![]() | ![]() |

Sommario del 27/05/2013
Il Papa: cultura del benessere e fascino del provvisorio non ci fanno seguire Gesù
◊ Per seguire Gesù dobbiamo spogliarci della cultura del benessere e del fascino del provvisorio. E’ quanto affermato stamani da Papa Francesco, nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha quindi sottolineato che dobbiamo fare un esame di coscienza sulle ricchezze che ci impediscono di avvicinare Gesù. Alla Messa, concelebrata dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, hanno preso parte i membri del Pontificio Consiglio degli Operatori Sanitari, guidati dal presidente mons. Zygmunt Zimowski, e un gruppo di collaboratori dei Servizi Economici del Governatorato, guidati dal dott. Sabatino Napolitano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Gesù chiede a un giovane di dare tutte le sue ricchezze ai poveri e seguirlo, ma questi se ne va rattristato. Papa Francesco ha svolto l’omelia muovendo dal celebre episodio raccontato dal Vangelo odierno. E subito ha sottolineato che “le ricchezze sono un impedimento” che “non fa facile il cammino verso il Regno di Dio”. Del resto, ha avvertito, “Ognuno di noi ha le sue ricchezze, ognuno”. C’è sempre, ha detto, una ricchezza che ci “impedisce di andare vicino a Gesù”. E questa va cercata. Tutti, ha proseguito, “dobbiamo fare un esame di coscienza su quali sono le nostre ricchezze, perché ci impediscono di avvicinare Gesù nella strada della vita”. Il Papa si è quindi riferito a due “ricchezze culturali”: innanzitutto la “cultura del benessere, che ci fa poco coraggiosi, ci fa pigri, ci fa anche egoisti”. Il benessere “ci anestetizza, è un’anestesia”:
"‘No, no, più di un figlio no, perché non possiamo fare le vacanze, non possiamo andare qua, non possiamo comprare la casa’. Sta bene seguire il Signore, ma fino a un certo punto. Questo è quello che fa il benessere: tutti sappiamo bene com’è il benessere, ma questo ci getta giù, ci spoglia di quel coraggio, di quel coraggio forte per andare vicino a Gesù. Questa è la prima ricchezza della nostra cultura d’oggi, la cultura del benessere’.
C’è poi, ha soggiunto, “un’altra ricchezza nella nostra cultura”, una ricchezza che ci “impedisce di andare vicino a Gesù: è il fascino del provvisorio”. Noi, ha osservato, siamo “innamorati del provvisorio”. Le “proposte definitive” che ci fa Gesù, ha detto, “non ci piacciono”. Il provvisorio invece ci piace, perché “abbiamo paura del tempo di Dio” che è definitivo:
“Lui è il Signore del tempo, noi siamo i signori del momento. Perché? Perché nel momento siamo padroni: fino qui io seguo il Signore, poi vedrò… Ho sentito di uno che voleva diventare prete, ma per dieci anni, non di più… Quante coppie, quante coppie si sposano, senza dirlo, ma nel cuore: ‘fin che dura l’amore e poi vediamo…’ Il fascino del provvisorio: questa è una ricchezza. Dobbiamo diventare padroni del tempo, facciamo piccolo il tempo al momento. Queste due ricchezze sono quelle che in questo momento ci impediscono di andare avanti. Io penso a tanti, tanti uomini e donne che hanno lasciato la propria terra per andare come missionari per tutta la vita: quello è il definitivo!”.
Ma anche, ha detto, penso a tanti uomini e donne che “hanno lasciato la propria casa per fare un matrimonio per tutta la vita”; quello è “seguire Gesù da vicino! E’ il definitivo!”. Il provvisorio, ha ribadito Papa Francesco, “non è seguire Gesù”, è “territorio nostro”:
“Davanti all’invito di Gesù, davanti a queste due ricchezze culturali pensiamo ai discepoli: erano sconcertati. Anche noi possiamo essere sconcertati per questo discorso di Gesù. Quando Gesù ha spiegato qualcosa erano ancora più stupiti. Chiediamo al Signore che ci dia il coraggio di andare avanti, spogliandoci di questa cultura del benessere, con la speranza - alla fine del cammino, dove Lui ci aspetta - nel tempo. Non con la piccola speranza del momento che non serve più. Così sia”.
◊ Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza: Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute); il Card. Velasio De Paolis, C.S., Presidente emerito della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Il Papa riceve inoltre in udienza Mons. Lúcio Andrice Muandula, Vescovo di Xai-Xai, Presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico.
Mons. Bertolone: il grido di Papa Francesco ai mafiosi, messaggio meraviglioso
◊ Risuonano con forza ancora oggi le forti parole pronunciate ieri all’Angelus da Papa Francesco che, ricordando la Beatificazione di don Pino Puglisi, ha elevato la sua preghiera perché “i mafiosi e le mafiose si convertano a Dio”. Su queste parole, Fabio Colagrande ha raccolto il commento di mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e postulatore della Causa di Beatificazione di don Puglisi:
R. – Innanzitutto le reputo il suggello di un cammino ecclesiale iniziato negli anni Ottanta e che ha avuto il suo momento più alto con il grido di Giovanni Paolo II, vent’anni fa, nella Valle dei Templi, nel mese di maggio, il 9 maggio 1993 per l’esattezza. Questo pensiero, pur nella sua brevità di Papa Francesco, chiude – se così possiamo dire – questo iter in occasione della Beatificazione di Puglisi. Quindi un messaggio meraviglioso, di forza, che deve entrare nella mente – mi permetto di dire – non solo dei palermitani e dei siciliani, ma di tutti i buoni credenti, perché la malavita, che si chiami mafia o con un altro nome, l’abbiamo un po’ in tutto il mondo. Segna la inconciliabilità assoluta tra Vangelo e qualsiasi altra forma di violenza e di sopraffazione. Un bel messaggio quello del Papa, che va a chiudere la bellissima celebrazione avvenuta a Palermo, sabato scorso, dinanzi a 100 mila persone; un bel segno di un popolo nuovo, che desidera liberarsi da questa malapianta, da questo cancro, che è ad ora il dio del potere e il dio del denaro.
D. – Ha colpito molto l’invito di Papa Francesco a pregare perché i mafiosi e le mafiose si convertano a Dio…
R. – Mi permetto di dire che nella parola “convertitevi” ci deve essere il pentimento sincero sia a livello religioso, sia a livello civile. Deve essere incluso anche il concetto di riparazione per il male fatto. La vera conversione diventa liberante, diventa rigenerante: possiamo avere un uomo nuovo. Questa è la forza del cristianesimo, la forza del Vangelo. Per cui in quella parola “convertitevi” c’è il desiderio di resurrezione: più che una condanna è un invito a vivere santamente come vuole il Signore. La grandissima presenza al Foro Italico di Palermo, ma sicuramente anche dinanzi ai televisori milioni di persone hanno potuto assistere alla celebrazione, è il segno che questo piccolo grande uomo, questo umile uomo, con la sua semplicità, con la sua umiltà, il suo senso ecclesiale, fatto di ubbidienza e fatto di povertà, fatto di dolcezza e fatto di mitezza, ha seguito Cristo fino in fondo. Quindi diventa un’immagine trasparente, vivente per gli uomini di oggi, perché è collegato alla Croce di Cristo. Come il chicco di grano: se non muore non porta frutto.
La preghiera dei bambini della Prima Comunione per Papa Francesco: la riflessione di mons. Penna
◊ Molte parole e molti gesti restano impressi della prima visita di Papa Francesco in una parrocchia romana. Un incontro particolarmente sentito in cui, tra l’altro, il Papa ha dato la Prima Comunione a 16 bambini. In particolare, ha colpito il suo chinare il capo dinanzi ai bimbi, come per chiedere la loro preghiera e benedizione. Il pensiero è andato al 13 marzo, quando si è presentato al mondo, chiedendo la preghiera dei fedeli perché Dio lo benedisse. Dell’origine e del valore della benedizione, che la Chiesa annovera tra i sacramentali, cioè gesti sacri, Fausta Speranza ha parlato con il biblista prof. mons. Roberto Penna, docente alla Pontificia Università Lateranense:
R. – All’origine c’è una prassi ebraica, non greca, non romana, ma proprio ebraica, dove la benedizione viene data da Dio e anche a Dio. Nel primo caso, è tipico il testo del Libro dei Numeri, al capitolo 6, una formula che credo sia anche nota, dove si dice: “Così benedirete gli israeliti, direte loro: ‘Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il Suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il Suo volto e ti conceda pace’. Questo è un testo bellissimo. Poi, però, nell’ebraismo, in particolare nel culto sinagogale, c’è la benedizione a Dio, non nel senso che gli si voglia fare un favore o augurargli del bene, ma nel senso di riconoscere la sua diversità, la sua superiorità, il suo dinamismo salvifico. Dio viene benedetto perché Lui è mio amico - diciamo in termini molto semplici - dove la benedizione equivale quasi ad un ringraziamento.
D. – Ma quanta fiducia ci dà Papa Francesco, chiedendo la nostra benedizione? E poi è anche una responsabilizzazione al “bene dire”, anche al "bene parlare", piuttosto che al “male dire”, che troppo spesso facciamo contro qualcuno o contro qualcosa, anche per futili motivi...
R. – Beh, è un segno di con-unione, proprio di comunione. Ed è un gesto di responsabilizzazione e anche di valorizzazione del mio interlocutore, perché gli auguro ogni bene, non in termini generici, neutrali, filantropici, ma proprio il bene di Dio stesso. C’è anche il famoso “benedictus” che Zaccaria pronuncia nel Vangelo di Luca: benedice Dio. Ci sono alcune lettere di Paolo in cui si comincia - nella Lettera agli Efesini – “Benedetto Dio Signore, Padre, Signore nostro Gesù Cristo”, e viene cioè benedetto Dio stesso, ma come fonte di benedizione, perché il testo degli Efesini dice: “il quale ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale in Cristo”. E’ vero che nelle lettere di Paolo non c’è una benedizione data ai destinatari. Questa è prassi che si è poi istituita e consolidata e di cui il gesto di Papa Francesco è una bella dimostrazione.
D. – In particolare, ieri, ha chianto il capo dinanzi ai bambini, come per chiedere una benedizione. Quanto valore in più può avere – diciamo così – la benedizione dei più puri di cuore?
R. – E’ una richiesta paterna, diciamo la verità, che esprime la comunione sua con loro e apprezza il loro rapporto con sé, con lui, con il Papa. E’ una benedizione pura, fresca, che non può che fare del bene.
D. – E in ogni caso, quanto fa bene a chi la dà la propria benedizione, oltre che al destinatario?
R. – Fa bene sì, ma fa bene nel senso che esprime già uno stato di bene. Esprime l’idea di una mia comunione. Io stesso voglio dire bene di lui, perché poi questo benedire è un termine latino, che esprime il dire, solo il dire, ma nel testo originale non c’è solo il dire, c’è proprio il riferimento all’atto che si verifica dell’assistenza di Dio su chi è presentato come destinatario. Ci deve essere insomma un coinvolgimento globale della persona nel suo rapporto, nella sua dimensione relazionale.
D. – Papa Francesco, che ci dice di non essere cristiani inamidati, cristiani da museo, cristiani part-time, ci chiama anche alle benedizioni: - come dire - ci chiede di essere cristiani vivi davvero...
R. – Sì, direi proprio di sì. E nella misura in cui questa benedizione implica, non solo un rapporto antropologico a livello di pura relazionalità umana, ma implica e richiede la benedizione di Dio stesso in Gesù Cristo. Benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti.
Visita di mons. Paglia in Argentina e Cile: nuovo slancio alla famiglia
◊ Si è conclusa ieri a Santiago del Cile la visita dell’arcivescovo Vincenzo Paglia in Cile e Argentina, iniziata lo scorso 21 maggio. In Cile, il presidente del dicastero per la Famiglia, accompagnato dal nunzio apostolico mons. Ivo Scapolo, ha partecipato a numerose iniziativa accademiche, dall’inaugurazione di un convegno con i responsabili di alcuni Centri Familiari dell’America Latina ad un incontro presso il Seminario Pontificio Maggiore di Santiago. Ha inoltre visitato due importanti santuari: Santa Teresa delle Ande e quello nazionale di Maipú. Mons. Paglia ha dunque potuto incontrare docenti, studenti e soprattutto famiglie e persone impegnate nella pastorale familiare. L’arcivescovo Paglia ha esortato a svolgere una duplice azione pastorale e culturale affinché la famiglia torni ad essere l’ideale delle giovani generazioni. Inoltre, ha affermato che solo la “famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna” è “una vera risorsa sociale”. In Argentina, mons. Paglia - accompagnato dalla delegazione del dicastero - aveva invece tenuto, all’Università cattolica di Buenos Aires, una relazione sul 30.mo della Carta dei Diritti della Famiglia. “La famiglia – ha detto mons. Paglia – non è negata o rigettata in quanto tale, ma si accetta che unite ad essa vi siano forme di vita e di esperienza relazionale apparentemente compatibili, che in realtà la sconvolgono”. Durante la due giorni in Argentina, il presule ha anche visitato l’arcidiocesi di La Plata, messa a dura prova dall’alluvione dell’aprile scorso. Mons. Paglia ha consegnato un contributo economico a sostegno di un progetto volto ad aiutare le famiglie a tronare a pranzare assieme. La visita è stata anche l'occasione per incontrare il nuovo arcivescovo di Buenos Aires, successore di Papa Francesco, mons Aurelio Poli, con i vescovi responsabili della famiglia della Conferenza episcopale argentina e della Conferenza episcopale latinoamericana (Celam), le autorità accademiche e molti studenti dell'Università Cattolica, insieme a numerosi giornalisti delle principali testate del Paese. (A.G.)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Il vescovo in parrocchia: in prima pagina, un editoriale del direttore sulla prima visita di Papa Francesco a una comunità della sua diocesi.
Mafie che rendono schiavi: all'Angelus il Papa ricorda don Puglisi e invoca la conversione dei malavitosi.
In rilievo, nell'informazione internazionale, i timori per un contagio del conflitto siriano.
Un articolo di Carlo Bellieni dal titolo "Il vento di Bob chiuso in un cassetto": cinquant'anni fa "Blowin'in the Wind".
Roque, Alonso, Juan e la Conquistatrice: padre Fidel Gonzalez Fernandez sulle imprese dei fondatori delle Riduzioni gesuitiche del Paraguay canonizzati da Papa Wojtyla nel 1988.
Nel segno della speranza: da Manila, Cristian Martini Grimaldi illustra devozione dei cattolici filippini nella storia e nella vita quotidiana.
Unità ed equità sociale per l'Argentina nei Te Deum per la festa dell'indipendenza.
Siria: il conflitto rischia di estendersi al Libano, razzi su Beirut
◊ Ennesima giornata di sangue in Siria. Epicentro dei combattimenti ancora la città di Qusayr, vicina al confine con il Libano; qui da giorni si danno battaglia i lealisti, supportati dalle milizie di Hezbollah, e gli insorti anti-regime. Nelle violenze ha perso la vita anche una giornalista della tv di Stato siriana. Un’autobomba ha, invece, causato la morte di 6 persone a Damasco. E intanto cresce la preoccupazione anche in Libano, dopo i due razzi caduti ieri su Beirut. Salvatore Sabatino ne ha parlato con la collega Susan Dabbous, raggiunta telefonicamente nella capitale libanese.
R. - Beirut sicuramente ieri ha subito un fortissimo colpo, perché quello che è accaduto è molto al di fuori di ciò che aveva portato finora all’espansione del conflitto siriano in Libano.
D. - Tutto questo, ovviamente, ci fa pensare ad uno stato di tensione interna con gli Hezbollah che ricoprono un ruolo sempre più importante in questo conflitto…
R. - Sì, anche se bisogna sottolineare che è cambiata semplicemente la strategia comunicativa, cioè quello che stava facendo Hezbollah dall’inizio del conflitto - soprattutto negli ultimi sei mesi - con un’intensificazione della presenza sul campo indiscutibile, confermata anche da vertici interni. Quello che è cambiato è quindi la strategia, la strategia comunicativa: il discorso “incendiario” che ha fatto il leader di Hezbollah, Nasrallah - sabato pomeriggio - è sicuramente qualcosa che va ad alzare la tensione e ha detto che non solo supporta il regime di Damasco, di Bashar al Assad, ma è un supporto vicino alla vittoria.
D. - Questo discorso ha preoccupato moltissimo anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che è intervenuto. Le sue parole come sono state recepite in Libano?
R. - C’è sempre questo “doppiogiochismo”, tipico della politica libanese che non è mai apertamente critica nei confronti di ciò che arriva dall’Occidente, perché il governo è sempre aperto alle Nazioni Unite.
D. - Questa situazione di tensione avrà delle ripercussioni anche sul futuro governo libanese?
R. - E’ difficile da dire, perché la formazione del governo di solito dipende da altri meccanismi, che sono anche molto più clientelari, basati su scambi che avvengono su base regionale. Per cui, al di là di quello che possiamo vedere macroscopicamente del conflitto tra sciiti e sunniti e quant’altro, poi invece sulla formazione del governo giocano altri fattori.
D. - Parliamo ora dei combattimenti che stanno interessando l’area di Tripoli, nel nord del Libano: almeno 31 i morti in una settimana di scontri. Quello che era un rischio sta diventando una pericolosa realtà: la guerra sta arrivando nel “Paese dei cedri”…
R. - Possiamo fare due analisi, la prima è ottimista: possiamo dire che questa situazione di tensione è presente da più di un anno; ero proprio qui l’anno scorso - più o meno in questo periodo - quando erano ricominciati i conflitti a Tripoli, su larga scala, e poi non si sono mai espansi rispetto ai due quartieri storicamente rivali. Dall’altro lato se invece vogliamo vedere la cosa da un punto di vista più pessimistico, non c’era stata finora un’escalation così grave: il bilancio dei 30 morti in una sola settimana è finora il più grave; c’erano state delle settimane particolarmente sanguinose - soprattutto a dicembre - ma non si era mai superato il numero dei 17-19 morti. Purtroppo è brutto parlare in questi termini di vite umane, però è pure vero che Tripoli rappresenta questa sorta di “cliché” della guerra tra i due quartieri. Per cui, parlare di guerra in Libano quando scoppiano conflitti a Tripoli è di solito piuttosto inappropriato...
Medio Oriente: gli Usa annunciano aiuti all'economia palestinese
◊ Un’iniziativa che rilancia il ruolo degli Stati Uniti come primo mediatore nella crisi israelo-palestinese. Si tratta del piano da 4 miliardi di dollari, annunciato dal segretario di Stato Usa, John Kerry, ieri al Forum economico mondiale tenutosi in Giordania, per rilanciare l’economia palestinese, soprattutto nel settore turistico. Per un commento su questa iniziativa, Giancarlo La Vella ha sentito Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. – L’annuncio di questo piano, che è coordinato con il Quartetto di mediatori per il Medio Oriente, è un segnale che l’amministrazione Obama vuole lanciare soprattutto alla società palestinese, per dire che l’intenzione è quella di fare sul serio in questo processo di pace. E’ un modo per far ripartire soprattutto la fiducia.
D. – Per la buona riuscita di questo piano, e quindi la destinazione effettiva proprio nel campo turistico, ci vorrà in qualche modo anche la collaborazione israeliana?
R. – Questo sicuramente sì. Sono tutti investimenti che hanno un senso nel momento in cui il contesto è quello di un rapporto di pace, che renda facile anche il transito delle persone, soprattutto attraverso i varchi. Però stiamo parlando soprattutto di infrastrutture, per cui è comunque un investimento che vale anche di per sé, perché crea lavoro, crea una situazione in cui ci possono essere buone prospettive di crescita, anche all’interno della società palestinese. Per cui è soprattutto un’iniezione di speranza di fronte ad una situazione che, però – non dimentichiamolo – rimane piena di incognite, perché è un processo di pace che riparte da posizioni che sono, tra loro, molto distanti. Io credo che sia soprattutto un segnale per vincere lo scetticismo in casa palestinese. Questo è un modo per dire che, comunque, l’amministrazione Obama ha intenzione di riprendere sul serio il ruolo di mediatore in questa questione.
D. – Un ruolo nuovo, quindi, per gli Stati Uniti in Medio Oriente. Ci potrebbe essere, però, l’effetto negativo di quanto sta avvenendo fuori da Israele e dai Territori? Mi riferisco innanzitutto alla situazione siriana.
R. – E’ una situazione in grande fermento, però paradossalmente potrebbe invece anche essere qualcosa che spinge in direzione almeno di una stabilizzazione del contesto mediorientale, nel senso che anche tutti i giochi delle alleanze vanno riformulandosi nel nuovo scenario che si sta aprendo in Medio Oriente, anche intorno a questo drammatico conflitto che si combatte in Siria. Nello scontro, insomma, tra sunniti e sciiti, ad esempio, l’asse tra l’Arabia Saudita e l’Egitto si va rafforzando: l’isolamento dell’Iran gioca a favore anche di una trattativa in Medio Oriente e Kerry sta cercando di sfruttare questa situazione nuova, tenendo presente, però, che la distanza tra questo tipo di approccio e quello del governo israeliano di Netanyahu rimane enorme. Per cui è un processo di pace che forse ripartirà, però ripartirà comunque tutto in salita.
Colombia: storico accordo per la riforma agraria tra Farc e governo
◊ “Un risultato importante, un passo in avanti”: così il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha definito l’intesa sulla riforma agraria raggiunta, ieri, a Cuba nell’ambito dei colloqui di pace tra le Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) ed il governo di Bogotà. Un punto che è stato all’origine del conflitto che per 50 anni ha insanguinato il Paese latinoamericano. Fonti giornalistiche riferiscono di un accordo “storico”, arrivato dopo sei mesi di consultazioni. Benedetta Capelli ne ha parlato con Andrea Amato, esperto dell’area:
R. – Questo nuovo accordo sulla riforma agraria crea il primo punto dell’accordo di pace tra Farc e governo colombiano. E’ molto importante e ha una valenza storica notevole. Dopo anni di sfruttamento e dopo 50 anni di guerriglia, dove la riforma agraria è sempre stata la bandiera sventolata dalle Farc, c’é finalmente un punto di incontro, dopo sei mesi di trattative, all’Avana. Questo accordo prevede l’accesso per i campesinos alle terre incolte, grazie alla creazione di un fondo, alla frontiera agricola, alla protezione di zone di riserva, alla creazione di infrastrutture per lo sviluppo sia economico che sociale del campo colombiano, come viene detto. E’ un punto di partenza per un processo di pace lungo e faticoso. C’è però un secondo livello di lettura, ovvero che il governo di Santos sta cercando partner internazionali per, sostanzialmente, vendere le loro riserve minerarie – acqua, miniere e così via - ma questi partner internazionali, tra cui ci sono alcuni italiani, hanno bisogno di garanzie per i loro investimenti, ovvero una stabilità politica e una pace, rispetto a 50 anni di guerriglia passati. Ci sono, a conferma di queste ipotesi, il riarmo dei paramilitari di destra, delle Auc, che sembravano smantellate e invece si stanno riarmando. Ricordiamo anche che nel 2014 torneranno in libertà i capi leader delle Autodefensas Unidas de Colombia, ovvero i paramilitari di destra, dopo otto anni di prigione e di estradizione negli Stati Uniti.
D. – L’accordo ha comunque alla base la volontà di porre rimedio alle conseguenze del conflitto e quindi anche di risarcire i contadini, vittime di espropriazioni e allontanamenti forzati dalle loro terre. Ad oggi com’è la situazione dei campesinos?
R. – Ad oggi, anche se non se ne parla, continuano in maniera silente questi espropri. Non ci sono più i massacri indistinti di una volta, ma, attraverso la minaccia, si obbliga questi campesinos a lasciare le terre interessate appunto nel piano di investimenti internazionali. Quindi, comunque, la situazione, anche se la stampa locale, filogovernativa cerca di dare l'immagine di una Colombia assolutamente stabile e sicura, in realtà dice che le cose stanno peggiorando di giorno in giorno.
D. – La riforma agraria è stata proprio all’origine della lotta delle Farc. Questa intesa può cambiare anche un po’ la natura dello stesso movimento di guerriglia?
R. – Assolutamente sì. Le Farc hanno perso negli ultimi anni moltissimi guerriglieri, moltissimi adepti, ma soprattutto hanno perso il loro "brodo culturale". Negli ultimi 20 anni si erano dedicati quasi esclusivamente al narcotraffico, per autofinanziarsi, e questo li aveva completamente scollegati dalla loro ideologia di base. Quindi, questa ricerca di una pace, portando avanti le vecchie istanze, partendo proprio dalla riforma agraria, anche per loro è un motivo per riuscire a ritrovare il sostegno dei campesinos, e comunque sia degli strati più deboli da cui loro sono nati negli anni ’60.
R. – Nell’agenda dei colloqui ci sono anche altri punti importanti, come le garanzie per la partecipazione politica dei guerriglieri delle Farc. Da questo punto di vista quali prospettive possiamo ipotizzare?
R. – E’ una partita completamente aperta, che si inizierà a giocare appunto dall’11 giugno. Risolta la riforma agraria, si passerà agli altri punti dell’agenda di questo accordo. Difficile ipotizzare. E’ vero che se il governo di Santos ha necessità in questo momento di non creare frizione, di portare a termine il più possibile questi accordi di pace, è possibile che conceda anche questa sorta di amnistie, quindi di riconoscimento politico dei guerriglieri.
Ue chiude procedura d'infrazione per deficit dell'Italia
◊ Boccata d’ossigeno per l’economia italiana. La Commissione Europea proporrà mercoledì prossimo ai 27 Paesi membri di chiedere la chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo. Cruciale, per arrivare a questa decisione, il dato sul rapporto tra deficit e Pil, tornato sotto il 3%. Intanto il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ricorda in un messaggio la necessità per l’Europa di promuovere politiche coordinate per la crescita e di procedere verso l'unione politica. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
La proposta di chiusura della procedura di deficit, contenuta nella bozza del documento all'attenzione della Commissione europea, è accompagnata da precise raccomandazioni. L’Unione Europea chiede, in particolare, il consolidamento di bilancio e l’attuazione del processo di riforme per dare slancio a crescita ed occupazione. Tra le priorità, indicate da Bruxelles, anche una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, la riduzione della pressione fiscale sulle imprese, una migliore efficienza della Pubblica Amministrazione e del sistema bancario nazionale. Quali scenari si potranno aprire, per l’Italia, dopo la chiusura della procedura di infrazione? L’economista Alberto Quadrio Curzio:
“La chiusura della procedura era prevista, perché l’Italia ha certamente posto in essere una ristrutturazione dei conti pubblici molto forte. Certamente, il governo avrà qualche margine di manovra che penso andrà ad indirizzare soprattutto per favorire un riassorbimento parziale della disoccupazione, in particolare giovanile. Non so se riuscirà a finanziare qualche riduzione del cuneo fiscale contributivo; in ogni caso, si tratta di una discreta cifra ma non di una cifra tale da poter cambiare la dinamica dell’economia italiana che è particolarmente frenata e anche nell’anno corrente avremo un calo del Pil dell’1,5 %”.
La chiusura della procedura di infrazione consentirà di sbloccare circa 12 miliardi di euro. La somma sbloccata – ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi – deve essere utilizzata per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione. La chiusura della procedura di infrazione – ha detto il premier Enrico Letta – è una buona notizia ma la situazione dei conti pubblici – ha aggiunto - resta “difficile”.
Ilva. Mons. Santoro: il governo salvaguardi i posti di lavoro e risolva il problema inquinamento
◊ Settimana cruciale per il futuro dell’Ilva. Oggi, il Garante dell'Autorizzazione integrata ambientale Vitaliano Esposito vedrà i sindacati mentre il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato incontra l’amministratore delegato dimissionario Enrico Bondi. Domani il vertice con il premier Enrico Letta e il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. Lo scopo è salvare la più grande acciaieria d’Europa: sabato il Consiglio di amministrazione dell'Ilva si è dimesso dopo il maxi sequestro da 8,1 miliardi disposto nei giorni scorsi dalla procura di Taranto. L’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, chiede al governo di salvaguardare i posti di lavoro e trovare una soluzione al problema dell’inquinamento, come sentiamo nell’intervista di Debora Donnini:
R. - Noi dobbiamo fare tutto il possibile perché l’Ilva non si fermi. Sarebbe una convulsione sociale di dimensioni straordinarie: oltre ai 20 mila qui a Taranto, andrebbero disoccupati altri 20 mila ed il ciclo dell’industria italiana sarebbe toccato. Ma quello che più mi preoccupa è proprio la condizione delle famiglie in questo tempo di crisi, perciò dobbiamo sostenere la speranza delle persone. Quindi, chiedo che il governo faccia tutto lo sforzo possibile per salvaguardare i posti di lavoro ed al tempo stesso trovare anche una soluzione al problema dell’inquinamento, perché se si mettono in atto le indicazioni dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA), è possibile che ci siano segni effettivi di miglioramento dell’ambiente e della situazione.
D. - Si sta facendo qualcosa dal punto di vista ambientale?
R. - Dal punto di vista ambientale qualche segno positivo si vede. Senza andare nelle grandi analisi, vedo che sul terrazzo di casa mia, nella città vecchia ben vicino all’Ilva, mentre prima l’acqua era costantemente sporca e nera per le emissioni, adesso almeno questa situazione è migliorata sensibilmente. Da settembre in poi i segni ci sono per quanto riguarda questo. E’ chiaro che poi ci sono da fare tutti gli adeguamenti degli impianti per le emissioni più sottili, ma secondo me è possibile insistere su un rigoroso adeguamento.
D. - Il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, oggi ha chiesto che prima di prendere qualsiasi decisione irrevocabile sull’Ilva, si attenda il piano della Commissione, che sarà approvato l’11 giugno, per scongiurare la chiusura degli impianti e la perdita di migliaia di posti di lavoro…
R. - Mi sembra una cosa saggia: non possiamo prendere decisioni affrettate in questo momento. E’ chiaro che si tratta di provvedimenti che dovevano essere presi negli anni passati. Io sono qui da appena un anno e mezzo e mi sono trovato nella fase esplosiva di tutta la vertenza, ma una fretta che in questo momento mette a rischio la fabbrica, è una cosa che deve essere considerata. Bisogna fare tutti gli sforzi possibili perché questa difesa dell’ambiente e del lavoro possa continuare.
D. - Come Chiesa e lei come arcivescovo di Taranto, cosa state facendo, come state vicino alla gente?
R. - Sin dall’inizio ci siamo mossi per offrire speranza a tutti. Appena scoppiato il caso abbiamo fatto una fiaccolata ed una grande veglia, poi abbiamo seguito costantemente tutte le varie fasi, senza contare la vicinanza alle persone che vedono messo a rischio il posto di lavoro e che vengono a parlare con il vescovo perché sia difesa la situazione occupazionale. Allo stesso tempo, un sostegno a tutte le associazioni che difendono la salute, sia per gli ammalati di cancro, sia per gli ammalati di leucemia, cioè una vicinanza alle persone. Io operativamente ho messo in campo un Vicariato episcopale per la difesa del lavoro e dell’ambiente: c’è un gruppo al lavoro, è una prospettiva, ma tutto dipende da una decisione presa dal governo: cosa volete fare dell’Ilva? Volete che continui o no? Il nostro orientamento è che a questo sia data una risposta positiva e noi mettiamo in atto tutte le iniziative possibili per essere vicini alla gente, far sapere loro che non sono soli, sono insieme con il vescovo e con la Chiesa.
Referendum a Bologna: vince il no a fondi pubblici per scuole paritarie, ma vota solo il 28%
◊ Un risultato controverso quello uscito ieri a Bologna dalle urne del Referendum consultivo sui fondi comunali – 1 milione di euro - per le scuole private dell’infanzia. Consultazione costata oltre mezzo milione di euro. Sia il fronte promotore dell’opzione A che chiede di eliminare questi fondi che il fronte dell’opzione B che difende il finanziamento si dicono in qualche modo soddisfatti: il 59% dei votanti ha scelto A il 41% B. Roberta Gisotti ha intervistato Rossano Rossi, presidente della Fism, la Federazione italiana scuole materne, in prima fila nella difesa del sistema pubblico integrato:
R. – Il primo dato è l’affluenza: hanno votato meno di 3 cittadini su 10. L’affluenza si è attestata sul 28%, la più bassa in assoluto registrata da questo tipo di referendum consultivo nel nostro Comune: il 72% dei cittadini non è andato a votare. All’interno di quel 28% l’affermazione della A è stata netta: 59% contro 41% che ha votato B. Qui parliamo, però, di 50 mila cittadini, che sul complessivo mi dà meno del 16 per cento. Questo per dire cosa? Che il referendum era consultivo e probabilmente non ha appassionato in gran parte la città di Bologna, vuoi anche perché il referendum tendendo a radicalizzare le posizioni e quindi a semplificarle in maniera anche un po’ ideologica, ha lasciato a casa parecchie persone. Noi personalmente siamo dispiaciuti di questa scarsa partecipazione, soprattutto per la nostra opzione: abbiamo raccolto 35 mila cittadini che hanno detto che questo sistema va bene. Noi abbiamo lavorato, ci siamo impegnati, abbiamo messo in campo diverse personalità della città di Bologna proprio per fare in modo che fossero più cittadini a difendere e a promuovere questo sistema. Questo non è avvenuto: ne prendiamo atto. A questo punto sarà l’Amministrazione comunale che dovrà decidere se questo consiglio, che viene dato da 50 mila cittadini bolognesi, ha un peso tale da mettere in discussione tutto il sistema. Quello che è chiaro, per noi, è che comunque non si può prescindere dal sistema pubblico integrato: non stiamo parlando di scuole private, stiamo parlando di scuole paritarie, che hanno una legge alle spalle che le riconosce come servizio pubblico ed è da questo sistema integrato – composto da Stato, Comune e privato sociale – che occorre ripartire, anche alla luce di questo risultato referendario. Non si può dare scuola dell’infanzia a Bologna, come in Emilia Romagna, come in Italia, senza questa virtuosa collaborazione e integrazione tra pubblico e privato sociale.
D. – Dottor Rossi, i numeri però sono importanti in democrazia: perché 50 mila persone, il 16%, dovrebbe avere ragione, appunto, sul resto della popolazione?
R. - Questo è il dato che noi sottolineiamo. Crediamo che questo 16 per cento sia molto scarso per dare un peso e dare conseguenze che sarebbero molto negative, perché – lo ricordiamo – se l’Amministrazione decidesse di ascoltare questi 50 mila, questo 16%, significa che gran parte delle nostre scuole andrebbero in crisi e moltissime famiglie non avrebbero il posto nella scuola dell’infanzia e andrebbero ad infoltire le liste d’attesa.
D. – Dottor Rossi, è vero che un sistema pubblico secco, assoluto, costerebbe di più ai cittadini rispetto al sistema integrato?
R. – Certo, perché oggi il Comune con quel milione sostiene 27 scuole che accolgono 1.700 bambini, dando sostanzialmente 600 euro a bambino. Questo è il dato attuale. Se dovesse farsene carico – di questi 1.700 bambini – il Comune o lo Stato, per ognuno di questi, dovrebbe spendere almeno 6 mila euro. Quindi dieci volte tanto! E’ evidente che questa cosa non starebbe in piedi, nessuno la potrebbe fare, né il Comune né lo Stato, e quindi si avrebbe un impoverimento del sistema delle scuole bolognesi.
Pellegrinaggio dei militari a Lourdes. Mons. Pelvi: occasione per maturare nella fede
◊ Si è concluso oggi il 55.mo pellegrinaggio militare internazionale a Lourdes, ispirato all’Anno della Fede voluto da Benedetto XVI. Ad accompagnare il folto gruppo di pellegrini italiani al Santuario mariano è stato l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi. Il nostro inviato a Lourdes, Luca Collodi ha chiesto al presule un primo bilancio del pellegrinaggio:
R.- Il pellegrinaggio di quest’anno è diventato un’occasione ancora più propizia per la fede vera, autentica, matura dei nostri militari; è stato un pellegrinaggio vissuto con profonda adesione interiore. È la prima riflessione che mi viene, forse perché in quest’Anno della Fede il pellegrinaggio è stato preparato con tempi di preghiera, di ascolto della parola nelle varie zone pastorali italiane. Allora, possiamo dire che la preparazione è diventata poi un frutto bello, un frutto profumato e quest’anno nel bilancio ci metterei la presenza numerosissima delle accademie, delle scuole militari italiane. Abbiamo avuto un’alta percentuale di giovani a questo pellegrinaggio, allora l’Anno della Fede potrei dire per i militari è stato l’anno dei “giovani militari” qui a Lourdes.
Al servizio dei poveri di Montevideo: la testimonianza di padre Gonzalo
◊ Oltre 200 ragazzi e un centinaio di adulti: sono quanti frequentano il liceo Jubilar Giovanni Paolo II, nell’estrema periferia di Montevideo, in Uruguay, dove l’indigenza trascina i giovani verso cattive strade. Ma a donare nuove speranze è un progetto dell’arcivescovo Nicolás Cotugno, che ha incaricato un giovane sacerdote, padre Emilio Gonzalo, di sostenere quotidianamente il cammino dei più poveri di Montevideo. Padre Emilio è il sacerdote che Papa Francesco ha presentato ai fedeli della parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, nella sua prima messa pubblica. Tiziana Campisi lo ha intervistato:
R. - El liceo Jubilar…
Il liceo Jubilar è come un grande segno di speranza della Chiesa di Montevideo, della Chiesa che si volge a Gesù vivo e che dice a questi ragazzi di strada - poveri e che si trovano in una situazione di vulnerabilità sociale - "Dio tiene a voi e crede in voi, la tua vita ha e merita nuove opportunità".
D. - Chi sono i ragazzi che lei aiuta?
R. - Los chicos del liceo Jubilar Juan Pablo II…
I ragazzi del liceo Jubilar Giovanni Paolo II vivono nelle zone più povere dell’Uruguay, dove predomina l’indice di indigenza, che vuol dire che le persone non hanno il minimo necessario per andare avanti.
D. - In che modo ogni cristiano può essere missionario?
R. - Creo que para ser misioneros los cristianos…
Credo che, per essere missionari, i cristiani debbano cambiare e plasmare lo sguardo, per poter guardar la vita con gli occhi di Gesù. Guardare la vita con gli occhi di Gesù significa imparare a guardare la vita di tutti i giorni non come perdenti, ma con la spinta a mettere le mani nella sabbia, nel fango e cominciare a costruire; muovere questa terra che è piena della buona novella che Dio ha seminato - attraverso la Risurrezione e la Pentecoste - nella vita di ciascuno. Dunque, come possiamo essere piccoli missionari? Anzitutto imparando a condannare meno e a tendere di più la nostra mano.
D. - Qual è il senso della missione oggi?
R. - Creo que el sentido de la misión hoy sea uno: la gratuidad…
Credo che il senso della missione oggi sia uno: la gratuità. Dire a Dio grazie, grazie per questa misericordia, per questo perdono, per questa fiducia, per la mano che ha teso. Questo è il modo in cui io ho risposto a Dio per tutto il bene che ho ricevuto. Una missione che non nasce da un grazie credo che non possa crescere.
Papua Nuova Guinea: i vescovi contro la pena di morte
◊ I vescovi della Papua Nuova Guinea e Isole Salomone ribadiscono il “no” alla pena di morte, mentre nel Paese entra nel vivo il dibattito per la nuova legge sulla sicurezza nazionale. La pena di morte è già prevista nel Codice penale della Papua Nuova Guinea, ma solo limitato al caso di “omicidio volontario”. Non è mai stata effettivamente messa in atto, anche se vi sono alcuni condannati nel braccio della morte. Il governo sta prendendo in considerazione di estendere la pena di morte per altri gravi reati come lo stupro, l'omicidio, omicidi per stregoneria, appropriazione indebita di fondi pubblici. Come riferisce a Fides una nota di padre Victor Roche, segretario generale della Conferenza Episcopale, la Chiesa locale offre al dibattito pubblico tre ragioni per rifiutare la pena capitale. La prima è che è contro la Bibbia e contro i principi cristiani, contro il comandamento “Non uccidere”. Poiché Dio è l'autore della vita “né la magistratura né il governo hanno il potere di togliere la vita a qualcuno”. La seconda ragione è che “la pena di morte non ha fatto diminuire il tasso di criminalità nei Paesi in cui viene utilizzata e la Papua Nuova Guinea non farà eccezione”. “Migliorare il sistema di giustizia e dare la certezza della pena sono deterrenti anche migliori per il crimine”, notano i vescovi. In terzo luogo, la Chiesa chiede: “Chi giustizierà i criminali condannati a morte in Papua Nuova Guinea? Saranno connazionali o alcuni stranieri pagati? Se saranno nostri concittadini, potrebbero aver luogo uccisioni per vendetta contro la famiglia dei carnefici”, dunque questo provvedimento potrebbe “far scoppiare lotte tribali”, a danno dell’armonia nella società.
Centrafrica: violenze contro i cristiani, Paese nelle mani dei ribelli del Seleka
◊ I cristiani in Repubblica Centrafricana sono presi di mira dai militanti islamici: vengono legati, picchiati e costretti a consegnare i soldi per salvarsi la vita. La denuncia di un “un regno del terrore” contro i cristiani da parte dei ribelli del Seleka che hanno acquisito il controllo del Paese nel marzo scorso – riferisce l’Agenzia Fides - giunge da un pastore di una chiesa locale, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza. Già nei mesi scorsi alcuni cristiani sono stati uccisi o feriti. I ribelli girano alla ricerca di sacerdoti e altri lavoratori cristiani, mentre luoghi di culto e proprietà private di cristiani vengono attaccate e saccheggiate. Molti cristiani hanno abbandonato le loro case in campagna e sono troppo spaventati per tornare. Oltre 200.000 persone sono sfollate, mentre 49.000 rifugiati sono stati registrati nei paesi limitrofi. Il 10 maggio scorso Human Rights Watch (Hrw) ha pubblicato un rapporto che cita “gravi violazioni” commesse dai ribelli Seleka contro i civili, come saccheggi, esecuzioni sommarie, stupri e torture. Tra gli episodi citati, vi è un raid in una chiesa nella capitale Bangui, uno dei primi obiettivi dei ribelli Seleka, quando sono entrati in città. Hrw racconta anche dell’attacco contro un corteo funebre a Bangui il 13 aprile, quando le forze Seleka aperto il fuoco sulla folla uccidendo un leader cristiano. “La crisi del Centrafrica è ignorata dai mass media e la popolazione prevalentemente cristiana si sente abbandonata dalla comunità internazionale”, notano i leader cristiani locali. La scorsa settimana, l'inviato delle Nazioni Unite Margaret Vogt ha invitato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a prendere in considerazione il dispiegamento di una forza di sicurezza per “contenere l'attuale stato di anarchia”, chiedendo l'imposizione di sanzioni a ribelli, accusati di gravi violazioni dei diritti umani.
Honduras. Le bande armate siglano una tregua. Mons. Emiliani: si dialoghi anche con loro
◊ Il lungo lavorio e la tessitura di dialogo e negoziato dietro le quinte ha dato i suoi frutti: mons. Rómulo Emiliani, vescovo ausiliare di San Pedro Sula, ha confermato che questo martedì, 28 maggio, nel carcere di San Pedro Sula, nel nord del Paese, le due bande armate “Mara Salvatrucha” e “Barrio 18”, che stanno combattendosi ferocemente nel Paese, firmeranno una tregua, chiederanno perdono alla società e presenteranno la loro disponibilità a dialogare con il governo. Si tratta di un passo avanti importante, come sottolinea il vescovo nella nota inviata a Fides: “Se la Colombia sta negoziando con i guerriglieri delle Farc, è la prova che si può negoziare, anche con gruppi illegali perché le istituzioni non possono pensare di rimanere ferme, immobili, a raccogliere i frutti di questa trattativa, senza negoziare”. Mons. Emiliani si dice soddisfatto perché “i gruppi faranno una dichiarazione pubblica di tregua, chiederanno scusa alla società, si diranno pronte a dialogare con la polizia”. "Il governo è informato, adesso deve esprimersi per il dialogo” e prendere iniziative, ha concluso. L’Honduras è uno dei Paesi più violenti al mondo. Infatti l'ultimo rapporto pubblico sulla violenza registra 85 omicidi ogni 100mila abitanti. Il Paese vive una situazione di violenza, in gran parte causata dallo scontro fra bande criminali. L’opera della Chiesa nelle carceri ha scoperto la possibilità di proporre una convivenza pacifica guidata dagli stessi protagonisti e ha dato priorità al lavoro pastorale nei centri di reclusione. Solo pochi giorni fa il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, domandava a tutti nella cattedrale di Tegucigalpa: “Come si vive in Honduras? Io rispondo: con paura!”. E proprio per questo che il cardinale ha invitato la comunità e tutta la popolazione ad impegnarsi per cambiare la situazione di violenza. “Ma se noi non lavoriamo per la giustizia, sarà molto difficile vivere in pace”.
Le Missioni gesuite tra gli indios al centro della Settimana paraguayana a Roma
◊ Dal 27 al 31 maggio si svolge a Roma, presso la Reale Accademia di Spagna, la “Settimana paraguayana” organizzata dall’Ambasciata del Paraguay presso la Santa sul tema “Il Paradiso in Paraguay: le Missioni gesuite del Paraguay. La Città di Dio nella Città terrena. La terra senza il male”. L’iniziativa è stata promossa in collaborazione con la Pontificia Commissione per l’America Latina, il Meeting di Rimini e la Reale Accademia di Spagna in occasione dell’Anno della Fede, del Bicentenario della Proclamazione della Repubblica del Paraguay e del 25° anniversario della Canonizzazione di San Roque Gozalez de Santa Cruz SJ e della visita del Beato Papa Giovanni Paolo II in Paraguay. A inaugurare la settimana, questo lunedì alle 18.30, il cardinale Marc Ouellet, presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina e prefetto della Congregazione per i Vescovi. Tra gli interventi, quello del dott. Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina. Tra le attività in programma: una conferenza sulle Missioni gesuite in Paraguay di padre Aldo Trento, sacerdote della Fraternità di San Carlo Borromeo, esperto di missioni in Paraguay e fondatore della Fondazione San Rafael di Asunción e una conferenza di padre Fidel Gonzales, professore di Storia della Chiesa presso la Gregoriana e l’Urbaniana di Roma, che illustra la figura di San Roque Gozalez de Santa Cruz, il grande missionario gesuita presso gli indios Guaraní, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1988.
Siccità in Namibia: la carestia mette a rischio 300mila persone
◊ È emergenza nazionale in Namibia per una siccità che sta colpendo gran parte del Paese: lo riferisce il quotidiano New Era citato dalla Misna, sottolineando come siano ormai 300.000 le persone che vivono in una condizione di “insicurezza alimentare”. L’entrata in vigore delle misure straordinarie, sottolinea il giornale, è stata disposta alcuni giorni fa dal presidente Hifikepunye Pohamba. Secondo il capo dello Stato, la situazione è ancora più grave rispetto a quella che si era venuta a creare due anni fa a causa delle alluvioni nelle regioni settentrionali del paese. Pohamba ha detto che la scarsità delle precipitazioni rischia di determinare quest’anno un calo del 48% nella produzione di granturco. “Molte famiglie hanno finito le loro scorte alimentari già nel settembre scorso – ha aggiunto il presidente – e ora dipendono completamente dal mercato”. Nell’ambito delle misure di emergenza il governo si è impegnato ad avviare alcuni programmi di sostegno alimentare, in particolare nelle scuole. Le difficoltà della Namibia si inseriscono in un contesto regionale. Subito a nord del confine, nel sud dell’Angola, una siccità prolungata sta mettendo a dura prova altre 300.000 persone.
La testimonianza di un sacerdote greco: Atene, metropoli alla periferia del mondo
◊ Non esistono solo le periferie delle metropoli ma anche metropoli alle periferie del mondo, intere città - non quartieri - preda del loro stesso destino segnato, in questo tempo di crisi, da problemi di sopravvivenza economica e di convivenza sociale e civile. Perché guardare un padre di famiglia che si sporge su un cassonetto della spazzatura per cercare qualcosa di commestibile da riportare a casa, o una madre disperata costretta a chiedere aiuto per pagare bollette della luce o del gas, per non parlare delle rate di mutui e di affitti, non è solo uno scatto che fissa un istante drammatico di vita ma uno dei tanti fotogrammi che raccontano una storia lunga ormai almeno quattro anni. Padre Andreas Voutsinos descrive così la sua città, Atene, capitale di una Grecia che vede oltre il 62% dei suoi giovani tra i 15 e 24 anni senza lavoro, con un tasso di disoccupazione nazionale al 27%. La situazione resta drammatica anche se il 14 maggio l’agenzia di rating Fitch – ricorda il Sir - ha alzato il rating sul debito ellenico da tripla C a “B-”, segno che lo spread tra i titoli greci e quelli degli Stati più parsimoniosi dell’Eurozona, come la Germania, si è ridotto in misura significativa. Riduzione peraltro resa possibile solo con drastiche misure di austerity e di tagli del governo e non per la ripresa economica, sempre più lontana. (A.L.)
L’arcivescovo di Cosenza: donne spesso ridotte solo a oggetto di desiderio
◊ Rievocando i tanti episodi di femminicidio degli ultimi tempi, mons. Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, ricorda in una lettera, ripresa dal Sir, le “cronache atroci di giovani donne spesso ridotte solo a oggetto di desiderio e ad una escalation di delitti e di violenze”. “Il mio pensiero va alle tante ragazze che nella nostra terra, nella nostra Italia, vengono maltrattate e poi uccise con brutalità”. “Penso all‘angoscia e alle lacrime delle madri, dei familiari che restano impotenti di fronte a tale crudeltà”. Tra gli ultimi drammatici episodi di violenza, particolarmente scioccante è stato quello avvenuto venerdì scorso a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza: un ragazzo di diciassette anni, al culmine di una lite, ha ucciso la fidanzatina di sedici. Il giovane ha prima colpito la ragazza con sette coltellate e successivamente - mentre la ragazza era ancora viva - l'ha cosparsa di benzina e le ha dato fuoco. Nella lettera mons. Nunnari ha anche ricordato Arcangela Filippelli, uccisa il 17 maggio 1869 all’età di 16 anni per non aver voluto cedere alle avance di un giovane del luogo. “La purezza, virtù autenticamente cristiana, custodita fino all‘effusione del sangue come adesione al Vangelo - scrive il presule nella lettera rivolta ai giovani in occasione della chiusura, il prossimo 29 maggio, della causa diocesana - è in questo tempo un forte richiamo alla dignità del corpo, della donna, al valore del sacramento del matrimonio vero e unico spazio dell’Amore, secondo quei valori evangelici, di cui la società può e deve essere ancora inculturata”. (A.L.)
Crisi: dalla Caritas Bolzano-Bressanone un manuale per aiutare chi ha debiti
◊ Un manuale per consigli utili per aiutare le persone indebitate a superare il momento di difficoltà. E’ l’iniziativa lanciata dalla Caritas di Bolzano-Bressanone, che l’anno scorso ha visto oltre 1300 persone rivolgersi all’ufficio consulenza debitori per problemi finanziari (il 14% in più rispetto all’anno precedente, nonostante più della metà disponga di un reddito da lavoro). Perciò la Caritas – riferisce l’Agenzia Sir - ha deciso di ristampare in una versione aggiornata il manuale “Debiti, cosa fare?”, distribuito gratuitamente, con informazioni e consigli per gestire i debiti ed evitare peggiori conseguenze. Per “debiti” si intendono sia conti correnti scoperti, sia rate del leasing, arretrati dell’affitto, multe, bollette non pagate, supplementi di tasse. “Se non pagati possono portare al pignoramento dello stipendio, della pensione, del conto corrente o dei beni mobili o immobili del debitore”, ricorda Petra Priller, responsabile della consulenza debitori di Caritas Bolzano-Bressanone. Nel manuale sono elencati i vari “campanelli d’allarme” da tenere in considerazione per correre subito ai ripari: ad esempio un conto corrente che rimane scoperto per più di sei mesi l’anno. Tra i suggerimenti, quello di tenere un libro contabile personale o familiare dove annotare le spese, soprattutto nei periodi di maggiore crisi.
Veglia di preghiera per la Siria nella parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio
◊ Questa sera alle 21.00 si svolge a Roma, presso la parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, una Veglia di Preghiera per la pace in Siria e per la liberazione dei vescovi greco-ortodosso e siro-ortodosso di Aleppo Paul Yazigi e Gregorios Ibrahim e di tutti i rapiti. Alla Veglia, organizzata dal Centro per la Cooperazione missionaria tra le Chiese e l’Ufficio per la Pastorale dei Migranti della Diocesi di Roma, presenziano il vescovo ausiliare per il Settore Centro di Roma, mons. Matteo Zuppi (incaricato per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese) e il vescovo ausiliare per il Settore Est, mons. Giuseppe Marciante. Durante la celebrazione è prevista una raccolta a sostegno dei profughi siriani in Giordania, dove opera il sacerdote Fidei donum don Vito Vacca.
Conclusa a Roma l'Assemblea generale dei Superiori generali
◊ Si è conclusa a Roma l'Assemblea generale dei Superiori generali (22-24 maggio) dedicata al servizio dell'autorità nel cammino della vita religiosa nella situazione-"terremoto" d'oggi. Erano 120 i Superiori generali riuniti al Salesianum per l'81.ma Assemblea generale dedicata a “L’esercizio della leadership nella vita consacrata a 50 anni dal Vaticano II”. Il confronto di esperienze e di riflessioni è stato particolarmente vivace, ricco e partecipato. "Il tempo attuale - spiega don Flavio Peloso, superiore degli Orionini e membro del consiglio direttivo dell'Unione Superiori Generali - è a più ragioni presentato come in una situazione-“terremoto”. Come ha detto nel suo intervento padre Bartolomeo Sorge, ‘la crisi in atto nella società è una crisi strutturale e non semplicemente congiunturale’ e questa coinvolge non solo il mondo, la società, ma anche la Chiesa e anche gli Istituti di vita consacrata. Ebbene, il servizio della leadership in una situazione-“terremoto” è particolarmente necessario, soprattutto per attivare reazioni-scelte di discernimento, corresponsabilità e fedeltà". All’assemblea dei Superiori generali sono intervenuti anche le massime autorità del dicastero vaticano che presiede agli ordini religiosi della Chiesa, il prefetto della Congregazione per la vita consacrata, cardinale Joao Braz de Aviz, e il segretario, mons. José Rodriguez Carballo. "Il tema della leadership - aggiunge don Peloso - nella vita consacrata è un tema caldo, che richiama subito le problematiche attuali della vita consacrata e i processi in atto di cambiamento di mentalità”."È stato condiviso - prosegue don Peloso - che nelle Congregazioni oggi è particolarmente in crisi l’autorità/leadership nelle comunità locali, con gravi conseguenze per l’unità, la fedeltà e il progresso della vita dei confratelli e delle comunità. Va rilanciato e ben modellato il servizio dell’autorità, ma va rilanciato contemporaneamente il valore e l'esercizio dell’obbedienza, attiva e responsabile, nella quale però ci sono passaggi necessari che restano oltre il compreso e il comprensibile, e richiedono un'obbedienza ‘per fede’, che in passato veniva definita ‘cieca’". "Nella relazione di autorità - spiega ancora don Peloso - ci è chiesto un cambio di mentalità: dall'autoreferenzialità alla reciprocità, al cammino insieme. La crisi dell’autorità è effetto/causa (più effetto che causa) della crisi della socialità e delle relazioni. Sono le nostre relazioni comunitarie che innanzitutto vanno umanizzate ed evangelizzate; dovrebbero diventare luogo e palestra di esercizio del riconoscimento dell'altro, di dialogo vero, di corresponsabilità, del primato della misericordia, del senso di appartenenza, della valorizzazione di ciascuno; dell'apertura al dono, del riconoscimento della chiamata e del progetto di Dio nella storia quotidiana”. "Noi religiosi - conclude don Peloso - siamo in cammino con tutto il contesto socio-ecclesiale nel quale la crisi della leadership riguarda tutte le diverse realtà ecclesiali, la famiglia, la politica, i diversi ambiti sociali. In questo camminare con tutti, in un’epoca che richiede grande discernimento e anche grande decisione di cambiamento, siamo chiamati a far emergere la speranza, il senso del bene possibile, certi dell’azione della Divina Provvidenza nella storia”.
L'Immagine della Madonna di Pompei a Roma
◊ In occasione dell'Anno della fede l'Immagine della Madonna di Pompei viene esposta dal 28 maggio fino al 31 maggio nella Chiesa di San Salvatore in Lauro, in via dei Coronari a Roma. Da lì, nel pomeriggio del primo giugno, sarà portata in processione nella Basilica di San Pietro. Nella Basilica Vaticana l'immagine sarà accolta dall'arciprete, il cardinale Angelo Comastri, per essere posta sulla tomba del Beato Giovanni Paolo II, per la venerazione dei fedeli. Si tratta della prima esposizione a Roma dell’Immagine della Madonna di Pompei L'iniziativa fa parte del progetto ''Roma, Santuario sotto il cielo'', patrocinata dall'assessorato alle Politiche culturali e Centro Storico di Roma Capitale e sotto l'egida della diocesi. Il 28 maggio alle ore 17.00 l’Immagine viene accolta nella Chiesa di San Salvatore in Lauro dal vescovo ausiliare Matteo Zuppi. Alle 18.00, il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum” presiede nella Chiesa un Solenne Pontificale.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 147