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Sommario del 01/04/2014

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: accidia e formalismo in tanti cristiani, chiudono la porta alla salvezza
  • Riunione del Papa con la Curia sull’attuazione della “Evangelii Gaudium"
  • Tweet del Papa: cari genitori, insegnate ai vostri figli a pregare e pregate con loro
  • 27 aprile. Le Canonizzazioni saranno diffuse in HD e 3D
  • Presentato l’archivio digitale della Radio Vaticana in vista delle canonizzazioni dei due Papi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nigeria: Amnesty denuncia crimini di guerra e contro l'umanità nel Nordest del Paese
  • Kerry torna in Medio Oriente, ultimatum dell'Anp per il rilascio dei prigionieri
  • Vescovi Usa ricordano i migranti morti dal Messico e chiedono riforme
  • Riforma Senato: voci critiche dentro e fuori la maggioranza. Commento del politologo Pombeni
  • Incontro Caritas. Mons. Soddu: per alcuni solidarietà è parola logora, per noi è dare speranza
  • Sulla rivista di geopolitica Limes, "Le conseguenze di Francesco"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Guinea Conakry: epidemia di ebola senza precedenti
  • Africa: oltre 50 miliardi di dollari sottratti allo sviluppo africano da flussi finanziari illeciti
  • Terra Santa: a Gerusalemme in visita al patriarca Twal il ministro palestinese del turismo
  • Israele: scritte blasfeme al monastero Deir Rafat
  • Siria: è Mar Cyril Afrem Karim il nuovo Patriarca siro-ortodosso
  • La morte di Youssef Hamadani Cohen, Gran rabbino dell'Iran
  • Pakistan: ricorso in appello dopo la condanna a morte di Sawan Masih
  • India. Diritti e libertà per le minoranze: Memorandum delle Chiese in vista delle elezioni
  • Sud Corea: la Chiesa promuove una "Giornata di preghiera per la vita" per l'inverno demografico
  • Bolivia: la Chiesa istituisce la Giornata della Solidarietà. Nel 2014 avrà per tema i Migranti
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: accidia e formalismo in tanti cristiani, chiudono la porta alla salvezza

    ◊   I cristiani anestetizzati non fanno bene alla Chiesa. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani a Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che non bisogna fermarsi ai formalismi, ma “immischiarsi”, vincere l’accidia spirituale e rischiare in prima persona per annunciare il Vangelo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Papa Francesco ha svolto la sua omelia soffermandosi sul passo del Vangelo che narra dell’incontro tra Gesù e il paralitico che, ammalato da 38 anni, stava sotto i portici presso la piscina aspettando la guarigione. Quest’uomo si lamentava perché non riusciva a immergersi, era sempre anticipato da qualcun altro. Ma Gesù sposta l’orizzonte e gli ordina di “alzarsi”, di andare. Un miracolo che desta le critiche dei farisei perché era sabato e quel giorno, dicevano, non si poteva. In questo racconto, ha osservato il Papa, troviamo due malattie forti, spirituali. Due malattie su cui, ha detto, “ci farà bene riflettere”. Innanzitutto la rassegnazione del malato, che è amareggiato e si lamenta:

    “Io penso a tanti cristiani, tanti cattolici: sì, sono cattolici ma senza entusiasmo, anche amareggiati! 'Sì, è la vita è così, ma la Chiesa… Io vado a Messa tutte le domeniche, ma meglio non immischiarsi, io ho la fede per la mia salute, non sento il bisogno di darla ad un altro…'. Ognuno a casa sua, tranquilli per la vita… Ma, tu fai qualcosa e poi ti rimproverano: 'No, è meglio così, non rischiare…”'. E’ la malattia dell’accidia, dell’accidia dei cristiani. Questo atteggiamento che è paralizzante dello zelo apostolico, che fa dei cristiani persone ferme, tranquille, ma non nel buon senso della parola: che non si preoccupano di uscire per dare l’annuncio del Vangelo! Persone anestetizzate”.

    E l’anestesia, ha aggiunto, “è un’esperienza negativa”. Quel non immischiarsi che diventa “accidia spirituale”. E “l’accidia – ha detto – è una tristezza”: questi cristiani sono tristi, “sono persone non luminose, persone negative. E questa è una malattia di noi cristiani”. Andiamo a Messa “tutte le domeniche, ma – diciamo – per favore non disturbare”. Questi cristiani “senza zelo apostolico”, ha avvertito, “non servono, non fanno bene alla Chiesa. E quanti cristiani sono così – ha affermato con rammarico – egoisti, per se stessi”. Questo, ha detto, è “il peccato dell’accidia, che è contro lo zelo apostolico, contro la voglia di dare la novità di Gesù agli altri, quella novità che a me è stata data gratuitamente”. Ma in questo passo del Vangelo, ha detto il Papa, troviamo anche un altro peccato quando vediamo che Gesù viene criticato perché ha guarito il malato di sabato. Il peccato del formalismo. “Cristiani – ha detto – che non lasciano posto alla grazia di Dio. E la vita cristiana, la vita di questa gente è avere tutti i documenti in regola, tutti gli attestati”:

    “Cristiani ipocriti, come questi. Soltanto interessavano loro le formalità. Era sabato? No, non si possono fare miracoli il sabato, la grazia di Dio non può lavorare il sabato. Chiudono la porta alla grazia di Dio! Ne abbiamo tanti nella Chiesa: ne abbiamo tanti! E’ un altro peccato. I primi, quelli che hanno il peccato dell’accidia, non sono capaci di andare avanti con il loro zelo apostolico, perché hanno deciso di fermarsi in se stessi, nelle loro tristezze, nei loro risentimenti, tutto quello. Questi non sono capaci di portare la salvezza perché chiudono la porta alla salvezza”.

    Per loro, ha detto, contano “soltanto le formalità”. “Non si può: è la parola che più hanno alla mano”. E questa gente la incontriamo anche noi, ha detto, anche noi “tante volte siamo stati con l’accidia o tante volte siamo stati ipocriti come i farisei”. Queste, ha soggiunto, sono tentazioni che vengono, “ma dobbiamo conoscerle per difenderci”. E davanti a queste due tentazioni, davanti “a quell’ospedale da campo lì, che era simbolo della Chiesa”, davanti a “tanta gente ferita”, Gesù si avvicina e chiede solo: “Vuoi guarire?” e “gli dà la grazia. La grazia fa tutto”. E poi, quando incontra di nuovo il paralitico gli dice di “non peccare più”:

    “Le due parole cristiane: vuoi guarire? Non peccare più. Ma prima lo guarisce. Prima lo guarì, poi ‘non peccare più’. Parole dette con tenerezza, con amore. E questa è la strada cristiana, la strada dello zelo apostolico: avvicinarsi a tante persone, ferite in questo ospedale da campo, e anche tante volte ferite da uomini e donne della Chiesa. E’ una parola di fratello e di sorella: vuoi guarire? E poi, quando va avanti, ‘Ah, non peccare più, che non ti fa bene!’. E’ molto meglio questo: le due parole di Gesù sono più belle dell’atteggiamento dell’accidia o dell’atteggiamento dell’ipocrisia”.

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    Riunione del Papa con la Curia sull’attuazione della “Evangelii Gaudium"

    ◊   Papa Francesco ha presieduto - questa mattina alle 9.30, nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico - una riunione dei Capi dei Dicasteri della Curia Romana. Argomento della riunione, informa una nota della Sala Stampa vaticana, “sono state le riflessioni e le reazioni suscitate nei diversi Dicasteri dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, e le prospettive che si aprono per la sua implementazione”. L’incontro è terminato alle ore 12.

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    Tweet del Papa: cari genitori, insegnate ai vostri figli a pregare e pregate con loro

    ◊   Papa Francesco ha lanciato oggi un tweet dal suo account @Pontifex: “Cari genitori, insegnate ai vostri figli a pregare. Pregate con loro”.

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    27 aprile. Le Canonizzazioni saranno diffuse in HD e 3D

    ◊   Per portare l’evento della canonizzazione dei due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, in ogni angolo del mondo il CTV ha dato avvio ad un progetto, insieme con i partner Sky e Sony, che consentirà la visione in Alta definizione e 3D in circa 20 Paesi. Ieri, la conferenza stampa in Aula Paolo VI, in Vaticano. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Il prossimo 27 aprile, milioni di persone, restando sedute in casa o in una sala cinematografica, potranno attraversare il Colonnato del Bernini, entrare in Piazza San Pietro e pregare con il Papa. E’ la sfida lanciata dal Centro Televisivo Vaticano che, per la Canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, produrrà in diretta l’intera cerimonia in 3D, oltre all’Alta definizione. Grazie all’impegno di Nexco Digital, in 500 sale cinematografiche nel mondo, oltre 120 in Italia, sarà possibile assistere gratuitamente a tutto l’evento. Mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali:

    "Rendere partecipi a livello mondiale uomini e donne di oggi che vogliono essere presenti a questo grande avvenimento della fede. Le nuove tecnologie sono una sfida, ma soprattutto sono una grande opportunità di relazione, di conoscenza, di partecipazione, un’opportunità di vivere la storia".

    Uno sforzo senza precedenti, che vedrà impegnato DBW Communication nelle riprese in "4K", ovvero l’ultimissima tecnologia che consentirà di archiviare immagini estremamente nitide, da conservare per il futuro. Mons. Dario Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano:

    "Vogliamo offrire, da un lato, una grande diffusione di tipo immersivo alle persone che non potranno venire. Per noi, tutto il mondo è coinvolto. Dall’altro lato, sentiamo la responsabilità di custodire la storia e per questo sperimentiamo la tecnologia 4K, che oggi è la frontiera più efficace".

    “La Radio Vaticana fornirà come di consueto l’audio”, ha sottolineato il direttore generale, padre Federico Lombardi. Un impegno che vede in prima linea la piattaforma Sky e la tecnologia di Sony, partner di questa avventura insieme al Ctv. Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky Italia:

    “Il 3D più che mai in un evento come questo non è una curiosità: permette una visione fortemente moderna ed innovativa, che consente di comprendere quanto le tecnologie oggi, che nascono spesso per motivazioni commerciali, possano avere in realtà un valore divulgativo, sociale, spirituale, particolarmente elevato”.

    Per la Canonizzazione sarà utilizzata una tecnologia d’avanguardia. David Bush, direttore marketing di Sony Europa:

    "I wish that it helps...".Spero che aiuti a diffondere l’emozione dell’evento a tutte quelle migliaia di persone nel mondo che vogliono essere lì fisicamente. E questo è l’obiettivo della tecnologia, credo: cercare di replicare l’esperienza reale di essere qui in Piazza San Pietro.
    A Globecast è affidata la trasmissione dei segnali e il supporto tecnologico di Eutelsat permetterà la copertura globale dell’evento con 9 satelliti: più di un Mondiale di calcio o di un’Olimpiade. Renato Farina, amministratore delegato di Eutelsat Italia:

    "E’ una vera e propria pagina storica. Con le ultime acquisizioni dell’operatore americano Satmex, abbiamo raggiunto una flotta di 36 satelliti e ora copriamo tutto il mondo. Per questo evento, nove satelliti della flotta saranno impegnati per 5 ore di trasmissione in diretta. Siamo onorati di poter inserire nei nostri annali che la nostra prima mondovisione sarà fatta dal Vaticano".

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    Presentato l’archivio digitale della Radio Vaticana in vista delle canonizzazioni dei due Papi

    ◊   “La voce dei Papi”: è il titolo dell’Archivio digitale della Radio Vaticana presentato stamani alla stampa nella Sala Marconi della nostra emittente. L’annuncio s’inserisce nell’evento di Canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, previsto il 27 aprile. All’incontro, moderato dal direttore generale padre Federico Lombardi, hanno partecipato il cardinale Giovan Battista Re, già stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, Sandro Piervenanzi, direttore tecnico della Radio, il vaticanista Gian Franco Svidercoschi e l’aiutante di camera di Papa Roncalli e Papa Wojtyla, Guido Gusso. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Digitalizzato l’intero archivio audio pontificio: 8 mila nastri e supporti originali dai dischi a 78 giri ai nastri magnetici ai Cd, a documentare 23.207 avvenimenti trasformati in 37 mila file, come illustrato dall’ing. Piervenanzi.

    (Parole in latino di Pio XI)

    Da Pio XI fino a Francesco, le voci di sette Papi, in questa carrellata audio composta per l’occasione: dal 1931, data di nascita della Radio Vaticana, a oggi. Un’operazione di grande rilievo storico documentale, ha sottolineato padre Feedrico Lombardi, per la conservazione dei sonori, la cui integrità potrebbe essere messa a rischio dall’usura dei supporti fisici. Spetta infatti alla Radio Vaticana costituire, custodire e gestire le voci dei Papi, tutelandone il carattere pastorale nell’uso da parte di terzi e i diritti di proprietà intellettuale:

    “La voce dei Papi è il tesoro della Radio Vaticana, corrisponde alla sua missione, che è proprio quella di diffondere e anche conservare la loro voce, come nell’occasione di queste due Canonizzazioni, facendo vedere come le voci dei Papi, di cui adesso viene proclamata la santità, siano a disposizione per coloro che vogliano risentire anche il tono originale della loro personalità e del loro servizio alla Chiesa, attraverso la loro viva voce”.

    Tanti gli aneddoti sulla vita pubblica e privata raccontati dagli ospiti che sono stati a stretto contatto con Giovanni XVIII e Giovanni Paolo II, presto canonizzati. Ha parlato il cardinale Re della grande intelligenza di Papa Roncalli, rimasto nel cuore della gente per la sua bontà, determinata dal suo essere felice, e così l’aiutante di camera Gusso ha ricordato della sua semplicità e anche della sua delusione affacciandosi appena eletto di notte in una Piazza San Pietro deserta. E ancora, il cardinale Re ha parlato delle grande intensità di preghiera di Papa Wojtyla, un mistico - ha detto - con i piedi sulla terra. Non c’era dicotomia tra l’uomo pubblico e privato, ha aggiunto il giornalista Svidercoschi, rievocando il suo discorso contro la mafia nella Valle dei Templi in Sicilia. In chiusura, spazio ai due sponsor della digitalizzazione: Banca Intesa Russia, con il supporto di Confartigianato Persone.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Oltre i formalismi: Messa del Papa a Santa Marta.

    Senza precedenti l’epidemia di ebola in Guinea.

    Un passato oscuro: Lucetta Scaraffia sulla sterilizzazione degli zingari in Svezia tra il 1934 e il 1974.

    Il Papa della bellezza: il cardinale Gianfranco Ravasi su personalità, pensiero e opera di Karol Wojtyla, con un’intervista di Nicola Gori al segretario, cardinale Stanislaw Dziwisz, nell’anniversario della morte.

    Il segno della gabbia: Cristian Martini Grimaldi ricorda gli ultimi giorni dei martiri giapponesi di Tsuwano.

    Un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Una storia senza musica”: affidata a un romanzo la riscoperta del compositore argentino Rodolfo Zanni.

    La povertà è di tutti: a Quartu Sant’Elena i lavori del Convegno nazionale delle Caritas diocesane.

    L’inserto “donne chiesa mondo” su “nuovi ruoli e nuovi compiti”.

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    Oggi in Primo Piano



    Nigeria: Amnesty denuncia crimini di guerra e contro l'umanità nel Nordest del Paese

    ◊   Amnesty International denuncia, in un suo rapporto, l’aumento della violenza nel Nordest della Nigeria, dove nei primi mesi del 2014 sono state uccise almeno 1500 persone, oltre la metà della quale civili, a causa dell’aumento degli attacchi del gruppo armato islamista "Boko haram" e delle rappresaglie incontrollate delle forze di sicurezza del Paese. Veronica Giacometti ha raccolto il commento di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:

    R. – E’ un numero che ci dice con, estrema chiarezza, che nel Nordest della Nigeria è in corso quello che il diritto chiama un conflitto non internazionale tra due parti, che sono il gruppo armato islamista "Boko Haram", e le forze di sicurezza della Nigeria. Abbiamo denunce e testimonianze riguardanti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi nel contesto di questo conflitto, in cui la popolazione civile è terrorizzata e si trova tra l’incudine e il martello, al centro di uno scontro sempre più feroce fatto di atti di violenza inauditi e di rappresaglie indiscriminate.

    D. – Quale potrebbe essere la strada da seguire per porre fine a questo ciclo di violenze?

    R. – Paradossalmente, il governo centrale nigeriano solo poche settimane fa aveva detto che la guerra contro "Boko Haram" era terminata. E’ difficile credere a questa situazione, vedendola sul campo. Quello che dev’essere fatto e che Amnesty International ha sollecitato con la diffusione di questo rapporto, è che il problema diventi internazionale, ovvero l’Unione Africana e le Nazioni Unite devono agire sul governo nigeriano affinché capisca che questa tattica del terrore non può funzionare ed è soltanto un bacino di coltura per nuovi adepti di "Boko Haram"; occorre che la popolazione civile non abbia più alcun motivo di rancore che la porti a simpatizzare per questi terroristi; occorre indagare su tutte le denunce di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità. Se il governo nigeriano non ce la fa, è bene che ci sia un aiuto internazionale nell’assicurare giustizia. Certamente, è singolare che la Nigeria sta per assumere, questo mese, la presidenza del Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana... questo raggruppamento regionale dovrebbe chiedersi se la Nigeria è all’altezza di poter assumere questo incarico.

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    Kerry torna in Medio Oriente, ultimatum dell'Anp per il rilascio dei prigionieri

    ◊   Secondo incontro stamane tra il segretario di Stato americano, John Kerry, e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, nel tentativo di sbloccare l’impasse e salvare i colloqui di pace in Medio Oriente. Dal canto suo, l’Anp lancia un ultimatum di 24 ore alla Casa Bianca perché provveda ad ottenere la scarcerazione di altri 30 prigionieri palestinesi, oppure farà ripartire le procedure per l'ammissione all’Onu. In questa situazione, mentre Israele continua a prendere tempo, la chiave di volta potrebbe essere la liberazione di Jonathan Pollard, detenuto da oltre 25 anni in un carcere statunitense con l’accusa di spionaggio. Alessando Politi, analista politico e strategico traccia il quadro della situazione, al microfono di Cecilia Seppia:

    R. – Innanzitutto, c’è una controparte israeliana che non ha nessun interesse al processo di pace. Spera che la questione dei due Stati e dei due popoli si chiuda, e in effetti è stata chiusa dalla continua colonizzazione che è stata compiuta nei territori occupati, e spera che la questione venga congelata lì, finita. Questa è la linea del governo israeliano. D’altro canto, i palestinesi non sono riusciti a costruire un’unità politica e quindi hanno pochissima leva per mandare avanti questo processo.

    D. – Questa volta, però, l’Anp alza la voce e pone una sorta di ultimatum a Kerry, chiedendogli di fornire garanzia sul rilascio, da parte di Israele, dell’ultimo gruppo di detenuti palestinesi – circa 30 – altrimenti riaprirà le procedure per l’ammissione all’Onu. Quanto è reale questa minaccia, e che cosa comporterebbe?

    R. – La leva dell'ammissione all’Onu ha due effetti. Uno, quello di creare un fatto compiuto di statualità, e già c’è stato un primo passo nell’Assemblea generale; con la statualità, entra in crisi tutto il sistema di occupazione militare israeliano, che dura dal ’67. In secondo luogo, il fatto che la Palestina possa, in un tempo più o meno lungo o breve, assumere dimensioni statuali significa che la campagna informale di boicottaggio e disinvestimento delle strutture israeliane statali, che favoriscono l’occupazione, acquisti ancora più tenuta. E questa, naturalmente, è una cosa che preoccupa il governo Netanyahu.

    D. – Guardiamo meglio ai prigionieri che sono oggetto di scambio: ovviamente, tra questi ci sono persone che gli israeliani conoscono bene e che potrebbero avere anche forti contatti con cellule terroristiche. Ecco perché Israele continua a tenere il punto su questa faccenda. E Kerry, questa mattina, ha cercato di strappare un compromesso, a Netanyahu, che potrebbe comportare – tra gli altri – il rilascio di Jonathan Pollard. Ricordiamo chi è questa figura?

    R. – E’ un cittadino americano che ha passato segreti di sicurezza nazionale agli israeliani, e quindi è stato condannato per alto tradimento e spionaggio. E’ chiaro che Israele cerca di recuperare le sue spie, perché se non fa di tutto per recuperarle, altre persone dicono: “Mi spiace, non voglio fare la fine di Pollard”. Quindi, è molto chiaro perché gli americani finora abbiano sempre detto “no”. Spiarsi tra alleati, checché se ne dica, non è una cosa che si accetti a cuor leggero. E il fatto che gli americani vogliano offrire questa possibilità, è in realtà un tentativo molto evidente di ottenere uno scambio diretto – prigionieri contro Pollard, che peraltro potrebbe interessare per il "quarto d’ora effimero" di celebrità al governo Netanyahu – ma poi non cambia la sostanza delle cose sul terreno. Questi tentativi sono sullo sfondo di una questione molto più importante, che è la pace. Il resto è francamente secondario, e gli israeliani sanno benissimo, ormai da qualche anno, che non sono più in cima ai pensieri non di questa Casa Bianca ma di qualunque Casa Bianca. E' dai tempi di Clinton che la loro importanza strategica sta continuando a calare.

    D. – Non è un caso che l’Anp abbia rivolto questo ultimatum a John Kerry. E quindi, cerchiamo di ricordare anche che ruolo hanno gli Stati Uniti in questo momento …

    R. – In questo momento hanno un "non-ruolo". E' dai tempi di Clinton, dopo il fallimento dei negoziati di Wye Plantation che fu attribuito erroneamente in toto ad Arafat - e questo è chiaramente una forzatura che non ha niente a che vedere con la realtà storica - nessun presidente ha poi veramente voluto mettere in dito in quel ginepraio, sapendo benissimo che in cambio di un’illusoria possibilità di fare la pace, si sarebbe punto le dita su un sacco di contraddizioni che le due parti hanno. L’idea che gli americani possano forzare gli israeliani è una mezza verità, ma non basta questo per convincere un partner a fare la pace. Ci vuole qualcosa che devono fare gli israeliani da una parte e i palestinesi dall’altra, e questo costa molto, in termini politici.

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    Vescovi Usa ricordano i migranti morti dal Messico e chiedono riforme

    ◊   Una Messa di suffragio negli stessi luoghi in cui, dal ’98 a oggi, per molti migranti in arrivo dal Messico negli Stati Uniti si è spezzato il miraggio di una vita migliore. È quella che oggi celebreranno in Arizona i vescovi statunitensi, con l’obiettivo anche di rilanciare l’urgenza di una riforma del sistema migratorio negli Usa. Ne parla il vescovo di Tucson, mons. Gerald Frederick Kicanas, al microfono di Ann Schneible:

    R. – It’s been quite inspiring...
    E’ stato qualcosa che ha infuso coraggio qui in Arizona. Di solito abbiamo una brutta reputazione per quanto riguarda il nostro atteggiamento verso gli immigrati. Recentemente, infatti, in tre aree dello Stato, uomini d’affari, insegnanti, leader religiosi, leader della società civile si sono riuniti per riflettere sul fatto che ci sia un bisogno disperato di riforme nella politica dell’immigrazione. E se riuscissimo ad avere un’esauriente riforma nella politica dell’immigrazione, negli Stati Uniti, allora potremmo rivolgere i nostri sforzi a quello che veramente preoccupa lungo la frontiera: cose come il traffico di esseri umani, come il traffico di armi, il traffico di droga. Ci sono tante attività criminali lungo la frontiera. E se riuscissimo a fare una distinzione, nell’ambito di un’esauriente riforma della politica immigratoria, del migrante economico, semplicemente si arriverebbe a trovare un migliore stile di vita per fare il lavoro di cui c’è bisogno nel nostro Paese. Non essendoci nessuna intenzione criminale, se ci fossero delle vie legali per le persone di trovare il lavoro di cui c’è bisogno qui negli Stati Uniti e per uscire dall’ombra, in modo che possano davvero contribuire alle nostre società come vogliono, allora potremmo dirigere i nostri sforzi ed applicarci alla lotta degli elementi criminali, che si trovano lungo la frontiera e che devono essere affrontati.

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    Riforma Senato: voci critiche dentro e fuori la maggioranza. Commento del politologo Pombeni

    ◊   Sulla riforma del Senato “mi gioco tutta la mia storia politica”, ha dichiarato ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annunciando il suo disegno di legge in materia. Un ddl che prevede che la nuova Camera alta non voti la fiducia né le leggi di bilancio, non sia composto da membri eletti e che questi non godano di alcuna indennità. Fortemente critico il Movimento 5 Stelle, che difende il sistema attuale del bicameralismo perfetto, ma anche all’interno della maggioranza non mancano alcuni distinguo e, nel PD, 25 senatori invitano il premier ad “ascoltare le tante voci” e a “non porre ultimatum". Un’approvazione, dunque, quella del ddl varato all’unanimità dal governo, tutta in salita? Al microfono di Adriana Masotti, il politologo Paolo Pombeni, direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico di Trento:

    R. – Qui, la situazione è molto semplice: non si sta discutendo di questo disegno di legge, ma si sta discutendo se far saltare o meno il governo Renzi, con tutte le conseguenze del caso. Quindi, se una parte cospicua, diciamo della Camera o del Senato, decide in quella direzione, il provvedimento del Senato salterà. Se invece prevale quella che a me sembra un prospettiva realistica – cioè l’idea che in questo momento far cadere il governo Renzi per correre alle elezioni anticipate sia una follia – allora tutti questi critici, diciamo, “garibaldini” rientreranno nei ranghi e il disegno di legge passerà.

    D. – Vediamo un po’ quali sono i motivi di perplessità o di critica. Ad esempio, molti – Grasso per primo – dicono che almeno una parte dei senatori dovrà essere eletta dal popolo, perché il popolo vuole essere protagonista della politica...

    R. – Questo, secondo me, è un modo sbagliato di presentare la questione. Il popolo è già protagonista della politica al livello della Camera dei deputati. La razionalità delle due Camere è di avere due Camere che hanno un’origine rappresentativa di tipo diverso. Ci devono essere, cioè, degli altri modi di rappresentare il popolo, che non sono quelli dell’elezione di tipo parlamentare classico. Ovviamente, non è facile trovare un altro meccanismo di rappresentanza. Questo progetto ha scelto l’idea della rappresentanza dei governi locali. Naturalmente, è una scelta che si presta a delle critiche, ma temo sia più o meno l’unica disponibile.

    D. – Un’altra questione che ritorna: i tempi. Alcuni, come ad esempio Forza Italia, chiedono: prima la legge elettorale, poi la riforma del Senato, mentre il NcD sostiene il contrario...

    R. – Il problema dei tempi è più che altro un problema di evitare appunto la “palude”, come ama dire Renzi. Evitare, cioè, il fatto che, con la scusa di prendersi il tempo necessario, si finisca, come sono finite tutte le varie commissioni bicamerali, in una lunga storia, che poi non ha prodotto nulla. E’ anche vero, però, contemporaneamente, che dovendo accelerare molto, il rischio di fare dei piccoli “pasticcetti” si incrementa.

    D. – E qui entriamo nella terza questione: il metodo. Va bene la rapidità, però occorre che il parlamento discuta di questo testo...

    R. – Anche qui, sono 30 anni che si discute di queste riforme… Si tratterebbe, quindi, più che di discutere, di fare eventualmente proposte alternative, serie, sulle quali verificare convergenze o divergenze.

    D. – Anche all’interno del Pd, però, ci sono 25 senatori che parlano di “svolta autoritaria” e che vorrebbero dare un contributo e affermano di non essere "contro le riforme”...

    R. – A mio parere personale, questa storia della svolta autoritaria la trovo francamente ridicola. E’ un’accelerazione ovviamente di tipo decisionista da parte di un presidente del Consiglio che, a fronte di 30 anni in cui non si è concluso niente, cerca di imporre una decisione: vorrei dire ai 25 firmatari che ci pensino un attimo.

    D. – Ad affermare la necessità di mantenere la parità delle Camere, quindi il bicameralismo perfetto, è il Movimento 5 Stelle. Come spiega lei questa posizione?

    R. – E' una cosa che sostengono solo loro, assolutamente strumentalmente, perché il bicameralismo perfetto praticamente non esiste più in nessun altro sistema politico, non solo occidentale. Certo, il fatto che leggi importanti possano avere una seconda lettura di tipo critico, questo è invece un principio interessante, che sarebbe da mantenere e che per certi aspetti sembra sia mantenuto, ma che può essere incrementato – ripeto - nell’ambito di una rilettura, che sia una rilettura di tipo tecnico e non una rilettura di tipo politico. Nessun Paese, infatti, è in grado di reggere due maggioranze politiche.

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    Incontro Caritas. Mons. Soddu: per alcuni solidarietà è parola logora, per noi è dare speranza

    ◊   È in programma fino a giovedì prossimo in Sardegna – a Quartu Sant’Elena, nella diocesi di Cagliari – il 37.mo Convegno nazionale delle Caritas diocesane sul tema "Con il Vangelo nelle periferie esistenziali”, al quale prendono parte settecento delegati giunti da tutta Italia. Al microfono di Fabio Colagrande, il direttore di Caritas italiana, mons. Francesco Soddu, si sofferma sul Rapporto presentato in questi giorni, intitolato “False partenze”, che offre uno spaccato della povertà italiana:

    R. – Dopo aver sentito le parole veramente toccanti di Papa Francesco, non vi è altro sentimento che mettersi sul solco del suo magistero e sentirsi veramente molto incoraggiati. All’interno di questo sentimento che è filiale, e tutti gli operatori di Caritas nei confronti di Papa Francesco sentono vivo, non possiamo non richiamarci a quello che è il titolo eloquente del Rapporto “False partenze”. Molte persone, puntando sull’emancipazione, hanno accettato di rimettersi in gioco, impegnandosi in attività lavorative purtroppo non adeguate rispetto alle loro capacità, sopportando situazioni di evidente sfruttamento, sotto-retribuite, e condizioni di lavoro al limite del degrado e via dicendo. “False partenze”, dunque. Però, all’interno di quanto ci dice il Papa, per quanto riguarda il lavoro di apostolato proprio della Caritas, all’interno della Chiesa, tutto questo dev’essere visto con un’altra luce: la luce della speranza.

    D. – Dal Rapporto, però, emerge anche la forte debolezza della risposta istituzionale alle povertà…

    R. – Esatto. Questa è una denuncia che noi lanciamo, però non ci possiamo nascondere dietro alla denuncia. È evidente quello che la Chiesa può fare e che ogni persona può fare, a iniziare, però, da un richiamo anche alle istituzioni. I soliti a pagare sono sempre le povere persone e noi vogliamo essere un messaggio di speranza, facendoci prossimi, andando verso la persona che ha bisogno di aiuto.

    D. – In una interessante nota del vostro Rapporto, ci si chiede anche se i Paesi deboli abbiano solo risentito della crisi o in qualche modo tradiscano un humus culturale portato alla speculazione, all’avidità che favorisce quindi la crisi: questa è una riflessione pastorale molto interessante …

    R. – Molto interessante. Dobbiamo veramente renderci conto che la carità, più che dar qualcosa – e questo è evidentissimo nei passaggi della “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco – piuttosto richiede una condivisione con il più povero e naturalmente questo richiede un cambiamento di rotta anche per quanto riguarda la distribuzione dei beni, così come Papa Francesco dice al numero 188 della Evangelii Gaudium, parlando della solidarietà: un termine che si è logorato…

    D. – E’ vero che nonostante anche l’aumento dei volontari, le vostre Caritas diocesane sono in difficoltà per l’aumento delle povertà?

    R. – Sì, purtroppo, perché come dicevamo poco fa, le istituzioni hanno pressoché demandato questo impegno a organismi come la Caritas e la Caritas gioca in questo campo: pensiamo semplicemente alle mense, ai pacchi a casa, al vestiario, all’accoglienza… Ecco, tutto questo ci ha fatto registrare già dallo scorso anno che se siamo davanti a uno scenario di vulnerabilità, dall’altra parte ci sentiamo anche molto deboli. Il Vangelo in questo caso ci deve sostenere, comprendendo anche che l’assistenza è una cosa buona. Non ci si deve nascondere dietro all’assistenzialismo che abbrutisce le nostre azioni. L’assistenza è buona: l’importante è che con l’assistenza, la persona venga messa al centro e contestualmente venga anche messo in atto un processo perché le persone si possano liberare da questo stato di miseria che è, come il Papa dice nel messaggio per la Quaresima, diventa miseria quando è priva della speranza.


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    Sulla rivista di geopolitica Limes, "Le conseguenze di Francesco"

    ◊   “Le conseguenze di Francesco”: è il tema che – in occasione della presentazione dell’ultimo numero della rivista di geopolitica Limes – ha riunito religiosi, esponenti del mondo politico e giornalisti, ieri, nel palazzo Maffei-Marescotti di Roma. Al centro delle loro riflessioni, il primo anno di pontificato di Papa Francesco e i molti elementi del suo ministero petrino. Il servizio di Davide Maggiore:

    Parte dalle villas miserias di Buenos Aires e arriva agli Stati Uniti e alla Cina, l’analisi dedicata a Papa Francesco. Abbraccia luoghi e azioni dell’allora cardinale Bergoglio, e poi la formazione teologica, i gesti e le parole del Pontefice arrivato “quasi dalla fine del mondo”. Ma, ha ricordato padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei Gesuiti “La Civiltà Cattolica”, l’interrogativo sulle “conseguenze di Francesco” non ha una risposta univoca o definitiva, da qualsiasi punto di vista venga posto:

    "Quali sono le conseguenze di Papa Francesco? Possiamo dire che si dispiegano nella storia; non ci sono conseguenze fisse, conseguenze che possiamo già definire. È in atto un processo; il Papa ama i processi più che i punti di vista statici sulla realtà. Quindi, è l’apertura di un processo la vera conseguenza di Papa Francesco".

    La domanda, ha proseguito padre Spadaro, va anche posta a livello individuale: quali sono le conseguenze per ognuno di noi? Proprio assumendo questa prospettiva, il direttore de “La Civiltà Cattolica” ha ricordato ai nostri microfoni uno degli episodi che personalmente considera più emblematici in questo anno di pontificato:

    "Certamente un evento rimasto molto impresso nella memoria è il primo gesto che ha compiuto dalla Loggia delle Benedizioni: il fatto di inchinarsi per chiedere la benedizione da parte della gente, del popolo. Quindi, è questo rapporto molto stretto che ha creato con la gente che è di per sé un evento simbolico, che poi si è declinato in molti modi; basti ricordare, per esempio, Lampedusa, o il grande evento della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro".

    Su una in particolare, tra le “conseguenze di Francesco”, si è soffermata anche la presidente della Camera dei Deputati italiana, Laura Boldrini:

    "Papa Francesco ha messo al centro quello che tutti noi non vogliamo vedere. Ha messo al centro una delle condizioni che fa più paura nella nostra società consumistica: cioè la povertà, il bisogno, gli ultimi, coloro che non hanno diritti, coloro che non hanno voce. Nel fare questo ha anche ammonito duramente la nostra società; lo ha fatto più volte: per esempio, durante il viaggio a Lampedusa che ritengo essere stato un segno potente della sua scala dei valori. È andato a Lampedusa a dire chi era e ha messo al centro la condizione di migliaia di persone che preferiamo non vedere".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Guinea Conakry: epidemia di ebola senza precedenti

    ◊   L'epidemia di ebola si sta diffondendo in diverse aree della Guinea, ha raggiunto la capitale Conakry e sta assumendo una dimensione senza precedenti. Con 8 casi confermati nella capitale, l’ong Medici Senza Frontiere (Msf) continua a rafforzare le sue équipe e, per la fine della settimana, sono previsti circa 70 operatori internazionali con esperienza di febbre emorragica tra Conakry e la zona sud-est del Paese.

    Tra gli operatori sul campo ci sono dottori, infermieri, epidemiologi, esperti di acqua e servizi igienico-sanitari e antropologi. Inoltre, più di 40 tonnellate di materiali sono state inviate nel Paese per cercare di arginare la diffusione della malattia. “Msf è intervenuta durante quasi tutte le epidemie di ebola degli ultimi anni, ma erano molto più contenute geograficamente e riguardavano aree più remote. Questa diffusione è preoccupante, perché complicherà di molto il compito delle organizzazioni che lavorano per controllare l’epidemia” si legge in un comunicato inviato all’agenzia Fides.

    A Conakry, Msf ha rafforzato la propria attività per l’isolamento dei pazienti nell’ospedale di Donka, in collaborazione con le autorità sanitarie della Guinea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Altri pazienti, in altre strutture sanitarie, sono ancora ospedalizzati in condizioni non-ottimali. “A diffondersi in Guinea è il ceppo Zaire del virus dell’ebola: il più aggressivo e mortale. Uccide più di 9 pazienti su 10” ha detto un epidemiologo di Msf attualmente a Guekedou. Ad oggi, le autorità sanitarie in Guinea hanno registrato 122 pazienti sospetti e 78 morti. (R.P.)

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    Africa: oltre 50 miliardi di dollari sottratti allo sviluppo africano da flussi finanziari illeciti

    ◊   I Paesi africani perdono più di 50 miliardi di dollari americani all’anno a causa all’economia illecita. Lo ha rivelato un rapporto pubblicato al termine della settima Riunione dei ministri africani dell’Economia, delle Finanze e della Programmazione, che si è tenuto a fine marzo ad Abuja (Nigeria).

    “Lottare efficacemente contro, e ridurre, i flussi finanziari illeciti provenienti dall’Africa, esige un impegno politico e una leadership forte sia in Africa che nel resto del mondo” afferma il rapporto, elaborato da un gruppo di lavoro presieduto dall’ex Capo di Stato sudafricano, Thabo Mbeki. Oltre al traffico di droga, armi ed esseri umani e al contrabbando, la maggior parte dei flussi finanziari illeciti è rappresentato dalla corruzione di dirigenti pubblici e dall’evasione fiscale.

    “I flussi finanziari illeciti hanno conseguenze serie sullo sviluppo in Africa, la più importante è la perdita di risorse che potrebbero essere utilizzate per finanziare i servizi pubblici, comprese le infrastrutture, l’istruzione e la sanità” afferma il rapporto.

    In diverse occasioni i vescovi africani hanno denunciato le conseguenze nefaste della corruzione e degli illeciti finanziari sui singoli Paesi africani. “La corruzione è un furto contro i poveri” hanno accusato recentemente i vescovi di Sudafrica, Swaziland e Botswana. (R.P.)

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    Terra Santa: a Gerusalemme in visita al patriarca Twal il ministro palestinese del turismo

    ◊   La visita di Papa Francesco in Terra Santa, il suo ruolo per la promozione della concordia tra i popoli, il suo annuncio in favore della pace: sono stati questi alcuni dei temi discussi nel corso di un incontro che ha avuto luogo a Gerusalemme. Nella sede del patriarcato latino, in un clima di profonda convivialità – come sottolineato dallo stesso sito ufficiale del patriarcato www.lpj.org – il patriarca latino della “Città santa” Fouad Twal, ha incontrato due autorità istituzionali palestinesi: Roula Ma’ayah, ministro del turismo, e Issa Kassissiyeh, rappresentante dello Stato di Palestina presso la Santa Sede.

    L’obiettivo era quello di analizzare, da un lato, il programma della visita del Pontefice in Terra Santa dal 24 al 26 maggio e, dall’altro, di riflettere sull’importanza che un tale evento riveste per il popolo palestinese. E questo non solo in un’ottica meramente “economica” - dato che l’economia del Paese, da tempo in crisi, si nutre delle risorse provenienti dal settore turistico - ma soprattutto “spirituale”. Il ministro Ma’ayah ha evidenziato la necessità di una rinnovata collaborazione tra il ministero palestinese e la Chiesa cattolica, per assicurare un’accoglienza di buona qualità ai pellegrini provenienti dal mondo intero.

    Da parte sua, il patriarca Twal ha espresso il proprio ringraziamento alle autorità politiche per l’impegno mostrato nell’organizzazione del viaggio papale, sottolineando l’importanza della cooperazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato palestinese ed augurando un proficuo lavoro al rappresentante Kassissiyeh, nominato di recente. (G.P.)

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    Israele: scritte blasfeme al monastero Deir Rafat

    ◊   Nelle prime ore di oggi, due ignoti vandali hanno tracciato scritte blasfeme sulle mura di due case appartenenti al monastero cattolico latino di Deir Rafat, presso la città di Beit Shemesh, nel centro di Israele. Le suore del monastero, appartenenti alla Famiglia monastica di Betlemme, dell'Assunzione della Vergine Maria e di San Bruno, confermano all'agenzia Fides che tra le scritte tracciate in ebraico, alcune esprimono “frasi blasfeme contro Gesù e la Vergine Maria”. Altre scritte invocano “vendetta” e accusano di “nazismo” la Germania e gli Stati Uniti. Anche alcune auto parcheggiate nella zona sono state vandalizzate e hanno avuto le gomme squarciate.

    Il vandalismo subito dal monastero di Deir Rafat rappresenta l'ennesimo episodio di una serie di atti intimidatori compiuti a danno di monasteri cristiani a partire dal febbraio 2012. In più occasioni, siglandosi con la formula “il prezzo da pagare”, gruppi oltranzisti vicini al movimento dei coloni hanno portato attacchi ai danni di luoghi di culto - chiese e moschee – frequentati dalla popolazione araba. Già dopo i casi precedenti, il vescovo William Shomali, vicario patriarcale del patriarcato di Gerusalemme dei latini, aveva espresso l'urgenza di combattere queste forme di intimidazione non solo sul piano delle indagini e delle misure di polizia ma anche “favorendo una migliore educazione nelle scuole”, dicendosi convinto che “si tratta di un processo a lungo termine” e che “ci vorrà molta pazienza”. (R.P.)

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    Siria: è Mar Cyril Afrem Karim il nuovo Patriarca siro-ortodosso

    ◊   La città siriana di Qamishli, nella provincia nord-orientale di Jazira, è il luogo natale di Mar Cyril Afrem Karim, eletto ieri nuovo patriarca siro ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente. La notizia della sua elezione (avvenuta in Libano) è stata accolta con festeggiamenti e scoppi di petardi nella sua città siriana natale, a maggioranza curda.

    Il nuovo patriarca, successore di Mar Ignatius Zakka I Iwas (scomparso lo scorso 21 marzo), è nato nel 1965 ed è rimasto in Siria fino a 12 anni per poi entrare nel seminario teologico di sant'Efrem, in Libano. Cyril Afrem è tornato in Siria dal 1982 al 1984, servendo la diocesi siro ortodossa di Aleppo, per poi ultimare gli studi in Egitto, presso il Seminario teologico copto del Cairo. Divenuto monaco e poi sacerdote nel 1988, fino al 1992 ha trascorso un nuovo periodo in Siria, a Damasco, come segretario del patriarca Zakka I Iwas. Poi, nel 1996, è stato ordinato metropolita per l'arcidiocesi siro-ortodossa degli Stati Uniti orientali.

    Da patriarca, Mar Cyril Afrem è chiamato a farsi carico della difficile condizione vissuta dalle comunità cristiane sire in Siria. Il vescovo siro ortodosso di Aleppo, Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, è stato rapito il 22 aprile dello scorso anno insieme al Metropolita greco ortodosso Boulos al-Yazigi. Lo scorso 4 agosto, Il Sinodo siro ortodosso guidato dal patriarca Mar Ignatius Zakka I Iwas aveva emesso un comunicato per ribadire che la Sede del patriarcato di Antiochia dei siro-ortodossi sarebbe rimasta a Damasco, e non vi era “alcuna intenzione di spostarla in un altro luogo”. In questo modo erano state smentite le illazioni che parlavano di un possibile trasferimento della Sede patriarcale in Turchia come effetto obbligato della tragica situazione di guerra civile che da tre anni dilania la Siria. (R.P.)

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    La morte di Youssef Hamadani Cohen, Gran rabbino dell'Iran

    ◊   Youssef Hamadani Cohen, capo spirituale della piccola comunità ebraica in Iran è morto tre giorni fa dopo lunghi anni di malattia. La notizia - riferisce l'agenzia AsiaNews - è stata riportata dai media statali solo ieri. Cohen aveva assunto il posto di Gran rabbino nel 1994, ma si era ritirato dalla gestione diretta degli affari della comunità nel 2006, essendo stato colpito della malattia di Alzheimer. E' morto a 100 anni ed è stato sepolto due giorni fa. Il suo successore è Mashallah Golestani Nejad.

    La comunità ebraica in Iran è presente da secoli. Al presente, secondo un censimento del 2011, i membri sono fra gli 8.750 e i 20mila, distribuiti a Teheran, Isfahan e Shiraz. Prima della rivoluzione islamica di Khomeini erano 80-100mila. In Iran la comunità ebraica è una minoranza riconosciuta dallo Stato, insieme ai cristiani e agli zoroastriani. Gli ebrei hanno anche un deputato in parlamento (attualmente è Siamak Moreh Sedgh) e sono ben integrati nella società a maggioranza sciita, pur non potendo esigere di accedere ad alte cariche pubbliche.

    La comunità gestisce scuole, una biblioteca, e anche un ospedale a Teheran, finanziato in parte da soldi pubblici. L'elezione del presidente Hassan Rouhani lo scorso giugno ha allentato alcune tensioni accumulatesi in passato. L'ex presidente Mahmud Ahmadinejad lanciava di continuo accuse contro Israele - minacciandolo di farlo scomparire dalla carta geografica - e ha sempre affermato che l'Olocausto era un "mito" costruito dall'occidente e dalla "lobby ebraica".

    A pochi mesi dalla sua elezione, nel settembre scorso Rouhani ha inviato alla comunità ebraica gli auguri per il Nuovo anno ebraico, imitato anche dal ministro degli esteri Javad Zarif. Entrambi hanno anche condannato l'Olocausto. (R.P.)

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    Pakistan: ricorso in appello dopo la condanna a morte di Sawan Masih

    ◊   Viene depositata in questi giorni all’Alta Corte di Lahore la domanda di ricorso in appello contro il verdetto di condanna per il 26enne cristiano Sawan Masih, condannato a morte per blasfemia il 27 marzo. Come riferito all'agenzia Fides, il collegio difensivo ha sette giorni dal verdetto di primo grado per inoltrare l’appello, e lo sta redigendo per presentarlo. Sawan Masih è stato condannato sulla base della falsa accusa di aver insultato il profeta Maometto, nel corso della conversazione con un suo amico musulmano l’8 marzo 2013.

    Il caso continua a suscitare reazioni della politica e della società civile in Pakistan: in una nota inviata a Fides, la “Commissione diritti umani del Pakistan” (Hrcp), nota Ong diffusa nel Paese a livello capillare, ha espresso allarme per “la nuova ondata di intolleranza”, citando episodi come l’aggressione al giornalista Raza Rumi a Lahore, gli attacchi a templi indù in Sindh e la condanna e morte del cristiano Sawan Masih. L’Ong ricorda che “mentre Sawan è stato condannato a morte un anno dopo il presunto incidente, gli autori dell’attacco di massa alla Joseph Colony – il sobborgo cristiano di Lahore colpito dopo l’episodio di presunta blasfemia – sono tuttora impuniti”. “Per eliminare l'intolleranza, occorre negare ogni forma di impunità per i responsabili”, afferma la Commissione.

    Anche il Partito Popolare del Pakistan, che è stato al governo nella scorsa legislatura, ha definito la condanna a morte di Sawan Masih “un aborto della giustizia, che servirà a emarginare ulteriormente le minoranze”. La coordinatrice centrale del partito, Nafisa Shah, ha detto: “In questo caso, oltre al danno c’è la beffa: invece di punire chi sta dietro alla distruzione della Joseph Colony, i giudici hanno punito un uomo accusato in modo falso e strumentale”. Nella società civile pakistana si afferma che “le istituzioni dello Stato e il potere giudiziario non devono cedere al fanatismo e al bigottismo” e che “occorre elaborare una legislazione per fermare l'abuso della legge sulla blasfemia”. (R.P.)

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    India. Diritti e libertà per le minoranze: Memorandum delle Chiese in vista delle elezioni

    ◊   Tutti i partiti e i leader politici sono chiamati a rispettare i valori nazionali della laicità, del pluralismo, dell’armonia fra le comunità, a lottare per la giustizia sociale e l'uguaglianza dei gruppi emarginati, soprattutto delle minoranze religiose, garantendo i diritti umani fondamentali come il diritto al cibo, alla casa, alla salute, all’istruzione e al lavoro: è quanto afferma un Memorandum elaborato dalla Federazione delle Chiese dello Stato di Andra Pradesh in vista delle elezioni generali, previste in diverse sessioni, fra aprile e maggio. Nel Memorandum, inviato all’agenzia Fides, le Chiese invitano a rispettare e garantire i diritti e la vita stessa delle minoranze religiose nella nazione indiana.

    In particolare si chiede alla politica di riservare pari diritti ai cristiani dalit, cancellando il comma 3 dell’Ordinanza Costituzionale del 1950, definito “incostituzionale e discriminatorio” e di continuare a sovvenzionare le istituzioni educative gestite dalle Chiese, che forniscono un eccellente servizio alla società. Altra richiesta del Memorandum è quella di emanare, finalmente, il “Prevention of Communal Violence Act” e il “Prevention of Minorities Atrocities Act”, due disegni di legge che ancora attendono di essere esaminati e promulgati, che servirebbero a frenare la violenza nella società.

    Le Chiese auspicano la presenza di rappresentanti cristiani negli organi legislativi e civili e l’assegnazione alla minoranza cristiana di almeno un seggio nelle assemblee parlamentari dei diversi Stati, nonchè due seggi nella Camera Bassa della Federazione. Infine si chiede al prossimo governo di destinare terreni per la costruzione di chiese, sale di comunità, istituti di istruzione e cimiteri cristiani. (R.P.)

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    Sud Corea: la Chiesa promuove una "Giornata di preghiera per la vita" per l'inverno demografico

    ◊   L'inverno demografico che ha avvolto la Corea del sud "è stato provocato dalle politiche dei governi che si sono susseguiti negli anni. E ora, grazie al controllo artificiale delle nascite che è stato imposto per decenni, siamo finiti in un disastro nazionale". È il giudizio rilasciato all'agenzia AsiaNews da mons. Pietro Kang U-il, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, sui dati relativi al continuo calo delle nascite nel Paese.

    La questione è serissima. La Corea del Sud ha uno dei tassi di natalità più bassi al mondo (si attesta intorno all'1,05%), e i numeri confermano che le nascite continuano a calare. Secondo l'Ufficio nazionale di Statistica, il trend è negativo da 13 mesi consecutivi e continua a scendere.

    Per mons. Kang "moltissimi coreani oramai si sono resi conto di quanto sia serio questo problema. Per ottenere un tasso di natalità che renda possibile la sopravvivenza della società, abbiamo urgente bisogno di una campagna a livello nazionale a favore delle nascite e di uno sforzo continuo da parte del governo. Altrimenti il risultato è scontato: la Corea non sarà più in grado di mantenere il proprio sviluppo nei diversi ambiti della vita".

    La previsione del presule è condivisa, per la prima volta dopo decenni, anche da un organismo governativo. Nel luglio del 2012, infatti, l'Istituto coreano per la Salute e gli affari sociali ha ammesso il problema e ha chiesto al governo di intervenire con politiche a sostegno della famiglia. Secondo gli analisti "troppe persone evitano il matrimonio e l'idea di fare figli. Il governo deve mettere in atto un nuovo sistema che fornisca assistenza sanitaria e assicurazioni a coloro che decidono di mettere su famiglia. Serve inoltre un cambiamento della mentalità comune, forse il fattore più preoccupante". L'appello è stato rilanciato nei giorni scorsi dallo stesso Istituto, a commento dei dati statistici appena rilasciati.

    La Chiesa cattolica sudcoreana è da sempre in prima fila nella battaglia per la vita. Ispirata dalla testimonianza del defunto cardinal Kim, che ha posto il problema al primo posto della pastorale dei vescovi nazionali, la comunità cattolica promuove attività di sensibilizzazione, programmi di sostegno alle famiglie e manifestazioni contro le politiche fiscali che di fatto penalizzano i nuclei familiari numerosi. Per il 2014, la Chiesa ha lanciato una “Quaresima di preghiera per la vita”, ovvero una catena di rosari recitati con l'intenzione che venga abolita la Legge sulla salute della madre e del bambino (che di fatto promuove l'aborto). (R.P.)

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    Bolivia: la Chiesa istituisce la Giornata della Solidarietà. Nel 2014 avrà per tema i Migranti

    ◊   "L'Assemblea dei vescovi della Bolivia ha deciso di istituire la Giornata Nazionale della Solidarietà, da celebrarsi la V Domenica di Quaresima, dando incarico alla Pastorale sociale di Caritas Bolivia della promozione e animazione di questo valore culturale e cristiano così radicato in Bolivia. Per questo anno 2014, il tema di questa campagna nazionale di solidarietà è la Migrazione, motivo per cui la Pastorale della Mobilità Umana Bolivia (Pmh), è responsabile del coordinamento, secondo lo slogan ‘Per una società solidale e giusta con i migranti’.”

    E’ quanto si legge nel comunicato inviato all'agenzia Fides dalla Conferenza episcopale boliviana, che sottolinea come la Quaresima sia un tempo di solidarietà e conversione. Poi cita la situazione dei migranti: 232 milioni di persone vivono fuori del loro Paese di origine, circa 43 milioni sono state sfollate e sono rifugiate in tutto il mondo. “Per quanto riguarda la Bolivia, secondo i dati statistici dell’Ine (2012), nel periodo dal 2001 al 2012, 487.995 boliviani vivevano fuori dal Paese. Sommati a molti altri della prima e della seconda generazione di emigranti boliviani, superano i due milioni di boliviani all'estero, molti dei quali stanno tornando a causa della crisi economica globale”. In tutte le parrocchie ci saranno attività e celebrazioni per questa iniziativa, e le offerte raccolte saranno destinate ai servizi per i migranti. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 91

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.