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Sommario del 29/08/2014

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa riceve parroco Gaza. P. Hernandez: momento di grazia e incoraggiamento

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Papa Francesco ha incontrato stamani a Casa Santa Marta padre Jorge Hernandez, missionario argentino dell’Istituto del Verbo Incarnato, parroco a Gaza. Un colloquio intenso, che ha ripercorso i momenti drammatici di queste ultime settimane. Subito dopo l'incontro con il Papa, Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di padre Hernandez: 

R. – Per noi è una grazia. Non è la prima volta: anzi, durante la guerra, Papa Francesco ci è stato sempre vicino: addirittura, ci ha mandato una e-mail che noi abbiamo subito tradotto in arabo ed è arrivata così a tutta la comunità cristiana, che ha ringraziato enormemente! Sai, un pensiero così in momenti del genere è una consolazione enorme, un sollievo. E ora il fatto che ci abbia chiamato per un incontro personale con lui, per farci capire, sentire la sua vicinanza, la sua parola, il suo incoraggiamento ad essere – questo in sintesi il messaggio – ad essere il sale della Terra a Gaza.

D. – C’è qualche parola di Papa Francesco che l’ha particolarmente colpita in questo incontro?

R. – E’ proprio quella della testimonianza cristiana. Ha detto: “il Vangelo esige dei sacrifici che Gesù Cristo chiede a ognuno di noi, in diversi luoghi. A voi tocca testimoniare Gesù Cristo lì, nella terra che l’ha visto soffrire, che l’ha visto morire che però pure l’ha visto resuscitare. Dunque, forza, coraggio, avanti!”. Sono state queste le parole di Papa Francesco che ci hanno veramente toccato.

D. – Quindi, soprattutto parole di incoraggiamento a mantenere questa testimonianza forte in questa terra così lacerata dal dolore …

R. – Sì. Soprattutto nella vita vissuta nel dolore. Papa Francesco è consapevole del fatto che noi siamo minoranza: parliamo di 1.300 cristiani su quasi 2 milioni di abitanti, di cui 136 sono cattolici. Dunque, la nostra parrocchia comprende 136 fedeli. Evidentemente i nostri rapporti con gli ortodossi sono assolutamente buoni: noi non facciamo differenza, ma questo è ormai risaputo. E andiamo avanti così.

D. – Chiaramente, Papa Francesco ha impegnato tutto se stesso per la pace in Terra Santa con il suo viaggio, l’immagine fortissima al Muro di Betlemme, e poi con l’incontro di pace qui, a pochi metri, nei Giardini Vaticani. Come viene percepito anche dai non cristiani questo impegno di Francesco, anche alla luce di questo incontro che sottolinea questa attenzione?

R. – E’ un impegno di vita, un impegno esistenziale e concreto, a dire che la pace è possibile, che tutti e due i popoli possono vivere in pace, testimoniando soprattutto il Principe della pace, che è Gesù Cristo. I frutti del pellegrinaggio di Papa Francesco noi li vediamo già ora e li vedremo più avanti: il fatto di avere conquistato i cuori delle persone, di avere messo una parola buona per tutti e due gli Stati è stato per noi una grazia enorme.

D. – Adesso c’è una tregua, dopo tanti morti, dopo tanta violenza. Che speranza c’è per questa tregua? Cosa si aspettano il popolo, i fedeli della parrocchia?

R. – Noi aspettiamo che sia duratura, lunga, che sia per sempre. Basti vedere la sofferenza di tutti e due i popoli … E bisogna capire una cosa, che è assolutamente necessario capire: una guerra, non la vince nessuno. Nessuno. Ciascuna delle due parti dovrà pagarne le conseguenze, chi in un modo, chi in un altro. Però, fondamentalmente, da una guerra non ci guadagna nessuno: tutti la perdiamo, la guerra. Aspettiamo che Dio ci benedica con la forza necessaria per ricominciare daccapo.

D. – Quale appello si sente di fare, attraverso gli ascoltatori della Radio Vaticana, per la sua gente, per la sua terra?

R. – Soprattutto di cercare di costruire la pace sulla giustizia. La pace è possibile, la pace richiede sacrifici, richiede la testimonianza dell’uno all’altro e il riconoscimento del prossimo. Però, è possibile. Soprattutto per i cristiani, no? Noi siamo cristiani, siamo seguaci del Principe della pace, nel Paese di Gesù Cristo: pensiamo a Israele, pensiamo alla Palestina … Dunque, di essere forti e saldi nella testimonianza che Gesù Cristo ci chiede, che vuole che noi rendiamo lì: sia in Israele sia in Palestina. E vorrei aggiungere una parola di ringraziamento: io non so come ringraziare tante persone di tutta l’Italia, di tutto il mondo, che ci sono state vicine. Soprattutto i malati, che hanno offerto le loro sofferenze, pregando e supplicando per questa pace. Noi, tutti i cristiani delle parrocchie di Gaza, spesso preghiamo per le persone che pregano per noi, sia nella Messa, sia con il Rosario, sia nell’adorazione eucaristica … Ecco, volevo approfittare solo per dire grazie e che Dio vi benedica.

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India, trasferimento episcopale eparchia di Tellicherry

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In India, Sua Beatitudine il cardinale George Alencherry, arcivescovo maggiore di Emakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi, col consenso del Sinodo della Chiesa Siro-Malabarese, ha trasferito, a norma del can. 85 – par. 2, 20 del Codice di Canoni delle Chiese Orientali, mons. George Njaralakatt dalla sede eparchiale di Mandya a quella arcieparchiale di Tellicherry. Il neoeletto arcivescovo succede a mons. George Valiamattam, la cui rinuncia al governo pastorale era stata accettata dal medesimo Sinodo in conformità al can. 210 – par. 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

Mons. George Njaralakatt è nato il 23 giugno 1946 a Kalayanthany nell'Eparchia di Kothamangalam. Dopo l'ordinazione sacerdotale, avvenuta il 20 Dicembre 1971, ha ottenuto la Licenza in Catechetica a Roma. Conosce inglese, malayalam, tedesco e italiano. Ha svolto i seguenti incarichi: assistente pastorale, parroco, direttore di catechetica e Catechesi missionaria. Amministratore eparchiale, sincello e amministratore eparchiale durante la sede vacante dell'Eparchia di Mananthavady, protosincello del medesimo e, dal 2006, protosincello dell'Eparchia di Bhadravathi. Nominato primo vescovo dell'Eparchia di Mandya il 18 gennaio 2010, fu consacrato il 7 aprile 2010.

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Card. Parolin: trovare modi efficaci per aiutare fratelli in Medio Oriente

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Nella memoria di Sant’Agostino, il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha scoperto nel pomeriggio, nella Basilica romana dedicata al vescovo di Ippona, una lapide posta a ricordo della visita, un anno fa, di Papa Francesco. Il porporato, che ha anche presieduto una Messa solenne, nella sua omelia ha tracciato il percorso di vita del grande padre della Chiesa e ha ricordato le parole che il Papa ha rivolto agli Agostiniani esortandoli a tenere sempre viva l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio e l’inquietudine del cuore. Tiziana Campisi ha chiesto al cardinale Pietro Parolin quale l’ulteriore passo da compiere di fronte all’inquietudine: 

R. – Io direi di fare spazio a questa inquietudine e di saper distinguere tra le inquietudini, perché in fondo al cuore portiamo tutti delle inquietudini, no? Ma, purtroppo, a volte, sono inquietudini non vere. Saper scoprire la vera inquietudine, che è quella che ci porta a Dio e che ci fa riposare in Lui. Quindi, questa capacità di distinguere, di discernere nel nostro mondo interiore - dove abita la verità, dice Agostino - queste inquietudini che possono portarci a Dio e quelle che invece ci possono allontanare da Lui.

D. – Lei ha tracciato il percorso di Sant’Agostino sottolineando alcune sue parole: quali sono secondo lei le più attuali?

R. – Agostino è così ricco che è molto difficile scegliere alcune parole. Io credo che le più attuali rimangono forse quelle più conosciute, cioè: “Ci hai fatto per te Signore e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Mi pare che siano di un’attualità bruciante, in un tempo, oggi, in cui tanti uomini sembrano non interessarsi a Dio, aver dimenticato Dio nella loro vita. Ci si scopre sempre come esseri bisognosi, come esseri che si trovano nella necessità e nel bisogno, che quindi devono trovare una risposta a queste inquietudini del loro cuore. Questa è la parola che io ripeterei. Credo che sia la parola che può essere capita dalla gente, perché se la gente trova un momento per ascoltare se stessa, per andare nelle profondità del cuore, sente che c’è in se stessa un’attrazione verso questa roccia che può dare consistenza al suo cuore.

D. – Agostino ha vissuto in un’epoca disseminata da difficoltà e tribolazioni. Anche oggi ci sono Paesi - nel Medio Oriente ad esempio – che stanno vivendo atroci drammi: cosa apprendere da Agostino?

R. – Apprendere questa capacità di leggere, al di sotto degli avvenimenti, il piano di Dio che si sta svolgendo, che si sta sviluppando, e che è sempre un piano di pace e di salvezza per l’uomo e offrirci così, umilmente, però totalmente, per la realizzazione della città di Dio, dove prevale l’amore, l’amore di Dio, fino al punto di disprezzare se stessi. Dobbiamo dimenticarci di noi stessi e prendere a cuore la sorte dei nostri fratelli, anche adesso - lei ricordava queste situazioni particolari nel Medio Oriente - quelli che soffrono, i cristiani e tutte le altre minoranze: trovare la maniera concreta e più efficace di aiutarli. Quindi, questa lettura che va al di là di quello che si vede e si sente, una lettura che va più in profondità, che ci aiuta a scorgere il piano di Dio, e questa chiamata a farci collaboratori di questo piano di Dio perché l’uomo abbia la vita e l’abbia in abbondanza.

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Solidarietà del card. Vegliò a vescovo di Tabasco: sostenere migranti

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Il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, ha inviato una lettera di incoraggiamento a mons. Gerardo De Jesús Rojas López, vescovo di Tabasco, in Messico. Il 27 agosto scorso, gli agenti del Servizio della Dogana e dell’Istituto nazionale della Migrazione del Messico avevano impedito al presule di celebrare una Messa dedicata ai migranti alla frontiera con il Guatemala. La celebrazione commemorativa ha avuto luogo poi in territorio guatemalteco, nel vicino Vicariato apostolico di El Petén.

“L’iniziativa – scrive il porporato - aveva carattere profondamente pastorale e, per questo, desidero esprimerle la vicinanza spirituale di questo Consiglio, che si fa voce della Santa Sede per estendere a tutte le aree del mondo toccate dai flussi migratori l’appello del Santo Padre Francesco a non rassegnarsi alla ‘globalizzazione dell’indifferenza’”.

Il cardinale Vegliò sottolinea che l’intenzione del presule era quella di “ricordare nella celebrazione dell’Eucaristia il massacro di 72 migranti centro e sudamericani, perpetrato nell’agosto 2010 a San Fernando dal cartello della droga degli Zetas. Insieme a quell’eccidio, però – osserva - non possiamo dimenticare che dal 2009 al 2011 più di 20.000 migranti sono stati sequestrati nell’area delle vostre diocesi di frontiera, senza contare tutti quelli che sono caduti nella rete dei trafficanti e le migliaia di uomini, donne e bambini che hanno perso la vita. Non possiamo nemmeno ignorare che si vanno sempre più intensificando le operazioni per impedire che i migranti salgano sul treno merci conosciuto come ‘La Bestia’, obbligandoli di fatto a scegliere percorsi alternativi e più a rischio per raggiungere gli Stati Uniti d’America”.

“Come non pensare” – prosegue il porporato – “anche a tutti quelli che, in varie parti del mondo, sono costretti, dalla miseria o dalla persecuzione, a varcare i confini della propria patria alla ricerca di una vita umanamente dignitosa? Come non ricordare gli oltre 20.000 migranti che sono morti cercando di attraversare il Mar Mediterraneo per raggiungere l’Unione Europea? E tutti quelli che fuggono da Paesi africani e asiatici, dove imperversano guerre e persecuzioni, per bussare alle porte dell’Australia? E proprio in queste settimane, come chiudere gli occhi su fatti di violenza e di tragedia, che colpiscono le minoranze nelle regioni del Medio Oriente, dove cristiani in fuga vengono crocifissi o decapitati e le loro teste sono innalzate come trofei?”.

“L’elenco delle caratteristiche che oggi accompagnano le migrazioni – rileva il cardinale Vegliò - è impressionante: abusi d’autorità e di ogni altro genere, violazione delle persone e dei loro diritti fondamentali, sfruttamento, estorsione, fame, rapina, furto, mutilazione, dolore, morte. Gli esodi che oggi sconvolgono diverse aree del mondo sono aperta denuncia del declino delle istituzioni e, peggio, della perdita del senso autentico di umanità, dove l’iniqua distribuzione delle risorse e l’egoistico accaparramento dei beni sono diventati obiettivi prioritari rispetto alla risposta alle emergenze umanitarie”.

“In questo scenario – aggiunge - il compito della Chiesa è sempre più impegnativo, ma non si ferma e non si spaventa. Anche noi ci uniamo alla voce del Santo Padre nel lanciare un accorato appello alle istituzioni nazionali, a quelle internazionali e a tutti i credenti affinché si intensifichino iniziative di preghiera per trovare le vie giuste che conducono alla pacifica convivenza dei popoli; invitiamo al dialogo e al negoziato per fermare violenti e aggressori; sollecitiamo l’apertura di canali umanitari per facilitare il soccorso ai rifugiati e, in definitiva, raccomandiamo l’adozione di opportune normative, locali e sovranazionali, che regolino i flussi migratori nel rispetto e nella promozione della dignità umana dei singoli e dei membri delle loro famiglie”.

Il porporato conclude la lettera manifestando “pieno incoraggiamento” all’impegno del vescovo di Tabasco, dei suoi collaboratori e di tutte le persone di buona volontà “che non se la sentono di rimanere cieche e mute di fronte alle tragedie che, purtroppo, colpiscono il nostro tempo”.

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Il card. Sandri in Romania: porto il saluto del Papa a cattolici e ortodossi

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La solenne inaugurazione dell’Eparchia di San Basilio Magno in Bucarest e l’insediamento del primo vescovo, mons. Mihai Frăţilă sono gli avvenimenti che richiameranno a Bucarest, in Romania, dal 29 al 31 agosto, il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. La Divina Liturgia, informa un comunicato del dicastero, sarà presieduta domattina dal porporato assieme all’arcivescovo Maggiore di Făgăraş e Alba Iulia dei Romeni, Sua Beatitudine il cardinale Lucian Mureşan. A concelebrare sull’altare anche il nunzio apostolico, l’arcivescovo Lozano, i vescovi del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Romena, alcuni confratelli provenienti dalle Chiese Cattoliche Orientali di Ucraina, Grecia e Ungheria, oltre ai presuli latini della Romania. Fra le Autorità, è prevista la presenza del segretario di Stato per i Culti e dell’Ambasciatore di Romania presso la Santa Sede.

Nel pomeriggio di domani, il cardinale Sandri si recherà in visita dal Patriarca ortodosso, Sua Beatitudine Daniel, a portare il saluto di Papa Francesco e manifestargli il desiderio di proseguire nel cammino intrapreso di dialogo e collaborazione fraterna.

Infine, domenica prossima, prima del rientro a Roma, il cardinale Sandri presiederà la Messa nella Cattedrale Latina di San Giuseppe in Bucarest, assieme all’arcivescovo e presidente della Conferenza episcopale, mons. Robu, e all’ausiliare, mons. Damian. Ieri, riferisce il comunicato, il cardinale prefetto era stato ricevuto dal Papa, “che lo ha incaricato di recare a tutti i Vescovi, sacerdoti e fedeli, la Benedizione Apostolica e l’incoraggiamento a proseguire la testimonianza della ‘gioia del Vangelo’”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La vicinanza del pastore: il parroco di Gaza ricevuto dal Papa.

Nella pace dell’inquietudine: il cardinale segretario di Stato celebra la messa nella memoria liturgica di sant’Agostino.

La sfida dell’alleanza tra civiltà al centro del sesto Forum dell’Onu.

Un articolo di Mariano Dell’Omo dal titolo “Due monaci tra le rovine della guerra”: il 30 agosto di sessant’anni fa moriva il cardinale Ildefonso Schuster.

Nessuno capirebbe, tranne zio Romano: Lucetta Scaraffia su Guardini, la depressione e le lettere della nipote prediletta.

Prospettiva marrana: Cristiana Dobner sul Messia tra ebraismo e cristianesimo in un libro di Paolo De Benedetti.

Che fatica custodire la vita: Silvia Guidi ricorda Seamus Heaney.

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Oggi in Primo Piano



Vicario di Aleppo: vogliono eliminare minoranze da Medio Oriente

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La crisi in Siria, dopo tre anni e mezzo di conflitto, ha provocato la cifra record di tre milioni di profughi: si tratta - denuncia l’Onu - della più grande emergenza umanitaria della nostra epoca. Sulla situazione nel Paese, è intervenuto al Meeting di Rimini il vicario apostolico di Aleppo, mons. Georges Abou Khazen. Il nostro inviato a Rimini Luca Collodi lo ha intervistato: 

R. - Finora, la Siria è stata un bel mosaico di 23 gruppi differenti: gruppi etnici e gruppi religiosi. Purtroppo, adesso, vediamo che si vuole disfare questo bel mosaico. Questi gruppi sono aiutati da gente che si dice “democratica”: ma se nella democrazia io non rispetto l’altro che è diverso da me, che democrazia è?

D. - Dietro il fattore religioso cosa si nasconde, di fatto?

R. - Fattori politici, fattori economici e tutto il resto. E noi lo vediamo. Purtroppo, vediamo anche come sia una politica, quella di svuotare l’Oriente dai suoi cristiani e dalle altre minoranze. Perche? A favore di chi? E’ lì la domanda …

D. - Il problema riguarda soltanto i cristiani o anche altre minoranze?

R. - Il problema in Medio Oriente riguarda tutte le minoranze. Invece che un bel mosaico, loro vogliono fare un quadro monocolore.

D. - Il Papa dice che è più difficile fare la pace che la guerra. Esiste una via di uscita alla situazione siriana?

R. - Per me sì, sicuramente. Lo ripeto sempre: invece di aiutarci ad ammazzarci, dandoci le armi, aiutateci a riconciliarci. Ma se continuate a darci le armi e ci ammazziamo, dove si arriva? In questo ci devono aiutare.

D. - L’Occidente ha sottovalutato la situazione siriana?

R. - L’ha sottovalutata e, di fatto, ha voluto questo. Loro dovrebbero aver imparato dalle altre esperienze e da altre regioni; nonostante tutto, hanno continuato e continuano a farlo.

D. - Come si vive in questi giorni ad Aleppo?

R. - La vita è molto difficile. Siamo stati sotto assedio per mesi e mesi, quando è mancato quasi tutto e adesso quello che manca di più è l’acqua, che comincia un po’ a tornare; e la luce. È una città di circa quattro milioni di persone senz’acqua. La gente comincia ad avere acqua grazie ai pozzi che si trovano nelle chiese, nei conventi e nelle moschee.

D. - In Siria esiste un islam moderato? Cosa dice?

R. - Per me un islam moderato esiste sicuramente, un islam che è “vissuto”. Certo, non è stato tutto “rose e fiori” nel corso della storia, però esiste un islam moderato, e questo fin dalle origini: tra gli Omayyadi, Mu’āwiya spostò la capitale, il Califfato, dalla Mecca - un ambiente chiuso - a Damasco - un ambiente molto aperto - e così è cominciata l’apertura ed è continuata. Poi basta sentire i capi musulmani; basta sentire il muftì - sia il muftì della Siria, sia il muftì di Aleppo - e altre personalità musulmane che dicono adesso: “Il Paese è nostro e noi [musulmani] siamo ospiti loro, dei cristiani, perché loro sono arrivati molto prima di noi”. So che questo non si era mai sentito prima e non si sentirà forse da altri Paesi ma in Siria si sente. …

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Ucraina, sconfinamento truppe russe. Nato: fermare operazioni

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La Nato chiede alla Russia di fermare le operazioni in territorio Ucraino, ma da Mosca continuano a negare qualsiasi coinvolgimento nella crisi e minacciano ripercussioni sulle forniture di gas. Intanto l’Unione Europea si prepara a discutere nuove sanzioni contro la Russia. Il servizio di Marco Guerra: 

“Chiediamo alla Russia di mettere fine alle azioni militari illegali in Ucraina, al sostegno ai separatisti e che adotti misure che portino alla descalation della grave crisi”. E' quanto ha detto il segretario generale della Nato Rasmussen al termine della riunione d’emergenza dei rappresentanti dell'Alleanza atlantica per discutere gli ultimi sviluppi della crisi ucraina, all’indomani della diffusione delle foto satellitari che mostrano lo sconfinamento di circa un migliaio di soldati russi in territorio ucraino. Poco prima il ministro degli Esteri di russo Lavrov aveva bollato le accuse occidentali come “congetture” già sentite in passato, negando ogni responsabilità. Ma sempre Rasmussen ha ribadito: “nonostante le smentite di Mosca, è ora chiaro che le truppe e armi russe hanno varcato il confine”. Dal canto suo Putin invita l'Occidente a fare pressioni su Kiev affinché intraprenda un negoziato con i ribelli. E dopo che Obama ha assicurato risposte all’azione russa, anche se escludendo un intervento militare, la Germania fa sapere che al vertice dell’Unione Europea di domani si discuterà il varo di “nuove sanzioni economiche” contro la Russia. Intanto il ministro dell’Energia russo avverte: esiste “l'alto rischio” che il gas russo non riesca ad arrivare all'Europa a causa delle tensioni con l'Ucraina. Infine, arriva un nuovo bilancio pesantissimo dell’Onu: 2600 morti dall’inizio del conflitto. Il rapporto parla di "tendenza allarmante”.

 

Per un’analisi degli sviluppi della crisi ucraina, abbiamo intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana: 

R. - È veramente difficile capire perché Putin abbia deciso questa accelerazione in un momento in cui sembrava che questi incontri con Poroshenko potessero portare ad un alleggerimento della situazione, non ad un suo appesantimento. Quello che può venire in mente è che, intanto, abbia voluto, in qualche modo, aprire un fronte per alleggerire la situazione dei ribelli di Donetsk che cominciano ad essere un po’ in crisi dal punto di vista militare, e che voglia creare una  fascia che vada  dal Dombass e dal Donetsk - a nord - fino al sud perché la direzione da Novoazovsk  verso Mariupol è quella della Crimea, creando una fascia di protezione degli interessi russi che sono quelli di aver delle vie di smercio per il gas e per il petrolio garantite e sicure. Certamente l’idea che ci sia Kiev, un governo molto filoamericano e molto antirusso con le mani sui rubinetti del gas che viene verso l’Europa, non può lasciare il Cremlino tranquillo.

D. - Quale razione internazionale bisogna attendersi?

R. - Qui c’è un po’ un gioco delle parti. Naturalmente gli ammiccamenti tra Nato e Ucraina, tra Ucraina e Nato, sono partiti molto prima di oggi. È chiaro che l’obiettivo degli Stati Uniti, e soprattutto dell’Ucraina, è proprio di arrivare a questo; per la Russia sarebbe una soluzione detestabile. Da un punto di vista della reazione, non credo che si arriverà ad una di tipo militare da parte di nessuna delle agenzie citate: Unione Europea, Onu, Nato ... Tutte quelle a cui si è rivolta l’Ucraina. Credo che sicuramente come minimo saranno inasprire le sanzioni economiche nei confronti della Russia.

D. - Quindi al momento la crisi è destinata a perdurare; non c’è alcuna soluzione pacifica in vista ...

R. - Credo proprio di no, ma d’altra parte la soluzione pacifica avrebbe dovuto essere perseguita fin dall’inizio, mentre invece sulla scorta dell’insoddisfazione della gente ucraina, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno premuto molto per una soluzione che non contemplasse, comunque, il parere della Russia. In qualche modo, una reazione da parte del Cremlino era da attendere. Forse una reazione di tipo apertamente militare non era quella che si poteva immaginare.

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Italia in recessione. Pil Usa sale a +4%

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L’Italia è in recessione. L'economia nel secondo trimestre del 2014 si è contratta dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. Lo conferma l'Istat, secondo cui il Paese ad agosto è in deflazione. Non accadeva dal 1959.  Male anche la disoccupazione, che sale al 12,3%, mentre nell’Eurozona si stabilizza all’11,5%. Sempre nell’area euro, l’inflazione scende allo 0.3%. In controtendenza i dati dell’economia Usa, con il pil che cresce del 4,2%. Paolo Ondarza ha raccolto il commento dell’esperto, Alan Friedman

R. – L’economia americana sta beneficiando di un aumento del sentimento positivo dei consumatori. Ovviamente, ricordiamo che in America la Banca centrale americana da 3-4 anni sta immettendo liquidità, sta cercando di produrre più denaro nel sistema. E’ quello che ci vuole in Europa, quello che Mario Draghi dovrebbe fare.

D. – Si può sperare in qualche effetto benefico anche per l’Europa da questa ripresa positiva dell’economia statunitense?

R. – Quando l’economia americana cresce, questo fa sì che aumenti anche l’importazione della merce made in Italy e dell’Europa. Se la crescita americana rimanesse a questi livelli per i prossimi sei mesi, sìcuramente vedremmo l’aumento dell’export italiano. Ma per il problema per l’Italia non è l’export, il problema è che in Italia non gira più denaro: c’è troppa rigidità del mercato del lavoro e la pressione fiscale sui lavoratore e sulle imprese è troppo elevata.

D. – Una conferma del perdurare della crisi in Italia arriva dai dati Istat sulla disoccupazione, ancora in aumento…

R. – L’economia americana ha un sistema del mercato lavoro per cui, quando gli ordini di un’impresa vanno giù, si può licenziare con due o quattro settimane di preavviso senza lunghe liquidazioni, tribunale e articolo 18. E quando l’economia cresce, si può assumere facilmente. In Italia, ovviamente, come in mezza Europa, ci troviamo nella situazione in cui in cui i Paesi che hanno fatto la riforma del lavoro, come la Germania, la Gran Bretagna, l’Olanda, hanno tassi di disoccupazione simili agli Stati Uniti, attorno al 6-7%; mentre in Italia l’Istat ci riporta la notizia che siamo ormai verso il 13%. La riforma del mercato del lavoro è fondamentale per l’Italia, ma contemporaneamente deve esserci una riforma dell’economia, del fisco, della burocrazia. E’ quello che Renzi sta cercando di fare, ma con molte resistenze. Se l’Italia non farà queste riforme e non si riuscirà a far ripartire l’economia questo Paese rischia, secondo me, un’implosione della famosa coesione sociale.

D. – E allargando lo sguardo all’Europa: recenti dati fotografano anche l’economia tedesca  in affanno?

R. – La Germania è un grande ostacolo alla crescita dell’Europa. L’economia tedesca sta rallentando. L’economia della Francia va malissimo. Nei prossimi giorni, al vertice europeo, i socialisti dell’Europa cercheranno di vedersi prima a Parigi e poi di andare di nuovo dalla Merkel a dire: basta con l’austerity, spendiamo un po'. Io dico che a questo punto una politica espansiva di investimenti pubblici è fondamentale: tutta l’Europa ne ha bisogno.

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Bagnasco: il mondo non è deserto violento e barbaro, il bene vincerà

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“Resistere e insistere”: due parole che sintetizzano il messaggio che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha voluto lanciare dal Santuario della Guardia nell’omelia pronunciata nella Messa di stamani in occasione della Solennità della Madonna della Guardia. Il servizio di Adriana Masotti

Le parole del card. Bagnasco partono dalla costatazione di ciò che sta accadendo in questi giorni. “Siamo letteralmente alluvionati da notizie che spaventano per la violenza e la barbarie, afferma, l’orrore circola nel mondo, dietro la porta accanto o lontano. Pensiamo poi alla crudele persecuzione che tormenta e uccide tanti cristiani e altre minoranze religiose in Iraq, Nigeria, in diverse parti della Terra. Dobbiamo ad una voce gridare che sono crimini contro l’umanità. Dobbiamo gridare che se dalla comunità internazionale non si leva univoca, forte e insistente, la condanna e la presa di distanza dalla inaccettabile vergogna, questo è un atto di viltà imperdonabile”. E continua: “Non possiamo tacere davanti al progetto in atto di cancellare la presenza cristiana dalla Terra Santa come da altri luoghi”.

La condanna e l’appello al rispetto dei diritti umani deve diventare però, secondo il presidente della Cei, preghiera e testimonianza convinta: bisogna uscire dall’indifferenza, da una fede stanca, uscire allo scoperto con la gioia del Vangelo. Di fronte ad un quadro fosco del mondo c’è da chiedersi: quale sarà il futuro? “A questa inquietante domanda rispondo - afferma il card. Bagnasco - con ciò che ho visto nella mia Visita Pastorale”.  “Ho visto la vita buona che brulica: ho visto la bontà dei volti e dei gesti, la sincerità della fede, la dedizione fino all’eroismo nelle famiglie… in una parola, ho visto i mille volti del bene e della bellezza”. E’ importante accorgersi di quest’altra faccia della realtà e capire che chi vive secondo i valori dell’onestà, del dovere e della fedeltà, non è solo. Sì, è la convinzione del porporato, il mondo non è un deserto violento e barbaro, il bene ancora fiorisce e vincerà.

Il cardinale Bagnasco guarda poi al problema cruciale di cui soffre anche Genova: la disoccupazione. La crisi si sta prolungando, cresce la folla che ogni giorno si rivolge alla Chiesa per chiedere aiuto e la Chiesa, confida il cardinale, non si nasconde e, senza pubblicità, si muove per contribuire al bene della città innanzitutto della gente più indifesa, tiene contatti con istituzioni, imprenditori, sindacati, perché possa esserci una ripresa. Infine Bagnasco affida alla Madonna il luogo simbolo di Genova: il porto anch’esso in crisi. Resistere e insistere, conclude, il coraggio non manca e le vie si trovano.

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Perdonanza Celestiniana. Il card. Antonelli: L'Aquila risorgerà

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Circa 20mila fedeli hanno partecipato ieri sera all’Aquila nella Basilica di Collemaggio all’apertura della Porta Santa per l’inizio ufficiale della 720ma edizione della Perdonanza celestiniana. Il rito è stato presieduto dal cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la  Famiglia.

Il porporato ha ricordato che “Dio ci offre la sua misericordia. Ma noi per riceverla dobbiamo essere umili, riconoscerci peccatori, essere misericordiosi con gli altri uomini, nostri fratelli. Non possiamo riconciliarci con Dio, se non partecipiamo alla sua vita che è amore, se non condividiamo i suoi sentimenti, la sua misericordia verso tutti. San Pietro Celestino – ha proseguito - ci ammonisce a non ridurre la Perdonanza a un rito folkloristico, di costume. Ci raccomanda di non dimenticare il rimprovero del Signore al suo popolo, per mezzo del profeta Isaia, nella prima lettura: ‘Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto’. Celebrare la Perdonanza, accogliere la misericordia di Dio, viverla e trasmetterla agli altri. Insieme – ha detto il cardinale Antonelli - avete sofferto il terremoto; insieme avete avuto paura; reciprocamente vi siete prestati aiuto nelle necessità. Presto risorgerete, se saprete collaborare, con impegno sincero, anche con sacrificio, nella società civile e nella comunità ecclesiale”.

Fino a questa sera sarà possibile ottenere l'indulgenza plenaria, come disposto nella Bolla del Perdono del 1294 di Papa Celestino V. Sul significato della Perdonanza, ascoltiamo don Luigi Maria Epicoco, parroco all’Aquila, al microfono di Fabio Colagrande: 

R. – Il significato è sempre straordinario, perché è il significato della misericordia di Dio e del primato della misericordia di Dio come la forma forse più alta di giustizia. Papa Francesco ci ricorda sempre che la misericordia è la modalità attraverso cui Dio si dà a ciascuno di noi, e la Perdonanza ne è un sacramento, ne è proprio un segno efficace. Di anno in anno, noi non siamo mai le stesse persone dell’anno prima e se quell’abbraccio è sempre lo stesso – perché è l’abbraccio di un padre misericordioso – la nostra vita, che è cambiata in un anno, si ritrova immersa in quell’abbraccio per ritrovare forse la direzione giusta, per potere affrontare un altro anno.

D. – Papa Francesco ha messo la misericordia proprio al centro del suo magistero. Ma cosa significa, dal punto di vista pastorale, avere misericordia – glielo chiedo anche nella sua veste di sacerdote?

R. – Io penso che la misericordia e la centralità della misericordia, così come Papa Francesco ci insegna, non siano un “volemose bene”, come magari qualche media va sbandierando a destra e a sinistra; la misericordia è molto più importante perché è un sentirsi amati e voluti. Quando una persona si sente amata, trova la forza di fare qualunque cosa, nella vita, anche grandi cambiamenti, anche una conversione, appunto, cioè un cambiamento radicale della propria esistenza. Ma l’amore di Dio è un amore gratuito, un amore che ci fa sentire amati e quindi ci abilita ad essere, poi, uomini fino in fondo. Questa è la misericordia, questo è l’annuncio della misericordia, questo è lo sguardo di misericordia che il cristianesimo dovrebbe portare al mondo. Il far sentire addosso alle persone, alla Storia, questo amore di Dio che è l’unica cosa che ci abilita a vivere una vita degna di questo nome, degna di essere vissuta.

D. – Dal giorno del terremoto, dal 6 aprile 2009, questa festa, questa celebrazione ha acquistato un significato particolare per l’Aquila e per tutta la zona colpita da quel sisma. Quest’anno, che significato ha la Perdonanza?

R. – A me ha fatto sempre riflettere il fatto che le preghiere dei malati hanno più efficacia delle altre preghiere, semplicemente perché quando una persona soffre, è portata a concentrarsi soprattutto su se stessa; invece, quando una persona che soffre si preoccupa di qualcun altro, questo ha del rivoluzionario, questo smuove i cieli e spalanca la capacità di Dio di intervenire nella storia. Io immagino che L’Aquila sia un po’ così: un ammalato che vive sofferenze serie, a volte delle paralisi burocratiche che non le permettono ancora di rimettersi in piedi, ma l’aver conservata intatta la Perdonanza, cioè preoccuparsi di continuare a testimoniare questo Perdono e a darlo a tutta la gente, alle migliaia di persone che poi vengono qui in pellegrinaggio, significa riprendersi un significato molto più profondo, un non vivere questo evento della Perdonanza come una scenografia, ma è una città terremotata che continua a riproporre il gesto della Perdonanza e forse merita di essere ascoltata di più, non solo dai Cieli, ma forse anche da qualcuno che sulla Terra potrebbe tenere anche i destini di questo territorio.

D. – La visibilità a livello nazionale dell’Aquila, da quel giorno, però, piano piano è andata scemando. Si parla sempre meno degli effetti di quel sisma sulla società e sulla struttura commerciale ed economica dell’Aquila. A che punto siamo?

R. – La maggior parte dei miei amici, quando mi domandano: “Com’è L’Aquila?”, io li invito a venire, perché quando uno fisicamente percorre il centro storico, quando passeggia un po’ in questo territorio, rimane poi silenzioso e tutti concludono con questa affermazione: “Non immaginavamo questa realtà”. Perché? Perché a livello mediatico le storie devono concludersi, no?, e questo “… e vissero felici e contenti” è arrivato anche un po’ sulla cronaca del terremoto dell’Aquila. In realtà, qui il “… e vissero felici e contenti” è ancora un po’ lontano da venire. Questo territorio, invece, ha bisogno che ancora l’Italia si interessi di questa fetta di terra che poi è il cuore dell’Italia in questo Centro Italia e soprattutto, non è banalmente un piccolo borgo disperso su una montagna, ma è un capoluogo di Regione che è stato colpito e insieme ad esso tutta l’economia, con centinaia di famiglie, migliaia di persone che sono rimaste senza lavoro e vivono una crisi amplificata perché, in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, vivere in un territorio terremotato significa vedere tutto più pesantemente ferito e pesantemente vissuto. Quindi, sarebbe molto bello se i riflettori si riaccendessero, non soltanto per dare una visibilità pubblicitaria, ma per dire che forse, proprio a partire dall’Aquila, si potrebbe ricominciare anche una ricrescita economica per questo nostro Paese. E forse anche per l’Europa, perché è stato definito “il cantiere più grande d’Europa”.

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Cinema. A Venezia "Fango e gloria", le vere immagini della Grande Guerra

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Fondato nel 1924, l’Istituto Luce possiede uno degli archivi di immagini più importanti del mondo. Per festeggiare i novant’anni della sua fondazione, è presente alla Mostra del Cinema di Venezia con alcuni documentari e film di grande interesse per la storia e la cultura dell’Italia del Novecento. Il servizio di Luca Pellegrini

L’Istituto Luce ha un Archivio di immagini tra i più preziosi e affascinanti del mondo che racchiude gran parte della storia d’Italia del secolo scorso. Sarebbe però un corpo senza vita e inutile alla cultura, non solo cinematografica, di un paese, se i filmati di repertorio non venissero restaurati, studiati e utilizzati per una divulgazione tanto necessaria quanto utile. Alla Mostra del Cinema di Venezia accade che alcuni tra i documentari e film di maggiore interesse nascano proprio dalla possibilità di attingere a questo patrimonio incommensurabile, dando nuova vita alle rarissime immagini. Con “9X10 Novanta”, ad esempio, nove tra i più apprezzati nuovi autori del cinema italiano sono stati invitati a realizzare un piccolo film, creando un album di narrazioni diverse, con una Italia raccontata nel suo presente attraverso immagini del suo passato. Un passato abbastanza recente, invece, è quello affrontato da Tatti Sanguineti in “Giulio Andreotti – Il cinema visto da vicino”, ritratto inedito del politico italiano e del suo rapporto col cinema da quando, a soli 28 anni, divenne Sottosegretario con delega allo spettacolo. E gran peso ebbe, oltre che nell’uso dello strumento della censura, comunque da storicizzare, nella creazione, negli anni ’50, delle cinquemila sale parrocchiali. Infine, è stato presentato “Fango e gloria” di Leonardo Tiberi, nelle sale a metà ottobre: immagini rarissime e sconvolgenti della Prima Guerra Mondiale, restaurate e colorizzate, si inseriscono in una trama di finzione, per raccontare una strage che fu immane, oltre che inutile. Abbiamo chiesto al regista quali sono state le ragioni artistiche e storiche che sono alla base della produzione di questo film così originale:

R. – Ho pensato di fare questo film, innanzitutto, perché c’è un anniversario che conosciamo, sono i cento anni, perché è stato un fatto epocale nella storia degli italiani, una strage immane – non solo per gli italiani ma per tutti gli europei – e perché la chiave di lettura che ho voluto dare a questo film mi è sembrata particolarmente adatta per essere portata ad un pubblico di giovani che probabilmente, meno di tutti, conosce questi eventi. Il messaggio che traspare da questa operazioni non può essere che di pace, su come si devono trovare sempre delle strade alternative a quelle della guerra per risolvere i contenziosi internazionali – un fatto abbastanza attuale purtroppo anche oggi – e come tutto ciò sia avvenuto nonostante la non volontà di guerra della maggior parte della gente.

D. – L’uso di queste immagini di repertorio ci fa scoprire situazioni assolutamente inedite della Prima Guerra Mondiale...

R. – Certo, perché così come non ho voluto fare un film didascalico e cronologico, ho cercato di fare molto di più sull’emozione: Presentare queste immagini scelte accuratamente, funzionali al tema che stavamo svolgendo, mi è sembrato il modo migliore per provocare questi sentimenti e reazioni da parte del pubblico.

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Nella Chiesa e nel mondo



I leader religiosi europei condannano atrocità dello Stato islamico

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I leader religiosi d'Europa riuniti nel Consiglio europeo delle religioni per la pace (Ecrl), salutano con soddisfazione la ferma condanna espressa da esponenti e organizzazioni musulmane e non musulmane europee per i crimini commessi dal sedicente Stato islamico. Cresce infatti in Europa la mobilitazione delle comunità musulmane contro il terrorismo liberticida che imperversa in Medio Oriente minacciando l’esistenza di intere comunità religiose. E’ il caso della Norvegia, dove migliaia di persone di ogni credo hanno partecipato nei giorni scorsi a una manifestazione organizzata a Oslo da giovani donne musulmane.

Anche nel Regno Unito diversi esponenti delle comunità islamiche hanno preso esplicitamente le distanze dai jihadisti dell’Is. A loro è giunto il pieno sostegno della sezione inglese del Religions for Peace (RfP), la rete interreligiosa mondiale per la promozione della pace e della cooperazione, che in una dichiarazione condivisa dal Consiglio europeo delle religioni per la pace, ricorda che i crimini dell’Is “contro l’umanità non possono essere giustificati da alcun testo sacro o avere la benedizione di alcun Dio”.

Il documento ribadisce anche l’impegno sottoscritto nel 2013 a Vienna dai leader religiosi dell’Ecrl ad unire le forze “per combattere ogni forma di minaccia al pieno godimento della libertà religiosa” e a “denunciare le minacce alla libertà religiosa degli altri” quando esse provengono dalle rispettive comunità. (A cura di Lisa Zengarini)

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I vescovi filippini: preoccupazione per diffusione estremismo islamico

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La Chiesa cattolica nelle Filippine farà la sua parte per contrastare le azioni brutali dei jihadisti dello Stato Islamico, che stanno terrorizzando il Nord dell’Iraq: è quanto promette l’arcivescovo Socrates Villegas, presidente della Conferenza Episcopale delle Filippine, assicurando il contributo della Chiesa locale in patria e all’estero. Come riferito a Fides, infatti, da un lato la Chiesa filippina si preoccupa di aiutare, grazie a compagne di donazioni e solidarietà, i cristiani e le altre popolazioni sfollate a causa della violenza dei militanti islamici in Iraq. Dall’altro vuole scoraggiare la popolazione filippina di religione islamica (che nel Sud dell’arcipelago conta 6 milioni di persone) dallo sposare le teorie del Califfato e dal nutrire tentazioni di unirsi alla violenza.

L’arcivescovo ha ricordato con sdegno “abusi, decapitazioni e violenze di ogni genere, che mostrano il completo traviamento della religione”. “Massacrare, uccidere, distruggere in nome di Dio è un messaggio terribile inviato al mondo. Si dice in tal modo che la religione è strumento di morte e che la fede può generare tanta malvagità” ha spiegato. La Chiesa filippina esprime preoccupazione anche perché alcuni militanti dei gruppi estremisti islamici filippini come “Abu Sayyaf”, hanno espresso sostegno all’Is, mentre altri gruppi islamici ufficiali come il Milf (Moro Islamic Liberation Front), che ha siglato un recente accordo con il governo di Manila, ne hanno rinnegato tesi e azioni. Secondo alcuni rapporti, guerriglieri filippini sarebbero giunti in Iraq e Siria per combattere a fianco dei terroristi. Le autorità filippine stanno prendendo in considerazione l’ipotesi di creare una speciale banca dati per monitorare i movimenti di cittadini filippini verso il Medio Oriente.

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Iraq: nuovo video dell’Is con la decapitazione di un curdo

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In Iraq, non si ferma l’orrore nelle aree cadute sotto l’influenza dello Stato Islamico. I jihadisti hanno diffuso un  video in rete in cui decapitano a Mosul un peshmerga curdo catturato negli scontri degli ultimi giorni. Il video, intitolato 'Un messaggio con il sangue', mostra anche altri 14 prigionieri curdi con indosso tute arancioni, come quelle indossate dai carcerati di Guantanamo, e contiene un monito ai leader della regione autonoma del Kurdistan iracheno: se non metteranno fine alla loro alleanza con gli Stati Uniti, che nelle ultime settimane hanno eseguito numerosi raid aerei contro le milizie dell’Is, altri peshmerga saranno decapitati. E nuove notizie strazianti arrivano poi della deputata irachena di etnia yazida, Vian Dakhil, secondo la quale le oltre 600 ragazze yazide rapite le scorse settimane dai soldati dello Stato islamico sarebbero costrette a subire violenze e maltrattamenti di vario genere, al punto tale che avrebbe richiesto – in colloqui telefonici –nascosti - un bombardamento sul luogo della loro prigionia. Forte l’indignazione del segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha accusato l’Is di "uccisioni brutali" e persecuzioni. Infine si calcola che l'avanzata degli jihadisti dello Stato Islamico nel nord dell'Iraq ha causato 850 mila sfollati in nell'ultimo mese, portando a 1,6 milioni il numero delle persone in fuga dallo scorso gennaio.

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Libia: premier al Thani si dimette per favorire governo di unità

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Il governo "ad interim" libico guidato dal primo ministro, Abdullah al Thani, si è dimesso per consentire al parlamento che si riunisce a Tobruk – considerato l'unica autorità legittima del Paese nordafricano – di formare un nuovo esecutivo che riesca a rappresentare tutte le componenti della società libica, ristabilendo la sicurezza e rispettando lo stato di diritto. Il premier dimissionario ha inoltre denunciato la tentata formazione di un esecutivo a Tripoli da parte delle milizie islamiste che hanno occupato la città e che avevano convocato il Consiglio generale nazionale, organismo il cui mandato è scaduto dopo le elezioni del 25 giugno scorso. Intanto, l’ambasciatore della Libia all’Onu ha lasciato allarme per una situazione che “potrebbe sfociare in una guerra civile” e la Francia chiesto alle Nazioni  Unite di mettere in piedi “un sostegno eccezionale alle autorità libiche” per ricostruire lo Stato. Sul terreno, però, il Paese resta diviso in tre aree di influenza, con le milizie islamiste che controllano Tripoli, i jihadisti vicini ad al Qaeda a Bengasi e il parlamento eletto che si è trasferito a Tobruk.

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India: protesta dei cristiani per Chiesa trasformata in tempio indù

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Ferme proteste con le autorità civili e avvio di una inchiesta giudiziaria: così hanno reagito i cristiani dello Stato indiano di Uttar Pradesh (India del Nord) dopo il grave episodio avvenuto nei giorni scorsi nel villaggio di Asroi, nei pressi della città di Aligarh. Qui una chiesa cristiana che apparteneva agli Avventisti del Settimo giorno è stata requisita da gruppi indù e trasformata in un tempio induista. Come riferito a Fides, l’edificio della ex chiesa ora viene presidiato dai militanti radicali indù che raccontano trionfalmente della avvenuta riconversione. Secondo i gruppi, originariamente, prima del 1995, quando la chiesa fu costruita, su quel sito sorgeva infatti un tempio induista.

La croce e tutti simboli cristiani sono stati rimossi, sostituiti da grandi immagini di Shiva. I radicali indù hanno tenuto nell’edificio un “rituale di purificazione” per riconsacrarlo agli dei indù. Secondo i gruppi indù locali, molti degli abitanti del villaggio, cristiani, si sono riconvertiti all’induismo. Secondo il pastore cristiano metodista Jonathan Lal, di una città vicina, la riconversione è un atto del tutto arbitrario e violento. Il “Catholic Secular Forum”, organizzazione impegnata nella tutela dei diritti dei cristiani indiani, nel chiedere l’immediato intervento delle autorità civili per garantire il rispetto della libertà religiosa, confuta la presunta esistenza di un tempio indù antecedente e parla di una giustificazione del tutto pretestuosa.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVIII no. 241

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.