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Sommario del 13/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Messa Palme. Il Papa: davanti a Gesù siamo Maria o Giuda? All'Angelus il saluto ai giovani delle Gmg
  • Messa Palme. La gente: parole del Papa ci spingono alla coerenza della fede
  • Gmg. Don Mirilli: giovani di Roma si preparano per raduno di Cracovia
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria, armi chimiche: accuse reciproche tra governo e ribelli
  • L’Anp ratifica Convenzioni di Ginevra. Gerusalemme, scontri sulla spianata delle Moschee
  • Pakistan. Ristagna dialogo di pace fra governo e talebani
  • Giovani. Estate nei campi volontariato, iniziative di "Terre e libertà"
  • Avvocati di strada: senzatetto in aumento, hanno diritto alla residenza
  • Roma. S. Ildegarda di Bingen raccontata a teatro da Cristina Borgogni
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Ucraina: continuano i disordini, morti e feriti nell'est del Paese
  • Brunei: in vigore il Codice penale islamico che “viola i diritti umani”
  • Colombia. Nascono le “Scuole di riconciliazione”: iniziativa della Chiesa per i giovani
  • Cuba. Piano Caritas: la carità rende possibile la speranza
  • Giappone: nuovo allarme aviaria, il primo dal 2011. Da abbattere 100 mila polli
  • Cile: enorme incendio a Valparaiso, 4 morti e 1000 case distrutte
  • Il Papa e la Santa Sede



    Messa Palme. Il Papa: davanti a Gesù siamo Maria o Giuda? All'Angelus il saluto ai giovani delle Gmg

    ◊   La Settimana Santa sia scandita da una domanda: sono come Giuda o Pilato, o come Maria, il Cireneo, le donne che rimasero con Gesù fino alla sua morte? Con queste parole di grande profondità spirituale Papa Francesco ha presieduto in Piazza San Pietro la Messa della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, davanti a una folla di oltre 60 mila persone. Nella Giornata diocesana della gioventù, al momento dell’Angelus c’è stato anche il rito del passaggio delle Croce delle Gmg dai ragazzi di Rio a quelli di Cracovia, con il Papa che ha ricordato l’incontro che a metà agosto avrà con i giovani asiatici in Corea del Sud. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “A quale di queste persone io rassomiglio?”. La domanda di Papa Francesco è come un pugno alla stomaco della fede. Nel silenzio assoluto di cui possono essere capaci decine di migliaia di persone, la sua voce lenta, riflessiva, passa in rassegna come l’obiettivo in primo piano di una telecamera i volti dei protagonisti della Passione di Cristo, ricordati dal lungo brano del Vangelo. Parla senza quasi staccare gli occhi dalla marea di persone che gli sta davanti, Papa Francesco, che già alle 9.30 era apparso tra la folla di Piazza San Pietro seduto in silenzio sulla giardinetta scoperta, senza il solito sorriso allegro, a dare con la sua compostezza e con la veste rossa sulle spalle il segno fisico della gravità della celebrazione.

    “Chi sono io? Chi sono io, davanti al mio Signore? Chi sono io, davanti a Gesù che entra di festa in Gerusalemme? Sono capace di esprimere la mia gioia, di lodarlo? O prendo distanza? Chi sono io, davanti a Gesù che soffre?”.

    La celebrazione inizia con la processione e la benedizione dei rami d’ulivo e dei parmureli liguri davanti all’obelisco egizio della piazza, cui le palme artisticamente intrecciate dai mastri di Bordighera e Sanremo sono legate da un’antica tradizione. Tra le mani, Papa Francesco stringe una ferula intagliata nel legno d'ulivo dai detenuti di Sanremo. Quei pochi metri quadrati, circondati dagli alberi d’ulivo pugliesi, sono simbolo e memoria di una giornata di festa di duemila anni fa a Gerusalemme, e di un onore presto sconfessato.

    Dall’obelisco all’altare, dove predomina la macchia rosso sangue della schiera di cardinali, il trionfo diventa odio, l’amicizia calpestata dal tradimento. Papa Francesco non legge una riga dell’omelia preparata, a parlare è il suo cuore. “Abbiamo sentito tanti nomi”, dice, riferendosi ai personaggi che popolano le ultime ore della vita di Gesù. Come quel “gruppo di dirigenti” – sacerdoti, farisei, maestri della legge – “che avevano deciso di ucciderlo”. O come Giuda che lo vende per 30 monete. “Sono io come Giuda?”, si interroga e interroga il Papa. O sono come i discepoli?

    “I discepoli che non capivano niente, che si addormentavano mentre il Signore soffriva. La mia vita è addormentata? O sono come i discepoli, che non capivano cosa fosse tradire Gesù? Come quell’altro discepolo che voleva risolvere tutto con la spada: sono io come loro? Sono io come Giuda, che fa finta di amare e bacia il Maestro per consegnarlo, per tradirlo? Sono io, traditore? Sono io come quei dirigenti che di fretta fanno il tribunale e cercano falsi testimoni: sono io come loro?”

    Papa Francesco è un martello che non finisce di colpire. Perché dal Sinedrio al palazzo del governatore romano il tragitto della coscienza è breve. “Sono io come Pilato – si chiede e chiede il Papa – che quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone?”. O sono, insiste, come quelli del popolo si fanno beffe di Gesù?:

    “Sono io come quella folla che non sapeva bene se era in una riunione religiosa, in un giudizio o in un circo, e sceglie Barabba? Per loro è lo stesso: era più divertente, per umiliare Gesù. Sono io come i soldati che colpiscono il Signore, sputano addosso a Lui, lo insultano, si divertono con l’umiliazione del Signore?”.

    Ma tra la folla non abita solo l’oltraggio crudele a un innocente. Ci sono luci abbaglianti, che macchiano di amore l’isteria di una massa cui non interessa la giustizia ma vedere scorrere il sangue. E Papa Francesco guarda questi visi di luce e li indica al cuore di chiunque si dica cristiano:

    “Sono io come il Cireneo che tornava dal lavoro, affaticato, ma ha avuto la buona volontà di aiutare il Signore a portare la croce? (…) Sono io come quelle donne coraggiose, e come la mamma di Gesù, che erano lì, soffrivano in silenzio? Sono io come Giuseppe, il discepolo nascosto, che porta il corpo di Gesù con amore, per dargli sepoltura? Sono io come queste due Marie che rimangono alla porta del Sepolcro, piangendo, pregando?”.

    Inizia la Settimana Santa e non servono troppe considerazioni, termina l’omelia Papa Francesco. Basta una domanda:

    “Dove è il mio cuore? A quale di queste persone io mi assomiglio? Che questa domanda ci accompagni durante tutta la settimana”.

    L’Angelus che conclude la celebrazione è tutto dedicato ai giovani. Sulle scale del sagrato di Piazza San Pietro – e sotto gli occhi dei rispettivi arcivescovi, i cardinali Orani João Tempesta e Stanislaw Dziwisz – ragazze e ragazzi di Rio de Janeiro consegnano la Croce delle Giornate mondiale della gioventù ai loro coetanei di Cracovia, città che ospiterà il prossimo raduno nel 2016. Questa Croce, ricorda Papa Francesco, è il segno itinerante “dell’amore di Cristo per l’umanità” che ai giovani delle Gmg consegnò Giovanni Paolo II, che ora si appresta – afferma il Papa – a diventare “il grande patrono” di questi incontri. Ma prima c’è un altro incontro particolare, per il quale Papa Francesco chiede preghiere e sostegno:

    “In questo contesto ho la gioia di annunciare che, a Dio piacendo, il 15 agosto prossimo, a Daejeon, nella Repubblica di Corea, incontrerò i giovani dell’Asia nel loro grande raduno continentale”.

    Il sorriso sul viso del Papa ritorna al termine della cerimonia, quando si intrattiene a lungo girando in auto, e spesso fermandosi per un bacio ai bambini e agli anziani, tra la folla accalcata sulle transenne e in particolare quando si concede – quasi venendone travolto – a un saluto a distanza ravvicinatissima con i ragazzi di Rio e Cracovia, che tentano di avere con lui l’ormai irrinunciabile selfie.

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    Messa Palme. La gente: parole del Papa ci spingono alla coerenza della fede

    ◊   Molta impressione hanno suscitato le domande che Papa Francesco ha rivolto alla folla in Piazza San Pietro, ispirate alle figure del Vangelo della Passione di Gesù. Marina Tomarro ha chiesto quale dei paragoni proposti dal Papa abbiano colpito di più:

    R. – E’ impossibile, adesso, dirlo così, perché non si è mai sempre una sola persona fra questi… Durante l’arco della vita, a volte si è Giuseppe, a volte si è i soldati… E' un mix, quindi. Sì, Maria, Giuseppe, va bene. Però, io almeno personalmente, posso rappresentare almeno finora, nell’arco della mia vita, varie figure tra queste.

    R. – Io credo che dobbiamo seguire le parole del Santo Padre, che sono quelle di lasciar passare questa Settimana riflettendo su questa cosa, e molto probabilmente dare una risposta il Venerdì Santo. Forse in quel momento, dopo questa Settimana, veramente capiremo chi siamo di quei personaggi.

    R. – E’ difficile dire tra quelle figure a quale sia più prossimo... Credo di essere amico di Simone di Cirene, perché è pronto ad aiutare, pronto a servire…

    D. – Oggi è la Giornata diocesana della gioventù: il tema è “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei Cieli”. Ma il Papa ci invita anche ad andare controcorrente, a prendere in mano la nostra vita…

    R. – Penso che quello che ci invita a fare il Papa sia proprio uscire dal nostro piccolo per cercare di portare al mondo il carisma cristiano. Con questo vuole intendere andare controcorrente e non essere poveri di spirito.

    R. – Io, nel mio piccolo, cerco di dimostrare la mia fede, magari nei luoghi che frequento di più, come ad esempio la scuola, la palestra… non solamente in chiesa.

    D. – Come vivrà questa Settimana Santa?

    R. – Ho iniziato questa Settimana Santa pregando per molte persone che conosco e che vivono delle vere sofferenze, delle vere "passioni". Penso che questa Passione e Resurrezione di Cristo venga a raggiungerci lì dove soffriamo di più ed è veramente difficile.

    R. – Vuol dire accettare la Croce nelle difficoltà della vita di ogni giorno, nella quotidianità. Per quanto mi riguarda, ho vissuto in famiglia dei momenti di forte dolore per la perdita di alcune persone care e quindi vivere la Passione di Cristo significa stare sotto la Croce ma con la speranza, anche. Perché dopo la morte c’è la resurrezione.

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    Gmg. Don Mirilli: giovani di Roma si preparano per raduno di Cracovia

    ◊   Giovanni Paolo II sarà presto Santo e insieme, come ricordato da Papa Francesco, “patrono” delle Giornate mondiali della gioventù, dopo esserne stato l’iniziatore. Don Maurizio Mirilli, responsabile della pastorale giovanile della diocesi di Roma, si sofferma su questo aspetto al microfono di Federico Piana:

    R. – Sono tappe intermedie: tra quella di Rio e quella di Cracovia passano tre anni e quindi ogni anno le due tappe intermedie delle Giornate diocesane servono proprio a questa preparazione. Poi, tra l’altro, quest’anno è molto particolare perché a breve, con la Canonizzazione di Giovanni Paolo II, Papa Francesco ha dichiarato Govanni Paolo II il Santo dei giovani, il Patrono delle Gmg e questo arricchisce ancora di più di contenuto questa Giornata…

    D. - …la rende un po’ speciale, no?

    R. – Sì, anche questo passaggio della Croce ai giovani polacchi… Tra pochi giorni, ci sarà la Canonizzazione di Giovanni Paolo II, assieme a Giovanni XXIII, e siamo tutti impegnati per vivere questa Pasqua in maniera davvero entusiasta, accogliendo tutti i pellegrini che arriveranno da ogni parte del mondo.

    D. – Per quanto riguarda le canonizzazioni, i giovani, come si stanno preparando, in questo caso?

    R. – C’è una serie di iniziative: l’incontro per i giovani di Roma, che faremo nella Basilica di San Giovanni in Laterano, martedì 22 aprile, alle 20.30, con una catechesi tenuta da don Fabio Rosini, poi una catechesi che terrò io stesso il il 25 aprile… E poi ci sarà, il 26, la notte di preghiera che sarà animata da quasi tutte le chiese del centro, dai giovani dei vari gruppi, movimenti o associazioni laicali della diocesi, che in qualche maniera apriranno le porte, in particolar modo ai giovani che già durante la notte arriveranno in città, creando una sorta di percorso verso Piazza San Pietro.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria, armi chimiche: accuse reciproche tra governo e ribelli

    ◊   Denunce di nuovi attacchi con armi chimiche arrivano dalla Siria: per l’opposizione l’esercito avrebbe bombardato un villaggio nella regione di Hama e un sobborgo di Damasco provocando sette morti e circa 100 intossicati. Di un solo attacco con due morti parlano invece i media governativi, accusando il gruppo islamista al-Nusra. Continuano anche gli attacchi con armi convenzionali, che secondo attivisti antiregime avrebbero fatto oggi 29 vittime ad Aleppo e oltre 260 ieri in tutto il Paese. Riguardo le nuove accuse sulle armi chimiche, Davide Maggiore ha raccolto il commento di Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

    R. – Fu complicato anche capire ciò che successe realmente con il primo attacco: quello fu veramente una clamorosa strage, nei sobborghi di Damasco… Oggi, la storia si ripete con questo attacco che ha provocato molto meno vittime ma che è ugualmente significativo perché vuol dire che la capacità di produrre armi chimiche o eventualmente gli stock ammassati in precedenza sono ancora lì, sul terreno, e possono essere usati.

    D. – C’era stato un impegno formale a smantellare le armi chimiche una missione deputata a questo…

    R. – Intanto, pare che i gas usati in questa occasione specifica siano pesticidi, cioè siano armi chimiche messe insieme non con un sistema industriale, ma con un sistema più “artigianale”. Ma ugualmente micidiale, come si vede. Quindi, questo forse ci dice che lo smantellamento delle riserve funzionò, fu reale, ma appunto si continua a produrre armi chimiche – ripeto – “artigianali” sul terreno. Questo ovviamente getta prospettive ancora più cupe sulla guerra in corso, che già è sufficientemente cupa di suo. Sono state ammazzate 150 mila persone in Siria, in questi tre anni, e di questi 150 mila circa un migliaio sono attribuite alle armi chimiche. Cioè, questo delle armi chimiche è un incubo che va ovviamente fermato, annullato. Però, le armi tradizionali – pistole, esplosivi – uccidono in Siria tutti i giorni.

    D. – C’è qualche possibilità che la comunità internazionale possa intervenire per garantire una pace?

    R. – Temo che a questo punto la comunità internazionale possa fare abbastanza poco. All’origine di questa guerra c’è una tremenda responsabilità di Assad, perché quando tre anni fa la gente, le opposizioni, chiedevano un po’ più di democrazia, un po’ più di apertura, Assad ha reagito sparando a richieste molto moderate. Però, le potenze occidentali hanno aperto una sorta di vaso di Pandora che ha spalancato le porte al peggio del terrorismo qaedista, e questo qaedismo non risponde poi agli appelli alla ragionevolezza della Russia, degli Stati Uniti, di questo o di quello… Questo qaedismo ha obiettivi propri che è disposto a perseguire a dispetto di tutto e di tutti e, soprattutto, a dispetto del costo di vite umane che questi obiettivi comportano.

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    L’Anp ratifica Convenzioni di Ginevra. Gerusalemme, scontri sulla spianata delle Moschee

    ◊   A Gerusalemme, sulla spianata delle moschee si sono verificati scontri questa mattina tra dimostranti palestinesi e polizia israeliana. Secondo le Forze dell'ordine, la protesta è stata innescata dall'autorizzazione concessa a persone di religione non islamica a entrare nel sito, considerato sacro sia dagli ebrei che dai musulmani. Intanto, sul fronte internazionale, l’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha ratificato le quattro Convenzioni di Ginevra e il Protocollo addizionale, considerati testi fondamentali in materia di diritto umanitario internazionale. L’adesione palestinese è significativa, in quanto garantisce la protezione dei civili in caso di occupazione, giustificando l’opposizione palestinese agli insediamenti israeliani nei Territori. Sulla decisione dell’Anp, che può costituire un ulteriore ostacolo ai colloqui di pace con lo Stato ebraico, Giancarlo La Vella ha intervistato Antonio Ferrari, analista di politica internazionale del Corriere della Sera:

    R. – E’ chiaro che il governo dell’Autorità nazionale palestinese, davanti ai continui rinvii, nonostante i nuovi sforzi americani di fare riprendere il colloquio di pace, cerchi di forzare la mano. La presenza dei coloni nei Territori occupati da Israele è una spina nel fianco di qualsiasi negoziato e io credo che questa mossa sia dovuta proprio alla volontà di convincere l’altra parte a compiere quel passo decisivo, che potrebbe riavviare seriamente il negoziato, come vogliono tutti: gli americani, l’Europa, i palestinesi e credo anche la stragrande maggioranza del popolo d’Israele.

    D. – E’ come se il confronto si fosse spostato, ora, dal terreno dello scontro bellico a quello diplomatico…

    R. – Se noi pensiamo a tutto quello che è successo negli anni scorsi – la prima Intifadah, la seconda Intifadah e anche una possibile terza Intifadah da combattere con le armi o con altri mezzi violenti – qui invece siamo veramente in un campo “freddo”: il campo della diplomazia, il campo delle istituzioni, il campo del riconoscimento dei diritti. Ed è questo il terreno più scivoloso per Israele, perché si tratta di adesioni e di ratifiche che coinvolgono tutta al comunità internazionale e quindi per l’attuale governo di Israele sarà difficile, da una parte, accettare, ma anche, dall’altra, dire di no. Quindi bisognerà vedere che effetti avrà questo passo. Obama ci spera, i negoziatori pure: chissà che possa essere non un ostacolo, ma l’opportunità di una svolta positiva.

    D. – Non dimenticando che poi la questione degli insediamenti è solo uno dei problemi da risolvere: ce ne sono tanti altri …

    R. – Sì, è vero. Io credo che forse non sia nemmeno il più importante. Per esempio, il problema importante è quello del “diritto al ritorno”. Significa che i palestinesi, che vivono fuori, possono tornare in Israele da dove furono espulsi. Io penso che il problema più facile forse sia quello che all’inizio era il problema più difficile, e cioè quello della capitale. Israele non rinuncerà mai a Gerusalemme, ma neanche i palestinesi potranno rinunciare mai a Gerusalemme. D’altronde, prima o poi, una soluzione si troverà. E soprattutto, per quanto riguarda la città santa, vorrei ricordare le parole del primo presidente della Corte suprema, Haim Cohn: “Gerusalemme è abbastanza grande per poter essere la capitale di due Stati”.

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    Pakistan. Ristagna dialogo di pace fra governo e talebani

    ◊   C’è uno stallo nel processo di pace in corso tra il governo di Islamabad e i talebani pakistani. Mohammad Ibrahim, incaricato di fare da tramite tra la commissione dei miliziani e quella dell’esecutivo pakistano, auspica che il processo di pace possa riprendere e proseguire nella giusta direzione. Veronica Giacometti ha chiesto l'opinione di Andrea Margelletti, presidente del Centro studi internazionali:

    R. – Stiamo parlando di un mondo dove la negoziazione assurge al ruolo di arte. Immaginare che, in questo contesto, si possa lontanamente applicare uno standard vicino a quello occidentale è un peccato di poca conoscenza. Sono negoziati che continueranno addirittura dopo che sarà raggiunto – semmai sarà raggiunto – un accordo.

    D. – Di chi è la responsabilità maggiore di questo stallo nei negoziati?

    R. – Le responsabilità sono sempre tra la domanda e l’offerta: l’applicazione in tutto il Pakistan della sharia, in maniera ortodossa, la legge islamica, l’allontanamento dalla zona della loro influenza – le cosiddette aree tribali – delle forze armate pakistane e, dall’altra parte, il governo centrale tradizionalmente bicefalo nei confronti dei talebani, che cerca comunque di mantenere una sua forza.

    D. – Chi frena il percorso di pace è anche l’esercito?

    R. – Un vecchio adagio locale dice che ogni Paese al mondo ha un esercito e in un solo caso l’esercito ha una nazione ed è il Pakistan. L’esercito pakistano ha una forza politica che solo in Pakistan vede questa realtà. E lo stesso esercito non è un monolito di decisionismo nei confronti della realtà ultraortodossa. Ma, ricordiamolo, i talebani pakistani, il cui recente leader Fazlullah è assurto agli onori della cronaca, non sono neanche loro una realtà chiara e definita. Questa è la ragione per la quale, anche recentemente, proprio pochi giorni fa ci sono stati forti scontri a fuoco tra diversi gruppi di talebani.

    D. – E’credibile questa nuova veste dei talebani, disposti al dialogo?

    R. – Credo che non ci sia nessuno che non sia mai disposto al dialogo e che, se qualcuno è parte del problema, è contestualmente parte della soluzione. Il vero punto è: quanto sei disposto a concedere e gli altri quanto sono disposti a dare?

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    Giovani. Estate nei campi volontariato, iniziative di "Terre e libertà"

    ◊   Albania, Bosnia Erzegovina, Moldova e Africa sono alcuni dei Paesi che ospiteranno i ragazzi che decideranno di partecipare ai campi di volontariato internazionale “Terre e Libertà”, organizzati da giugno a fine agosto da Ipsia, l’Istituto per la pace, sviluppo e innovazione delle Acli. Da qualche giorno ci si può iscrivere per fare un’esperienza di vita comunitaria con giovani provenienti da tutto il mondo. Maria Cristina Montagnaro ha chiesto a Daniele Socciarelli, responsabile del progetto, quali sono le idee che sono dietro ai campi di volontariato:

    R. - Le idee che stanno dietro i campi di volontariato internazionale sono quelle che riguardano la vicinanza con situazioni diverse rispetto alla nostra. Quindi, l’incontro e lo scambio con delle popolazioni, a volte molto vicine ma non così tanto dal punto di vista culturale. Quindi, l’abituare i ragazzi, fin da giovani, a un’apertura mentale su quello che è l’incontro con l’altro, l’incontro col prossimo.

    D. - Che cosa fanno concretamente?

    R. - I volontari si troveranno a conoscere delle piccole realtà di queste Paesi, spesso isolate, dove faranno un’attività molto semplice: giocheranno con i bambini del luogo, bambini che vanno dai 5-6 anni fino ai 12-13, con attività molto semplici di giochi di squadra, laboratori creativi, sport. Assieme a questo, ci sono poi una serie di iniziative di conoscenza del territorio attraverso l’attività di turismo responsabile.

    D. - Ci può fare un esempio?

    R. - I volontari che andranno a fare il campo di animazione in Kenya, a Meru - per utilizzare un esempio relativo all’Africa - svolgeranno due settimane di animazione presso una scuola vicino a Meru, un villaggio a circa tre ore da Nairobi. All’interno di questo villaggio c’è una fabbrica del commercio equo e solidale, che si chiama "Meru Herbs", di cui si trovano marmellate e tè presso le botteghe del commercio equo. I volontari, oltre ad avere la possibilità di conoscere l’inizio della filiera del commercio equo e solidale, potranno così dare una mano dal punto di vista lavorativo agli operai della fabbrica e attraverso di loro conosceranno il Paese con visite guidate nei territori circostanti, appoggiandosi a piccole realtà per dormire o magari piccole realtà che non sono all’interno del grande turismo per mangiare o per ottenere delle guide per il territorio.

    D. - Quali sono le novità rispetto all’anno precedente?

    R. - Per la prima volta, la prossima estate si svolgeremo attività in Moldova, per quanto riguarda l’Europa: è un progetto che nasce da una collaborazione interna con l’Ufficio del Patronato Acli, che è stato aperto a Chisinau, dove si svolgono pratiche sia di lavoro per migrazione o migrazione di rientro per i cittadini moldavi che vengono in Italia. Insieme con loro, realizzeremo delle attività presso l’orfanatrofio statale di Chisinau. E questa per noi è la prima esperienza in una ex Repubblica sovietica, dove non abbiamo mai svolto attività e soprattutto anche in un contesto molto più strutturato come quello di un orfanatrofio. Le altre due novità riguardano invece l’Africa. Svolgeremo attività in un campo in Burundi, presso un centro di riabilitazione per disabili motori: si tratta sempre di attività di animazione, gioco e laboratorio.

    D. - Quali sono i benefici?

    R. - Sicuramente, è quello di mettere in condivisione ciò che si ha. E' il fatto che questo tipo di esperienze ti portano a vivere e condividere per due o tre settimane - queste sono le durate dei campi, rispettivamente per l’Europa e l’Africa - con delle persone che hai conosciuto solamente per due fine settimana e con le quali ti trovi a condividere, 24 ore su 24 ore, la tua vita. Quindi, condivisione della propria persona e delle proprie abitudini con gli altri e aprire gli occhi. Noi utilizziamo molto spesso questo vecchio proverbio bosniaco, che ci accompagna da quando siamo nati: “Il mondo non è solo quello che vedi dal tuo balcone. Quindi affacciati ad altri balconi”.

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    Avvocati di strada: senzatetto in aumento, hanno diritto alla residenza

    ◊   Legali a tutela dei senzatetto. L’Associazione “Avvocato di Strada” Onlus ha presentato ieri i dati della sua attività rivolta appunto a chi non ha una casa. Si parla di 2.718 pratiche nel 2013 sul territorio nazionale, rispetto alle 2575 dell’anno precedente. Il presidente dell'Associazione, Antonio Mumolo, ne parla al microfono di Elisa Sartarelli:

    R. – Le pratiche più affrontate nel 2013 sono ancora quelle relative al diritto di residenza, perché purtroppo ci sono sempre più persone che finiscono in strada e finendo in strada perdono il diritto alla residenza o quanto meno vengono cancellate dalle liste anagrafiche del Comune in cui risiedono. Con la perdita della residenza queste persone perdono tutti i diritti, tra cui il diritto alla salute, perché senza residenza una persona non è più iscritta agli elenchi del Servizio sanitario nazionale e quindi non ha diritto al medico di base, né diritto al lavoro, perché senza residenza non si può lavorare. Se non si ha una carta d’identità, non si può aprire una partita Iva, si perdono i diritti politici, i diritti previdenziali. Quindi la battaglia sulla residenza continua. Ci sono ancora molti sindaci che cercano di evitare di dare la residenza alle persone che diventano povere e finiscono in strada, mentre la residenza è un diritto soggettivo, fondamentale di ogni cittadino. Ben 270 persone si sono rivolte a noi per la residenza.

    D. – Seguite più uomini o donne?

    R. - In strada, attualmente, ci sono come percentuale, rispetto a quelle persone che abbiamo seguito noi, il 64% di uomini e il 35,9 - quasi il 36% - di donne. C’è un notevole aumento, purtroppo, delle donne che finiscono in strada e arrivano ai nostri sportelli.

    D. – Si tratta in maggioranza di italiani o stranieri?

    R. – Abbiamo come utenti il 59% di cittadini extracomunitari, l’8% di cittadini comunitari e il 33% di cittadini italiani. Rispetto agli anni scorsi, c’è un notevole aumento dei cittadini italiani in strada.

    D. – La crisi fa aumentare il numero dei senzatetto?

    R. – Purtroppo sì. E questo si può vedere davanti alla mensa della Caritas, dove le persone sono più che raddoppiate negli ultimi anni. Bisognerebbe fare qualcosa, anche dal punto di vista politico. Bisognerebbe introdurre delle norme affinché queste persone possano essere effettivamente aiutate dal welfare locale, perché altrimenti non se ne esce.

    D. – Potremmo pensare che chi vive in strada sia più portato a delinquere rispetto ad altri. Sono, invece, i senzatetto spesso a essere vittime di aggressioni…

    R. – Assolutamente sì. Se noi guardiamo nelle pratiche di diritto penale, vediamo che un numero molto elevato – 45 persone l’anno scorso – si sono rivolte a noi in qualità di persona offesa: quindi persone che sono state aggredite, minacciate, molestate. Poi, è chiaro che sui media nazionali viene riportato il fatto eclatante, come quelle quattro persone picchiate a Genova, oppure la persona cosparsa di alcol e data alle fiamme mentre dorme su una panchina… Ma ce ne sono tantissime altre che vengono aggredite, vengono molestate semplicemente perché sono povere, semplicemente perché sono costrette a dormire in strada.

    D. – A destare preoccupazione oggi è il "decreto Lupi"…

    R. – Il cosiddetto "decreto Lupi", che si occupa dei problemi della casa, stabilisce all’art.5 che alle persone che occupano delle case, degli appartamenti o comunque degli immobili non può essere concessa la residenza in quei locali. Il problema è che ci sono tantissime famiglie che hanno occupato anche scuole in disuso, edifici pubblici, e che vivono in quegli immobili. Se noi togliamo la residenza a queste persone, il loro problema diventa ancora più grave e i loro figli faranno fatica ad andare a scuola. Togliendo la residenza, quelle persone non avranno più l’assistenza del Servizio sanitario nazionale. Quindi, questo decreto dovrebbe essere modificato, perché un conto è non dare la residenza in un immobile, un conto invece è dire che la residenza comunque viene concessa per esempio nella via fittizia, di cui ogni città deve dotarsi, in cui dare la residenza senza fissa dimora. Senza un documento d’identità, queste persone diventeranno invisibili... Mi auguro che venga modificata questa norma, almeno spiegando come dare la residenza alle persone che sono costrette a vivere in immobili occupati.

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    Roma. S. Ildegarda di Bingen raccontata a teatro da Cristina Borgogni

    ◊   Profetessa, musicista, nutrizionista ante litteram, scrittrice e scienziata del XII secolo, Santa Ildegarda di Bingen è stata da sempre uno dei più complessi e affascinanti personaggi della storia della Chiesa con cui si sono confrontati imperatori e Papi. L’attrice e autrice Cristina Borgogni fa rivivere il suo cammino umano e spirituale nello spettacolo “Ildegarda, la sibilla renana”, in scena in questi giorni fino al prossimo 20 aprile al Teatro Due a Roma. Ma come nasce l’idea di portare sul palcoscenico la vita di questa Santa? Cristina Borgogni lo spiega al microfono di Marina Tomarro:

    R. – Questo spettacolo nasce dal mio desiderio come attrice, come artista, di parlare anche di temi spirituali. E mentre pensavo a quale personaggio avrei potuto rappresentare o a quale testo, continuamente mi veniva in mente questo nome – Ildegarda di Bingen – che avevo letto tante volte. Per cui ho pensato di portare in scena qualcosa su di lei, ma non ho trovato niente. Non esiste un testo teatrale su Ildegarda di Bingen. E allora ho deciso: mi sono buttata, mi sono messa a studiare. Credo sia una donna quanto mai attuale, con un grandissimi equilibrio e una grande forza, cosa che mi ha colpito di più. E poi, era una scienziata straordinaria! Lei ha inventato il nutrizionismo moderno, la psicosomatica moderna per cui è infinita. Si potrebbero fare 20 spettacoli diversi su Ildegarda di Bingen...

    D. – Qual è il messaggio che può dare alla società contemporanea?

    R. – Ci spinge ad avere coraggio, a osare, a ricercare, a non fermarci davanti a niente, a imparare ad avere comportamenti corretti, dove per corretto sta in armonia con le persone che circondano, con l’universo e con Dio.

    D. – Lei sulla scena recita con suo marito, Paolo Lorimer. Allora, Ildegarda in che modo è entrata nella vostra vita privata, in che modo ve l’ha cambiata?

    R. – Devo dire che ci ha molto influenzati. Innanzitutto, seguiamo la cucina di Ildegarda: il farro che lei lo amava tanto – abbiamo incominciato a mangiare tanto farro. Anche noi cerchiamo di fare il digiuno una volta alla settimana, non sempre ci riesce… E’ stata una specie di ciclone, Ildegarda, in questo ultimo anno, nella nostra vita, perché non solo la rappresentiamo, ma è stato talmente profondo lo studio… Ildegarda aveva questo monaco, Volmar, che era stato suo segretario tutta la vita e che l’aiutava a scrivere. Io non sono brava al computer: sono negata per il computer. E allora avevo chiesto aiuto a mio marito Paolo e a un certo momento si è ricostruita esattamente la scena tra Ildegarda e Volmar: io dettavo e lui scriveva. Questo è un particolare, però è curioso…

    D. – Se dovesse paragonare Ildegarda a un personaggio storico o a un personaggio contemporaneo, chi le viene in mente?

    R. – Madre Teresa di Calcutta è il personaggio religioso che mi viene in mente in maniera più immediata, però Ildegarda era un insieme tra Madre Teresa di Calcutta e Leonardo da Vinci, perché aveva tutto il lato scientifico, il lato artistico, profondamente teologico. Benedetto XVI l’ha dichiarata Dottore della Chiesa, non solo Santa, perché era anche un’intellettuale straordinaria. E quindi, è difficile, non mi viene in mente una sola persona, ma più persone messe insieme.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Ucraina: continuano i disordini, morti e feriti nell'est del Paese

    ◊   Morti e feriti in Ucraina, dove proseguono i disordini all’est: un ufficiale dei servizi di sicurezza di Kiev ha perso la vita e altri cinque sono rimasti feriti durante un’operazione contro i gli insorti filorussi che hanno occupato alcuni edifici pubblici della città di Slaviansk. I separatisti, invece, hanno parlato di una vittima e due feriti tra le loro file. E mentre le occupazioni proseguono anche in altre città, il segretario generale della Nato ha invitato la Russia a “passi concreti” per fermare l’escalation e la Francia si è detta favorevole a possibili “nuove sanzioni” contro Mosca. Opposta la posizione della Russia, che minaccia di disertare il vertice previsto per giovedì a Ginevr,a se Kiev userà la forza. Annunciata infine, per il 22 aprile, una visita del vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, in Ucraina, per incontrare i leader politici e quelli della società civile. (D.M.)

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    Brunei: in vigore il Codice penale islamico che “viola i diritti umani”

    ◊   E’ entrato in vigore in questi giorni in Brunei il nuovo Codice penale basato sulla sharia (la legge islamica) che include arcaiche sanzioni come la flagellazione e la lapidazione a morte, alcune applicabili anche ai non musulmani. Come appreso dall'agenzia Fides, il nuovo Codice, che sarà introdotti in tre fasi, nel corso dei prossimi due anni, ha ricevuto critiche all’interno e fuori dal Paese.

    In una lettera inviata al sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah, e condivisa con l’agenzia Fides, la Commissione internazionale dei giuristi (Icj) afferma che il nuovo Codice penale viola gli standard internazionali sui diritti umani. I giuristi criticano le sanzioni comminate che “costituiscono tortura o sono pene crudeli, disumane e degradanti” e denunciano la violazione di diritti come la libertà di religione, di opinione e di espressione. In Brunei, gli stessi fedeli musulmani, che affronteranno dure sanzioni per reati come rapina e adulterio, esprimono preoccupazioni soprattutto sui social media. Chi commette apostasia, lasciando l’islam, rischia la pena di morte.

    Alcune delle nuove misure toccano anche i non-musulmani: per questi è proibito usare 19 parole islamiche, tra le quali “Allah”, e sono previste sanzioni per la stampa, diffusione, importazione e distribuzione di pubblicazioni “contrarie alla dottrina islamica”. Criticare o disprezzare l’islam sarà punibile con la morte o con 30 anni di carcere e 40 frustate.

    In Brunei, il 30% della popolazione è composto da minoranze non islamiche. I cristiani delle diverse confessioni sono, nel complesso, circa il 13%. La Chiesa cattolica nel piccolo sultanato ha un Vicariato apostolico con tre chiese parrocchiali, tre preti e nel complesso 20 mila cattolici. (R.P.)

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    Colombia. Nascono le “Scuole di riconciliazione”: iniziativa della Chiesa per i giovani

    ◊   Un contributo alla riconciliazione e alla pace del Paese è l’iniziativa della Chiesa cattolica nei quartieri interessati dal fenomeno delle bande criminali: circa 70 giovani coinvolti nella “guerra fra bande” o a rischio di entrare in gruppi armati illegali, ora hanno una diversa opzione per la loro vita. Sono infatti aperte le prime due “Scuole di Perdono e Riconciliazione”, create nel Comune di Medellin e nella città di Bello.

    “I giovani stanno scommettendo su un processo di ridefinizione del proprio progetto di vita, senza violenza. Stanno cercando di superare anche quegli eventi dolorosi o traumatici che fanno parte della loro esperienza”, spiega, in nota inviata all'agenzia Fides, una delle coordinatrici del programma di questi Centri, Magali Taborda Uribe.

    Le scuole - riferisce l'agenzia Fides - sono parte di una strategia definita “Paz para Todos” ("Pace per tutti"), proposta dall'arcivescovo di Medellin, mons. Antonio Ricardo Tobon Restrepo, perché la Chiesa riesca a generare intorno a ogni parrocchia eventi e iniziative per richiamare il rispetto della vita e, allo stesso tempo, aiutare a ottenere la pace nel Paese. Iniziative all’interno del percorso “Paz para Todos” sono in corso da ottobre del 2013 e hanno incluso incontri sulla figura di San Francesco.

    L’Ufficio di pastorale sociale giovanile dell'arcidiocesi di Medellin riferisce che, prima dell'iniziativa, secondo dati ufficiali vi erano circa 18 mila giovani a rischio criminalità nella città. Avviato l’iter per la pace, imprenditori, cattolici e non, hanno offerto posti di lavoro a questi giovani che si interessano sempre più alle scuole di “Perdono e Riconciliazione”. Il percorso non è facile: altri giovani, infatti, minacciano e scoraggino quanti scelgono di iscriversi a queste scuole. (R.P.)

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    Cuba. Piano Caritas: la carità rende possibile la speranza

    ◊   “La Caritas deve distinguersi per la passione, l’ardore, la mansuetudine e la tenerezza con la quale si avvicina ai bisognosi per promuoverli come persone”. Queste le parole di mons. Jorge Serpa, presidente di Caritas Cuba, nel corso della terza Assemblea generale della Caritas locale, che si è conclusa con la presentazione del Piano strategico decennale 2014-2023.

    All’incontro hanno partecipato più di 80 delegati di tutte le diocesi, insieme ai responsabili delle diverse pastorali della Chiesa cubana, e rappresentanti di organizzazioni umanitarie ecclesiastiche e civili, nazionali ed internazionali. Anche il nunzio apostolico a Cuba, l’arcivescovo Bruno Musarò, ha assistito all’inaugurazione dell’evento presieduto da mons. Juan de Dios Martìnez, vescovo ausiliare dell’Avana, e da padre Francisco Hernández, responsabile di Caritas per la Regione di America Latina-Caraibi.

    Ad aprire i lavori, la relazione di Maritza Sánchez, direttrice di Cáritas Cuba che dopo il resoconto sul lavoro dell’organizzazione nell’ultimo triennio, ha esortato a mantenere lo spirito di fratellanza e discernimento che felicemente ha plasmato la missione dell’organizzazione in questi anni. Il responsabile della Caritas per la regione latinoamericana ha ricordato la chiamata dell’Esortazione apostolica di Papa Francesco a portare la “Gioia del Vangelo”, con la “metodologia della parabola del Buon samaritano, in altre parole: l’assistenza che guarisce corpo a anima, l’accompagnamento che promuove la persona, la gratuità della condivisione e la esperienza della compassione”.

    Il nuovo piano decennale, presentato da Miguel Angel Pons, responsabile dell’Ufficio nazionale di Caritas Cuba, visualizza la realtà che si vuole costruire e come questa missione deve essere intrapresa nei diversi ambiti del lavoro: coltivare i valori evangelici, offrire nuove opportunità ai più bisognosi e alle persone in difficoltà e rendere possibile la speranza. (A cura di Alina Tufani)

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    Giappone: nuovo allarme aviaria, il primo dal 2011. Da abbattere 100 mila polli

    ◊   In Giappone torna l’allarme per l’influenza aviaria: le autorità hanno ordinato l’abbattimento di oltre 100 mila polli dopo la conferma della presenza del virus in una fattoria nel sud dell’arcipelago. Il Ministero dell’agricoltura ha rassicurato la popolazione spiegando che il virus non può trasmettersi all’uomo tramite il consumo di carne o uova, ma ha annunciato misure di profilassi e restrizioni al trasporto di volatili nell’area colpita. Quelli attuali sono i primi casi di aviaria registrati in Giappone dal 2011, quando ne furono individuati alcuni a nord di Tokyo. (D.M.)

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    Cile: enorme incendio a Valparaiso, 4 morti e 1000 case distrutte

    ◊   Un gigantesco incendio a Valparaiso, in Cile, ha provocato almeno quattro morti e la distruzione di mille case. Più di tremila, inoltre, gli abitanti evacuati dalla città, che si trova sulla costa centrale del Paese sudamericano. Un alto funzionario locale ha dichiarato che si teme un’estensione dell’incendio ai quartieri del centro, mentre in numerose zone il disastro ha portato a interruzioni nella distribuzione dell’acqua potabile e dell’elettricità. Il governo ha proclamato lo stato d’emergenza e fatto giungere rinforzi ai vigili del fuoco locali dalla capitale Santiago; annunciato per oggi anche l’arrivo sul posto della presidente della Repubblica, Michelle Bachelet. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 103

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.