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Sommario del 28/05/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: non si segue Gesù per fare carriera, la sua via è quella della Croce
  • Tweet del Papa: giovani, la Chiesa si aspetta molto da voi: coraggio e puntate in alto
  • Nomine episcopali di Papa Francesco in Italia e Messico
  • Don Ciotti: il Papa sulla mafia scuote le coscienze. Non basta pentirsi, bisogna convertirsi
  • Card. Sandri in Libano:"Porto il messaggio di amore, pace e speranza del Papa"
  • Mons. Tomasi all’Onu: ogni anno uccisi oltre 100 mila cristiani, basta persecuzioni
  • Mons Toso: aumentano gli atti di intolleranza anticristiana nell'area Ocse
  • Mons. Fisichella: Adorazione eucaristica in contemporanea mondiale evento storico
  • 20.mo del Catechismo: Gesù scese agli inferi non per liberare i dannati ma per salvare i giusti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • L'Ue rinnova le sanzioni contro il regime siriano e dice sì alla fornitura di armi ai ribelli, ma solo dopo agosto
  • L’Unione Africana annuncia: ci sarà forza di pronto intervento continentale
  • Centrafrica: attacchi dei ribelli alle comunità cristiane
  • Europa: cala l'uso di stupefacenti, ma in 85 milioni ne hanno fatto uso nel 2011
  • Calabria, funerali di Fabiana. Don Rigoldi: educare i giovani al rispetto reciproco
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Gregorios III: "Il futuro della Siria non si può costruire con la distruzione"
  • Siria. Appello della Chiesa siro-ortodossa: “Fate di più per liberare i nostri vescovi”
  • Nell'Adorazione eucaristica mondiale con il Papa si pregherà per la pace tra le due Coree
  • I vescovi della Costa d'Avorio: “Nessuna società si può costruire sull’esclusione”
  • Iran: chiusa dalla polizia una chiesa che celebrava liturgie in persiano
  • Vesak a Saigon: buddisti e cattolici uniti per la pace e l’amicizia
  • Bolivia: il saluto del card. Terrazas alla sua diocesi
  • Sud Sudan: ancora diffusa la pratica dei matrimoni precoci
  • Gli emigranti del Maghreb sono vittime e non causa della crisi europea
  • Aperta Causa di Beatificazione di due sacerdoti uccisi dai nazisti
  • L'architettura sacra in Friuli: l'attività di Giacomo Della Mea in una recente esposizione a Roma
  • Italia, amministrative: a Roma sarà ballottaggio Marino-Alemanno, crolla M5S
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: non si segue Gesù per fare carriera, la sua via è quella della Croce

    ◊   L’annuncio di Gesù non è una patina, una vernice, ma va dentro al cuore e ci cambia. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha quindi ribadito che seguire Gesù non vuol dire avere più potere, perché la sua strada è quella della Croce. Alla Messa, concelebrata da mons. Rino Fisichella e mons. José Octavio Ruiz Arenas, presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, hanno preso parte un gruppo di sacerdoti dello stesso dicastero e un gruppo di dipendenti della Centrale termoelettrica e del Laboratorio di falegnameria del Governatorato vaticano, accompagnati dall’ing. Pier Carlo Cuscianna, direttore dei Servizi Tecnici del Governatorato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Quale sarà il premio che riceveremo nel seguirti? Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo dalla domanda che Pietro rivolge a Gesù e che, in fondo, riguarda la vita di ogni cristiano. Gesù, ha osservato il Papa, risponde che quanti lo seguiranno avranno “tante cose belle” ma “con persecuzione”. La strada del Signore, ha proseguito, “è una strada di ‘abbassamento’, una strada che finisce nella Croce”. Ecco perché, ha soggiunto, “sempre ci saranno le difficoltà”, “le persecuzioni”. Ci saranno sempre, “perché Lui ha fatto questa strada prima” di noi. E ha avvertito che “quando un cristiano non ha difficoltà nella vita – tutto va bene, tutto è bello – qualcosa non va”. Si può pensare che sia “molto amico dello spirito del mondo, della mondanità”. E questo, ha constatato, “è la tentazione propria di un cristiano”:

    “Seguire Gesù sì, ma fino a un certo punto; seguire Gesù come una forma culturale: sono cristiano, ho questa cultura… Ma senza l’esigenza della vera sequela di Gesù, l’esigenza di andare sulla sua strada. Se si segue Gesù come una proposta culturale, si usa questa strada per andare più in alto, per avere più potere. E la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori e poi tanti governanti e tante persone, no? E anche alcuni - non voglio dire tanti ma alcuni - preti, alcuni vescovi, no? Alcuni dicono che sono tanti… ma alcuni che pensano che seguire Gesù è fare carriera”.

    Il Papa ha rammentato che un tempo, “nella letteratura di due secoli fa”, a volte si usava dire che uno “da bambino aveva voglia di fare la carriera ecclesiastica”. E ha ribadito che “tanti cristiani, tentati dallo spirito del mondo, pensano che seguire Gesù è buono perché si può far carriera, si può andare avanti”. Ma questo “non è lo spirito” è, invece, l’atteggiamento di Pietro che parla di carriera e Gesù gli risponde: “Sì, ti darò tutto con persecuzione”. “Non si può togliere la Croce dalla strada di Gesù: sempre c’è”. E tuttavia, ha avvertito, questo non vuol dire che il cristiano deve farsi del male. Il cristiano “segue Gesù per amore e quando si segue Gesù per amore, l’invidia del diavolo fa tante cose”. Lo “spirito del mondo – ha osservato – non tollera questo, non tollera la testimonianza”:

    “Pensate a Madre Teresa: cosa dice lo spirito del mondo di Madre Teresa? ‘Ah, la Beata Teresa è una bella donna, ha fatto tante belle cose per gli altri…’. Lo spirito del mondo mai dice che la Beata Teresa, tutti i giorni, tante ore, era in adorazione… Mai! Riduce al fare bene sociale l’attività cristiana. Come se l’esistenza cristiana fosse una vernice, una patina di cristianesimo. L’annunzio di Gesù non è una patina: l’annunzio di Gesù va alle ossa, al cuore, va dentro e ci cambia. E questo non lo tollera lo spirito del mondo, non lo tollera e per questo vengono le persecuzioni”.

    Chi lascia la propria casa, la propria famiglia per seguire Gesù, ha detto ancora Papa Francesco, riceve cento volte tanto “già ora in questo tempo”. Cento volte insieme alle persecuzioni. E questo non va dimenticato:

    “La sequela di Gesù è proprio questo: per amore andare con Lui, dietro di Lui: lo stesso cammino, la stessa strada. E lo spirito del mondo sarà quello che non tollererà e ci farà soffrire, ma una sofferenza come l’ha fatta Gesù. Chiediamo questa grazia: seguire Gesù nella strada che Lui ci ha fatto vedere e che Lui ci ha insegnato. Questo è bello, perché mai ci lascia soli. Mai! Sempre è con noi. Così sia”.

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    Tweet del Papa: giovani, la Chiesa si aspetta molto da voi: coraggio e puntate in alto

    ◊   È dedicato ai giovani il tweet che questa mattina Papa Francesco ha lanciato dal suo account @Pontifex. Questo il testo: “Cari giovani, la Chiesa si aspetta molto da voi e dalla vostra generosità. Non perdete coraggio e puntate in alto”.

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    Nomine episcopali di Papa Francesco in Italia e Messico

    ◊   In Italia, Papa Francesco ha nominato Vescovo della diocesi di Grosseto S.E. Mons. Rodolfo Cetoloni, O.F.M., finora Vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, trasferendolo dalla medesima sede.

    In Messico, il Papa ha accettato la rinuncia all’Ufficio di Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di México, presentata da S.E. Mons. Francisco Clavel Gil, Vescovo titolare di Macomades, per sopraggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare di México (Messico) il Rev.do Jorge Estrada Solórzano, Parroco di San Pedro Apóstol nella medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare di Pinhel.

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    Don Ciotti: il Papa sulla mafia scuote le coscienze. Non basta pentirsi, bisogna convertirsi

    ◊   Un grido per dire a chi è nel circolo della mafia “che non basta pentirsi ma bisogna convertirsi". Così don Luigi Ciotti, presidente dell'Associazione Libera, contro tutte le mafie, “legge” la preghiera di Papa Francesco levata all’Angelus di domenica scorsa per la conversione dei mafiosi, all'indomani della Beatificazione del sacerdote martire, don Pino Puglisi. Le parole di don Ciotti al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – E’ un grido per sottolineare veramente come dobbiamo essere tutti capaci di saldare la terra con il cielo. E’ un grido per dire ai criminali mafiosi che non basta pentirsi, ma bisogna convertirsi. Diventa fondamentale e importante un cambiamento anche interiore, soprattutto nella scia di quello che Giovanni Paolo II, 20 anni fa, nella Valle dei Templi, aveva gridato – “Convertitevi” – ma anche delle parole che Benedetto XVI disse a Palermo, nella sua visita di qualche anno fa – “Mafia, storia di morte” – proprio per scuotere le coscienze, per invitare le comunità cristiane a essere capaci della testimonianza cristiana, della responsabilità civile. Ma la cosa bella è che ha legato il problema della prostituzione, della tratta, delle forme di schiavitù, cioè della privazione della libertà delle persone, saldandoli alle forme di sfruttamento, di violenza, di giochi criminali. E’ bello, perché ha messo in evidenza che il problema non è solo la mafia, ma è la "mafiosità".

    D. – Che cosa significa parlare di sfruttamenti, schiavitù? Dietro tutto ciò – ha detto il Papa – ci sono mafie. Quanto è vero?

    R. – E’ vero, perché dietro tutte queste parole, ci sono storie, volti, fatiche e speranze delle persone. E’ il grido della libertà, perché la vita ci affida un impegno: bisogna impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è, chi è reso schiavo, chi è povero, chi è ai margini, le vittime della violenza criminale. E qui, si potrebbero aggiungere l’ecomafia, l’usura, le forme di estorsione, le dipendenze dalla droga e varie forme di sfruttamento. Non sono persone libere e il Papa ha chiamato per nome alcune di queste dimensioni che chiedono dignità e libertà.

    D. – Non è un caso che la vostra Associazione si chiami proprio "Libera” contro tutte le mafie...

    R. – “Libera” proprio perché la libertà deve essere "liberata". Il nostro impegno è fatto con la cultura, con i percorsi educativi, coinvolgendo le scuole, il mondo universitario: perché è la cultura che dà la sveglia alle coscienze. Un conoscere per diventare persone più responsabili, che diventa importante: c'è la vicinanza ai familiari delle vittime innocenti della mafia, che siamo riusciti a mettere in questa stupenda rete, e anche soprattutto il sottrarre i patrimoni mafiosi e restituirli alla collettività. E se penso che sulla Piana di Gioia Tauro c’è un bene confiscato dove il vescovo ha chiesto di poter costruire una Chiesa, la trovo una cosa meravigliosa.

    D. – Sicuramente, padre Puglisi non era uno di quei "cristiani da salotto", per cui va tutto bene, per usare il gergo di Papa Francesco...

    R. – Meraviglioso. Devo dire meraviglioso. Sono parole molto chiare. Credo che nella Chiesa, non dimenticando le belle realtà che ci sono – ce ne sono veramente tante a volte che non fanno chiasso, che non fanno rumore – bisogna comunque portare ancora avanti di più, di più quel processo di purificazione da tutte le forme di potere politico, economico, sociale. Una Chiesa più povera di fronte al potere e più coraggiosa. La Chiesa deve interferire dove viene calpestata la libertà, la dignità delle persone. Dove viene umiliato e soffocato un processo di giustizia, la Chiesa ha il dovere di parlare. Il Papa ci invita a fare questo.

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    Card. Sandri in Libano:"Porto il messaggio di amore, pace e speranza del Papa"

    ◊   "Violenze e abusi in Siria hanno ormai raggiunto dimensioni orribili". E' l'ultima denuncia della leader del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, che ieri ha aperto a Ginevra le sessioni annuali del Consiglio. E sulle grandi sofferenze tra i siriani testimonia anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali attualmente in Libano, prima tappa del viaggio che sta compiendo in Medio Oriente anche per portare alle popolazioni la vicinanza del Papa. Hélène Destombes lo ha intervistato:

    R. – Ho portato a tutti i vescovi, di tutte e quattro le Chiese che ho visitato, un messaggio di pace, di speranza, che mi ha dato personalmente Sua Santità Francesco, e che ho trasmesso con tutto l’amore che lui ha per queste popolazioni e per queste regioni e con tutto il dolore che lui ha, vedendo tutte queste sofferenze. E ho potuto fare la stessa cosa anche con i rifugiati, che ho visitato nel loro campo, vicino alla frontiera con la Siria - rifugiati siriani - e con una famiglia cattolica, che è venuta all’Episcopio a salutarmi. Il messaggio del Papa, quindi, è stato quello di vicinanza, di augurio, perché veramente sia posta la parola “fine” a questa guerra, per la quale Lui prega e soffre.

    D. – Questa visita al campo dei rifugiati siriani domenica è stata un momento molto forte...

    R. – Siamo tutti veramente molto toccati: vedere tutti questi bambini che soffrono situazioni di esilio, di povertà, senza i servizi igienici. Per me è stato un grande momento di partecipazione al loro dolore e loro hanno sentito il dolore e la partecipazione del Papa. Ho visto che manca tutto. Quindi, se attraverso la radio qualcuno può sentirmi: non ci sono medicinali, soprattutto per le donne, per le donne incinte e per i bambini. Quello che, dunque, si può fare, che si faccia attraverso la Caritas Libano.

    D. – Durante questa visita ha lanciato pure un appello in favore della liberazione dei due Metropoliti di Aleppo, che sono stati rapiti un mese fa circa...

    R. – Sì, l’ho fatto con tanto sentimento. Conosco uno di loro, Ibrahim, il vescovo siro-ortodosso di Aleppo; si sentono voci, secondo cui ora stanno bene, ora stanno male. Per piacere, signori che li avete rapiti, restituiteli alle loro Chiese, alle loro patrie, alle loro diocesi, e questo sarà un gesto che vi onorerà e che vi darà certamente la benedizione di Dio.

    D. – Ha potuto sentire in Libano tutta la tensione che pesa su questo Paese, legata al conflitto in Siria?

    R. – Sì, certamente, qui si vive una grande tensione e ci sono alcuni segni di violenza. ma tutto è dominato da una grande speranza. Tutti gli ambienti che ho visitato - cattolici, cristiani, dei vescovi-ortodossi, dei laici, di religiosi e religiose - non fanno altro che chiedere che non venga la guerra in Libano, che vinca la pace. Quindi nonostante la tensione presente, c’è soprattutto una grande fiducia in Dio e nella Madonna. Dovresti vedere il pellegrinaggio qui, a Nostra Signora di Harissa, di tanta gente, di giovani, alcuni scalzi, che salgono a Notre Dame du Liban, per chiedere pace, per chiedere per il Libano, per chiedere per la Chiesa, per il Papa, per tutto il mondo.

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    Mons. Tomasi all’Onu: ogni anno uccisi oltre 100 mila cristiani, basta persecuzioni

    ◊   La Santa Sede esprime “profonda preoccupazione” per le violazioni della libertà religiosa e per i sistematici attacchi inferti alle comunità cristiane in alcune aree del pianeta come Africa, Asia e Medio Oriente. E’ quanto sottolineato da mons. Silvano Maria Tomasi, intervenuto ieri alle Nazioni Unite di Ginevra. Il presule ha affermato che “indagini credibili” sono arrivate alla “scioccante conclusione” che “oltre 100 mila cristiani vengono uccisi ogni anno, per motivi che hanno una qualche relazione con la loro fede”. Altri cristiani, ha proseguito l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, sono soggetti a uno sradicamento forzato, subiscoono "la distruzione dei loro luoghi di culto, lo stupro e il rapimento dei propri leader", come accaduto recentemente a due vescovi ad Aleppo, in Siria. Molti di questi atti, ha aggiunto, “sono il frutto del fanatismo, dell’intolleranza, del terrorismo e di leggi discriminatorie”. Inoltre, ha detto mons. Tomasi, in alcuni Paesi occidentali, “dove la presenza cristiana è stata storicamente parte integrante della società”, si rafforza la tendenza a “marginalizzare il cristianesimo nella vita pubblica”, ignorando il suo contributo sociale e storico e arrivando addirittura a “restringere la capacità delle comunità di fede di portare avanti i loro servizi caritatevoli”. Mons. Tomasi ha quindi rammentato che il Consiglio dei diritti umani dell’Onu ha riconosciuto che la religione e la spiritualità sono al servizio della promozione della dignità umana e che il cristianesimo è al servizio del vero bene dell’umanità. A tale riguardo, il diplomatico vaticano ha elencato alcuni servizi, dall’educazione alla sanità all’assistenza dei rifugiati, che vedono la Chiesa cattolica impegnata a favore dell’uomo, senza alcuna discriminazione di razza o religione. Mons. Tomasi ha quindi concluso il suo intervento riprendendo le parole di Papa Francesco nel Messaggio per il 17.mo Centenario delle celebrazioni per l’Editto di Milano: “Sia ovunque rispettato il diritto all'espressione pubblica della propria fede e sia accolto senza pregiudizi il contributo che il cristianesimo continua ad offrire alla cultura e alla società del nostro tempo”. (A cura di Alessandro Gisotti)

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    Mons Toso: aumentano gli atti di intolleranza anticristiana nell'area Ocse

    ◊   La discriminazione nei confronti dei cristiani “deve essere considerata una grave minaccia all’intera società” e va combattuta come si fa “con l’antisemitismo e l’islamofobia”. Lo ha affermato nei giorni scorsi a Tirana, in Albania, il vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Occasione dell’intervento, la Conferenza di alto livello sulla tolleranza e la non discriminazione promossa dall’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La storia, verrebbe da dire, ha insegnato poco o niente. Con l’Editto di Milano, 1700 anni fa, l’imperatore Costantino “liberava” dalle persecuzioni sistematiche i seguaci di Cristo. Diciassette secoli dopo, nello stesso teatro europeo, “gli episodi di intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani non solo non sono diminuiti, ma sono addirittura aumentati”. A fronte di una notevole crescita globale di sensibilità nel campo dei diritti umani, molte sono le ombre che mons. Toso rileva quando si tocca la situazione delle comunità cristiane oggi nel mondo. A cominciare dall’emarginazione più strisciante tra “credenza religiosa e pratica religiosa”, quella per cui – osserva con schiettezza mons. Toso – “spesso ai cristiani viene ricordato, nel pubblico dibattito (e sempre più di frequente anche nei tribunali), che possono credere tutto ciò che vogliono nelle loro case e nelle loro teste, e che possono rendere culto come desiderano nelle loro chiese private, ma che semplicemente non possono agire in base a queste credenze in pubblico”. Si tratta, prosegue, “di una distorsione deliberata e di una limitazione del vero significato della libertà di religione”, che ha ricadute in almeno due ambiti.

    Il primo è “l’intolleranza nei confronti del discorso cristiano”. A riprova, mons. Toso ha ricordato l’aumento di minacce e arresti contro cristiani rei di essersi espressi su questioni riguardanti la loro fede, braccati perfino sui social network. Il secondo ambito è quello della “coscienza cristiana”, specialmente sul posto di lavoro. “In tutta Europa – ha riferito mons. Toso – si sono verificati numerosi casi di cristiani allontanati dal luogo di lavoro solo perché hanno cercato di agire secondo la propria coscienza”. Il risultato è che alcuni cittadini dell’area Osce “sono costretti a scegliere tra due scenari improbabili: possono abbandonare la propria fede e agire contro la loro coscienza, oppure resistere e affrontare il fatto di perdere il loro sostentamento”.

    Considerando anche gli atti di vandalismo o dileggio avvenuti nei luoghi di culto, ciò che la Santa Sede chiede agli Stati Osce è che la discriminazione nei confronti dei cristiani – anche laddove costituiscono una maggioranza – sia “considerata una grave minaccia all’intera società” e quindi “combattuta proprio come giustamente si fa con l’antisemitismo e l’islamofobia”. “Negare a un argomento morale, basato sulla religione, un posto nella pubblica piazza è un atto di intolleranza ed è antidemocratico”, incalza mons. Toso. “O, per dirlo in altre parole, laddove potrebbe esservi uno scontro di diritti, la libertà di religione non deve mai essere considerata come inferiore”, concetto - questo - rilanciato anche in un tweet. E sulla tolleranza, il presule osserva che la questione della libertà religiosa non può e non deve esservi “incorporata”. E spiega: “Se fosse questo il valore umano e civile supremo, allora qualsiasi convinzione autenticamente veritiera che ne escluda un’altra equivarrebbe all’intolleranza”. E “se una convinzione valesse l’altra, si potrebbe finire con l’essere compiacenti anche verso le aberrazioni”.

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    Mons. Fisichella: Adorazione eucaristica in contemporanea mondiale evento storico

    ◊   Incontro con i giornalisti stamani nella Sala Stampa vaticana per illustrare i prossimi appuntamenti nell’Anno della Fede: la “Solenne Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale”, il 2 giugno, e la Giornata dell’Evangelium Vitae, il 15 e 16 giugno. A illustrare il significato dei due eventi di grande valenza spirituale, attesi in ogni angolo del pianeta, è stato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Prosegue nel suo “cammino fecondo e ricco di iniziative, sia nelle diocesi che negli incontri con il Papa”, l’Anno della Fede. Al di là dei numeri – circa 4 milioni e 300 mila i pellegrini che hanno finora aderito agli eventi – l’importante, ha sottolineato mons. Fisichella, è la “preghiera”, la “riflessione”, il “coinvolgimento spirituale”. Prossimo appuntamento per il mondo intero è l’Adorazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, domenica 2 giugno dalle ore 17 alle ore 18:

    “Abbiamo scelto come espressione per dare significato a questo evento: 'Un solo Signore, una sola fede', per testimoniare il senso di profonda unità che caratterizza questo momento. Sarà un evento che per la prima volta si realizza nella storia della Chiesa e abbiamo motivo di definirlo ‘storico’”.

    A tutte le latitudini, nessuna esclusa il popolo di Dio sarà sincronizzato sull’ora di Roma, in comunione con il Papa:

    “Insomma, sarà un’ora di preghiera piena, di comunione fraterna e di sostegno alla fede di tutti”.

    Due le intenzioni, in questa ora di preghiera, indicate da Papa Francesco e ricordate dall’arcivescovo Fisichella. La prima:

    “Per la Chiesa sparsa in tutto il mondo e oggi in segno di unità raccolta nell’Adorazione della SS. Eucaristia”.

    E la seconda:

    “Per quanti nelle diverse parti del mondo vivono la sofferenza di nuove schiavitù e sono vittime delle guerre, della tratta delle persone, del narcotraffico e del lavoro 'schiavo', per i bambini e le donne che subiscono ogni forma di violenza".

    Il presidente del Pontifico Consiglio per la Nuova Evangelizzazione ha poi illustrato l’altro atteso evento nei giorni 15 e 16 giugno, sul tema “Credendo abbiano la vita”:

    “Lo abbiamo chiamato l’incontro dell’Evangelium vitae per attestare tutta la grande tematica che si sviluppa intorno all’impegno della Chiesa sulla promozione, rispetto e difesa della dignità della vita umana”.

    Il calendario delle due giornate cui parteciperanno fedeli di tutto il mondo prevede la Messa domenicale presieduta dal Papa in piazza San Pietro, alla 10.30, con tutto il "popolo della vita", e con i tanti malati presenti alla celebrazione. Il sabato mattina, le catechesi in varie lingue in diverse chiese di Roma e, al pomeriggio, il pellegrinaggio alla Tomba di San Pietro, la Confessione e l’Adorazione eucaristica. Alla sera, alle 20.30, la Fiaccolata silenziosa in via della Conciliazione “per richiamare l'attenzione sul tema della vita umana e del suo valore intangibile”.

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    20.mo del Catechismo: Gesù scese agli inferi non per liberare i dannati ma per salvare i giusti

    ◊   Cristo "non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l’inferno della dannazione, ma per liberare i giusti". Lo afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica nelle pagine dedicate a questo aspetto della fede cristiana. Su di esse di sofferma la 28.ma puntata del ciclo di riflessioni del gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, a 20 anni dalla pubblicazione del testo:

    Il Simbolo degli Apostoli parla della discesa di Cristo agli inferi. Come dobbiamo intendere quell’affermazione? Il Catechismo dice che prima di tutto essa significa che “Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini” (n. 632). Dio allora è veramente fino alla fine solidale con l’uomo. Gesù non soltanto sperimenta la sofferenza del morire, ma anche va tra i morti, privati della visione di Dio.

    Alcuni teologi contemporanei vogliono vedere nella discesa di Cristo agli inferi il culmine della kenosi, cioè dell’abbassamento del Figlio di Dio. Sulla Croce Gesù soffre, ma è sempre attivo, mentre nell’abbassarsi agli inferi Egli sperimenterebbe una radicale passività della sofferenza e della morte. In quel modo si renderebbe più vicino al peccatore, per “disturbarlo” e strapparlo dall’infernale solitudine.

    Il Catechismo segue però l’insegnamento tradizionale della Chiesa e parla di Gesù che scende agli inferi come del vittorioso Salvatore che proclama la Buona Novella ai morti (cfr. nn. 632-634). In un’antica omelia si parla di Gesù che negli inferi chiama l’uomo: “Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la Vita dei morti” (CCC 634).

    Il Catechismo precisa anche che “Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati né per distruggere l’inferno della dannazione, ma per liberare i giusti” (n. 633). Dio infatti opera per salvare tutti gli uomini, ma non può costringere l’uomo ad accettare la sua misericordia. La Chiesa insegna che la persona, cioè ogni libera creatura può dire “no” a Dio, consapevolmente e nel modo definitivo. La dannazione è quindi in realtà un’auto-condanna.

    Paradossalmente anche l’inferno sarebbe il segno dell’amore di Dio. Di quell’amore umile che non annienta il peccatore accanito nella sua malvagità, ma gli permette di vivere secondo le proprie scelte.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il caso francese: in prima pagina, Lucetta Scaraffia sui cattolici nel dibattito democratico.

    Il salario del cristiano: messa del Papa a Santa Marta.

    Difendere i diritti dei cristiani nella zona dell'Osce contro la discriminazione: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede a Ginevra.

    Pierluigi Natalia sul Sahel "con troppe armi".

    La Chiesa non può far finta di non vedere il male: in cultura, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, su come comprendere il diritto penale ecclesiastico.

    Valerio Massimo Manfredi spiega perché piace il medioevo.

    Il teatro è pienezza: in un'intervista di Silvia Guidi, Franca Valeri racconta la passione per il suo lavoro.

    Nello zoo del Papa: la premessa di Giandomenico Spinola al volume di Alvar Gonzalez-Palacios "Il serraglio di pietra", affresco di un'epoca unica per arte, cultura, religione e scienza.

    Il Cile del futuro fondato sui valori: nell'informazione religiosa, l'arcivescovo presidente della Conferenza episcopale, Ricardo Ezzati Andrello, sul tema dell'educazione.

    Preti convertiti e convinti: nell'informazione vaticana, la conferenza a Madrid del cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero.

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    Oggi in Primo Piano



    L'Ue rinnova le sanzioni contro il regime siriano e dice sì alla fornitura di armi ai ribelli, ma solo dopo agosto

    ◊   E' di sei morti e 40 feriti il bilancio provvisorio dell'esplosione di un'autobomba a Homs, nel centro della Siria. Tre soldati libanesi, invece, sono stati uccisi la scorsa notte al confine tra i due Paesi, nella Valle della Bekaa. A sparare contro di loro sarebbe stato un commando poi rientrato in Siria. Sul fronte diplomatico, dopo 13 ore di lavori, i ministri degli Esteri dell’Ue, riuniti a Bruxelles, hanno trovato l’accordo per rinnovare le sanzioni contro il regime siriano e per fornire armi ai ribelli, ma solo dopo agosto. Un risultato che in molti definiscono di compromesso, in attesa del vertice di Ginevra, proposto da Russia e Stati Uniti. Negativo il commento di Mosca: una decisione che “aggiunge benzina sul fuoco del conflitto”, ha dichiarato Alexandr Grushko, ambasciatore russo alla Nato. Salvatore Sabatino ha intervistato Ennio Di Nolfo, docente emerito di Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze:

    R. – "I monti hanno partorito un topolino", nel senso che l’accordo dei ministri degli Esteri e l’Unione europea è praticamente un accordo privo di contenuto. Dire, infatti, che si possono aiutare i ribelli e poi rinviare tutto al mese di agosto, significa dire che non si debbono mandare aiuti ai ribelli.

    D. – Anche in questo caso l’Europa non è riuscita ad esprimersi ad una sola voce. All’accordo, infatti, si è giunti dopo numerose trattative e pareri contrari. Sembra passata insomma la linea dura di Parigi e Londra...

    R. - Mi pare di capire che gli europei non sono in grado di distinguere il senso della ribellione siriana. Questa ribellione è fatta di elementi liberali, legati all’attuale motivazione generale della primavera araba, ma è anche animata dal movimento jihadista e questo allarma soprattutto Paesi come l’Austria e la Svezia che solitamente sono favorevoli a chi si ribella all’autoritarismo ma che in questo caso frenano le ritorsioni o i blocchi da parte dell’Unione europea.

    D. - Da Istanbul l’opposizione siriana esulta, ma resta comunque divisa al suo interno. Può essere, secondo lei, un attore credibile oggi? Questo è stato il dubbio sollevato, per esempio, dal ministro degli esteri italiano, Bonino…

    R. – Certo, la Bonino ha ragione. La ribellione siriana è fatta da 39 gruppi separati. Mettere insieme questi 39 gruppi è quanto di più difficile ci sia perché li animano sentimenti radicalmente diversi. Molti credono che la vittoria dei sunniti, guidati dal Qatar o magari dalla Jihad, possa essere in definitiva controproducente per gli equilibri dell’area.

    D. - Da Teheran arriva intanto una risposta netta per controbilanciare le sanzioni. Un prestito da 4 miliardi di dollari per il regime di Bashar al Assad. Si continua, dunque, nella politica dei blocchi contrapposti, evidentemente…

    R. - Direi proprio di sì, perché tutto è animato dalla radicale diversità di impostazione religiosa. Non bisogna trascurare il fatto che questa è una lotta tra sunniti tendenzialmente moderati, ma anche aperti al jihadismo, e sciiti come di fatto è Assad e sono gli iraniani.

    D. – E Assad può contare anche su Hezbollah.....

    R. – Esatto. Hezbollah che, tra l’altro, in questo momento, mette a repentaglio il proprio prestigio, la propria posizione, perché dal momento in cui bombarda i quartieri sunniti di Beirut tenderà a trasformare lo stesso Libano in un campo di battaglia, che sarebbe una tragedia immane.

    D. – A proposito del vertice di Ginevra proposto da Stati Uniti e Russia, che si dovrebbe tenere la prossima settimana, secondo lei, questo appuntamento riuscirà a sbloccare l'impasse diplomatica a cui stiamo assistendo ormai da mesi?

    R. – Non si può escludere radicalmente che ci sia un risultato positivo. Penso che sia un risultato compromissorio. Qualcuno ieri ipotizzava una soluzione analoga a quella che è stata ideata per la Bosnia-Erzegovina, cioè una specie di configurazione tra le varie anime del Paese. In Siria questo si applicherebbe abbastanza bene. Non so se Assad, però, dopo la controffensiva abbastanza fortunata per lui, abbia ancora la propensione al negoziato che aveva qualche settimana fa.

    D. – Però l’aspetto positivo è che Russia e Stati Uniti si stanno parlando dopo mesi di contrapposizioni continue…

    R. – Certo questo è un aspetto positivo. Del resto i russi hanno tutto l’interesse a non rompere in maniera brutale con Washington.

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    L’Unione Africana annuncia: ci sarà forza di pronto intervento continentale

    ◊   I leader africani riuniti ad Addis Abeba, in Etiopia, hanno deciso di creare una forza di reazione rapida, tutta africana, in grado di intervenire nei conflitti sul continente. Lo ha annunciato il presidente di turno dell'Unione Africana, il primo ministro etiope, Hailemariam Desalegn. Ha parlato di una “decisione storica”, sottolineando che molti Paesi si sono offerti di dare il loro contributo ad una forza del genere. Del significato e delle implicazioni pratiche della decisione, Fausta Speranza ha parlato con il prof. Aldo Pigoli, docente di Storia dell’Africa contemporanea all’Università cattolica del Sacro Cuore:

    R. – Bisogna andare indietro di una decina d’anni, quando nel 2003 è stato pensato un altro strumento ancor più impegnativo in termini di risorse e capacità militari: l’"African Standby Force", ossia l’idea di creare una forza di pronto intervento rapido, di tipo militare per risolvere, intervenire nelle varie crisi di natura militare del continente. Una forza di peacekeeping sulla falsa riga di quelle messe in atto dall’Onu. In dieci anni, circa, questa forza di intervento rapido non è ancora stata resa operativa, perché emergono numerose difficoltà dal punto di vista sia della logistica - quindi dal punto di vita strettamente militare - sia dal punto di vista dell’apporto concreto che gli Stati africani possono e vogliono dare a questo tipo di istituzioni e iniziative, a partire dal costo finanziario per sostenere queste realtà.

    D. – Chiaramente, un significato immediato lo cogliamo tutti. Ma che cosa davvero potrebbe determinare per l’Africa una forza tutta africana?

    R. – Potrebbe significare la realizzazione di un sogno, che ormai data 50 anni, dalla creazione dell’Organizzazione per l’Unità Africana, cioè quello di un reale “panafricanismo” politico, economico e anche militare. Potrebbe rendere possibile il sogno dell’Africa agli africani in tutti i suoi aspetti. Questo è l’obiettivo sulla carta: bisogna tenere in considerazione che ci vorrà tempo per realizzare realmente un tipo di realtà come questa, anche perché, come dicevamo, la storia recente ha messo in evidenza gli aspetti più negativi, cioè le difficoltà economiche, politiche.

    R. – Parliamo di Unione Africana: possiamo dire che a questo impegno armato di forze di reazione rapida corrisponda anche un processo di integrazione politica che sta andando avanti bene?

    D. – Se vogliamo fare il paragone con quello che stiamo vivendo noi in Europa, sicuramente il processo di integrazione del continente africano sta procedendo rapidamente per quanto riguarda gli aspetti economici, commerciali e sempre di più anche per quelli monetari e finanziari. Non dimentichiamoci che l’Unione Africana è una realtà che coordina organizzazioni su base regionale – in particolar modo sono cinque i pilastri regionali del continente – che stanno da anni portando avanti processi sempre più fruttuosi di integrazione economica e commerciale. Alla base, c’è l’idea politica di realizzare il “panafricanismo”, l’unità africana, che continua anche con discreti successi. Il fatto di arrivare a dire di realizzare una forza di pronto intervento militare significa che c’è un consenso politico generale tra i Paesi africani. Rimangono però le difficoltà legate al fatto che – soprattutto i principali Paesi africani, nelle varie regioni in Sudafrica, Nigeria, Etiopia, Algeria, Kenia ed altri ancora – cercano comunque di far sì che questo processo di integrazione a tutto campo sia orientato a portare quanti più benefici e meno costi ai propri Paesi, rispetto agli obiettivi più generali. Questa è una cosa che noi europei conosciamo molto bene.

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    Centrafrica: attacchi dei ribelli alle comunità cristiane

    ◊   Nella Repubblica Centrafricana, cresce la sofferenza della minoranza cristiana. Molte le comunità prese di mira dagli attacchi dei militanti islamici del gruppo ribelle Seleka, che nel marzo scorso hanno acquisito il controllo del Paese. I miliziani derubano, saccheggiano, depredano e danno vita a qualsiasi tipo di violenza. Già nei mesi scorsi, alcuni cristiani sono stati uccisi o feriti. Oltre 200 mila gli sfollati in fuga, oltre 49 mila i rifugiati nei Paesi confinanti. Una situazione sempre più grave, dunque, della quale Giancarlo La Vella ha parlato con Luca Mainoldi, responsabile per l’Africa dell’Agenzia Fides:

    R. – I ribelli hanno preso di mira le comunità cristiane e la Chiesa cattolica, in modo particolare. Sono stati saccheggiate diverse missioni e anche i pochi beni della Chiesa. Per quanto riguarda il termine “ribelli”, in realtà non si tratta di centroafricani ma sono soprattutto persone reclutate in Ciad e in Sudan. Praticamente, sono mercenari che hanno la licenza di depredare però, da quello che mi dicono, la popolazione e i commerci dei centroafricani musulmani sono protetti, anche se poi chiaramente la popolazione musulmana locale non è complice di questa situazione. C’è, come dire, una volontà politica da parte della dirigenza di questa ribellione di comportarsi in questa maniera.

    D. – Tra l’altro, ci sono notizie che i ribelli stessi usufruirebbero, ad esempio, delle strutture sanitarie messe in piedi proprio dai missionari: in questo modo si attaccano strutture che poi possono essere utili a tutta la popolazione…

    R. – Certo. Forse, anche loro si rendono conto quanto siano importante per loro stessi. Tra l’altro, in altre zone, invece, tutto è stato saccheggiato, anche il municipio: sono stati distrutti sistematicamente i registri comunali e i registri delle parrocchie. E' come se stessero cercando di cancellare proprio l’identità stessa del popolo.

    D. – Sullo sfondo, il dramma di tutto un Paese: quale sarà, secondo te, il futuro imminente della Repubblica Centroafricana dopo l’avvento al potere del movimento Seleka?

    R. – Questo ora dipende da vari fattori, perché la Repubblica Centroafricana era stata sempre sotto la tutela della Francia: questa volta la Francia, a quanto pare, sembra disinteressarsene e, in qualche modo, ha delegato ai Paesi dell’area, della Comunità dell’Africa Centrale di occuparsene. Adesso, ci sono diversi negoziati in corso per cercare, in qualche modo, di risolvere la situazione. Dovrebbe essere prevista anche l’invio di una forza di stabilizzazione per mettere in sicurezza almeno i centri urbani.

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    Europa: cala l'uso di stupefacenti, ma in 85 milioni ne hanno fatto uso nel 2011

    ◊   In Europa, circa 85 milioni di adulti nel 2011 hanno fatto uso di droga, mentre sono tre i milioni di persone che utilizzano cannabis ogni giorno. Sono i dati dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, presentati oggi a Roma in contemporanea con Lisbona (sede dell'Osservatorio) e altre capitali europee. Il Rapporto stabilisce che l'Europa assiste a un calo del consumo di eroina, anche se i Paesi mostrano diversi modelli e tendenze. La cocaina resta la seconda droga più utilizzata in Europa, dopo la cannabis. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Scende il consumo delle droghe in Italia, così come nel resto d’Europa. Cala l’utilizzo di eroina, in calo quello della cocaina, che pure resta lo stimolante più diffuso, mentre come stupefacente è dietro la cannabis. Giovanni Serpelloni, capodipartimento per le Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri:

    "La cocaina, l’eroina, le grosse droghe stanno avendo nel tempo una contrazione importante, ormai da 3 o 4 anni. Questo è riconfermato sia dai dati italiani, ma soprattutto dai dati europei e anche dai dati italiani del 2013, che sono un anno avanti rispetto ai rilevamenti europei".

    Complici della diminuzione del consumo di stupefacenti, la crisi economica al pari dell’aumento dell’attività di prevenzione:

    "La diminuzione è dovuta anche alla crisi economica perché sono diminuiti soprattutto i cosiddetti consumatori occasionali, cioè quei consumatori che in qualche modo non hanno ancora dipendenza ma che acquistano le sostanze e sono la moltitudine. Questo fa calare il numero di persone che utilizzano le sostanze. Ovviamente, non può essere un solo fattore che condiziona queste cose. Oltre alla crisi economica, c’è l’aumento dei controlli che vengono fatti per esempio per strada, all’interno delle aziende, delle industrie, o gli interventi di prevenzione che vengono fatti sempre più precocemente e sempre più diffusamente a livello delle scuole e con le famiglie".

    In Europa, si è assistito anche al calo di morti per overdose, per la maggior parte da relazionare all’eroina. 1,8 milioni sono stati i giovani che l’anno passato hanno usato ecstasy, 1,7 milioni coloro che hanno utilizzato anfetamine. In aumento, ma ancora sotto controllo, le cosiddette droghe sintetiche, che invadono il mercato via Internet, ma che restano di nicchia. A preoccupare, spiega Serpelloni, è soprattutto l’aumento dell’uso di cannabis negli adolescenti fra i 15 e 19 anni:

    "Mentre è calato l’uso di cannabis a livello generale, cioè della popolazione che arriva fino a 64 anni, nelle nostre indagini in quella fascia c’è un inizio di aumento e questo dipende dal fatto che hanno diminuito la percezione del rischio, perché purtroppo ci sono una serie di fonti, anche mediatiche, che fanno non percepire rischiosa questa sostanza, addirittura dipingendola come utile per la salute, cosa che non è affatto vera".

    Nella relazione, si legge del drastico calo dei sequestri di cocaina nell’Ue, ma sono dati, spiega ancora Serpelloni, che devono essere letti con attenzione":

    "Ci possono essere aumenti in certe zone dove si è intensificato particolarmente il traffico e una diminuzione in certe altre zone, sia a livello europeo, sia a livello italiano, dove il traffico magari è variato perché c’è stata una particolare fornitura in quella zona. E’ chiaro che più aumentiamo le forze dell’ordine, più aumentiamo anche le attività delle forze dell’ordine, più aumenta il numero dei sequestri. Questo non corrisponde chiaramente a un aumento del consumo, ma corrisponde a un aumento delle modalità con cui le forze dell’ordine intervengono e quindi, tutto sommato, è un gioco anche questo che va verso la prevenzione".

    Nonostante il fenomeno ancora sia lontano dall’essere vinto, resta il fatto che l’aver individuato il rischio tra gli adolescenti che usano cannabis consente di agire in modo mirato in termini di prevenzione.

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    Calabria, funerali di Fabiana. Don Rigoldi: educare i giovani al rispetto reciproco

    ◊   Nessuna foto di Fabiana Luzzi è affissa dentro o fuori il palazzetto dello sport di Corigliano Calabro, dove si stanno celebrando i funerali della sedicenne uccisa venerdì scorso da Davide, il suo ragazzo, ancora minorenne. E' stato questo il volere dei familiari in occasione della cerimonia funebre, in ossequio alle usanze dei testimoni di Geova cui appartengono. E mentre stamani c’è stato un lungo applauso in aula alla Camera, e i deputati si sono alzati in piedi per ricordare la giovane, il ministro per le Pari opportunità, Josefa Idem, ha voluto essere presente ai funerali. Non si si placa intanto nell’opinione pubblica l’orrore suscitato da questo delitto. Adriana Masotti ha chiesto a don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorire di Milano "Beccaria", come si possa spiegare tanta violenza, perpetrata in questo caso da un giovane poco più che adolescente:

    R. – Gli adolescenti, per definizione, sono alla ricerca della propria identità, hanno bisogno di sapere com’è che devono vivere, respirano il senso o la direzione delle loro scelte a partire dalla famiglia, ma anche dalla cultura che trovano nel proprio paese, nella scuola che frequentano… Certo, è che la relazione, il dar valore agli altri è una competenza di assoluta necessità, perché se gli altri sono dei vicini di strada, ma non sono i miei potenziali amici, succede che c’è diffidenza, che c’è distanza, e qualche volta c’è addirittura violenza. Poi, in certe culture c’è anche una certa idea di che donna uno deve avere: mia moglie o la mia fidanzata è come me? Ha una uguale dignità, ha uguale diritti? Mi pare che in certe culture la donna è decisamente quella che mi deve rispetto e, se io le dò affetto o vicinanza, deve essere sottomessa o comunque a mia disposizione. Questa è un’altra cultura assolutamente fasulla che si respira e che è da sconfiggere! Però, come sempre, si sconfigge un male proponendo un bene: il bene della relazione, il bene degli altri che sono miei fratelli e mie sorelle potenziali. La relazione con gli altri deve essere la sostanza dell’educazione che noi offriamo ai nostri figli, in ogni posto – nella parrocchia, in casa, nella scuola – e invece oggi non è per niente un tema fondamentale di educazione. Il contrario, purtroppo, lo è: l’individualismo. Un disastro!

    D. – Ciò che inquieta anche di questi fatti è il rapporto stretto che nasce spesso tra giovanissimi. Ma è giusto parlare, anche da parte dei mass-media, di fidanzato, fidanzata a 15, 16, 17 anni. Questo confondere l’amore col possesso è sempre più frequente…

    R. – Sì. Questo è veramente un disastro, perché io ho visto dei bei ragazzi e delle belle ragazze che, a un certo punto, si staccano dal gruppo, fanno questo fidanzamento – chiamiamolo così – che diventa, qualche volta, molto asfissiante. Diventa proprio una specie di castrazione, nel senso che i ragazzi perdono l’aspetto di una persona che allarga il proprio respiro, che ha tante amicizie, che si impegna in imprese di qualunque tipo, siano di cultura, di volontariato, di sport, di divertimento… Invece, questa idea che essere una coppia, l’"avere la donna", con tutto quello che è annesso, sia un esodo felice per un adolescente è assolutamente balordo. Aver tante amicizie, quello sicuramente lo è.

    D. – Si fanno tanti discorsi quando succedono queste cose. Si dice: ma la famiglia, dov’era? Non ha visto? E gli amici? Insomma, lei parla più in generale di una società, di una cultura, però, dove i giovani crescono e quindi è su quella che bisogna intervenire per prevenire queste cose?

    R. – Guardi, io credo che ci sia una parola magica, che è veramente magica e che deve essere fondamentale nell’educazione e si chiama “capacità di relazione”, il dar valore agli altri. Poi, ci sono tutte le competenze: quelle tecniche, quelle scolastiche, quelle sportive, tutte quelle che si vuole… Ma questo dire “gli altri sono i tuoi fratelli”… Quando Gesù Cristo ci ha detto di volerci bene, non era soltanto una norma etica: dava una norma sostanzialmente educativa, di crescita e di benessere delle persone. Io credo che la fede sia anche questa roba qui. Bisognerebbe che i nostri educatori – tutti – mettessero questa capacità proprio di dar valore agli altri, di accettarne le diversità e qualche volta anche i limiti: questo deve diventare la radice della nostra educazione. Andando in giro a parlare con molti gruppi cattolici, questa cosa qui, invece, non è vero che sia centrale. Questo noi lo dobbiamo assolutamente rilanciare. E poi, che questo ragazzino fosse veramente con questa ragazza, accettandone la dignità, la persona… Piuttosto, è uno che stava usando qualcun altro: se l’avesse guardata, vista veramente, non veniva fuori questo odio, questo rancore. Poi, ho il sospetto che in questi ambienti, dove ancora tutto sommato c’è l’onore – il famoso onore del maschio nei confronti della femmina – anche su questo aspetto bisognerebbe pensarci su un po’ bene e smontare questa mentalità. Noi abbiamo una bella gioventù in giro, ma certo hanno bisogno che qualcuno voglia loro bene, che li ascolti veramente e dica loro le cose che sono preziose. Ci sono, ci sono: non sono giovani perduti i nostri, per niente. Sono una bella gioventù, ma certo che di maestri ne trovano pochini, eh...


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    Nella Chiesa e nel mondo



    Gregorios III: "Il futuro della Siria non si può costruire con la distruzione"

    ◊   "Il futuro della Siria non si può costruire attraverso la distruzione. Con la guerra non ci sono vincitori. La Chiesa è per la riconciliazione e per il dialogo. Incoraggiamo con la preghiera la conferenza del prossimo 10 giugno a Ginevra, affinché tutte le parti, governo e opposizione, possano incamminarsi sulla via della pace". E' quanto afferma all'agenzia AsiaNews Gregorios III Laham, patriarca cattolico di Antiochia, di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti. L'appello del prelato giunge dopo il fallito accordo fra i Paesi dell'Unione Europea sul rinnovo del bando delle armi ai ribelli, scaduto questa notte. Ciò ha spinto Gran Bretagna e Francia rinnovare le pressioni per il sostegno militare ai ribelli. William Hague, segretario di Stato della britannico, ha dichiarato "che fino ad ora nessun Paese Ue ha in programma di armare i ribelli". La fine dell'embargo sarebbe soprattutto una mossa per intimorire Assad. Tuttavia, il diplomatico non esclude l'invio di armi nei prossimi mesi. In attesa di nuove decisioni, la fine "momentanea" del bando, agevola l'ingresso di armamenti illegali in Siria. Per Gregorios III tale situazione di dolore, odio e conflitto fra fazioni stimolato dalle continue forniture belliche e ai ribelli e al regime non può continuare per un tempo indefinito. "Il mondo - afferma - deve comprendere che le guerre non terminano fomentando la violenza. Ho vissuto di persona gli scontri fra israeliani e palestinesi in Terra Santa e ora quello fra sunniti e sciiti in Siria. Posso testimoniare che solo la posizione di riconciliazione, pace e rifiuto dell'odio proposta dal Vangelo può condurre a una soluzione duratura". Secondo il patriarca in Siria vi è ancora spazio per valori come il bene e la solidarietà fra persone di fedi e fazioni differenti. "Anche dove non vi sono scontri - spiega - si vive con il costante terrore della guerra che avanza, ma la popolazione cerca di vivere la propria quotidianità". In molte città, come Damasco e Aleppo, vi sono episodi di solidarietà fra cristiani e musulmani, senza distinzione etnica o politica. "Il Patriarcato - racconta il prelato - accoglie sfollati e profughi in fuga dalle regioni più colpite dal conflitto e li sostiene grazie all'impegno dei volontari della Caritas nazionale e di molte famiglie cristiane e musulmane". (R.P.)

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    Siria. Appello della Chiesa siro-ortodossa: “Fate di più per liberare i nostri vescovi”

    ◊   “C’è uno sprazzo di speranza per la sorte dei due vescovi di Aleppo rapiti in Siria un mese fa. Chiediamo che vengano diffuse foto o filmati recenti dei due e che la Coalizione Nazionale dell’opposizione siriana faccia ogni sforzo possibile per liberarli”: lo dice all’agenzia Fides il vescovo metropolita Timoteo Matta Fadil Alkhouri, assistente nel patriarcato siro-ortodosso di Antiochia, confratello del vescovo siro-ortodosso Gregorio Yohanna Ibrahim, tuttora nelle mani dei rapitori con il vescovo greco-ortodosso Boulos al-Yazigi. Sabato scorso a Istanbul, Abdul Ahad Steipho dirigente della Coalizione nazionale dell'opposizione siriana, a margine di un incontro, ha detto ai cronisti che “alcuni giorni fa un medico ha visitato i due vescovi: stanno bene”, senza fornire altri dettagli sui sequestratori. “Abbiamo appreso con gioia e trepidazione questa notizia, anche se non abbiamo alcuna conferma o certezza. Ora sappiamo che c’è qualcuno che ha avuto contatti diretti con i vescovi. Questo ci dà rinnovata speranza, questi voci ci confortano, ma bisogna fare di più”, spiega il vescovo a Fides. “Non sappiamo bene da chi e da dove provengano queste informazioni. I leader della Coalizione nazionale dell’opposizione – prosegue – ci hanno detto di avere delle notizie ma di non avere il controllo della situazione. Secondo quanto affermano i governi di Siria, Turchia e Libano, i vescovi si troverebbero nell’area fra Aleppo e la Turchia, nella zona di confine, in territorio siriano. Quest’area è fuori dal controllo del governo siriano e di quello turco. Ci sono altri gruppi armati a controllarlo”. La Chiesa siro-ortodossa auspica una svolta reale: “Oggi lanciamo un appello perché possiamo capire cosa vogliono i gruppi che li hanno presi, e perché pubblichino prove certe, come foto e filmati, per confermare che sono vivi. Siamo pronti a fare qualsiasi cosa per loro: vogliamo intavolare contatti con i rapitori. Ancora non sappiamo nulla di preciso, non ci sono giunte richieste. Per questo continuiamo a tenere stretti contatti con i governi, con l’opposizione siriana, con i capi islamici. Ma non basta”, dice il metropolita. “Questa notizia – ribadisce il vescovo – dà speranza al popolo siriano. Noi ci preoccupiamo per i vescovi e per i sacerdoti rapiti, ma anche per tutta la popolazione: i nostri fedeli cristiani stanno lasciando il Paese, l’emorragia continua ed molto dolorosa per noi”. La solidarietà espressa dalle Chiese in tutto il mondo “è un prezioso conforto”: “Ogni domenica si continua a pregare per i vescovi, a celebrare Sante Messe, in Siria, in Medio Oriente e in altri Paesi del mondo. Ringraziamo tutti e confidiamo in Dio. Chiediamo a Papa Francesco di pregare per noi”. (R.P.)

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    Nell'Adorazione eucaristica mondiale con il Papa si pregherà per la pace tra le due Coree

    ◊   Nel celebrare la solenne adorazione eucaristica in contemporanea mondiale, insieme con Papa Francesco, il 2 giugno prossimo, l’arcidiocesi di Seul pregherà con un'intenzione particolare: le relazioni pacifiche e la riconciliazione fra Corea del Sud e Corea del Nord. E’ quanto riferisce all’agenzia Fides padre Matthias Hur Young-yup, direttore per le Comunicazioni Sociali nell’arcidiocesi. L’adorazione, che rientra negli eventi dell’Anno della Fede - è stato presentato questa mattina in Vaticano da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Padre Matthias informa Fides di aver inviato lettere ufficiali a tutte le parrocchie dell'arcidiocesi, che parteciperanno all’adorazione. Nella cattedrale di Seul, la celebrazione vedrà la partecipazione di migliaia di giovani cattolici: “Crediamo che questa sia una grande occasione per essere uniti con la Chiesa in tutto il mondo, e per aiutare i giovani a rafforzare la loro fede”, spiega. In una fase di alta tensione fra Nord e Sud Corea, si leverà l’invocazione di pace a Dio: “Poiché il nostro arcivescovo è anche amministratore apostolico di Pyongyang (capitale della Corea del Nord), pregheremo in particolare per il benessere del popolo della Corea del Nord e perché possano instaurasi relazioni più pacifiche con il governo della Corea del Nord”, dichiara il direttore. Fra le altre intenzioni di preghiera: “Che la buona notizia di Dio possa diffondersi in tutti i Paesi dell'Asia, e il Signore conceda aiuto materiale e aiuto spirituale a tutti i popoli asiatici”. Inoltre, il 7 giugno, Giornata Mondiale di preghiera per la santificazione dei sacerdoti, tutti i sacerdoti dell'arcidiocesi di Seul andranno in pellegrinaggio con l'arcivescovo, visitando alcuni luoghi sacri di Seul. (R.P.)

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    I vescovi della Costa d'Avorio: “Nessuna società si può costruire sull’esclusione”

    ◊   “L'ingiustizia, la frustrazione, le nomine su base etnica, la confisca dei beni, l'esclusione, la violenza, la vendetta, sono i difetti della società ivoriana”: è la denuncia dell'arcivescovo metropolita di Bouaké, mons. Paul Simeon Ahouanan Djro, nella Santa Messa celebrata domenica nella parrocchia di Nostra Signora dell'Incarnazione, a Abidjan-Cocody, a conclusione della 96.a Assemblea plenaria della Conferenza episcopale della Costa d'Avorio. Come riferisce una nota inviata all'agenzia Fides, l’arcivescovo ha detto: “Nessuna società si può costruire sulla base dell’esclusione, sulla logica della vendetta, sui desideri di scontro, o sul ripiegarsi su se stessi, a livello comunitario o politico. Nessuna comunità può sopravvivere alla violenza cieca perché questa coinvolge tutti”. Mons. Ahouanan Djro ha concluso ribadendo che “gli ivoriani sono responsabili del proprio Paese” e ha lanciato un generale appello alla responsabilità, perché tutte le componenti della nazione, inclusa la Chiesa e le altre comunità religiose, possano contribuire al bene comune. (R.P.)

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    Iran: chiusa dalla polizia una chiesa che celebrava liturgie in persiano

    ◊   La chiesa “Assembra di Dio” a Teheran, la più grande chiesa cristiana di lingua persiana (“farsi”) in Iran, è stata chiusa dalle forze di sicurezza iraniane. Nei giorni scorsi il Pastore Robert Asseriyan, che guidava il culto nella chiesa, era stato arrestato. Secondo fonti locali, le pressioni per la chiusura della Chiesa erano già forti da almeno sei mesi. La polizia ha annunciato che chiunque cerchi di entrare in chiesa sarà arrestato. Come riferiscono all'agenzia Fides alcuni fedeli locali, la ragione principale per la chiusura è che le autorità di sicurezza iraniane, soprattutto un’ala delle Guardie della Rivoluzione, intende eliminare del tutto dal Paese i servizi di culto in farsi e limitarli alla lingua armena. In una nota giunta a Fides dagli Stati Uniti, il Pastore George O. Wood, a capo del Consiglio generale delle “Assemblee di Dio” (comunità cristiana evangelica) ha espresso la sua preoccupazione chiedendo alle autorità iraniane il rispetto della libertà di culto. Secondo il Pastore, l’episodio potrebbe dare il via alla chiusura di tutte le altre chiese cristiane che celebrano liturgie in persiano sul territorio iraniano. Il Ministero iraniano dell'Intelligence e il Ministero della Guida Islamica monitorano da anni tutte le attività dei cristiani nelle diverse chiese e, per prevenire il diffondersi di servizi di culto e studi biblici in lingua farsi, hanno imposto ai leader cristiani di segnalare i nomi di tutti i cittadini iraniani partecipanti alle celebrazioni. In passato anche la comunità cristiana protestante “Emmanuel” aveva ricevuto l’ordine di interrompere tutti i suoi servizi liturgici in persiano. (R.P.)

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    Vesak a Saigon: buddisti e cattolici uniti per la pace e l’amicizia

    ◊   Rilanciare la collaborazione e l'amicizia fra buddisti e cristiani, promuovendo la pace nel Paese. Con questo spirito i fedeli delle due più importanti religioni in Vietnam hanno celebrato il Vesak, che si è tenuta nei giorni scorsi in diverse nazioni asiatiche all'insegna di cerimonie, preghiere e festeggiamenti. Nel contesto della ricorrenza per la nascita del Buddha - l'equivalente del Natale cristiano - una delegazione composta da leader cattolici di Ho Chi Minh City, guidata dall'arcivescovo, ha fatto visita al Comitato esecutivo della Pagoda di An Quang, uno dei più importanti centri per l'insegnamento del buddismo in Vietnam e nel continente. Il Vesak - riferisce l'agenzia AsiaNews - è una festa annuale osservata in molti Paesi - non solo a maggioranza buddista - dell'Asia del sud e del sud-est asiatico. Fra questi Nepal, Singapore, Vietnam, Thailandia, Cambogia, Sri Lanka, Malaysia, Myanmar, Indonesia, Pakistan e India. Meglio nota come "Il compleanno del Buddha", essa abbraccia in realtà i tre momenti più significativi: la nascita, l'illuminazione (Nirvana) e il passaggio (Parinirvana) del Gautama Buddha. Nel 2013 è coincisa con il 24 maggio del calendario gregoriano, 15mo giorno del quarto mese del calendario lunare cinese. Per la ricorrenza, diverse pagode e templi di Saigon hanno organizzato feste e celebrazioni speciali fra cui preghiere, mostre, banchetti con l'esposizione di opere d'arte, eventi musicali e testi scritti a mano. Il culmine dei festeggiamenti il 24 mattina, con una preghiera collettiva alla Phap Lam Pagoda, cui hanno partecipato almeno 10mila fedeli. Per l'occasione una delegazione di leader cattolici, guidati dal card. Jean Baptist Phạm Minh Mẫn, ha fatto visita alle massime cariche del buddismo locale. Ad accompagnare il porporato e arcivescovo di Saigon vi erano sacerdoti e responsabili del dialogo interreligioso locale e nazionale. Il card. Phạm Minh Mẫn ha espresso "compiacimento e soddisfazione" per le celebrazioni legate al Vesak, confermando il sentimento di amicizia e rispetto alla comunità buddista vietnamita. Egli ha infine auspicato che la Chiesa cattolica e la Chiesa buddista continuino a promuovere legami dettati da "cooperazione e amicizia". Un auspicio raccolto e rilanciato anche dal venerabile Trich Tri Quang, figura carismatica del buddismo in Vietnam. (R.P.)

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    Bolivia: il saluto del card. Terrazas alla sua diocesi

    ◊   “La Chiesa è un popolo che cammina, non un popolo che rimane seduto a piangere”, così il card. Julio Terrazas ha iniziato il suo messaggio di saluto alla comunità di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, durante la Messa che la diocesi ha voluto celebrare domenica scorsa per salutare il suo pastore, che lascia per limiti di età, e accogliere il nuovo arcivescovo di Santa Cruz, mons. Sergio Alfredo Gualberti Calandrina. Erano presenti i fedeli di tutta la diocesi e delegati di diverse altre diocesi della Bolivia. Il nunzio apostolico ha sorpreso tutti leggendo una lettera di Papa Francesco. “Caro Fratello: ora che sei pronto a lasciare il governo pastorale dell'arcidiocesi di Santa Cruz de la Sierra, ti invio i miei cordiali saluti, pieni di profonda gratitudine, per il generoso e competente impegno nel ministero episcopale, che ha dato splendidi frutti per il bene del santo popolo fedele di Dio e anche per accrescere la solidarietà e la convivenza pacifica in questo Paese, anche in tempi difficili”, ha scritto il Papa al card. Terrazas, che aveva iniziato il suo ministero come missionario redentorista. Il card. Terrazas alla fine della celebrazione ha ricordato "Il Papa ci invita a camminare, io dico, a camminare con il nuovo Pastore, per andare sempre avanti. La Chiesa deve camminare e deve raggiungere tutti gli uomini perché la gloria di Dio riesca ad arrivare anche ai più piccoli, ai più abbandonati”. (R.P.)

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    Sud Sudan: ancora diffusa la pratica dei matrimoni precoci

    ◊   In molte comunità del Sud Sudan è ancora molto diffusa la pratica dei matrimoni precoci, e le ragazze sono considerate una fonte di ricchezza dal momento che vengono date in spose in cambio di mucche. Secondo il Ministry of Gender and Child Affairs, il 48% delle ragazze sud sudanesi di età compresa tra 15 e 19 anni sono sposate, qualcuna anche a 12 anni. Nonostante il South Sudan’s Child Act 2008 stabilisca che l’età minima di matrimonio è 18 anni, e preveda la prigione per chiunque contravvenga alla legge, questa non viene presa in considerazione. Il matrimonio precoce infatti fa parte delle usanze di molte comunità dove, una volta che una ragazza raggiunge l’età della pubertà viene considerata donna e di conseguenza tanti familiari non esitano a “cederla” in sposa in cambio di mucche. Altri favoriscono i matrimoni precoci per timore che le proprie figlie rimangano incinte da nubili, fenomeno condannato dalle culture locali, e di conseguenza nessuno le vorrebbe più in sposa o solo in cambio di poche mucche. Le donne e le ragazze locali rimangono particolarmente vulnerabili. Dopo 21 anni di guerra civile con il Sudan, molte sono rimaste vittime di atroci violenze e soprusi di ogni genere, inclusi stupri e sequestri. I matrimoni precoci, la violenza sulle donne e molte altre disparità di genere sono dovuti alle leggi di diritto consuetudinario. Gli attivisti sostengono che il fatto che le leggi non siano trascritte consentano ai responsabili locali, prevalentemente uomini, di interpretarle a proprio piacimento. Secondo il sistema giudiziario del Sud Sudan, il diritto consuetudinario che consiste in molte leggi tradizionali non scritte, viene applicato secondo la legge statutaria. Tuttavia, la pratica rimane controversa, visto che molti casi di diritto consuetudinario sono considerati ingiusti. Prima che un trattato del 2005 ponesse fine al conflitto dividendo il Sudan in due, sono morte circa 2 milioni di persone e altre 4 milioni sono state sfollate. Secondo le Nazioni Unite, nel 2011 ne sono morte almeno 1600 nei conflitti tra i gruppi etnici Murle e Lou Nuer. (R.P.)

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    Gli emigranti del Maghreb sono vittime e non causa della crisi europea

    ◊   “Gli emigranti sono vittime e non causa della crisi europea. L'azione ecclesiale è diretta principalmente alla difesa urgente di ospitalità e accoglienza dei migranti”, così il direttore della Commissione episcopale spagnola per le migrazioni, padre Jose Luis Pinilla, commenta, in una nota inviata all'agenzia Fides, le conclusioni dell’incontro che 19 vescovi e religiosi del sud Europa e il Nord Africa hanno tenuto a Marsiglia per discutere la realtà della migrazione tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Padre Pinella ha ricordato che la Chiesa è oggi una delle poche istituzioni che lavorano a favore degli immigrati, attraverso la Caritas e le delegazioni delle Migrazioni. La Commissione mista “Maghreb-Europa-Mediterraneo” si riunisce ogni due anni, su iniziativa della Conferenza dei vescovi del Nord Africa e della Commissione per il servizio alla Chiesa Universale, nella Chiesa francese. L'incontro ha trattato anche il tema della “primavera araba” nei diversi Paesi, e l'impatto dei cambiamenti che si sono verificati nella regione del Sahel in Africa. “Questo momento di riflessione e di cambiamento coincide ora con una situazione in cui i cristiani ricevono minacce e violenza. La crisi si è aggravata ulteriormente, come nel caso dell'Egitto”, afferma la Commissione, chiedendo “di promuovere il dialogo autentico tra le diverse religione”. I componenti della Commissione mista Maghreb-Europa-Mediterraneo ha anche affrontato il tema del ruolo della Chiesa nei paesi del Sud Europa colpiti dalla crisi come Spagna, Italia e Portogallo. (R.P.)

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    Aperta Causa di Beatificazione di due sacerdoti uccisi dai nazisti

    ◊   Il vescovo di Cuneo, mons. Giuseppe Cavallotto, aprirà ufficialmente il 31 maggio prossimo - presso il Monastero delle Clarisse a Boves - la Causa di Beatificazione di don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, rispettivamente parroco e viceparroco di Boves, nel cuneese, uccisi dai nazisti durante la loro prima rappresaglia in Italia, il 19 settembre 1943. I due sacerdoti, sottolinea il postulatore, don Bruno Mondino, “rimasero accanto ai loro parrocchiani fino al sacrificio supremo della loro stessa vita”, “la loro presenza in quelle ore tragiche fu in effetti quella di pastori” che si “adoperarono concretamente per la salvezza del Paese”. Il vescovo di Cuneo, presentando un piccolo volume sulla storia dei due sacerdoti ha affermato: “Le mani alzate e benedicenti del parroco e del viceparroco, il loro eroico sacrificio, parlano di riconciliazione, di perdono, di speranza. Fino a quando c’è qualcuno che risponde al male con il bene, che semina gratuitamente bontà, che paga di persona, siamo autorizzati a guardare con fiducia ad un futuro migliore!”. (A.G.)

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    L'architettura sacra in Friuli: l'attività di Giacomo Della Mea in una recente esposizione a Roma

    ◊   Si è tenuta a Palazzo Ferrajoli, sede di rappresentanza della Regione Friuli-Venezia Giulia a Roma, la mostra “Giacomo Della Mea - Architettura sacra in Friuli 1948-1968”. L'esposizione, frutto di sinergia tra la Regione, il Fogolâr Furlan di Roma e Giovanni Della Mea, conservatore dell’archivio del padre, ha inteso ripercorrere gli ultimi vent'anni di attività dell'artista friulano nato a Raccolana nel 1907 e morto a Udine nel 1968. Negli anni Trenta pittore, disegnatore e incisore, dal 1946 Della Mea si dedicò all'architettura sacra progettando nuovi edifici di culto o ristrutturazioni di chiese già esistenti. La mostra romana, curata da Giorgio Della Longa e Barbara Fiorini, ha proposto una scelta delle tavole disegnate a colori e in bianco e nero dall’architetto per numerose chiese in Friuli e a Trieste, oltre a due disegni per un ponte tra Danimarca e Svezia, segnalati nel 1965 dalla giuria del concorso. Dal punto di vista formale, Della Mea ripercorse, con risultati originali, gli arditi temi strutturali sviluppati da Pierluigi Nervi riuscendo ad interpretare con soluzioni di notevole funzionalità il tema della spazio per il culto, in un periodo delicato sotto il profilo sociale ed ecclesiale che poco dopo avrebbe conosciuto la riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Di quella stagione, scrive l'architetto Della Longa, egli è stato reale anticipatore, “attento a cogliere e a tradurre in opera le sollecitazioni della nuova età ecclesiale”. In occasione della mostra è stato rieditato il catalogo dedicato alla produzione architettonica sacra di Della Mea, pubblicato nel 2012, con l'aggiunta di due contributi, il primo sul rapporto di Della Mea con alcuni artisti contemporanei e il secondo sulla sua attività nel campo dell'architettura civile. (A cura di Adriana Masotti)

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    Italia, amministrative: a Roma sarà ballottaggio Marino-Alemanno, crolla M5S

    ◊   Alla tornata elettorale delle amministrative di ieri in Italia, la sfida principale – quella per la poltrona di sindaco di Roma – è stata vinta al primo turno da Ignazio Marino, candidato del centrosinistra, che con oltre 12 punti di vantaggio (512.720 voti), ha superato abbondantemente il sindaco in carica, Gianni Alemanno (364.337 voti). Entrambi si sfideranno al ballottaggio del 9 e 10 giugno. Evidente il tracollo del M5S, con il candidato Marcello De Vito che ha ottenuto il 12,43%), mentre l'imprenditore Alfio Marchini ha collezionato il 9,48% di consensi. La notizia principale riguarda però il forte astensionismo che ha caratterizzato il voto di ieri: nelle 2.600 sezioni di Roma hanno votato 589.495 uomini su 1.107.114 aventi diritto (il 53,25%) e 656.156 donne su 1.252.005 aventi diritto (52,41%). Rispetto alla precedente tornata il calo di presenze ai seggi è stato di oltre 20 punti. (A.D.C.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 148

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