molti cadaveri.

    Responsabili dell’amministrazione del Katanga - riferisce l'agenzia Misna - hanno riferito che a bordo e sui tetti dei vagoni viaggiavano molti passeggeri nonostante il treno fosse adibito al trasporto merci. A vendere illegalmente i biglietti sarebbero stati funzionari della società pubblica Sncc. (R.P.)

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    Pakistan: giovane cristiano ucciso perché non si è convertito all'islam

    ◊   Pasqua di lutto e dolore per la comunità cristiana di Lahore: Haroon, detto Sunny, giovane cristiano di 22 anni, è stato ucciso da un giovane musulmano perché ha rifiutato di convertirsi all’islam. L’episodio, avvenuto il 16 aprile, solo ora è stato riferito all’agenzia Fides. Haroon, di umili origini, aveva da poco iniziato a lavorare facendo le pulizie nell’abitazione di una famiglia borghese musulmana a Lahore. Qui lavorava accanto al musulmano Umer Farooq, guardia della casa. Questi ha iniziato a deridere quotidianamente la fede cristiana di Haroon, minacciandolo e invitandolo a convertirsi all’Islam. Affermava che “abbracciare l'Islam è bello” e prospettandogli una vita “nel lusso e il matrimonio con una ricca donna musulmana”. Haroon ha resistito, rifiutando di lasciare la fede cristiana.

    Quando Haroon ha detto a suo padre quanto stava succedendo, questi gli ha consigliato di ignorare Farooq. Il 16 aprile Farooq ha cominciato di nuovo a parlare di religione e a fare pressioni su Haroon. Poi, innervosito, ha chiesto perché il giovane cristiano fosse irremovibile. Haroon ha spiegato di essere “un vero seguace di Gesù Cristo”. Farooq è diventato aggressivo e ha aperto il fuoco su Haroon, uccidendolo con una pallottola alla testa. In seguito ha cominciato a gridare che Haroon aveva tentato il suicidio.

    La polizia, chiamata dalla famiglia, ha condotto la guardia in custodia ma non ha registrato una denuncia (First Information Report), ritenendo plausibile la versione del suicidio. I cristiani locali hanno allora inscenato una protesta davanti alla stazione di polizia. Umer Farooq è ancora in custodia cautelare e il suo caso è tuttora sotto inchiesta, mentre la polizia compirà nuove indagini. In un messaggio inviato a Fides, Nasir Saeed, direttore dell’Ong “Claas” (Centre for Legal Aid Assistance & Settlement), con sedi nel Regno Unito e in Pakistan, ha condannato l'omicidio, ricordando: “Abbiamo letto in un recente Rapporto che 1.000 ragazze cristiane e indù sono forzatamente convertite all'Islam ogni anno. Casi in cui i giovani cristiani vengono costretti alla conversione sono frequenti e se rifiutano, vengono uccisi o coinvolto in falsi casi di blasfemia. In questi casi la giustizia deve assicurare le libertà individuali e punire i colpevoli: è l’unico deterrente. Alla base di questi casi vi è l'intolleranza religiosa diffusa e l'odio contro le minoranze”. (R.P.)

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    Punjab pakistano: "branco" stupra una cristiana di 7 anni e rapisce il padre per bloccare la denuncia

    ◊   Un "branco" composto da quattro uomini di religione musulmana ha violentato una bambina cristiana di soli sette anni, di nome Sara; lo stupro è avvenuto ieri nel villaggio di Mally ki, a Daska, nel distretto di Sialkot (Punjab). La minore - riferisce l'agenzia AsiaNews - si trova ora ricoverata nell'ospedale di Sialkot, nel reparto di terapia intensiva, in condizioni che i medici definiscono "critiche". Nel frattempo la polizia, invece di arrestare i colpevoli, ha aiutato il clan locale a rapire il padre della bambina abusata; Iqbal Masih è stato prelevato e nascosto in un luogo segreto per "costringere la famiglia a non denunciare la vicenda, raggiungere un accordo con i criminali ed evitare una controversia a sfondo confessionale".

    In queste ore la comunità cristiana ha cercato in tutti i modi di parlare con le forze dell'ordine, senza riuscirvi. Gli agenti non sembrano intenzionati a intervenire per punire lo stupro e liberare Masih, nelle mani degli aguzzini che hanno abusato della figlia.

    Attivisti e organizzazioni pro diritti umani chiedono giustizia e assicurano il loro sostegno alla famiglia. In seguito ai ripetuti appelli e pressioni, la magistratura ha aperto un fascicolo e disposto l'arresto di due persone coinvolte nello stupro; sulla sorte del padre, al momento non vi sono sostanziali novità.

    Secondo una recente ricerca, i casi di abusi e violenze sessuali - in particolare ai danni di giovani cristiane - sono in continuo aumento nella provincia del Punjab, nel silenzio della polizia e dell'autorità giudiziaria. Padre Arshad John, sacerdote impegnato nella tutela dei diritti delle minoranze, condanna la violenza sessuale su una bambina di soli sette anni e il rapimento del genitore, "per mettere pressione sulla famiglia perché non sporga denuncia". Il "silenzio" della società civile, aggiunge, acuisce ancor più la drammaticità della vicenda.

    Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo ed è il secondo fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Negli ultimi anni si è registrata una vera e propria escalation di violenze contro membri delle minoranze etniche o religiose, in particolare i musulmani sciiti e i cristiani. Decine gli episodi, fra attacchi mirati contro intere comunità - come avvenuto a Gojra nel 2009 o alla Joseph Colony di Lahore lo scorso anno - o abusi contro singoli (Asia Bibi, Rimsha Masih o il giovane Robert Fanish Masih, anch'egli morto in cella), spesso perpetrati col pretesto delle leggi sulla blasfemia. (R.P.)

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    Sud Corea. Affondamento del traghetto: le condoglianze di Pyongyang a Seoul

    ◊   Per la prima volta dal 2003, il regime nordcoreano ha espresso le proprie condoglianze "al governo, alle famiglie e ai sopravvissuti" coinvolti nell'affondamento del traghetto Sewol che da Incheon era diretto verso l'isola di Jeju. A bordo erano presenti 476 persone: di queste, 171 sono state ritrovate prive di vita; altre 131 sono ancora ufficialmente "disperse", ma le speranze di ritrovarle si assottigliano sempre di più.

    Il disastro - riporta l'agenzia AsiaNews - è reso ancora più terribile dal fatto che a bordo del traghetto c'era un gruppo di 330 giovani del liceo Danwon di Ansan, distretto di Seoul, che avrebbero dovuto fare una gita scolastica di 4 giorni sull'isola. Subito dopo l'affondamento, il vescovo della diocesi di Cheju (che comprende l'isola di Jeju) mons. Pietro Kang U-il, aveva detto ad AsiaNews: "Possiamo soltanto pregare il Signore, affinché aiuti le vittime e i loro familiari, e sperare che la preghiera e la solidarietà possano in qualche modo consolare tutte le persone coinvolte in questo disastro".

    Le condoglianze di Pyongyang sono state espresse dal capo della Croce Rossa nordcoreana, Kang Su-rin, alla sua controparte meridionale Yoo Jung-keun. Un portavoce del ministero dell'Unificazione di Seoul ha confermato: "La Corea del Nord ha inviato la sua più profonda vicinanza a tutti coloro che sono coinvolti nel disastro, fra cui i tanti studenti in gita".

    È la prima volta in più di un decennio che Pyongyang esprime in forma pubblica delle condoglianze per un disastro avvenuto al Sud. L'ultima volta che il regime si è espresso in tal senso risale al 2003, quando prese fuoco la metropolitana di Daegu e subito dopo il tifone Maemi colpì la parte meridionale della penisola coreana. (R.P.)

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    Myanmar: l'Unicef chiede di salvare i bambini Kachin da mine e guerra

    ◊   “I recenti scontri tra forze governative e i ribelli Kachin (Kia) con il conseguente spostamento di migliaia di persone, tra cui circa un migliaio di minori, ha aumentato in modo significativo il rischio che bambini e adolescenti vengano assunti nelle forze di combattimento o cadano vittime delle mine”: lo denuncia Bertrand Bainvel, rappresentante Unicef in Myanmar.

    “I combattimenti e lo spostamento delle famiglie aumentano i rischi per la salute dei bambini, inoltre, lo Stato Kachin e Shan settentrionale, sono tra le aree con maggior presenza di mine. Gli ordigni antiuomo abbandonati o piazzati intenzionalmente – osserva l’agenzia – continuano a causare vittime tra la popolazione, bambini compresi , così come ad ostacolare l’arrivo degli aiuti umanitari”.

    L’Unicef - riferisce l'agenzia Misna - sta lavorando con altre agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali non governative per aiutare i bambini minacciati e le loro famiglie.

    “Dobbiamo fornire un aiuto urgente – osserva Bainvel – ma gli aiuti salva-vita non sono sufficienti perché i bambini hanno bisogno di pace e stabilità per crescere. Per il bene dei bambini del Myanmar tutte le parti devono impegnarsi immediatamente a fare tutto il possibile per porre fine alla violenza, per proteggere i bambini dall’esposizione a mine terrestri, dal reclutamento nelle forze armate e di impegnarsi per la pace. Questo è assolutamente essenziale, ha sottolineato Bainvel, se vogliamo che i bambini del Kachin possano sperimentare la stessa speranza e prospettiva di miglioramento che ora, a seguito delle recenti riforme nel paese, molti altri bambini stanno vivendo”.

    In questi ultimi due anni, da quando sono ripresi i combattimenti tra forze governative e ribelli Kachin (Kia) più di 75.000 persone sono state costrette a cercare rifugio lungo il confine cinese.

    Proprio in questi giorni, il comandante delle forze ribelli Kia, gen. Gun Maw, si trova in visita a Washington dove, incontrando ufficiali del governo degli Stati Uniti e rappresentanti delle Nazioni Unite ha chiesto la loro presenza, come osservatori e testimoni, ai colloqui di pace in corso con il governo birmano. L’accordo di pace, che probabilmente verrà raggiunto entro la fine del 2014, secondo Maw, ne trarrebbe più forza. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 114

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.