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Sommario del 15/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa visita la Segreteria di Stato per gli auguri di Pasqua
  • L'emozione dei cileni per la vicinanza del Papa a Valparaiso. La Chiesa cilena mobilitata nei soccorsi
  • Nomine episcopali in Uganda e Nigeria
  • Tweet del Papa: ogni incontro con Gesù ci cambia la vita
  • Navarro-Valls: Giovanni Paolo II santo anche per come comunicava Dio
  • S. Sede presenterà a maggio il Rapporto sulla Convenzione contro la tortura
  • “Alla scoperta del Vaticano”: 6 dvd Ctv-Rai raccontano lo Stato più piccolo del mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Vittime e feriti nei quartieri cristiani di Damasco, nasce un nuovo gruppo di opposizione
  • Presidenziali Algeria: favorito Bouteflika, mobilitazioni in tutto il Paese
  • Rapporto Save the Children: a rischio povertà 27 milioni di minori in Europa
  • Libera: candidati trasparenti per l'election day. Parte la campagna contro la corruzione
  • Italia, "baby prostituzione": famiglia e media centrali per prevenire il fenomeno
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: scontri armati nella regione di Donetsk
  • Siria: a Maalula chiese devastate e icone profanate
  • Profughi siriani in Giordania: a Karak l'emergenza non è finita
  • Libia: rapito a Tripoli ambasciatore della Giordania
  • La comunità ebraica nel mondo celebra la Pasqua
  • Sono in Asia i più grandi compratori di armi al mondo
  • Sud Sudan. Appello dei leader cristiani: fermate la violenza
  • India. I vescovi al presidente: la Chiesa darà il suo contributo alla nazione
  • Vescovi dello Sri Lanka: messaggio pasquale alla riconciliazione nel Paese
  • Myanmar. Raid dell’esercito birmano contro i ribelli kachin: migliaia di sfollati e allerta umanitaria
  • Canada: i vescovi del Québec soddisfatti per l’abbandono del progetto della “Carta dei valori”
  • Via Crucis a Palermo: i migranti pregano per le vittime della tratta e dei viaggi della speranza
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa visita la Segreteria di Stato per gli auguri di Pasqua

    ◊   Questa mattina Papa Francesco – dopo aver ricevuto in udienza il vescovo emerito di San Charbel en Buenos Aires dei Maroniti, mons. Chabrel Georges Merhi, e il vescovo Albano e segretario del Consiglio dei Cardinali, mons. Marcello Semeraro – ha voluto recarsi in visita in tutti gli uffici della Segreteria di Stato per portare personalmente i suoi auguri di Pasqua agli officiali e ai dipendenti.

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    L'emozione dei cileni per la vicinanza del Papa a Valparaiso. La Chiesa cilena mobilitata nei soccorsi

    ◊   Il catastrofico incendio di Valparaíso, in Cile, ha suscitato la paterna vicinanza di Papa Francesco per tutti coloro che sono stati colpiti dalle fiamme che hanno devastato la città portuale. Sedici i morti, 500 i feriti, decine di migliaia i senza tetto. In un telegramma a firma del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, indirizzato al vescovo della città, mons. Gonzalo Duarte García, il Pontefice esprime vicinanza spirituale agli abitanti, offrendo preghiere in suffragio delle vittime di questo grave disastro e condividendo il dolore di quanti hanno perso i loro case ed i loro beni. Il servizio di Francesca Ambrogetti:

    Il Cile, in lutto per il tragico incendio del porto di Valparaíso, ha accolto con emozione le parole di conforto del Papa. Il messaggio del Pontefice, che ha espresso la sua vicinanza spirituale e chiesto alle autorità e al popolo di non perdersi d’animo di fronte alle avversità, è stato letto in tutte le chiese e diffuso ripetutamente dai mass-media. Grande mobilitazione della Chiesa cilena per gli aiuti alle vittime: oltre 10 mila gli sfollati. Molte famiglie, nonostante le basse temperature, sono rimaste nei pressi di quello che resta delle loro case. In sessione permanente il Comitato di emergenza, che ha già disposto l’invio dei fondi necessari per i primi aiuti. “Stiamo affrontando l’incendio più grave, mai avvenuto a Valparaíso - ha detto la presidente Michelle Bachelet - e abbiamo lanciato una operazione aerea senza precedenti, con tutti i mezzi a disposizione. Se è necessario chiederemo aiuto anche all’estero”. Il responsabile dell’Ufficio emergenze ha detto che ci vorranno ancora vari giorni per controllare completamente l’incendio. Le autorità stanno investigando le cause del disastro, ma la priorità ora è la costruzione di alloggi provvisori per gli sfollati, la ricerca dei dispersi e il controllo dell’emergenza sanitaria.

    L’incendio di Valparaíso rischia di mettere in ginocchio l’economia di una vasta regione. Sulle conseguenze Giancarlo La Vella ha intervistato il collega cileno, Luis Badilla:

    R. – Questa regione dove si trova il porto di Valparaíso - che è il più importante e principale porto del Paese e anche del Pacifico del Sud - è una regione strategica per l’economia nazionale cilena e per certi versi forse è la regione più importante almeno dal punto di vista politico, perché mentre il governo si trova nella capitale, a Santiago, la Camera e il Senato si trovano a Valparaíso. Valparaíso è una città molto vitale, con un’economia basata su risorse minerarie, agricole e della pesca. Tutto quello che sta succedendo coinvolge direttamente o indirettamente almeno due milioni di persone e soprattutto ha delle ricadute sul commercio internazionale. Il porto è fondamentale per il Cile nell'esportazione del rame, che è la ricchezza essenziale per il Paese.

    D. – Potrebbe a causa di questo vasto incendio innescarsi una crisi che coinvolgerebbe quindi non solo il Cile, ma anche i Paesi che hanno rapporti con Santiago?

    R. - Già si vedono alcuni effetti, piccoli, che però possono anticipare eventuali problemi futuri in un settore strategico dell’economia mondiale. Già, per esempio, sono state rinviate le partenze di diverse navi cariche di rame, che doveva essere consegnato in questi giorni in diversi Paesi del mondo. Il Cile è un grande produttore di rame, che è un metallo strategico in questo momento. Quindi, già si vedono alcuni problemi, perché molte di queste navi non sono potute partire o stanno partendo in ritardo. Inoltre, ci saranno conseguenze interne sull’economia nazionale, che già si trova alle prese con una serie di terremoti in diverse zone del Paese, che hanno causato grandissimi danni materiali. Quindi, il Cile purtroppo si prepara ad affrontare una situazione economica complessiva, all’interno della crisi in cui si trova, piuttosto delicata.

    D. – E’ inevitabile che tutto questo poi si riversi sulla popolazione. Com’è il tessuto sociale della regione di Valparaiso e anche del resto del Paese?

    R. – Si tratta di un tessuto sociale piuttosto dinamico, ma molto eterogeneo, perché c’è una classe media molto forte, legata al commercio, alla pesca, all’agricoltura ortofrutticola. C’è un settore piuttosto ricco, legato fondamentalmente all’esportazione, al porto, alle navi, al commercio internazionale. E c’è infine un'enorme massa di gente precaria, povera. L’incendio ha avuto origine e si è scatenato soprattutto in queste bidonville fatte di cartone, di pneumatici, che nascono dalla mattina alla sera.

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    Nomine episcopali in Uganda e Nigeria

    ◊   In Uganda, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Kasese, in Uganda, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Egidio Nkaijanabwo. Al suo posto il Papa ha nominato il sacerdote Acquirino Francis Kibira, rettore del St. Paul’s National Seminary Kinyamasika, a Fort Portal. Mons. Kibira, è nato il 16 aprile 1958 nel villaggio di Kigoto-Bulyansungwe, Distretto di Kamwenge, nella Diocesi di Fort Portal. Ha studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore Katigondo National Major Seminary di Masaka (1977-1980), e Teologia presso il St. Mary’s National Major Seminary di Ggaba, Kampala (1981-1984). È stato ordinato sacerdote il 23 settembre 1984 ed è incardinato nella Diocesi di Fort Portal. Dopo l’ordinazione ha svolto i seguenti incarichi: 1984-1985: Assistente presso la parrocchia di Bukwali, Fort Portal; 1985-1987: Docente al Katigondo National Major Seminary, Masaka; 1987-1991: Studi di Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico a Roma, risiedendo presso il Pontificio Collegio S. Paolo; 1991-1995: Responsabile della formazione permanente del clero; 1992-1995: Docente e Decano degli studi al St. Paul’s National Seminary Kinyamasika, Fort Portal; dal 1995: Rettore del Seminario Nazionale St. Paul’s Kinyamasika, Fort Portal.

    La Diocesi di Kasese (1989), suffraganea dell'Arcidiocesi di Mbarara, ha una superficie di 3.205 kmq e una popolazione di 610.000 abitanti, di cui 292.106 sono cattolici. Ci sono 16 Parrocchie, servite da 39 sacerdoti (37 diocesani e 2 religiosi), 31 Fratelli Religiosi, 35 suore e 49 seminaristi.

    In Nigeria, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di Abeokuta mons. Peter Kayode Odetoyinbo, parroco e vicario Generale dell’Arcidiocesi di Ibadan. Il neo presule è nato in 28 gennaio 1964 a Ibadan, Arcidiocesi di Ibadan. Dopo aver frequentato le scuole locali, è entrato nel Seminario Maggiore Ss. Peter and Paul, Bodija, Ibadan, dove ha svolto gli studi di Filosofia e Teologia. È stato ordinato sacerdote il 7 ottobre 1989, per l’Arcidiocesi di Ibadan. Dopo l’ordinazione ha svolto i seguenti Uffici e ulteriori studi: 1989 - 1992: Vicario parrocchiale; 1990 - 1996: Vice-Direttore del programma Renew Process Ibadan Archdiocese; 1992 - 1996: Docente in Seminario Minore e incaricato delle Parrocchie di St. Patrick e St. Ignatius of Loyola; 1996 - 2000: Studi per la Licenza e il Dottorato in Storia della Chiesa alla Pontificia Università Gregoriana; dal 2001: Sacerdote residente nella Cattedrale St. Mary’s di Ibadan; dal 2001: Parroco della Chiesa dell’Assunzione a Bodija; dal 2001: Docente di Storia della Chiesa al Seminario Ss. Peter and Paul; dal 2003: Docente di Storia della Chiesa presso il Dominican Institute; 2002 - 2007: Presidente dell’Ibadan Diocesan Priests’ Association; 2002 - 2008: Segretario del Diocesan Priests of All Yorubaland; Dal 2009 è Vicario Generale dell’Arcidiocesi.

    La Diocesi di Abeokuta (1997), suffraganea dell'Arcidiocesi di Lagos, ha una superficie di 10.562 kmq e una popolazione di 2.570.000 abitanti, di cui 70.125 sono cattolici. Ci sono 35 parrocchie servite da 57 sacerdoti (44 diocesani, 17 religiosi), 40 suore e 31 seminaristi maggiori. La Diocesi di Abeokuta, è vacante dal 25 maggio 2012, a seguito del trasferimento di S.E. Mons. Alfred Adewale Martins alla Sede Metropolitana di Lagos.

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    Tweet del Papa: ogni incontro con Gesù ci cambia la vita

    ◊   Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Ogni incontro con Gesù ci cambia la vita”.

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    Navarro-Valls: Giovanni Paolo II santo anche per come comunicava Dio

    ◊   Accanto a Giovanni Paolo II per oltre 20 anni, Joaquín Navarro-Valls sta vivendo con particolare emozione questi giorni che precedono la Canonizzazione di Karol Wojtyla. All’ex direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti ha chiesto di “rileggere” la figura e la testimonianza del futuro Santo e di soffermarsi sull’eredità che Papa Wojtyla lascia al mondo della comunicazione:

    R. – Ricordo il nostro primo incontro con l’intuizione – perché ancora non era l’evidenza – di una pagina nuova per la storia del Pontificato. Giovanni Paolo II così giovane, come Papa, con quell’incisività, con quell’apertura, quell’allegria, quel carattere propositivo che aveva, lo vedevo certamente come una pagina nuova della storia del Pontificato. E oggi con il tempo questo viene confermato e moltiplicato per tutta una generazione. É stato un punto di riferimento con il quale confrontarsi, non solo per storia della Chiesa, ma per la storia dell’umanità a tutti i livelli, dagli intellettuali alla semplice gente della strada.

    D. – C’è stato un momento, nel suo lungo servizio accanto e per Giovanni Paolo II, in cui ha incominciato a pensare: “Quest’uomo è un santo, non è solo un grande Papa. Quest’uomo è un santo"?

    R. – Questo momento è stato molto precoce: già dai primi tempi, quando gli stavo vicino e lavoravo con lui e le prime volte che l’ho visto semplicemente pregare. In qui momenti, ho avuto la certezza di questo: quest’uomo è un santo, ha un’intimità con Dio che è così evidente che questo corrisponde alla caratteristica della santità secondo i criteri della Chiesa cattolica.

    D. - In questi nove anni dopo la morte, cosa l’ha colpita nell’atteggiamento delle tante persone che ovviamente avrà incontrato nei confronti di Karol Wojtyla?

    R. – Direi la tenacia nel ricordare Karol Wojtyla come una persona viva. È curioso, dopo tanti anni parlano del Papa non soltanto menzionando ricordi specifici, immagini, momenti, ma molto spesso dicono: “Guardi, io gli ho chiesto questo nella mia vita”, cioè attualizzando questi ricordi con dei fatti personali riferiti a Giovanni Paolo II. Ancora mi fermano per strada dicendo: “Mi permetta di dirle questo…” Quindi, continua a essere molto presente, molto attivo nella vita delle persone.

    D. – Giovanni Paolo II era un comunicatore naturale, straordinario. Secondo lei, anche in questo suo carisma possiamo trovare degli elementi di santità?

    R. – Certamente, l’espressione “il grande comunicatore” riferita a Giovanni Paolo II è vera. È vera ma può trarre in inganno se ci fermiamo a pensare che era un grande comunicatore perché comunicava bene a livello formale. Quando la gente diceva: “Lui ha ragione”, non lo diceva per dare ragione a una bella voce o a un’espressività comunicativa magnifica. Si dà ragione a una persona che dice il vero! In lui mi pare che il bello, il buono e il vero apparivano nella sua comunicazione così uniti tra loro che si capiva chiaramente la qualità della comunicazione per il contenuto di quello che stava comunicando. Insomma, lui comunicava Dio, rendeva amabile la virtù, faceva delle proposizioni che potevano riempire un’esistenza. Penso che questa fosse la virtù della sua comunicabilità, non tanto l’aspetto puramente formale.

    D. – Nell’ambito delle comunicazioni sociali, quale pensa sia l’eredità più duratura per la Chiesa, della testimonianza santa di Giovanni Paolo II?

    R. – Penso che sempre, non soltanto nella Chiesa ma anche nella vita sociale, abbiamo sempre trovato delle persone che sembrano avere una chiarezza straordinaria nel dire che cosa non si deve fare e cosa non si dovrebbe essere, ma allo stesso tempo sembrano non avere la stessa chiarezza nel definire e nel comunicare che cosa si può essere o verso dove si dovrebbe camminare se si vuole essere migliori. Naturalmente questa etica al contrario, lascia nell’animo l’attrito dell’ambiguità, non entusiasma mai. Giovanni Paolo II era completamente diverso! Penso che questo sia rimasto come un modo di evangelizzare, di comunicare la verità cristiana. Questa affermazione della verità cristiana deve essere propositiva. Per esempio, Giovanni Paolo II parlava di più della bellezza dell’amore umano che dei rischi di una sessualità capricciosa. Non parlava quasi mai dell’egoismo e, invece, quasi sempre di come sarebbe stupendo un mondo fatto di generosità. Questo modo propositivo di comunicare le verità cristiane entusiasma, attira e io penso che questo rimane l’esempio, l’insegnamento di Giovanni Paolo II.

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    S. Sede presenterà a maggio il Rapporto sulla Convenzione contro la tortura

    ◊   Il prossimo maggio la Santa Sede presenterà il suo Rapporto Iniziale sulla Convenzione contro la Tortura (Cat) al relativo Comitato. Lo ha confermato ai giornalisti il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Rispondendo alle loro domande, padre Lombardi ha specificato che la presentazione del Rapporto avverrà il prossimo mese, insieme con con Cipro, Lituania, Guinea, Montenegro, Sierra Leone, Tailandia, Uruguay.

    “Si tratta – ha precisato il direttore della Sala Stampa Vaticana – della procedura ordinaria alla quale aderiscono tutti gli ‘Stati parte’ della Convenzione. Tenendo conto del tipo di obblighi previsti dalla Convenzione, la Santa Sede ha aderito, nel 2002, a detta Convenzione esclusivamente a nome e per conto dello Stato della Città del Vaticano. In ragione di ciò – ha concluso padre Lombardi – la Santa Sede continua ad attuare gli obblighi assunti per conto dello Stato della Città del Vaticano e a presentare i rapporti periodici, secondo le procedure previste dalla Convenzione”.

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    “Alla scoperta del Vaticano”: 6 dvd Ctv-Rai raccontano lo Stato più piccolo del mondo

    ◊   “Alla scoperta del Vaticano”, questo il titolo della collana di sei Dvd coprodotta dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Rai, e distribuita in allegato al quotidiano “La Repubblica” per i prossimi sei mercoledì. L’opera, che racconta meraviglie e segreti dello Stato più piccolo del mondo, è stata presentata stamane ai Musei Vaticani. C’era per noi Marco Guerra:

    I Musei, i giardini, San Pietro, la Cappella Sistina, le Stanze di Raffaello. E ancora l’Archivio Segreto, la Biblioteca Apostolica ma anche le strutture, i servizi e le persone, come la Gendarmeria e le Guardie Svizzere, che assicurano il regolare svolgimento della vita quotidiana del Vaticano, lo Stato più piccolo del mondo, sia per popolazione che per estensione, costituito nel 1929 per assicurare alla Santa Sede indipendenza e sovranità. Storia, bellezze e curiosità racchiuse in questi 44 kmq dentro le Mura leonine sono raccontati nella serie di Dvd “Alla scoperta del Vaticano”, distribuita in allegato a “La Repubblica”. Sui motivi che hanno ispirato la realizzazione di questo grande documentario sentiamo mons. Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano:

    “Qui, si interseca la storia, la cultura, la testimonianza della fede e credo sia importante aiutare le persone che magari non potranno mai venire a Roma,, o che sono venute per quelle occasioni tradizionali, a potere entrare, comprendere e farsi accompagnare in un viaggio che racconta il più piccolo Stato del mondo ma che però raccoglie assolutamente una grande quantità di tasselli di cultura, di storia, di patrimonio della fede”.

    E come guida d’eccezione della macchina da presa, che è entrata in luoghi spesso inaccessibili, il giornalista Alberto Angela:
    “E’ come visitare il Vaticano stando in casa e soprattutto vedere cose che di solito non si vedono, durante le visite. Siamo andati veramente oltre vari luoghi che solitamente non sono aperti al pubblico. E’ un grande libro aperto, il Vaticano, che noi abbiamo sfogliato – diciamo – dvd dopo dvd, ma anche ripresa dopo ripresa. E anche dal punto di vista personale mi ha fatto scoprire luoghi che avevo vicino casa, ma che non avevo mai visto”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Dalle estremità del mondo: in prima pagina, Lucetta Scaraffia su un libro intervista a Victor Manuel Fernandez.

    La forza della debolezza: nella memoria dei nuovi martiri cristiani.

    Il grembiule del servizio: intervista di Mario Ponzi al presidente mons. Angelo Bazzari in vista del giovedì santo di Papa Francesco tra i disabili di don Gnocchi.

    Palatucci e il villino di via Milano: Giovanni Preziosi a colloquio con la testimone di una delle operazioni di salvataggio del questore di Fiume.

    Controllo di sé e attenzione all’altro: il cardinale Gianfranco Ravasi sul digiuno come strumento e segno ricorrente in molte tradizioni religiose.

    La musica in aiuto: il vescovo delegato del Pontificio Consiglio della Cultura, Carlos Azevedo, su salmi e canto liturgico.

    La vera ingiustizia: Emilio Ranzato recensisce il film “Smetto quando voglio”.

    Millesettecento lettere scritte con i denti: Salvatore Izzo ricorda il venerabile Luigi Rocchi.

    Esemplari nella gioia: l’arcivescovo segretario della Congregazione per il Clero, Celso Morga Iruzubieta, sul prete secondo l’“Evangelii gaudium”.

    Orrore in un ospedale a Rio: ritrovati i resti di quaranta bambini morti.

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    Oggi in Primo Piano



    Vittime e feriti nei quartieri cristiani di Damasco, nasce un nuovo gruppo di opposizione

    ◊   Continuano le violenze in Siria in particolare nelle aree a prevalenza cristiana. Colpi di mortaio lanciati dai ribelli hanno colpito una scuola armeno-cattolica di Damasco e un’area cristiana vicina alla chiesa di Mar Elias, nel quartiere di Al Dwailaa. Il bilancio è di un bambino morto e una sessantina di feriti. Devastazione di chiese e luoghi di culto si registra inoltre, stando a fonti giornalistiche internazionali, a Maalula, il villaggio cristiano riconquistato dal regime dopo 4 mesi di dominio dei ribelli. In questo scenario è stata presentata, ieri, in Turchia una nuova organizzazione d’opposizione al regime che rivendica di avere il sostegno del 90% dei ribelli e che si propone tra l’altro di lavorare con le organizzazioni umanitarie. Sul ruolo effettivo di questo nuovo “Consiglio islamico siriano”, Gabriella Ceraso ha parlato con Massimiliano Trentin, ricercatore di Storia del Medio Oriente al Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bologna:

    R. – L’esperienza del passato ci deve rendere molto cauti. Molte altre formazioni, infatti, rivendicavano l’estrema rappresentatività e nei fatti poi non lo erano.

    D. – Può rappresentare, comunque, per come è costituito da studiosi islamici e rappresentanti di diverse comunità, anche arabe e curde, una chance in più dal punto di vista della diplomazia e del dialogo?

    R. – A mio avviso può, nell’immediato, complicare ulteriormente la geografia delle opposizioni in Siria e la loro fruibilità da parte delle diplomazie. Tuttavia, l’aspetto forse più importante della formazione in Turchia di questo Consiglio islamico è di riaccreditare, rinforzare quelle correnti dei ribelli, che sì continuano ad opporsi al regime, ma contemporaneamente vogliono prendere le distanze dalle formazioni radicali jihadiste, che da un anno a questa parte hanno dimostrato di monopolizzare le attività militari di contrasto al regime. La questione è se il fronte delle opposizioni interne, regionali e internazionali, riuscirà a trovare un minimo comune denominatore accettabile da parte del regime per portare ad una soluzione politica ed evitare che il regime e l’esercito riescano a riconquistare tutto il Paese.

    D. – Proprio per quanto riguarda il regime, sta continuando a pieno ritmo l’offensiva che dal confine con il Libano fino a Damasco sta portando l’esercito a riconquistare tutte le terre, che prima erano in mano ai ribelli. E’ un cammino inesorabile. E’ questo, dunque, il futuro della Siria?

    R. – Questo è un percorso che l’esercito siriano ha iniziato più o meno da un anno e si è dimostrato non facile, gradualmente però si è dimostrato un successo. Loro sono convinti che nel giro di due o tre anni o anche, al massimo, di cinque anni potranno recuperare tutte le posizioni perdute. Dal punto di vista economico e finanziario sembra che abbiano tutte le risorse disponibili; dal punto di vista militare, gli aiuti estremamente generosi danno delle garanzie, per cui ragionano in tempi medio lunghi. Ragionare in questi termini, avendo a disposizione delle risorse, è un vantaggio che le formazioni dei ribelli, come anche le diplomazie occidentali, non hanno.

    D. – Lei è di questo parere? Accadrà così?

    R. – Sembra che questo sia lo scenario più plausibile al momento. Poi, bisogna vedere se accadranno eventi particolarmente rilevanti o drammatici, tra cui anche quelli in Ucraina, e quindi se questa contrapposizione tra Russia, Europa e Stati Uniti possa in qualche modo influenzare la crisi in Siria e anche cambiare l’equazione dei rapporti di forza.

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    Presidenziali Algeria: favorito Bouteflika, mobilitazioni in tutto il Paese

    ◊   In un clima di forte tensione l’Algeria si prepara alle presidenziali del 17 aprile: 7 i candidati in lizza, ma sembra scontata la rielezione del capo di Stato uscente, Abdelaziz Bouteflika, che per via delle sue precarie condizioni di salute non è mai apparso di persona nella campagna elettorale. I militanti del movimento di protesta Barakat hanno indetto una mobilitazione nazionale per il 16 aprile per dire "basta" alla corruzione e alla disoccupazione e chiedere un cambio di passo, ma l’esercito è pronto a reprimere ogni manifestazione. Cecilia Seppia ha sentito Gabriele Iacovino del Centro Studi internazionali:

    R. - Il grosso problema è sia l’età di Boutiflika, sia le sue condizioni di salute. Ma in questo momento non si vede un’alternativa possibile di un candidato a succedere a Boutiflika che non venga fuori, appunto, da un equilibrio o da un compromesso all’interno della struttura di potere algerina.

    D. - Per molti Boutiflika, però, resta il presidente della riconciliazione, il "salvatore" che è riuscito a far voltare pagina all’Algeria dalla guerra civile. Come stanno davvero le cose?

    R. - Sicuramente Boutiflika è una figura storica, che rimarrà per sempre negli annali della politica e non solo di quella algerina. La situazione, in questo momento, è un po’ diversa rispetto agli anni della guerra civile, perché sì Boutiflika è stato un personaggio fondamentale per la riconciliazione, ma ormai la situazione è cambiata: l’Algeria è stato uno dei pochi Paesi dell’area nordafricana, insieme al Marocco, a non risentire della cosiddetta primavera araba o a risentirne in parte, anche perché è un Paese diverso rispetto agli altri, è un Paese ricco grazie alle risorse energetiche, però è un Paese in cui questa ricchezza non viene distribuita su tutta la popolazione. C’è una classe di potere forte, molto chiusa che non è rappresentata solo dall’élite politica, ma anche dall’élite militare e quella dei servizi segreti.

    D. - Guardiamo ora agli sfidanti. Il numero uno è l’ex premier Ali Benfils: chi è e soprattutto ha davvero delle chance?

    R. - Benfils è sicuramente una personalità di rilievo, una personalità che ha cercato di staccarsi da questa struttura di potere che controlla il Paese. Le reali chance di vittoria sono alquanto basse, anche perché la politica algerina continua ad essere ancora fortemente influenzata dagli strascichi della guerra civile: la paura è ancora molto forte e quindi un potere non stabile amplifica queste paure di una destabilizzazione in un’ottica - se vogliamo - anche di un ritorno non solo dei partiti islamisti, ma anche dei partiti più estremi che si avvicinano sempre di più al salafismo. Anche perché non dimentichiamo che l’Algeria continua comunque a combattere in prima linea una dura guerra, una dura repressione nei confronti del fenomeno jihadista, che in questi anni si è andato a sviluppare e che trova nel Sud dell’Algeria un inevitabile retroterra logistico, ma anche un bacino di radicalizzazione.

    D. - Militanti del movimento di protesta “Barakat!” hanno indetto una mobilitazione nazionale per il 17 aprile, data delle elezioni. In realtà loro non denunciano solo lo strapotere di Boutiflika, ma anche la corruzione, la marginalizzazione dei giovani, la disoccupazione: tutte piaghe che affliggono il Paese e che rischiano ancora di paralizzarlo…

    R. - Assolutamente sì! Il dato importante è che l’opposizione di piazza, l’opposizione alimentata dai giovani delle grandi città si sta legando sempre di più all’opposizione più di stampo islamista, che dalla guerra civile ad oggi è sempre stata tenuta ai margini della vita politica e non per una vicinanza ideologica, ma più per una vicinanza di obiettivo: quello di andare cioè a rompere la struttura di potere che controlla il Paese per un'apertura più verso un respiro democratico. Credo però che il ricordo della sanguinosa guerra civile è ancora forte e il controllo da parte della struttura di potere algerina, sia politica che militare, è avvertita dalla maggioranza silenziosa del Paese come necessaria per controllare il Paese stesso e per stabilizzarlo ulteriormente.

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    Rapporto Save the Children: a rischio povertà 27 milioni di minori in Europa

    ◊   E’ stato diffuso oggi, in vista delle elezioni europee, il primo Rapporto di "Save the Children" sulla povertà e l’esclusione sociale minorile in Europa. Dai dati si rileva che attualmente sono 27 milioni i bambini a rischio, un milione in più rispetto al 2008. Da qui, il richiamo dell’organizzazione ai governi perché pongano tra le loro priorità l’attenzione ai più giovani. Causa dell’incremento delle condizioni di disagio la crisi, ma anche la mancata ridistribuzione delle risorse. Una realtà che riguarda tutti i Paesi europei, anche i più ricchi. Al microfono di Adriana Masotti, ne parla Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia:

    R. – Notiamo che addirittura Paesi decisamente ricchi, come la Norvegia, hanno un tasso di povertà infantile che oggi si aggira intorno al 12%. Cosa sta succedendo quindi anche nei Paesi più ricchi? Che si divarica sempre più la forbice tra poveri e ricchi.

    D. – A pesare sui bambini è naturalmente la mancanza di lavoro dei genitori, ma anche l’insufficienza dei servizi del welfare e poi anche molto la casa...

    R. – Sì, questo è un dato nuovo, che colpisce molto. Mediamente in Europa l’11% dei nuclei familiari destina più del 40% del reddito familiare alla casa, dall’affitto a qualsiasi tipo di costo dell’abitazione. Questo è un dato, però, molto significativo, perché fa vedere quanto del reddito familiare delle famiglie più povere, ovviamente, vada nella casa. E quanto rimane per le spese che soprattutto per giovani e bambini sono fondamentali per il loro sviluppo? Perché andare a scuola è fondamentale, ma non è meno fondamentale potersi connettere su Internet, potere andare al cinema, poter comprare un libro, potere andare a fare dello sport. Vedere, quindi, che famiglie già in difficoltà economica spendono così tanto per la casa è comprensibile per un verso, ma sviluppa un senso di pericolo e di preoccupazione per i ragazzi.

    D. – Ma c’è una ragione di questo?

    R. – Certo. I genitori, purtroppo, si trovano in difficoltà economiche e quindi cercano ovviamente di dare priorità a ciò che il genitore percepisce come fondamentale: fondamentale è mangiare e fondamentale è avere un tetto sotto il quale ripararsi. Poi, via, via rimangono i soldi per il resto. Ora, l’educazione, soprattutto quella informale dei bambini, cioè quella che non viene vissuta nella scuola ma intorno alla scuola, è quella che ovviamente ne fa le spese maggiori. E difatti, in tutta Europa sta aumentando l’abbandono scolastico, perché tra “scuola” e “fuori dalla scuola” c’è una relazione molto stretta: un ragazzo molto interessato, che fa molte attività, anche sportive, è di solito un ragazzo attivo e a scuola andrà più o meno bene, ma sarà attivo e frequenterà. Un ragazzo che fuori dalla scuola non ha stimoli, è depresso, è deprivato, anche a scuola pian piano comincerà a essere meno partecipe. E infatti sta crescendo in Europa il fenomeno dell’abbandono scolastico.

    D. – Quindi, la povertà non va vista solo in termini di denaro, ma di possibilità che poi aprono a un futuro diverso che vengono a mancare…

    R. – E’ esattamente il nostro punto centrale. Noi dobbiamo stare molto attenti, perché dietro e insieme alla povertà economica è crescente un’altra povertà, che possiamo chiamare “educativa” e che tarpa le ali ai ragazzi che, se anche di famiglia povera, magari hanno dei talenti personali. Tra l’altro, noi in Italia come Save the Children stiamo per lanciare – ma questa sarà una notizia del 12 maggio – una nuova campagna esattamente su questo, che chiameremo “Illuminiamo il futuro”.

    D. – Insomma, in vista anche delle prossime elezioni, voi dite ai governi di fare attenzione all’infanzia nelle loro politiche…

    R. – Assolutamente sì. Tecnicamente, noi sosteniamo da anni che molte spese che i governi fanno per l’infanzia dovrebbero essere messe fuori dal famoso calcolo del 3% del debito pubblico, perché quelli sono investimenti nell’utilità di tutti i Paesi. Comprimere quegli investimenti per l’infanzia significa invece veramente lasciare indietro intere generazioni di ragazzi europei, e questo è gravissimo per il futuro dell’Europa.

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    Libera: candidati trasparenti per l'election day. Parte la campagna contro la corruzione

    ◊   In occasione dell’election day del 25 maggio, quando si eleggeranno i nuovi parlamentari europei, i sindaci di oltre quattromila comuni e i presidenti di Abruzzo e Piemonte, prende il via la nuova grande campagna contro la corruzione in Europa "Riparte il Futuro", promossa da Libera e Gruppo Abele, in collaborazione con Avviso Pubblico, Mafia Nein Danke, Libera France e Anticor. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Trasparenza in campagna elettorale e impegno a combattere attivamente la corruzione nel caso di elezione. E’ questo che chiede "Riparte il Futuro", la campagna che in occasione di europee ed amministrative sollecita i candidati a impegnarsi a favore di “trasparenza, integrità e responsabilità, per sconfiggere la corruzione”. Ai candidati si chiede di aderire alla campagna on line rendendo pubblici il curriculum vitae, la propria condizione reddituale e patrimoniale, l’eventuale presenza di conflitti di interesse, nonché la propria situazione giudiziaria. Per gli eletti, l’impegno sarà quello invece di adottare, entro 150 giorni dalla nuova legislatura, iniziative volte a dimostrare tolleranza zero nei confronti della corruzione, male che accomuna i 28 Stati e che all’economia europea costa 120 miliardi di euro l’anno, l’1% del Pil comunitario, e di istituire per il 21 marzo la “Giornata europea della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”. Franco La Torre, presidente di Flare, network europeo di Libera che raccoglie decine di organizzazioni impegnate nel contrasto al crimine organizzato:

    "Noi riteniamo che non dovrebbe essere molto difficile per molti candidati al parlamento europeo accogliere i requisiti iniziali, affinché la loro candidatura sia trasparente dal punto di vista dei redditi, degli obblighi giudiziari e così via. Diciamo, invece, che il passaggio successivo è un po’ più impegnativo, perché la corruzione è un fenomeno europeo a pieno titolo. Perché quando si parla di 60 miliardi di euro l’anno stimati di fatturato della corruzione nei 27 Paesi membri - perché un altro, il 28.mo, che è l'Italia, da solo ne fa 60 - è un fatto significativo... Se poi lo abbiniamo con i dati di Europol sulla presenza delle grandi organizzazioni criminali - più di 3.600 operanti nei 28 Paesi membri - ci rendiamo conto che il problema della trasparenza, quale antidoto alla corruzione, è fondamentale".

    In Italia, Avviso Pubblico ha censito, nel solo 2013, 351 atti di intimidazione nei confronti di amministratori locali e funzionari pubblici, il 66% in più rispetto al 2010. L’Italia, inoltre, nella classifica di "Trasparency International" è uno dei Paesi dove maggiormente è percepito dai cittadini il livello di corruzione. Ai primi posti, tra i virtuosi, la Danimarca, Paese che comunque non è certo esente dal fenomeno:

    "Anche nell’evoluta Scandinavia, in Danimarca o in Svezia, dove apparentemente sembra che non li riguardi, il problema loro lo conoscono bene. Anche quei Paesi sono infestati da bande criminali, con caratteristiche sicuramente diverse dalle nostre mafie, ‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra o Sacra Corona Unita, ma che hanno una capacità di infiltrazione, di penetrazione e di influenza nei processi decisionali pari al nostro. Certo, a differenza del nostro Paese non c’è quella tradizione storica, non ci sono quei contesti sociali, culturali e politici che ne hanno consentito lo sviluppo e il radicamento. Però, ce ne è abbastanza da renderli consapevoli che loro non sono estranei al problema".

    "Riparte il futuro", nata per le politiche del 2013 e forte di 500 mila sostenitori, rilancia la sua sfida. Sul sito della campagna saranno raccolte le adesioni di tutti i candidati che si impegnano di fronte ai cittadini firmatari a rispettare gli impegni richiesti.

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    Italia, "baby prostituzione": famiglia e media centrali per prevenire il fenomeno

    ◊   “La baby prostituzione e i mezzi di comunicazione nell’era della globalizzazione” è stato il tema del Convegno svoltosi ieri, presso la Sala delle Colonne della Camera dei deputati, su iniziativa delle Associazioni “L’albero verde della vita” e “Fiaba”. Il servizio di Elvira Ragosta:

    Dalla cronaca delle due adolescenti romane sfruttate in un giro di prostituzione nel quartiere Parioli della capitale, ai contatti che sui social network i minori possono avere con persone dall’identità camuffata e spesso prive di scrupoli: rappresentanti dell’associazionismo, del giornalismo e delle forze di Polizia si sono interrogati su come si possa prevenire un fenomeno come quello della prostituzione minorile in Italia. A partire dal ruolo della famiglia, Giuseppe Trieste, presidente dell’associazione Fiaba:

    “Oggi, la disgregazione della famiglia porta a una perdita dei valori. Noi dobbiamo pensare alla famiglia tradizionale, dove ci sono un papà e una mamma che hanno a cuore i loro figli e che portano avanti l’educazione in maniera adeguata”.

    Proteggere i minori, anche dal modo in cui i casi di baby prostituzione vengono affrontati dai media è la richiesta del Movimento italiano genitori, Elisabetta Scala:

    “E’ importante parlare di un argomento del genere se lo si fa alla luce di riflessioni importanti. Perché i nostri ragazzi, i nostri minorenni, finiscono in giri del genere? Perché delle ragazze decidono di vendere se stesse in cambio di soldi? Questo è il tema sul quale dobbiamo riflettere noi adulti per raggiungere considerazioni positive, arginare questo fenomeno e agire in maniera educativa. Diciamo ‘no’ quando invece la notizia viene utilizzata facendola rimbalzare da un programma a un altro, uscendo dal discorso della notizia e diventando intrattenimento, finendo cioè nel descrivere dettagli che non aggiungono niente alla notizia ma che semplicemente cadono nel morboso e sono occasione di audience. Questo fa molto male, anzitutto alle ragazze coinvolte e poi a tutti i nostri giovani che, magari, finiscono per emulare questo tipo di esempi piuttosto che invece metterli in discussione”.

    Sulle criticità del fenomeno, abbiamo raccolto la testimonianza della dottoressa Mariacarla Bocchino, della Direzione anticrimine della Polizia di Stato:

    “Il fenomeno è complesso e sotto il problema di ‘baby prostituzione’ e nuove tecnologie viaggiano tutta una serie di aspetti che si intersecano con la problematicità della ricerca delle tracce in Rete. Questo è il fenomeno più complesso che, per le forze di polizia, soffre anche della continua risorsa all’aggiornamento tecnologico. Accanto a questo, c’è una esigenza di formazione culturale, anche delle stesse famiglie, a un interessamento attento all’uso delle tecnologie da parte dei nostri ragazzi. Ovviamente, non parliamo di quel fenomeno di prostituzione minorile che interessa organizzazioni criminali, quindi coinvolge per la maggior parte vittime straniere. Il problema di fondo è sapere a che cosa si va incontro. Il web è il nuovo mondo di aggregazione sociale per i giovani e il giovane spesso inconsapevolmente può incorrere in commissione di illeciti senza saperlo. Bisogna preparare il ragazzo ma bisogna preparare anche le famiglie”.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: scontri armati nella regione di Donetsk

    ◊   In Ucraina fonti locali riferiscono di scontri armati alla periferia di Sloviansk, nella regione di Donetsk, dove sono asserragliati i separatisti filorussi. Inoltre un primo battaglione della Guardia nazionale Ucraina - formata per lo più da volontari dei gruppi di 'Autodifesa' di Maidan - è stato inviato nell'est del Paese, dove gli insorti filorussi occupano edifici pubblici in una decina di città.

    In questo scenario il ministro degli esteri di Mosca Lavrov ribadisce: se Kiev usa la forza per reprimere i separatisti russi nell'est del Paese, mette a rischio il vertice a quattro, tra Russia, Ucraina, Stati Uniti ed Unione Europea, previsto per giovedì prossimo a Ginevra.

    Dal canto suo la Cina preme affinché la crisi ucraina si risolva attraverso il dialogo anzichè lo scontro. Lo ha detto il ministro degli esteri cinese Wang Yi in una conferenza stampa congiunta a Pechino con il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, arrivato oggi in Cina. Intanto per il Presidente Usa Obama sottolinea: per calmare le tensioni è importante che la Russia ritiri le sue truppe dai confini. (R.P.)

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    Siria: a Maalula chiese devastate e icone profanate

    ◊   Dopo la riconquista del villaggio cristiano di Maalula – 55 chilometri a nord est di Damasco - da parte dell'esercito governativo siriano, le immagini e le descrizioni diffuse dalle fonti governative e anche dalle agenzie giornalistiche internazionali documentano la devastazione subita dai luoghi di culto cristiani durante i 4 mesi in cui la città è rimasta sotto l'occupazione delle milizie ribelli. In particolare, danni gravi sono stati subiti dal santuario greco-melchita di Mar Sarkis, dove la chiesa appare devastata, il pavimento è cosparso di oggetti religiosi, immagini e libri sacri danneggiati, sono scomparse le icone conservate nella sacrestia e non ci sono più né le campane né la croce che sormontava la cupola del convento greco-melchita.

    Il santuario, fondato alla fine del V secolo, è dedicato ai santi Sergio e Bacco, militari romani martirizzati per la loro fede sotto l'Imperatore Galerio. (250-311 d.C.). Sull’altura che sovrasta il santuario c'è l' Hotel Safir, un albergo che dominava il villaggio e che era stato scelto come quartier generale dalle milizie ribelli.

    Prima di venire travolto dalla guerra civile, nel villaggio rupestre di Maalula - che oggi appare disabitato - vivevano 5mila siriani, in grande maggioranza cristiani (greco-cattolici e greco-ortodossi). La riconquista di Sarkha, Maalula e Jibbeh è il risultato dell'offensiva con cui l'esercito siriano governativo ha ripreso il controllo quasi integrale della regione del Qalamun, dove passa anche la via strategica con cui i ribelli facevano giungere armi alle loro roccaforti nei dintorni di Damasco. In tale offensiva i reparti militari siriani vengono supportati dalle milizie sciite libanesi di Hezbollah. Proprio tre operatori della rete televisiva di Hezbollah al-Manar TV sono stati uccisi da raffiche sparate da cecchini mentre stavano documentando la riconquista di Maalula. (R.P.)

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    Profughi siriani in Giordania: a Karak l'emergenza non è finita

    ◊   “Anche se l’attenzione internazionale è scemata, l’emergenza qui non è finita e l’afflusso dei profughi dalla Siria continua ad essere costante”: a raccontarlo all'agenzia Misna è suor Alessandra Fumagalli, comboniana e direttrice dell’Ospedale italiano di Karak, a circa 150 chilometri da Amman. Nella zona, i rifugiati siriani sono oltre 10.000 e hanno come unico punto di riferimento il poliambulatorio gestito dalle religiose.

    “Negli ultimi tre mesi, con l’assistenza di Caritas e Unhcr, abbiamo dato assistenza a oltre 1170 persone, perlopiù donne, gravide o con bambini piccoli” dice la missionaria, secondo cui con l’arrivo della primavera “stanno aumentando le infezioni respiratorie e le febbri, che vanno ad aggiungersi alle normali patologie a cui assistiamo da mesi”.

    Problemi legati alla gravidanza, ma anche scabbia e malattie derivanti dalle scarse condizioni igienico-sanitarie imposte da un viaggio lungo, in zone disabitate e inospitali. “Alcune donne sono costrette a partorire da sole nel deserto – spiega – e giungono da noi per curare e reidratare questi bimbi, che troppe volte muoiono per disidratazione, denutrizione e ustioni”. Unico Centro attrezzato della regione, il nosocomio è troppo decentrato per usufruire degli aiuti di organizzazioni internazionali e del governo giordano, che coprono principalmente la parte nord del Paese, mentre l’altro ospedale più vicino è ad Amman. Ma le risorse non sono sufficienti.

    “Quello che ci dà più forza per andare avanti – racconta la religiosa – è la dignità e la pazienza di queste persone che, pur costrette ad abbandonare tutto, non perdono il loro decoro e il senso di umanità gli uni nei confronti degli altri”.

    Tra poche settimane, con l’arrivo del caldo, la scarsità di acqua, in una zona per lo più desertica, “sarà di certo un problema con cui confrontarci” osserva la missionaria, “ma quello che vogliamo far sapere al mondo è dell’esistenza di queste persone, che rischia di passare inosservata”. (R.P.)

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    Libia: rapito a Tripoli ambasciatore della Giordania

    ◊   Fawaz Al Itan (o Aitan), ambasciatore della Giordania in Libia, è stato rapito a Tripoli nell’attacco contro il convoglio a bordo del quale viaggiava: lo ha annunciato un portavoce del ministero degli Esteri libico, Said Lassued.

    In base alle prime informazioni disponibili riprese dall'agenzia Misna, ad aver bloccato il convoglio è stato un gruppo di non meglio identificati “uomini armati incappucciati che circolavano a bordo di due veicoli civili”. Secondo una fonte delle forze di sicurezza locale, nell’attacco l’autista dell’ambasciatore sarebbe rimasto ferito a colpi d’arma da fuoco. Da Amman il governo giordano ha soltanto dichiarato che “il caso viene seguito molto da vicino”.

    Dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011, le rappresentanze diplomatiche sono regolarmente prese di mira dalle innumerevoli milizie armate attive nel paese. Dal mese scorso non si hanno più notizie di un funzionario dell’ambasciata di Tunisia, rapito a Tripoli. Lo scorso gennaio cinque diplomatici egiziani sono stati trattenuti due giorni da alcuni miliziani. (R.P.)

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    La comunità ebraica nel mondo celebra la Pasqua

    ◊   Dal tramonto di ieri, 14 aprile, e fino al 22, la comunità ebraica in tutto il mondo celebra la Pesach, ovvero la Pasqua. Una ricorrenza che anche Papa Francesco ha ricordato inviando, venerdì scorso, 11 aprile, un messaggio di auguri al rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.

    La Pasqua ebraica, chiamata in ebraico Pesach termine che significa “passaggio”, è una delle tre feste più importanti nell’ebraismo. I suoi fondamenti si trovano nel libro dell’Esodo (capitolo 12): Dio libera Israele, suo popolo, dalla schiavitù dell’Egitto, e lo libera dicendo che “passerà” per il Paese d’Egitto colpendo e castigando i nemici. Da quel “passaggio” di Dio si ricava il termine di “Pesach”. Per volontà divina, la Pasqua ebraica deve essere celebrata ogni anno, trasmettendo il racconto della fedeltà di Dio al suo popolo e della liberazione dalla schiavitù a tutte le generazioni.

    Il libro dell’Esodo dice che il ricordo di quell’evento della storia della salvezza deve essere ricordato per sempre: è un memoriale. La festa è anche legata al ciclo delle stagioni, in particolare alla maturazione dei primi cereali nel Vicino Oriente. Così, alla sera del giorno 14 del mese di Nisan, quindi il giorno 15, gli ebrei, riuniti in famiglia, piccoli e grandi, si ritrovano per celebrare la pasqua con la cena detta seder, che significa “ordine”. Infatti, nel corso del pasto, preghiere, inni, meditazioni (come quelle tratte dall’Haggadah di Pesach, una sorta di commentario-omelia sul significato della Pasqua), domande e commentari si svolgono seguendo un ordine. Si mangiano erbe amare ed il mitzà, il pane azzimo, ricordo del fatto che non c’era tempo per far lievitare il pane per la fuga dall’Egitto, ma anche simbolo della difficoltà della schiavitù e della chiamata, da parte di Dio, ad eliminare la corruzione del peccato che è nascosta nel cuore dell’uomo.

    Questo centro della storia della salvezza, la Pesach, ha una durata di sette giorni in Israele e di otto per le comunità ebraiche della diaspora: il primo e l’ultimo giorno (per la diaspora, gli ultimi due) sono molto solenni. Il rapporto tra i membri del popolo ebraico e con Dio, Signore della Libertà contro l’oppressione e l’oppressore, si rinnova ma, anche, si “ri-attualizza”. (G.P.)

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    Sono in Asia i più grandi compratori di armi al mondo

    ◊   Anche quest'anno, l'Asia si conferma il mercato più importante per il commercio delle armi mondiali: tra i primi 15 Paesi per spesa militare, 8 fanno parte del continente. Lo rivela lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), che ha diffuso ieri i dati relativi al 2013. Cina, Russia, Arabia Saudita, Giappone e India sono tra le prime 10 nazioni in classifica.

    Nel complesso, la spesa militare mondiale si attesta a 1,73 trilioni di dollari: una flessione dell'1,9% rispetto al 2012, ma solo per i tagli di Stati Uniti e altri Paesi occidentali.

    In cima alla lista - riferisce l'agenzia AsiaNews - c'è Washington, con una spesa di 640 miliardi di dollari. A seguire ci sono Cina (188 miliardi di dollari), Russia (87,8 miliardi di dollari), Arabia Saudita (67 miliardi di dollari). La scia asiatica è interrotta da Francia (61,2 miliardi di dollari), Regno Unito (57,9 miliardi di dollari) e Germania (48,8 miliardi di dollari). Riprende con Giappone (48,6 miliardi di dollari) e India (47,4 miliardi di dollari).

    Nei restanti sei, per l'Asia troviamo la Corea del Sud (10mo posto, 33,9 miliardi di dollari), Turchia (14mo, 19,1 miliardi di dollari) ed Emirati Arabi Uniti (15mo, 19 miliardi di dollari). (R.P.)

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    Sud Sudan. Appello dei leader cristiani: fermate la violenza

    ◊   “L’attuale situazione non potrà mai essere risolta con mezzi militari; al contrario la guerra prolunga e aggrava questa indesiderabile condizione. La parti in conflitto devono quindi porre gli interessi del popolo al di sopra delle loro ambizioni personali” afferma una dichiarazione del South Sudan Council of Churches, l’organismo che riunisce i leader delle principali confessioni cristiane del Sud Sudan (compresa la Chiesa cattolica).

    La dichiarazione è pervenuta all’agenzia Fides mentre negli Stati di Unità e dell’Alto Nilo continuano gli scontri tra le forze governative del Presidente Salva Kiir e i ribelli dell’ex vice Presidente Riek Machar. I leader religiosi invitano i contendenti a rispettare l’accordo di cessate il fuoco da loro firmato il 23 gennaio ad Addis Abeba. “È un cessate il fuoco molto fragile e la comunità internazionale deve dimostrare un forte impegno affinché le due parti lo rispettino” afferma il documento.

    I combattimenti hanno provocato una crisi umanitaria molto grave; per questo i leader cristiani chiedono non solo la fine delle ostilità ma soprattutto aiuti internazionali “per gli sfollati, le cui proprietà sono state distrutte”. Facendo riferimento al referendum del 2011 che ha portato all’indipendenza del Paese dal Sudan, il documento conclude affermando che “Questo non è il futuro per il quale la popolazione ha votato. Vuole uno Stato libero e indipendente. Il popolo ha votato per vivere in pace e in comunione di amore con tutti, come fratelli e sorelle del popolo di Dio”. (R.P.)

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    India. I vescovi al presidente: la Chiesa darà il suo contributo alla nazione

    ◊   La Chiesa indiana prega intensamente per il delicato passaggio elettorale che nel mese di aprile vive il popolo indiano, impegnato nelle elezioni generali, e continuerà a dare il suo prezioso contributo alla nazione, operando soprattutto nel campo dell’istruzione e dei servizi sociali: è quanto hanno detto i vescovi indiani incontrando il Presidente dell’Unione indiana, Shri Pranab Mukherjee. Come riferisce all'agenzia Fides padre Joseph Chinnayyan, portavoce della Conferenza episcopale dell’India (Cbci), il leader della nazione ha incontrato nei giorni scorsi il nuovo Consiglio di presidenza dei vescovi, formato dal card.Baselios Cleemis (presidente), dai vescovi mons. Andrews Thazhath e mons. Filipe Neri Ferrao (i due vicepresidenti), e da mons. Albert D'Souza (segretario generale).

    Shri Pranab Mukherjee ha detto di apprezzare il servizio reso dai cristiani alla nazione e la totale dedizione dei leader spirituali della Chiesa, vescovi, preti, religiosi, laici impegnati per il miglioramento della vita del popolo dell'India, per la pace e l'armonia. Il Presidente ha appreso con soddisfazione l'iniziativa della Chiesa cattolica di osservare una speciale Giornata di preghiera per le elezioni, auspicando che i nuovi membri del Parlamento che verranno eletti garantiscano il buon funzionamento delle istituzioni civili, nell’interesse della nazione e per il benessere del popolo indiano.

    La nota inviata a Fides riferisce anche che i vescovi hanno espresso grande gioia e speranza per la notizia, giunta dal Vaticano, che il Santo Padre ha approvato i miracoli attribuiti all’intercessione del Beato Kuriakose Chavara e della Beata suor Euphrasia del Sacro Cuore di Gesù, che preludono alla canonizzazione dei due indiani. (R.P.)

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    Vescovi dello Sri Lanka: messaggio pasquale alla riconciliazione nel Paese

    ◊   "Pur osservando alcuni segni positivi di sviluppo nel Paese, avvertiamo il bisogno di promuovere l'unità e la riconciliazione tra il popolo della nostra madre terra. Questo può avvenire solo rispettandoci l'un l'altro e salvaguardando la dignità del prossimo". Così i vescovi cattolici dello Sri Lanka si sono rivolti alla comunità nel messaggio di Pasqua di quest'anno.

    Rilasciato oggi in singalese, tamil e inglese, il documento - riferisce l'agenzia AsiaNews - porta la firma del card. Malcolm Ranjith (arcidiocesi di Colombo) e di mons. Valance Mendis (diocesi di Chilaw), rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale (Cbcsl).

    "Il Signore risorto è apparso ai suoi discepoli - scrivono i vescovi - e ogni volta Egli li onora del dono della pace. La vera pace è davvero un dono e può essere vissuta nell'unione con Dio. Condividiamo lo stesso dono di pace in questi nostri giorni, dopo una guerra che ha devastato il Paese".

    Questo, aggiungono, "dipende in larga parte nell'uguaglianza e nella giustizia conferite a tutti i cittadini. Possano tutte le persone vivere il dono della pace, nelle loro vite private e nel nostro caro Paese". (R.P.)

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    Myanmar. Raid dell’esercito birmano contro i ribelli kachin: migliaia di sfollati e allerta umanitaria

    ◊   Nello Stato Kachin, nel nord del Myanmar al confine con la Cina, sono ripresi i combattimenti fra esercito birmano e milizie etniche ribelli, il Kachin Independence Army (Kia). La nuova ondata di violenze, divampata il 10 aprile in concomitanza con le operazioni di censimenti della popolazione volute da Naypyidaw, ha causato già oltre 3mila nuovi profughi. È l'allarme lanciato da un gruppo di Ong locali, anche cristiane, che si appellano alla comunità internazionale perché intervenga per porre fine agli scontri. Focolai di tensione, sfociati in guerriglia, sono divampati anche nella zona settentrionale del vicino Stato Shan. Fonti cattoliche locali riferiscono all'agenzia AsiaNews che i combattimenti hanno creato una situazione di "caos" lungo il confine sino-birmano, che fatica a stabilizzarsi.

    Nelle ultime settimane il governo centrale ha inviato un gran numero di soldati nella zona, col pretesto di assicurare il regolare svolgimento delle operazioni di censimento; tuttavia, l'indagine statistica - sostenuta anche a livello economico dalle Nazioni Unite - è stata boicottata dal braccio politico Kachin (il Kio, Kachin Independence Organization), perché oltre ad escludere la minoranza musulmana Rohingya non è di fatto rappresentativa di tutta la popolazione Kachin, a larga maggioranza cristiana.

    Gli scontri di questi giorni hanno causato la fuga di 800 abitanti del villaggio di Lagat Yang, controllato dai ribelli Kio; di questi, almeno 200 sono scappati oltreconfine, in Cina, dove la situazione viene definita "caotica". Altre 2mila persone di etnia Kachin, Shan e Palaung si sono rifugiate in Cina nelle ultime 72 ore per scampare ai raid dell'esercito birmano. Finora le autorità di Pechino non hanno posto particolari vincoli all'attraversamento della frontiera, ma la sorveglianza resta stretta e non è dato sapere se verrà concesso un permesso di soggiorno ai rifugiati e per quanto tempo.

    In un clima di violenza e terrore, un gruppo di Ong che operano nello Stato Kachin - fra cui Karuna, la Caritas birmana, la Kachin Baptist Convention (Kbc), la Kachin Women's Association e Bridge - hanno diffuso un comunicato in cui chiedono "una immediata cessazione delle ostilità". Una possibilità peraltro assai remota, visto che i militari continuano la loro avanzata e non sembrano intenzionati a ritirarsi. Gli attivisti auspicano anche il "pieno rispetto" delle leggi internazionali e dei diritti umani, garanzia di "protezione" per gli sfollati e, in particolare, i bambini vittime di "terribili traumi". Infine, essi rivolgono un appello alla Cina perché rispetti il principio di "non espulsione" dei rifugiati e, da ultimo, chiedono a tutte le organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali di "fornire con urgenza" l'assistenza di base e i beni di prima necessità necessari per la sopravvivenza delle vittime del conflitto.

    Il Myanmar, composto da oltre 135 etnie, ha avuto sempre difficoltà a farle convivere e in passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi, fra cui i Kachin nel nord. Divampato nel 2011 dopo 17 anni di relativa pace, il nuovo conflitto fra l'esercito governativo e le milizie ribelli Kia ha causato sinora decine di vittime civili e almeno 120mila sfollati, in larga maggioranza civili. I leader del movimento indipendentista e i rappresentanti del governo centrale di Naypyidaw - con l'amministrazione, semi-civile, guidata dal presidente Thein Sein - hanno dato vita a numerosi incontri di pace, senza mai giungere a risultati tangibili e duraturi. (R.P.)

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    Canada: i vescovi del Québec soddisfatti per l’abbandono del progetto della “Carta dei valori”

    ◊   La “Carta dei valori”, il controverso progetto di legge sostenuto dal Governo del Québec mirante ad interdire nella provincia canadese l’esposizione dei simboli religiosi in tutti gli uffici pubblici in nome della “laicità”, resterà lettera morta. L’interruzione dell’iter legislativo del provvedimento è una conseguenza diretta della sonora sconfitta del Partis Québecois - che aveva lanciato il progetto nel 2012 - alle elezioni provinciali di una settimana fa. Il vincitore della tornata elettorale Philippe Couillard, del Partito Liberale, ha infatti annunciato che presenterà una nuova Carta, eliminando i punti più controversi del progetto originale, a cominciare dal divieto dei dipendenti pubblici di indossare il crocifisso, il velo islamico, la kippah ebraica, o altri simboli religiosi.

    I vescovi del Québec non nascondono il sollievo per l’abbandono del progetto, che ha incontrato in questi mesi la forte opposizione non solo della Chiesa, ma anche della comunità ebraica e di quella musulmana. In questo senso si è espresso il presidente della Conferenza episcopale, mons. Pierre-André Fournier che, ha affermato che con il voto gli elettori del Québec hanno voluto lanciare un messaggio di riconciliazione rispetto alla linea dello scontro scelta del Primo Ministro uscente Pauline Maourois. Il presule ha comunque precisato che i vescovi non abbasseranno la guardia: “Vedremo quello che proporrà il nuovo Governo, ma continueremo ad essere vigili”, ha detto alla Radio Vaticana.

    Nei mesi passati la Conferenza episcopale del Québec, ma anche le congregazioni religiose locali, avevano evidenziato a più riprese i pericoli insiti nel testo della Carta dei Valori, vedendovi in particolare il rischio di un “ateismo ufficiale” e una seria minaccia alla libertà religiosa. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Via Crucis a Palermo: i migranti pregano per le vittime della tratta e dei viaggi della speranza

    ◊   Hanno pregato insieme in nove lingue diverse: tunisini e nigeriani, ma anche giovani di origine nordafricana. Circa 250 persone in cammino, a Palermo, per le 15 stazioni della via Crucis. Alcuni hanno attraversato il Mediterraneo per cercare una vita migliore in Italia, altri sono nati in Sicilia da genitori giunti da altri Paesi. Insieme hanno pregato per chi ha perso la vita durante i viaggi della speranza e per le vittime della tratta.

    “Seguire Gesù, che è stato venduto per 30 denari – spiega padre Sergio Natoli dell’Ufficio Migrantes dell’arcidiocesi di Palermo -, infonde forza, speranza e fiducia nella "Resurrezione" di quanti oggi sono resi schiavi e crocifissi dai moderni trafficanti della tratta di esseri umani”. I mauriziani hanno recitato una stazione della via Crucis nella loro lingua, il kreol, i ghanesi in twi, i migranti dell’America latina in spagnolo, quelli della Costa d’Avorio in francese, i filippini in inglese. In segno di condivisione tutti, seguendo l’usanza ghanese, hanno indossato qualcosa di rosso. In cammino con loro anche gruppi di italiani. (Da Palermo, Filippo Passantino)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 105

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.