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Sommario del 05/11/2013
Il Papa: tutti siamo invitati a festa dal Signore, non accontentiamoci di stare sull’elenco
◊ L’essenza cristiana è un invito a festa. E’ quanto affermato da Papa Francesco alla Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che la Chiesa “non è solo per le persone buone”, l’invito a farne parte riguarda tutti. Ed ha aggiunto che, alla festa del Signore, si “partecipa totalmente” e con tutti, non si può fare una selezione. I cristiani, ha dunque avvertito, non si accontentino di “essere nella lista degli invitati” altrimenti è come “rimanere fuori” dalla festa. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Le letture del giorno, ha detto il Papa iniziando la sua omelia, “ci mostrano la carta d’identità del cristiano”. Ed ha subito sottolineato che “prima di tutto l’essenza cristiana è un invito: soltanto diventiamo cristiani se siamo invitati”. Si tratta, ha soggiunto, di “un invito gratuito”, a partecipare, “che viene da Dio”. Per entrare a questa festa, ha poi avvertito, “non si può pagare: o sei invitato o non puoi entrare”. Se “nella nostra coscienza”, ha ripreso, “non abbiamo questa certezza di essere invitati” allora “non abbiamo capito cosa è un cristiano”:
“Un cristiano è uno che è invitato. Invitato a che? A un negozio? Invitato a fare una passeggiata? Il Signore vuol dirci qualcosa di più: ‘Tu sei invitato a festa!’. Il cristiano è quello che è invitato a una festa, alla gioia, alla gioia di essere salvato, alla gioia di essere redento, alla gioia di partecipare la vita con Gesù. Questa è una gioia! Tu sei invitato a festa! Si capisce, una festa è un raduno di persone che parlano, ridono, festeggiano, sono felici. E' un raduno di persone. Io fra le persone normali, mentalmente normali, mai ho visto uno che faccia festa da solo, no? Ma sarebbe un po’ noioso quello! Aprire la bottiglia del vino… Questa non è una festa, è un’altra cosa. Si fa festa con gli altri, si fa festa in famiglia, si fa festa con gli amici, si fa festa con le persone che sono state invitate, come io sono stato invitato. Per essere cristiano ci vuole una appartenenza e si appartiene a questo Corpo, a questa gente che è stata invitata a festa: questa è l’appartenenza cristiana”.
Richiamando la Lettera ai Romani, il Papa ha dunque affermato che questa festa è una “festa di unità”. Ed ha evidenziato che tutti sono invitati, “buoni e cattivi”. E i primi ad essere chiamati sono gli emarginati:
“La Chiesa non è la Chiesa solo per le persone buone. Vogliamo dire chi appartiene alla Chiesa, a questa festa? I peccatori, tutti noi peccatori siamo stati invitati. E qui cosa si fa? Si fa una comunità, che ha doni diversi: uno ha il dono della profezia, l’altro il ministero, qui è un insegnante… Qui è sorta. Tutti hanno una qualità, una virtù. Ma la festa si fa portando questo che ho in comune con tutti… Alla festa si partecipa, si partecipa totalmente. Non si può capire l’esistenza cristiana senza questa partecipazione. E’ una partecipazione di tutti noi. ‘Io vado alla festa, ma mi fermo soltanto al primo salottino, perché devo stare soltanto con tre o quattro che io conosco e gli altri…’. Questo non si può fare nella Chiesa! O tu entri con tutti o tu rimani fuori! Tu non puoi fare una selezione: la Chiesa è per tutti, incominciando per questi che ho detto, i più emarginati. E’ la Chiesa di tutti!”
E’ la “Chiesa degli invitati”, ha aggiunto: “Essere invitati, essere partecipi in una comunità con tutti”. Ma, ha osservato, nella parabola narrata da Gesù leggiamo che gli invitati, uno dopo l’altro, cominciano a trovare scuse per non andare alla festa: “Non accettano l’invito! Dicono di sì, ma fanno di no”. Costoro, è stata la sua riflessione, “sono i cristiani che soltanto si contentano di essere nella lista degli inviti: cristiani elencati”. Ma, ha ammonito, questo “non è sufficiente” perché se non si entra nella festa non si è cristiani. “Tu – ha detto – sarai nell’elenco, ma questo non serve per la tua salvezza! Questa è la Chiesa: entrare in Chiesa è una grazia; entrare in Chiesa è un invito”. E questo diritto, ha aggiunto, “non si può comprare”. “Entrare in Chiesa - ha ribadito - è fare comunità, comunità della Chiesa; entrare nella Chiesa è partecipare a tutto quello che noi abbiamo delle virtù, delle qualità che il Signore ci ha dato, nel servizio l’uno per l’altro”. E ancora: “Entrare nella Chiesa significa essere disponibile a quello che il Signore Gesù ci chiede”. In definitiva, ha constatato, “entrare nella Chiesa è entrare in questo Popolo di Dio, che cammina verso l’eternità”. “Nessuno – ha ammonito - è protagonista nella Chiesa: ma ne abbiamo Uno” che ha fatto tutto. Dio “è il protagonista!” Tutti noi, ha poi affermato, siamo “dietro di Lui e chi non è dietro di Lui, è uno che si scusa” e non va alla festa:
“Il Signore è molto generoso. Il Signore apre tutte le porte. Anche il Signore capisce quello che gli dice: ‘No, Signore, non voglio andare da te!’. Capisce e lo aspetta, perché è misericordioso. Ma al Signore non piace quell’uomo che dice di 'sì' e fa di 'no'; che fa finta di ringraziarlo per tante cose belle, ma nella verità va per la sua strada; che ha delle buone maniere, ma fa la propria volontà e non quella del Signore: quelli che sempre si scusano, quelli che non sanno la gioia, che non sperimentano la gioia dell’appartenenza. Chiediamo al Signore questa grazia: di capire bene quanto bello è essere invitati alla festa, quando bello è essere con tutti e condividere con tutti le proprie qualità, quando bello è stare con Lui e che brutto è giocare fra il 'sì' e il 'no', dire di 'sì' ma accontentarmi soltanto di essere elencato nella lista dei cristiani”.
Tweet del Papa: “Per restare fedeli e coerenti al Vangelo ci vuole coraggio”
◊ “Per restare fedeli e coerenti al Vangelo ci vuole coraggio”: è il tweet lanciato oggi da Papa Francesco sul suo account, in 9 lingue, @Pontifex seguito da oltre 10 milioni di follower.
Sinodo sulla famiglia. Le sfide pastorali al centro del Documento preparatorio
◊ Proporre il Vangelo sulla famiglia nel contesto odierno, segnato da una molteplicità di crisi, risulta quanto mai urgente e necessario. Problematiche e situazioni nuove pongono nuove sfide pastorali. E’ quanto sottolinea il documento preparatorio del Sinodo straordinario incentrato sul tema "Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione", che si terrà in Vaticano dal 5 al 19 ottobre dell'anno prossimo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Oggi la crisi sociale e spirituale diventa “una sfida pastorale” che interpella “la missione evangelizzatrice della Chiesa per la famiglia”. Quello che stiamo vivendo - si legge nel documento - è un tempo in cui si profilano problematiche inedite, fino a pochi anni fa, come la diffusione delle coppie di fatto e le unioni fra persone dello stesso sesso. Ma anche nuove situazioni che richiedono l’attenzione della Chiesa, tra cui il diffondersi di nuove concezioni dell’idea di famiglia, del fenomeno delle “madri surrogate”, della “cultura del non impegno” e della “presupposta instabilità del vincolo” matrimoniale. E, soprattutto, in ambito ecclesiale, l’abbandono della fede “nella sacramentalità del matrimonio”. La Buona Novella – si ricorda nel documento – va proclamata a quanti vivono l’esperienza “umana, personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli”. Nel vincolo indissolubile del matrimonio, “gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità, della maternità e della dignità suprema” di partecipare all’opera creatrice di Dio. E assumono la responsabilità della crescita e dell’educazione di altre persone per il futuro del genere umano.
Il Beato Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio sottolinea che “creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione”. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda inoltre che “l’alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna costituiscono fra loro un’intima comunione di vita e di amore, è stata fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore”. “Promettere un amore che sia per sempre – come si legge nell’enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco – è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata”. Il documento si conclude con una serie di cruciali domande, che interpellano le Chiese particolari sulle sfide pastorali legate alla famiglia.
Presentazione del Sinodo sulla famiglia: nessuna questione importante sarà tralasciata
◊ Questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede la presentazione ai giornalisti della preparazione del prossimo Sinodo sulla famiglia, in programma ad ottobre del 2014. Il servizio di Paolo Ondarza:
La crisi sociale e spirituale del mondo attuale incide sulla vita familiare e crea una vera urgenza pastorale. Ecco perché la convocazione di un’assemblea straordinaria del Sinodo è scelta che “riflette bene la sollecitudine pastorale” di Papa Francesco, commenta il neo segretario generale del Sinodo, mons. Lorenzo Baldisseri. L’itinerario prevede due tappe: nel 2014 l’assemblea sinodale straordinaria per focalizzare la tematica e raccogliere testimonianze e proposte; nel 2015, anno dell’Incontro mondiale delle famiglie a Filadelfia, l’Assemblea Generale Ordinaria per definire le linee operative. Nuove le modalità nella preparazione dell’assise spiega mons. Baldisseri:
“L’idea è quella di rendere l’istituzione sinodale un vero ed efficace strumento di comunione attraverso il quale si esprima e si realizzi la collegialità auspicata dal Vaticano II. Infatti, a questo scopo, è volontà del Santo Padre potenziare anche l’attività della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, perché essa possa adempiere adeguatamente alla sua missione di promuovere la collegialità episcopale cum Petro e sub Petro nel governo della Chiesa”.
Il documento preparatorio del Sinodo inviato ai vescovi di tutto il mondo vuole essere uno strumento di aiuto per la riflessione circa le “problematiche inedite” che si sono presentate negli ultimi anni sul tema della famiglia e sarà diffuso capillarmente nei decanati e nelle parrocchie. Le risposte dei vescovi al questionario annesso, dovranno pervenire entro fine gennaio, quindi il consiglio della segreteria del Sinodo le analizzerà per elaborare l’Instrumentum laboris da trasmettere ai Padri sinodali. Interpellato sulla decisione dei vescovi di Galles e Inghilterra di pubblicare on line il questionario, mons. Baldisseri ha aggiunto:
“Tutto sarà canalizzato attraverso i vescovi e le conferenze episcopali, però liberamente ciascuno può anche inviare un testo come vuole”.
La Dottrina della Chiesa non cambia, resta la base del ragionamento dei vescovi, semmai cambia l’approccio pastorale spiega il relatore generale, card. Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest:
“La famiglia appare come una realtà che discende dalla volontà del Creatore e costituisce una realtà sociale. Non è quindi una mera invenzione della società umana, tanto meno di qualche potere puramente umano, ma piuttosto una realtà naturale che è stata elevata da Cristo Signore nel contesto della grazia divina”.
La Chiesa non è un corpo statico, ma dinamico e deve crescere nella comprensione dunque si mette in ascolto a 360 gradi dei problemi e delle attese che vivono oggi tante famiglie, ha detto il segretario speciale del Sinodo mons. Bruno Forte. Nel contesto della “modernità liquida, in cui nessun valore sembra assodato e in cui la famiglia è contestata o rifiutata, occorre mostrare il carattere profondamente umanizzante della proposta cristiana della famiglia che – ha proseguito – non è mai contro qualcuno, ma sempre a favore della dignità e della bellezza della vita dell’uomo, per il bene dell’intera società”.
“Mettersi in ascolto dei problemi, delle attese che vivono oggi tante famiglie - direi a 360 gradi - senza fare lo struzzo su nessuna questione, senza mettere la testa nella sabbia su nessuna questione, manifestando alle famiglie anzitutto vicinanza e proponendo loro in maniera credibile la Misericordia di Dio e la bellezza del rispondere alla sua chiamata”.
Un sì plebiscitario dal questionario alla comunione per i divorziati risposati o alle unioni gay che peso avrebbe? Questa la risposta di mons. Forte:
“Ciò che noi sappiamo nella Chiesa è che c’è un riferimento ultimo che è il discernimento di Pietro, cioè non bisogna dire che il Signore deve decidere a maggioranza dell’opinione pubblica, ma ignorare che c’è una consistente parte dell’opinione pubblica che ha un’istanza, sarebbe sbagliato. Bisogna rifletterci, pregarci, cercare insieme e il Successore di Pietro con il potere delle chiavi deve darci luce”.
A chi gli ha chiesto se potrà essere questa l’occasione per un dialogo rinnovato tra la Chiesa e gli omosessuali, mons. Forte ribatte:
“Credo che il Santo Padre chieda ai vescovi di tutto il mondo aiuto anche a discernere possibilità di accoglienza, di comprensione nella fedeltà naturalmente alla visione della famiglia dove un uomo e una donna si uniscono e procreano dei figli che è il messaggio fondamentale che la Chiesa dà sulla famiglia. Ma questo non vuol dire in nessun modo discriminare gli altri”.
Infine una domanda a mons. Baldisseri sul documento diffuso nelle scorse settimane dalla Diocesi di Friburgo sull’ammissione dei divorziati ai Sacramenti. Questa la risposta:
“Questa è una presa di posizione personale oppure locale che non corrisponde naturalmente alla prassi e alla dottrina della Chiesa”.
In Vaticano esperti da tutto il mondo per un convegno su malnutrizione e cultura
◊ E’ in corso in Vaticano la Conferenza dal titolo: “Pane e cervello, educazione e povertà”, organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Un importante momento di confronto tra vari esperti provenienti da tutto il mondo, per fare il punto su povertà ed ignoranza, senza tralasciare i frutti delle scoperte scientifiche e delle innovazioni tecnologiche, che possono influire sulla produzione di cibo e sulla lotta alla povertà. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
Malnutrizione e deficit educativi: due facce della stessa medaglia, spesso alla base di piaghe sociali capaci di mettere in ginocchio interi Paesi. Gli esperti chiamati ad animare la Conferenza: “Pane e cervello, educazione e povertà” provengono da tutto il mondo, portando esperienze e studi che tracciano il profilo di sofferenze, ma anche speranze. Sofferenze dettate dalla povertà endemica di certe aree del pianeta, speranze che si muovono sui passi delle scoperte scientifiche e delle innovazioni tecnologiche che aiutano la produzione di cibo e la lotta alla povertà. Un circolo vizioso, questo, che va necessariamente rotto, partendo dai temi centrali della Dottrina sociale della Chiesa, come i diritti e i bisogni umani fondamentali, la dignità umana, la giustizia e la pace e, non ultimo, il dialogo. Il commento di mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze:
R. - Oggi più che mai bisogna combattere la fame e combattere la mancanza di educazione, ma combatterle dall’inizio, sin dai primi anni.
D. - E su questi concetti è intervenuto molto spesso anche Papa Francesco: è un punto centrale del suo Pontificato…
R. - Certamente è un punto centrale del Pontificato di Papa Francesco, ma bisogna dire che noi prendiamo molto anche da Papa Benedetto e da Giovanni Paolo II. Benedetto XVI su questo dice delle cose straordinarie. Dopotutto non può che essere così: perché viene tutto dal Vangelo. E nel Vangelo, Cristo si interessa e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me!”. Questo è il punto: dare ai bambini, sin dall’inizio, il sufficiente alimento, perché possano poi avere il pane della cultura e il pane dell’Eucaristia, il super alimento che dicevano i Padri della Chiesa.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L'invito alla festa non ha prezzo: messa del Papa a Santa Marta.
Cammino collegiale in due tappe: presentato il documento preparatorio della terza assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi.
Il bene dei coniugi oltre le abitudini del tempo: la prolusione del cardinale Giuseppe Versaldi all'inaugurazione dell'anno accademico dello Studio Rotale.
Oltre nove milioni di siriani hanno bisogno di aiuti: l'Onu cerca di definire le prospettive della conferenza di pace.
Quanto è triste la gioventù "empachada": Jorge Milia su come parla Jorge Mario Bergoglio.
Dal canone di Florenskij all'intuizione di Maritain: Rodolfo Balzarotti su arte sacra tra oriente e occidente.
I disastri della rivoluzione sessuale: Lucetta Scaraffia recensisce il nuovo romanzo di Anne Lise Marstrand-Jorgensen.
La prima volta che udii la vera voce di mio figlio: Giulia Galeotti sul romanzo di Valerio Massimo Manfredi "Il mio nome è Nessuno. Il ritorno".
◊ Momenti di tensione stamani all’alba alla nunziatura apostolica di Damasco, in Siria. Un colpo di mortaio ha raggiunto l’edificio, nel quartiere centrale di Malki, non lontano dalla piazza degli Omayyadi. Subito il nunzio apostolico, l’arcivescovo Mario Zenari, si è accertato che non ci fossero feriti: solo danni materiali. Immediata la solidarietà da parte delle autorità siriane. "E' chiaro che c'è preoccupazione: si vive in un luogo di guerra, in una situazione di rischio” in tutto il Paese, ha detto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Ascoltiamo allora la testimonianza dell’arcivescovo Zenari, raggiunto telefonicamente a Damasco da Giada Aquilino:
R. – E’ successa una cosa imprevista, anche se qui tutto può capitare. Stavo proprio alzandomi – erano le 6.35, più o meno – quando ho sentito un grosso botto e mi sono gettato subito a terra, cercando di evitare le finestre perché abbiamo già sperimentato che a volte non cade solo un mortaio, ma ne cadono due, tre. Dopo un po’, mi ha chiamato il mio consigliere, poi anche le suore della nunziatura e mi hanno detto che era caduto un colpo di mortaio, un rocket, sulla sede della nunziatura. Siamo usciti ed abbiamo constatato i danni che, per fortuna, sono limitati: non ci sono feriti. Devo dire che se fosse stato più tardi nella giornata, per esempio anche mezz’ora dopo, quando di solito in questa stagione ancora mite e soleggiata io celebro le Lodi su un piccolo terrazzino proprio lì, vicinissimo a dove è caduto il colpo di mortaio, si può immaginare cosa avrei potuto incontrare. E, come me, gli operai, gli impiegati che vengono verso le 8-8.30: avremmo potuto avere qualche ferito per le schegge o le tegole che sono cadute sopra l’ingresso della nunziatura; diverse tegole, infatti, sono state danneggiate e sono cadute. Quindi, grazie a Dio, non c’è stato alcun ferito, ci sono stati solo danni materiali alla sede della nunziatura, anche abbastanza limitati.
D. – Si è capito da dove potesse venire e da chi era stato sparato questo colpo di mortaio?
R. – E’ difficile dirlo. Qui subito è arrivata la polizia, la gente che vive nel quartiere si è affacciata per guardare. Lasciamo agli esperti dire la potenza di questo mortaio. Mi sembra di aver capito che sia stato abbastanza potente, ma poi chi l’ha tirato, da dove venga naturalmente noi non abbiamo la possibilità di saperlo. Devo dire che, purtroppo, qui queste cose capitano giornalmente: sabato scorso, sul convento dei Padri Francescani ad Aleppo sono caduti due-tre mortai che hanno danneggiato il tetto e per fortuna non hanno fatto vittime, né feriti. Nelle ultime settimane, nella zona della Damasco vecchia, dove abbiamo i quartieri cristiani, sono caduti e con una certa frequenza questi rockets, questi colpi di mortaio. E proprio ieri mi è stato detto che dall’inizio del conflitto ad oggi, sono caduti nel quartiere popolare di Jaramana un numero incredibile come 2.800 mortai. Quindi, siamo tutti nella stessa barca, sia a Damasco sia in altre parti del Paese. E, ancora, devo precisare che attorno alla nunziatura non è la prima volta che cadono questi rockets, questi colpi di mortaio.
D. – Perché colpire i cristiani, ora?
R. – Ma, bisogna vedere. Qualcuno dice: cadono per sbaglio, cadono a caso. Anche qui è difficile: bisogna andare molto adagio. Io posso solo dire che il fatto è che ad esempio un mese fa è caduto un colpo di mortaio proprio nel cortile antistante la cattedrale melkita, due colpi di mortaio in due diverse occasioni sono caduti vicino alla cattedrale maronita, sempre a Damasco; in due occasioni sono caduti dei colpi nella Damasco vecchia, sul convento dei Francescani … Posso solo confermare questi fatti. Poi, che intenzione ci sia dietro, di chi sia, se siano caduti per sbaglio … non saprei dire. E’ difficile, in questo contesto.
D. – Questi accadimenti ricordano molto la storia recente dell’Iraq. L’esperienza dei cristiani dell’Iraq rende più forti quelli siriani o li preoccupa maggiormente?
R. – Direi che in questi ultimi mesi di conflitto è cresciuta la preoccupazione dei cristiani. Nel primo anno di conflitto, i cristiani non si vedevano, erano ancora – se così si può dire – ‘rispettati’. Poi, complicandosi maggiormente di mese in mese, di settimana in settimana, questo conflitto, anche la posizione dei cristiani è divenuta sotto certi aspetti un po’ preoccupante. Soprattutto di recente c’è una certa preoccupazione: per tutti i siriani e direi anche per i cristiani.
D. – Ci sono notizie di padre Paolo Dall’Oglio?
R. – Ci sono voci che corrono, ma è difficile verificarne la consistenza. Siamo sempre a questo punto. Speriamo.
D. – Lei ha voluto rivolgere il suo pensiero a tutti i siriani. Per la crisi in corso da una parte c’è la diplomazia internazionale, che prepara “Ginevra 2”, dall’altra ci sono le autorità di Damasco, che dicono che non andranno al vertice per consegnare il potere, poi dall’altra ancora c’è l’opposizione, che è spaccata. Per dove passa la via della pace in Siria?
R. – Credo che qui la comunità internazionale e le parti in conflitto debbano veramente fare ancora molti più sforzi. Bisogna, veramente. A volte dico: non è tanto una strada in salita, ma mi sembra che in queste condizioni sia quasi una scalata, come arrampicarsi su una parete. Però, bisogna fare di tutto perché la gente sta soffrendo, sta morendo ogni giorno, sta lasciando i propri villaggi, le case distrutte quotidianamente, ci sono rifugiati e sfollati ogni giorno. Credo che non si possa più accettare il fatto che i siriani ormai da tempo aspettano e vogliono la cessazione del conflitto, della violenza e che si arrivi ad una soluzione politica. E credo anche la comunità internazionale. Ma bisogna davvero raddoppiare gli sforzi.
D. – C’è una storia, tra queste dei siriani che stanno soffrendo e stanno abbandonando le loro case per sfuggire alla violenza, che l’ha colpita particolarmente?
R. – Mi colpisce soprattutto la sofferenza dei bambini, di tanti bambini. Se posso dire, io ho avuto questa esperienza alcune volte dei colpi di mortaio, che sono caduti vicino alla nunziatura e, poi, quello di questa mattina. Per la paura che si prova, io ho pensato subito a quanti bambini hanno provato anche di peggio, vedendosi crollare addosso le case, dovendo partire perché la loro casa, il loro villaggio era stato distrutto: il mio pensiero è andato subito a quei piccoli che non c’entrano con questo conflitto e che portano il peso più grande e anche le cicatrici più grandi della crisi. Bisogna fare di tutto affinché possano rimanere sicuri nelle loro case e non debbano più essere spaventati da bombardamenti, da tiri incrociati; e che possano, quelli che sono partiti, ritornare nei loro villaggi e andare a scuola normalmente.
Congo: Kinshasa annuncia la vittoria contro i ribelli dell'M23
◊ Importante svolta politica in Repubblica Democratica del Congo. Stamani il governo di Kinshasa ha proclamato la vittoria totale contro i ribelli del Movimento del 23 marzo, il cosiddetto gruppo M23. Allo stesso tempo i vertici del movimento, che da tempo operava attraverso la lotta armata nella regione del Kivu, hanno annunciato la fine della lotta armata e l’inizio di una fase politica di confronto con il governo congolese. Tuttavia dal terreno arrivano notizie contraddittorie: razzi esplosi ieri dalla ribellione posizionata sulle colline di Chanzu, hanno causato almeno 12 vittime e dieci feriti tra i civili, mentre l'esercito ha lanciato una pesante offensiva contro i miliziani hutu ruandesi nel Congo orientale. Sulla decisiva svolta, Giancarlo La Vella ha intervistato l’africanista, Michele Luppi:
R. - Certamente rappresenta un punto importante; per alcuni addirittura un punto di svolta, però la situazione è ancora molto caotica. Soprattutto la storia recente ci ha dimostrato come gli accordi in Iraq di oggi, possono essere ritenuti “carta straccia” domani. Quindi, c’è ancora molta strada da fare, perché di fatto si arrivi ad un accordo tra i vertici del movimento e il governo congolese.
D. – Può essere considerato un primo passo per poi realizzare un processo di pacificazione anche con la miriade di altri gruppi ribelli?
R. – Nell’Est congolese sono attivi una galassia di movimenti ribelli. Certamente, questo passo può essere importante, perchè quella dell’M23 è stata la principale ribellione di fatto attiva oggi in quella regione. Quindi, riuscire a raggiungere un accordo con questo gruppo è senz’altro importante, soprattutto per arrivare alla pacificazione dell’intera zona del Nord Kivu. Una cosa secondo me importante da sottolineare è che il movimento del 23 marzo aveva anche rivendicazioni politiche; quindi, bisogna capire come il governo di Kabila riuscirà a dialogare con i vertici del movimento.
D. – E’ pensabile a questo punto un reale processo di politicizzazione del movimento M23?
R. – Questo è un nodo importante. Il problema di fondo è che i colloqui si erano arenati su tre punti principali: il primo era la richiesta da parte del movimento dell’M23 dell’amnistia dei suoi combattenti; il secondo era la richiesta di integrazione dei miliziani nell’esercito congolese; il terzo era la partecipazione dei vertici politici dell’M23 alla vita del Paese. Questi sono tre punti ai quali il governo congolese si era sempre opposto. Quello che sarà importante capire ora è quale sarà il ruolo della Comunità internazionale e degli Stati della regione, perché, credo, che la novità più grande sia un cambio anche degli equilibri a livello regionale e internazionale. È impensabile che l’esercito congolese da solo sarebbe riuscito a sconfiggere la ribellione senza un cambiamento nell’area. Negli anni l’M23 ha avuto grossi sostegni da Uganda e Rwanda e il fatto che sia arrivata questa sconfitta è perché forse c’è stato un po’ un cambiamento di strategia da parte di questi attori. Che cosa uscirà da questi nuovi equilibri noi al momento non lo sappiamo; soltanto il tempo ci permetterà di capire quali saranno i nuovi protagonisti e i nuovi equilibri che si muoveranno nell’Est del Congo.
New York al voto per il nuovo sindaco: favorito l’italo-americano De Blasio
◊ I cittadini di New York oggi alle urne per eleggere il nuovo sindaco. Tutti i sondaggi danno per scontata la vittoria dell'italo-americano Bill De Blasio, il candidato che per storia personale e convinzioni appare il più distante dal miliardario sindaco Michael Bloomberg che ha governato per dodici anni di fila la "Grande Mela". Il servizio da New York di Elena Molinari:
Si chiude dopo 11 anni l'era Bloomberg a New York e, con ogni probabilità, il nuovo primo cittadino sarà il democratico italoamericano Bill De Blasio, saldamente in testa con il 65% delle preferenze. Secondo i sondaggi il rivale repubblicano Joe Lotha è fermo al 24%. Nella "Grande Mela" si vuole dunque cambiare direzione: De Blasio si è presentato come il candidato della classe media e lavoratrice e delle minoranze, in contrasto con le politiche liberiste e pro business dell’indipendente Bloomberg. Tra le proposte dell’aspirante sindaco le più apprezzate sono infatti quelle che promuovono più asili, programmi di doposcuola, affitti a canone sotto i livelli di mercato e la conservazione degli ospedali locali esistenti. De Blasio, la cui moglie è afroamericana, ha detto di ispirarsi alla tradizione progressista di Fiorello La Guardia, un amatissimo sindaco di New York e un altro italoamericano. De Blasio intende anche inaugurare una stagione di maggiore collaborazione con le organizzazioni religiose, messe in disparte nell’epoca Bloomberg.
Superiori maggiori italiani a confronto su Concilio Vaticano II e vita religiosa
◊ "Il Concilio Vaticano II e la vita religiosa, fedeltà e rinnovamento: é il tema dell’assemblea generale della Conferenza italiana dei Superiori maggiori, aperta ieri ad Abano Terme, nei pressi di Padova. Fabio Colagrande ha girato al presidente della Cism, padre Luigi Gaetani, l’interrogativo posto da Papa Francesco: "Dopo 50 anni, abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio?
R. - Noi vogliamo proprio stare dentro questo solco indicato dal Papa attraverso questa domanda che diventa una provocazione, ma anche un impegno, perché sicuramente il Concilio è stato applicato solo parzialmente in questi 50 anni. Come era giusto che fosse - per alcuni versi - tenuto conto che non si è trattato di un fatto, ma di un evento: non abbiamo avuto semplicemente una ventata di Spirito Santo, ma realmente lo Spirito Santo è entrato dentro questa realtà che è la Chiesa, l’ha posta in relazione con il mondo. Ha avuto l’ardire e lo Spirito - come sempre, no? - di mettere un po’ sottosopra quello che noi siamo. Credo che il Papa stia dando il suo grande contributo, perché il Papa sta portando i colori e i sapori dell’aria fresca del Concilio Vaticano II, fatta di parole semplici, di gesti calorosi e quindi capacità di leggere i segni dei tempi e dei luoghi per vivere veramente l’essere Chiesa oggi.
D. - Cosa significa, per chi conduce una vita religiosa, cercare di coniugare oggi fedeltà e rinnovamento?
R. - Coniugare fedeltà e rinnovamento significa uscire dalla logica del pendolo, dove la fedeltà si colloca ad un estremo e il rinnovamento si colloca in un altro, ed assumere invece la condizione di quell’interspazio che si dà, molte volte, tra questi due punti estremi. Quindi significa ritornare nella ferialità per guardare la propria vita, a partire da quello che accade ogni giorno e vivere la grazia di Dio qui ed ora.
D. - Per applicare il rinnovamento, soprattutto nella vita religiosa, è importante però applicare il discernimento: discernere i segni dei tempi…
R. - Il discernimento è capacità di lettura, perché senza una capacità di lettura a noi ci sfugge il fatto della storia, dove noi siamo collocati. Ma è anche capacità di vedere: questo vedere non è una osservazione sulle cose. Capacità di vedere è lasciarsi coinvolgere con tutti i sensi. Il Papa dice che dobbiamo vedere non solo guardando, ma anche ascoltando, toccando, entrando cioè in empatia con la realtà, con questo mondo fatto di uomini e di donne, di persone concretissime che incontriamo nel nostro quotidiano. E’ a partire da lì che noi dobbiamo imparare a discernere per poter agire, perché una fede che poi non sia in grado di passare alla storia, di toccare la Carne di Cristo - come ancora ha ribadito Papa Francesco - rischia di essere una fede pensata, ma non vissuta e incarnata. Invece no: la carne è cardine di Salvezza; è la cerniera che lega il divino all’umano, che ci fa da una parte stupire di quello che Dio è, ma anche - come dire - meravigliarci di quello che l’uomo è: immagine di Dio!
◊ “La Chiesa è vicina. La Chiesa è presente”. Il commento dell’arcivescovo di Campobasso, Giancarlo Bregantini, alla notizia dell’accordo raggiunto per evitare il licenziamento di 45 infermieri della Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II, struttura sanitaria inaugurata nel 2002, già appartenuta all’Università Cattolica, specializzata nella cardiochirurgia e l’oncologia. Il servizio di Roberta Gisotti:
Una vicenda umana e professionale che ha coinvolto l’intera comunità ecclesiale e civile molisana, iniziata già nel 2010 a motivo della crisi economica che ha colpito il settore sanitario in massima parte dell’Italia. Soddisfazione per l’intesa tra l’amministrazione e tutto il personale medico e infermieristico che il prossimo anno avrà una ritenuta sullo stipendio, che verrà poi restituita nel 2016. Tra i fautori di una mediazione solidale è stato l’arcivescovo Giancarlo Bregantini:
R. - Abbiamo trepidato molto. Abbiamo creato un coinvolgimento della città in maniera massiccia e inaspettata, segno di una radicata attenzione e di gratitudine che ormai il territorio ha per questa struttura voluta anche da Papa Giovanni Paolo II. C’è stato questo momento di crisi e la manifestazione che abbiamo fatto – anche io sono sceso con loro – non era contro la struttura, ma per la crescita della struttura e la difesa dei posti di lavoro. Questo ha favorito un atteggiamento di simpatia da parte di tutte le forze. È stato un gesto che io temevo non fosse compreso; invece è stato ben capito e appoggiato ed ha permesso un atteggiamento di grande capacità di armonizzazione attraverso tutte le vicende umane.
D. - Ma qual è stato l’elemento che ha fatto sì che l’accordo andasse in porto? Vediamo quante altre mediazioni finiscono invece male …
R. - Innanzitutto la volontà della Fondazione di non voler licenziare. È stata una minaccia più di natura finanziaria, quindi di consapevolezza, di maturità in chi ha diretto. Secondo, la Regione si è coinvolta in pieno fornendo una serie di strumenti che sono stati perfezionati lungo il tempo e migliorati nella loro capacità attuativa. Terzo, la disponibilità del mondo del lavoro, specie degli infermieri ma anche di tutti i medici, a rinunciare a qualcosa con un contratto ben articolato che ha permesso di dire: “risparmiamo su a,b,c ed investiamo sulla qualità, per poter dare un futuro alla struttura”. In questo senso la cittadinanza ci è stata vicina, la Chiesa ha organizzato dei momenti di preghiera, abbiamo dato il nostro appoggio, e va detta anche la verità delle trattative: io sono stato coinvolto dalla direzione, dalla Regione, e l’essermi fatto da ponte anche se talvolta con stupore perché le trattative sindacali sono sempre accese, però alla fine la mediazione del vescovo ha potuto avvicinare di più quasi tutte le sigle sindacali con un’inaspettata capacità collaborativa, che è stata la premessa dell’accordo.
D. - Un modello di trattativa che può essere di esempio ed incoraggiamento in tanti casi analoghi in tempi di crisi economica e ancor più lavorativa per l’Italia?
R. - Io credo di sì. Il grande segreto che mi ha sempre aiutato – io vengo dal mondo del lavoro, dalla realtà sindacale, quindi ho acquisito una lunga esperienza in questo settore – è stata l’intuizione di Papa Giovanni Paolo II, che nella Laborem Exercens dice: ‘Lottare sempre, però mai lottare contro’. Noi non abbiamo davanti dei nemici; abbiamo della realtà di dialettica, cioè di posizioni diverse, ma l’unico cuore che ci unisce è la salvezza del mondo del lavoro. Quando si lotta in genere si trova una soluzione! L’altro elemento è quello di non voler tutto subito, ma di rinunciare a qualcosa oggi per averlo domani o comunque per non perdere tutto. Terzo elemento, la stima reciproca, in modo tale che io non tratto con persone avversarie, ma sedendomi ad un tavolo, anche se le scintille non mancano, ci si accorge che il bene che ci unisce - lo diceva Papa Giovanni - è molto di più delle cose che dividono. In questi momenti faticosi ci sono stati nel mio cuore dei pomeriggi di grande paura, specialmente quando sono sceso in corteo con loro: temevo che la gente non mi capisse, mi prendesse come un avversario. Invece, è stata una forma - potremmo dire - faticosa, ma alla fine positiva, di comprensione di una Chiesa che non si tira indietro, che non sta alla finestra, ma che davanti a certe situazioni, deve per forza prendere delle posizioni, quelle dei più deboli, che sono i lavoratori. Da lì si può ricostruire anche il resto e ripartire per una strada futura.
Nasce il Comitato “Di mamma ce n’è una sola” contro la pratica dell’utero in affitto
◊ Sensibilizzare, denunciare e contrastare il mercato della “maternità surrogata”. Sono queste le finalità del Comitato “Di mamma ce n’è una sola” presentato oggi nella Sala stampa di Montecitorio. Su questa iniziativa e sul mercato globale legato alla pratica dell’utero in affitto, Amedeo Lomonaco ha intervistato la coordinatrice nazionale del Comitato, Olimpia Tarzia:
R. - È una pratica che nel mondo si sta diffondendo sempre di più nella maniera più abominevole. Abbiamo una serie di “centri di guadagno internazionali”; quindi si parla di società, agenzie nate appositamente per questo. Basta andare sul web e cercare le parole chiave e si trova veramente un’infinità di proposte da questo punto di vista. È una realtà che agisce, da una parte, su un desiderio di un figlio, un desiderio legittimo, ma non è un diritto. Dall’altra parte, abbiamo proprio uno sfruttamento, ancora più drammatico: quello delle donne più povere dei Paesi del mondo, soprattutto in India ma poi anche in altri Paesi dove c’è una povertà, in prevalenza al femminile, spaventosa.
D. - È un mercato, questo, in continua espansione …
R. - È un commercio che, tra l’atro, sta crescendo sempre più nei Paesi ex comunisti: Russia, Ucraina, Polonia, Romania … Quindi si sta avvicinando a noi. Non è qualcosa di lontano dalla nostra realtà europea. I cittadini russi e ucraini che ricorrono ad una madre cosiddetta surrogata devono sborsare da 600 mila ad un milione e mezzo di rubli. Si può arrivare fino a 30 – 50 mila euro. É un mercato pauroso! In India, l’industria della maternità surrogata produce un indotto spaventoso: si parla di circa due miliardi di dollari con un migliaio di cliniche, tra l’altro, non regolamentate. Una gravidanza surrogata in India costa dai 10 mila ai 35 mila dollari, contro i 59 mila, anche 80 mila, necessari negli Stati Uniti.
D. – Prospera, dunque, un nuovo colonialismo di tipo biologico che sfrutta donne povere e ricattabili, usate come “incubatrici” …
R. – In un momento storico in cui si parla della tutela della donna attraverso varie leggi, di violenza sulle donne, chi parla di una violenza di questo tipo? Ci troviamo di fronte ad una situazione per cui la donna porta avanti una maternità, che poi non sarà sua. Chi è stata madre, può capire che cosa vuol dire portare dentro di sé un bambino per nove mesi e poi partorirlo. La cosa impressionante è che queste agenzie si sono ovviamente ben attrezzate. Tutte hanno un consulente legale, perché potrebbe accadere che la donna possa eventualmente cambiare idea ad un certo punto, e magari possa dire di volere il bambino. Questo non deve essere possibile chiaramente. Quindi, in questo senso, c’è una tutela dei "genitori committenti".
D. - E si stipulano anche contratti in cui i casi di anomalie o di malformazioni del feto alla madre surrogato viene imposto l’aborto …
R. – Se si intravede, si sospetta una malformazione o un’anomalia del bambino, naturalmente, in questa logica consumistica di mercato, viene considerato “un prodotto difettoso”. Quindi la coppia che ha commissionato questo bambino può dire benissimo: “No, non va bene”, e la donna è costretta ad abortire. Sono situazioni veramente incredibili che, purtroppo, passano nel silenzio e che, però, vedono una grande crescita di un mercato sulla pelle delle donne e poi, naturalmente, dei bambini.
D. - Un mercato, quello delle madri surrogate, che viene in diversi casi ‘sponsorizzato’ anche da star del mondo dello spettacolo che, pur non avendo problemi di infertilità, ricorrono a questa pratica per non subire quello che viene considerato “l’insostenibile e inconciliabile peso di una gravidanza” …
R. – Gli hanno dato una valenza quasi “poetica” i vip molto benestanti, che non si possono "permettere di affrontare" una gravidanza perché si sta lontani dal lavoro e poi c’è una difficoltà a riprendere la propria forma fisica e ci vuole un po’ di tempo … Tutto questo, trovando la soluzione di una donna che si presta a vivere “la fatica della gravidanza” e anche quello che porta con sé, ha aperto questa "moda" tra i vip. Ne abbiamo parecchi che hanno preso questa decisione. Tra l’altro, vorrei aggiungere che è evidente - è sotto gli occhi di tutti - che c’è anche un risvolto da un punto di vista di significato procreativo della coppia. È evidente che se noi consideriamo il bambino un oggetto che io posso acquistare ad un determinato prezzo, andare a cercare il supermercato che magari mi fa lo sconto - perché questa è la cosa spaventosa – trovare le modalità migliori, alla fine acquisto un ‘prodotto’; in questo modo è chiaro che viene a minarsi, alle radici, quello che è il significato antropologico della maternità. E’ la commercializzazione più totale dell’essere umano!
D. - In Italia la legge vieta questa pratica, ma il fenomeno è ugualmente allarmante …
R. - In Italia la normativa vieta questa pratica. Il problema è che, naturalmente, le coppie possono “commissionare un figlio” in un Paese estero e poi hanno la possibilità di riportarlo in Italia. Quindi, in pratica, il percorso è ‘bypassato’ in questo modo.
D. - Il singolo Paese è dunque destinato ad essere schiacciato dalle dinamiche di questo mercato globale. Servono norme internazionali …
R. - Ci vuole assolutamente una cooperazione internazionale, anche perché sappiamo bene che ci sono queste agenzie che, trasversalmente, si muovono da un Paese all’altro. Sappiamo che ci troviamo di fronte ad una grande macchina per fare soldi.
D. - Quali le prospettive e la missione del Comitato “Di mamma ce n’è una sola”?
R. - Ovviamente essendo un Comitato, sarà un organismo nazionale che, però, avrà punti di riferimento in tutte le regioni per creare una rete di sensibilizzazione e per far sì che questo problema non ci capiti tra capo e collo, improvvisamente a livello nazionale, con una proposta di legge rispetto alla quale si è impreparati. Noi vogliamo fare in modo che ci sia una consapevolezza tra le persone, e quindi che ci sia un’azione di sensibilizzazione. Questa è una battaglia in cui noi contiamo di avere tutte le donne impegnate. Non è un fatto di parte, non è un fatto religioso, non è un fatto di una parte politica. È una voce che, come donne, vorremmo dare a tutte le donne che non hanno voce per far sentire i loro diritti.
Fiaccola delle Universiadi: domani la benedizione del Papa all'udienza generale
◊ La fiaccola delle prossime Universiadi, che si terranno in Trentino dall'11 al 21 Dicembre prossimo, avranno un tedoforo d’eccezione: Papa Francesco. Sarà lui, infatti, ad accendere la torcia a fine dell’udienza generale di domani. Da lì comincerà una staffetta che porterà la fiaccola in giro per l’Italia fino all’inizio dei giochi, che coinvolgeranno tutto il Trentino e vedranno protagonisti circa 3000 giovani atleti universitari provenienti da 60 differenti Paesi del mondo. Marina Tomarro ha intervistato Alberto Pacher, vicepresidente facente funzioni della provincia autonoma di Trento:
R. – Le Universiadi sono un grande appuntamento sportivo, in cui migliaia e migliaia di giovani di ogni parte del mondo si ritrovano per gareggiare negli sport invernali. Verranno utilizzate tante parti del Trentino, tante valli conosciute e altre meno. Sarà un’occasione di incontro per i giovani, di sport, di buone pratiche, di relazioni nuove, di amicizia: insomma, è uno di quegli eventi davvero importanti. Ci piaceva davvero molto l’idea che Papa Francesco potesse essere protagonista proprio dell’avvio di questi giochi, perché i giochi partono con l’accensione della fiaccola.
D. – Questa 26.ma edizione delle Universiadi sarà un’edizione ecosostenibile, perché?
R. – Abbiamo stimato che questa edizione produrrà circa 20 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Allora è stato predisposto un piano per recuperare l’equivalente di queste 20 mila tonnellate di anidride carbonica attraverso una riduzione, per esempio, della temperatura ambiente all’interno degli uffici e degli altri edifici pubblici; nel corso dei mesi di dicembre e gennaio verrà attenuata l’illuminazione pubblica nelle ore della notte con traffico scarso; verrà limitato l’orario, per esempio, delle luminarie di natale; verranno potenziati i servizi di trasporto per gli studenti, il car sharing e il car pooling. Tutte quelle forme, quindi, di diminuzione del traffico in modo tale da diminuire complessivamente le emissioni.
D. – Ma chi saranno i protagonisti delle Universiadi?
R. – Saranno migliaia di ragazze e di ragazzi provenienti da ogni parte del mondo, che gareggeranno per questi 10 giorni, animando il Trentino. C’è poi da dire che queste Universiadi saranno anche un evento che vedrà centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze trentine e non che faranno i volontari. Quindi ci sarà spazio per tutti: dagli studenti delle scuole linguistiche per fare da interpreti agli studenti delle scuole alberghiere, agli studenti universitari… Ci sarà anche grande spazio per il volontariato!
Ma sulla sostenibilità di queste universiadi, ascoltiamo Antonio Brunori segretario generale del Pefc Italia, l’Organizzazione non governativa per il sistema di certificazione forestale più diffuso al mondo:
R. – Il Pefc Italia ha fatto un Protocollo d’intesa con il comitato organizzatore delle Universiadi, insieme al Consorzio dei comuni trentini e alla Provincia autonoma di Trento, sottoscrivendo un manifesto della sostenibilità. Questo implica che tutta la manifestazione utilizzerà carta certificata, che le strutture in legno saranno realizzate con legname proveniente dal Trentino e che saranno utilizzate strutture costruite con legno certificato Pefc. Questo è il nostro collaborare attivamente e fattivamente.
D. – Perché è importante l’uso di questo legno?
R. – Un evento sportivo è anche un evento culturale: quindi attrae l’attenzione di centinaia di migliaia di persone e non soltanto gli atleti e i dirigenti, ma chiunque partecipa come spettatore a questi eventi. E evidenziare il fatto che il legno viene da fonti legali e sostenibili, si capisce che è un momento di crescita. Purtroppo la maggior parte del legname che utilizziamo in Europa ha origine incerte. Il Parlamento Europeo ha dato un numero preciso: il 20 per cento del legname è di origine illegale! Allora il dare garanzia di tracciabilità vuol dire premiare chi le cose le fa per bene, dare un valore aggiunto al prodotto che viene da un bosco gestito e tagliato in maniera sostenibile, ma soprattutto che l’ambiente è curato e quindi abbiamo garanzia che verrà perpetuato e protetto.
◊ “Riportare la pastorale della carità alla sua sorgente, per evitare di ridurla ad una specie di attività di assistenza sociale, una pura espressione filantropica o una semplice solidarietà umana”. È questo il compito che spetta oggi ai vescovi e ai delegati responsabili degli interventi caritativi delle Conferenze episcopali in Europa. A dare la “sterzata” è stato il card. Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, che è intervenuto ieri pomeriggio a Trieste con una lunga relazione all’incontro promosso dal Ccee su “Testimoniare la fede attraverso la carità” al quale stanno partecipando una cinquantina di vescovi delegati delle attività caritative delle Chiese in Europa. “Persiste - denuncia il presidente del 'Cor Unum’ - e non solo nel mondo occidentale, una secolarizzazione che tende a svuotare la Chiesa della sua dimensione trascendente. Il resto di questa spoliazione è la riduzione della Chiesa ad un’agenzia etica, che cioè fornisce valori da applicare nella vita, oppure ad agenzia di assistenza umanitaria e sociale che si prende cura dei poveri, soprattutto in quelle situazioni che la mano pubblica non riesce a raggiungere”. Il cardinale chiede di non “sottovalutare” la portata di questo fenomeno, che dà alla Chiesa “un riconoscimento pubblico per ciò che fa”, ma “svuotandola di fatto della sua essenza”. “Ciò non significa - ha detto il card. Sarah - che si prescinde dai dati sociologici, o che non dobbiamo salutare con favore l’accoglienza che è riservata alla nostra azione sociale. Ma tutto ciò va riportato ad una lettura di fede che consente di vedere la Chiesa nella sua integrità”. Un compito dunque imprescindibile devono svolgere al riguardo i vescovi. “In primo luogo - spiega il cardinale -, si tratta di definire correttamente la natura dell’attività caritativa, per non trasformarla in intervento di tipo politico, puramente sociale o umanitario”. “Poi ci dobbiamo porre un quesito fondamentale: quale visione di uomo vogliamo promuovere attraverso la nostra azione caritativa?”. “E se l’uomo è chiamato ad una vita di comunione con Dio attraverso la fede, allora è possibile comprendere che l’azione caritativa deve occupare un posto preminente nel piano di salvezza di Dio per l’uomo, realizzato mediante la nuova evangelizzazione”. “Pertanto - ha concluso il card. Sarah -, la pratica della carità si può paragonare ad una predicazione silenziosa, ma viva ed efficace, una testimonianza del nostro incontro personale ed intimo con Cristo in maniera da far vedere e incontrare Cristo vedendo noi. Per questo, quanti praticano la carità debbono essere testimoni credibili di Cristo”. Dal canto suo il card. Bagnasco nel suo intervento ha detto che “Fede e carità sono unite tra loro da un nesso inscindibile” che impedisce alla fede di diluirsi in una religiosità “fatta di culto ma non di giustizia” e alla carità di ridursi a “pratica o sentimento” o, a dirla secondo l’immagine della Caritas in Veritate, in “un guscio vuoto da riempire arbitrariamente. Tentazione del nostro tempo - ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana - è di vivere la fede in modo individualistico, dimenticando la sua dimensione intrinsecamente ecclesiale. L’opzione per Cristo, associata al rifiuto per la Chiesa, tocca tante persone che, a causa delle esperienze negative che hanno vissuto, o più spesso per il desiderio di una maggiore autonomia, non si sentono parte della comunità dei credenti”. Ma, ha aggiunto, “il ripiegamento nell’individualismo dissocia la fede dalla carità, presumendo che essa possa prescindere dalla comunione fraterna e riducendo inesorabilmente la carità a pratica o sentimento”. Oggi i vescovi e i delegati responsabili delle attività caritative delle Chiese europee riuniti a Trieste sono andati a pranzo alla mensa dei poveri accompagnati dal direttore della Caritas di Trieste, don Roberto Pasetti. (R.P.)
Coree: i cristiani in preghiera per la riconciliazione fra Nord e Sud, nella zona smilitarizzata
◊ Oltre 800 fedeli cristiani di diverse confessioni, partecipanti alla 10.ma Assemblea mondiale del “Consiglio Ecumenico delle Chiese” in corso a Busan (30 ottobre-8 novembre), hanno vissuto ieri un pellegrinaggio per la pace e per la riconciliazione nella penisola coreana. Come appreso dall'agenzia Fides, si sono infatti recati a Imjingak, cittadina al confine tra Sud e Corea, sostando in preghiera e lasciando appelli di pace nella Zona smilitarizzata che divide la penisola. L’iniziativa – riferisce una nota del Consiglio Ecumenico, giunta a Fides – ha segnato la 10.ma Assemblea del Consiglio, dedicata al tema “Dio della vita, portaci alla giustizia e alla pace”, ed è stata pensata in occasione del 60° anniversario della divisione tra le due Coree. La “Zona smilitarizzata” che separa il territorio del Nord e dal Sud dopo l'armistizio, firmato il 27 luglio 1953, a conclusione della guerra. I partecipanti al pellegrinaggio si sono riuniti presso la “Campana della Pace” eretta nel 1972 a Imjingak come segno e auspicio per la futura riunificazione della Corea. La campana è stata suonata da sette persone, in rappresentanza di tutte le regioni del mondo, per lanciare un accorato appello per la pace in Corea. I presenti hanno poi attraversato il “Ponte della Libertà” a Imjingak per vedere da vicino la realtà della divisione. Il ponte è stato messo fuori uso dopo l’armistizio. I partecipanti si sono riuniti sostando in preghiera e cantando inni sotto il ponte, che rappresenta la linea del fronte della divisione. Alcuni giovani hanno posto nastri con messaggi e preghiere per la pace sulla recinzione in ferro lungo la linea di demarcazione militare. Il Segretario generale del Consiglio Ecumenico, rev. Olav Fykse Tveit, ha chiesto di “abbassare la tensione nella penisola coreana”, esprimendo la speranza dei cristiani “per il perseguimento della pace e della riconciliazione”. (R.P.)
Siria: per il parroco greco-cattolico di Raqqa gli islamisti stanno tradendo il vero Islam
◊ L'archimandrita Naaman Rawik, parroco greco cattolico di Raqqa e Tabqa – città della Siria settentrionale in mano dai mesi alle milizie anti-Assad – ha trovato rifugio in Libano dopo che i militanti islamisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) avevano aggredito e danneggiato le sue due parrocchie. Nei giorni scorsi, l'archimandrita Rawik ha rivolto proprio ai miliziani islamisti un messaggio pubblico – reso noto dalla Fraternitè Chrètienne Sarthe-Orient e ricevuto dall'agenzia Fides – in cui stigmatizza i loro atti violenti contro le chiese come contrari alla tradizione islamica. “Voi” riferisce padre Rawik “avete cancellato ogni traccia cristiana, distruggendo le nostre chiese e offendendo i loro santi patroni, impossessandovi delle nostre case e spingendo all'esilio i pastori e i loro parrocchiani. Credete forse voi che Allah, il suo Profeta e i musulmani in generale accetteranno e benediranno i vostri atti? L'Islam - chiede l'archimandrita greco-cattolico - non è forse nella continuità di Abramo, il Padre di tutti i credenti?". Il messaggio di padre Naaman si conclude indicando la patologia islamista come corpo estraneo rispetto alla tradizione di convivenza tra cristiani e musulmani sperimentata in Medio Oriente: “Ritornate ai vostri testi sacri” - scrive l'archimandrita ai militanti islamisti - “apprendete da essi il vero Islam prima che si possa dimostrare con i versetti stessi del Corano che voi siete divenuti estranei al Libro e all'insegnamento di Allah sulla tolleranza, che voi siete ormai estranei ai nostri modi di vivere autenticamente arabi, che siete totalmente stranieri rispetto alle tradizioni nelle quali siamo cresciuti, musulmani e cristiani, in Siria e a Raqqa in particolare”. A Raqqa, alla fine di luglio è stato rapito il gesuita romano Paolo Dall'Oglio. Secondo quanto ricostruito dalla Fides, gli indiziati del rapimento di padre Paolo sarebbero proprio gli affiliati dell'Isil. (R.P.)
Pakistan: accusata di blasfemia, libera con l'aiuto di cristiani e musulmani
◊ Una donna cristiana, accusata a torto di blasfemia da due studenti musulmani che affermavano di averla vista bruciare il Corano, si è salvata dalla pena di morte prevista per questo reato grazie alla collaborazione tra leader musulmani e attivisti cristiani. E’ successo in Pakistan, nella città di Faisalabad, dove la 50enne cristiana vittima delle false accuse si era appena trasferita prima di essere costretta a fuggire nel luogo segreto dove è tuttora nascosta con la sua famiglia, nel timori di ritorsioni. Secondo quanto riferisce l’agenzia di notizie AsiaNews, fondamentali per la risoluzione pacifica del caso sono stati l’intervento di un attivista cristiano e la collaborazione di un leader religioso musulmano, che insieme hanno dimostrato che le pagine bruciate, “non erano del Sacro Corano, ma di un libro di scuola in lingua araba”, finito nella spazzatura durante le pulizie della donna nella nuova casa. Dopo aver raccolto le prove della sua innocenza, l’attivista cristiano di Human Rights Defender Network ha avvicinato il leader islamico, appartenente al Comitato di pace della città, il quale ha offerto la propria collaborazione per analizzare i fatti e scagionare, davanti all'intera città, la famiglia cristiana dalle accuse. L’esperto islamico ha inoltre invitato i musulmani a "valutare bene i fatti", prima di lanciare pesanti accuse perché finiscono solo per "fomentare odio e divisioni". La vicenda presenta molte analogie con il caso, raccontato sempre da Asianews, di Philip Masih e della sua famiglia, incriminati senza motivo e scampati al processo grazie al contributo fondamentale di capi islamici e delle forze di polizia. Anche in quest’occasione la risoluzione pacifica della vicenda aveva impedito un'escalation della tensione, che spesso in passato, partendo da una vicenda di blasfemia, si era trasformata in attacchi contro intere comunità. (C.S.)
Filippine: aiuti Caritas per 21mila sfollati del terremoto a Bohol
◊ La Caritas interviene a sostegno delle vittime del terremoto di magnitudine 7,2 che ha colpito il 15 ottobre scorso le Filippine, con epicentro a due kilometri da Carmen Town, nell’isola di Bohol. Caritas Italiana ha stanziato un primo contributo ed è in costante contatto con Nassa-Caritas Philippine, che si è subito attivata attraverso i due centri diocesani delle diocesi maggiormente colpite, Tagbilaran and Talibon. In coordinamento con le autorità governative ed altre agenzie umanitarie, Caritas sta intervenendo nella distribuzione di ripari temporanei (tende ed oltre 3mila teloni), cibo e beni non alimentari ad oltre 21mila persone nelle municipalità di Maribojoc, Inabanga, Carmen, Danao and Sagbayan, prossime all’epicentro nella provincia di Bohol. Le vittime accertate ad oggi sono circa 186, l’85% concentrato nelle provincia di Bohol, con oltre 580 feriti ed una ventina di dispersi. I governi di Bohol e Cebu hanno dichiarato lo stato di calamità diramando un appello nazionale per assistenza umanitaria. Il numero totale delle persone colpite è circa 3,4 milioni, con oltre 100mila persone sfollate negli oltre 85 campi di evacuazione, e danni rilevanti registrati in 1.285 villaggi. Caritas sta monitorando l’iniziativa di soccorso del governo, in modo da assicurare la corretta distribuzione dell’aiuto umanitario. La Chiesa delle Filippine prevede di lanciare un appello di solidarietà per aiutare la popolazione colpita. (R.P.)
Azerbaigian: il card. Ravasi a Baku per organizzare una mostra di arte azera ai Musei Vaticani
◊ Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, è in visita ufficiale a Baku per organizzare un'esposizione di arte azera ai Musei Vaticani. La delegazione vaticana - riporta l'agenzia AsiaNews - ha incontrato il Presidente del Paese, Ilham Aliyev, che ha conferito al porporato la medaglia dell'Ordine Dostluh ("Amicizia"), una delle più importanti dell'Azerbaigian. Da parte della Santa Sede, il presule ha invece donato al Presidente una medaglia della Sede Vacante e ha lodato la "first lady" Mehriban Aliyeva, capo della Fondazione "Heydar Aliyev", per il suo contributo al rafforzamento delle relazioni fra Vaticano e Azerbaigian. Tra l'altro il capo del Dipartimento dei musulmani del Caucaso, lo sceicco Hadji Allahchukur Pachazadeh, che ieri ha incontrato il card. Ravasi, ha invitato papa Francesco a visitare l'Azerbaigian: "Siamo felici per la sua elezione e vorremmo conoscerlo di persona". Lo sceicco ha detto: "Questo è il mio primo incontro con lei, quindi mi congratulo con voi e con il Vaticano per l'elezione del Papa. Vorrei che venisse a visitare l'Azerbaigian. Il mio è un invito ufficiale, che senza dubbio sarà condiviso anche dal governo". Lo sceicco ha poi espresso il suo desiderio di visitare il Vaticano, e il card. Ravasi lo ha subito accontentato: "Venga, sarebbe molto importante per le relazioni bilaterali tra i nostri Stati". Su una popolazione di circa 10 milioni di persone, l'Azerbaigian è un Paese a maggioranza islamica. I musulmani sono il 93,4% della popolazione (oltre il 60% di confessione sciita), mentre i cristiani sono il 4,6%, per la maggior parte ortodossi russi o armeni. Nel Paese vivono, secondo fonti locali, circa 400 cattolici per la maggior parte stranieri. (R.P.)
Messico: il vescovo di Apatzingan guida una marcia per la pace con migliaia di fedeli
◊ Il vescovo della diocesi messicana di Apatzingán, mons. Miguel Patiño Velazquez, non è stato messo sotto stretta sorveglianza da parte delle forze dell'ordine e dalle forze federali perché bersaglio di un imminente aggressione da parte della criminalità organizzata. Secondo molti media della città di Apatzingan infatti, domenica scorsa, intorno alle ore 22, una quarantina di autovetture della polizia federale sarebbero arrivate alla casa del vescovo, adiacente alla cattedrale, per prelevarlo e trasportarlo in una caserma militare, al fine di sventare una aggressione individuata attraverso le intercettazioni di alcuni telefoni satellitari. La nota inviata all’agenzia Fides da una fonte locale autorevole chiarisce la situazione: mons. Patiño Velazquez non ha alcuna scorta, non ha protezione militare e non la desidera. La realtà è che la popolazione della zona vive in un clima di grande tensione e di paura da tempo, a causa delle violenze delle bande criminali. Il 16 ottobre il vescovo aveva pubblicato una lettera in cui denunciava che la regione della Valle di Apatzingán è stata sottomessa alla criminalità organizzata. “Sono aumentati sequestri, rapimenti, omicidi e tangenti, tanto che intere famiglie sono dovute emigrare per la paura e l’insicurezza in cui stiamo vivendo” aveva scritto il vescovo. Subito dopo la Conferenza episcopale messicana aveva raccolto questo grido di allarme, lanciando un appello per un intervento urgente del governo vista la gravità della situazione nella zona di Michoacan. Nel fine settimana appena trascorso, mons. Patiño Velázquez ha guidato una marcia per la pace organizzata dalla Chiesa cattolica per infondere calma e serenità nella popolazione. "Siamo scesi per strada per riaccendere la speranza di tutta la popolazione. Vogliamo la pace!" ha detto il vescovo insieme ad un gruppo di sacerdoti e religiose cui si sono uniti diverse migliaia di fedeli. Partita da 5 diverse parrocchie della diocesi, la marcia è arrivata alla cattedrale dove è stata celebrata la Messa per la pace nello Stato di Michoacan. (R.P.)
Bolivia: violenza nella zona rurale, bambini impauriti e affamati nascosti in parrocchia
◊ Padre Dioniso Zabala, parroco della parrocchia di Apolo (cittadina di 14.000 abitanti a nord di La Paz) ha riferito alla stampa locale che ci sono ancora dei bambini delle comunità rurali che rimangono in chiesa per timore delle violenze subite in seguito all'intervento della Fuerza de Tarea Conjunta (Ftc). La nota inviata all'agenzia Fides riferisce che padre Zabala si è recato a La Paz per chiedere solidarietà e aiuti in generi alimentari per queste persone. “Ho dovuto portarli dentro la parrocchia e ormai sono lì da diversi giorni, quindi sono alla ricerca di un po' di solidarietà per questi bambini che sono stati tre giorni senza mangiare. Quando sono venuto a La Paz erano 56 bambini, altri stavano arrivando” ha detto padre Zabala, spiegando che il panico si è impadronito delle persone di fronte alla presenza della polizia e dei militari, e impedisce loro di ritornare a casa e che i bambini riprendano la scuola. Il 19 ottobre le truppe delle Ftc sono arrivate a Miraflores e Copacabana per una operazione di eradicazione dell'eccesso di coca. Secondo un primo rapporto del governo, sono caduti in un'imboscata e sono stati uccisi 3 membri delle forze militari e un medico, mentre si contano una trentina di feriti fra la popolazione. Si afferma inoltre che questi eventi sono stati organizzati da persone legate al traffico di droga. Un’altra versione dei fatti, da parte della popolazione, riporta che le forze militari sono andate direttamente nelle case dei coltivatori di coca a malmenare donne e bambini, cosa che ha provocato la reazione degli uomini ed è sfociata nello scontro. Ci sono testimonianze sia da parte della popolazione che dei rappresentanti delle associazioni dei diritti umani sull'intervento violento delle forze militari. In ogni modo la situazione ancora non è stata ancora del tutto chiarita.(R.P.)
Caritas svizzera sul processo di riconciliazione in Rwanda a 20 anni dal genocidio
◊ A quasi 20 anni dal genocidio in Rwanda, il Paese africano non ha ancora compiuto il necessario lavoro sulla memoria e sull'elaborazione di quella immane tragedia, condizione indispensabile per un’autentica pacificazione nazionale. La denuncia viene dalla Caritas svizzera che, in un comunicato diffuso in questi giorni e ripreso dall’Apic, chiama in causa l’attuale dirigenza ruandese, ma anche la comunità internazionale. Secondo l’organizzazione caritativa cattolica, il bilancio del Governo di Kigali guidato dal Presidente Paul Kagame è ambivalente: se da un lato, è riuscito a rimettere in piedi le infrastrutture distrutte durante lo sterminio, dall’altro, esso continua ad imporre con la forza una versione unilaterale del passato, mettendo a tacere tutte le voci dissenzienti. In questa versione le milizie del Fronte Patriottico Ruandese (Fpr) oggi al governo, sono presentate come forze di liberazione che nel 1994 riuscirono a porre fine al genocidio dei tutsi e a liberare il Paese dal dominio degli hutu. Una verità messa in dubbio dagli oppositori di Kagame, che ricordano come anche il Fpr si fosse macchiato di massacri contro la popolazione civile hutu e che quindi il confine tra vittime e carnefici non è così netto come pretende la versione ufficiale. Ed è proprio a questa ricerca di una verità più equilibrata che si è strenuamente opposto sinora il Governo Kagame, ricorrendo anche all’intimidazione. Chiunque oggi osi rimettere in discussione la versione ufficiale sul genocidio del 1994 in Rwanda è punito anche con il carcere e anche l’ergastolo. Il tutto - denuncia la Caritas svizzera – con la complicità della comunità internazionale. In questo contesto – sottolinea il comunicato - è essenziale sostenere le organizzazioni della società civile ruandese impegnate nella promozione della pace e della riconciliazione. E’ quanto sta facendo la stessa Caritas svizzera che da anni sostiene una rete di associazioni locali di vedove e giovani e di organizzazioni religiose e non religiose impegnate su questo fronte. “Un’interpretazione di parte del passato – sottolinea in conclusione il comunicato - rischia di ostacolare una riflessione critica su quanto accaduto soprattutto tra i giovani”. Il genocidio in Rwanda si consumò tra il 6 aprile e il 19 luglio del 1994, sotto gli occhi inerti delle comunità internazionale che lo liquidò come “scontro tribale”. La persecuzione dei tutsi nel Paese si registrava sin dal 1959, ma prese la forma del genocidio nel 1994 dopo l’attentato del 6 aprile in cui perse la vita il Presidente hutu Habyarimana, alla guida di un regime dittatoriale. Il giorno successivo, nella capitale e nelle zone controllate dai governativi, iniziarono i massacri perpetrati per lo più a colpi di machete che hanno causato oltre 800mila morti. (A cura di Lisa Zengarini)
Papua Nuova Guinea: dall’Assemblea generale della Chiesa un nuovo Piano pastorale
◊ Si è aperto oggi, a Madang (in Papua Nuova Guinea) l’Assemblea generale della Chiesa di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone. Come riferito all'agenzia Fides dall’Ufficio comunicazioni della Conferenza episcopale, l’Assemblea, che durerà fino all’11 novembre, ha per tema “Dammi l’acqua della vita”, riprendendo il passo evangelico della Samaritana (Gv 4 ), e ha il compito di elaborare un nuovo Piano pastorale quinquennale. Vi partecipano rappresentanti delle 19 diocesi della Papua Nuova Guinea e delle tre diocesi dalle Salomone. Per offrire una rappresentanza quanto più eterogenea del volto della Chiesa, ogni diocesi invia 6 partecipanti: un vescovo, un sacerdote, un laico e tre donne, fra le quali una religiosa e una giovane, per un totale di circa 130 partecipanti. Come riferisce alla Fides padre Roger Purcell, coordinatore dell’evento, “l’Assemblea sarà un momento di preghiera e di riflessione, di ascolto e di discussione. Ci si concentrerà sulle questioni fondamentali dell’Anno della Fede, sulla Chiesa come ‘comunione’, su temi come l'evangelizzazione, l'inculturazione, la giustizia e la programmazione pastorale”. “L’assemblea – prosegue – darà indicazioni per il futuro della nostra Chiesa, chiamata ad essere un popolo centrato su Cristo e a proclamare la Buona Novella al mondo. Nostro obiettivo è che sia un'esperienza di fede, di comunità e di impegno. Come la Samaritana, chiediamo a Gesù l'acqua della vita per rafforzarci. Ci prepariamo per una nuova era di evangelizzazione, proprio come lei corse al villaggio per raccontare alla gente che aveva incontrato Gesù”. Dall’Assemblea sarà formulato il “Piano pastorale quinquennale” della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone. Il piano sarà presentato ai vescovi nella loro Assemblea generale di maggio 2014, per la definitiva approvazione, e sarà poi consegnato alle singole diocesi. (R.P.)
Sudafrica: parroco brutalmente aggredito a Pretoria
◊ “Non posso credere che qualcuno sia capace di commettere un’azione così crudele ad un sacerdote. È veramente scioccante” ha affermato mons. William Matthew Slattery, arcivescovo di Pretoria, dopo aver visitato al Jacaranda Hospital, dove è ricoverato, padre Craigh Laubscher, parroco della John Fisher Catholic Church di Lynnwood. Domenica scorsa il sacerdote è stato assalito di fronte alla canonica da un uomo, che lo ha ferocemente colpito con un trapano a mano e poi ha cercato di strangolarlo. Credendolo morte, l’assalitore è entrato nell’abitazione parrocchiale, asportando le offerte della questua. Una settimana fa l’uomo aveva chiesto aiuto a padre Craigh che gli aveva donato un po’ di cibo. Padre Craigh è ben voluto e stimato dai parrocchiani che lo apprezzano per la sua disponibilità verso tutti. Padre Chris Townsend, parroco della King Parish Catholic Church a Queenswood, la chiesa dove padre Craigh è stato in precedenza parroco ha dichiarato: “Questo atto di violenza ci preoccupa. Come sacerdote non puoi respingere una persona in difficoltà e questo ci rende vulnerabile a predatori come questo. Dobbiamo fare quello che occorre per aiutare gli altri, costi quel che costi. È una situazione molto difficile. Preghiamo per padre Craigh perché si riprenda presto e le nostre preghiere sono rivolte a tutti i sacerdoti che nel mondo devono affrontare situazioni difficili”. Le condizioni di padre Craigh rimangono critiche anche se sono in via di miglioramento. (R.P.)
I 100 anni della Sophia University, "cuore della Chiesa in Giappone"
◊ La Sophia University "potrebbe essere definita il cuore della Chiesa in Giappone, forse anche da un punto di vista storico. Rappresenta tutto lo sforzo dei cattolici, e in modo particolare della Compagnia di Gesù, per annunciare il Vangelo al Paese del Sol Levante. Uno sforzo che potremmo definire "inculturato", perché passa anche attraverso il concetto di inculturazione: non credo sia un caso che nella chiesa attigua all'università, dedicata a Sant'Ignazio, si celebrino ogni anno tantissimi battesimi". Lo dice all'agenzia AsiaNews padre Mario Bianchin, Superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), in occasione del primo centenario dell'università cattolica. Alle celebrazioni per l'anniversario erano presenti più di 4mila persone: fra questi anche l'imperatore Akihito e l'imperatrice Michiko. Papa Francesco ha inviato come suo rappresentante il cardinale Renato Farina, che ha letto un messaggio del pontefice. Nel testo, Papa Francesco ha sottolineato l'impegno di San Francesco Saverio per l'evangelizzazione del Giappone e la vicinanza del grande santo missionario con i fondatori dell'ateneo, che "ne hanno seguito le orme". In un primo tempo, spiega padre Bianchin, "la Sophia era un seminario teologico dei gesuiti. Nel secondo dopoguerra è cresciuta moltissimo: credo che tutto lo sforzo cattolico, soprattutto della Compagnia di Gesù - che qui in Giappone rappresenta una grande forza nel campo educativo e nella trasmissione del messaggio evangelico e cristiano - possa essere rappresentato proprio dall'università". Anche i genitori cristiani, riprende ancora il missionario, "si sentono obbligati dalle necessità e dalla struttura sociale a preparare i propri figli per la società nipponica e non per la Chiesa. Questo è un valore ritenuto assoluto, che si trova al primo posto. Quindi tutto converge verso la società: la grande sfida è quella di costruire una Chiesa che sia 'di più': la società giapponese ha dei valori bellissimi, ma noi vogliamo spingerla a includere un mondo più vasto rispetto a quello sociale, ovvero il mondo del Vangelo". (R.P.)
India: partita la prima sonda su Marte. Critiche sui costi della missione
◊ Si è staccato dal suolo indiano alle 14.38 di ieri (le 10.08 in Italia) lasciandosi dietro una enorme scia di fuoco. È il razzo Pslv-C25 con a bordo la prima sonda indiana inviata su Marte. La Mars Orbiter Mission (Mom) è partita dalla base aerospaziale di Sriharikota, sulla costa orientale del Paese, e viaggerà nello spazio per circa 300 giorni per raggiungere l’orbita del pianeta rosso nel settembre 2014. Se l’impresa avrà successo, l’agenzia spaziale indiana sarà la quarta al mondo ad aver compiuto una missione su Marte dopo Stati Uniti, Russia ed Europa, superando la concorrenza asiatica di Cina, Giappone e Corea del Sud. In realtà, la sonda cinese Yinghuo 1 aveva raggiunto l’orbita marziana alla fine del 2012, ma aveva potuto farlo solo grazie al traino del veicolo spaziale russo Phobos Grunt, essendo rimasta bloccata nell’orbita terrestre poco dopo la partenza. Il lancio del Mom, in India noto anche come Mangalyaan (“nave marziana”), è stato programmato dagli scienziati nel 2012 per poter usufruire dell’allineamento favorevole tra i due pianeti, che consente di risparmiare carburante durante il viaggio verso Marte. La sonda porta cinque carichi, che serviranno per studiare l’atmosfera e la superficie di Marte. La missione costerà 73 milioni di dollari al governo, criticato da alcuni commentatori per essersi imbarcato in un’impresa così onerosa mentre il Paese ha uno dei livelli più alti di bambini denutriti al mondo. Una critica alla quale i sostenitori hanno replicato affermando che si tratta di un progetto relativamente “economico”, e che lo sviluppo tecnologico a esso legato porterà benefici alla nazione. (A.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 309