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Sommario del 13/10/2013
Giornata Mariana. Messa del Papa: Dio chiede il nostro "sì", Maria ci aiuta a dirlo ogni giorno
◊ “Dio ci sorprende, Dio ci chiede fedeltà, Dio è la nostra forza”. Su queste tre realtà si è articolata, questa mattina, l’omelia di Papa Francesco durante la Messa in Piazza San Pietro, davanti alla statua della Madonna di Fatima e ad oltre 100 mila persone, in occasione della Giornata Mariana. “Maria – ha detto il Santo Padre – ci aiuti a lasciarci sorprendere da Dio senza resistenze, ad essergli fedeli ogni giorno, a lodarlo e ringraziarlo perché è Lui la nostra forza”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Maria, “creatura umile e debole come noi” è stata scelta per essere “Madre di Dio, Madre del suo Creatore”. Guardando a Maria, Papa Francesco invita a riflettere su tre realtà: Dio ci sorprende, Dio ci chiede fedeltà, Dio è la nostra forza. Dio ci sorprende – spiega il Papa – come nella vicenda di Naaman, capo dell’esercito del re Aram e malato di lebbra, che rispondendo alla richiesta di Dio si immerge nel Giordano. Una richiesta che lo lascia perplesso ma si immerge nel fiume e subito guarisce:
“Ecco, Dio ci sorprende; è proprio nella povertà, nella debolezza, nell’umiltà che si manifesta e ci dona il suo amore che ci salva, ci guarisce e ci dà forza. Chiede solo che seguiamo la sua parola e ci fidiamo di Lui”.
Questa è anche l’esperienza della Vergine Maria che davanti “all’annuncio dell’Angelo, non nasconde la sua meraviglia”, lo stupore di vedere che “Dio, per farsi uomo, ha scelto proprio lei, una semplice ragazza di Nazaret” che “non ha compiuto imprese straordinarie” ma si fida del Signore:
“Dio ci sorprende sempre, rompe i nostri schemi, mette in crisi i nostri progetti, e ci dice: fidati di me, non avere paura, lasciati sorprendere, esci da te stesso e seguimi!”
Il Santo Padre rivolge poi domande che toccano il cuore di ogni cristiano:
“Mi lascio sorprendere da Dio, come ha fatto Maria, o mi chiudo nelle mie sicurezze, sicurezze materiali, sicurezze intellettuali, sicurezze ideologiche, sicurezze dei nei miei progetti? Lascio veramente entrare Dio nella mia vita? Come gli rispondo?”.
Dio – aggiunge Papa Francesco – ci sorprende con il suo amore, “ma chiede fedeltà nel seguirlo” come nella lettura di San Paolo, in cui l’Apostolo si rivolge al discepolo Timoteo dicendogli di “ricordarsi sempre di Cristo, di perseverare nella fede”. Quante volte – osserva poi il Pontefice – ci siamo entusiasmati per qualche iniziativa, per qualche impegno “ma, poi, di fronte ai primi problemi, abbiamo gettato la spugna”:
“E questo purtroppo, avviene anche nelle scelte fondamentali, come quella del matrimonio. La difficoltà di essere costanti, di essere fedeli alle decisioni prese, agli impegni assunti. Spesso è facile dire sì', ma poi non si riesce a ripetere questo ‘sì’ ogni giorno. Non si riesce ad essere fedeli”.
Maria a Dio ha detto tanti "sì" “nei momenti gioiosi come pure in quelli di dolore”. Tanti "sì" culminati sotto la Croce. Quindi il Papa rivolge un’altra cruciale domanda:
“Sono un cristiano 'a singhiozzo', o sono un cristiano sempre?”.
E poi aggiunge:
“La cultura del provvisorio, la cultura del relativo entra anche nel vivere la fede. Dio ci chiede di essergli fedeli, ogni giorno, nelle azioni quotidiane e aggiunge che, anche se a volte non gli siamo fedeli, Lui è sempre fedele e con la sua misericordia non si stanca di tenderci la mano per risollevarci, di incoraggiarci a riprendere il cammino, di ritornare a Lui e dirgli la nostra debolezza perché ci doni la sua forza”.
Il Papa indica quindi l'autentico cammino:
“E questo è il cammino definitivo: sempre col Signore, anche nelle nostre debolezze, anche nei nostri peccati. Mai andare sulla strada del provvisorio. Questo, sì, uccide. La fede è fedeltà definitiva come quella di Maria”.
Dio ci sorprende, Dio ci chiede fedeltà e Dio – conclude il Papa – è la nostra forza. Il Pontefice dopo aver ricordato la pagina del Vangelo, in cui dieci lebbrosi chiedono a Gesù di ottenere la guarigione sottolinea che dopo la liberazione dalla malattia, “solo uno torna indietro per lodare Dio” e ringraziarlo. Maria, dopo l’Annunciazione, ha parole di lode e di ringraziamento a Dio. “Tutto è suo dono”. “Lui – ricorda Papa Francesco – è la nostra forza”. E poi pone altri nodali interrogativi:
“Quante volte ci diciamo grazie in famiglia? E’ una delle parole chiave della convivenza. 'Permesso', 'scusa', 'grazie': se in una famiglia si dicono queste tre parole, la famiglia va avanti. 'Permesso', 'scusami', 'grazie'. Quante volte diciamo 'grazie' in famiglia? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, ci è vicino, ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato! E questo avviene anche con Dio. E’ facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma andare a ringraziarlo: Mah, non mi viene”.
Al termine della Santa Messa, Papa Francesco ha letto l’Atto di Affidamento alla Madonna di Fatima:
“Beata Maria Vergine di Fatima,
con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna
uniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioni
che ti dicono beata”.
“Custodisci la nostra vita fra le tue braccia”. “Insegnaci – ha detto il Santo Padre - il tuo stesso amore di predilezione per i piccoli e i poveri, per gli esclusi e i sofferenti, per i peccatori e gli smarriti di cuore”.
“Raduna tutti sotto la tua protezione
e tutti consegna al tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù”.
All’Angelus, il Santo Padre ha ringraziato i fedeli arrivati da tante parti del mondo per la Giornata Mariana e salutato, in particolare, i bambini dell’Orchestra internazionale per la pace “Piccole Impronte”, l’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro, “i giovani di Roma che nei giorni scorsi si sono impegnati nella missione Gesù al centro” e i detenuti del carcere di Castrovillari.
Le voci degli oltre 100 mila a San Pietro: abbiamo una Mamma che ci indica la via giusta
◊ Ed erano oltre 100 mila i fedeli, accorsi questa mattina in piazza san Pietro per salutare la statua Madonna di Fatima, giunta a Roma in occasione della Giornata Mariana. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro:
R. – E’ un esempio da seguire, la persona di famiglia cui rivolgerti, che è vicino a te ed è sempre con te.
R. – E’ come una mamma: mi confido, la ringrazio e cerco di trovare la giusta via.
R. – Maria per me è la Madre cui ci si affida ogni giorno, nei momenti debolezza, ed è quella che ci indica la via.
D. – Il Papa ci ha chiesto di affidarci, soprattutto nelle difficoltà, alla Madre di Gesù. In che modo rispondere al suo invito?
R. – Soprattutto con la preghiera e l’evangelizzazione, affidandoci a cuore aperto a Maria nel cammino verso Gesù.
R. – Sicuramente, le parole dell’omelia, quelle del “sì” della Madonna, no? Allora, mi sono detta che anch’io nel mio quotidiano, con le piccole difficoltà che ci sono nelle relazioni, nel lavoro, devo saper dire: “Sì, Signore cosa vuoi dietro questa situazione?”
D. – Cosa vuol dire per lei essere qui insieme alla Madonna di Fatima?
R. – Sono troppo felice, perché io amo la Madonna di Fatima da quando ero bambina, in Argentina. La nostra parrocchia Maria di Fatima era molto bella per tutti noi e per me, oggi, Maria di Fatima ci porta questa forza per continuare il pellegrinaggio della fede e dell’amore.
D. – Cosa chiedi alla Madonna, in una giornata speciale come questa?
R. – Chiedo che ci sia la pace nel mondo.
Giornata mariana. Catechesi del Papa: la Vergine è maestra di fedeltà e madre della gioia
◊ Maria donna di fede che ci porta sempre a Gesù. E’ il modello proposto dal Papa a decine di migliaia di fedeli durante la catechesi svolta ieri pomeriggio in Piazza San Pietro innanzi alla Statua della Madonna di Fatima. Così è stata solennemente aperta la Giornata mariana, un evento, parte dell’Anno della Fede, che ha visto la presenza eccezionale dell’icona mariana portoghese per la coincidenza dell’ultima apparizione a Fatima, il 13 ottobre del 1917. Il servizio di Gabriella Ceraso:
“E’ presenza di Maria in mezzo a noi”, la piccola statua venuta da Fatima, e “Maria ci porta sempre a Gesù”. Le parole del Papa danno voce al sentimento di tutti i fedeli uniti in preghiera in piazza san Pietro davanti alla delicata e bellissima icona della Signora di Fatima che apparve a Francisco, Giacinta e Lucia. Cantando e pregando l’hanno attesa e uno sventolio di bandierine bianche ne ha accompagnato la lunga processione in piazza; poi la sosta là dove il proiettile che custodisce nella corona, trafisse il corpo di Papa Woytila nel 1981, quindi l’arrivo al sagrato innanzi a Papa Francesco per l’intronizzazione.
La catechesi del Pontefice giunge al termine della meditazione della piazza sulla Via Matris, le sette tappe dolorose della vita di Maria, dalla profezia di Simeone alla deposizione del corpo di Gesù nel sepolcro il sabato santo, e parte da un interrogativo: "Come è stata la fede di Maria?"
"Il primo elemento della sua fede è questo: la fede di Maria scioglie il nodo del peccato".
E’ nodo, spiega il Papa, ogni nostra mancanza di fiducia in Dio, di ascolto e di compimento della sua volontà. Ma "alla misericordia di Dio nulla è impossibile":
"E Maria, che con il suo 'sì' ha aperto la porta a Dio per sciogliere il nodo dell’antica disobbedienza, è la madre che con pazienza e tenerezza ci porta a Dio perché Egli sciolga i nodi della nostra anima con la sua misericordia di Padre".
La fede di Maria è anche quella che, prosegue il Pontefice, “dà carne umana a Gesù”: avviene quando “lei dice il suo sì all’annuncio dell’Angelo”. Ma l’incarnazione di Gesù sottolinea Papa Francesco “non è un fatto solo del passato”, “ci coinvolge personalmente”:
"Ma quello che è avvenuto nella Vergine Madre in modo unico, accade a livello spirituale anche in noi quando accogliamo la Parola di Dio con cuore buono e sincero e la mettiamo in pratica. Succede come se Dio prendesse carne in noi, Egli viene ad abitare in noi, perché prende dimora in coloro che lo amano e osservano la sua Parola. Non è facile capire questo, ma sì, è facile sentirlo nel cuore".
“Credere in Gesù” prosegue il Pontefice, “significa offrirgli la nostra carne, con l’umiltà e il coraggio di Maria, perché Lui possa continuare ad abitare in mezzo agli uomini”:
"Significa offrirgli le nostre mani per accarezzare i piccoli e i poveri; i nostri piedi per camminare incontro ai fratelli; le nostre braccia per sostenere chi è debole e lavorare nella vigna del Signore; la nostra mente per pensare e fare progetti alla luce del Vangelo; e soprattutto, offrirle il nostro cuore per amare e prendere decisioni secondo la volontà di Dio. Tutto questo avviene grazie all’azione dello Spirito Santo. E così, siamo gli strumenti di Dio perché Gesù agisca nel mondo attraverso di noi".
Ma la fede di Maria è anche, conclude il Papa, “un cammino”, è un seguire come ha fatto lei suo Figlio, quindi ascoltarlo, lasciarsi guidare dalle sue parole; avere i suoi stessi sentimenti e atteggiamenti, “umiltà, misericordia, vicinanza, ma anche fermo rifiuto dell’ipocrisia, della doppiezza, dell’idolatria”:
"La via di Gesù è quella dell’amore fedele fino alla fine, fino al sacrificio della vita, è la via della croce. Per questo il cammino della fede passa attraverso la croce e Maria l’ha capito fin dall’inizio".
La fiammella della sua fede è rimasta accesa sempre anche nella notte, nell’ora della passione di Gesù, sottolinea il Papa, e fino all’alba della Risurrezione:
"E quando le è giunta la voce che il sepolcro era vuoto, nel suo cuore è dilagata la gioia della fede, la fede cristiana nella morte e risurrezione di Gesù Cristo. Perché sempre la fede ci porta alla gioia, e Lei è la Madre della gioia: che ci insegni ad andare per questa strada della gioia e vivere questa gioia!".
“Questa sera, Madre”, è l’invocazione finale del Papa,”ti ringraziamo per la tua fede di donna forte e umile e rinnoviamo il nostro affidamento a te, Madre della nostra fede. Amen”.
◊ Lo sguardo di Maria guida il cristiano a Gesù e lo aiuta a non essere un “cristiano di vetrina”, ma a “sporcarsi le mani” per il Vangelo. È la considerazione con la quale Papa Francesco chiude il suo videomessaggio indirizzato ai fedeli raccoltisi ieri sera in preghiera nel Santuario del Divino Amore e negli altri dieci collegati a distanza, da varie parti del mondo, per condividere la Giornata mariana: Lourdes, Nazareth, Lujan, Vailankanni, Guadalupe, Akita, Nairobi, Benneux, Częstochowa e Marian Valley. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Chi guarda la Vergine Maria? Guarda tutti noi, ciascuno di noi. E come ci guarda? Ci guarda come Madre, con tenerezza, con misericordia, con amore”.
È lo sguardo che chiunque vorrebbe su di sé. Lo sguardo che abbraccia, sostiene, consola. In parole semplici, Papa Francesco tratteggia la maternità di Maria con parole che più un religioso insegnamento, trasmettono il calore di un’esperienza vissuta. Gli occhi della Mamma del cielo – gli stessi, dice, che “hanno guardato il figlio Gesù, in tutti i momenti della sua vita, gioiosi, luminosi, dolorosi, gloriosi”, così come li contempla il Rosario – sono gli occhi che guardano ciascuno dei figli sulla terra, “semplicemente con amore”:
“Quando siamo stanchi, scoraggiati, schiacciati dai problemi, guardiamo a Maria, sentiamo il suo sguardo che dice al nostro cuore: ‘Forza, figlio, ci sono io che ti sostengo!’. La Madonna ci conosce bene, è mamma, sa bene quali sono le nostre gioie e le nostre difficoltà, le nostre speranze e le nostre delusioni. Quando sentiamo il peso delle nostre debolezze, dei nostri peccati, guardiamo a Maria, che dice al nostro cuore: ‘Rialzati, va’ da mio Figlio Gesù, in Lui troverai accoglienza, misericordia e nuova forza per continuare il cammino’”.
Ma non guarda solo noi, Maria. La Madonna, afferma Papa Francesco, “indica Gesù, ci invita a testimoniare Gesù”, ci guida a Lui, l’unico che – assicura – “può trasformare l’acqua della solitudine, della difficoltà, del peccato, nel vino dell’incontro, della gioia, del perdono”:
“Non avere paura! Lui ti insegnerà a seguirlo per testimoniarlo nelle grandi e piccole azioni della tua vita, nei rapporti di famiglia, nel tuo lavoro, nei momenti di festa; ti insegnerà ad uscire da te stesso, da te stessa, per guardare agli altri con amore, come Lui che non a parole, ma con i fatti, ti ha amato e ti ama!’ O Maria, facci sentire il tuo sguardo di Madre, guidaci al tuo Figlio, fa’ che non siamo cristiani di vetrina’, ma che sanno 'sporcarsi le mani' per costruire con il tuo Figlio Gesù, il suo Regno di amore, di gioia e di pace”.
Il Papa e Maria. Il rettore della Cattedrale di Buenos Aires: Pontificato ricco di gesti mariani
◊ Profondo è, dunque, il rapporto di Papa Francesco con la Vergine Maria come testimoniano i tanti gesti compiuti fin dall’inizio del suo Pontificato. Inoltre oggi, 13 ottobre, è stato il settimo mese della sua elezione al Soglio di Pietro. A parlare del legame del Papa con la Madonna è il rettore della cattedrale di Buenos Aires, padre Alejandro Russo, che per anni è stato al fianco di Jorge Mario Bergoglio. Sentiamolo nell’intervista di Debora Donnini:
R. – El Santo Padre, sobretodo, hay que entenderlo siempre por sus gestos…
Il Santo Padre, prima di tutto, bisogna capirlo dai suoi gesti. E non è da meno la quantità di gesti che ha fatto in relazione alla devozione alla Santa Vergine. Credo che già ci sia una cosa provvidenziale nella sua elezione: è stato, infatti, eletto alla sede di Pietro il 13 marzo. E la Chiesa ogni giorno 13 fa memoria di quel fatto del 13 maggio o del 13 ottobre, ultima apparizione della Vergine di Fatima. C’è quindi un’associazione importante con la Provvidenza di Dio. E’ anche importante la visita a Santa Maria Maggiore, perché non era tradizione che il Papa andasse alla Basilica di Santa Maria Maggiore prima di prendere possesso di San Giovanni in Laterano. E dopo, il gesto di chiedere al patriarca di Lisbona di consacrare il suo Pontificato alla Vergine di Fatima. E poi, ancora, l’8 maggio, in piazza San Pietro, il Santo Padre porta un omaggio floreale alla Vergine di Luján, ponendo un’immagine della Vergine nell’udienza generale e unendosi così alla Solennità della Vergine di Luján in Argentina, che ricorre quel giorno. Quindi, la visita alla Vergine di Buenos Aires (di Bonaria - n.d.r.) in Sardegna, associandola anche a questa devozione che dà maternalmente origine al nome della città di Buenos Aires. Penso che il Papa abbia un legame con tutte le devozioni alla Vergine. E lo testimonia anche il fatto stesso che reciti il Rosario ogni giorno. E questo lo faceva già da arcivescovo e da vescovo.
D. – Quanto è importante la preghiera alla Vergine per lui che da arcivescovo di Buenos Aires metteva sempre, in ogni sua lettera, un’immagine di “Maria che scioglie i nodi”?
R. – Lo fundamental es que la plegaria a la Virgen…
La cosa fondamentale è che la preghiera alla Vergine la intende come una cosa centrale nella spiritualità cristiana, per questa funzione materna della Vergine. E’ vero che con “Maria che scioglie i nodi” aveva e ha una speciale vicinanza per quello che significa l’immagine stessa: la Vergine riceve le preghiere “annodate” delle persone, con le difficoltà, le tocca e con la sua intercessione davanti a Dio le va sciogliendo, disfacendo le difficoltà. Li è anche espresso quello che intende: la Chiesa che ricorre alla Vergine, la Vergine che ricorre a Dio e le difficoltà che vengono sciolte.
D. – Lei ha ricordato l’atto di affidamento che ha fatto alla Vergine a Cagliari, la visita a Santa Maria Maggiore, il giorno dopo la sua elezione. E’ anche interessante notare che anche in Brasile il primo atto pubblico, diciamo così, è stata la visita alla Madonna di Aparecida, alla quale ha consacrato il suo Pontificato e il Brasile. Cosa significa tutto questo?
R. – Todo esto va mostrando, primero, que el Papa tiene la cercanía de hablar…
Tutto questo mostra, anzitutto, che il Papa parla con i gesti. Tutte queste visite alle distinte situazioni di devozione alla Vergine implicano la sua decisione di mostrare a tutta la Chiesa la necessità della devozione a Maria. Si può vedere anche ogni giorno, a Santa Marta: quando il Papa finisce la Messa prega un momento un’immagine che c’è alla porta della cappella. Mi sembra che non dia più valore ad una devozione rispetto ad un'altra, ma che voglia indicare a tutti la vitalità, la situazione centrale, di quello che significa nella Chiesa cattolica la devozione alla Vergine.
Beati 522 martiri spagnoli. Il Papa: il mondo sia liberato da ogni violenza
◊ "Lodiamo il Signore per questi suoi coraggiosi testimoni, e per loro intercessione supplichiamolo di liberare il mondo da ogni violenza". Con queste parole, Papa Francesco ha ricordato all'Angelus di stamattina, al termine della Messa in Piazza San Pietro, i 522 martiri della persecuzione spagnola beatificati oggi a Tarragona, in Spagna, nella cerimonia presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Ai partecipanti, il Papa ha inviato anche un videomessaggio, nel quale ha indicato i martiri come esempio da seguire per uscire da se stessi e aprirsi a Dio. Il servizio di Roberta Barbi:
“¿Quiénes son los mártires? Son cristianos ganados por Cristo…”.
“Chi sono i martiri? Sono cristiani conquistati da Cristo, discepoli che hanno imparato bene il senso di quell’"amare fino al limite estremo" che portò Gesù sulla Croce”. Papa Francesco mostra la figura dei martiri in una luce nuova: quella di imitatori dell’amore di Cristo fino alla fine. Gesù, infatti, sulla Croce ha provato il peso della morte e del peccato, ma si è affidato interamente al Padre e ha perdonato, ha donato la vita, dimostrando che non esiste l’amore a rate, a porzioni, ma solo l’amore totale, perché quando si ama, si ama fino alla fine.
“Dicen los Santos Padres: 'Imitemos a los mártires!'. Siempre hay que morir un poco para salir de nosotros mismos…”.
“Dicono i Santi Padri: "Imitiamo i martiri!". Bisogna sempre morire un po’ per uscire da noi stessi e dal nostro egoismo”. Il Papa invita, così, a implorare l’intercessione dei martiri per essere cristiani concreti e non mediocri, cristiani di opere e non di parole, sull’esempio di coloro che erano cristiani fino alla fine: solo in questo modo saremo “fermento di speranza e artefici di fratellanza e solidarietà”.
Sull’importanza della testimonianza di chi ha subito il martirio, aveva insistito anche il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, presente oggi alla cerimonia di Tarragona in rappresentanza del Santo Padre, il quale ha definito i martiri spagnoli, al microfono di Roberto Piermarini, “profeti disarmati della carità di Cristo”:
“Sono tutte vittime innocenti che affrontarono carceri, torture, processi ingiusti, umiliazioni e supplizi indescrivibili. È una schiera immensa di battezzati che seguirono Cristo fino al Calvario per risorgere con Lui nella gloria della Gerusalemme celeste. La loro beatificazione è un evento straordinario di grazia”.
Qualcuno li chiama erroneamente caduti della Guerra civile, ma sono qualcosa di più i martiri dell’ondata anticattolica verificatasi in Spagna negli anni Trenta del secolo scorso: sono vittime di una persecuzione religiosa che si proponeva lo sterminio programmato della Chiesa. Tutto ebbe inizio nel 1931 con l’istituzione della Repubblica: allora combattere la monarchia equivaleva a combattere la Chiesa, ma la situazione degenerò durante la Guerra civile, quando iniziarono la profanazione delle chiese e perfino delle tombe, la distruzione dei simboli, ma soprattutto gli omicidi dei credenti. A iniziare le Beatificazioni delle vittime di quel periodo fu Giovanni Paolo II che, vissuto sotto la scure del nazismo prima e del comunismo poi, voleva che ci si ricordasse di ciascuno di loro, in un’epoca in cui erano considerati martiri cristiani solo coloro che erano morti durante le persecuzioni dell’impero romano. I martiri, invece, che non hanno bisogno di dimostrare virtù eroiche, ma sono illuminati da una fede per cui vale la pena di dare la propria vita. Tornano con ogni totalitarismo e ogni dittatura, testimoni che hanno il coraggio di andare controcorrente senza piegarsi alle leggi mondane. Del loro esempio di persone che perseguono il bene e non hanno paura di convertirsi ad esso, hanno parlato spesso anche Benedetto XVI e ora Papa Francesco, come ricorda ancora il cardinale Amato:
“Tutti siamo chiamati a convertirci alla pace, alla fraternità, al rispetto altrui, alla serenità nei rapporti umani. Così hanno agito i nostri martiri, così agiscono i Santi che – come dice Papa Francesco – seguono ‘la strada della conversione, la strada dell’umiltà, dell’amore, del cuore. Insomma: la strada della bellezza e della santità'”.
Erano persone che non odiavano nessuno, questi martiri. Al contrario, amavano tutti e a tutti facevano del bene occupandosi della catechesi nelle parrocchie, dell’insegnamento nelle scuole, della cura degli ammalati, della carità ai poveri, dell’assistenza agli anziani e agli emarginati. Il loro è un invito silenzioso al perdono, all’eliminazione dal cuore del rancore e dell’odio, un messaggio alla pace diretto a tutti e sempre attuale nel mondo di oggi, come conclude il cardinale Amato:
“Tutti siamo invitati a convertirci al bene, non solo chi si dichiara cristiano, ma anche chi non lo é. Per questo la Chiesa invita anche i persecutori a non temere di convertirsi, a non aver paura del bene, a rigettare il male. Tutti, buoni e cattivi, abbiamo bisogno di conversione”.
India. Almeno 10 morti e 300 mila ettari di colture distrutte dal ciclone Phailin
◊ È di almeno dieci morti, che vanno ad aggiungersi agli otto causati dal maltempo nei giorni scorsi, il bilancio del passaggio sull’India orientale del terribile ciclone Phailin, che ha toccato terra ieri sera con piogge e raffiche di vento da oltre 200 km orari. Ingenti anche i danni materiali. Il servizio di Roberta Barbi:
Aveva le dimensioni dell’intero subcontinente indiano, Phailin, il terribile ciclone formatosi nella Baia del Bengala, in India, e abbattutosi ieri sera sulle coste del Paese, precisamente sugli Stati dell’Orissa e dell’Andra Pradesh. Si è trattato del peggiore degli ultimi 14 anni, secondo la Forza nazionale indiana di risposta ai disastri, e ha colpito oltre 800 mila persone, oltre ad aver causato l’interruzione dell’erogazione dell’elettricità e dei trasporti aereo e ferroviario, a partire dalla capitale dell’Orissa, Bhubaneswar.
L’allarme rosso era scattato già nelle ore precedenti, in cui si era proceduto con l’evacuazione di oltre 500 mila persone e lo spostamento della popolazione di 11 villaggi costieri verso l’interno, in base alla previsione di onde nell’Oceano Indiano alte oltre tre metri nella fase cruciale del ciclone, durata sei ore, dopo le quali Phailin ha ridotto la sua forza diventando una semplice depressione tropicale. Secondo la prima conta dei danni, oltre 300 mila ettari di raccolto sono andati distrutti, mentre è rientrato l’allarme per i 18 pescatori dispersi ieri al largo di Puri: secondo le autorità sono stati salvati questa mattina.
Puglia. Il lavoro con i minori della Comunità S. Francesco, nata dai beni tolti alla mafia
◊ Sono 12 i posti letto per minori in difficoltà ricavati nel palazzetto di Cerignola confiscato a un mafioso: a luglio è nata la Comunità educativa San Francesco d’Assisi, promossa dall’Associazione Volontari Emmanuel. Il fondatore e presidente dell’Associazione è mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio in Calabria, che è stato per 36 anni parroco a Cerignola. A Elisa Sartarelli, il presule ha spiegato come vanno avanti le cose nella Comunità, dopo l’inaugurazione:
R. – La cosa bella è che i primi ad occupare quei 12 posti sono stati i bambini della Romania che, di norma, durante tutto l’anno stanno a Singureni, un villaggio a 30 chilometri da Bucarest. Adesso, ci troviamo nella fase in cui verranno affidati alla nostra comunità bambini provenienti sia dai tribunali per minori, sia dai servizi sociali.
D. – La comunità di Cerignola si è riappropriata di un suo bene…
R. – Certo, questo è il valore aggiunto di questo tipo di realtà. La Comunità non nasce in un posto qualsiasi, non nasce in una struttura creata ex novo, ma è una realtà che restituisce alla società un bene, in vista proprio dell’accoglienza dei bambini, che è quanto di meglio si possa fare in questo momento. La struttura è di tipo familiare per cui, oltre a esserci stanze sia per i bambini che per gli educatori che li seguiranno, c’è anche una cucina e spazio per le varie attività dei bambini. La cosa bella è che la Comunità educativa San Francesco può contare anche su un altro bene confiscato: Villa San Luigi, una struttura a nove chilometri dal centro, attrezzata di piscina e di campi, che l’Associazione Volontari Emmanuel ha cercato di rendere fruibile. Per cui, questi bambini possono disporre anche di altri spazi all’aperto.
D. – Anche il Centro di ascolto famiglie sorge su di un bene tolto alla mafia…
R. – Il nostro lavoro è questo: i bambini devono essere accompagnati e seguiti da figure professionali e da tanti volontari, ma il nostro impegno è anche quello di lavorare molto per le famiglie. Non facciamo soltanto un lavoro di accoglienza dei bambini ma anche di accoglienza delle famiglie, sia di quelle a cui appartengono direttamente i bambini che di quelle che vorranno prepararsi ad una eventuale accoglienza in casa loro di questi bimbi, in maniera temporanea o definitiva. Nostro ulteriore impegno è anche quello di far incontrare le famiglie proprio per evitare che si ricreino le stesse situazioni verificatasi nelle famiglie dalle quali provengono questi stessi bambini.
D. – Come si vince la mafia?
R. – Io penso che la mafia, come tutte le realtà negative, si vinca facendo del bene, proponendo esperienze positive, aiutando i bambini ma anche gli adulti - che purtroppo vengono schiacciati dalla mafia e quindi resi incapaci di sognare - a capire che c’è ancora la possibilità di sognare. C’è ancora la possibilità di rialzare la testa e di contare nella vita.
Italia. Tavolette di cioccolata per la Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down
◊ Si celebra oggi la Giornata nazionale delle persone con sindrome di Down. Nelle piazze italiane i volontari delle associazioni che aderiscono al "CoorDown onlus" distribuiranno tavolette di cioccolato in cambio di un contributo per promuovere e sostenere i diritti delle persone con sindrome di Down. Eliana Astorri ne parla con Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’Associazione Italiana Persone Down:
R. – Intanto, la tavoletta di cioccolato ha una forma particolare, perché è a forma di busta. Questo non è un caso, ma è stata una scelta meditata, perché quello che noi vogliamo è lanciare dei messaggi, utilizzando, dunque, la cioccolata, che non poteva essere più buona di così, essendo di cacao equosolidale, e portando avanti con la raccolta dei fondi i progetti delle associazioni. E’ un messaggio, perché dentro le tavolette ci saranno concretamente delle frasi che possano aiutare le persone a conoscere meglio il mondo e la realtà delle persone con sindrome di Down e delle associazioni. Poi, in questo momento, proprio per la situazione di crisi e anche di minore investimento sui servizi pubblici, cui purtroppo assistiamo, è fondamentale un sostegno ai progetti.
D. – La Giornata nazionale vuole promuovere la cultura della diversità, ma soprattutto promuovere il concetto dell’unicità di ogni persona, perché le persone con sindrome di Down non sono tutte uguali…
R. – Assolutamente no. Noi diciamo sempre che uno slogan degli anni ’80 si adatta sempre di più alla nostra società: “Tutti uguali, tutti diversi”, nel senso che tutti abbiamo bisogno di servizi e tutti abbiamo bisogno di vita quotidiana, ma tutti noi siamo diversi e tutte le persone con sindrome di Down sono diverse. Credo, infatti, che una delle cose belle dello stare sulle piazze sarà che nelle piazze si incontreranno anche loro, che saranno i protagonisti insieme alle famiglie e ai volontari di questa giornata. Sarà quindi un’occasione per conoscere Jacopo, Serena, Giulia, Giovanni e scoprire le loro differenze di carattere e di abilità. Ci sono, infatti, ragazzi che hanno maggiori capacità, ragazzi che hanno situazioni maggiormente compromesse con più difficoltà e assieme a tutti loro saremo in piazza per farci conoscere e per promuovere una collaborazione. L’acquisto di una tavoletta di cioccolata potrà essere un momento di incontro, ma per chi vuole impegnarsi di più anche l’avvicinamento ad esperienze di volontariato o un accompagnamento, più a lungo nel tempo, all’attività delle associazioni.
Siria. Il Consiglio nazionale di sicurezza non andrà a "Ginevra 2"
◊ Il Consiglio nazionale di sicurezza, principale componente della coalizione dell’opposizione siriana, ha fatto sapere che lascerà la coalizione stessa se questa deciderà di partecipare alla Conferenza di pace sulla Siria, la cosiddetta "Ginevra 2," che secondo l’accordo raggiunto dal segretario di Stato americano, John Kerry, e dal ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, dovrebbe essere convocata entro metà novembre. La decisione, secondo quanto spiegato dal presidente, George Sabras, è motivata dal fatto che non si è visto “alcun passo in avanti, esterno o interno, non ci sono miglioramenti nella situazione e non c’è un ambiente adeguato per la celebrazione di Ginevra 2”. La coalizione, inoltre, deciderà se intervenire a Ginevra nel corso di una riunione che si svolgerà tra il 24 e il 25 ottobre prossimi. Intanto, sul terreno, la Croce Rossa locale ha comunicato di aver evacuato circa 1.500 persone – soprattutto donne e bambini – da una zona periferica di Damasco chiamata Moadamiyet al-Sham, da mesi assediata dall’esercito. (R.B.)
Nucleare. Iran: "No all’estero il nostro uranio arricchito"
◊ L’Iran non acconsentirà a inviare all’estero il suo uranio arricchito: lo ha fatto sapere oggi il responsabile dei negoziati di Teheran, Sayed Abbas Araghchi, che martedì e mercoledì prossimi sarà impegnato a Ginevra nella ripresa dei colloqui con le potenze occidentali del 5+1 sulla questione del nucleare in Iran. Proprio il cosiddetto “ship out”, il trasferimento all’estero, era il nodo sul quale si era incagliato il precedente round di trattative, tra il febbraio e l’aprile scorso in Kazakhstan: l’Iran ha definito l’ipotesi la “linea rossa” da non oltrepassare, mentre si potrà discutere sul “volume, i livelli e i metodi di arricchimento”. La presentazione di un primo piano sul nucleare iraniano era stata preannunciata dal presidente Rohani il 27 settembre scorso a New York, senza ulteriori dettagli. Da quanto riferito oggi dall’agenzia semiufficiale Isna, le proposte iraniane saranno diverse dalle precedenti e articolate in tre fasi. La prima – che se ignorata fermerà inevitabilmente le trattative – prevedrebbe che il 5+1 s’impegni nel riconoscimento dei diritti dell’Iran all’arricchimento dell’uranio. (R.B.)
Lampedusa. Vittime naufragio salite a 360, salme verso la Sicilia
◊ È salpata questa mattina da Lampedusa diretta a Porto Empedocle, dove arriverà nel pomeriggio, la nave militare Cassiopea con a bordo le bare delle vittime del terribile naufragio avvenuto nell’isola il 3 ottobre scorso. Il bilancio della tragedia, intanto, arriva a 360 vittime, dopo che questa mattina i sommozzatori hanno recuperato i corpi di altri due migranti che erano a bordo del peschereccio. La Marina maltese, invece, ha fatto sapere di aver ripescato oggi a 55 km a sud dell’isola il cadavere di un bambino di circa 3 anni, probabilmente disperso in mare nel nuovo naufragio avvenuto venerdì scorso, mentre anche ieri un gommone con a bordo 14 migranti, tra cui una donna al nono mese di gravidanza trasportata in elicottero a Lampedusa, è stato soccorso dalle autorità italiane. Il bilancio del naufragio di venerdì, inoltre, è stato ritoccato verso l'alto: sono ben 38 i morti accertati, 147 le persone soccorse, 50 i dispersi. E sempre di ieri è la notizia della telefonata del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, alla quale ha promesso la presenza al più presto di un coordinamento nella gestione dell’emergenza da parte di un nucleo di inviati del governo. Secondo il primo cittadino, il capo dello Stato avrebbe assicurato anche lo studio di una normativa per profughi e richiedenti asilo e non avrebbe escluso una sua prossima visita sull’isola. (R.B.)
Usa-Afghanistan. Intesa parziale su sicurezza, resta il nodo immunità
◊ L’intesa c’è, ma solo parziale sul proseguimento del partenariato tra Stati Uniti e Afghanistan: questo l’esito di un incontro straordinario tenutosi ieri a Kabul tra il presidente afghano, Hamid Karzai, e il segretario di Stato americano, John Kerry. Sono state risolte le “questioni principali” e poste le basi per un “partenariato duraturo” tra i due Paesi – hanno fatto sapere – ma il nodo cruciale resta la questione dell’immunità ai soldati americani in aiuto alle forze di sicurezza afghane almeno fino a tutto il 2014. Per gli Stati Uniti, se non sarà concessa questa immunità, “non vi sarà alcun accordo sulla sicurezza”. Da parte sua, invece, Karzai ha detto che “si tratta di un problema strategico che supera i poteri del governo aghano”. Il verdetto finale sarà affidato, dunque, a una jirga, cioè un consiglio, che si riunirà nelle prossime settimane. (R.B.)
India. Calca a cerimonia indù nel Madhya Pradesh, almeno 64 morti
◊ È di almeno 64 vittime, un centinaio di feriti e ancora molti dispersi, il bilancio delle vittime della calca verificatasi oggi nello Stato dell’India centrale del Madhya Pradesh nel corso di una festività religiosa indù cui stavano partecipando circa 500mila persone. Secondo le prime ricostruzioni riferite dal quotidiano Times of India, i fedeli erano impegnati nella cerimonia del Durga Puja, vicino al tempio del Ratangarh, a 60 km dalla città di Datia, quando per cause ancora da accertare la polizia è intervenuta tra la folla che si è messa a scappare. La tragedia è avvenuta sul ponte che attraversa il fiume Sindh, nelle cui acque sono caduti in molti, trascinati poi via dalla corrente. (R.B.)
Terra Santa: il 17 novembre a Nazareth conclusione dell'Anno della Fede
◊ Saranno circa 10 mila, tra fedeli locali e pellegrini, i partecipanti alla Messa che si celebrerà a Nazareth il 17 novembre a conclusione dell’Anno della Fede in Terra Santa. Sede particolare dell’evento, presentato a Roma, sarà il Monte del precipizio dove celebrò anche Benedetto XVI il 14 maggio del 2009, durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. Secondo quanto riferito da Tzivi Lotan, consigliere Affari turistici dell’ambasciata d’Israele, con questa iniziativa si “rafforza la collaborazione tra Israele e la Chiesa cattolica e in modo particolare con quella di Terra Santa, anche alla luce delle relazioni strette con il Patriarcato latino di Gerusalemme”. La giornata del 17 si aprirà alle 9 del mattino, con un momento di festa animato da cori cristiani di Terra Santa, mentre alle ore 11 il patriarca latino, mons. Fouad Twal, presiederà la Messa, concelebrata da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Dopo la celebrazione, riprenderà la festa che coinvolgerà anche il centro cittadino dove diversi monumenti e santuari resteranno aperti gratuitamente. Sono previsti anche alcuni permessi per entrare in Israele, rilasciati a cristiani provenienti dai Territori palestinesi, e per chi volesse “anche dal Libano, passando attraverso la Giordania”. Tra i fedeli presenti, non mancheranno gli italiani. La conferma è venuta da mons. Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, presente in conferenza stampa: “A Nazareth ci saranno diversi gruppi tra cui quelli dell’Unitalsi, dell’Anspi, del Centro turistico giovanile e del Centro Sportivo Italiano. Pellegrinaggi che vogliono essere segno della vicinanza e della solidarietà della Chiesa italiana alle comunità cristiane locali, come detto anche dal segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, in una lettera inviata al patriarca latino Fouad Twal. I pellegrinaggi delle diocesi italiane in Terra Santa - ha ricordato mons. Lusek - hanno costellato tutto l’Anno della fede e proseguiranno in modo costante”. (R.P.)
Honduras: 20 mila lettere per il Papa per la Giornata dell’Infanzia Missionaria
◊ Il prossimo 20 ottobre, si concluderà la Giornata nazionale dell’Infanzia Missionaria. Tra le iniziative della diocesi di Juticalpa, nel Dipartimento di Olancho, il più grande dell’Honduras, le autorità hanno stabilito una giornata per raccogliere 20 mila lettere scritte dai piccoli del dipartimento orientale del Paese da inviare a Papa Francesco. All’evento, che ha per tema “Niños en Cristo, Firmes en la Fe” - riporta l'agenzia Fides - prenderanno parte i membri dell’Infanzia Missionaria, i minori che seguono la catechesi, i gruppi e gli alunni dei Centri educativi cattolici, oltre a qualsiasi altro piccolo che volesse scrivere al Santo Padre. Il vescovo, mons. José Bonello, ha detto che l’iniziativa ha come fine quello di avvicinare i bambini al successore di Pietro e che la loro partecipazione nella elaborazione delle lettere sarà “il segno con il quale i piccoli riconoscono e ammirano l’amore che Papa Francesco nutre per loro”. La campagna è partita con una camminata dei minori nelle principali vie della comunità. Centinaia di piccoli hanno preso parte alla celebrazione eucaristica nella cattedrale Inmaculada Concepción, presieduta da mons. Luigi Bianco, nunzio apostolico in Honduras, durante la quale sono state raccolte le prime lettere. “Ringrazio tutti - ha detto il rappresentante pontificio - sacerdoti e religiose, laici per l’affetto dimostato verso il nostro Pastore e, in modo speciale voi bambini, che siete il volto amoroso di Cristo per il mondo”. (R.P.)
Giappone: la “Pacem in terris” in giapponese contagia la società
◊ A 50 anni dalla sua pubblicazione, l’Enciclica Pacem in terris, rivolta da Papa Giovanni XXIII alla Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà, resta di fortissima attualità e sta vivendo in Giappone una “seconda giovinezza”. Come riferiscono fonti dell'agenzia Fides nella Chiesa nipponica, una nuova traduzione del testo, preparata dalla Commissione episcopale per le questioni sociali sta circolando nelle diocesi, in associazioni, movimenti e comunità, destando forte interesse anche dei non cristiani. “L’Enciclica trasmette un forte messaggio alla società moderna anche dopo 50 anni. Il suo messaggio è pilastro per costruire la pace nel mondo e rappresenta uno spunto di riflessione utilissimo nell'Anno della Fede”, spiega in una nota mons. Peter Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo e presidente della Conferenza episcopale del Giappone. Il testo, spiega l’arcivescovo, riscuote forte attenzione in tutta la società giapponese perché offre insegnamenti sui diritti e le responsabilità degli uomini, sull'autorità statale e sul bene comune, e perchè tocca tematiche come verità, giustizia, solidarietà, disarmo e sviluppo economico. A interpellare in modo speciale la popolazione nipponica è l'idea per cui le fondamenta della pace poggiano sulla protezione della dignità e dei diritti dell'uomo. “L’Enciclica insegna che la pace può realizzarsi solo quando una società permette a ogni persona di vivere la propria vita in pienezza, in modo pienamente umano. Questa verità interroga nel profondo il modello di sviluppo di ogni Paese moderno, incluso il Giappone”, rimarca l’arcivescovo. Mons. Okada, a 50 anni dall’Enciclica, ricorda un dibattito che attraversa oggi la società nipponica: la proposta di cambiamento della Costituzione, specialmente dell'art. 9, che stabilisce che il Paese non può avere un esercito offensivo ma solo “truppe di autodifesa”. Per i vescovi, “l'art. 9 è un tesoro di cui il Giappone va orgoglioso. Rispecchia l’insegnamento di Gesù Cristo sull'amore. Grazie a questo approccio, il Giappone non ha mai ucciso nessuno in guerra e nessun cittadino giapponese ha perso la vita in un conflitto. È nostra responsabilità fondamentale, proteggere questo articolo e fare il possibile per preservarlo”. Quindi, mons. Okada conclude: “In quanto fedeli e cittadini, portiamo sul piano della politica la nostra fede nella via della pace”. (R.P.)
Madagascar. Fame e povertà, non è solo colpa del maltempo
◊ Almeno un quinto della popolazione del Madagascar, circa 4,6 milioni di persone, si trova in una situazione di insicurezza alimentare, mentre per altri 9,6 milioni c’è un forte rischio che il cibo scarseggi. I dati sono contenuti in un Rapporto stilato dal Programma alimentare mondiale (Pam/Wfp) e dall’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). Le regioni meridionali dell’isola, che soffrono di insicurezza alimentare cronica, sono attualmente le più colpite. Questa situazione viene imputata a un calo della produzione di granturco e di riso, il tipo di cereale più consumato nel Paese, dovuto ad avverse condizioni meteorologiche – cicloni e successiva siccità – e a un’invasione di locuste che ha distrutto parte delle colture e dissuaso gli agricoltori dal seminare. Come conseguenza diretta, le quantità di riso prodotte nel 2013 sono diminuite del 21% e il deficit nazionale del cereale viene stimato in 240 mila tonnellate, mentre almeno 28 mila tonnellate di granturco dovranno essere importate a caro prezzo per soddisfare la richiesta interna. Da pochi giorni, è stato avviato il programma triennale di lotta alle cavallette su iniziativa della Fao e con la collaborazione del governo malgascio. Il Rapporto Onu ha evidenziato che un terzo delle famiglie spende il 75% del proprio bilancio per comprare cereali e cibo, sempre più rari, quindi costosi. Da novembre ad aprile - la stagione dei cicloni e delle tempeste tropicali - la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Ma al di là delle contingenze climatiche, sei abitanti su dieci considerano che il deteriorarsi delle proprie condizioni di vita sia causato dalla cattiva gestione del Paese, alle prese da quattro anni con una grave crisi politico-istituzionale. E’ questo il risultato dell’inchiesta svolta dalla rete africana "Afrobarometro". L’assenza totale dello Stato e la carenza di servizi pubblici, unite all’incompetenza dei dirigenti e alla corruzione dilagante, hanno trascinato il Madagascar in una fase di declino economico che ha ulteriormente impoverito la popolazione. Secondo la stessa ricerca, dal 2009 ad oggi è anche più difficile aver accesso a cibo e acqua, ancor di più nelle zone agricole che rurali. Per la Banca Mondiale, ormai nove cittadini su dieci vivono sotto la soglia di povertà. E nell’ultimo periodo, è anche cresciuto il sentimento di insicurezza alle luce del numero sempre più elevato di furti, rapine e aggressioni. I dati negativi sono stati diffusi a due settimane dalle presidenziali in agenda per il 25 ottobre. Per l’80% delle persone interrogate da Afrobarometro, lo svolgimento delle elezioni rappresenta la prima condizione per uscire dalla crisi, mentre il 34% auspica un rinnovo della classe politica per dare un nuovo slancio al Paese. (R.P.)
Colombia: Fondazione per bambini e bambine vittime di abuso sessuale
◊ A Pasadena, esiste un istituto dove i bambini possono “rinascere”. Si tratta dell’"Asociación Hogar Niños por un Nuevo Planeta", creata per tutelare i bambini più vulnerabili del quartiere colombiano. In particolare, vengono assistiti i piccoli e gli adolescenti vittime di maltrattamenti e violenze sessuali. Attualmente, sono ospiti 300 bambini arrivati con animo disilluso, senza voglia di vivere e profontamente feriti dentro. Nel corso degli anni - riferisce l'agenzia Fides - sono stati organizzati tre programmi di base, uno denominato "Nenufar", ciè "purezza del cuore", è focalizzato sui piccoli vittime di abuso sessuale. Il secondo è "Flor de Loto", per quelli che sono stati sfruttati sessualmente per la prostituzione infantile, che ha come obiettivo aiutarli a recuperare la voglia di vivere. Per ultimo, il programma "Ni-nanas", nel quale rientrano madri vittime di violenza sessuale e che attualmente lavorano nell’Associazione. Grazie a questa struttura, bambini e adolescenti non solo ricevono un luogo degno dove vivere, ma hanno la possibilità di studiare nei vari istituti che la stessa Associazione cerca nel distretto. Fino a questo momento, quattro ragazzi usciti dalla Casa lavorano stabilmente e frequentano l’università. La violenza sessuale è un fenomeno a catena, di conseguenza il 30% dei casi di bambini rimasti vittime di questo crimine si trasformano a loro volta in violenti aggressori. In Colombia, ogni 30 minuti vengono violentati 19 minori. Ora, la Fondazione sta costruendo una nuova sede di oltre 10 mila metri quadrati a Sopó, che intende trasformare in istituto privato per la tutela dei bambini e delle bambine vittime di violenza sessuale, che sarà la più grande della Colombia e una delle più grandi dell’America Latina. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 286