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Sommario del 23/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Udienza generale. Il Papa: Gesù è vivo, non cerchiamolo in sepolcri che sanno di morte
  • Appello del Papa: compiere ogni sforzo per operai Lucchini. Intervista col vescovo di Piombino
  • Onomastico del Papa, gli auguri della gente
  • Canonizzazioni. Briefing al Vicariato su affluenza, trasporti e sicurezza
  • Canonizzazioni. Veglia giovani a San Giovanni in Laterano
  • L’infermiere che soccorse Karol Wojtyla dopo l’attentato: anche nella sofferenza era guidato dal Signore
  • Il parroco di Sotto il Monte: visitare i luoghi di Giovanni XXIII è un'esperienza di fede straordinaria
  • Libro omelie S. Marta. P. Spadaro: sono il cuore pulsante del ministero di Papa Francesco
  • Il cardinale Parolin: il Papa interverrà ogni volta che la pace è minacciata
  • Funerali di Benedetto Nardacci, padre Lombardi: la voce come servizio
  • Oggi in Primo Piano

  • Crisi ucraina. Mosca pronta all’uso delle armi se minacciati propri interessi
  • Hamas e Fatah: si lavora per un governo di unità palestinese
  • Usa. La Corte suprema dice no a "quote razziali" nei college del Michigan
  • Giappone, visita di Obama. L'esperto: tra Usa e Cina equilibri in movimento
  • Giornata mondiale del libro. In Italia si legge poco ma esistono isole felici
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Gregorio III: un vero crimine la distruzione delle chiese di Maalula
  • Iraq: il patriarca Sako chiede di superare lo spirito di intolleranza
  • Canonizzazioni: esposizione al Bambino Gesù della reliquia di Giovanni Paolo II
  • Dialogo con gli ebrei: convegno di sant'Egidio "Da Giovanni XXIII a Francesco"
  • Unicef: in Sud Sudan la sofferenza dei bambini di Bentiu per la mancanza di acqua
  • Centrafrica: Be-Oko, la radio che parla a cristiani e musulmani
  • Vietnam: nuova epidemia di morbillo
  • Jakarta. Conferenza sui boat people: chiesto più impegno internazionale
  • Sud Corea. La Chiesa cattolica continua a crescere: i fedeli sono il 10,4% della popolazione
  • Canada: i vescovi chiedono di tutelare la sacralità della vita
  • Argentina: la Croce di San Damiano tra i quartieri delle periferie
  • Bartolomeo I: la missione del cristiano è la liberazione dell'uomo dal potere delle tenebre
  • Algeria: dati definitivi delle presidenziali. Messaggio di Bouteflika
  • Brasile: l'opera dei Cappuccini di Milano tra i poveri del Nord-Est
  • Il Papa e la Santa Sede



    Udienza generale. Il Papa: Gesù è vivo, non cerchiamolo in sepolcri che sanno di morte

    ◊   “Perché io nella vita cerco tra i morti Colui che è vivo?”. Attorno alla domanda che nel Vangelo annuncia la Risurrezione di Cristo ai discepoli increduli Papa Francesco ha imperniato la catechesi dell’udienza generale di oggi. Oltre 60 mila le persone presenti in Piazza San Pietro, oltre al folto gruppo di disabili che prima dell’udienza il Papa ha salutato di persona in Aula Paolo VI. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    È un limite tutto umano cercare ciò che serve nel posto sbagliato. Un aiuto necessario per la vita in luoghi dove lo spazio è piuttosto della morte. Non fa eccezione la fede, ricorda Papa Francesco riandando ai momenti della Risurrezione narrati dal Vangelo. Nessuno all’inizio riconosce Gesù: né la Maddalena davanti al sepolcro vuoto, né i discepoli di Emmaus che tornano a casa “depressi” e sconfitti. Addirittura un Apostolo, Tommaso, “pone delle condizioni” per credere alla Risurrezione: mettere il dito nelle piaghe:

    “’Perché stai cercando tra i morti colui che è vivo?’. Quante volte noi cerchiamo la vita fra le cose morte, fra le cose che non possono dare vita, fra le cose che oggi sono e domani non saranno più, le cose che passano… Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”.

    “Non è scontato accettare la vita del Risorto”, ammette Papa Francesco, che spiega da cosa dipenda la cecità che impedisce di vedere “Gesù vivo”: la chiusura “in una qualsiasi forma di egoismo o di autocompiacimento”, il lasciarsi “sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo dimenticando Dio e il prossimo”, il riporre le “speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo”:

    “Allora la Parola di Dio ci dice: ‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo?’. Perché stai cercando lì? Quello non ti può dare vita! Sì! Forse ti darà un’allegria di un minuto, di un giorno, di una settimana, di un mese… E poi? ‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Eh, questa frase deve entrare nel cuore e dobbiamo ripeterla’.

    Sollecitata da Papa Francesco, la folla ripete tre volte in coro la frase dell’Angelo, la certezza della risurrezione. Un modo per reimparare a cercare Gesù nel posto giusto, cominciando a porsi la giusta domanda e sapendo – assicura il Papa – che Gesù vivo “sarà sempre vicino a noi per correggere la rotta se noi abbiamo sbagliato”:

    “‘Perché cercate tra i morti colui che è vivo?’. Questa domanda ci fa superare la tentazione di guardare indietro, a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro. Gesù non è nel sepolcro, è il Risorto!, Lui è il Vivente, Colui che sempre rinnova il suo corpo che è la Chiesa e lo fa camminare attirandolo verso di Lui. ‘Ieri’ è la tomba di Gesù e la tomba della Chiesa, il sepolcro della verità e della giustizia; ‘oggi’ è la risurrezione perenne verso la quale ci sospinge lo Spirito Santo, donandoci la piena libertà”.

    Dopo le catechesi in sintesi, Papa Francesco ha tra l’altro ricordato, al momento dei saluti in lingua italiana, la prossima Beatificazione di padre Giuseppe Girotti, in programma sabato pomeriggio ad Alba, in Piemonte. Il religioso, sacerdote dell’Ordine dei Frati Predicatori, venne ucciso in odium fidei nel lager nazista di Dachau:

    “La sua eroica testimonianza cristiana e il suo martirio, possano suscitare in molti il desiderio di aderire sempre più a Gesù e al Vangelo”.

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    Appello del Papa: compiere ogni sforzo per operai Lucchini. Intervista col vescovo di Piombino

    ◊   Al termine dell’udienza generale il Papa ha lanciato un accorato appello in favore degli operai dell’acciaieria Lucchini di Piombino. Poche ore dopo l’intervento di Papa Francesco, il premier Matteo Renzi annuncia con un tweet: "Oggi firmiamo il protocollo d'intesa sul futuro di Piombino, col ministro e il presidente della Regione Toscana". Ce ne parla Sergio Centofanti:

    In occasione dello spegnimento dell’altoforno di Piombino, che mette a rischio il posto di centinaia di lavoratori, il Papa ha ricevuto un video-appello da parte degli operai. Un messaggio – ha detto che lo “ha davvero commosso” e rattristato:

    “Cari operai, cari fratelli sui vostri volti erano dipinte una profonda tristezza e le preoccupazioni di padri di famiglie che chiedono solo il loro diritto di lavorare per vivere dignitosamente e per poter custodire, nutrire ed educare i propri figli. Siate sicuri della mia vicinanza e della mia preghiera; non scoraggiatevi, il Papa è accanto a voi e prega per voi affinché quando si spengono le speranze umane rimanga sempre accesa la speranza divina che non delude mai”.

    Il Papa ha lanciato quindi il suo appello:

    “Cari operai, cari fratelli, vi abbraccio fraternamente e a tutti i responsabili chiedo di compiere ogni sforzo di creatività e di generosità per riaccendere la speranza nei cuori di questi nostri fratelli e nel cuore di tutte le persone disoccupate a causa dello spreco e della crisi economica. Per favore, aprite gli occhi e non rimanete con le braccia incrociate!”.

    La risposta del Papa “ci tocca profondamente”, hanno subito detto gli operai della Lucchini che sperano che il sostegno di Papa Francesco “in un momento così drammatico” possa dare loro “la forza di resistere”. Ma ascoltiamo il commento del vescovo di Massa Marittima-Piombino, mons. Carlo Ciattini, al microfono di Adriana Masotti:

    R. – Sarà spento l’altoforno, domani. Quindi, molti operai saranno messi in cassa integrazione con una dinamica di contratto di solidarietà: tante famiglie, dunque, entreranno in una situazione di grande disagio e di grande ansia. I sindaci della zona si riuniranno alle quattro del pomeriggio per fare il punto della situazione; poi, stanno lavorando anche insieme al governo per trovare una qualche soluzione, per vedere se queste persone messe in cassa integrazione e che non hanno naturalmente buone prospettive per un domani, possano essere reimpiegate anche in nuovi lavori che la nostra zona inevitabilmente deve pensare di realizzare, attraverso il territorio, a livello di ambiente, di turismo … Ma questo è a lungo termine, non abbiamo una soluzione immediata. Mentre immediato è il disagio di queste famiglie.

    D. – Infatti, il Papa parla proprio di commozione alla vista dei volti tristi e preoccupati dei padri di famiglia …

    R. – Certo: questa è una situazione che io ho trovato fin da quando sono arrivato, tre anni fa. E la Chiesa ha cercato di essere presente senza essere di troppo, nel senso che cerchiamo di stare vicini alle persone ma, tramite le persone, vivere e aiutare ad una soluzione alle situazioni. Noi siamo disponibili, se lo richiederanno, anche per un consiglio, una proposta di solidarietà, di impegno; però, una cosa che noi possiamo fare senza che nessuno ce l’abbia a chiedere e nella certezza di non essere di troppo, è quello di stare accanto alle persone.

    D. – Come è nata, poi, l’idea di un video e l’idea di mandarlo al Papa?

    R. – Eh sì, perché già nel novembre scorso, insieme ai pellegrini della diocesi di Massa Marittima e Piombino – eravamo circa mille persone – siamo venuti dal Papa e il Papa ha benevolmente incontrato il sindaco di Piombino e ha parlato alcuni minuti della situazione. Quindi, era un dialogo iniziato allora, con il Santo Padre …

    D. – Papa Francesco anche in altre occasioni, ad esempio a Cagliari, ha dimostrato di voler sostenere proprio chi lotta, la lotta di chi ha bisogno di lavorare …

    R. – Sì, perché lì noi poi realizziamo l’uomo, l’uomo che non ha un lavoro, che non ha una prospettiva di lavoro, capisce bene che inevitabilmente vive una povertà che non è solo quella economica. E la Chiesa che cosa deve fare, se non stargli vicino perché possa nuovamente rivivere in pienezza un impegno nella vita, che diviene crescita, costruzione dell’uomo stesso?

    D. – Intanto, lei forse ha già sentito qualche eco da parte degli operai: hanno saputo di questo appello?

    R. – Alcuni sì. Naturalmente, è un balsamo, una consolazione grande. E quindi, veramente un grazie immenso a Papa Francesco. Che attraverso questa presenza consolante del Papa possiamo assaporare questo tempo pasquale: che sia veramente un inizio di una nuova risoluzione per queste creature, per queste famiglie.

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    Onomastico del Papa, gli auguri della gente

    ◊   Durante l’udienza generale, nel giorno in cui la Chiesa ricorda San Giorgio, Papa Francesco ha ringraziato “di cuore i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, le comunità parrocchiali e religiose, le associazioni, i movimenti e i diversi gruppi” che hanno voluto manifestargli affetto e vicinanza per l’onomastico. “Chiedo a tutti di continuare a pregare per me – ha detto il Santo Padre – e per il mio servizio alla Chiesa”. In tanti, presenti in Piazza San Pietro, hanno fatto gli auguri al Pontefice. Queste alcune delle voci raccolte da Amedeo Lomonaco:

    R. – Io sono cileno. Un augurio speciale nel giorno del suo onomastico e che San Giorgio lo protegga sempre, affinché la pastorale che porta avanti sia veramente la luce della speranza, del Vangelo, nelle persone che sono qui in Piazza San Pietro.

    R. – Io sono padre Thomas e vengo dalla Germania, dalla Baviera. Vorrei fare tanti auguri al nostro Papa Francesco, che è molto vicino alla gente. Anche i tedeschi lo amano molto.

    R. – Che continui a guidare il suo gregge con la misericordia, la simpatia che ha avuto finora.

    R. – Facciamo gli auguri a lui per l’onomastico. Possa pregare per tutti noi.

    R. – Sono padre Marcin dalla Polonia. Auguri, oggi, per la festa di San Giorgio, nell’Ottava di Pasqua. Che veramente possa trarre dalla forza della Risurrezione il grande coraggio del Vangelo, per portare la primavera della Chiesa, come la sta portando adesso.

    R. – Un saluto al Santo Padre. Siamo felici di averlo come Papa.

    R. – Rivolgiamo i nostri auguri di cuore al Santo Padre, gli auguriamo una buona Pasqua e una buona celebrazione della Canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

    R. – Le deseo al Santo Padre…
    Auguro al Santo Padre una buona giornata, preghiamo per lui.

    R. – Un saludo especial…
    Un saluto speciale al Papa. Che sappia che stiamo pregando per lui, perché possa rinnovare la Chiesa e portare avanti i suoi propositi.

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    Canonizzazioni. Briefing al Vicariato su affluenza, trasporti e sicurezza

    ◊   Centinaia di migliaia di persone si preparano a raggiungere Roma per le Canonizzazioni dei Papi. Cifre aggiornate sono state diffuse oggi nel corso del briefing iniziato in tarda mattinata al palazzo del Vicariato di Roma. Solo dalla Polonia giungeranno nella capitale oltre mille pullman, mentre le autorità cittadine modulano le misure di accoglienza e di sicurezza, in base all’affluenza. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    “Fino a un milione di presenze noi siamo pronti!”. Così mons. Liberio Andreatta, vicepresidente dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp), risponde alle insistenti domande dei giornalisti di tutto il mondo alla ricerca di cifre per la giornata di domenica prossima. In realtà, numeri precisi non ce ne sono, come chiarisce anche Mauro Pucci dell’Ufficio coordinamento Progetti speciali di Roma Capitale, che cita 1.700 pullman dalla Polonia, 58 charter e 5 treni sempre dalla Polonia, più una nave da Barcellona, ma aggiunge:

    “E’ evidente che noi ci stiamo attrezzando, come ci siamo attrezzati, per modulare le forze in funzione del numero, perché qui sta un po’ il punto di questa vicenda. Nel senso che non abbiamo un numero definito, proprio perché è libero l’accesso a piazza San Pietro, ed è giusto, davvero lo penso anch’io, che sia così, ed abbiamo anche – allo stato attuale, in questo momento – una quantità di prenotazioni che non corrisponde al numero delle presenze non stimate, ma annunciate e definite dai Paesi di origine”.

    L’accoglienza curata dall’Opera romana pellegrinaggi ha predisposto 19 maxischermi, perché i fedeli seguano la Santa Messa della Canonizzazione a Roma e a Milano: già 3 sono posizionati in Via dei Fori Imperiali e altri 16 se ne attiveranno dal 25 aprile includendo l’aeroporto Leonardo da Vinci e la Piazza del Duomo a Milano. Un maxischermo in sola lingua inglese sarà in Piazza Navona e uno in lingua francese in Piazza Farnese. Fino a lunedì 28 aprile, trasmetteranno sia filmati e notizie sui Papi Santi in sei lingue, sia informazioni di pubblica utilità.

    Sempre per l’accoglienza in via della Conciliazione domenica 27, ci saranno 100 persone dell’Orp a disposizione dei turisti per ogni tipo di informazione in diverse lingue, e 550 volontari di associazioni cattoliche, mentre 8 pullman, sin dalle 5 del mattino porteranno nei pressi della Piazza, 200 sacerdoti e diaconi per la distribuzione dell’Eucaristia, 5.000 sacerdoti romani e 200 seminaristi della capitale e di Bergamo che assisteranno alla cerimonia. "L’ingresso in Piazza San Pietro è libero e non ci sono biglietti”, ha voluto ribadire mons. Liberio Andreatta, presentando un evento di portata storica:

    “Che mai nella storia di Roma e mai nella storia mondiale è avvenuto: due Papi Santi e due Papi vivi che li hanno conosciuti. Immagino l’emozione di Papa Francesco e di Papa Benedetto in quel sagrato di quella Basilica dove Benedetto ha vissuto eventi da Papa e oggi può, assieme a Papa Francesco, vivere questo grande evento”.

    Un imponente piano di sicurezza e trasporti ha messo in piedi anche il Comune di Roma che ha già avviato pulizia e manutenzione eccezionale della città,la pedonalizzazione dei Fori imperiali uno dei 4 punti di afflusso dei pellegrini insieme a piazza Farnese, piazza Navona e piazza Santa Maria Maggiore. I dati principali emersi sono metropolitane no-stop dal 26 al 28 aprile, 4.326 posti pullman utilizzabili, 20 presidi Ama, 14 punti medici avanzati e 2.630 volontari della protezione civile che si uniranno circa 2.000 agenti di polizia in attività ogni giorno dal 25 al 28 aprile. Sgombre da ostacoli le aree intorno Piazza San Pietro con transennamenti e chiusure a partire dalle ore 19.00 del 26 aprile.

    Anche la rete Internet avrà la sua parte di utilità in questa settimana speciale. Sono state create infatti appositamente sia un’applicazione "Santo Subito", in 4 lingue, con news, mappe percorsi e libretto liturgico, scaricabile gratuitamente, sia un sito con il calendario di tutti gli eventi in programma a Roma dal 25 al 28 aprile.

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    Canonizzazioni. Veglia giovani a San Giovanni in Laterano

    ◊   “L’eredità dei santi” è stato questo il tema della veglia di preghiera, che si è svolta ieri sera a Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano, in preparazione alla canonizzazione dei due papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. L’incontro rivolto ai giovani della capitale e promosso dalla diocesi, è stato presieduto dal vescovo ausiliare mons. Matteo Zupi, e ha visto la partecipazione dei due postulatori delle cause, mons. Slawomir Oder e padre Giuseppe Califano. Il servizio di Marina Tomarro:

    Il riempirsi la vita di Dio sempre in ogni momento e l’affidarsi a lui totalmente, senza paura, nonostante le sofferenze o le situazioni difficili: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II avevano in comune il sentire fortemente l’amore del Signore e la gioia di volerlo trasmettere a coloro che incontravano. Così ai giovani di Roma hanno raccontato le figure dei futuri santi i postulatori delle Cause, mons. Slawomir Oder per Giovanni Paolo II e padre Giuseppe Califano per Giovanni XXIII. Una santità, la loro, che profuma di cielo e avvicina già a Dio. Ascoltiamo il commento di don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le Vocazioni per la diocesi di Roma:

    “La santità è una risposta alla santità di Dio. Lasciamoci amare come abbiamo visto adesso, il Giovedì Santo. Pietro che non vuole farsi lavare i piedi e Gesù che gli dice: ‘Se non ti lavo, non avrai parte con me’. E avere parte con Lui passa per questo lasciarci amare anche nella nostra povertà, lasciarci amare anche nelle nostre parti sporche, povere, umili…”.

    E in tanti hanno gremito la Basilica di San Giovanni in Laterano per ricordare i due Papi. Ascoltiamo alcuni commenti:

    R. – Giovanni Paolo II l’ho conosciuto purtroppo quando è andato via. Quando ho avuto la notizia che era morto, ero a casa e da ateo ho pianto tantissimo e là mi sono reso conto che qualcosa di profondamente efficace ed eterno era passato attraverso la sua vita. Per questo gli dico “grazie”.

    R. – L’incontro con questo Papa per me è stato molto importante, perché ero giovanissima: proprio nella Gmg del 2000 ho avuto la conversione da una vita diversa, una vita in cui ero lontana da Dio. E lì ho incontrato veramente il Signore, attraverso questo Papa che sapeva stare nelle folle, incontrare i giovani, volere bene nella semplicità… E poi, ho avuto questa grazia quando ho scelto di consacrarmi al Signore: il giorno che è morto Papa Wojtyla io stavo entrando in convento. Quindi, per me è una grande gioia sempre, ricordarlo.

    R. – Ci ha accompagnati lungo tutto il nostro fidanzamento, sicuramente le sue parole sulla coppia ci hanno aiutato ad avere una prospettiva per il nostro matrimonio.

    D. – Giovanni Paolo II spesso invitava i giovani a non avere paura, a spalancare le porte a Cristo. Allora voi, nella vostra vita in che modo avete seguito questa sua esortazione?

    R. – Sicuramente, nell’apertura alla vita. Noi aspettiamo il quarto bimbo: quando ci siamo aperti a queste vite abbiamo sempre pensato a questo, di non avere paura perché era Cristo che bussava alla nostra vita e ci chiedeva di essere suoi collaboratori nel dare la vita.

    D. – Cosa ricorda, lei, di Giovanni XXIII, invece?

    R. – Io il ricordo che porto è quello di un Papa vicino agli umili – quello che poi ha continuato anche Papa Wojtyla. Ma l’impronta di Papa Giovanni rimane comunque indelebile: è un ricordo bellissimo.

    R. – Giovanni XXIII lo ricordo che ero piccolina, avevo 10 anni. Ricordo il fascino di questo Papa che vedevo come un papà, che ho sentito poi quando hanno dato l’annuncio che lui non c’era più: ricordo la prima volta che ho pianto – non avevo mai pianto in vita mia. Con Giovanni Paolo II, certo, sono cresciuta nella mia fede, l’ho alimentata, con la gioia anche di averlo visto direttamente, personalmente… Sicuramente, è particolare il fatto di avere conosciuto un Santo…

    Per la diocesi di Roma questo evento è una grande festa della fede, da condividere con tutto il mondo. La riflessione del vescovo ausiliare, mons. Matteo Zupi, che ha presieduto la Veglia di preghiera:

    "Io credo che voglia dire moltissimo, anche se per i giovani la figura di Giovanni XXIII è una figura molto lontana, pur avendo l’immagine di Papa Giovanni attraversato tutte le generazioni trasmettendo questa bontà: semplice, diretta, esigente, fiduciosa. Quella bontà che poi Giovanni Paolo II ha vissuto nella sua straordinaria attività di evangelizzatore, anche per liberare da tante paure, perché quando lui diceva “Non abbiate paura” c’era tanta paura! Per questo io credo che tutti e due abbiano molto da dire. In realtà credo che quello che oggi tutti ci troviamo a dover fare, a poter fare è andare nuovamente al largo perché il cristianesimo non fa che iniziare, e dobbiamo ri-iniziarlo perché questo millennio possa essere – come sognava Giovanni Paolo II – un millennio di pace in cui la Chiesa ritrovi l’unità e soprattutto arrivi di nuovo al cuore degli uomini".

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    L’infermiere che soccorse Karol Wojtyla dopo l’attentato: anche nella sofferenza era guidato dal Signore

    ◊   Il 13 maggio del 1981 resterà per sempre la data dell’attentato a Giovanni Paolo II. Alle 17.17 Papa Wojtyła viene colpito da due proiettili sparati in Piazza San Pietro dalla pistola di Mehmet Ali Ağca. Il Santo Padre si accascia sulla jeep - tutt'intorno paura ed incredulità - immediatamente viene portato in guardia medica vaticana. Ad attenderlo il chirurgo, il prof. Enrico Fedele e Leonardo Porzia, l’infermiere che materialmente abbracciò il Papa per metterlo sulla lettiga. Porzia rimase con il Papa fino al ricovero al Policlinico Gemelli. Massimiliano Menichetti ha raccolto la sua testimonianza:

    R. – Quel giorno ero di servizio in ambulatorio chirurgico: noi eravamo collegati con i vari presidi del Pronto Soccorso a San Pietro. A un certo punto arriva una comunicazione: “Hanno sparato al Papa! Sta entrando dall’Arco delle Campane per recarsi alla Guardia Medica!”. Subito avvertii il chirurgo, il prof. Fedele, era lui di servizio. Tutti quanti – anche altri medici – uscimmo in mezzo alla strada… Arrivò la jeep con il Santo Padre.

    D. – Appena sentiste, via radio, che avevano ferito il Papa, come viveste quel momento?

    R. – Una cosa terribile! “Oddio, hanno sparato al Papa!”. Si mise in movimento tutto l’ambulatorio.

    D. – Da chi fu soccorso subito, lì per lì?

    R. – Da me. Avevamo l’ambulanza accanto, tirai fuori la barella e lo abbracciai, lo portati al mio petto, così come stava sulla jeep, e lo misi sulla lettiga. Il chirurgo guardò la ferita: a seconda dell’entità del danno o si sarebbe portato all’ospedale Santo Spirito o al Policlinico Gemelli… Con un batuffolo di garza, tamponai la ferita del Papa.

    D. – Quando da voi arrivò il Santo Padre, ci fu incertezza?

    R. – No, no! Fu una cosa diretta: lo presi e lo misi subito sulla barella!

    D. – In realtà, per andare in ospedale, si aspettò l’arrivo di un’altra ambulanza vaticana, dove era?

    R. – Era incastrata sotto al colonnato. Si perse un po’ di tempo, ma arrivò anche l’ambulanza del Santo Padre e uscimmo.

    D. – Perché ci fu la necessità di portarlo da una ambulanza ad un’altra?

    R. – Perché quella era più attrezzata.

    D. – Saliste, chi eravate a quel punto sull’ambulanza?

    R. – C’era l’autista, il cameriere - Gugel -, il direttore sanitario Buzzonetti, il direttore del Fas - il servizio sanitario vaticano - il chirurgo ed io... Eravamo sei o sette. Uscimmo da Sant’Anna e andammo al Gemelli.

    D. – Il Santo Padre come stava?

    R. – Era cosciente… però non parlò! No, non parlò! Lungo la strada pregava.

    D. – Per un fraintendimento voi partiste senza scorta?

    R. – Non avevamo scorta! La polizia ci aspettava all’Arco delle Campane, ma noi siamo usciti da Sant’Anna.

    D. – Quale tragitto avete fatto?

    R. – Uscimmo da Sant’Anna, Piazza Risorgimento, Medaglie d’Oro; lassù c’è Via Pereira e una strada di campagna, che portava al Gemelli… Arrivammo a metà strada di Via Pereira, muore la sirena… Smise di suonare! Ci prese un colpo, perché non avevamo scorta… Un poco con il clacson, un poco così, riuscimmo ad arrivare al Gemelli.

    D. – Durante il trasporto, però, accade anche un’altra cosa: proprio mentre lei stava operando…

    R. – Mi diedero ordine di mettere una flebo, perché la pressione era scesa di parecchio… Mentre stavo per infilare l’ago, l’autista fece una sterzata e siamo andati a finire sul marciapiede. L’autista prese un senso unico e un altro veicolo ci stava venendo addosso.

    D. – Lesionò il Santo Padre?

    R. – No, no, no! Io mi bucai un dito…

    D. – Quanto ci mise l’autoambulanza ad arrivare al Gemelli?

    R. – Neanche un quarto d’ora.

    D. – Comunque arrivaste. Ma anche lì altre piccole difficoltà…

    R. – C’era l’ordine che lo si doveva portare al Centro di Rianimazione. Probabilmente il direttore aveva già parlato con il Centro di Rianimazione: là era di servizio un medico del nostro servizio Vaticano, era direttore del Centro di rianimazione…. Arriviamo là e scarichiamo la barella, ma arriva un contrordine: “Bisogna andare al nono piano!”. Al nono piano c’era la camera operatoria… Allora che fai? Da solo, correndo come un matto la portai - erano circa cento metri – all’ascensore per arrivare al nono piano.

    D. – In quei momenti il Papa che cosa faceva?

    R. – Niente. Stava rannicchiato sulla barella, sofferente…

    D. – Lei ha avuto paura che il Papa potesse morire?

    R. – Sì, si!

    D. – Arrivato al nono piano, lei lasciò Giovanni Paolo II?

    R. – Invece di entrare direttamente in sala operatoria, lo lasciai nella stanza dove si fa la preparazione del paziente… Gli ho levato tutti gli indumenti, li ho messi in un sacchetto di plastica e l’ho consegnato a Gugel. Il direttore mi disse: “Puoi rientrare!”.

    D. – Il Papa verrà operato, poi un altro ricovero…. Comunque, in sostanza, gradatamente dopo la convalescenza a Castel Gandolfo, rientra in Vaticano. Lì continua degli accertamenti e in realtà lei continua ad incontrarlo quando viene a fare le analisi all’ambulatorio del Vaticano…

    R. – Quelle volte che veniva giù, mi diceva: “Io a lei la conosco!”. Lo disse 3-4 volte: “Io a lei la conosco!”. Io risposi: “Eh Santità, sì!”. Però non mi andava di dire: “Sono quello che…”.

    D. – E lei non gli lo ha mai detto?

    R. – No! No!

    D. – Personalmente come ha vissuto questo viaggio insieme al Papa in autoambulanza, quando lo ha poggiato sulla barella, quando lo ha rivisto in ambulatorio… ?

    R. – Finché non si è tornati alla normalità, per me era un paziente. La mia professione era quella! Poi certo …. Stavi operando sul Papa! Ma professionalmente ero sereno e tutto quello che c’era da fare si è fatto: diciamo che non si è trascurato niente.

    D. – C’è anche un aneddoto singolare in relazione alla flebo che lei mise al Santo Padre…

    R. – Da noi lavoravano le suore polacche… Quando il giorno dopo, abbiamo ripreso il servizio, una suora polacca mi disse che Gugel gli aveva dato tutti i paramenti e anche la rimanenza della flebo… Questa flebo con il mio nome fu data a Via Cortina d’Ampezzo, dove c’è un istituto di suore polacche… Però onestamente io non ci sono mai andato…

    D. – Il 24 dicembre dello stesso anno dell’attentato, quindi del 1981, lei ed il chirurgo foste ricevuti dal Papa… Dove?

    R. – Nell’anticamera della Sistina. E’ un salone… Prima io e i miei familiari; dopo il prof. Fedele con i suoi familiari.

    D – Che cosa vi siete detti?

    R. – Devo dire onestamente, che non usciva niente… Non sapevo che dire! Lui ha ringraziato.

    D. – Insomma, fu lui a parlare. Le conferì anche l’onorificenza di Cavaliere di San Silvestro. Che impressione le fece il Papa in tutta questa vicenda, da quando fu ferito a quando poi lo incontrò?

    R. – L’impressione di un uomo – diciamo – sofferente, ma contemporaneamente – guidato dal Signore – era un uomo che trasportava…

    D. – Un uomo con la Grazia?

    R. – Con la Grazia, sì!

    D. – Che effetto le ha fatto aver tenuto tra le braccia un Santo?

    R. – Eh, questa è una domanda milionaria! Mi sento orgoglioso – diciamo – di quello che ho fatto: ho preso in braccio il Papa! Sono riuscito a compiere il mio dovere e a fare tutto quello che era necessario.

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    Il parroco di Sotto il Monte: visitare i luoghi di Giovanni XXIII è un'esperienza di fede straordinaria

    ◊   La parrocchia di Sotto il Monte-Giovanni XXIII ha iniziato da tempo a lavorare a un ampio progetto di rilancio del paese che diede i natali al "Papa buono" nel 1881. Il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha dato l’impulso per la valorizzazione spirituale dei luoghi di Papa Giovanni e la notizia della canonizzazione del prossimo 27 aprile ha aumentato il numero dei pellegrini che li visitano per vivere un’esperienza di fede. Fabio Colagrande ne ha parlato con don Claudio Dolcini, parroco di Sotto il Monte-Giovanni XXIII:

    R. - Il desiderio del vescovo Francesco Beschi - mi ha mandato qui lui come parroco un paio di anni fa - è quello che diventi, sempre di più, un luogo di pellegrinaggio. Va bene la visita alla casa natale, vedere i luoghi dove Papa Giovanni ha vissuto, dove è nato, la chiesa del Battesimo; ma poi che non finisca poi solo in uno sguardo o nell’accendere una candela: che possa essere un momento anche di fede. Per questo abbiamo un po’ insieme pensato - il vescovo ha un po’ spinto - a realizzare alcuni luoghi che aiutino a vivere bene il pellegrinaggio, che sia una proposta di fede. Fra questi, prima di tutto, c’è la Casa del Pellegrino, che rappresenta un po’ il luogo di regia: i pellegrini che arrivano, anche i gruppi, si iscrivono lì; poi dalla Casa del Pellegrino si snodano i diversi percorsi. Uno dei percorsi nuovi, che è stato individuato, è quello del Giardino della Pace, che è il racconto della vita spirituale di Papa Giovanni: una specie di Via Crucis, un percorso a tappe, che racconta - in sei tappe appunto - alcuni atteggiamenti e sei virtù della vita spirituale di Papa Giovanni. Questo Giardino della Pace - che è molto bello, è un luogo anche pieno di elementi simbolici - si conclude nella cripta che conserva degli oggetti molto importanti: conserva il crocifisso di Papa Giovanni, quello che aveva nella sua stanza, di fronte al letto; il calco del volto e della mano di Papa Giovanni appena morto, realizzati da Giacomo Manzù, dentro la teca in cristallo che ha contenuto il corpo di Papa Giovanni dal 2001 al 2006 nella Basilica di San Pietro. L’idea è che chi arriva e fa un pellegrinaggio non termina con lo sguardo sul Santo, ma è il Santo che indica lo sguardo verso Gesù Cristo, verso il Crocifisso, che di fatto poi fu tutta la vita di Papa Giovanni. Il motto “Oboedientia et pax” - “Obbedienza e pace” - sintetizza la vita di questo Santo: continuamente l’obbedienza e la volontà di Dio, con uno sguardo continuamente rivolto a Gesù Crocifisso.

    D. - Don Claudio, in molti, in questi giorni che ci accompagnano verso la canonizzazione di Giovanni XXIII ripetono: “Non era solamente il Papa buono”. Cosa significa?

    R. - Forse questa bella icona - perché quando ad una persona si dice buono si fa un bel complimento - ha un po’ messo in ombra altre virtù di questo uomo santo. Quindi il lavoro della diocesi è anche quello di aiutare i pellegrini ad andare un po’ oltre e comprendere anzitutto che questo Papa è stato quello che ha avviato l’esperienza più importante dal punto di vista della Chiesa dello scorso secolo, che fu il Concilio Vaticano II: fu in grado ed ebbe la volontà di avviare questa esperienza, perché fu un uomo lungimirante. Non dimentichiamo che Giovanni XXIII ha, alle sue spalle, una lunga esperienza all’estero. Uno studioso mi ha fatto questa battuta: “Il primo Papa non romano”, nel senso che la sua vita, i suoi dieci anni in Bulgaria, gli altri altrettanti anni in Turchia e Grecia e poi ancora altri anni a Parigi, lo hanno portato a conoscere l’esperienza delle chiese un po’ all’estremità della Chiesa: perché la Chiesa di Oriente, col dialogo con il mondo ortodosso; e poi col mondo islamico in Turchia; tutta la fatica della II Guerra Mondiale; la dimensione del dialogo con gli ebrei; e, infine, poi la laica Parigi lo porta al contatto con alcune nuove istanze del mondo. La lettura di quest’uomo e l’incontro con queste realtà lo portano ad avviare l’esperienza più grande della Chiesa. Questo non va dimenticato, altrimenti si dipinge certamente l’uomo buono e quindi affabile, mite, misericordioso - perché era così - ma Papa Giovanni fu un uomo molto determinato: fu un uomo che non mandava a dire le cose ed aveva quella volontà e quella caparbietà di realizzarle, se riconosceva che fossero frutto dell’ispirazione dello Spirito Santo. Come appunto dice del Concilio: “Sento dentro di me - dice a mons. Capovilla all’avvio del Concilio - che questa è un’esperienza che vuole lo Spirito Santo”.

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    Libro omelie S. Marta. P. Spadaro: sono il cuore pulsante del ministero di Papa Francesco

    ◊   Esce domani nelle librerie italiane il volume “La verità è un incontro. Omelie da Santa Marta”. Il libro, edito dalla Rizzoli e con la prefazione di padre Federico Lombardi, raccoglie i servizi realizzati dalla nostra emittente sulle omelie mattutine di Papa Francesco. Il volume include, inoltre, un saggio del direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che è anche curatore del libro. A padre Spadaro, Alessandro Gisotti ha chiesto di raccontare come è nata l’idea di realizzare quest’opera:

    R. – Il desiderio di pubblicare un volume che contenesse le omelie di Papa Francesco da Santa Marta è venuto ascoltando quotidianamente i servizi della Radio Vaticana. Mi sono reso conto che la qualità dei servizi era molto alta e che queste omelie hanno un valore legato ovviamente al momento in cui vengono pronunciate davanti ad un’assemblea, a persone che quotidianamente assistono alla Messa; ma che possono essere ricche di meditazioni, di spunti di meditazione per tutti. Quindi, l’idea è venuta proprio ascoltando quotidianamente queste omelie.

    D. – Si è molto parlato del fatto che non vengano presentate in modo integrale l’audio e i testi di queste omelie. Cosa si può dire, al riguardo?

    R. – Queste omelie di Papa Francesco non si riferiscono ad una comunità precisa ... non sono discorsi generali che valgono sempre e comunque. Allora, il Papa preferisce che non siano pubblicate per intero, ma che ci sia una sorta di cronaca di queste, che vengano a loro volta raccontate e sia possibile inserire alcuni estratti, alcuni stralci in modo tale da preservare, in qualche modo, questa natura sorgiva, se vogliamo magmatica, pure nel linguaggio, di queste omelie. Ecco: leggendo il testo, ascoltando queste omelie noi siamo in grado, attraverso la narrazione, di rivivere in maniera nuova e originale quell’esperienza.

    D. – E’ possibile vedere un disegno nella pluralità di temi toccati nelle omelie da Santa Marta?

    R. – In realtà, proprio quello che mi ha colpito è il fatto che queste omelie rispondono ad un pensiero sorgivo, non ad una teoria; quindi ho rifiutato subito l’impostazione tematica di queste omelie, e ho deciso di organizzarle esattamente così come sono state pronunciate, cioè in maniera cronologica. Posso dire che queste omelie di Santa Marta sono veramente il cuore pulsante del ministero di Papa Francesco. I temi-chiave, le parole-chiave che poi fluiscono anche in altri discorsi più ufficiali, in qualche modo emergono da una gestazione, in un confronto effettivo con il Popolo di Dio proprio in queste omelie.

    D. – Cosa la colpisce del linguaggio delle omelie a braccio a Santa Marta, di Papa Francesco, che da subito hanno sorpreso per la loro espressività? Cosa si può dire dello stile Bergoglio?

    R. – E’ uno stile molto fresco, molto immediato, molto sbilanciato soprattutto sulle persone. Quindi, indubbiamente ci sono dei contenuti forti, che però vengono mediati con una grande attenzione alle persone che il Papa ha davanti. Questo significa che il linguaggio è un linguaggio semplice ma molto incisivo, ricco di immagini, poetico, in qualche modo, cioè capace di essere sorgivo anche nella formazione di immagini che colpiscono la persona e rendono la Parola di Dio viva. Quindi direi questa freschezza, questa vivacità che rende la Parola di Dio reale, attiva in quel momento e per tutti coloro che l’ascoltano.

    D. – "L’omelia – scrive Francesco nella Evangelii Gaudium – è la pietra di paragone per valutare la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo". Ecco, anche da qui si capisce che la Messa con i fedeli è proprio una necessità per il pastore Bergoglio?

    R. – Assolutamente sì: è proprio una necessità. Io penso che il Papa abbia voluto fin dall’inizio celebrare queste Messe davanti ad una porzione del popolo di Dio proprio per essere sempre in contatto diretto con questo popolo. Ma questo ci fa capire che queste omelie non sono discorsi: una cosa è il discorso, che è più generale, che è più universale. L’omelia, invece, è l’attualizzazione della Parola di Dio a diretto contatto con una comunità cristiana che prega. La preziosità di questa testimonianza – perché questo è – di Papa Francesco, consiste proprio in questa relazione diretta con alcune persone che ha davanti a sé. Un’esperienza unica, se vogliamo, molto originale, che caratterizza il Pontificato di Francesco.

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    Il cardinale Parolin: il Papa interverrà ogni volta che la pace è minacciata

    ◊   Il Papa “agirà con la parola, intervenendo ogni volta che la pace è minacciata”. Lo afferma il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in un’intervista pubblicata nel libro "I Papi della pace. L’eredità dei santi Roncalli e Wojtyła per Papa Francesco" di Nina Fabrizio e Fausto Gasparroni. In uno stralcio dell’intervista pubblicata dall’Osservatore Romano, il porporato afferma che Francesco interverrà “senza curarsi del rischio di venire strumentalizzato, e soprattutto indicando le cause della violenza e delle guerre. Lo farà testimoniando l’amore alla pace anche con la sua eventuale presenza, magari improvvisata, sui luoghi dei conflitti”.

    Il cardinale fa notare che “Papa Francesco seguirà la propria sensibilità e troverà anche in questo campo i gesti più efficaci e forse sorprendenti (per non dire “inquietanti” agli occhi di qualcuno, che amerebbe il “si è sempre fatto così”), per far sentire la sua presenza e la sua sollecitudine per la pace”.

    Poi, un accenno al viaggio del Papa in Terra Santa a maggio. Secondo il cardinale segretario di Stato, "ogni Papa che si reca in Terrasanta lo fa come 'pellegrino di pace' e non può essere diversamente. Evidentemente il viaggio verrà letto anche in chiave politica e non mancherà chi vorrà utilizzarlo per la propria causa. Ma pur usando tutta la prudenza possibile, non si deve aver paura che un segno di pace venga letto in modo deformato. Non si dice nulla di nuovo affermando che l’interminabile conflitto nella Terrasanta ha creato una situazione di perenne instabilità, non solo nella regione, simbolo di un’incapacità di realizzare una vera pace. Se il viaggio del Papa potesse aggiungere un tassello alla costruzione di questa pace, sarebbe già valsa la pena di recarsi in quella regione martoriata. Il nome di Gerusalemme significa 'città della pace'. Purtroppo sembra essere diventata il simbolo di conflitti e di una guerra senza fine".

    Da questo punto di vista, aggiunge il cardinale Parolin, "l’Onu è un organismo benemerito e, nonostante i suoi limiti, è meglio che ci sia piuttosto che non ci sia". Ma, conclude il porporato, "avrebbe ormai bisogno di una riforma, da più parti invocata, ma non facile da realizzare. Il mondo è molto cambiato da quando venne creata alla fine della seconda guerra mondiale. Non è facile darle un potere effettivo per poter mantenere la pace (la sua missione fondamentale!), senza che il potere sia di fatto soltanto nelle mani di alcuni Paesi. Una vera Onu forte, ma democratica, sarebbe una benedizione per tutti".

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    Funerali di Benedetto Nardacci, padre Lombardi: la voce come servizio

    ◊   “La voce come servizio”: è quanto ha detto padre Federico Lombardi, direttore generale della Radio Vaticana e direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ai funerali di Benedetto Nardacci, celebrati questa mattina nella chiesa di Santa Maria del Carmelo in Traspontina, colma di colleghi, amici e parenti. Benedetto Nardacci è stato annunciatore e radiocronista per circa 40 anni della Radio Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano: innumerevoli le celebrazioni papali che ha seguito, dagli anni del Concilio, con Papa Giovanni XXIII fino al Grande Giubileo con Papa Giovanni Paolo II.

    E’ significativo che se ne sia andato proprio la mattina di Pasqua e proprio nei giorni che precedono la canonizzazione dei due Papi che tanto ha seguito da cronista. Impossibile non citare la memorabile radiocronaca diretta dell’udienza generale del 13 maggio 1981, quando Giovanni Paolo II fu colpito da Ali Agca. Maestro di professionalità e di misura per tanti di noi, sempre affabile e cortese, spiritoso ed attento a tutto ciò che lo circondava, ha sostenuto per anni, con serena sopportazione cristiana, gli esiti di una lunga malattia. La sua splendida voce mai venata di protagonismo è sempre stata a servizio della Buona Notizia e della sua diffusione. (A cura di Laura De Luca)

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    Oggi in Primo Piano



    Crisi ucraina. Mosca pronta all’uso delle armi se minacciati propri interessi

    ◊   La Russia è pronta a rispondere alla crisi ucraina come ha già fatto in Georgia nel 2008, se i suoi interessi saranno attaccati. Lo ha affermato il ministro degli Esteri di Mosca, Lavrov. Già nell'estate 2008 si svolse una guerra di pochi giorni tra i due Paesi. Preoccupazione è stata espressa dagli Stati Uniti, mentre è ripartita l’offensiva militare di Kiev, contro i separatisti, nelle regioni dell’Est. Massimiliano Menichetti ha intervistato Sandro Teti, esperto dell’area, autore ed editore del libro: “Julija Timošenko, la conquista dell’Ucraina”:

    R. – E’ un’escalation pericolosa che comunque non porterà in alcun modo all’attacco della Russia, non porterà in alcun modo ad un intervento militare statunitense o della Nato: questo è stato più volte da loro ribadito. Bisogna pacificare il Paese, pacificarlo non con le armi. Quindi, o si garantisce ampia autonomia a tutti, attraverso una nuova costituzione federalista, oppure bisognerebbe pensare a un Paese perennemente instabile, dove forse sarebbe meglio che la parte orientale si stacchi e il resto del Paese – divenuto a questo punto più omogeneo – possa decidere se entrare o meno nell’Unione Europea.

    D. – Sia gli Stati Uniti, sia l’Unione Europea minacciano nuove sanzioni nei confronti della Russia…

    R. – Io credo che le sanzioni siano un boomerang, soprattutto per l’Europa, molto meno per gli Stati Uniti, perché noi importiamo da un lato il gas ma soprattutto vedremmo, con queste sanzioni, un pesante ridimensionamento delle esportazioni verso la Russia.

    D. – Anche per capire la composizione dell’Ucraina: lei la divide, in sostanza, in quattro parti…

    R. – Gli ucraini occidentali fino al 1945 non hanno fatto parte dell’Unione Sovietica: il loro sguardo è rivolto più all’Europa, per loro sarebbe naturale un’entrata nell’Unione Europea. Poi, abbiamo quella parte dove c’è Kiev, la parte più continentale del Paese: c’è molto bilinguismo, si parla russo e si parla ucraino. Poi, la parte meridionale, la zona costiera con Odessa, che è di lingua prevalentemente russa, molto meno schierata con una parte o con l’altra, e poi abbiamo la parte orientale, quella che adesso è teatro di questi scontri, vicina invece alla Russia e che guarda alla Russia. Molti sono proprio russi, non filorussi: sono russi etnici.

    D. – Lei ribadisce una situazione in cui si stanno usando due pesi e due misure. Perché?

    R. – Per esempio, il fatto del disarmo delle milizie in Ucraina orientale: bene, nel cuore della capitale ci sono ancora milizie che non sono state disarmate. Quindi, la situazione è più complessa rispetto a quella che viene riportata dai media italiani ed europei.

    D. – Anche nell’informazione sembrerebbe essere in atto uno scontro tra Kiev e Mosca…

    R. – Sì, c’è questa lotta importantissima, con una copertura mediatica impressionante, continua, sui canali “All News Russia”, su tutti gli altri canali che vengono visti lì. E' altrettanto vero che dall’altra parte c’è una speculare e feroce propaganda antirussa sui canali ucraini. Una lotta alla quale entrambi i contendenti stanno dedicando grandi risorse.

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    Hamas e Fatah: si lavora per un governo di unità palestinese

    ◊   Un governo di unità nazionale "entro cinque settimane". E' l'accordo inter-palestinese siglato tra Hamas e Fatah, riuniti assieme ad altre fazioni palestinesi nelle ultime ore a Gaza. L’esecutivo dovrebbe essere presentato il prossimo primo giugno, con un durata di sei settimane, giusto il tempo di preparare le elezioni generali, previste per il gennaio 2015. La frattura tra Fatah e Hamas risale al 2007, quando – dopo mesi di scontri con le forze fedeli al presidente palestinese, Mahmoud Abbas – il movimento islamista prese i controllo della Striscia di Gaza. Da allora, l'esecutivo legato al presidente Abbas guida la Cisgiordania. Giada Aquilino ha chiesto un commento a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Firenze:

    R. – Un accordo che innanzitutto è politico, cioè la volontà di ricominciare a fare delle cose insieme. E un’intesa tra le due principali componenti del mondo palestinese per presentarsi insieme a discutere, e quindi firmare, un eventuale accordo di pace con Israele. Anche perché Israele non può firmare un’intesa con un’Autorità palestinese della West Bank, automaticamente dimezzata.

    D. – Però Israele, con il premier Netanyahu, ha già detto che il presidente palestinese deve scegliere tra la riconciliazione con Hamas e la pace con lo Stato ebraico…

    R. – In verità, Netanyahu non può dettare la composizione dell’Autorità palestinese, esattamente come Abu Mazen non può dettare la composizione del governo di Israele. Si discute con il proprio interlocutore, il quale si forma secondo le proprie regole e le proprie necessità. Comunque, bisogna aspettare poi i risultati concreti dell’intesa e i tempi della sua attuazione.

    D. – Un esecutivo palestinese avrebbe ora il compito, di fatto, di preparare le prossime elezioni palestinesi. Come si presentano?

    R. – Sono elezioni doppie, perché devono eleggere – in quanto scaduti da un pezzo – sia il parlamento, sia il presidente dell’Autorità palestinese. Immagino che poi debbano riformare leggi elettorali e quant’altro. Soprattutto, questa sarebbe sia per il parlamento sia per la presidenza l’uscita di scena della vecchia guardia, perché credo che Abu Mazen non si ripresenterà e con lui andrebbe via la generazione dei tempi di Arafat.

    D. – Finora, tutti i tentativi per mettere fine alla frattura tra Hamas e Fatah sono falliti. Che prospettive ci sono in questo momento?

    R. – Concrete, perché quello che arriva dai palestinesi un po’ ovunque, nei Territori ma anche forse da fuori, è la volontà di una unità nazionale che porti passi piccoli, ma concreti e comunque unitari.

    D. – E a questo punto, che prospettive ci sono per i negoziati con gli israeliani?

    R. – Tutto dipende dalla situazione internazionale, da come i palestinesi si presenteranno insieme, dalle rassicurazioni che Hamas dovrà dare sia all’altro partner sia al mondo, e quindi dalla credibilità che acquisteranno.

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    Usa. La Corte suprema dice no a "quote razziali" nei college del Michigan

    ◊   Sta facendo discutere negli Stati Uniti la decisione, presa a maggioranza, della Corte suprema che ha detto “no” alle quote razziali tra i criteri di ammissione alle università dello Stato del Michigan.Secondo alcuni movimenti per i diritti civili, questa scelta rappresenta un indebolimento della difesa delle minoranze. Critica anche la stessa giudice, Sonia Sotomayor, che ha espresso il suo dissenso in 59 pagine replicando ai colleghi secondo i quali "il miglior modo per fermare le discriminazioni razziali è proprio quello di dire basta alle discriminazioni sulla base della razza". Debora Donnini ha intervistato Dennis Redmont, giornalista, dirigente del Consiglio per le relazioni fra Italia e Stati Uniti:

    R. – Nel 2006, lo Stato del Michigan ha fatto un referendum dove ha deciso di terminare questa politica della Affirmative Action. Ma non è stato il solo Stato. Ci sono stati altri Stati come la California che hanno messo a fine questo programma che incoraggia la diversità. Che cosa è successo? In Michigan, uno dei tribunali ha rovesciato (il risultato - ndr) e la Corte suprema ha deciso nuovamente che non si doveva dare la precedenza a queste “preferenze razziali”. I giudici si sono divisi dicendo che non si deve o si deve continuare, a seconda delle ragioni di ciascuno.

    D. – Pensa sia ancora necessaria questa presenza delle quote razziali nelle università oppure in alcuni Stati, come in Michigan, non serva più?

    R. – In America questo è servito, ma credo che il suo tempo sia ormai passato. Si dovrebbero però inserire dei meccanismi che possano incoraggiare la diversità, perché si è visto che se la giustizia non interviene, alcune istituzioni – soprattutto le università pubbliche – non privilegiano la diversità. Per questo, alcune istituzioni in America, come per esempio le scuole di élite, le accademie militari o altre, utilizzano ancora l’Affirmative Action. Questo rappresenta, secondo me, un lento ritorno alla competitività pura e semplice. E in America ormai con un presidente afroamericano è stato superato (questo problema - ndr) e dimostrato che le considerazioni razziali siano molto meno importanti rispetto a quelle degli Anni ’60-’70-’80-’90…

    D. – È anche vero che, da un punto di vista economico, nell’accesso ai college sono probabilmente favorite quelle persone che non appartengono a gruppi di minoranza…

    R. – Ha ragione. Il professore Tushnet, un grande costituzionalista, dice che questa misura della Corte annulla i diritti della minoranza ed è troppo favorevole ai bianchi. Per questo, alcuni meccanismi devono ancora essere messi a punto, come ad esempio utilizzare borse di studio per incoraggiare la diversità ma senza imporre le quote. Quindi, la mia impressione è che con l’offerta di borse di studio o di incentivi si può ovviare il problema che alcune classi meno abbienti non possano andare all’università.

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    Giappone, visita di Obama. L'esperto: tra Usa e Cina equilibri in movimento

    ◊   Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è giunto in Giappone, prima tappa del suo tour asiatico, che lo porterà anche in Corea del Sud, Malaysia e Filippine. Obiettivo della missione è quello di riaffermare il ruolo strategico di Washington in Asia, anche in un'ottica di riequilibrio nell’area Pacifico e di contenimento della potenza cinese. Emblematico l’accordo di difesa comune tra Usa e Giappone in caso di aumento delle tensioni per le isole Senkaku – Diaoyu per Pechino – amministrate da Tokyo ma rivendicate anche dalla Repubblica Popolare. Sui motivi del viaggio di Obama, Giancarlo La Vella ha intervistato lo storico Giuseppe Mammarella, esperto di Stati Uniti:

    R. – L’Estremo Oriente rimane, sempre insieme al Pacifico, la zona di maggiore interesse per gli Stati Uniti data la grande ascesa della Cina, che naturalmente è conflittuale nei confronti del Giappone ma anche nei confronti di una serie di altri Paesi. Nel Giappone, l’America ha un alleato deciso a contenere non solo le tensioni, ma anche i tentativi della Cina di allargarsi nella zona. Basti pensare ai conflitti per le isole Senkaku. Quella di Obama è una presa di posizione congiunta con Abe, che ha una grande importanza e certamente non piacerà a Pechino, perché la Cina ha una posizione un po’ particolare, non c’è dubbio che vi sia un forte istinto nazionalista. Ma Pechino ha anche una necessità di carattere economico impellente, perché attraverso il Mar della Cina meridionale passano tutte le rotte commerciali che sono vitali per l’economia cinese.

    D. – Quindi, tra Washington e Pechino è un confronto sul piano commerciale, ma mascherato dal confronto politico territoriale?

    R. – Accentuerei il confronto politico e territoriale, perché quando due Paesi come il Giappone e gli Stati Uniti affermano che nel caso di un attacco cinese ci sarebbe una risposta comune è una cosa a cui un Paese come la Cina, che è un Paese emergente, non può rimanere indifferente. Quindi, si sta entrando forse in una fase di confronto tra la Cina e gli Stati Uniti.

    D. – Guardando anche a quanto sta avvenendo in Ucraina, secondo lei si sta tornando una politica di blocchi contrapposti?

    R. – Non direi che siamo alla vigilia di una nuova Guerra fredda. Siamo alla vigilia di una situazione in cui i rapporti, soprattutto tra le due grandi superpotenze – anzi, mettiamoci anche la Russia – entrano forse in una fase nuova. Non credo che la Cina sia ancora pronta per una posizione di forza militare.


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    Giornata mondiale del libro. In Italia si legge poco ma esistono isole felici

    ◊   Secondo gli ultimi dati, nel 2013 solo il 43% degli italiani ha dichiarato di aver letto almeno un libro. Non sono dati confortanti, soprattutto per chi ha deciso di aprire una piccola libreria. Eppure, l’esperienza di Cristina Di Canio, proprietaria della libreria indipendente “Il mio libro” a Milano, intervistata da Alessia Carlozzo, insegna che il fenomeno come quello del “libro sospeso” sia un piccolo miracolo perfetto per celebrare la Giornata mondiale del libro:

    R. – Vivo forse in un’isola felice, tutta lilla, in una zona non di passaggio, dove c’è una sorta di selezione naturale e dove passano persone che hanno davvero ancora voglia di leggere e leggono ben più di un libro al mese. Quindi, in realtà, credo che la voglia delle persone sia quella di trovarsi in un posto un po’ più umano, meno asettico, dove le persone ti conoscono, sanno che cosa può piacerti e cosa no e spendono per te magari quei cinque, dieci minuti del loro tempo anche solo per una chiacchierata. Ad esempio, nella mia libreria si punta tanto a questo: ci si chiama per nome. Il libro non è un prodotto qualsiasi: è fatto di storie, di emozioni, di sogni. Secondo me, non lo si può trattare allo stesso modo di altri prodotti. Quindi, il supermercato del libro ha senso per la comodità, ma si va a perdere – vedi poi con i dati che danno le statistiche – quello che è il vero significato dei libri e quello che ti possono dare.

    D. – Nel panorama attuale, dove appunto solo il 43% degli italiani ha dichiarato nel 2013 di avere letto un libro, come nasce l’idea e il successo dell’iniziativa del "libro sospeso"?

    R. – E’ stata una cosa assolutamente spontanea. Magari l’avessi studiata io a tavolino, perché secondo me è un’idea geniale, alla quale non sarei mai arrivata da sola. E proprio perché qui ti senti un po’ a casa, ti senti anche libero di proporre delle idee nuove e c’è un continuo scambio. E’ successo quindi a una presentazione – con tra l’altro un cliente visto per la prima volta – che è venuto, ha comprato il libro della presentazione e poi è andato a uno scaffale che io gestisco insieme a un comitato segreto, dove ci sono libri consigliati da leggere, e ha preso "David Golder" di Némirovsky. Quando però è venuto in cassa l’ha pagato dicendomi: “Lo lascio qui e domani lo regali a chi vuoi”. Gesto, secondo me, da folle. E poi mi ha detto: “Guarda, mi farebbe piacere che tu domani lo donassi a un tuo cliente; decidi tu”. Io ho lasciato scegliere al caso. Me l’ha lasciato come un caffè, che lasci pagato per qualcun altro. E quindi ho preso un post-it; ho usato il linguaggio di oggi, ossia il cancelletto, il famoso hashtag di Twitter, e ho scritto “libro sospeso”, perché effettivamente era una sorta di libro sospeso per qualcuno. E ho deciso, però, di far scegliere al destino. Mi sono detta: “La prima persona che entra in libreria, dopo la donazione, riceverà il libro”. E così è stato. La ragazza che l’ha ricevuto – tra l’altro mia cliente affezionata – ha poi a sua volta deciso di sospenderne un altro, perché è rimasta piacevolmente sorpresa dal dono di uno sconosciuto. Una catena di libri sospesi e lettori sconosciuti che si regalano romanzi è, secondo me, una delle cose più belle che possa succedere nelle librerie.

    D. – Oggi, è la Giornata mondiale del libro, qual è il messaggio, come proprietaria di una piccola libreria, che senti di dare a chi ancora frequenta poco le librerie o si barrica dietro la scusa di non avere abbastanza tempo per la lettura?

    R. – Il libro ti permette di viaggiare, di conoscere posti in poco tempo, perché come giustamente dicevi prima tu stiamo tutti a dire che non abbiamo tempo: “Devo fare altro, devo lavorare, non posso farcela”. Invece, il libro ti permette di viaggiare dove non puoi, di conoscere sensazioni ed emozioni che probabilmente durante la tua giornata non conosceresti e di conoscere persone. La libreria, infatti, è un luogo fisico, dove ci sono altri lettori che possono avere i tuoi gusti o meno, dove possono esserci degli scambi, dei confronti. Ad esempio, oggi, per la Giornata mondiale del libro, la mia libreria è diventata come le librerie di Barcellona: per ogni lettore che entra ed acquista un libro, viene donata una rosa rossa, proprio come ringraziamento.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Gregorio III: un vero crimine la distruzione delle chiese di Maalula

    ◊   La distruzione delle chiese di Maaloula è stata definita "un vero crimine di guerra" dal patriarca di Antiochia dei greco-melchiti cattolici Gregorio III Laham, che domenica scorsa ha potuto visitare lo storico villaggio cristiano, riconquistato dall'esercito siriano al Fronte islamico al-Nosra”. E' il mistero dell'iniquità che si vede all'opera", ha detto ancora, non trovando parole abbastanza forti per tradurre i sui sentimenti davanti allo spettacolo di desolazione che gli si è offerto.

    Il patriarca greco-cattolico ha visitato il villaggio insieme con il patriarca greco-ortodosso Youhanna Yazigi e con i rappresentanti del patriarcato siriaco-ortodosso, armeno-ortodosso e siriaco-cattolico, accompagnati da alcuni giornalisti e da uomini della sicurezza. E poco dopo ha anche reso visita al capo di Stato siriano, anch'egli in visita al villaggio. "Ci si è presentato uno spettacolo apocalittico. Altre chiese sono state distrutte in Siria, ma io non ho mai visto cose così. Ho pianto e ho cercato inutilmente un momento di solitudine per pregare. Sono affranto", ha detto ancora il prelato.

    “Le quattro chiese storiche di Maaloula sono state colpite. La nostra chiesa parrocchiale, dedicata a san Giorgio, è crivellata di colpi. La cupola del convento è lesionata in due punti. Le mura sono sventrate dalle cannonate. Alcune parti del convento rischiano di crollare e debbono essere ricostruite. Le icone sono sparse a terra, sporcate o rubate. Attualmente è del tutto inabitabile”. “Nel convento dei santi Sarkis e Bakhos, lo storico altare pagano, convertito in altare cristiano, il solo di tale tipo, è rotto in due”. Lo stesso spettacolo di devastazione si offre agli sguardi nelle chiese di sant'Elia e santa Tecla, del patriarcato greco-ortodosso.

    A giudizio di Gregorio III, la devastazione di Maaloula è "un crimine organizzato" e "un vero crimine di guerra". La Carta di Londra (1946) definisce crimini di guerra "il saccheggio di beni pubblici o privati, distruzione senza motivo di città e villaggi, o la devastazione non giustificata da esigenze militari". Con amarezza, Gregorio III accusa il mondo occidentale di essere cieco sulla verità della guerra in Siria. Secondo lui, non si è assolutamente di fronte a una "guerra siriana" o a una "guerra civile". Certo, c'è una parte del conflitto che oppone i musulmani tra loro, ma non è una guerra islamo-cristiana. E' "un crimine organizzato". (R.P.)

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    Iraq: il patriarca Sako chiede di superare lo spirito di intolleranza

    ◊   Superare lo spirito di intolleranza, la chiusura mentale nel campo della fede ed il concetto di religione al servizio della politica e delle ideologie assegnandole invece un ruolo chiave nell’ambito della risoluzione dei conflitti politici e sociali. È in sintesi quanto il patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, ha detto nel corso di un recente incontro con diverse associazioni attive nei campi del dialogo interreligioso e del consolidamento della pace e dell’impegno civile, tenutosi nella capitale irachena, Baghdad.

    Una tale azione da parte dei religiosi dovrebbe, si legge nel sito Baghdadhope ripreso dall'agenzia Sir che riporta la notizia, essere veloce e diretta con l’aiuto di programmi ad hoc e gruppi pronti ad operare nei diversi gruppi della società irachena. Essenziale è la cooperazione e per questo Mar Sako ha proposto una conferenza stampa che unisca la presidenza dell’Iraq ed i suoi capi religiosi, e che porti alla pubblicazione di un comunicato congiunto a favore della rinuncia alla violenza e che faccia appello alla pace ed alla fratellanza tra tutti.

    Un’altra proposta emersa dalla riunione è quella di concentrarsi su un’educazione aperta al diverso nell’ambito scolastico ed universitario che formi giovani rispettosi del pluralismo e del concetto di cittadinanza che comprende tutte le parti della società irachena a prescindere dalla loro appartenenza religiosa. (R.P.)

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    Canonizzazioni: esposizione al Bambino Gesù della reliquia di Giovanni Paolo II

    ◊   In occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, da sabato 26 a domenica 27 aprile, verrà esposta al Bambino Gesù di Roma la reliquia di Papa Wojtyla, conservata nella cappella dell'Ospedale Pediatrico dal giorno della sua morte. Si tratta, informa un comunicato dell’Ospedale, di una piccola ampolla, inserita in un reliquiario, contenente il sangue di Giovanni Paolo II. Negli ultimi giorni della sua malattia, il personale medico addetto compì prelievi di sangue da mettere a disposizione del Servizio Immunotrasfusionale dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in vista di un'eventuale trasfusione. La trasfusione non ebbe poi luogo e il sangue prelevato fu conservato in quattro piccoli contenitori: due di questi rimasero a disposizione del segretario particolare del futuro Santo, il card. Stanislaw Dziwisz; gli altri due vennero custoditi con devozione presso l'Ospedale, di proprietà della Santa Sede.

    Giovanni Paolo II fece visita ai piccoli pazienti dell'Ospedale Pediatrico il 7 gennaio 1979. Ad inaugurare la tradizione delle visite dei Pontefici al Bambino Gesù fu Giovanni XXIII, che domenica sarà canonizzato insieme con Karol Wojtyla. La reliquia di Giovanni Paolo II verrà esposta a partire dal pomeriggio di sabato 26 aprile, in occasione della Santa Messa delle ore 17. Domenica 27 l'esposizione avrà luogo dalle 8.30 fino alle 19. Insieme all'ampolla con il sangue di Giovanni Paolo II, nella cappella del Bambino Gesù verrà mostrata anche la "papalina" di Giovanni XXIII, il copricapo che il “Papa Buono”, in una delle visite all'Ospedale Pediatrico, depose giocosamente sulla testa di uno dei piccoli degenti.

    Pazienti e familiari presenti in ospedale potranno seguire la diretta delle canonizzazioni trasmessa dalle reti televisive pubbliche sugli schermi delle camere e delle sale d'attesa. In vista del massiccio afflusso di fedeli nella capitale, da sabato 26 a lunedì 28 aprile, il Pronto Soccorso del Bambino Gesù sarà unità di crisi pediatrica di riferimento. (A.G.)

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    Dialogo con gli ebrei: convegno di sant'Egidio "Da Giovanni XXIII a Francesco"

    ◊   “Da Giovanni XXIII a Francesco: ebrei e cristiani in dialogo” è il tema del convegno organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio che si svolgerà a Roma lunedì 28 aprile, presso la sala convegni di via della Paglia 14/b, con inizio alle ore 10. Il giorno successivo alla canonizzazione - riferisce l'agenzia Sir - nella prima sessione di lavoro presieduta da Marco Impagliazzo, i rapporti di san Giovanni Paolo II con gli ebrei saranno esaminati da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, dal card. Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la promozione dell‘unità dei cristiani e presidente emerito della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo, e dai rabbini Riccardo Di Segni e David Rosen.
    Nella sessione pomeridiana, presieduta da mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone, interverranno il card. Kurt Koch sul tema “Dal Concilio Vaticano II: una storia di dialogo”, il direttore generale del Gran Rabbinato d’Israele Oder Wiener (“I viaggi dei Papi in Israele”) e lo storico Marco Roncalli (“Giovanni XXIII e gli ebrei”). Il rabbino Abraham Skorka, argentino, amico da lunga data di Papa Francesco, concluderà i lavori intervenendo sul tema “Papa Francesco e gli ebrei”. (R.P.)

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    Unicef: in Sud Sudan la sofferenza dei bambini di Bentiu per la mancanza di acqua

    ◊   Più di un milione di persone è sfollato a causa del conflitto in Sud Sudan. Secondo l’Unicef, decine di migliaia di persone fuggite la scorsa settimana dalle violenze etniche mirate a Bentiu, ricevono un solo litro di acqua potabile al giorno nella base delle Nazioni Unite, disperatamente sovraffollata.

    Per l’Unicef questo afflusso - più di 10.000 persone arrivate la scorsa settimana, che portano la popolazione del sito della Missione di Protezione dei civili delle Nazioni Unite a circa 23.000 persone – unito alla continua insicurezza e all'inizio della stagione delle piogge - ha creato una pressione insostenibile sulla risposta di emergenza.

    “Coloro che sono sopravvissuti alle violenze terribili devono ora affrontare il rischio reale di contrarre fatali epidemie di malattie causate dall’acqua” - ha detto il rappresentante dell'Unicef in Sud Sudan, Jonathan Veitch - "I bambini hanno subito violenze indicibili. Non devono continuare a soffrire in luoghi che dovrebbero fornire loro sicurezza”.

    I camion che portano acqua fresca ogni giorno al campo devono affrontare tragitti poco sicuri e spesso vengono bloccati su strade fangose dalle forti piogge; queste ultime hanno anche reso inagibili un certo numero di latrine al campo, dove ora è utilizzabile una latrina ogni 350 persone. Molti dei partner umanitari dell'Unicef hanno dovuto lasciare la zona a causa della situazione di insicurezza.

    L' Unicef ha mantenuto il personale a Bentiu e sta rapidamente rispondendo ai bisogni più urgenti, come nuovi pozzi per l'acqua e la costruzione di nuove latrine. Tuttavia, il lavoro dell’Unicef è ostacolato dalla mancanza di fondi e dalla difficoltà di raggiungere le popolazioni. L'Unicef continua a chiedere a coloro che occupano posizioni di comando e di leadership di tenere i bambini fuori dai pericoli e di garantire un accesso sicuro al lavoro umanitario. (R.P.)

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    Centrafrica: Be-Oko, la radio che parla a cristiani e musulmani

    ◊   Un’emittente che favorisca la riconciliazione tra cristiani e musulmani: è il proposito di Radio Be-Oko (Un cuore solo, in lingua sango) i cui microfoni a Bambari, nel centro del Paese, danno voce alla speranza e alla volontà di pace. Organizzati in locali allestiti in vecchi container - riferisce l'agenzia Misna - i giornalisti dell’emittente hanno a disposizione pochi mezzi: qualche computer, microfoni recuperati qui e là, vecchie apparecchiature per la trasmissione e registrazione. Ma tanto basta per lanciare nell’etere messaggi di riappacificazione, tolleranza e convivenza pacifica.

    In un momento in cui il Centrafrica – teatro di un colpo di Stato lo scorso anno e oggi alle prese con gravi violenze intercomunitarie e interreligiose – vacilla sull’orlo del baratro, Radio Be-Oko raccoglie una sfida difficile.

    “I ribelli Seleka hanno portato via tutto” racconta uno dei giornalisti, “ e la radio non è stata risparmiata. Hanno rubato e devastato, portando via lettori, computer e altro materiale necessario al buon funzionamento dell’emittente”. Originariamente cattolica, la radio è diventata multiconfessionale per volontà del vescovo locale, mons. Eduard Mathos che ha chiesto a turno ai leader delle diverse confessioni religiose di prendere il microfono per evitare che le violenze in corso in altre parti del Paese si diffondano anche nella zona.

    Insieme, le tre comunità, cattolica, musulmana e protestante, mettono a disposizione il carburante per i generatori che forniscono energia alla radio, unica emittente della città e del circondario, che trasmette solo due ore al giorno, tra le 17.30 e le 19.30.

    Anche a Bambari, città mista dove le comunità hanno vissuto finora in armonia, diversamente dalla capitale Bangui e da altre zone del Centrafrica, gli echi delle violenze cominciano a farsi sentire. Gli Anti-Balaka, milizie di autodifesa sorte in contrapposizione ai musulmani di Seleka, hanno causato le prime vittime a Grimari, circa 80 chilometri di distanza, seminando il panico tra la popolazione di fede islamica.

    Nonostante continui a professare appelli alla calma, anche il presidente della comunità islamica della città avverte: “Se attaccati, i nostri si difenderanno – ha detto – ci sono machete in tutti i negozi, armarsi non sarà difficile”. (R.P.)

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    Vietnam: nuova epidemia di morbillo

    ◊   Adulti e bambini stanno affollando l’Istituto Pasteur di Ho Chi Minh per cercare vaccini contro il morbillo che in questi giorni ha causato, nel Paese, 123 vittime, tutti minori. Gli ultimi dati comprendono tre casi segnalati lunedì nella provincia centro-nord di Nghe An, dove, dal febbraio scorso, 158 bambini sono stati ricoverati in ospedale per il trattamento del morbillo. Un bollettino di informazione governativa - riferisce l'agenzia Misna - ha invitato la popolazione a vigilare e a prendere precauzioni poiché la malattia si è estesa in 61 delle 63 provincie del Paese.

    La maggior parte delle vittime, 111, sono state registrate nel reparto di pediatria dell’ospedale centrale di Hanoi e nelle provincie vicine. Un rapporto del ministero, aggiornato al 20 aprile, ha confermato nel Paese 3.430 casi di morbillo e oltre 8.440 casi sospetti.

    Mentre un gran numero di genitori, spaventati della serie di morti connesse con il vaccino – 5 in 1 Quinvaxem -, distribuiti nel 2012, si sono rifiutati di amministrare il vaccino ai propri figli, anche quello contro il morbillo, altri hanno detto che lo hanno cercato presso i Centri medici locali ma le scorte erano esaurite.

    Nguyen Tran Hien , presidente del Programma nazionale di vaccinazione, ha detto che il vaccino contro il morbillo viene prodotto in Vietnam con il patrocinio del Giappone e fino ad ora, con oltre 100 milioni di somministrazioni fatte, non si è verificato nessun caso di morte o di complicazione. Nei giorni scorsi, il numero delle persone in cerca di vaccino, a pagamento, presso l’Istituto Pasteur è aumentato: più di 120 l’11 aprile, quasi 450 il 18 aprile e oltre 600 il giorno successivo.

    La nuova epidemia fa seguito a quella avvenuta nel 2009-2010. Una campagna di vaccinazione nazionale sponsorizzata dall’Unicef e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ( Oms) si era proposta di eliminare il morbillo entro il 2012. Purtroppo, secondo i dati dell’Oms, il 15% dei bambini vaccinati hanno preso solo la prima dose e non hanno ricevuto il richiamo, previsto dopo 12 mesi.

    Accuse di inefficienza e di nascondere i dati reali del problema sono state fatte agli apparati governativi incaricati anche via Internet. Molte madri hanno usato foto e messaggi su Facebook e su siti web per segnalare l’epidemia.

    Il ministero della sanità del Paese ha fatto sapere, in questi giorni, che è in corso un nuovo programma di vaccinazione e circa 23 milioni di bambini e adolescenti, con meno di 14 anni, saranno vaccinati entro il 2017.

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    Jakarta. Conferenza sui boat people: chiesto più impegno internazionale

    ◊   Si è concluso ieri nella capitale indonesiana Jakarta, dopo due giorni di comunicazioni e colloqui, il seminario internazionale sulla Protezione dei movimenti irregolari di persone sul mare che ha raccolto e coordinato funzionari provenienti da 14 Paesi (tra i quali Indonesia, Malesia, Iran, Bangladesh, Australia, Cambogia, Thailandia Nuova Zelanda e Pakistan), oltre che di diverse organizzazione internazionali, incluse, oltre all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), anche l’Organizzazione internazionale delle migrazioni e l’Ufficio Onu per le droghe e il crimine (Unodc). Il fenomeno, infatti - riferisce l'agenzia Misna - ha una molteplicità di ragioni e rotte e coinvolge necessità, ma anche organizzazioni capillari e potenti. A questo proposito, ai delegati gli organizzatori hanno chiesto di proseguire sulla via indicata dalla Dichiarazione di Jakarta dell’agosto 2013 che ha al centro prevenzione, individuazione tempestiva e repressione.

    Per questo, l’evento ha segnalato ai partecipanti la necessità di far proseguire le iniziative avviate, ma ancor più concretizzarne di nuove e di più efficaci al fine di creare risposte standard a una vasta gamma di possibilità d’intervento, in particolare nelle situazioni di emergenza.

    Il seminario si è tenuto in un tempo di rinnovata tensione tra Indonesia e Australia sulle modalità con cui affrontare il flusso di irregolari in transito dal primo Paese per raggiungere il secondo e chiedervi asilo in attesa di una ricollocazione. Un elemento centrale ormai nei rapporti tra le due diplomazie. In concreto, il disaccordo sulle responsabilità e sulle competenze che riguarda un flusso di persone in buona parte provenienti dal Medio Oriente, ma sempre più anche da aree di conflitto dell’Africa orientale o settentrionale, oltre che dal Sud-Est asiatico, che si imbarcano dalle coste indonesiane per l’ultimo tratto verso un approdo australiano mentre Canberra ha ormai chiuso le porte a ogni arrivo non regolamentato e attua una politica di detenzione in aree offshore per quanti sono fermati, risulta in politiche altalenanti e pericolose per la sicurezza dei migranti. (R.P.)

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    Sud Corea. La Chiesa cattolica continua a crescere: i fedeli sono il 10,4% della popolazione

    ◊   La Chiesa cattolica coreana continua a crescere. Nel 2013 sono aumentati i fedeli e i sacerdoti, anche se sono diminuiti i matrimoni religiosi e la frequenza alla Messa domenicale. È quanto emerge dalle Statistiche della Chiesa cattolica 2013, pubblicate oggi dalla Conferenza episcopale nazionale.

    Secondo i dati, aggiornati al 31 dicembre 2013 - riferisce l'agenzia AsiaNews - il numero totale dei cattolici in Corea è 5.442.996: si tratta di un aumento dell'1,5% (ovvero 81.627 persone) rispetto all'anno precedente. In totale, i cattolici rappresentano il 10,4% della popolazione. Il numero è aumentato in maniera consistente sin dal 2003. I fedeli maschi sono 2.250.015 (il 41,3% del totale) mentre le donne sono 3.192.981 (il 58,7%).

    Fra le 15 diocesi (più l'Ordinariato militare) del Paese, l'arcidiocesi di Seoul è quella con la più alta percentuale di cattolici: il 27,1% di tutti i fedeli coreani vive qui. Subito dopo vengono la diocesi di Suwon (15,2%), l'arcidiocesi di Daegu (8,8%) e la diocesi di Incheon (8,7%). Il numero totale dei fedeli che vivono nell'area metropolitana di Seoul (che comprende la capitale, Incheon, Uijeongbu e Suwon) si attesta al 56,1% dell'intera popolazione cattolica del Paese.

    Il numero di battezzati nel 2013 ha toccato le 118.830 unità, un calo del 10% rispetto all'anno precedente. I battezzati maschi sono stati 63.285, mentre le femmine sono state 55.545. I neonati battezzati sono stati 25.589.

    Per quanto riguarda il clero, la Chiesa coreana conta 4.901 sacerdoti: fra questi 36 vescovi e due cardinali. I sacerdoti coreani sono 4.695, mentre gli stranieri sono 170. Ci sono 3.995 sacerdoti diocesani, 697 sacerdoti religiosi e 173 missionari. Nel 2013 sono stati ordinati 117 sacerdoti, un aumento del 2,6% rispetto all'anno precedente. I religiosi (non sacerdoti) maschi sono 1.564, inclusi novizi e coloro che hanno emesso voti temporanei, mentre le religiose sono 10.173.

    Il numero dei matrimoni celebrati in chiesa è 19.424, una diminuzione del 6,2% rispetto al 2012. Di questi, 11.926 sono stati celebrati fra un battezzato e un non battezzato. Al sacramento della Confessione si sono accostati nell'anno 4.665.194 fedeli, in diminuzione del 4,7% rispetto all'anno precedente. La media di partecipazione dei fedeli alla messa domenicale è stata del 21,2% su base totale, in calo dell'1,5%. (R.P.)

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    Canada: i vescovi chiedono di tutelare la sacralità della vita

    ◊   La politica promuova il bene comune e la società tuteli la sacralità della vita umana, dal concepimento e fino alla morte naturale: questo, in sintesi, l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale canadese (Cccb) in una lunga lettera inviata al primo ministro Stephen Harper. “La vita politica – scrivono, nello specifico, i presuli – ha come obiettivo ultimo, quello di promuovere il bene comune, non solo dei cittadini canadesi, ma anche del mondo intero”.

    Nell’esercizio “del dialogo e della comprensione reciproca”, dunque, la Chiesa di Ottawa esprime la sua preoccupazione” per la “svalutazione della vita umana che si riscontra nel Paese, soprattutto riguardo il suo inizio e la sua fine”, mettendo in guardia dalla “mancanza di rispetto per i nascituri e le persone in fin di vita”, che potrebbe portare a “negare la dignità intrinseca di ogni essere umano”. La Conferenza episcopale, poi, allarga lo sguardo all’attualità nei cinque continenti e sottolinea “i gravi problemi” che si riscontrano nel campo “dell’economia, del lavoro, dell’ambiente, dei diritti delle persone autoctone, della sicurezza delle popolazioni” in tutto il globo.

    Nel dettaglio, in riferimento all’Africa, i vescovi canadesi citano i drammi del Rwanda a vent’anni dal genocidio, della Repubblica Centrafricana e della Nigeria, Paesi in cui la religione viene strumentalizzata per giustificare i conflitti. Per il Camerun, i presuli lanciano un appello per la liberazione di Sr. Gilberte Bussière, canadese, rapita i primi di aprile insieme a due sacerdoti italiani, don Giampaolo Marta e don Gianantonio Allegri.

    Pensando all’Asia, poi, la Cccb ringrazia il governo per gli aiuti inviati in Siria, devastata da un lungo conflitto, e per tutti gli sforzi compiuti per tutelare la libertà religiosa in Medio ed Estremo Oriente. Al contempo, la lettera episcopale chiede all’esecutivo di “semplificare le procedure di immigrazione per i rifugiati che vogliono raggiungere il Canada e di assicurare loro il servizio sanitario”.

    Riguardo all’America Latina, i vescovi di Ottawa fanno proprio l’appello alla pace in Venezuela, lanciato recentemente da Papa Francesco; quindi, chiedono al premier Harper di garantire che le aziende canadesi che operano nel continente rispettino “l’ambiente, i popoli autoctoni, le comunità locali”, senza far prevalere “gli interessi personali” nei processi di estrazione mineraria e di deforestazione dell’Amazzonia.

    Guardando all’Europa, la Cccb ringrazia il governo per “aver difeso la sovranità ed i diritti dell’Ucraina”, Paese in cui si registra una grave crisi politica con la Russia, e ricordano l’appello del Pontefice a ricorrere alla via “della diplomazia e del dialogo”, perché “i conflitti armati creano più problemi, invece di risolverli”. Infine, per il Canada stesso, i vescovi auspicano maggiori tutele per le popolazioni autoctone, con l’obiettivo di “coltivare relazioni che rispettino la persona umana, contribuiscano alla giustizia ed alla pace e servano alla costruzione della comunità” nazionale. (A cura di Isabella Piro)

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    Argentina: la Croce di San Damiano tra i quartieri delle periferie

    ◊   La Croce che Papa Francesco ha benedetto durante l’incontro con i giovani argentini presenti alla Gmg di Rio 2013 per accompagnare la loro opera di evangelizzazione, è arrivata questa settimana nella città di La Plata, in provincia di Buenos Aires, per compiere un giro tra i quartieri delle periferie in attesa della cerimonia per la doppia canonizzazione che sarà celebrata nella cattedrale della città il 25 aprile. Si tratta della “Croce di San Damiano”, simbolo cristiano con cui il Papa ha chiesto ai cattolici di andare in missione ed emblema dell’impegno solidale verso i più bisognosi.

    Le origini - riporta l'agenzia Sir - sono legate alla vita di san Francesco d’Assisi e alla chiesa dove un giorno il Poverello udì la voce di Gesù, che gli diceva: “Francesco, va‘ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”. Nell’itinerario che la Croce va percorrendo in questi giorni, sono previste soste presso l’Asilo Marín, il carcere di Olmos, l’Ospedale italiano, la Stazione degli autobus e le parrocchie di san Gaetano e san Ponziano. I rappresentanti della Pastorale della gioventù di La Plata, ricevuta la croce proveniente dalla diocesi di Chascomús, hanno ricordato le parole di Papa Francesco nella Messa a Copacabana durante la Gmg: “Chi evangelizza è evangelizzato, chi trasmette la gioia della fede, riceve più gioia”. (R.P.)

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    Bartolomeo I: la missione del cristiano è la liberazione dell'uomo dal potere delle tenebre

    ◊   La fede in Dio non deve significare ricerca per la conquista del potere, perché la missione del cristiano non consiste nella liberazione di una nazione dal giogo di un'altra, ma nella liberazione del genere umano dal signore delle tenebre. La ricerca del potere è logorio, morte eterna. Lo scrive il patriarca ecumenico Bartolomeo nel suo messaggio pasquale ripreso dall'agenzia AsiaNews, ricordando il passo del Vangelo, dove si riferisce che i seguaci del Nostro Signore Gesù Cristo, dopo il suo trionfale ingresso a Gerusalemme avevano erroneamente creduto alla conquista del potere temporale da parte sua, con la conseguente acquisizione di posti di poter da parte loro.

    Purtroppo, continua il patriarca ecumenico, “anche ai nostri giorni i tamburi di morte e delle tenebre risuonano accanitamente. Alcuni uomini credono che lo sterminio del prossimo sia un'azione lodevole e utile. Ma si sbagliano. Purtroppo, però, si osserva un disumano tentativo di eliminare e sfruttare i più deboli da parte di quelli che fanno parte della piramide del potere. Spesso sorprende la durezza e la mancanza di compassione da parte di chi pensa di tenere le redini del potere del mondo. Cristo, però, con la sua morte sulla croce ha rovesciato la piramide del mondo, ponendo come riferimento la Sua Croce”.

    La storia dell'umanità, osserva Bartolomeo, "ha visto prevalere il ​​buio della morte, l'ingiustizia invece della giustizia, l'odio e l'invidia invece dell'amore; la gente preferisce l'odio infernale invece della luce della Resurrezione. Malgrado l'apparente progresso tecnologico e le dichiarazioni sui diritti umani e la libertà religiosa, l'odio etnico-razziale e religioso si diffonde in tutto il mondo, provocando pericolose tensioni, rafforzando così la sovranità del regno della morte". Purtroppo, continua il messaggio, le persone non riescono ad accettare e tollerare le convinzioni, siano esse politiche, religiose, etniche e sociali del loro prossimo.

    Al contrario "la storia ha dimostrato che il vero progresso non può esistere senza Dio". Nessuna società può veramente ritenersi progressista e prospera senza libertà. "Ma la vera libertà si acquisisce solo quando il nostro pensiero si rivolge a Dio". La storia del XX secolo conferma tragicamente questa verità. L'umanità ha vissuto gli orrori della Seconda guerra mondiale, scoppiata in Europa centrale, causa di milioni di vittime e di persecuzioni razziste. E ha vissuto anche gli orrori perpetrati da quelle forze, in Europa Orientale - scrive il patriarca - che si definivano di progresso e che, in nome della libertà, hanno commesso dei delitti inauditi. Qualsiasi visione politica che non contiene la verità in Cristo porta alla morte e finisce in tragedia.

    “Alla supremazia delle forze delle tenebre la Chiesa deve rispondere con la grazia e la potenza del messaggio di Cristo Risorto. Soltanto Lui - conclude Bartolomeo I - che ha fatto proprie le sofferenze di ogni individuo, dà al mondo con la Sua Resurrezione, la certezza che la morte è vinta. Cristo è Risorto”. (R.P.)

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    Algeria: dati definitivi delle presidenziali. Messaggio di Bouteflika

    ◊   Con un tasso di partecipazione del 50,70%, il presidente Abdelaziz Bouteflika è stato rieletto ufficialmente con oltre 8 milioni e mezzo di voti, pari all’81,49%; il suo rivale, Ali Benflis, ha ottenuto il 12,30% dei suffragi: sono i risultati definitivi del voto del 17 aprile, pubblicati dal Consiglio Costituzionale, che ha reso noto - riferisce l'agenzia Misna - di avere respinto 94 ricorsi.

    “Fra qualche giorno avrò l’occasione, miei cari compatrioti, di rivolgermi a voi più a lungo, soprattutto per ribadire i miei impegni e parlare del lavoro della costruzione nazionale che ho voluto proseguire con voi” ha fatto sapere Bouteflika, 77 anni, gravemente indebolito da una malattia, in una nota diffusa dall’agenzia Aps. L’articolo 75 della Costituzione stabilisce che il Presidente presti giuramento pubblicamente nella settimana che segue la sua elezione. (R.P.)

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    Brasile: l'opera dei Cappuccini di Milano tra i poveri del Nord-Est

    ◊   La Provincia dei Cappuccini di Milano conta attualmente 98 missionari presenti in Brasile, Costa d’Avorio, Camerun, Thailandia e Turchia: 44 sono italiani, 54 originari dei Paesi in cui essi lavorano. Oltre ai conventi, nelle missioni non mancano Centri di formazione alla vita religiosa, scuole, strutture sociali, ospedali, lebbrosari, Centri di accoglienza, cooperative di lavoro.

    Uno dei loro impegni più gravosi è quello svolto nel Brasile del Nord, dove si trovano gli Stati più poveri e dove missionari sono diventati un punto di riferimento per migliaia di lebbrosi, particolarmente numerosi nel Maranhão, dove la malattia è tuttora una triste realtà che, purtroppo, tende a crescere con gli anni. Oggi pare ce ne siano oltre 25.000.

    Negli Stati del Pará e dell’Amapá, che fanno parte del grande poligono della secca, c’è da far fronte alla fame, frutto della mancanza d’acqua; i missionari vi provvedono con migliaia di pasti giornalieri, grazie alle donazioni che vengono dall’estero e all’aiuto di volontari laici impegnati nelle Comunità di base.

    Altro settore della loro attività, infine, è il così detto “Progetto delle Riserve indigene”, che consiste nella visita periodica ai villaggi (aldeias) dispersi nei vasti spazi destinati alle riserve indigene, per conoscere la realtà di popoli lontani dal progresso nazionale e stabilire con loro rapporti di fiducia e di amicizia, senza il quale ogni tentativo di avvicinamento sarebbe destinato a fallire. Si tratta di una vera e propria opera di integrazione culturale, cui i missionari tengono molto, convinti che solo la cultura può garantire uno sviluppo degno dell’uomo. (A cura di padre Egidio Picucci)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 113

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.