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Sommario del 05/03/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • I cardinali scrivono a Benedetto XVI: grazie per il "luminoso ministero petrino"
  • Benedetto XVI: la concordia dei discepoli è condizione perché venga lo Spirito Santo
  • Salvatore Martinez: Benedetto XVI ha ridato il gusto della fede
  • 20.mo del Catechismo: crediamo in un Dio che è "Padre"
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Israele: stallo nella formazione del nuovo governo, attesa per la visita di Obama
  • Sant'Egidio: convegno su Religione e democrazia nel mondo arabo e in Europa
  • Convegno alla Salesiana: “Oltre la crisi: finanza responsabile e solidale“
  • Rogo alla Città della Scienza forse doloso. Il vescovo di Pozzuoli: danno alla cultura italiana
  • Usura: sempre più famiglie nella trappola di slot machine, videopoker e scommesse
  • Gabon: "Emergenza sorrisi" in aiuto dei bambini con malfomazioni facciali
  • Creare città più sostenibili: iniziativa dell'università Lumsa
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Libia: a Bengasi uomini armati assaltano una chiesa copta-ortodossa e aggrediscono due sacerdoti
  • Accra: al Forum politico del Secam appello a una Chiesa più attiva nel continente
  • Madagascar: un morto nella manifestazione contro i presunti assassini di Suor Marie Emmanuel
  • Congo: i vescovi chiedono a tutti il rispetto dell'ordine costituzionale
  • Vescovi vietnamiti: la sovranità appartiene al popolo e non al Partito
  • Indonesia: rapporto sugli attacchi alle minoranze religiose nel 2012
  • Honduras: messaggio dei vescovi per la partecipazione dei cittadini alla vita politica
  • Indonesia: la Chiesa in preghiera per Benedetto XVI ed il nuovo Papa
  • Punjab: Anno della Fede come antidoto a terrorismo e violenza
  • Onu: migliorare il livello di istruzione delle donne nei Paesi in via di sviluppo
  • Spagna: nella Chiesa in aumento ordinazioni sacerdotali e seminaristi
  • Il Papa e la Santa Sede



    I cardinali scrivono a Benedetto XVI: grazie per il "luminoso ministero petrino"

    ◊   Nuova Congregazione generale del collegio cardinalizio stamani in Vaticano, l’unico incontro della giornata per i porporati, e così sarà anche domani. Mentre si attende l’arrivo a Roma degli ultimi cardinali elettori, continua nell’Aula nuova del Sinodo il dibattito in vista dell’apertura del Conclave per l’elezione del Successore di Benedetto XVI. Dai cardinali, il messaggio di gratitudine e riconoscenza a Benedetto XVI. Ne ha parlato padre Federico Lombardi, nel briefing di fine mattinata con i giornalisti in Sala Stampa vaticana. Il servizio di Giancarlo La Vella:

    “I padri cardinali riuniti in Vaticano per le loro Congregazioni generali in vista del prossimo Conclave, Le inviano in coro un devoto saluto con l’espressione della loro rinnovata gratitudine per tutto il Suo luminoso ministero petrino e per l’esempio loro dato di una generosa sollecitudine pastorale per il bene della Chiesa e del mondo. La loro gratitudine vuole rappresentare la riconoscenza di tutta la Chiesa per il suo instancabile lavoro nella vigna del Signore. I membri del Collegio cardinalizio confidano infine nelle Sue preghiere per loro, come per tutta la Santa Chiesa”.

    Con queste parole, ruferite da padre Lombardi, in un telegramma a firma del cardinale decano, Angelo Sodano, il Collegio riunito nell’Aula del Sinodo per la terza Congregazione generale ha dunque voluto esprimere affetto e riconoscenza al Papa emerito. L’incontro odierno dei porporati si è svolto dalle ore 9.30 alla 12.40 e, tra ieri sera e stamani - ha detto padre Lombardi ai giornalisti - sono giunti in Vaticano altri sette cardinali, che hanno giurato, per un totale di 148 porporati, di cui 110 elettori. Ne mancano, quindi, cinque per completare il numero previsto per la celebrazione del Conclave. Diversi e importanti gli argomenti affrontati negli 11 interventi di oggi:

    “Attività della Santa Sede e dei diversi dicasteri e i loro rapporti con gli episcopati, rinnovamento della Chiesa alla luce del Concilio Vaticano II, situazione della Chiesa ed esigenze della nuova evangelizzazione nel mondo, nelle diverse situazioni culturali”.

    Al centro poi della Congregazione odierna anche la lettura di alcuni passi del Motu Proprio di Benedetto XVI e delle modifiche apportate sul tempo e sulla decisione dell’inizio del Conclave, sul quale, ha detto padre Lombardi, non è stata ancora proposta dai cardinali alcuna data:

    “Ritengo prematuro fare una previsione, oggi, di data, e oggi non è stata fatta nessuna votazione. Se domani verrà fatta, non lo so: vedremo; oppure il giorno dopo (…) Ieri, vi avevo accennato che mi sembra, per quella che è un po’ la mia percezione, un tema aperto, cioè la congregazione dei cardinali vuole capire di quanto tempo può aver bisogno per fare la sua adeguata preparazione alla decisione così importante del Conclave. Quindi, senza affrettare le cose. Per questo io non mi sento in nessun modo di fare previsioni, neanche sul giorno in cui venga decisa la data di inizio del Conclave”.

    Alla fine della Congregazione generale di questa mattina è stata annunciata una riunione di preghiera per domani pomeriggio nella Basilica di San Pietro, guidata dal cardinale decano, aperta anche ai fedeli, con lo scopo di richiamare la Chiesa a vivere nella preghiera questo tempo di preparazione ad una decisione così importante come l’elezione del Pontefice.

    Poi, le disposizioni tecniche per l’effettuazione del Conclave. Dalle ore 13 di oggi, la Cappella Sistina è stata chiusa ai visitatori dei Musei vaticani per poter effettuare i lavori necessari allo svolgimento degli scrutini.

    La prossima elezione del nuovo Pontefice sta richiamando sempre più l’attenzione della stampa mondiale. In aumento il numero delle testate che si stanno accreditando: a oggi oltre 5 mila i giornalisti, oltre 1.000 le testate di 65 Nazioni e di 24 lingue diverse.

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    Benedetto XVI: la concordia dei discepoli è condizione perché venga lo Spirito Santo

    ◊   Il collegio cardinalizio che si riunisce in preghiera per invocare lo Spirito Santo: è questa una delle immagini della prima Congregazione generale tra le più emblematiche della fase di transizione che sta vivendo la Chiesa, in vista dell’elezione del nuovo Pontefice. In questi otto anni, Benedetto XVI è tornato più volte a riflettere e sottolineare l’importanza dell’invocazione dello Spirito. Lo ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:

    “La concordia dei discepoli è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della concordia è la preghiera”. Sono parole che sembrano un messaggio di Benedetto XVI alla Chiesa che vive questi giorni così particolari. Invece, sono tratte dalla sua omelia di Pentecoste del 2009. L’immagine dei cardinali in preghiera in Vaticano restituisce quella degli Apostoli nel Cenacolo, dove il protagonista che sta per aprire la nuova stagione della Chiesa è lo Spirito, con il suo vento e il suo fuoco. Due elementi di forza dai quali, ha osservato Benedetto XVI, il cristiano non può prescindere come i polmoni non possono fare a meno dell’ossigeno:

    “Quello che l’aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale”. (Omelia di Pentecoste, 31 maggio 2009)

    Il veleno, spiega Benedetto XVI, sta in quella sempre più accentuata autonomia, anche da Dio, che tanta parte di umanità ha deciso da tempo di rivendicare. Se non che, ha più volte ricordato, la stessa umanità ha pagato un prezzo altissimo quando da coloro nei quali l’anima aveva smesso di funzionare fuoco e il vento sono, sì, scaturiti ma con altri esiti:

    “Com’è diverso questo fuoco da quello delle guerre e delle bombe! Com’è diverso l’incendio di Cristo, propagato dalla Chiesa, rispetto a quelli accesi dai dittatori di ogni epoca, anche del secolo scorso, che lasciano dietro di sé terra bruciata. Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito Santo, è quello del roveto che divampa senza bruciare. E’ una fiamma che arde, ma non distrugge; che, anzi, divampando fa emergere la parte migliore e più vera dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore”. (Omelia di Pentecoste, 23 maggio 2010)

    È la fiamma con cui Cristo ha dato forma alla Chiesa e con la quale gli Apostoli hanno poi incendiato il mondo:

    “Fin dal primo istante, infatti, lo Spirito Santo l’ha creata come la Chiesa di tutti i popoli; essa abbraccia il mondo intero, supera tutte le frontiere di razza, classe, nazione; abbatte tutte le barriere e unisce gli uomini nella professione del Dio uno e trino. Fin dall’inizio la Chiesa è una, cattolica e apostolica: questa è la sua vera natura e come tale deve essere riconosciuta. Essa è santa, non grazie alla capacità dei suoi membri, ma perché Dio stesso, con il suo Spirito, la crea, la purifica e la santifica sempre”. (Omelia di Pentecoste, 12 maggio 2011)

    Mentre all’orizzonte si profila il Conclave e nella Basilica di S. Pietro, a pochi metri dal “cenacolo” dei cardinali, si invoca senza interruzione lo spirito Santo, è bello riascoltare la preghiera che Benedetto XVI innalzò tre anni fa al “Dio sconosciuto”:

    “Vieni, Spirito Santo! Accendi in noi il fuoco del tuo amore! Sappiamo che questa è una preghiera audace, con la quale chiediamo di essere toccati dalla fiamma di Dio; ma sappiamo soprattutto che questa fiamma – e solo essa – ha il potere di salvarci. Non vogliamo, per difendere la nostra vita, perdere quella eterna che Dio ci vuole donare. Abbiamo bisogno del fuoco dello Spirito Santo, perché solo l’Amore redime. Amen”. (Omelia di Pentecoste, 23 maggio 2010)

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    Salvatore Martinez: Benedetto XVI ha ridato il gusto della fede

    ◊   Benedetto XVI ha sottolineato costantemente l’importanza dei carismi nella Chiesa e la bellezza in essa delle mille manifestazioni dello Spirito. In lui e nel suo magistero il laicato, tutti i Movimenti e le nuove realtà ecclesiali si sono sentiti apprezzati e sostenuti. Ne dà testimonianza Salvatore Martinez, presidente nazionale di Rinnovamento nello Spirito e neopresidente della Fondazione “Centro internazionale Famiglia di Nazareth”, voluta da Benedetto XVI e insediata appena lo scorso gennaio. A Salvatore Martinez, Adriana Masotti ha chiesto che cosa in particolare desidera mettere in luce del Pontificato del Papa emerito:

    R. – Benedetto XVI si congeda dalla scena del mondo, ma non dai cuori dei credenti. Se volessi riassumere in una espressione il suo Pontificato: ha ridato il gusto della fede. Una fede credibile, una fede che ci fa guardare al terzo millennio con speranza, perché la fede ancora umanizza e la fede in Gesù Cristo divinizza l’uomo, cioè lo rende capace di una speranza che non delude.

    D. – Che cosa ha rappresentato Benedetto XVI in particolare per il Rinnovamento nello Spirito?

    R. – Io direi, il compimento di ciò che il Concilio Vaticano II aveva illustrato, e cioè a dire che c’è un laicato che vive il Vangelo senza sconti, c’è un laicato che abbrevia il divario tra fede e vita, c’è un laicato che si apre all’irruzione dello Spirito: tutte cose che sono state definite provvidenziali nel tempo della crisi. Già nel libro-intervista con Vittorio Messori, nel 1985, Benedetto XVI – allora cardinale Ratzinger – diceva che bisogna lasciarsi stupire dallo Spirito, e trovava questo meraviglioso. Abbiamo trovato in lui un padre che ci ha accompagnato nella capacità di vedere in quanti modi questo nostro tempo, la Chiesa e il mondo abbiano bisogno di rinnovamento. Ci ha incoraggiati in questo senso e non posso non ricordare l’udienza speciale concessaci alla vigilia dell’ultima Pentecoste celebrata da Benedetto XVI, dove ha voluto segnalare il dono, la grazia, l’attualità del Rinnovamento nello Spirito.

    D. – Lei è stato nominato da Benedetto XVI presidente del “Centro internazionale Famiglia di Nazareth”: una fondazione voluta dal Papa e che si è insediata a metà gennaio…

    R. – Sì: una fondazione vaticana, l’ultima nata e creata proprio nei giorni del Sinodo dedicato alla nuova evangelizzazione. Il Papa pone questo Centro come un segno della nuova evangelizzazione, quindi come un aiuto non soltanto alle famiglie in difficoltà – pensiamo soprattutto al Medio Oriente – ma un aiuto anche ai sistemi economici, ai sistemi legislativi, ai sistemi culturali, perché comprendano il valore della soggettività sociale ed ecclesiale della famiglia.

    D. – Tra alcuni giorni, la Chiesa avrà un nuovo Pontefice. Le comunità del Rinnovamento, come vivono questo momento di attesa?

    R. – Il 28 febbraio, alle ore 20, quando di fatto si è determinata la Sede Vacante, noi abbiamo voluto da subito riempire questo vuoto con preghiere, con intercessioni e con lodi. E così, da quel momento e per quattro settimane ininterrotte fino a Giovedì Santo, abbiamo coinvolto tutte le comunità d’Italia, precisamente 52 diocesi per settimana e 50 differenti comunità al giorno, che ininterrottamente, giorno e notte, adoreranno il Signore, offriranno momenti di preghiera - ma anche momenti di digiuno, di penitenza - per vivere questo tempo di attesa anche noi, in ascolto dello Spirito, e per chiedere che questa effusione dello Spirito riguardi intanto i cardinali riuniti in Conclave, anche in questa fase di preparazione, e speriamo di accompagnare con questo moto di preghiera anche il nuovo Pontefice. Il progetto si denomina “Un muro di fuoco a sostegno della Chiesa”: l’espressione è di Santa Caterina da Siena, e riteniamo che in questo momento davvero la preghiera debba avere tutto il valore che merita e che, più che le nostre parole, debba essere proprio Dio a parlare.

    D. – Non le chiedo di fare previsioni o esprimere simpatie per l’uno o l’altro dei cardinali, le chiedo un auspicio: come si augura sia il nuovo Papa, di che tipo di Papa, secondo lei, ha bisogno oggi la Chiesa?

    R. – Certamente, la mondializzazione e la globalizzazione che gli ultimi Pontefici hanno rappresentato, è un elemento imprescindibile per comprendere il profilo del nuovo Pontefice. Non si può poi certo trascurare la difficoltà che vivono molte Chiese e sono certamente le Chiese che crescono numericamente, le Chiese più povere, si direbbe il Sud del mondo ma anche l’Est del mondo … E a queste realtà, a questi nostri fratelli non si potrà non guardare. E poi, si parla tanto di riforme strutturali nella Chiesa: ma anche qui, Benedetto XVI ci ha detto che la prima riforma strutturale dev’essere quella interiore. Pertanto, un Pontefice che sotto il profilo spirituale sappia davvero interpretare i grandi combattimenti di questo nostro tempo: serve sicuramente un Pastore. Questo riteniamo sia il Pontificato che darà ai cristiani, così come Benedetto XVI ha cercato di fare, la consapevolezza, la coscienza che siamo la prima generazione di cristiani del primo secolo del terzo millennio. Quindi, una responsabilità straordinaria. Ma credo che Benedetto XVI abbia preparato il terreno adeguatamente e abbia indicato quali siano le prerogative e le prospettive primarie del nuovo pontificato.


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    20.mo del Catechismo: crediamo in un Dio che è "Padre"

    ◊   I cristiani possono chiamare Dio "Padre" perché è Gesù che lo ha rivelato loro. Ed è questa paternità a rendere altissima la dignità di ogni essere umano. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica un'ampia riflessione a questo aspetto della fede. Lo sottolinea il religioso gesuita, padre Dariusz Kowalzcyk, nella 17.ma puntata del ciclo dedicato ai 20 anni della pubblicazione del testo:

    “Credo in Dio Padre” – professiamo all’inizio del Credo. Perché chiamare Dio nostro “Padre”? Il Catechismo ci dice che nell’Antico Testamento Dio è chiamato “Padre” in quanto Creatore dell’universo e anche in forza dell’Alleanza costituita da Dio con il popolo d’Israele. La paternità divina viene dunque sperimentata da un lato come origine primaria e trascendente, e dall’altro, come sollecitudine d’amore per gli uomini (cfr. CCC 238-239).

    Prima di tutto però, noi chiamiamo Dio nostro “Padre” perché Gesù ci ha rivelato Dio come Padre: “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). Gesù ci rivela il Dio Padre eterno, ci rivela se stesso come Figlio generato eternamente dal Padre, a poi ci rivela lo Spirito Santo, l’amore eterno in persona tra il Padre e il Figlio.

    Inoltre Gesù ci rivela che la paternità divina nei confronti dell’uomo non consiste soltanto nell’opera della creazione. Essa si esprime innanzitutto nel progetto che diventiamo “partecipi della natura divina” (2 P 1,4). Il padre terreno dà la sua natura umana al figlio. Il Padre eterno ci vuole far partecipi della sua natura divina. Questa è per noi la buona novella. San Paolo afferma che abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi, “e se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo”, chiamati a “partecipare alla sua gloria” (Rm 8,17).

    Il fatto che Dio è Padre non ha niente a che fare con il sesso maschile. Dio Padre non è un maschio. Dio è Dio. Perciò possiamo dire che nella sua paternità c’è anche la sua maternità. Giovanni Paolo II interpretando la parabola del figlio prodigo disse: “Il padre misericordioso della parabola contiene in sé, trascendendoli, tutti i tratti della paternità e della maternità”. Dio eterno è fonte e principio di tutta autentica paternità e maternità che troviamo nel creato.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I cardinali ringraziano Benedetto XVI: messaggio inviato dai porporati riuniti nella terza congregazione generale.

    La radice dell'ottimismo: in prima pagina, Augusto Pessina su Benedetto XVI pellegrino della fede e della ragione.

    Trasparenza di pensiero e di vita: il pontificato di Benedetto XVI nei commenti di alcuni cardinali.

    Nell'informazione internazionale, la crisi siriana al centro delle iniziative diplomatiche.

    Così ricordavano Pio XII i suoi primi successori: in cultura, Marc Lindeijer sul ruolo di Papa Pacelli teologo e pastore.

    Un insieme di novità e fedeltà: Giovanni XXIII e l'ispirazione del concilio nel messaggio dell'arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, Bruno Forte, alla diocesi.

    In seicento per i seicento: Irena Vaisvilaitè, ambasciatore di Lituania presso la Santa Sede, sul pellegrinaggio a Roma dei fedeli della Samogizia.

    Cosa significa allargare i confini della ragione: Marcello Filotei sull'apertura dell'anno accademico all'Università Cattolica del Sacro Cuore.

    La Chiesa in prima linea a difesa delle donne: nell'informazione religiosa, l'appello nello Stato indiano dell'Orissa contro violenze e discriminazioni.

    La croce di Cristo contro la svastica di Hitler: reliquia della beata Maria Restituta nella basilica romana di San Bartolomeo.

    L'annuncio del Vangelo in confessionale: nell'informazione vaticana, il corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica.

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    Oggi in Primo Piano



    Israele: stallo nella formazione del nuovo governo, attesa per la visita di Obama

    ◊   Mentre in Israele il premier Netanyahu ha chiesto al presidente Peres altre due settimane di tempo per formare il nuovo governo, dagli Stati Uniti arrivano le prime dichiarazioni in vista della visita del presidente Obama nella regione a marzo. Secondo indiscrezioni pubblicate oggi dal giornale americano on line The World Tribune e riprese dai media israeliani, Obama ha pronto un piano dettagliato per il ritiro di Israele dalla Cisgiordania. Netanyahu intanto si dice disposto a “compromessi”, ma “mai su temi che riguardino la sicurezza nazionale”. Dello stallo politico in vista del nuovo governo, Fausta Speranza ha parlato con Marcella Emiliani, esperta di questioni mediorientali:

    R. – La coalizione vincente, rappresentata dal Likud e da Yisrael Beiteinu, ha ottenuto solo 31 seggi e per avere una maggioranza ne servono 60, quindi ne ha appena la metà. Però, direi che il problema più pressante è un altro: è che nella politica israeliana si è verificata una spaccatura netta tra partiti che potremmo chiamare, un po’ superficialmente, “moderni”, e partiti invece che sono più legati a pratiche tradizionali, ma soprattutto legati all’ambiente dell’ortodossia e dell’ultraortodossia ebraica. Come partiti “moderni” sulla scena, quello che chiaramente ha avuto un successo strepitoso è “C’è un futuro”, Yesh Atid, di Yair Lapid, un conduttore televisivo che ha avuto 19 seggi. Ma anche, con 11 seggi, c’è “La Casa degli ebrei” di Naftali Bennett, che è un personaggio dell’high tech. Quindi, abbiamo problemi che sono generazionali, problemi di approccio alla politica slegata da temi che ormai la gioventù sente sempre meno. E poi, c’è anche un problema di crisi economica, ma non come nel caso dell’Europa: infatti, noi abbiamo un problema di pil e di tenuta dell’euro. In Israele, invece, c’è un problema di grossi balzi in avanti dal punto di vista del prodotto interno lordo, ma di una sperequazione pazzesca tra chi ha e chi non ha, e chi viene maggiormente penalizzato sono i giovani!

    D. – Che dire delle attese per la prossima visita di Obama in Israele e nella regione?

    R. – Per quello che riguarda Israele, devo dire che sarebbe estremamente imbarazzante per il presidente degli Stati Uniti andare in un Paese che non ha un governo. Quindi, penso che, se per quella data non ci sarà un governo, Obama posporrà questa sua visita. Però, Obama è uno dei motivi per cui Benjamin Netanyahu e il suo Likud, insieme a Yisrael Beiteinu, non hanno stravinto alle elezioni: lo scontro che si è avuto tra Netanyahu e Obama sul problema della ripresa dei colloqui di pace con i palestinesi - con Netanyahu nettamente contrario e Obama invece chiaramente su una linea di ripresa del dialogo - ha provocato un grave isolamento internazionale di Israele che si è poi riflesso anche sul risultato elettorale.

    D. – Netanyahu, in tutto questo, dichiara che sì, può essere disponibile a compromessi ma non se riguardano la sicurezza nazionale: che cosa può significare?

    R. – La parola “sicurezza” in Israele è un totem: qualsiasi cosa è sicurezza. Se per Netanyahu non si può arrivare al tavolo dei negoziati con i palestinesi per questioni di sicurezza, ecco che si blocca qualsiasi processo di pace. Chiaramente, la "linea rossa" di Netanyahu è di non restituire neanche un metro di terra ai palestinesi. Va da sé che non può esserci alcun processo di pace che non contempli anche un minimo di restituzione della terra, perché ricordiamolo – e ricordiamolo sempre – ormai le colonie ebraiche si sono talmente estese in Cisgiordania che la parte virtualmente restituibile ai palestinesi è diventata un piccolo fazzoletto di terra.

    D. – Dunque, che cosa aspettarsi dalla visita di Obama?

    R. – Se Obama si sposta per andare direttamente in Israele, è evidente che gli Stati Uniti intendono far pressione sullo stesso Israele perché in qualche maniera torni al tavolo dei negoziati. Non dimentichiamo che gli Stati Uniti hanno ancora una voce importante nel capitolo nel budget israeliano: quindi, hanno strumenti per poter premere sul governo. Finché Obama non è stato rieletto, doveva tener conto della constituency ebraica negli Stati Uniti. Ma adesso che è alla sua seconda elezione, può osare quello che finora non ha osato.

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    Sant'Egidio: convegno su Religione e democrazia nel mondo arabo e in Europa

    ◊   “Religione e democrazia nel mondo arabo e in Europa”. E’ il titolo dell’incontro organizzato a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio, nel quale è stata proposta un’analisi molto approfondita sulle "primavere arabe", delle istanze che hanno mosso i popoli e della fase post-rivoluzione. Un momento di dialogo e confronto tra diversi esponenti religiosi e dei partiti islamici di Nord Africa e Medio Oriente. Lo ha seguito per noi Salvatore Sabatino:

    IL MOMENTO DEL DIALOGO - La necessità del confronto, del dialogo, per fare chiarezza e comprendere cosa sta accadendo nel bacino mediterraneo. "Il mare della complessità", lo definisce Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio e ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, che punta sulla necessità di evitare qualsiasi tipo di “semplificazione” nell'interpretare un “mondo complesso e fatto di diversità”, anche interna ai singoli Paesi. Come dire, "quello arabo non è affatto un'entita - aggiunge Riccardi - ma piuttosto un mondo fatto di specificità". Ed è da quelle specificità che bisogna partire per guardare al futuro con occhi diversi. Gli stessi che ci indicano la consapevolezza che “non si torna più indietro”. Nell'altra direzione, invece, c'è il pericolo che si alimenti lo scontro di civiltà e l'estraneità, che a loro volta producono paura, incomprensione, diffidenza. Tutti effetti nefasti che si infrangono contro quelle nuove regole del mondo globalizzato, fatto di barriere cadute e interconnessioni planetarie. "Di qui la necessità di insistere su amicizia e conoscenza - chiude Riccardi - parlando il linguaggio dello scambio e della discussione".

    UN PERCORSO DIFFICILE - Seduti allo stesso tavolo ci sono rappresentanti di Tunisia, Egitto, Libano, ma anche di Siria e Iraq. Ognuno porta la propria storia, la propria visione, i propri drammi, le proprie speranze per un futuro che spinga questi Paesi a chiudere nei libri di storia un passato fatto di regimi, dittatori, mancanza di libertà individuali. Il mondo è certamente cambiato, globalizzato e globalizzante, e non può permettersi di viaggiare a doppia, tripla velocità. I cittadini del mondo questo lo sanno ed è per questo che chiedono più democrazia, più rappresentatività, un livello di vita migliore e certamente la possibilità di esprimere le proprie idee in maniera libera. Tutto questo passa attraverso forti instabilità e strade non sempre in discesa.

    TUTTO E' INIZIATO IN TUNISIA - Ma il tempo della democrazia, si sa, non è certo breve. E quello che stanno vivendo questi Paesi non è altro che quel percorso verso la libertà. Lo sottolinea con forza il tunisino Abdelfattah Mourou, tra i fondatori del partito Ennhadha, che parla delle "difficoltà delle rivoluzioni che sradicano le radici di ciò che non va. E ciò che non va deriva da dieci secoli di sottomissione, che hanno plasmato una mentalità" difficile da modificare. Eppure, la Tunisia vuole cambiare: non è un caso che la "primavera araba" sia nata proprio qui, così come qui sia nata la voglia di voltare pagina.

    LA SIRIA NEL SANGUE - Alcuni, però, quella voglia di voltare pagina la stanno pagando con il sangue. E' il caso della Siria, scivolata da due anni in un baratro senza fine: la guerra civile ha già provocato 70 mila morti e distruzione ovunque. Lo sa bene George Sabra, presidente del "Syrian National Council", numero due della coalizione nazionale, che dal convegno di Sant'Egidio lancia un appello carico di speranza. Lui che, cristiano, è stato arrestato più volte dal regime con l'accusa di essere un militante di sinistra e che oggi guarda al post-Assad con la consapevolezza che "tutte le minoranze saranno tutelate". Perche la Siria sarà di tutti e tutti saranno liberi.

    L'IRAQ VUOLE LA PACE - Oggi, l'Iraq s'incammina verso una difficile normalizzazione, scossa quasi quotidianamente da forze oscure, che vorrebbero trascinare il Paese del Golfo verso il passato. "Oggi gustiamo la democrazia dopo il sapore amaro della dittatura - afferma Khadled Al Mullah, dell'Associazione degli Ulema iracheni - che riemerge attraverso criminali vestiti con l'abito dell'Islam". Ma gli iracheni vogliono tutt'altro, "vogliono la vita, la pace e relazioni positive con tutti i Paesi della Terra, dopo decenni di isolamento totale". Anche queste è la forza della democrazia.

    Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, ha aperto i lavori sottolineando che non è possibile fare qualsiasi tipo di “semplificazione” nell'interpretare un “mondo complesso e fatto di diversità”. Salvatore Sabatino lo ha intervistato:

    R. - La semplificazione è un grande limite nelle rappresentazioni dei mondi. Abbiamo avuto la grande semplificazione dello scontro di civiltà: oggi la grande realtà è, invece, la complessità. La complessità che noi dobbiamo rappresentare nel modo più opportuno, io credo, e il Mediterraneo è il mare della complessità, della coabitazione di religioni e di etnie differenti.

    D. - Il mare, come diceva lei, della complessità su cui si affacciano Paesi molto diversi, molto complessi, anche al loro interno: forse, è il caso di non vedere il mondo arabo come un tutt’uno, ognuno ha la propria identità…

    R. - Perfetto. Il mondo arabo è fatto di storie differenti: c’è qualcosa che unisce, ma ci sono molte cose che dividono. Sono storie diverse: la Tunisia è una cosa, l’Egitto è un’altra. Io credo che questi soggetti diversi, nazionali, richiedano una attenzione. Richiedono un atteggiamento di dialogo, ma anche di fermezza nella difesa dei diritti umani, dei diritti delle minoranze. Penso alle minoranze cristiane, penso alle donne… Io credo, che nonostante tutte le enormi difficoltà, oggi la democrazia sia più vicina di dieci anni fa.

    D. - Nonostante tutti questi Paesi siano in cammino…

    R. - Sono in cammino: non si raggiunge mai la democrazia perfetta, ma credo che la democrazia perfetta sia ancora molto lontana. Però “in cammino” è già un fatto positivo. Noi dobbiamo essere presenti, culturalmente, politicamente, come Chiesa e come Paese.

    D. - Non crede che la sponda nord del Mediterraneo si sia tenuta un po’ indietro rispetto a quello che è successo nei Paesi arabi?

    R. - Forse sì, ma abbiamo avuto la nostra crisi, la nostra introversione, la nostra crisi economica.

    D. - C’è anche una crisi di pensiero, che porta a vedere nell’altro solo le differenze?

    R. - Secondo me, c’è una crisi di visione in Europa, una crisi di visione della nostra missione.

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    Convegno alla Salesiana: “Oltre la crisi: finanza responsabile e solidale“

    ◊   “Oltre la crisi: finanza responsabile e solidale” è il tema di un Convegno interdisciplinare ospitato ieri dalla Pontificia Università Salesiana, con la presenza di pesonalità del mondo accademico, dell’impreditoria e dell’informazione. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Mauro Mantovani, decano della Facoltà di Scienza della Comunicazione sociale, che insieme alla Facoltà di Filosofia ha promosso la giornata di studio, all’interno della Settimana culturale delle Scienze umanistiche:

    D. - Prof. Mantovani, filosofia, impresa e giornalismo una triade inedita chiamata a riflettere sulla crisi economica, che forse non è solo crisi di numeri, di segni meno e più davanti ai bilanci di Stati e imprese...
    R. – Sì, al di là di quelli che sono gli aspetti più tecnici della crisi economica e finanziaria, noi crediamo che ci siano da affrontare soprattutto gli elementi fondamentali di carattere antropologico, etico, si potrebbe dire anche metafisico e teologico, proprio per leggere in senso più ampio ciò che sta avvenendo, e poter offrire risposte di più lunga durata e anche di maggiore efficacia.

    D. – Tra gli interrogativi posti all’attenzione dei relatori, vi sono stati "quale finanza è responsabile" e "quale finanza è solidale": che cosa è emerso da dibattito?

    R. – Il Convegno ha voluto partire da un excursus storico-filosofico su come è stato pensato il denaro, la moneta, la finanza e anche porre uno sguardo su altre tradizioni, per esempio quella islamica nella storia. Poi abbiamo cercato – grazie alla presenza di rappresentanti delle istituzioni, dell’imprenditoria italiana, docenti universitari, anche operatori della comunicazione – di rispondere alle domande: “Quale finanza è responsabile, quale è solidale e quali criteri per rendere la finanza responsabile e solidale?”. Ed è emerso certamente il fatto che bisogna puntare su un’educazione basata sui valori del primato della persona in relazione, della solidarietà e sussidiarietà – sono termini che tutti usano, però bisogna approfondirli effettivamente – sul ruolo dell’impresa e della banca, secondo nuovi modelli in cui vi sia una maggiore sobrietà ed essenzialità. Ma si punta anche a una distribuzione più equa delle risorse, sulla trasparenza, sulla presenza e valorizzazione del territorio. Sono tutti aspetti che devono essere promossi e che devono aiutarci a trovare una risposta alle problematiche che stiamo vivendo.

    D. – Ci si è chiesto anche come rispondere alle attese dei cittadini che vogliono partecipare maggiormente alle decisioni economiche e sono stanchi, in qualche modo, di stare alla finestra a guardare gli errori commessi sovente da un’oligarchia di poteri forti, spesso transnazionali?

    R. – Sì. Soprattutto nell’intervento conclusivo di mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, è emerso questo tema, anche a proposito dell’importanza della regolamentazione della finanza anche a livello internazionale. Uno dei temi sui quali si discute è proprio l’importanza, che viene segnalata anche nei documenti del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, di una Autorità a livello mondiale che evidentemente non deve essere un problema per quanto riguarda la responsabilità e la partecipazione a livello regionale – si parlava dell’Europa – o locale, ma deve realizzare effettivamente quanto si dice nella Caritas in Veritate, ossia: entrare nella prospettiva del bene comune a livello internazionale, a livello mondiale. Benedetto XVI parla nella Caritas in Veritate proprio dell’approfondire il senso del nostro essere un’unica famiglia umana: oggi, sembra che venga messo in discussione il fatto che ci sia un bene comune dell’intera famiglia umana. Noi abbiamo voluto ribadire questa importanza del bene comune universale di tutti gli uomini e di ogni uomo, nella promozione della sua dignità.

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    Rogo alla Città della Scienza forse doloso. Il vescovo di Pozzuoli: danno alla cultura italiana

    ◊   Dopo oltre 13 ore di lavoro, i Vigili del fuoco hanno domato l'incendio divampato la scorsa notte a "Città della Scienza", a Napoli. L’area è sotto sequestro, il capoluogo campano è in lutto e un’indagine è aperta per accertare le cause della distruzione di circa 12 mila metri quadrati di questa innovativa struttura nata negli Anni '90 e visitata ogni anno in media da 350 mila persone. E’ “un danno alla cultura di Napoli e dell'intera nazione, afferma il vescovo di Pozzuoli, Gennaro Pascarella, nel cui territorio ricade la struttura. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Non si esclude nessuna ipotesi, tra cui quella dolosa: il fuoco è divampato troppo velocemente, pur in assenza di vento. Forse è stato appiccato da più punti. E’ uno choc per Napoli, secondo le istituzioni e i sindacati; è un duro colpo per la gente di Bagnoli che, sin dal 1987, ha visto crescere, dall’idea del fisico Vittorio Silvestrini, un’impresa titanica: una speranza in un’area da bonificare. Don Salvatore d’Avanzo è parroco a Bagnoli ed è testimone di quanto accaduto:

    “Era l’unico motivo di orgoglio, di vanto: il fiore all’occhiello, ora non c’è più nulla. E’ la fetta di un territorio molto più vasto, che è - appunto - l’ex area Italsider: con la Città della Scienza almeno una porzione del territorio era tornata a vivere, dando lavoro, investendo energie, risorse e speranze. Erano in costruzione anche altri edifici, che facevano parte sempre di questo progetto di ampliamento”.

    Il bilancio è gravissimo: è andato completamente distrutto il museo interattivo con il suo planetario, gli allestimenti, il seducente "Bit", il burattino virtuale, che interagiva con i visitatori, mentre non è stato toccato il polo didattico. Nonostante le lacrime di centinaia di lavoratori ora disoccupati e lo sgomento dei testimoni, la Città della Scienza vuole andare avanti, come sottolinea il direttore Luigi Amodio:

    “La parte di Città della Scienza non toccata dall’incendio di ieri sera continua normalmente le proprie attività, anche oggi. Quindi, tutto il Centro Congressi, l’incubatore di imprese... Inoltre, abbastanza simbolicamente, domani sarà mantenuto l’incontro che avevamo in programma, di un ricercatore di fisica con le scuole. Chiaramente, per quanto riguarda le attività espositive invece è nostra intenzione aprire immediatamente anche un tavolo con le istituzioni, perché vogliamo riprenderle al più presto”.

    Intanto, gli inquirenti sono al lavoro. Il sopralluogo del sindaco è, proprio in questi minuti, nell’area distrutta dal rogo e alle 17 c’è la riunione dell’unità di crisi in Prefettura a Napoli.

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    Usura: sempre più famiglie nella trappola di slot machine, videopoker e scommesse

    ◊   Il 50% dell’usura è riconducibile al "mondo delle scommesse". E’ la denuncia del cartello “Insieme contro l’azzardo” realtà nata in seno alla Consulta nazionale antiusura. Per l’associazione, slot machine, poker on-line, scommesse legali e clandestine stanno impoverendo le famiglie italiane, provate duramente dalla crisi economica. Il cartello punta il dito contro le pubblicità ingannevoli che mostrano vincite facili e diffuse, parla di immoralità costituzionale del gioco d’azzardo e chiede leggi che tutelino le famiglie. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dell’avvocato Attilio Simeone, coordinatore nazionale del cartello “Insieme contro l’azzardo”:

    R. – Secondo i nostri dati, su 10 casi di usura accertata 4,6 sono da ricondurre al gioco d’azzardo. Quando parlo di usura accertata, mi riferisco a procedimenti penali che sono in corso nei confronti degli usurai. Per cui, il fenomeno non può che preoccuparci tantissimo.

    D. – Paradossalmente, in un momento di crisi economica si ricorre di più a queste strategie per tentare di far fronte a difficoltà…

    R. – Certamente. Accade anche che gli utenti siano continuamente tartassati dalla pubblicità, che noi definiamo ingannevole, che induce alle scommesse, a tentare la "dea bendata", che 99,9 volte su 100 però non bussa all’uscio della propria porta. Questo fenomeno è diventato una malattia collettiva, una malattia sociale. Basti pensare che oggi in Italia ci sono un milione e mezzo di giocatori d’azzardo patologici e, per ogni giocatore d’azzardo, ci sono altri 6 soggetti tra familiari, amici, colleghi di lavoro, che soffrono i riflessi negativi del gioco d’azzardo. Quindi ci sono 9 milioni di italiani che sono seriamente coinvolti in questa realtà. Italiani che vivono di un’economia domestica - l’unica che oggi ha la capacità di reggere la crisi economica - seriamente compromessa.

    D. – Un altro aspetto che voi ribadite è quello dell’immoralità, un criterio che è desunto dalla stessa Costituzione?

    R. - La Costituzione quando parla di impresa sottolinea che essa deve avere una sua utilità sociale. Con queste parole, “utilità sociale”, di matrice prettamente cattolica, cristiana, lo Stato italiano, in maniera però del tutto laica, riconosce dignità a quel di tipo di attività. Questo elemento costitutivo invece con il gioco d’azzardo viene seriamente compromesso. La Corte costituzionale, in usa sentenza del 1975, affermò che l’impresa del gioco d’azzardo è priva di utilità sociale, per cui non può essere presa in considerazione dalla nostra Carta costituzionale. Ora, sembra che tutto questo si sia sovvertito.

    D. – Il decreto Balduzzi, nel 2012, per la prima volta, ha avuto il coraggio di scrivere in una legge sul “gioco d’azzardo patologico”. Ma la strada è ancora lunga…

    R. – E’ altrettanto vero che non ha avuto il coraggio fino in fondo di affrontare tutti i temi che sono connessi al gioco d’azzardo. Mi riferisco alla pubblicità, parlo del collegamento con una legge efficace per risolvere il sovraindebitamento delle famiglie… In pratica, secondo la legislazione attuale le famiglie che cadono nell’usura oggi non possono godere di aiuti, perché la norma prevede che i proventi previsti dallo Stato sono a disposizione solo delle imprese vittime del fenomeno. Questa è naturalmente un’aberrazione giuridica, nonché presenta un forte profilo di illegittimità costituzionale dell’articolo 14 della legge 108 del ’96, la legge antiusura, che necessariamente oggi deve essere rivista.

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    Gabon: "Emergenza sorrisi" in aiuto dei bambini con malfomazioni facciali

    ◊   Sono circa 165 mila i bambini che nascono ogni anno nel mondo con malformazioni facciali secondo le stime delle organizzazioni internazionali che operano nel settore. L’Associazione umanitaria “Emergenza sorrisi” organizza da anni, con un team di chirurghi, anestesisti e infermieri, missioni in Paesi in via di sviluppo per far tornare a sorridere i piccoli colpiti da questo problema. L’ultima è stata in Gabon, in Africa centrale, Paese vittima di terribili violenze. Francesca Vitale, anestesista che ha partecipato alla missione, descrive, al microfono di Maria Cristina Montagnaro, quali sono i problemi della popolazione locale:

    R. – Sicuramente, le condizioni igieniche sono scadenti. La scarsità di mezzi economici fa sì che anche l’acceso ai farmaci o a presidi - che per noi ormai sono normali e quasi scontati - lì diventi un lusso. La situazione che abbiamo trovato in Gabon è una classica situazione africana, nel senso che è piena di contraddizioni, con un divario di elevate proporzioni tra la classe abbiente e la classe povera, con una “casta” di persone con notevoli possibilità economiche e la maggioranza della popolazione a cui, invece, mancano le risorse primarie, dal cibo all’assistenza sanitaria.

    D. – Qual è l’incidenza delle malformazioni facciali nei Paesi dell’Africa centrale?

    R. - In termini di percentuali specifiche non so dirlo, però sicuramente è una malattia estremamente diffusa, che ha un’eziologia multifattoriale, che dipende da carenze vitaminiche e nutritive, associate ad alterazioni genetiche. Ma il numero di bambini che nascono con questo tipo di malformazioni è estremamente elevato. Poi, va considerato che i bambini affetti da labiopalatoschisi non solo hanno una problematica di malnutrizione, perché chiaramente non riescono ad alimentarsi in maniera corretta, e per il tipo di cultura che domina in queste regioni sono bambini che vengono relegati ai margini della società.

    D. – Quanti bambini avete operato in quest’ultima missione?

    R. - Nell’ultima missione abbiamo operato 46 pazienti, di cui 40 bambini con un’età compresa tra i 6 e 3 anni, e 6 pazienti invece di età adulta. Oltre alla possibilità che si dà loro di crescere, da un punto di vista fisico, in maniera normale, si dà loro anche la possibilità di essere reintegrati nel tessuto sociale del villaggio e quindi questo intervento ha un doppio beneficio.

    D. – Che cosa deve fare chi voglia sostenere “Emergenza sorrisi”?

    R. - Può documentarsi sull’attività dell’Associazione andando sul sito: www.emergenzasorrisi.it

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    Creare città più sostenibili: iniziativa dell'università Lumsa

    ◊   Creare operatori che possano costruire città più sostenibili dove tutti sono chiamati a migliorare la vita urbana e a salvaguardare l’ambiente. Questo è l’obiettivo del primo master su “Strategie e strumenti per le smart cities”, presentato ieri alla Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa). Il corso che inizierà i primi di aprile, è promosso dalla Lumsa, dalla società Engineering Ingegneria informatica, e dal Centro di ricerca Interuniversitario sull’inquinamento e sull’ambiente “Mauro Felli”. Ma come nasce questo master ? Marina Tomarro lo ha chiesto a Fiammetta Mignella Calvosa, ordinario presso la Lumsa e tra i promotori del corso.

    R. - Questa è proprio una scommessa, che l’università insieme a Engineering sta facendo ed è molto importante: prima di tutto per il metodo che abbiamo adottato, questa sinergia tra il mondo dell’impresa e il mondo dell’università per fornire delle competenze che sono utili proprio a coloro che operano. Se questa esperienza funziona, dovremmo avere la forza e la capacità di replicarla anche in altri settori. Poi è molto importante per i contenuti: quello che si vuole cercare di sviluppare sono delle competenze per una qualità della vita collettiva migliore, senza che questa qualità si traduca in un aggravio per l’ambiente, per il sistema delle relazioni tra l’uomo e la natura.

    Ma cosa sono le Smart Cities? Il commento di Franco Cotana, direttore del Centro nazionale di ricerca sulle biomasse e tra i coordinatori del Master…

    R. - C'è bisogno di città a misura d’uomo, attente anche all’aspetto degli anziani, alla telemedicina, alla socialità in generale, rendendo il tutto più efficiente attraverso l’introduzione di tecnologie Itc - Innovation Communication Technology - che pervadono tutti questi ambiti e rendono questi flussi molto più efficienti e con meno sprechi.

    Sull’importanza di questo Master, la riflessione di Michele Cinaglia, presidente della Società Engineering - Ingegneria informatica…

    R. - Noi lavoriamo nelle Smart Cities e le tecnologie informatiche si applicano ormai ovunque e abbiamo centinaia di persone impegnate. Mettendo a fattor comune, emerge l’opportunità di inserire in una scuola, un certo numero di persone, che vengano appositamente formate su questo tipo di orientamento. Lì possono ricevere una formazione più completa, rispetto alla parcellizzazione che dà l’università.

    D. - Quali saranno le opportunità per coloro che frequenteranno questo Master?

    R. - Noi assumiamo di nostro molti neo-laureati e visto che il Master viene tenuto dentro la nostra scuola è ovvio che quelli bravi verranno assunti.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Libia: a Bengasi uomini armati assaltano una chiesa copta-ortodossa e aggrediscono due sacerdoti

    ◊   La Chiesa copta-ortodossa di Bengasi ancora bersaglio dei miliziani islamici. Lo scorso 3 febbraio un gruppo armato ha attaccato un edificio religioso nella capitale della Cirenaica e tentato di ferire due sacerdoti copti padre Paul Isaac e il suo assistente di cui non è stato reso nota l'identità. La notizia è stata diffusa ieri sera dalla Libyan News Agency, Lana, agenzia di Stampa del nuovo governo libico, ripresa dall'agenzia AsiaNews. In una nota il ministero degli Esteri ha condannato l'assalto e ha espresso "profonda preoccupazione" per la situazione, sottolineando che quanto accaduto è in "contrasto con le regole dell'Islam". Fino ad ora la comunità copta di Bengasi non si è ancora pronunciata sull'accaduto. Interrogata da AsiaNews sui fatti ha optato per un silenzio stampa, temendo nuovi attacchi. Lo scorso dicembre a Dafniya (Misurata) gli estremisti hanno piazzato una bomba nel refettorio della locale chiesa copta, uccidendo due uomini di nazionalità egiziana. Questo è l'ennesimo caso di discriminazione contro i cristiani copti residenti in Libia. Lo scorso 28 febbraio le autorità hanno arrestato nel mercato di Bengasi 48 venditori ambulanti egiziani con l'accusa di proselitismo. Nei giorni scorsi 20 di loro sono stati estradati in Egitto, grazie all'intervento del governo del Cairo. Sempre in febbraio, quattro cittadini stranieri - un egiziano, un sudafricano, un sud coreano e uno svedese con passaporto Usa - sono stati arrestati con l'accusa di diffondere bibbie e altro materiale religioso. Essi sono imprigionati in un carcere di Tripoli, in attesa di processo. Con la caduta di Mummar Gheddafi, ucciso nell'ottobre del 2011, la Libia si è trasformata in una sorta di porto franco per milizie e gruppi islamici radicali, provenienti da ogni angolo del Medio Oriente e del Nord Africa. Il dilagare dell'estremismo islamico sta colpendo anche gli ordini religiosi cattolici presenti da decenni sul territorio libico, impegnati nel lavoro ospedaliero e nella cura degli anziani. A gennaio gli islamisti hanno spinto alla fuga le suore Francescane del Gesù Bambino di Barce e le Orsoline del Sacro Cuore di Gesù di Beida. In ottobre è toccato invece alle suore del convento della Sacra Famiglia di Spoleto di Derna, costrette a lasciare la Libia a causa delle continue minacce degli estremisti islamici, nonostante il parere contrario degli abitanti della città. (R.P.)

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    Accra: al Forum politico del Secam appello a una Chiesa più attiva nel continente

    ◊   Un appello alla Chiesa in Africa affinché giochi un ruolo più attivo e decisionale negli sforzi per affrontare le sfide politiche e socio-economiche del continente: a lanciarlo è mons. Charles Gabriel Palmer-Buckle, arcivescovo di Accra e tesoriere del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar. Il presule è intervenuto ieri, 4 marzo, in apertura del Forum politico del Secam, in programma ad Accra, nel Ghana, fino a venerdì 8 marzo. La Chiesa, ribadisce mons. Palmer-Buckle, deve guardare a sfide globali come democrazia, buona governance, violenze internazionali, sradicamento della povertà, cambiamenti climatici ed altri temi che porteranno l’Africa a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio. In particolare, l’arcivescovo di Accra mette in luce la mancanza di un collegamento-chiave tra la politica e la popolazione per la piena implementazione della promozione dello sviluppo e del rispetto della dignità umana. “Nonostante i 50 anni di indipendenza di molti Paesi africani ed a soli due anni dalla data di scadenza stabilita per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo – continua il presule – sono stati conseguiti ben pochi risultati”. Per questo, mons. Palmer-Buckle auspica che il Forum di Accra offra un’opportunità alla Chiesa per riflettere sullo sviluppo umano integrale e per guardare ad una nuova rinascita del continente. Di qui, la necessità – ribadita dall’arcivescovo – di rivedere l’agenda delle priorità dello sviluppo, pensando al contesto globale. “Il programma del progresso – afferma l’esponente del Secam - dovrà essere basato sul pieno conseguimento dei principali diritti umani universalmente riconosciuti, come le libertà individuali per una democrazia partecipativa, l’uguaglianza tra nazioni ed individui, la solidarietà basata sull’equità e la giustizia sociale, la tolleranza nei confronti della diversità di credo, cultura e lingua, il rispetto della natura per uno sviluppo sostenibile, la condivisione della responsabilità nella gestione dello sviluppo economico e sociale mondiale”. In questo contesto, mons. Palmer-Buckle richiama l’importanza della Dottrina sociale della Chiesa - così come delle Esortazioni apostoliche di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ovvero “Ecclesia in Africa” e “Africae Munus” - e dei valori che esse portano avanti, come la tutela della vita, l’opzione preferenziale per i poveri, il bene comune. Dal suo canto, il segretario generale del Secam, padre François-Xavier Damiba, ha espresso l’auspicio che dal Forum possano emergere misure capaci di rafforzare l’immagine della Chiesa in Africa sia a livello nazionale che continentale. All’evento prendono parte 57 partecipanti provenienti da 30 Paesi africani, insieme ad esponenti del Catholic Relief Service degli Stati Uniti. (I.P.)

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    Madagascar: un morto nella manifestazione contro i presunti assassini di Suor Marie Emmanuel

    ◊   Un morto e 8-9 feriti, di cui tre gravi. È questo il bilancio, ancora provvisorio, degli scontri di oggi a Mandritsara nel nord-est del Madagascar, secondo quanto riferisce all’agenzia Fides don Luca Treglia, direttore di Radio don Bosco di Antananarivo. Gli incidenti si sono verificati nei pressi del carcere dove sono rinchiusi i tre presunti assassini di suor suor Marie Emmanuel Helesbeux, la religiosa francese uccisa il 1° marzo nella località malgascia. “Abbiamo mandato in onda a mezzogiorno, ora del Madagascar, un servizio che era stato registrato 10 minuti prima dal nostro inviato a Mandritsara, e ancora si sentivano in sottofondo le sparatorie” dice don Luca. Una folla di giovani ha cercato di entrare nel carcere per linciare i tre uomini accusati dell’omicidio di suor Emmanuel, che era ben voluta dalla popolazione locale. Le forze dell’ordine hanno reagito sparando pallottole reali sulla folla. “Adesso la rabbia della gente si è indirizzata contro le Forze dell’ordine per aver sparato sulla folla, composta in maggioranza di giovani. In questo momento non è possibile comprendere se gli incidenti siano stati provocati da qualcuno, strumentalizzando la collera popolare per la morte di suor Emmanuel” conclude il sacerdote. (R.P.)

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    Congo: i vescovi chiedono a tutti il rispetto dell'ordine costituzionale

    ◊   I vescovi congolesi si dicono contrari alla revisione dell’articolo 220 della Costituzione che vieta mutamenti della forma dello Stato. In un Memorandum al Presidente della Repubblica, il Comitato permanente della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo (Cenco) afferma che “il rispetto dell’ordine costituzionale deve essere osservato da tutti. È la premessa della coesione e dell’unità nazionale”. L’articolo 220 afferma: “La forma repubblicana dello Stato, il principio del suffragio universale, la forma rappresentativa del governo, il numero e la durata dei mandati del Presidente della Repubblica, l’indipendenza del potere giudiziario, il pluralismo politico e sindacale non possono essere oggetto di nessuna revisione costituzionale”. I vescovi si impegnano a “sensibilizzare la popolazione perché comprenda l’importanza di quest’articolo per la stabilità del Paese”. Il Memorandum sintetizza l’opinione della Cenco sulla situazione politica, economica e sociale del Paese. I vescovi lodano l’iniziativa presa dal Presidente Kabila di avviare un dialogo nazionale “per uscire dalla crisi che scuote il nostro Paese dopo la pubblicazione dei risultati delle elezioni di novembre 2011”, ma lamentano il persistere di gravi problemi che ancora affliggono la popolazione. Sul piano economico, per esempio, non sono stati effettuati sforzi adeguati per metter in valore le enormi risorse naturali del Paese creando industrie di trasformazione e un moderno sistema agricolo. “Di conseguenza - afferma il documento - il grado di povertà della popolazione ha raggiunto proporzioni che ci angosciano e ci preoccupano come Pastori. Nel frattempo continuiamo ad assistere a un’economia predatrice”. I vescovi chiedono inoltre serie riforme del sistema giudiziario, delle forze armate e di polizia, ed un’efficace lotta alla corruzione, anche per garantire la sicurezza dell’est del Paese, minacciato dalla presenza di diversi gruppi armati. (R.P.)

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    Vescovi vietnamiti: la sovranità appartiene al popolo e non al Partito

    ◊   La sovranità appartiene al popolo e non al Partito unico (comunista), che esercita il potere senza vincoli e il cui segretario ha "più poteri" dello stesso presidente o premier del Paese. È quanto afferma il Comitato permanente della Conferenza episcopale del Vietnam, in una riflessione pubblicata dal sito VietCatholic News che ne ha curato la traduzione in inglese. Con coraggio e determinazione - riporta l'agenzia AsiaNews - i prelati puntano il dito contro l'articolo 4 dell'attuale Costituzione, che affida "senza condizioni" la leadership al Partito comunista; la norma è considerata "tabù" nel Paese e ogni tentativo di emendamento o modifica è costata decenni di prigione al promotore. In queste settimane in Vietnam è circolata una petizione on-line per la fine del Partito unico e innovazioni sostanziali, che prevedono anche diritti personali quali la proprietà privata, oltre che il riconoscimento effettivo dei diritti umani. Per i critici si sarebbe trattato di uno "show democratico", sfruttato prima di tutto dai vertici comunisti per incanalare l'insoddisfazione dei cittadini e per contenere il malcontento sociale. E una sorta di "purificazione interna", per risolvere le battaglie intestine al partito e i vari conflitti di interesse. I prelati mostrano di affrontare con estrema serietà il capitolo riguardante possibili modifiche alla Costituzione, all'interno della quale affondano e proliferano i mali endemici della società vietnamita. Il primo punto riguarda l'articolo 4, del quale ne chiedono la cancellazione immediata perché fonte di abusi, vessazioni e carcerazioni arbitrarie. "Per rispettare la sovranità del popolo - afferma il Comitato permanente dei vescovi vietnamiti - la Costituzione non può e non deve prevedere in modo categorico la leadership di alcun partito politico, perché il soggetto dell'autorità politica è il popolo stesso". E gli eletti all'Assemblea, aggiungono i prelati, devono assumersi "la responsabilità di quanto fanno davanti al popolo". L'articolo 4 è il primo punto dal quale partire per introdurre un vero cambiamento, altrimenti anche l'eventuale introduzione della libertà di parola (articolo 26 nella bozza di revisione), di creatività artistica (articolo 43) e di religione (25) vengono a decadere o sono, di fatto, inapplicabili. Infine, va rivisto il rapporto fra le alte cariche dello Stato - su tutti il presidente e il premier - e il segretario generale del Partito comunista che, in realtà, è il vero centro del potere. La riflessione dei prelati viene apprezzata anche all'estero, fra i vietamiti della diaspora. Padre Paul Van Chi, sacerdote dell'arcidiocesi di Sydney, in Australia, ringrazia "i vescovi vietnamiti per la loro autentica e credibile testimonianza di fede e di coraggio, volta a difendere i diritti del popolo del Vietnam. (R.P.)

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    Indonesia: rapporto sugli attacchi alle minoranze religiose nel 2012

    ◊   Il governo indonesiano non riesce a proteggere le minoranze religiose di fronte al crescere dell’intolleranza religiosa e della violenza, che ha prodotto 264 attacchi nel 2012: lo afferma un nuovo Rapporto pubblicato dall’Ong “Human Rights Watch” (HRrw), dal titolo “Nel nome della religione”, di 107 pagine, e inviato all’agenzia Fides. Il rapporto invita il presidente Susilo Bambang Yudhoyono ad adottare una politica di “tolleranza zero” verso i ripetuti attacchi contro le minoranze religiose che stanno avvelenando la società. Bande islamiche attaccano chiese cristiane e anche “sette deviate”, mentre il governo indonesiano, la polizia e i militari “assistono passivamente” e, a volte, “partecipano attivamente” difendendo i nuovi gruppi estremisti, denuncia Hrw. Il rapporto documenta “il fallimento del governo”, che porta i gruppi militanti a diventare sempre più aggressivi, perché impuniti. A farne le spese sono comunità ahmadiy (considerati musulmani eretici), cristiani e comunità islamiche sciite. Secondo un monitoraggio compiuto dall’Ong in 10 province, nel 2012 si sono verificati 264 episodi di violenza contro le minoranze religiose. Nella maggior parte degli attacchi, esecutori e mandanti sono rimasti impuniti. In due casi, i funzionari locali si sono rifiutati di applicare e far rispettare le decisioni della Corte Suprema, che garantiva alle minoranze il diritto di costruire luoghi di culto, mentre perfino il Ministro per gli Affari religiosi, Suryadharma Ali – nota il testo – ha rilasciato “dichiarazioni discriminatorie”. Secondo Hrw, “Yudhoyono dovrebbe insistere sul far perseguire ogni attacco violento contro le minoranze, mentre ha mostrato una sostanziale indifferenza”. In più, funzionari governativi e forze di sicurezza indonesiane hanno spesso facilitato vessazioni e intimidazioni di gruppi di militanti verso le minoranze. Fra i gruppi estremisti più attivi, si segnalano il “Forum Umat Islam” (“Forum del popolo islamico”) e il “Front Pembela Islam” (“Fronte dei Difensori dell’Islam”): questi sposano una interpretazione dell'Islam sunnita che definisce i non-musulmani come “infedeli” e “blasfemi”. Da tale contesto deriva una grave erosione della libertà religiosa per i cristiani e le altre minoranze. Tale erosione viene giustificata e avallata – è l’aspetto peggiore, giudica il Rapporto inviato a Fides – anche da istituzioni pubbliche come il Ministero degli Affari Religiosi, il Consiglio per il monitoraggio delle credenze nella società (sotto l’egida del Procuratore generale), il Consiglio degli Ulema, riconosciuto dallo Stato, che hanno usato la loro autorità per penalizzare le minoranze religiose. (R.P.)

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    Honduras: messaggio dei vescovi per la partecipazione dei cittadini alla vita politica

    ◊   La Conferenza episcopale dell'Honduras ha lanciato un appello a lavorare per la riconciliazione e a "superare le divisioni e i conflitti che ci indeboliscono contro i nostri veri nemici: la corruzione, l'ingiustizia, gli inganni, l’abuso di potere, la disuguaglianza, l'impunità, le incomprensioni, l'emarginazione, l'impoverimento e tutto ciò che avremmo potuto vincere se avessimo vissuto insieme e riconciliati". Così si legge nel comunicato finale pubblicato al termine dell'Assemblea ordinaria dei vescovi. Mentre il Paese si appresta alle elezioni presidenziali, i vescovi hanno rilanciano l’appello a una responsabile partecipazione dei cittadini al processo elettorale. “La partecipazione dei cittadini alla vita politica è la forza che aiuta a liberare il popolo dalla schiavitù causata dalla violenza, dalla crisi economica, dalla disoccupazione, dall'aumento incontrollato del prezzo dei generi alimentari e dei beni di consumo primario” afferma il testo. Il documento è stato pubblicato il 15 febbraio scorso ma viene citato continuamente dai media locali in preparazione delle elezioni presidenziali del 10 novembre. (R.P.)

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    Indonesia: la Chiesa in preghiera per Benedetto XVI ed il nuovo Papa

    ◊   I cattolici indonesiani pregano per il Papa emerito e il conclave, chiamato a eleggere il nuovo pontefice alla guida della Chiesa universale dopo la rinuncia di Benedetto XVI, che il 28 febbraio scorso ha lasciato il mandato. Per il futuro, i fedeli chiedono in particolare "la nomina di un nuovo cardinale" che possa rappresentare i cattolici di tutto l'arcipelago, dopo la rinuncia a partecipare al conclave fatta per motivi di salute dall'unico porporato. Pur essendo infatti un'esigua minoranza, solo il 3% del totale pari a 7 milioni di abitanti nel Paese musulmano più popoloso al mondo, la Chiesa indonesiana è viva e attenta nel compito di annuncio, nel dialogo interreligioso e nell'assistenza di poveri e malati. L'arcidiocesi di Semarang, provincia di Central Java, ha promosso due diversi incontri di preghiera: il primo per il Papa emerito Benedetto XVI; il secondo per il "bene" della Chiesa universale, vicina ai padri cardinali nella scelta del nuovo vescovo di Roma. I fedeli hanno risposto in massa al duplice appuntamento, affollando le chiese e luoghi di culto. Interpellato dall'agenzia AsiaNews padre Ignatius Sukawalyana, capo della Commissione liturgica dell'arcidiocesi, conferma il sentimento di vicinanza in questo momento storico particolare; l'auspicio è che venga scelta "la figura migliore", che dovrà assumersi la responsabilità del futuro pontificato. In molti si adoperano inoltre per spiegare - anche attraverso internet e i social media - alle decine di migliaia di fedeli gli aspetti tecnici della "sede vacante" e i "i riti del passaggio" che porterà alla proclamazione del prossimo Papa. (R.P.)

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    Punjab: Anno della Fede come antidoto a terrorismo e violenza

    ◊   Riscoprire e rinnovare la propria fede, approfondire il catechismo, impegnarsi per la nuova evangelizzazione rappresenta un antidoto alla diffusione della violenza settaria nella provincia del Punjab, la più importante del Pakistan: è quanto è emerso da un incontro sull’Anno della Fede, promosso nei giorni scorsi a Lahore da mons. Sebastian Francis Shaw , amministratore apostolico di Lahore. Come riferito all'agenza Fides, il vescovo, con i rappresentanti di clero, religiosi e laici dell’arcidiocesi, ha parlato di “approccio positivo di evangelizzazione, che può far comprendere e apprezzare nella società l'insegnamento della Chiesa”. Come racconta a Fides padre Bernard Inayat, fra i sacerdoti presenti, l’incontro era incentrato sulle celebrazioni in occasioni dell'Anno della Fede, dichiarato da Benedetto XVI. Padre Bernard Inayat, segretario della Commissione catechistica dell'arcidiocesi di Lahore, ha rimarcato che la formazione permanente dei catechisti prosegue in tutte le parrocchie. Inoltre i catechisti, soprattutto laici, si fanno a loro volta promotori di incontri e celebrazioni di preghiera nelle rispettive comunità, con l’intento di promuovere valori di pace e armonia e di disinnescare odio e violenza che gruppi terroristi seminano nella società. Il frate cappuccino padre Francesco Sabar ha riferito di incontri e iniziative in villaggi e città per i bambini delle scuole, mentre il domenicano padre Yaqoob Farooq ha parlato di seminari organizzati sul “Credo” nel distretto di Sheikupura. Padre Younas Hussain, dall’area di Sialkot, ha rimarcato che la condivisione della fede contribuisce a rafforzare i fedeli nei rapporti sociali. Notevoli alcune iniziative organizzate dall’Organizzazione delle Donne cattoliche, centrate sulla dignità della donna. Padre Ashraf Gill ha parlato, in particolare, della missione che va avanti fra i popoli tribali, mentre le Missionarie della Carità a Lahore hanno attivato una donazione di sangue, per malati e ospedali, che ha coinvolto numerosi giovani del territorio. (R.P.)

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    Onu: migliorare il livello di istruzione delle donne nei Paesi in via di sviluppo

    ◊   Alla vigilia della Giornata internazionale della donna, le Nazioni Unite invitano “i governi ad adottare strategie per migliorare il livello di istruzione delle donne nei Paesi in via di sviluppo per ridurre così anche i problemi di mal nutrizione e povertà”. È quanto emerge da un rapporto presentato al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra. “L’agricoltura familiare è diventata ormai a gestione femminile, in quanto sempre più spesso gli uomini si allontanano dalla fattoria in cerca di lavoro, ma non sempre le donne hanno gli strumenti e le conoscenze per sostenere queste responsabilità” ha spiegato Olivier De Schutter, relatore speciale sul diritto all’alimentazione delle Nazioni Unite. Quest’ultimo ha anche rilevato la necessità di “rimuovere immediatamente tutte le leggi e pratiche discriminatorie che impediscono alle donne di accedere alle risorse agricole” e di “fornire adeguati servizi pubblici quali l’assistenza all’infanzia, acqua corrente ed elettricità”. Prendersi cura dei bambini e andare a prendere l’acqua può costituire, infatti, “l’equivalente del 15% del prodotto interno lordo in Paesi a medio reddito, e fino al 35% nei Paesi a basso reddito” ha rilevato De Schutter. Tra il 1970 e 1995, infine – riferisce l’agenzia Sir - il 55% della riduzione della fame può essere attribuito al miglioramento della situazione delle donne nella società, ecco perché “il diritto allo studio è una questione vitale” ha concluso l’esperto. (R.P.)

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    Spagna: nella Chiesa in aumento ordinazioni sacerdotali e seminaristi

    ◊   In controcorrente con altre nazioni europee, la Chiesa spagnola ha registrato un aumento dei seminaristi del 2,3% con rispetto all’anno scorso. Ogni anno, in prossimità della Giornata del Seminario, che si celebra il 19 marzo, festa di San Giuseppe, la Conferenza episcopale spagnola presenta un rapporto sulla situazione di questi Centri di formazione a livello nazionale. La nota dell’episcopato segnala una crescita continua di vocazioni: tra il 2011 e il 2012 i seminaristi sono passati da 1227 a 1278 iscritti, mentre nel corso del 2012-2013 sono arrivati a 1307 presenze. Inoltre, s’indica che quest’anno è aumentato di un 6,5% il numero d’iscritti ai seminari maggiori. Il comunicato precisa anche che il numero di seminaristi ordinati sono 133, il che equivale a un 9% in più dell’anno scorso. Le diocesi spagnole celebrano la Giornata del Seminario ogni anno dal 1935, quando fu istituita proprio come una campagna di sensibilizzazione sull’importanza di suscitare vocazioni sacerdotali. Quest’anno il tema della giornata è: “So di chi mi sono fidato” e nel manifesto è rappresentata l’immagine di Gesù che presiede il trittico della cappella della Successione Apostolica nella sede della Conferenza episcopale spagnola. L'idea della Giornata è ricordare ai giovani che seguire Gesù, come sacerdoti, non toglie nulla e in cambio offre una vita appassionante, piena di libertà e pienezza, non solo per la propria vita ma per quella degli altri. Per la celebrazione della Giornata del Seminario i vescovi hanno voluto evidenziare gli anniversari ecclesiali del 2013, come l’Anno della Fede, il 50° Anniversario del Concilio Vaticano II, il 20° della pubblicazione del Catechismo, il recente Dottorato di san Giovanni D’Avila e il recente Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione. (A cura di Alina Tufani)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 64

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