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Sommario del 15/10/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: grazie al card. Bertone per la fedeltà e benvenuto a mons. Parolin, assente per intervento chirurgico
  • Il card. Bertone: sette anni di dedizione e sacrificio accanto a Papa Benedetto
  • Il Papa: adoriamo Dio e amiamo il prossimo per non essere idolatri né ipocriti
  • Lettera del Papa al card. Bertello: curare formazione umana e cristiana di chi lavora in Vaticano
  • Rinuncia e nomine episcopali
  • Il direttore dell'Oim, Swing: dal Papa spunti per superare indifferenza verso gli immigrati
  • Presidenza Apsa: rivedere le funzioni dei consultori, in corso verifica della situazione finanziaria
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Filippine: oltre 90 morti per il sisma nel centrosud del Paese. Edifici e chiese distrutti
  • Iraq: sanguinoso attentato nel giorno della Festa del sacrificio
  • Amnesty: in Nigeria centinaia di sostenitori di Boko Haram uccisi in carcere senza un giudizio
  • Operazione "Mare Nostrum". Cir: bene se salva vite umane, non se le respinge
  • Lampedusa. Il parroco lascia l'isola: sentiamo vicino il cuore del Papa
  • Il Premio cittadino europeo a suor Eugenia Bonetti, la religiosa "anti-tratta"
  • Giornata del lavaggio delle mani. L'Unicef: pratica che abbatte la mortalità infantile
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Gregorios III sui vescovi rapiti: "Si parla di rilascio ma non ci sono conferme"
  • Afghanistan, festa del Sacrificio: attentato in moschea, ucciso governatore locale
  • Africa: gli auguri della Chiesa cattolica in Africa ai fedeli islamici per la festa dell’Aid El Adha
  • Thailandia: alluvioni provocano 61 morti. In arrivo il tifone Nari
  • Sant'Egidio-Comunità ebraica: marcia per non dimenticare la deportazione degli ebrei romani
  • Lampedusa. Messaggio dei vescovi siciliani: "Abbandonare ipocrisia e indifferenza"
  • I vescovi dell’Africa australe condannano la corruzione
  • Nicaragua: Chiesa chiede all'esercito rispetto per i civili vittime negli scontri con gruppi armati
  • Perù. Vescovo di Chimbote: non ho paura dei detenuti ma dei criminali ancora fuori
  • Roma: iniziato processo di Beatificazione di Madre Giuseppa dei Sacri Cuori
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: grazie al card. Bertone per la fedeltà e benvenuto a mons. Parolin, assente per intervento chirurgico

    ◊   Gratitudine e fedeltà. Sono le due parole che hanno contraddistinto l’udienza di Papa Francesco, stamani in Vaticano, ai superiori e agli officiali della Segreteria di Stato in occasione del congedo del cardinale Tarcisio Bertone e della presa di possesso di mons. Pietro Parolin che, tuttavia, non ha potuto essere presente alla cerimonia a causa di un intervento chirurgico a cui è stato sottoposto. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    L’udienza di Papa Francesco alla comunità di lavoro della Segreteria di Stato ha avuto un fuori programma per l’assenza di mons. Parolin per motivi di salute. E’ stato il Papa stesso a informare i presenti che il benvenuto al nuovo segretario di Stato avrebbe assunto una forma diversa da quella programmata:

    “…sarà un benvenuto ‘in absentia’, perché lui prenderà possesso del suo nuovo incarico alcune settimane più tardi rispetto alla data di oggi, a motivo di un piccolo intervento chirurgico a cui ha dovuto sottoporsi”.

    Il Pontefice ha dunque dedicato una parte cospicua del suo intervento a ringraziare il cardinale Bertone. Gratitudine, ha detto, con la quale “penso di interpretare anche il pensiero del mio amato predecessore Benedetto XVI”:

    “Vedo in lei anzitutto il figlio di don Bosco. Tutti siamo marcati dalla nostra storia. Pensando al suo lungo servizio alla Chiesa, sia nell’insegnamento, come nel ministero di vescovo diocesano e nel lavoro in Curia, fino all’incarico di segretario di Stato, mi pare che il filo rosso sia costituito proprio dalla vocazione sacerdotale salesiana che l’ha segnata sin dalla tenera infanzia, e che l’ha portata a svolgere tutti gli incarichi ricevuti”.

    Incarichi, ha soggiunto, svolti con “profondo amore alla Chiesa, grande generosità, e con quella tipica miscela salesiana che unisce un sincero spirito di obbedienza e una grande libertà di iniziativa e di inventiva personale”. Per ogni salesiano, ha aggiunto, l’amore della Chiesa si esprime in maniera del tutto particolare nell’amore al Successore di Pietro. “Sentirsi al cuore della Chiesa – ha ricordato – proprio perché si è con il Papa”:

    “E qui vengo al secondo aspetto che desidero sottolineare: l’atteggiamento di incondizionata fedeltà e di assoluta lealtà a Pietro, caratteristica distintiva del Suo mandato come Segretario di Stato, tanto verso Benedetto XVI che verso di me in questi mesi. L’ho potuto avvertire in molte occasioni e Le sono profondamente grato per questo”.

    Il Papa ha quindi ringraziato il cardinale Bertone per “il coraggio e la pazienza – ha detto – con cui ha vissuto le contrarietà che ha dovuto affrontare”. E “sono tante”, ha osservato. Il Papa ha così ricordato il "sogno delle rose" raccontato da Don Bosco ai suoi giovani. Se dall’esterno di un pergolato, ha rammentato, si vedono solo i fiori più ci si addentra e più “spuntano delle spine acutissime che feriscono e provocano grandi dolori”. E tuttavia, pur nello scoraggiamento, la Vergine Maria esorta tutti a perseverare:

    “Caro cardinale Bertone, in questo momento mi piace pensare che, se pure vi sono state le spine, la Vergine Ausiliatrice non ha certo fatto mancare il suo aiuto, e non lo farà mancare in futuro: sia sicuro, eh? L’augurio che tutti Le facciamo è che ella possa continuare a godere dei tesori che hanno segnato la Sua vocazione: la presenza di Gesù Eucaristia, l’assistenza della Madonna, l’amicizia del Papa”.

    Ha dunque rivolto il pensiero a mons. Parolin, che – ha sottolineato il Papa – ben conosce la comunità di lavoro della Segreteria di Stato Vaticano:

    “Lui conosce molto bene la famiglia della Segreteria di Stato, vi ha lavorato per tanti anni, con passione e competenza e con quella capacità di dialogo e di tratto umano che sono una sua caratteristica. In un certo senso è come un ritornare ‘a casa’”.

    Infine, il Papa ha ringraziato quanti lavorano nella Segreteria di Stato “spesso in forma nascosta e anonima” e li ha invitati a pregare per lui:

    “Vi invito tutti a pregare per me – ne ho tanto bisogno – e vorrei che foste sicuri della mia preghiera e della mia amicizia, della mia vicinanza e della mia riconoscenza per questo lavoro che voi fate”.

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    Il card. Bertone: sette anni di dedizione e sacrificio accanto a Papa Benedetto

    ◊   In assenza, come ha spiegato il Pontefice, del nuovo incaricato alla guida della Segreteria di Stato l’arcivescovo veneto Pietro Parolin, solo un discorso ha accompagnato l’intervento del Papa, quello del segretario uscente il cardinale Tarcisio Bertone. Se il Santo Padre congedandolo lo ha ringraziato per la sua sollecitudine e la sua esperta collaborazione in pieno spirito salesiano, il cardinale ha ripercorso con emozione le tappe salienti del suo incarico, affidando ora a Maria “che scioglie i nodi” il futuro della Chiesa. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    "Grazie anche a nome di Benedetto XVI": Papa Francesco si congeda dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, anche con un messaggio scritto in cui, come in udienza, ne evidenzia la esperta collaborazione sia nei rapporti internazionali sia nella diffusione del magistero pontificio. E il cardinale, prendendo la parola, ribadisce che sono stati sette anni e sette mesi di dedizione e a volte di sacrificio prima al fianco di Benedetto XVI poi di Papa Francesco. Il suo non è un bilancio, troppo difficile da fare, sottolinea, ma un rivivere gli aspetti importanti dell’incarico che oggi si chiude, a partire da quanto lo ha appassionato:

    “Ciò che ci ha appassionato con Papa Benedetto è stato vedere la Chiesa comprendere se stessa nel profondo come comunione e nello stesso tempo capace di parlare al mondo e al cuore e all’intelligenza di oguno con chiarezza di dottrina e con altezza di pensiero”.

    Si pensi solo, spiega, ai grandi nodi del rapporto fede-ragione o diritto o legge naturale, oppure al rinnovato dialogo con ebrei e musulmani o alle Encicliche - una fra tutte, la Caritas in veritate - col suo consenso universale.

    Per il segretario uscente, Benedetto XVI è stato “un riformatore delle coscienze e del clero”, che ha consegnato il ministero petrino quando il Signore glielo ha ispirato “dopo una meditazione e una preghiera intense” e soprattutto dopo un percorso costellato sia di forti progetti pastorali sia di sofferenze:

    “Ha sofferto profondamente per i mali che deturpano il volto della Chiesa e per questo l’ha dotata di una nuova legislazione, che colpisca con decisione il vergognoso fenomeno della pedofilia fra il clero, senza dimenticare l’avvio della nuova normativa in materia economica e amministrativa".

    Oggi, la realtà sperimentata con Papa Francesco, rivela il cardinale Bertone, è quella “dell’ascolto, della tenerezza della misericordia e della confidenza”, ma a livello pastorale il Pontefice venuto da lontano - dice il cardinale Bertone - non rivoluziona il passato:

    “Io vedo oggi in Papa Francesco non tanto una rivoluzione, ma una continuità con Papa Benedetto pur nella diversità degli accenti e dei segmenti di vita personale. Le nostre origini, i nostri percorsi - come ha detto lei, Santo Padre - sono diversi”.

    Il riferimento va alle Giornate mondiali della gioventù, ma anche a due espressioni in particolare che rafforzano questa continuità, secondo il cardinale Bertone:

    “Il dono del consiglio spontaneo e ispirato, proiettato verso il futuro, ma ricco di memoria, e poi la comune devozione mariana. Non c’è icona più bella dei due Papi di quella che li fotografa ciascuno raccolto in preghiera davanti alla statua della Madonna, della Madonna di Fatima: a Fatima, nell’anno sacerdotale del 2010, Papa Benedetto; e a Roma, davanti alla medesima immagine, nell’Anno della fede, Papa Francesco, per mettere l’intera Chiesa in stato di penitenza e di purificazione. Sembra proprio che da Fatima si debba ripartire”.

    E proprio a Maria sono rivolte le ultime parole del cardinale Bertone, perché aiuti Papa Francesco e il nuovo segretario di Stato, mons. Parolin, a sciogliere i nodi che ancora impediscono alla Chiesa di essere in Cristo il cuore del mondo, “orizzonte auspicato e incessantemente invocato”.

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    Il Papa: adoriamo Dio e amiamo il prossimo per non essere idolatri né ipocriti

    ◊   L’idolatria e l’ipocrisia non risparmiano neanche la vita cristiana. Papa Francesco ha messo stamattina in guardia da entrambi i “vizi”, durante l’omelia della Messa celebrata in Casa S. Marta. Per non cedere all’insidia di questi peccati, ha detto, è necessario mettere in pratica i Comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Diventare un apostolo delle proprie idee, o un devoto del proprio benessere, piuttosto che di Dio. Sparlare di qualcuno perché non si adegua a certi formalismi, dimenticando che il comandamento “nuovo” del cristianesimo è l’amore al prossimo senza se e ma. Ancora una volta, la liturgia della Messa sollecita Papa Francesco a una riflessione sulle trappole che costellano la vita di fede. Dalle parole di San Paolo, il Papa parte per stigmatizzare il peccato dell’idolatria, quello di persone che – per dirla come l’Apostolo – “pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio”, preferendo adorare delle “creature anziché il Creatore”. È un’idolatria, afferma il Papa, che arriva a “soffocare le verità della fede, nella “quale si rivela la giustizia di Dio”:

    “Ma come tutti noi abbiamo bisogno di adorare - perché abbiamo l’impronta di Dio dentro di noi - quando non adoriamo Dio, adoriamo le creature. E questo è il passaggio dalla fede all'idolatria. Essi, gli idolatri, non hanno alcun motivo di scusa: pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio. E qual è la strada dell’idolatra? La dice chiarissima: 'Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata'. L’egoismo del proprio pensiero, il pensiero onnipotente, quello che io penso è vero: io penso la verità, io faccio la verità col mio pensiero…”.

    Le critiche di San Paolo andavano, duemila anni fa, agli idolatri che si prostravano davanti a rettili, uccelli, quadrupedi. E qui, Papa Francesco para subito l’obiezione secondo cui oggi il problema non si pone, perché nessuno va in giro ad adorare statue. Non è così, obietta il Papa, l’idolatria ha trovato altre forme e modi:

    “Anche oggi, ci sono tanti idoli e anche oggi ci sono tanti idolatri, tanti che si credono sapienti. Ma anche fra noi, fra i cristiani, eh! Io non parlo di loro, io rispetto loro, quelli che non sono cristiani. Ma fra noi – parliamo in famiglia – si credono sapienti, che sappiano tutto… E sono diventati stolti e cambiano la gloria di Dio incorruttibile con una immagine: il proprio io, le mie idee, la mia comodità… Oggi, tutti noi – vado avanti, eh! Non è una cosa solamente storica – anche oggi per la strada ci sono idoli, anche un passo avanti… Tutti noi abbiamo dentro qualche idolo nascosto. Possiamo domandarci davanti a Dio: qual è il mio idolo nascosto? Quello che occupa il posto del Signore!”.

    Se San Paolo definisce stolti gli idolatri, nel Vangelo del giorno Gesù fa lo stesso con gli ipocriti, impersonati dal fariseo che si scandalizza perché il Maestro non si è lavato come di norma prima di sedersi a tavola. “Voi farisei – replica Gesù – pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria”. E soggiunge: “Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro”:

    “Gesù consiglia: non guardare le apparenze, andare proprio alla verità. Il piatto è piatto, ma quello che è più importante è quello che è dentro il piatto: il pasto. Ma se tu sei vanitoso, se tu sei un carrierista, se tu sei un ambizioso, se tu sei una persona che sempre si vanta di se stesso o cui piace vantarsi, perché ti credi perfetto, fa' un po’ di elemosina e quello guarirà la tua ipocrisia. Ecco la strada del Signore: è adorare Dio, amare Dio, sopra di tutto e amare il prossimo. E’ tanto semplice, ma tanto difficile! Soltanto questo si può fare con la grazia. Chiediamo la grazia”.

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    Lettera del Papa al card. Bertello: curare formazione umana e cristiana di chi lavora in Vaticano

    ◊   Il Papa ha elevato alla dignità episcopale padre Fernando Vérgez Alzaga, di recente nominato segretario generale del Governatorato della Stato della Città Vaticano, assegnandogli la sede titolare di Villamagna di Proconsolare, in Tunisia. In questa occasione, ha indirizzato una Lettera al cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato, ricordando le peculiarità del personale a servizio della Santa Sede e le responsabilità di chi deve curarne la formazione umana e cristiana. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Uomini e donne, sacerdoti, religiosi e laici, che si prodigano nei vari Dicasteri e Uffici a servizio della Santa Sede”. Di questa “particolare comunità di lavoro” - scrive il Papa - i dipendenti del Governatorato nei suoi distinti settori sono parte cospicua”. Comunità con un carattere “unitario pur nei diversi compiti” - ricorda Francesco, citando Giovanni Paolo II - “che deve tenere ben presente le principali verità della dottrina cattolica sul lavoro umano” e allo stesso tempo, “la peculiare connessione con la Sede Apostolica”, a diretto “contatto con il Successore di Pietro”. E proprio “dalla natura specifica della Sede Apostolica, che ha una missione spirituale e pastorale a favore della Chiesa di Roma e della Chiesa Universale, deriva - sottolinea il Papa - la speciale responsabilità di coloro che sono legati ad essa con vincolo di lavoro, e l'impegno di scrupolosa fedeltà a tutti i compiti e doveri assegnati nella laboriosità, nella professionalità e nell'onestà della vita”.

    “I dipendenti della Santa Sede - raccomandava Giovanni Paolo II - devono, pertanto, avere la profonda convinzione che il loro lavoro comporta innanzitutto una responsabilità ecclesiale da vivere in spirito di autentica fede e che gli aspetti giuridico-amministrativi del rapporto con la medesima Sede Apostolica si collocano in una luce particolare". “Ciò premesso - indica Francesco - spetta al Segretario Generale del Governatorato di curare in modo diretto la formazione umana e cristiana dei dipendenti e dei collaboratori, di coordinare i Sacerdoti incaricati dell'assistenza spirituale che già sono presenti nei vari settori, di promuovere opportune iniziative, specialmente in concomitanza con i programmi pastorali della Chiesa universale e nei tempi forti dell'anno liturgico”.

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    Rinuncia e nomine episcopali

    ◊   In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Mario Paciello. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Giovanni Ricchiuti, trasferendolo dalla sede arcivescovile di Acerenza. Mons. Ricchiuti è nato a Bisceglie (arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie) il 1 agosto 1948. Ha frequentato gli studi della Scuola Media inferiore presso il Seminario Arcivescovile di Bisceglie e quelli liceali e teologici presso il Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, conseguendo il Baccalaureato. È stato ordinato presbitero il 9 settembre 1972. Ha frequentato in seguito il Pontificio Istituto Biblico di Roma, conseguendo la Licenza in Sacra Scrittura nel 1975. Ha ricoperto i seguenti uffici e ministeri: Vice-Rettore del Seminario Minore Arcivescovile (1975-1976); Vicario Parrocchiale della Parrocchia della Misericordia a Bisceglie (1976-1979); Parroco della medesima Comunità parrocchiale della Misericordia a Bisceglie (1980-1994); Docente di Sacra Scrittura presso l'Istituto diocesano di Scienze Religiose (1976-1994); Docente di Sacra Scrittura all'Istituto Teologico Pugliese (1981-1988); Assistente diocesano di Azione Cattolica (1983-1989); Vicario Episcopale Zonale (1990-1994); Docente di lingue bibliche presso l'Istituto Teologico Pugliese (1994-2005); Rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese (1994-2005). Nominato Arcivescovo di Acerenza il 27 luglio 2005, ha ricevuto l'Ordinazione Episcopale l'8 ottobre dello stesso anno.

    Nelle Filippine, Papa Francesco ha nominato vescovo di Romblon padre Narciso V. Abellana, della Società Missionaria del Sacro Cuore, finora cappellano della Central Luzon State University di Nueva Ecija.Il neo presule è nato a Talisay City, nell'arcidiocesi di Cebu, l'11 novembre 1953. Dopo la Scuola Superiore presso il Sacred Heart Mission Seminary di Talisay, ha frequentato l'Ateneo de Manila University. Negli anni 1973-74 ha svolto il noviziato presso la Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù. Negli anni 1974-1978 ha frequentato i corsi di Teologia presso la Loyola School of Theology, Ateneo de Manila University. Negli anni 1988-1991 ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, conseguendo la Licenza in Storia della Chiesa. Dopo la professione solenne (2 giugno 1977), è stato ordinato sacerdote della Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore di Gesù, il 28 dicembre 1978. Successivamente è stato Parroco a Pilar, Cebu (1978-1986); Rettore del College Seminary a Banawa, Cebu City (1986-1988); Consigliere Provinciale e Vice Maestro dei Novizi (1991-1993); Decano del Teologato (1993-1999); Superiore Provinciale (1999-2005); Vicario Generale e Primo Assistente del Superiore Generale a Roma (2005-2011). Rientrato in patria, dal 2011 è Cappellano presso la Central Luzon State University a Nueva Ecija.

    In Canada, il Pontefice ha nominato vescovo della diocesi di MacKenzie-Fort Smithil sacerdote Mark Hagemoen, del clero di Vancouver, finora direttore dei Collegi cattolici di Corpus Cristi e St. Mark’s, a Vancouver. Mons. Hagemoen è nato a Vancouver, il 4 settembre 1961. Ha svolto gli studi primari nella scuola cattolica di Holy Trinity e quelli secondari presso il Collegio di Vancouver, gestito dai Fratelli Cristiani Irlandesi. Ha ottenuto un Bachelor of Arts presso l’Università di British Columbia e nel 1990 ha conseguito un Master of Divinity, dopo aver svolto il programma di formazione sacerdotale nel Seminario Maggiore St. Peter’s di London, in Canada. È stato ordinato sacerdote il 12 maggio 1990, ed insignito del titolo di Prelato d’Onore nel 2006. Ha studiato per breve tempo negli Stati Uniti, rispettivamente all’Università di Seattle, dove ha conseguito un diploma in Youth Ministry nel 1996, e all’Università di Chicago, dove ha ottenuto il diploma in Advanced Study in Ministry nel 1997. In seguito, si è iscritto all’Università di Trinity Western, a Vancouver, continuando a studiare mentre svolgeva il ministero di Parroco e Vicario generale. Nel 2007 ha ottenuto il titolo di “Doctor in Ministry”. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale, direttore della pastorale per la gioventù dell’Arcidiocesi, parroco di St. Nicolas, a Langley, vicario generale dell’Arcidiocesi, vicario episcopale per i servizi pastorali diocesani, parroco di St. John the Apostle, a Vancouver, direttore dei Collegi cattolici di Corpus Christi e St. Mark’s, a Vancouver. Dal 2004 è anche Membro del Consiglio del Centro per Ministry Developement, del Collegio dei Consultori e del Consiglio del liceo cattolico Little Flower Academy High School for Girls, a Vancouver.

    La Diocesi di MacKenzie-Fort Smith è stata creata nel 1967. Con una superficie di 1.523.400 Kmq., è la più estesa Circoscrizione del Paese e comprende tutti i Territori del Nord-Ovest, la parte orientale del Territorio di Nunavut, fino al Circolo Polare Artico, e l’estremo nord della Provincia di Saskatchewan. La popolazione di 49.150 abitanti, di cui 27.050 cattolici (ca. 35%), è distribuita nelle tre Circoscrizioni civili, che comprendono 6 zone pastorali, con 31 comunità e luoghi di missione, servite da 8 parrocchie. I fedeli si ritrovano in piccoli gruppi che vanno da un minimo di 25 membri a un massimo di 900, esclusa la città di Yellowknife, capitale del Territori del Nord-Ovest, che conta 3 parrocchie con circa 7.000 fedeli. Il 50% dei Cattolici è indigeno, mentre il resto è costituito da immigrati e da alcuni canadesi di origine europea, che si sono spostati dal sud al nord del Paese per ragioni economiche. La Diocesi di MacKenzie-Fort Smith, è vacante dal 6 dicembre 2012, a seguito del trasferimento dell’Ordinario, S.E. Mons. Murray Chatlain, all’Arcidiocesi di Keewatin-Le Pas.

    Nella Repubblica Democratica del Congo, Papa Francesco ha nominato vescovo della Diocesi di Uvira, mons. Sébastien Muyengo Mulombe, finora Ausiliare di Kinshasa.

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    Il direttore dell'Oim, Swing: dal Papa spunti per superare indifferenza verso gli immigrati

    ◊   Lo scottante tema della mobilità umana e i suoi risvolti drammatici è stato al centro ieri dell’udienza del Papa in Vaticano al direttore generale dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Oim) William Lacy Swing. al termine del colloquio, Tracey McLure lo ha intervistato:

    R. - I certainly share his view. He was very critical of all of us…
    Condivido il suo punto di vista. È stato molto critico nei confronti della comunità internazionale e devo ammettere che non abbiamo fatto abbastanza. Qualunque sia la ragione, gran parte del mondo industrializzato guarda con maggiore sospetto i movimenti migratori quando, in realtà, molte di queste persone potrebbero essere impiegate per le loro capacità in lavori per dare un contributo all’economia. Gli ho detto che la sua critica era stata recepita e che tutti noi ne avremmo tratto insegnamento per ciò che andremo a fare in futuro. L’Organizzazione internazionale per la migrazione per molti anni si è concentrata sul problema del traffico umano. Abbiamo formato migliaia e migliaia di funzionari per svolgere questo tipo di lavoro, abbiamo fornito assistenza e supporto a molte migliaia di vittime dei traffici, abbiamo costruito dei rifugi in varie zone nel mondo e abbiamo portato avanti campagne informative per tentare di convincere le persone a non mettersi nelle mani dei trafficanti. Inoltre, abbiamo cercato di spingere affinché questi trafficanti fossero perseguiti. Bisogna ora interrogarsi per vedere se ciò che abbiamo fatto ha portato a qualcosa di significativo. Quindi, le critiche sono ben accette e dobbiamo lavorare duramente, in particolar modo, per superare l’indifferenza intorno alla situazione.

    D. – Quali sono le priorità?

    R. – I think the top priority now...
    Penso che la priorità principale al momento debba essere quella di salvare la vita e tutte le misure che possono essere prese per salvare vite umane. Tra le altre priorità, come aiutare i migranti quando sbarcano, la cosa importante è riuscire a portarli a riva. Ovviamente, è necessario che ci sia un dialogo molto maggiore tra i Paesi di origine, quelli di transito e quelli di destinazione. Penso che tutto questo sia previsto in queste misure. Quindi, l’Unione Europea è stata uno dei nostri partner più importanti per molti anni: per questo, cercheremo di aprire un dialogo per vedere quello che si può fare per aiutarli. Infatti, abbiamo nostre persone nella maggior parte dei Paesi coinvolti in questi movimenti migratori.

    D. – Quanto è importante il Paese di origine in tutto questo?

    R. – The Country of origin is very important...
    Il Paese di origine è molto importante, perché uno deve e può analizzare le ragioni per cui le persone scelgono di rischiare la loro vita in alto mare, e vedere se c’è qualcosa in più che si possa fare proprio lì per aiutarli. Penso che tutti noi dobbiamo guardare più da vicino i programmi di aiuto per vedere quello che può essere fatto per sostenere in particolare il loro sostentamento, nel creare mezzi per il loro sostentamento, nel creare posti di lavoro e cose simili. Ecco perché siamo fortemente impegnati in un certo numero di questi Paesi di origine, proprio per sostenere lo sviluppo da parte dei governi di migliori condizioni di vita, la creazione di servizi pubblici migliori e tutte quelle condizioni che contribuiscono a migliorare la vita. Ma questo, ovviamente, è solo parte delle soluzioni.

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    Presidenza Apsa: rivedere le funzioni dei consultori, in corso verifica della situazione finanziaria

    ◊   In attuazione di quanto presentato nel luglio scorso al Consiglio dei Cardinali per lo Studio dei problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede nella relazione dei Consultori dell’Apsa, è apparso opportuno rivedere le funzioni dei Consultori stessi attraverso la creazione di un "Supervisory Board" dell’Apsa-Sezione Straordinaria, per il quale gli stessi Consultori hanno dato la loro disponibilità. Com’è noto, informa un comunicato della presidenza dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica–Sezione Straordinaria ha la funzione esclusiva di amministrare i beni mobili propri e quelli ad essa affidati da altri Enti della Santa Sede. Inoltre, in data 15 ottobre, prosegue la nota, è iniziata la procedura di Due Diligence sull’attività economica e finanziaria delle due Sezioni dell’Apsa, ordinaria e straordinaria, affidata al Promontory Financial Group. L’esito della revisione, soggiunge il comunicato, permetterà di approfondire la verifica della situazione finanziaria e gestionale dell’Apsa. L’iniziativa, si legge ancora nella nota, è stata avviata d’accordo con la Pontificia Commissione referente di Studio e Indirizzo sull’organizzazione della struttura economica-amministrativa della Santa Sede, che avrà a disposizione i dati dell’attività di revisione, così da permetterle di formulare, nell’ambito del suo mandato, opportune proposte per promuovere l’efficienza e la trasparenza della stessa Apsa.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Passaggio di testimone: il Papa ringrazia il cardinale Bertone e dà il benvenuto “in absentia” all'arcivescovo Parolin. Il nuovo segretario di Stato prenderà possesso dell'incarico fra alcune settimane.

    In acque difficili: quattrocento migranti tratti in salvo nel Canale di Sicilia mentre l'Italia lancia l'operazione Mare Nostrum.

    Di cosa ha bisogno una città moderna: in cultura, Giselda Adornato sulla digitalizzazione di 26.000 nuovi documenti riguardanti l'episcopato di Giovanni Battista Montini a Milano.

    Un articolo di Giovanni Preziosi dal titolo “Un'ebrea in classe di Dindina Ciano”: settant’anni fa la razzia a Roma.

    Non è semplice generosità: Antonio Paolucci sul trentesimo anniversario dei Patrons dei Musei Vaticani.

    Da Varsavia il grido di Giovanni Paolo II: il 16 ottobre 1978 s'interrompeva la successione dei Papi italiani.

    Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo “Meno festival e più festa”: alla ricerca di una svolta la rassegna romana dedicata al cinema diretta da Marco Muller.

    In Malaysia una prevedibile sentenza: nell'informazione religiosa, commenti al verdetto della Corte di appello sull'uso da parte dei cristiani del termine Allah.

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    Oggi in Primo Piano



    Filippine: oltre 90 morti per il sisma nel centrosud del Paese. Edifici e chiese distrutti

    ◊   Nelle Filippine è salito a oltre 90 morti, secondo fonti della polizia, il bilancio del violento terremoto che ha colpito stamani la zona centro-meridionale dell’arcipelago. Ci aggiorna Giancarlo La Vella:

    Un sisma di 7.2 gradi della scala Richter, la cui violenza sarebbe pari, secondo gli esperti locali, a 32 bombe atomiche come quella esplosa a Hiroshima. Colpita in particolare l’isola di Bohol nella regione del Visayas Centrale, con epicentro a 630 chilometri a sud-sudest della capitale Manila. Il bilancio delle vittime, stando alle prime testimonianze che giungono dai luoghi terremotati, sembra destinato ad aumentare. Crollate anche diverse antiche chiese. “Siamo fuggiti in strada, ma ci siamo dovuti aggrappare agli alberi, perché le scosse erano fortissime” – racconta una testimone sull'isola di Bohol. Una chiesa è stata letteralmente sbriciolata, raccontano altri superstiti. Stessa sorte per diversi altri edifici religiosi. Il timore è che all’interno vi fossero numerosi fedeli, vista l’ora della scossa, le 8.12, alla quale ne sono seguite altre di minore intensità. Il sisma ha scatenato il panico tra la popolazione: nel timore di uno tsunami, fortunatamente scongiurato, in migliaia si sono accalcati per cercare riparo sulle alture. Sui luoghi del disastro si trova mons. Leonardo Medroso, vescovo di Tagbiliran. Sentiamo la sua testimonianza, nell’intervista di Susy Hodges:

    "It is very very bad the damage...
    E’ davvero terribile il danno causato dal sisma, enorme! Sono stato in giro questo pomeriggio e si può piangere nel vedere le case, le grandi chiese ridotte in macerie. Ci sono anche tante persone che sono rimaste uccise a causa del terremoto e alcune di loro sono rimaste sepolte dai crolli e altre sono state colpite dai detriti che cadevano".

    Edifici crollati, dunque, ma anche strade devastate e impraticabili, servizi inutilizzabili completano il disastroso scenario, mentre con difficoltà cerca di mettersi in moto la macchina dei soccorsi.

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    Iraq: sanguinoso attentato nel giorno della Festa del sacrificio

    ◊   Dodici morti, tra cui tre bambini, e oltre venti feriti. E’ il tragico bilancio dell'attentato di questa mattina all'esterno di una moschea sunnita di Kirkuk, nel nord dell’Iraq. La bomba è esplosa mentre i fedeli stavano uscendo dal luogo di culto, affollatissimo per la preghiera per l'Eid al-Adha, la Festa del Sacrificio. L’episodio è l’ultimo una lunga scia di sangue che ha causato oltre 5.000 morti dall'inizio dell'anno, 310 solo nei primi 15 giorni del mese di ottobre. Sulla situazione attuale nel Paese del Golfo, Salvatore Sabatino ha intervistato don Renato Sacco, di Pax Christi:

    R. – Paura, sconforto, mancanza di speranza: non si vedono vie di uscita. Credo che la gente che vive lì, dai contatti che ho, stia vivendo in questa situazione. In più, c’è anche la Siria vicino e questo basta per far capire il clima pesante, molto pesante, che si vive.

    D. – Tutta questa situazione si ripercuote anche su quella che è l’attività del parlamento, che non ha più approvato provvedimenti di rilievo da anni, per quanto riguarda la sicurezza, la corruzione. C’è la mancanza di molti servizi, per cui tutto questo poi ricade sulla popolazione...

    R. – Certo, i nostri amici, gli amici di Pax Christi che abbiamo lì, ci dicono che è in atto una lotta di potere. Il potere, quindi, si combatte sulla pelle dei più deboli. Certo, non so quale può essere il futuro. Io so che gli amici che abbiamo lì cercano di lavorare con la gente, ma anche con i responsabili, perché si trovi un accordo per il bene comune. Ma quando prevale la sete di potere, per di più "colorata" magari di religione, è un disastro.

    D. – Questa sete di potere vede due protagonisti, i sunniti e gli sciiti, e l loro divisione sta assumendo le sembianze di una vera e propria guerra fratricida. Perché quest’odio così profondo?

    R. – Confesso che anch’io non riesco a trovare delle risposte. Leggo i dati, il perché. Quando l’odio s’impadronisce del cuore delle persone, di chi ha delle responsabilità, si vede solo buio, si vede solo la distruzione e la vendetta. Ripeto: credo sia in gioco anche tutto un equilibrio della zona. L’Iran, la Siria, i profughi, Israele, la Palestina: tutto questo rischia di essere scombussolato e quindi per affermare la propria forza si ragiona con le bombe, con le esplosioni e si lavora anche molto sui kamikaze, colorando di religione un odio che non c’entra niente con la religione. Certo, il risultato è una tragedia, se si pensa che solo in questi primi giorni di ottobre, sono già centinaia le persone uccise.

    D. – Che ruolo possono avere i cristiani in questa difficile normalizzazione, visto il ruolo che hanno sempre ricoperto nei decenni passati?

    R. – Sicuramente, hanno un ruolo di pacificazione, perché sono piccoli, sono deboli, non hanno armi, non hanno esercito e quindi pagano un conto molto alto, ma ricordano a tutti che solo la debolezza, la mitezza possono dare speranza a questo Paese. L’amico Patriarca, Louis Sako sta lavorando molto su questa strada del dialogo, del rispetto delle diversità, del capire che le diversità etniche, culturali e religiose possono essere la via di salvezza e la speranza per questo Paese, e non la cancellazione di queste diversità. E’ l’esatto contrario. Il Patriarca, nonostante questa situazione, ha mandato una lettera per chiedere che i cristiani rientrino, perché solo rientrando questa pluralità può essere forte. Vorrei anche aggiungere – è successo proprio alla fine di settembre – che non i cristiani, ma la minoranza di persone che vogliono la pace, hanno dato vita ad un Forum internazionale dei giovani, un Forum sociale in Iraq. Pensiamo a Baghdad: più di tremila partecipanti iscritti, giovani, in nome della pace, della non violenza, in quella situazione, senza servizi di sicurezza a confrontarsi sul problema delle minoranze, della libertà di espressione, dei diritti umani. Io credo che anche questi giovani, che hanno sfidato la paura, siano per noi un segno di speranza. E’ stato promosso dall’Associazione “Un Ponte per Baghdad” e credo che anche questi segni di speranza, di credenti e non credenti per la pace, siano un motivo su cui dobbiamo investire, altrimenti è una tragedia.

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    Amnesty: in Nigeria centinaia di sostenitori di Boko Haram uccisi in carcere senza un giudizio

    ◊   In Nigeria, negli ultimi sei mesi, diverse centinaia di persone sono morte in carcere, detenute in seguito a una vasta operazione dell’esercito contro gli insorti islamici di Boko Haram. I prigionieri – sembra fossero 950 – sono morti di stenti senza un giudizio. E’ quanto denuncia l’organizzazione umanitaria Amnesty International, che chiede al governo locale un’inchiesta immediata. Boko Haram è il gruppo che si è macchiato di gravi violenze nel nord della Nigeria nel tentativo di imporre uno Stato islamico nel nord. Fausta Speranza ha intervistato Riccardo Nouri, portavoce di Amnesty International:

    R. – Le notizie che abbiamo sono devastanti dal punto di vista dell’entità di questo massacro in corso nei centri di dentizione dell’esercito in Nigeria. L’elemento che ci fa sospettare che si trattasse in buona parte di presunti militanti o simpatizzanti di Boko Haram è che i centri di detenzione nei quali è stato registrato il numero maggiore di decessi sono proprio quelli di cui l’esercito si serve abitualmente per trattenere per interrogatori i presunti membri di Boko Haram.

    D. – Quindi, non c’è certezza sul fatto che siano sostenitori o addirittura attivisti di Boko Haram…

    R. – Non c’è certezza. C’è il sospetto, però fondato, del governo della Nigeria che deve dare una risposta su questo, spiegando come mai secondo le affermazioni di alti ufficiali dell’esercito nelle carceri della Nigeria muoiono in media cinque detenuti al giorno.

    D. – Diciamo che lo scandalo è proprio questo: gente morta di stenti senza un giudizio…

    R. – Sì, in alcuni casi si tratta di vere e proprie esecuzioni extragiudiziali, cioè persone prelevate dalle loro celle e presumibilmente fucilate a poca distanza, in altri di pestaggi non curati, ferite provocate nel contesto del sovraffollamento, di fame... È veramente una situazione da “girone dantesco”, se si può utilizzare questa metafora che tra l’altro rischia di alimentare ulteriori ritorsioni nei confronti della popolazione civile. Purtroppo, il commento amaro che viene è che il governo non ha imparato nulla in questi anni di lotta al terrorismo globale, attraverso la violazione dei diritti umani. Si è visto che poi a pagare le conseguenze di un’illegalità completa nella lotta al terrorismo è la popolazione civile. Nella stessa Nigeria la comunità cristiana, le scuole, gli insegnanti, sono presi di mira in quelli che sempre più appaiono attacchi di ritorsione.

    D. – Che margine di azione ha la comunità internazionale?

    R. – Intanto, gli Stati dell’Africa Occidentale, l’Unione Africana, dovrebbero prendere iniziative molto dure nei confronti del governo della Nigeria. La sensazione però è che ci sia molta indulgenza nei confronti della Nigeria, perché è chiaro che Boko Haram è uno dei gruppi armati islamisti armati più feroci. Ha compiuto stragi su stragi di persone inermi e che quindi tutto questo porti a considerare il comportamento dell’esercito nigeriano come una sorta di stato di necessità e secondo la logica che il fine giustifica i mezzi. Il fine dovrebbe essere quello di proteggere la popolazione civile nigeriana, non di fare un gioco a chi è più feroce tra l’esercito e i Boko Haram.

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    Operazione "Mare Nostrum". Cir: bene se salva vite umane, non se le respinge

    ◊   L’operazione "Mare Nostrum" è iniziata. L’ha annunciato oggi il ministro della Difesa, Mario Mauro, che ha precisato l’entità dello schieramento aero-navale messo in atto dall’Italia per il pattugliamento e il soccorso dei migranti nel Mediterraneo. Intanto, si è sfiorata una nuova tragedia, questa volta in Calabria, dove ieri i militari della Guardia di finanza hanno soccorso e tratto in salvo oltre 250 siriani, tra loro anche 80 bambini. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Navi, droni, elicotteri a lungo raggio: "Mare Nostrum" ha preso il via. Rapidamente, dopo l’annuncio di 24 ore fa. Il compito dell’operazione lo ribadisce il ministro Mauro: umanitario, per salvare vite umane, ma anche di sicurezza. Tutti d’accordo sul fatto che ogni azione messa in campo per salvare vite umane sia giusta, ma occorre anche “risolvere l’incertezza legata al posto in cui portare le persone salvate”. Lo sottolinea Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati, il Cir, che oggi ha organizzato un dibattito su ‘Accesso alle frontiere-accesso alla protezione’. Ascoltiamo Hein:

    "Se è veramente un’operazione che aiuta a salvare le vite nel mare, attraverso un’osservazione costante, giorno e notte, con l’impiego delle forze armate, delle navi, degli elicotteri, dei droni, ben venga. Mi auguro naturalmente che questo non porti all’idea di respingere le persone lì da dove sono venute, una volta che vengono intercettate dalle forze di 'Mare Nostrum'. La perplessità è: perché non fare qualcosa affinché le persone possano fare un’altra scelta, quella di non imbarcarsi? Tutta questa operazione parte dal momento che le persone sono già in alto mare, hanno già pagato i trafficanti, hanno già messo la propria vita a rischio. Quindi, ben venga, però se l’effetto è limitato".

    Il Cir da sempre sostiene la creazione di un meccanismo affinché i richiedenti asilo possano farne domanda in rappresentanze presso gli stessi Paesi di partenza o di passaggio prima di imbarcarsi per l’Italia e l’Europa. Dello stesso avviso è Luigi Manconi, senatore e presidente della Commissione Diritti Umani, che parla di "visti di cortesia" da rilasciare in Paesi come Libia, Egitto, e in generale Paesi del Maghreb. Sarebbe un modo per rendere meno pericolosi questi viaggi, dice Manconi, che guarda a "Mare Nostrum" con attenzione:

    R. – E’ una scelta essenziale, doverosa, ma non sufficiente, perché è finalizzata a impedire che ci siano morti in mare, ma ancora non affronta il problema cruciale: consentire a chi ha diritto di chiedere asilo di poterlo fare in condizioni di legalità e di sicurezza per la propria incolumità.

    D. – Questo significa approntare dei presidi nei Paesi di partenza o nei Paesi limitrofi...

    R. – Penso esattamente questo: che si debbano istituire dei presidi – chiamiamoli come meglio preferiamo – affinché i richiedenti asilo possano farlo nei Paesi di partenza o di transito.

    Dal primo gennaio 2013 al 14 ottobre, sono sbarcati sulle coste italiane 35.085 migranti, di questi oltre il 70% sono legittimati a essere protetti, arrivando da Paesi come Siria, Eritrea, Somalia, Mali, Afghanistan. Per quanto riguarda i porti di provenienza, in maggioranza arrivano dalla Libia, e poi da Egitto, Turchia, Grecia e Siria. Sono cifre riferite dal vicecapo Dipartimento libertà civile e immigrazione del Ministero dell’interno, il prefetto Riccardo Compagnucci, anch’egli presente al Convegno del Cir:

    "La scelta del governo di pattugliare per salvare e non pattugliare per respingere è una scelta - è chiaro che non è giusta! - intelligente. Però, è anche vero che c’è una responsabilità internazionale, di fronte a situazioni di questo genere, di fronte a quella parola che ha detto il Papa: 'Vergogna'”. E non per i morti, ma vergogna per tutto quello che non si fa a livello europeo. Guardando la televisione non si capisce la difficoltà di salvare le persone in mare e questo deve essere riconosciuto a Lampedusa, all’Italia, alle Forze della Capitaneria, della Guardia di finanza. Ma se questo è l’aspetto buono dell’Italia, questo non ci esime dal fatto che, invece, siamo non buoni nel non saper molte volte gestire le cose in modo non dico più umanitario, ma almeno più organizzato. E’ un problema europeo, comunque lo si guardi il problema è europeo: a livello politico, a livello economico, a livello umanitario, a livello di ripartizione, è comunque un problema europeo. Se l’Europa non vuol fare la sua parte, sarebbe meglio che lo dicesse: ogni Stato faccia quello che può fare… Sarebbe forse più giusto".

    E un appello all’Italia ad affrontare subito la “sconvolgente emergenza delle tragedie in mare", è arrivato oggi dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che chiede di far fronte alla “nuova ondata di profughi richiedenti asilo che non si è riusciti a prevenire e regolare su scala europea''.

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    Lampedusa. Il parroco lascia l'isola: sentiamo vicino il cuore del Papa

    ◊   Sul Mediterraneo continua ininterrotta la scia di imbarcazioni cariche di immigrati dirette alla volta delle coste italiane. Anche la scorsa notte, Marina militare e Guardia costiera hanno tratto in salvo circa 300 persone. Nel frattempo, si delinea il bilancio dell’ultimo naufragio, quello di venerdì scorso, che le autorità maltesi quantificano tra le 50 e le 200 vittime. A Lampedusa, intanto, lascia in questi giorni il suo ufficio di parroco don Stefano Nastasi, testimone diretto negli ultimi anni delle vicende che hanno visto l’isola al centro di numerosi drammi di immigrati. Il sacerdote confida ad Antonella Palermo i sentimenti con i quali si appresta a lasciare la sua comunità parrocchiale:

    R. - Sicuramente, c’è un po’ di amarezza, perché capisco che forse il momento era quello meno idoneo, ma così come mi è stato chiesto anni fa di venire a servire questa comunità, ora mi è stato richiesto di servire un’altra comunità. È con la stessa prontezza che ora come oggi, e oggi come allora, ho dato la disponibilità al vescovo nella collaborazione.

    D. - Come si è congedato con i lampedusani?

    R. - Ho detto loro che, più che portarli nel mio cuore, lascio loro un pezzo di cuore, perché so quanto valore e quanto peso abbia la solitudine e - per certi versi - anche l’isolamento della quotidianità dell’isola. Ci sono due parole cardine che un po’ mi accompagnano in questo momento della partenza: compassione e indignazione, nello stesso tempo. La compassione che traggo da immagini, da gesti che insieme alla comunità abbiamo vissuto in questi anni, il soffrire, il compatire del Vangelo, lo stare accanto all’altro. Se c’è una cosa che ci ha lasciato, che ci ha insegnato tutta questa esperienza insieme, è il fatto che abbiamo potuto guardare meglio le fragilità interne della comunità accogliendo e accompagnando le fragilità del migrato o dei migranti. C’è, al tempo stesso, tanta indignazione nel fatto che molte realtà di profondo dolore, come quelle che abbiamo visto nei giorni passati, siamo convinti che non sarebbero dovute accadere. Tante parole, tante promesse, tante visite sono state fatte qui sull’isola, però in realtà è cambiato poco o nulla non solo in merito alla questione immigrazione, ma anche nella vita quotidiana dell’isola. Se invece andiamo per ordine, dando risposte a problemi singoli, allora forse si, quello può essere il momento della svolta. È un’occasione particolare, quella di questi giorni, che un po’ si mischia con il grande dolore. Mi auguro che per l’isola sia così.

    D. - Ha avuto modo di incontrare l’elemosiniere di Papa Francesco che è stato inviato proprio dal Santo Padre sull’isola per esprimere la solidarietà del Pontefice e della Chiesa intera. Ci può riferire brevemente di questo incontro?

    R. - Sì, questo per noi è stato come un balsamo di consolazione, perché ci è stato accanto, ha osservato, ha pregato con noi, ha accompagnato i sommozzatori nel momento e nelle ore di recupero delle salme nel mare. È stata una testimonianza molto bella. La prima sera, durante la celebrazione con la comunità, ci disse: “Il desiderio del Papa è che le sue braccia siano prolungate dalla mia presenza”. E quando è ripartito gli ho detto: “Dica al Papa che non abbiamo sentito soltanto le sue mani, le sue braccia. Abbiamo sentito il suo cuore accanto al nostro.” E credo che questo, in questi momenti di atroce sofferenza sia fondamentale per riprendere il cammino.

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    Il Premio cittadino europeo a suor Eugenia Bonetti, la religiosa "anti-tratta"

    ◊   Per il suo impegno contro la tratta degli esseri umani, in particolare delle donne, suor Eugenia Bonetti riceve quest’anno il Premio cittadino Europeo. Il riconoscimento alla missionaria Consolata e presidente dell’associazione “Slaves no more” sarà assegnato nella cerimonia ufficiale di domani a Bruxelles. Elvira Ragosta intervistato la religiosa, chiedendole quanto è preoccupante il fenomeno della tratta per l’Europa:

    R. – Dal ’98 ad oggi, noi come Italia siamo riusciti a recuperare più di seimila donne. Non sempre è stato possibile cooperare con gli altri Paesi europei, per via della legislazione, della repressione e del rimpatrio forzato. Adesso, le cose stanno un po’ cambiando: le nostre Congregazioni in Italia sono state davvero tra le prime che hanno aperto le porte dei conventi per accoglierle. Abbiamo poi cercato di metterci in contatto con religiose dei Paesi di origine. Per noi, il Paese con il quale maggiormente collaboriamo è proprio la Nigeria, perché l’Italia ha una forte presenza di nigeriane e subito dopo vengono le ragazze dell’Europa dell’Est.

    D. – L’Associazione “Slaves no more” (mai più schiave) aiuta le donne vittime di tratta a ritornare nei Paesi di origine. Come seguite questi rimpatri?

    R. – Con un progetto di reintegrazione sociale e lavorativa, noi, in collaborazione con l’Usmi, in collaborazione con la Caritas italiana, e anche attraverso i fondi che ci vengono dati dalla Cei, stiamo mettendo in atto questi rimpatri assistiti. Abbiamo una rete a livello internazionale, chiamata "Talità Kum", che è presa in considerazione dalle Congregazioni internazionali femminili, l’Uisg. E poi abbiamo creato questa rete in Europa, che si chiama "Renate": si tratta di religiose in comunione contro la tratta di esseri umani e contro lo sfruttamento. Noi insistiamo molto sul fatto che sono proprio i clienti a favorire, alimentare e sostenere la tratta di esseri umani. C’è da aprire veramente un capitolo e dire cosa possiamo fare, perché se noi chiediamo all’Europa, all’Italia di fare delle leggi, le leggi vanno molto bene – ce n’è bisogno – ma noi dobbiamo veramente aiutarci a riappropriarci di una cultura del rispetto, della dignità, della relazione. Qui c’è un grande lavoro da fare, dove veramente siamo tutti coinvolti, per ridare a queste persone dignità, libertà, identità ed anche legalità.

    D. – Questo, dunque, è un premio molto significativo?

    R. – Questo riconoscimento non è dato a me personalmente, è dato a tutte queste suore che giorno per giorno faticano nelle case di accoglienza. Ne abbiamo un centinaio in giro per l’Italia: piccole case famiglia per aiutare queste persone a ricostruire la loro vita, la loro realtà. Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il Papa, di portare la sofferenza di queste persone, le loro situazioni terribili. Abbiamo chiesto poi al Papa una giornata all’anno dedicata alla riflessione e all’attenzione della tratta degli esseri umani. Lui è stato molto colpito da questo e ad un certo punto ci ha chiesto: “Ma cosa suggerite?” Noi abbiamo detto: “Il giorno di Santa Bakhita, perché lei era una schiava”.

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    Giornata del lavaggio delle mani. L'Unicef: pratica che abbatte la mortalità infantile

    ◊   Ogni anno, 1400 bambini muoiono per malattie legate alla mancanza di acqua e di servizi igienico-sanitari adeguati. E’quanto denuncia l’Unicef in occasione della sesta “Giornata mondiale del lavaggio delle mani”. La diarrea è una delle malattie legate al mancato accesso all’acqua potabile ed è la seconda causa di mortalità infantile. Eppure, basterebbe poco per risolvere il problema che colpisce soprattutto i Paesi a basso reddito, cominciando col lavarsi le mani con acqua non contaminata. Elvira Ragosta ne ha parlato con Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia:

    R. - Questa non è la prima Giornata che facciamo su questo tema, ma è sicuramente a questo tema che diamo una particolare importanza, perché per procedere nella direzione della diminuzione della mortalità infantile bisogna agire in più direzioni. Lavarsi le mani è una di quelle pratiche elementari a costo zero, che possono sicuramente far diminuire la mortalità infantile perché sono almeno 1.400 i bambini che ogni giorno muoiono a causa della diarrea, che naturalmente deriva dal non aver lavato le mani.

    D. - Ma l’accesso all’acqua potabile, quindi non contaminata, è un problema soprattutto nelle aree rurali dei Paesi più poveri. Anche in questo caso le soluzioni potrebbero essere semplici…

    R. - Noi come Unicef, da anni, operiamo nei diversi Paesi in collaborazione con le comunità locali e soprattutto nelle aree rurali, dove siamo riusciti a coinvolgere nei nostri progetti di aiuto alle popolazioni tutta la comunità. Purtroppo, il tema dell’acqua è un tema importante: anche se sono aumentare le persone, in maniera considerevole, che oggi hanno la possibilità di utilizzare dell’acqua pulita - questo avviene nei diversi continenti e non certamente soltanto in Africa, ma in anche in altre aree tipo il Bangladesh o anche alcune realtà dell’America Latina - noi operiamo affinché si costruiscano pozzi, affinché si intervenga in maniera adeguata soprattutto per purificare l’acqua. Parliamo anche di allattamento al seno, proprio per evitare che venga adoperata l’acqua per l’alimentazione, che molto spesso è causa della mortalità infantile.

    D. - Africa e Asia, i Paesi dove c’è il più basso reddito, sono quelli che vedono la maggiore diffusione delle malattie legate all’acqua. E in occasione di questa Giornata mondiale, l’Unicef ha organizzato una serie di iniziative rivolte soprattutto agli studenti in Etiopia, in Yemen, in Gambia, in Sierra Leone… Ci racconta come sono organizzate queste Giornate?

    R. - L’intervento prioritario in queste giornate è un intervento formativo. Far capire a queste popolazioni la necessità di lavarsi le mani. E’ una pratica semplicissima, che molto spesso non viene effettuata. Quindi, i nostri operatori vanno nei diversi villaggi, nei diversi centri abitati, dove - oltre a fornire il sapone - spiegano la necessità di lavarsi le mani, dicendo qual è il vantaggio di questa pratica.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Gregorios III sui vescovi rapiti: "Si parla di rilascio ma non ci sono conferme"

    ◊   Potrebbero essere rilasciati oggi, giorno della festività islamica di Eid al-Adha, i due vescovi ortodossi di Aleppo rapiti in Siria lo scorso 22 aprile. La notizia - riporta l'agenzia Sir - è stata diffusa da quotidiano libanese “The Daily Star” che cita la dirigenza della Lega siriaca in Libano, associazione impegnata al fianco dei cristiani siriani che si sta interessando del caso, e riporta anche la dichiarazione del generale Abbas Ibrahim, responsabile dei servizi di sicurezza libanesi. “Sapevamo di una simile possibilità - dice al Sir il patriarca greco-melkita di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, Gregorios III Laham - anche se notizie di questa mattina sembrerebbero allontanare la data del rilascio. Non ci sono conferme, quindi, di un rilascio oggi. Del vescovo greco ortodosso di Aleppo, Boulos al-Yazigi e del siriaco ortodosso Youhanna Ibrahim, non abbiamo notizie. Ritengo positivo, tuttavia, il fatto che si parli di un accordo per il rilascio, poiché questo vuol dire che sono vivi”. “La Siria - aggiunge il patriarca parlando della situazione interna al Paese - vive in pieno caos”. Vittime ed esplosioni si susseguono ogni giorno. È di ieri la notizia che a Idlib, nella Siria nord-occidentale, nell’esplosione di un’autobomba sono rimaste uccise almeno 20 persone. Ma anche a Damasco, dichiara il Gregorios III, “c’è stata un’esplosione in pieno centro. Ad Aleppo si registra la maggiore violenza, mentre nel villaggio cristiano di Maloula, ormai svuotato, si continua a combattere. Gli abitanti si sono rifugiati a Damasco dove abbiamo anche trasferito tutti gli alunni, oltre 200, di una scuola statale. Abbiamo messo loro a disposizione i locali di una parrocchia e così possono continuare le lezioni”. Le speranze del patriarca melkita in una fine delle ostilità e nell’inizio di un negoziato sono appuntate nella conferenza di Ginevra 2: “spero che la comunità internazionale la possa al più presto organizzare. Sarebbe la risposta migliore alle pressanti richieste di Papa Francesco che chiede di pregare per la Siria”. A tale riguardo Gregorios III esorta il Consiglio nazionale siriano, il gruppo più importante di opposizione al regime all‘interno della Coalizione nazionale siriana, a partecipare alla conferenza di pace Ginevra 2 e di non dare seguito alla minaccia di boicottaggio. “Chiediamo a questi nostri fratelli siriani di partecipare e di avere, come chiede il Corano, una parola comune. Questo è molto importante per il futuro della Siria”. (R.P.)

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    Afghanistan, festa del Sacrificio: attentato in moschea, ucciso governatore locale

    ◊   Una bomba è esplosa questa mattina fuori da una moschea di Pul-i-Alam, capitale della provincia orientale di Lagar, in Afghanistan, uccidendo il governatore provinciale, Arsala Jamal, e ferendo in modo grave 15 persone. Secondo quanto riferito dall’agenzia di notizie AsiaNews, l’esplosione ha sorpreso la vittima e gli altri fedeli rimasti feriti al termine dell'odierna preghiera per l'Eid al-Adha, la festa del Sacrificio celebrata ogni anno durante l'Hajj (pellegrinaggio alla Mecca). Per il momento nessuno ha rivendicato la responsabilità del gesto. Tuttavia è noto come sempre più capillare sia il controllo esercitato dalle milizie talebane nella maggior parte delle zone rurali del Paese. Jamal era stato eletto governatore lo scorso aprile. In passato aveva governato la provincia di Khost. L'attacco avviene pochi giorni dopo l'arresto di Latif Mehsud, leader talebano in Pakistan, da parte delle forze armate Usa. Secondo fonti ufficiali egli sarebbe amico intimo di Hakimullah Mehsud, capo dei talebani pakistani. (C.S.)

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    Africa: gli auguri della Chiesa cattolica in Africa ai fedeli islamici per la festa dell’Aid El Adha

    ◊   La comune radice in Abramo e il dolore provocato dai conflitti che insanguinano alcuni Paesi africani e mediorientali sono al centro di due messaggi inviati da importanti rappresentanti della Chiesa cattolica in Africa ai fedeli musulmani per la festa dell’Aid El Adha (“festa del sacrificio”), chiamata in alcuni Stati africani “Festa di Tabaski”, la più importante ricorrenza musulmana che ricorda la sottomissione di Ibrahim (Abramo) a Dio, accettando di sacrificare il suo unico figlio. “Ci uniamo a voi, ricordandoci della nostra fede comune nel Dio di Abramo, padre di tutti i credenti” scrivono i vescovi del Niger in un messaggio alla comunità islamica locale. Il messaggio, giunto a Fides, continua: “Non possiamo dimenticare che anche quest’anno la festa è resa triste per molti fedeli, a causa della violenza e della guerra che minacciano pesantemente il nostro mondo. Conosciamo la montagna di miseria e di pianto di milioni di esseri umani che vivono nell’insicurezza e che sono privi dell’essenziale. Sono le loro sofferenze a spingerci a collaborare, a cercare insieme, in quanto credenti, le vie dell’intesa, del rispetto reciproco, della pace e della solidarietà qui e ovunque” affermano i vescovi nigerini. Nel suo messaggio alla comunità musulmana locale, mons. Claude Rault, vescovo di Laghouat-Ghardaïa (Algeria), afferma che “la festa dell’Aid El Adha è sempre l’occasione di manifestarvi i legami di fraternità nel nostro antenato Abramo". Ricordando che Dio non ha permesso il sacrificio del figlio di Abramo, mons. Raul sottolinea che “Dio è il Creatore e il Protettore di ogni vita. È Lui che ha creato gli esseri umani e non vuole che il loro sangue sia versato da mano umana”. “In questi tempi dolorosi di conflitti, in particolare in Medio Oriente, le nostre lacrime si fondono quando sangue innocente di cristiani o musulmani è versato a causa della violenza, di qualsiasi provenienza. Coloro che compiono o sostengono questi atti agiscono contro Dio e l’umanità. Spesso, credono di onorare Dio ma invece lo tradiscono” afferma mons. Rault. “In nome della nostra fraternità, adoratori dello stesso Dio, continuiamo a combattere la giusta battaglia per la dignità di tutta la vita umana, ma con le armi pacifiche del dialogo, della preghiera e della misericordia” conclude il messaggio. (R.P.)

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    Thailandia: alluvioni provocano 61 morti. In arrivo il tifone Nari

    ◊   E’ di 61 morti il bilancio delle vittime delle inondazioni causate dalle violente piogge che dallo scorso 17 settembre hanno colpito diverse provincie della Thailandia, dove l’arrivo previsto per domani sulle regioni centro-orientali del tifone Nari, potrebbe aumentare il numero delle vittime e dei disagi per la popolazione. Secondo quanto reso noto dall’agenzia di notizie Misna, sono almeno tre milioni i thailandesi finora interessati direttamente dall’assedio delle acque, in parte deviate su terreni agricoli della regione centrale per evitare danni irreparabili alle aree industriali, strategiche per il Paese e per gli investitori stranieri. Le autorità locali sono al momento impegnate, come già accaduto in altre circostanze, a rallentare il deflusso alluvionale verso la capitale Bangkok, posta sul delta del Chao Phraya, il cui bacino fluviale raccoglie la maggior parte del deflusso dei corsi d’acqua thailandesi e una parte consistente delle acque piovane. Secondo i dati divulgati dal Dipartimento per la prevenzione e l’intervento nelle emergenze, sono 4.377 i villaggi alluvionati, distribuiti in 88 distretti di 21 provincie sulle 76 complessive del Paese. Il numero delle famiglie colpite è salito infine a 275.765, per un totale di oltre 800mila persone coinvolte nella catastrofe naturale. Le intense piogge e i venti furiosi scatenati dal tifone Nari, entrato questa mattina in territorio vietnamita presso Danang, hanno già provocato cinque vittime, nonostante l’evacuazione di 120mila abitanti dalla costa. Secondo le previsioni meteorologiche, Nari proseguirà in giornata, dopo essersi ridimensionato a tempesta tropicale, il suo percorso verso il Laos e la Cambogia, già pesantemente alluvionati, e verso il confine thailandese. (C.S.)

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    Sant'Egidio-Comunità ebraica: marcia per non dimenticare la deportazione degli ebrei romani

    ◊   Una marcia per ricordare che “non c’è futuro senza memoria”. A 70 anni dalla deportazione degli ebrei romani (16 ottobre 1943-16 ottobre 2013), la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità ebraica di Roma, come ogni anno dal 1994, fanno memoria di questo “tragico momento” della vita della città e organizzano un pellegrinaggio della memoria “perché tutti, soprattutto le giovani generazioni, non dimentichino la deportazione avvenuta durante l’occupazione nazista”. La manifestazione è indetta per domani, mercoledì 16 ottobre alle 18,45 e prevede, dopo l’intervento di mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma, una marcia silenziosa da piazza S.Maria in Trastevere a Largo 16 ottobre 1943. Un cammino a ritroso lungo il percorso dei deportati che dal ghetto furono condotti al Collegio Militare a Trastevere prima di essere imprigionati nei treni con destinazione Auschwitz. Oltre mille furono gli ebrei romani presi e deportati nel campo di concentramento. Alla marcia, oltre a centinaia di giovani delle scuole romane e a immigrati, parteciperanno anche: Enzo Camerino, deportato (uno dei 16 superstiti), Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Renzo Gattegna, presidente delle Comunità ebraiche italiane, Ignazio Marino, sindaco di Roma, Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, Andrea Riccardi, della Comunità di Sant’Egidio. (R.P.)

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    Lampedusa. Messaggio dei vescovi siciliani: "Abbandonare ipocrisia e indifferenza"

    ◊   “Questi morti, e le migliaia che negli anni sono stati travolti in queste acque, chiedono verità, giustizia e solidarietà. È ora di abbandonare l’ipocrisia di chi continua a pensare che il fenomeno migratorio sia un’emergenza che si auspica ancora di breve durata”. E’ l’auspicio contenuto nel Messaggio che i vescovi della Sicilia hanno inviato ieri “ai fedeli e agli uomini di buona volontà all’indomani della tragedia di Lampedusa”. “La consapevolezza che spregiudicati criminali speculano sul dolore di persone in fuga dalle persecuzioni e dalle guerre - scrivono - non può far pagare a questi ultimi la malvagità dei mercanti di morte. Il grido di aiuto e la domanda di soccorso non possono lasciare freddi o indifferenti noi e quanti, per cultura e per sensibilità, sentiamo forte a partire dal Vangelo il senso dell’accoglienza e del dialogo”. I vescovi siciliani - riferisce l'agenzia Sir - ringraziano, in particolare, la gente di Lampedusa “per l’instancabile apertura di cuore nei confronti di quanti hanno cercato approdo tra loro”, mostrando al mondo “il valore e l’efficacia dei gesti semplici e significativi del quotidiano: la vicinanza, il soccorso, il pianto, la collera, la pazienza”. Questi atteggiamenti, osservano, hanno dimostrato nello stesso tempo “l’inutilità controproducente di talune risposte istituzionali che non hanno contribuito a risolvere il problema, ma anzi hanno moltiplicato il numero delle vittime”. Da qui l’invito dei vescovi siciliani: “Di fronte a tanto dolore, che sembra non aver fine, occorre cambiare atteggiamento a partire dalle nostre comunità e coinvolgendo quanti si sentono interrogati da questa sfida umanitaria”. Il periodo dell’Avvento, suggeriscono ai fedeli siciliani, “è un’occasione propizia per approfondire la conoscenza del fenomeno migratorio, liberandosi da pregiudizi e luoghi comuni; per studiare forme possibili di aiuto e di solidarietà verso gli immigrati; per sollecitare interventi politici ai diversi livelli che contribuiscano ad affrontare realisticamente il problema e a elaborare soluzioni efficaci”. “Gli innumerevoli morti (uomini, donne, bambini), che sono seppelliti nel Mediterraneo con la loro speranza di vita e di libertà, scuotono le nostre coscienze con il loro grido di giustizia. Che il nostro silenzio e la nostra inerzia non vanifichino il loro sacrificio”, concludono. (R.P.)

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    I vescovi dell’Africa australe condannano la corruzione

    ◊   “La corruzione è furto contro i poveri” ammoniscono i vescovi della South African Catholic’s Bishop Conference, Sacbc (che riunisce i vescovi di Sudafrica, Swaziland e Botswana), in una lettera pastorale dedicata alla piaga della corruzione. “Il denaro che finisce nelle tasche dei corrotti avrebbe potuto essere speso per dare un’abitazione ai senza tetto, in cure mediche per i malati e per sopperire ad altre necessità” affermano i vescovi. “La corruzione colpisce l’intera comunità. Quando le tangenti diventano un fatto di vita per gli impiegati pubblici, gli imprenditori o il personale ecclesiastico, questi mettono da parte il rispetto per i loro doveri per cercare di guadagnare denaro per se stessi” continua il documento che sottolinea come la corruzione porta al cinismo diffuso per la mancanza di fiducia reciproca che genera nella società. I vescovi - riporta l'agenzia Fides - ricordano che secondo le statistiche nell’Africa Australe “circa metà dei cittadini hanno ammesso di aver pagato una tangente, in gran parte a poliziotti e impiegati del governo”. “Questo significa che la sfida dello sradicamento di questo male è indirizzata a tutti noi” sottolinea il documento. “Se fate esperienza della corruzione, denunciatela” esortano quindi i vescovi “perché la corruzione vive nel segreto e nel nascondimento”. La Sacbc infine si impegna a lanciare una campagna informativa attraverso il proprio Justice and Peace Department per combattere questa piaga. (R.P.)

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    Nicaragua: Chiesa chiede all'esercito rispetto per i civili vittime negli scontri con gruppi armati

    ◊   “Vi ricordo che i civili non sono colpevoli per il solo fatto di trovarsi in zone frequentate da gruppi armati”. Queste le parole di mons. Carlos Herrera, vescovo di Jinotega indirizzate all’Esercito del Nicaragua in un comunicato nel quale manifesta preoccupazione e dolore per le vittime innocenti, in maggioranza contadini, rimaste coinvolte nel fuoco incrociato tra soldati e gruppi armati, nelle comunità rurali di Pantasma y Wiwilí. Secondo le autorità municipali e l’Associazione nicaraguense per la difesa dei Diritti Umani (ANPDH) nel Nord del Paese ci sono stati combattimenti tra truppe dell’esercito e gruppi armati con morti e feriti. Sebbene questi scontri non siano stati confermati dalla polizia o dai militari che considerano i gruppi armati come delinquenti comuni senza fini politici, le popolazioni della zona subiscono continue perquisizioni, controlli, ricatti e abusi, soprattutto le donne. “Invito il governo ad agire con saggezza e avviare un vero dialogo, per evitare violenze e morte nel nostro Nicaragua, tanto sofferente, perché sono già troppi i morti, tanto tra i militari che tra i guerriglieri, ma anche tra la gente povera delle campagne che soffre più di chiunque questa situazione di instabilità sociale e di persecuzione”- afferma mons. Herrera nel comunicato in cui ricorda che le armi non sono strumenti efficaci per rivendicare i propri diritti. “Bisogna avvalersi delle norme civili per evitare altro dolore alle famiglie e per fermare lo spargimento di sangue nella nostra regione” ha detto mons. Herrera manifestando le proprie condoglianze ai famigliari delle vittime e la propia vicinanza alle popolazioni colpite da questo conflitto. “La pace si costruisce giorno per giorno nella ricerca dell’ordine voluto da Dio, che solo può fiorire quando ognuno riconosce la propria responsabilità, e per prevenire i conflitti e la violenza è assolutamente necessario che la pace venga vissuta come un valore nell’intimo di ogni persona” ha detto mons. Herrera nel ribadire il suo invito alla pace e nel chiedere al Signore che ponga termine alla violenza e che illumini le parti in conflitto. (A cura di Alina Tufani)

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    Perù. Vescovo di Chimbote: non ho paura dei detenuti ma dei criminali ancora fuori

    ◊   Intervistato dalla stampa locale sulle frequenti estorsioni che avvengono a Chimbote, attribuite ai detenuti del carcere ‘Cambio Puente’, il vescovo della diocesi della cittadina peruviana, mons. Angel Francisco Simon Piorno, ha affermato energicamente di non temere i prigionieri che sono in carcere, ma coloro che sono fuori e che invece dovrebbero stare dietro le sbarre. Nella nota inviata all’agenzia Fides si legge inoltre che il vescovo ritiene inutile installare un apparecchio per bloccare le telefonate dentro il carcere, perché questo non fermerà certo le estorsioni, mentre, ha ribadito: "si devono catturare quelli che sono fuori, quei criminali che con la minaccia cercano di ottenere denaro facile". Il vescovo ha anche espresso preoccupazione per i 75 omicidi denunciati finora dall’inizio di quest'anno a Chimbote: "sembra di vivere nell'età della pietra, in cui non si rispetta la vita degli altri. Queste cifre sono sconvolgenti, si deve prendere un impegno serio per affrontare il grave problema della città: l'insicurezza". Secondo quanto rilevato da mons. Piorno, se le forze di polizia non riusciranno a ottenere risultati e, al contrario, il clima di violenza dovesse crescere, allora sarà necessario apportare modifiche e pensare a nuove strategie. Il vescovo sostiene e ha già confermato la propria partecipazione, il prossimo 17 ottobre, alla marcia per la Pace organizzata dai detenuti di ‘Cambio Puente’, per dare un segnale contro l’alto tasso di criminalità nella città. (C.S.)

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    Roma: iniziato processo di Beatificazione di Madre Giuseppa dei Sacri Cuori

    ◊   Nella meravigliosa cornice della Sala della Conciliazione del Palazzo Lateranense, un folto gruppo di circa 300 persone, fedeli e devoti, ha potuto assistere questa mattina alla solenne apertura della fase diocesana dell’iter del processo per la beatificazione di Madre Maria Giuseppa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, monaca e cofondatrice dell’Ordine delle Adoratrici Perpetue del SS.Sacramento. Presieduta dal Promotore di giustizia, mons. Slawomir Oder, la cerimonia ha visto la presenza di autorità del mondo ecclesiale e civile. Tra essi: mons. Filippo Iannone, vicegerente della diocesi; rappresentanti della famiglia e delle curie Agostiniane; dei Frati Minori della Custodia di Terra Santa e di Roma; la Madre presidente della Federazione Italiana delle Adoratrici Perpetue, M. Daniela Pozzi, a nome dell’intera Federazione; del Prefetto di Polizia, G. Cautilli; esponenti del Fec (Ministero degli Interni) di Roma e dalla Prefettura di Napoli; alcuni rettori di Seminari, Religiosi di altri Ordini e parroci. Foltissimo il numero di giovani universitari. Il momento vissuto con intensità spirituale si è rivelato come l’inizio di un riconoscimento nei confronti di una personalità che nella forma della vita claustrale, in povertà, fraternità e solitudine, ha espresso con una modalità tutta femminile, eucaristica e mariana, la conoscenza di Gesù povero, ma sempre presente in mezzo a noi, attraverso il dono per eccellenza: l’Eucaristia, fonte di unità e di salvezza per la Chiesa intera. Questa figura di Monaca, di Adoratrice e di Cofondatrice ha avuto un ruolo molto importante nella storia dei luoghi dove Ella è vissuta nella prima metà del XIX secolo. (A cura di Padre Arturo Erberti)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 288

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