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Sommario del 26/05/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Angelus. Il Papa: i mafiosi si convertano a Dio, non possono rendere schiavi donne e bambini
  • Il Papa alla parrocchia romana: Maria ci aiuta sempre e subito, dalle periferie si vede meglio la realtà
  • Tweet del Papa: quando seguiamo l'egoismo roviniamo la storia d'amore di Dio con noi
  • Centinaia di cattolici cinesi in Piazza S. Pietro salutati dal Papa all'Angelus
  • Il saluto del Papa ai malati terminali per la "Giornata del Sollievo" che si celebra in Italia
  • Appello del card. Sandri dal Libano: liberate i vescovi e i sacerdoti rapiti in Siria
  • Trent'anni fa la scoperta dell'Aids. Mons. Vitillo: Chiesa sempre attiva contro l'Hiv
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria-Libano: due razzi contro la periferia sud di Beirut, quattro feriti
  • Continua la stabilizzazione in Somalia: Intersos: l'emergenza umanitaria resta gravissima
  • Bologna. Referendum scuole paritarie. P. Ciccimarra (Agidae): "Libertà nell'educazione"
  • Pellegrinaggio degli ammalati alla tomba di Pietro
  • In mostra 30 opere di Astiaso Garcia: raffigurare nei volti una bellezza che rimandi a Dio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Libano. Direttore Pom: sulla legge elettorale cristiani si mostrino uniti
  • Londra. Leader religiosi uniti contro l'odio dopo l’uccisione del soldato
  • Il Brasile annulla 900 milioni di debito a 12 Paesi africani
  • India, attacco maoista a Sukna: 28 morti molti dei quali politici locali
  • Colombia. Dura denuncia del vescovo di La Guajira: la corruzione dilaga
  • Elezioni amministrative. A Roma affluenza in calo del 5% alle ore 12
  • La chiesa di S. Giuseppe Artigiano all’Aquila elevata Basilica minore
  • Il Papa e la Santa Sede



    Angelus. Il Papa: i mafiosi si convertano a Dio, non possono rendere schiavi donne e bambini

    ◊   “I mafiosi e le mafiose si convertano a Dio”. Questa preghiera di Papa Francesco, salutata da salve di applausi, ha caratterizzato l’Angelus di questa mattina in Piazza San Pietro. Ricordando la Beatificazione, avvenuta ieri, di don Pino Puglisi, il Papa ha stigmatizzato lo sfruttamento delle mafie ai danni di milioni di vittime, esclamando: “Non possono fare di noi fratelli schiavi”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Sullo sfondo non si staglia la Valle dei Templi di Agrigento ma le architetture vaticane, eppure 20 anni sembrano cancellati d’un colpo quando, con voce forse meno tonante ma non meno addolorata, Papa Francesco riecheggia le storiche parole di Giovanni Paolo II nel 1993. Ma prima di approdare all’analogo auspicio di conversione, la denuncia di Papa Francesco si allarga a tutti quei contesti dove il crimine la fa da padrone con soprusi e violenze:

    “Io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo. Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio”.

    A innescare questo crescendo spontaneo è stato pochi istanti prima, appena dopo la preghiera dell’Angelus, il ricordo di don Pino Puglisi, beatificato ieri in quella Palermo nella quale il 15 settembre di 20 anni fa la mafia lo assassinò. Un uomo, afferma il Papa, la cui vita e la cui morte sono ancora oggi un monito per chi pensava di strappare con lui anche ciò che aveva seminato:

    “Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”.

    Gli applausi della folla, enorme anche questa domenica, sono una scia sonora che prolunga l’eco delle parole del Pontefice nel Colonnato della Piazza. Ma lo stile comunicativo del Papa ha nel frattempo regalato altri efficaci spunti di riflessione, più eminentemente spirituali. Parlando della Trinità, come due ore prima con i bambini di una parrocchia romana – e affermando come questo mistero significhi qualcosa di concreto e non che Dio sia “qualcosa di vago” – Papa Francesco ritrova una espressione che da qualche settimana ha fatto il giro del mondo:

    “Il nostro Dio non è un Dio 'spray', è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: ‘Dio è amore’. Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi”.

    E per rafforzare il concetto di un amore che non è mai volato alto sul destino dell’umanità, ma al contrario si è strettamente intrecciato con le vicende della storia di ogni epoca, Papa Francesco prosegue:

    “La Santissima Trinità non è il prodotto di ragionamenti umani; è il volto con cui Dio stesso si è rivelato, non dall’alto di una cattedra, ma camminando con l’umanità (...) Dio ha camminato con il suo popolo nella storia del popolo d’Israele e Gesù ha camminato sempre con noi e ci ha promesso lo Spirito Santo che è fuoco, che ci insegna tutto quello che noi non sappiamo, che dentro di noi ci guida, ci dà delle buone idee e delle buone ispirazioni.

    La considerazione finale è per Maria, colei – afferma Papa Francesco – che grazie a Cristo “è già nella gloria della Trinità” e, allo stesso tempo, una Madre vicinissima ai suoi figli:

    “E’ la Madre della speranza, nel nostro cammino, nella nostra strada, Lei è la Madre della speranza. E’ la Madre anche che ci consola, la Madre della consolazione e la Madre che ci accompagna nel cammino. Adesso preghiamo la Madonna tutti insieme, a nostra Madre che ci accompagna nel cammino”.

    Al termine della recita dell’Angelus, dopo aver affidato all’intercessione del Beato Puglisi – e di San Filippo Neri, altro grande formatore dei giovani che la Chiesa celebra il 26 maggio – il lavoro dell’“Associazione Nazionale San Paolo degli Oratori e dei Circoli Giovanili”, e ancora aver salutato l’Associazione italiana sclerosi multipla, Papa Francesco ha riservato attenzione particolare a uno tra i molti gruppi presenti in Piazza San Pietro:

    “Saluto il gruppo di cattolici cinesi qui presenti, che si sono riuniti a Roma per pregare per la Chiesa in Cina, invocando l’intercessione di Maria Ausiliatrice”.

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    Il Papa alla parrocchia romana: Maria ci aiuta sempre e subito, dalle periferie si vede meglio la realtà

    ◊   Con l’aiuto della Madonna, capire Dio per scoprire il suo amore: è il messaggio che Papa Francesco lascia ai bambini e ai parrocchiani della Chiesa di Santa Elisabetta e Zaccaria, nella zona nord di Roma. E’ una parrocchia di periferia e Papa Francesco, appena arrivato, ha detto che è dalle periferie che "si vede meglio la realtà". Nella sua prima visita a una parrocchia della sua diocesi di Roma, Papa Francesco ha salutato famiglie, ammalati, collaboratori parrocchiali. Inoltre, prima della celebrazione, ha ascoltato le confessioni di 8 persone, un significativo inedito per un Pontefice. Altro momento centrale sono state le Prime Comunioni amministrate dal Papa stesso a 16 bambini. Il servizio di Fausta Speranza:

    A tutti, ai bambini in particolare, Papa Francesco consegna questa certezza: “La Madonna è madre e sempre viene in fretta quando abbiamo bisogno”. “La Madonna ci dà una certezza”, assicura:

    “La Madonna è sempre così. E’ la nostra Madre, che sempre viene in fretta quando noi abbiamo bisogno.”

    La Madonna – dice Papa Francesco – “andò in fretta da Elisabetta”, perché aveva bisogno”:

    “Non ha detto: Ma adesso io sono incinta, devo curare la mia salute. Mia cugina avrà delle amiche che forse l’aiuteranno”. Lei ha sentito qualcosa e ‘se ne andò in fretta’.”

    E, sottolinea Papa Francesco, solo per aiutare:

    “Va per aiutare, non va per vantarsi e dire alla cugina: 'Ma senti, adesso comando io, perché sono la Mamma di Dio! No, non ha fatto quello. E’ andata ad aiutare!'”.

    Papa Francesco – che prima ci celebrare la Messa ha voluto ascoltare per circa mezz'ora le confessioni di otto parrocchiani – confida che vorrebbe aggiungere un’espressione alle Litanie con cui ci si rivolge a Maria:

    “Signora che vai in fretta prega per noi! E’ bello questo, vero? Perché Lei va sempre in fretta, Lei non si dimentica dei suoi figli. E quando i suoi figli sono nelle difficoltà, hanno un bisogno e la invocano, Lei in fretta va. E questo ci dà una sicurezza, una sicurezza di avere la Mamma accanto, al nostro fianco sempre. Si va, si cammina meglio nella vita quando abbiamo la mamma vicina.”

    La Madonna ci aiuta – assicura Papa Francesco – “senza farci aspettare”. E dunque, il Papa spiega cosa prima di tutto chiedere di grande a Maria:

    “La Madonna ci aiuta anche a capire bene Dio, Gesù, a capire bene la vita di Gesù, la vita di Dio, a capire bene che cosa è il Signore, com’è il Signore, chi è Dio.”

    Capire cosa fa il Padre, che crea; il Figlio che ci ha salvato e che ci guida camminando con noi; lo Spirito Santo che dà l’amore. E a questo punto, il Papa rivolge tutta la sua attenzione ai bambini: parla con loro. L’omelia si fa dialogo:

    “A voi bambini, domando: Chi sa chi è Dio? Alzi la mano.”

    Papa Francesco chiede ai bambini e, quando le risposte non si sentono, li sollecita a parlare più forte e scherza con loro:
    .
    “Gesù ci ha salvato, ma anche cammina con noi nella vita. E’ vero questo? E come cammina? Cosa quando cammina con noi nella vita? Questo è difficile. Chi la fa vince il derby, eh? E anche Gesù ci dà la forza per camminare. E’ vero? Ci sostiene! Bene! Nelle difficoltà, vero? Ed anche nei compiti, della scuola, no?”

    Quindi, un pensiero a Gesù Eucaristia:

    “Ma senti, Gesù ci dà la forza. Come ci dà la forza Gesù? Voi questo lo sapete come ci dà forza? Forte, non sento! Nella comunione, ci dà la forza, proprio ci aiuta con la forza. Lui viene a noi. Ma quando voi dite ‘ci dà la comunione’, un pezzo di pane ti dà tanta forza? Non è pane quello? E’ pane? Questo è pane, ma quello sull’altare è pane o non è pane? Sembra pane! Non è proprio pane. Che cosa è? E’ il corpo di Gesù. Gesù viene nel nostro cuore. Ecco, pensiamo a questo, tutti.”

    Dio che dà la vita; Figlio che salva; Spirito Santo che dà l’amore. E Papa Francesco in pochissime parole spiega cosa sia la vita cristiana:

    “E questa è la vita cristiana: parlare con il Padre, parlare con il Figlio e parlare con lo Spirito Santo.”

    E il Papa sembra consegnare anche un piccolo segreto per essere sulla via giusta:

    “Pensiamo a Dio così e chiediamo alla Madonna, la Madonna nostra Madre in fretta sempre, per aiutarci, che ci insegni a capire bene com’è Dio: com’è il Padre, com’è il Figlio e com’è lo Spirito Santo. Così sia.”

    L’invito a “capire bene cosa e come è il Signore, la vita di Dio” e a ricordarsi che “la Madonna non dimentica i suoi figli”: è l’insegnamento di Papa Francesco in questa sua prima visita a una parrocchia della sua diocesi. Una parrocchia di periferia e Papa Francesco chiama tutti a una riflessione:

    “La realtà insieme si capisce meglio non dal centro, ma dalle periferie".

    Con la carezza di Dio che passa nelle mani di Papa Francesco che si lascia circondare dai bambini e che, al momento della Comunione, china il capo, come a chiedere a sua volta la Benedizione, come al suo primo affacciarsi, quando si è presentato al mondo.

    (scambio saluti e canto)

    Al momento del saluto, prima di salire in elicottero, un pensiero affettuoso e ancora una volta il Papa chiede preghiere:

    “Vi ringrazio per l’accoglienza. Sono contento di vedere una parrocchia così vivace, così bella con tanti bambini! E’ una benedizione. Continuate ad andare avanti, a sostenere il parroco, ad andare avanti nel lavoro, e pregate per me. Non dimenticate. Pregate per me!”

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    Tweet del Papa: quando seguiamo l'egoismo roviniamo la storia d'amore di Dio con noi

    ◊   Nuovo tweet lanciato oggi da Papa Francesco dal suo account @Pontifex: “Ogni volta che seguiamo il nostro egoismo e diciamo no a Dio, roviniamo la sua storia di amore con noi”.

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    Centinaia di cattolici cinesi in Piazza S. Pietro salutati dal Papa all'Angelus

    ◊   Erano circa 500 i cinesi salutati da Papa Francesco stamattina all'Angelus in Piazza San Pietro, provenienti da tutta Italia in occasione della Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, celebrata il 24 maggio. Con oggi si concludono i tre giorni che hanno scandito il loro pellegrinaggio nella capitale. Tra i momenti più significativi, ieri pomeriggio, la processione con la Madonna di Sheshan per i vicoli del centro cittadino e la Messa nella parrocchia di Santa Maria ai Monti. “Un momento toccante”, spiega, al microfono di Paolo Ondarza, il parroco don Francesco Pesce, tra i fondatori di Therasia, una onlus a sostegno della carità in Cina:

    R. – L’evento si inserisce nella Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, che ogni anno si celebra anche in Italia per volontà di Benedetto XVI, che l’ha istituita nel 2007, in occasione della Festa di Santa Maria Ausiliatrice. Quindi, quest’anno i cattolici cinesi italiani hanno deciso di fare tappa a Roma per “videre Petrum”. Abbiamo pensato, anche noi, come parrocchia di Santa Maria Monti, dove insiste la rettoria che fa capo ai cattolici cinesi, di organizzare una giornata di preghiera particolare: abbiamo pensato di celebrare il Rosario nella rettoria di San Bernardino e poi una processione, a seguire, con la statua della Madonna di Sheshan, che Therasia ha regalato l’anno scorso alla comunità cinese di Roma, e poi la Santa Messa in due lingue, italiano e cinese, animata con i canti dei cattolici cinesi. Pensiamo che sia anche un bel momento romano per valorizzare questa Giornata.

    D. – Durante la processione che avete organizzato, viene portata in spalla la Madonna di Sheshan. Cosa rappresenta questa Vergine per il popolo cinese?

    R. – La grande devozione mariana di tutto il popolo cinese e rappresenta anche la fedeltà alla Chiesa e al Successore di Pietro. Come lei sa, questa statua si trova sulla cupola del Santuario di Sheshan, sulle colline di Shangai, e rappresenta veramente un punto di riferimento per tutti i cattolici cinesi: un punto non solo di riferimento, ma di comunione. Lì, vorrei dire, è sigillata la storia della fedeltà di questo popolo.

    D. – Secondo la sua esperienza, in che modo i cattolici cinesi presenti in Italia riescono a rimanere in comunione con i cattolici in Cina?

    R. – Naturalmente, la prima comunione, direi invincibile, è quella della preghiera: c’è una preghiera costante anche per la Chiesa cattolica che si trova nella nazione cinese. L’unità è data dalla preghiera, ma è anche data dal costante aggiornamento della situazione che loro hanno anche tramite i parenti.

    D. – Lei ha avuto modo di conoscere personalmente alcuni membri della comunità cattolica cinese in Italia: c’è qualcosa di particolare che l’ha colpita di queste persone?

    R. – La profondità e la semplicità della loro fede. Portano sulle loro spalle una grande storia di fedeltà, a volte segnata anche da momenti non semplici. Però, questa fedeltà in qualche modo li ha purificati e sono veramente un esempio anche per la mia conversione personale. Devo dire che rimango sempre edificato quando sento le loro storie e quando vedo anche il loro modo di pregare. Un grande esempio, che poi riscontro anche quando vado in Cina ogni anno.

    D. – Se sono un esempio per lei come sacerdote, lo possono essere anche per l’Occidente in generale?

    R. – Mi colpisce questa domanda. Direi di sì. Hanno una liturgia molto curata, ma che non eccede in formalismi inutili. Hanno una Liturgia centrata sulla Parola di Dio e un grande amore per l’Eucaristia. Vivono l’essenzialità delle cose veramente importanti nella fede cattolica e sono in questo veramente un esempio, secondo me. Sono veramente un popolo, come il Concilio ha voluto sottolineare: sono veramente un popolo di Dio in preghiera insieme ai propri pastori. Questo sì, lo posso confermare.

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    Il saluto del Papa ai malati terminali per la "Giornata del Sollievo" che si celebra in Italia

    ◊   "Rivolgo un pensiero a quanti promuovono la 'Giornata del Sollievo' in favore dei malati che vivono il tratto finale del loro cammino terreno". Sono queste le parole che Papa Francesco ha dedicato al termine dell'Angelus di stamattina all'evento celebrativo che in Italia è giunto alla 12.ma edizione. La Giornata nazionale del sollievo, promossa dal Ministero della Salute e da altre istituzioni, tra le quali la Fondazione Nazionale "Gigi Ghirotti", e con l’adesione dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, è dedicata a mantenere viva la solidarietà verso chi soffre a causa di malattie da cui non potrà guarire. Cure palliative, terapia del dolore e dignità del fine vita sono i temi principali della Giornata. Eliana Astorri ne ha parlato con il prof. Vincenzo Valentini, direttore dell’Unità Operativa di Radioterapia 1 del Policlinico Gemelli e presidente della Società europea di radioterapia oncologica:

    R. - Si vuole dare visibilità, e nello stesso tempo consapevolezza, a tutta la nostra comunità terapeutica e non solo, ma anche alla popolazione nel suo insieme, di come sia importante la vicinanza e l’attenzione alle persone che si trovano di fronte ad un momento difficile della loro vita. Questa espressione, che può sembrare molto semplice nella sua percezione - vicinanza per dare sollievo - richiede però una riflessione molto più ampia. Non si tratta solamente di donare una delle cose preziose che abbiamo tutti noi - il tempo - ma anche l’organizzazione, che va dal mettere in piedi dei meccanismi assistenziali che diano valore a questa parola - “vicinanza” per dare sollievo - e dei meccanismi, anche organizzativi, che portino a entrare in collaborazione, in sinergia, molte persone che si rendono disponibili all’interno di attività di volontariato, di servizi sociali. Questo perché si possa chiudere, e in un certo senso colmare, quello spazio che a volte c’è tra un ospedale che eroga servizi di salute e le esigenze dei singoli - che molte volte sono molto più complesse - che vanno appunto dalla richiesta di ascolto a quella di solidarietà, a quella di vicinanza. Quindi, la cultura del sollievo vuole proprio recuperare il valore e le operatività che servono per poter dare alle persone che sono in difficoltà una vicinanza ed un aiuto.

    D. - Quali sono oggi le cure palliative? Di quali farmaci parliamo?

    R. - Sono un dominio piuttosto esteso di interventi, perché sono farmaci che vanno ad alleviare il dolore, ma sono anche farmaci e terapie che vanno a nutrire il paziente, che vanno a dargli un sollievo e una risoluzione di quei meccanismi che a volte si vengono a stabilire in questi pazienti che possono avere anche degli altri sintomi, come ad esempio delle febbri o situazioni di non mobilità appropriata. Quindi, il dolore è evidentemente il sintomo che più preoccupa tutti coloro che percepiscono che la malattia sta sviluppandosi in una maniera preoccupante. Ma la terapia di supporto, di aiuto di questi pazienti, è molto più ampia. All’interno di queste dinamiche terapeutiche, quello che conta è il fatto di essere coordinati ed avere la possibilità di offrire in una maniera appropriata, quello che più serve in quel momento al paziente, proprio per dargli sollievo.

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    Appello del card. Sandri dal Libano: liberate i vescovi e i sacerdoti rapiti in Siria

    ◊   I giovani del Libano sono stati protagonisti delle prime ore del Pontificato con le meditazioni preparate per la Via Crucis al Colosseo, presieduta da Papa Francesco. Il cardinale Leonardo Sandri – al terzo giorno della sua visita nel Paese mediorientale – ha ricordato questo particolare durante l’incontro di questa mattina con i giovani della Caritas. Con il vostro lavoro, ha detto il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, voi “toccate la carne di Cristo”, secondo una espressione ormai nota del Papa, del quale il porporato ha portato il saluto e la benedizione. Inoltre, il cardinale Sandri ha rammentato anche la visita del settembre scorso compiuta da Benedetto XVI in Libano, in modo particolare la veglia di preghiera a Bkerké. “L'intensità di questa preghiera – ha detto – è stata come un fascio di luce proiettato verso il cielo in Medio Oriente, che molti vorrebbero pieno di nuvole nere della guerra e della violenza”. Noi tutti invece abbiamo detto: “Sì, c’è speranza, c’è la luce, perché questi giovani ne sono portatori”. Vogliono costuire con la fede e la gioia un futuro di pace e di riconciliazione".

    Successivamente, il cardinale Sandri ha presieduto la liturgia ecucaristica nel Santuario di Nostra Signora della Pace a Zahleh, un tempio – ha notato fra l’altro – dove l’“intreccio di riti” delle comunità melchita e maronita, ma anche la comunione che si avverte con i greci ortodossi, è – ha detto – “ un incentivo per l'unità dei cristiani, ma per tutti i libanesi, perché la libertà e il rispetto siano assicurati a tutti e la diversità diventi una ricchezza comune ». Riflettendo sul significato spirituale della Santissima Trinità, il cardinale Sandri ha concluso con una “preghiera speciale” a Maria per i due vescovi e due sacerdoti rapiti in Siria tempo fa. “Sia Lei – ha invocato – a consolarli e a renderli forti nella prova, mentre noi leviamo un forte appello per la loro liberazione e il loro ritorno alle loro famiglie e le loro comunità ecclesiale". (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Trent'anni fa la scoperta dell'Aids. Mons. Vitillo: Chiesa sempre attiva contro l'Hiv

    ◊   trent'anni fa, nel maggio del 1983, un team di ricercatori francesi diretti da Luc Montagnier pubblicava sulla rivista americana “Science” un articolo in cui si rivelava per la prima volta l’esistenza di un nuovo virus, l’HIV, responsabile della "Sindrome da immunodeficienza acquisita", meglio nota come Aids. Trent’anni dopo, 34 milioni di persone vivono con questo virus, e circa 1,8 milioni muoiono di Aids ogni anno. Nonostante esistano nuovi farmaci in grado di migliorare e allungare la vita dei malati affetti da questo virus, la migliore arma, ad oggi, continua ad essere la prevenzione, e si attende ancora un vaccino. Gea Finelli ha chiesto a mons. Robert Vitillo, consigliere speciale sull’Aids di Caritas Internationalis, quale sia l’impegno e il ruolo della Chiesa in merito:

    R. – Prima di tutto, la Chiesa è stata coinvolta e impegnata fin dall’inizio. Quando si sono verificati i primi casi in Africa, sono stati gli ospedali della Chiesa a rispondere immediatamente, mentre altro personale medico aveva molta paura perché non si sapeva bene la causa e anche la modalità di trasmissione. La Chiesa era lì e aiutava la gente e le famiglie a prendersi la responsabilità dei loro famigliari.

    D. – Le organizzazioni cattoliche partecipano attivamente alla realizzazione del piano globale, che mira ad eliminare entro il 2015 nuovi contagi tra i bambini e mantenere in salute le mamme. Come si può conseguire questo obiettivo in contesti in cui il malato viene lasciato solo ed è rifiutato dalla famiglia?

    R. – La Chiesa è molto impegnata nella prevenzione dell’infezione materno-infantile, specialmente con questo nuovo programma globale che cerca di eliminare i nuovi casi di trasmissione materno-infantile. Per realizzare quest’obiettivo molto importante a livello globale, le Nazioni Unite hanno selezionato 22 Paesi dove si verifica il 90% della trasmissione materno-infantile. Adesso le Nazioni Unite, la Chiesa e altri organismi civili stanno accompagnando i governi prima di tutto nel fare la diagnosi sulle madri incinte e poi nel cominciare il trattamento per queste donne che, quando assumono i farmaci antiretrovirali, corrono un rischio minore di trasmettere l’infezione ai loro bambini.

    D. – In alcune chiese battiste americane, si convincono i fedeli a fare il test e oltre 30 congregazioni hanno aderito al programma…

    R. – Non solo negli Stati Uniti, in molti Paesi la Chiesa è impegnata a promuovere l’astinenza fuori dal matrimonio. Anche in Africa ci sono programmi della Chiesa cattolica, come “La Gioventù per Cristo”, che promuovono la responsabilità e cercano di informare i giovani che è molto meglio e molto importante non avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio, di aspettare fino al matrimonio.

    D. – Nelle chiese, nelle moschee, nelle sinagoghe, di tutto il mondo si cerca di dare conforto ai malati di Aids. I luoghi di culto restano grandi piattaforme da cui divulgare messaggi educativi?

    R. – Assolutamente sì, perché i luoghi di culto non sono solo per il culto, ma sono una base per la comunità, per l’educazione e per una vita sociale responsabile. Non servono solo a pregare per i malati, ma ad includere i malati come parte della comunità.

    D. – Oggi, sono scomparsi molti pregiudizi legati ai malati di Aids, ma è diminuita anche la vigilanza ed è questo il vero rischio. In realtà, non bisognerebbe mai abbassare la guardia e dovrebbe essere fondamentale un atteggiamento lucido, di responsabilità…

    R. – Questo, di fatto, è un rischio molto grande perché il direttore generale dell’Oms ha annunciato che adesso ci sono nove milioni di persone che hanno accesso a farmaci antiretrovirali. Questa è una cosa buona, molto positiva, però dall’altra parte molta gente pensa che l’Aids non è ancora un rischio. Per esempio, in Europa, negli Stati Uniti, non si parla molto dell’Aids e questo secondo me è una falsa sicurezza.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria-Libano: due razzi contro la periferia sud di Beirut, quattro feriti

    ◊   Continua a salire la tensione in Libano, dove questa mattina quattro persone sono rimaste ferite nel lancio di due razzi Grad alla periferia meridionale di Beirut, roccaforte del movimento sciita Hezbollah. Dalla Francia, arriva la condanna alle violenze in Libano, mentre a sorpresa la Siria annuncia che parteciperà alla Conferenza "Ginevra 2", intravedendo “possibili soluzioni alla crisi”. I particolari nel servizio di Roberta Barbi:

    È la prima volta, dall’inizio del conflitto nella vicina Siria, nel marzo 2011, che viene colpita la capitale libanese Beirut. Oggi, due razzi sono stati lanciati contro il sobborgo meridionale di Chayyah: il primo ha colpito un rivenditore di automobili e ha ferito quattro lavoratori siriani, mentre il secondo ha centrato in pieno una casa dove non c’era nessuno, causando però ingenti danni. L’episodio potrebbe essere interpretato come una ritorsione seguita all’annuncio fatto ieri dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, pronto a combattere al fianco di Damasco, che ha promesso ai suoi la vittoria, accusando al tempo stesso Stati Uniti e Israele di aver fomentato la guerra in Siria con l’invio di uomini e mezzi.

    La risposta alle dichiarazioni del leader del movimento sciita arriva oggi dalla Coalizione nazionale dell’opposizione siriana, che invita gli sciiti libanesi a disertare, così da evitare un vero e proprio contagio del conflitto nel Paese dei cedri, che trasformerebbe in breve la rivoluzione siriana in un conflitto regionale. Già da un’intera settimana, inoltre, dura la battaglia tra quartieri sunniti e alawiti – la setta sciita cui appartiene il presidente siriano Assad – nella Tripoli libanese, dove si contano almeno 30 morti e oltre 200 feriti.

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    Continua la stabilizzazione in Somalia: Intersos: l'emergenza umanitaria resta gravissima

    ◊   In Somalia, la stabilizzazione del Paese prosegue, malgrado i miliziani fondamentalisti di al-Shabaab abbiano mostrato di poter ancora colpire obiettivi importanti. Oggi, in un duplice attacco nel distretto di Garissa, al confine con il Kenya, sono rimaste uccise almeno sei persone. La comunità internazionale è concentrata anche sull’emergenza umanitaria nel Paese, ancora irrisolta, come spiega, al microfono di Davide Maggiore il segretario generale della ong Intersos, Marco Rotelli:

    R. – E’ una situazione ancora gravissima. La Somalia è appena uscita da una grave carestia che non faceva altro che accavallarsi a 20 anni di conflitto e di anarchia. La situazione è molto grave, soprattutto per le fasce più giovani: 250 mila bambini in Somalia oggi sono affetti da malnutrizione acuta e quindi hanno bisogno di aiuti urgenti. E’ una situazione che è difficile in quasi tutto il territorio del centro-sud. E’ chiaro che l’accesso ai villaggi è in via di miglioramento, ma è ancora molto complicato: quind,i l’urgenza è proprio di raggiungere quei villaggi che per un po’ di tempo non sono stati assistiti in maniera adeguata, proprio per blocchi dovuti alle condizioni di sicurezza.

    D. – Fondamentali sono anche le risorse finanziarie: in questo senso, l’ultima Conferenza di Londra ha visto degli stanziamenti importanti. Possono essere un inizio per cominciare queste operazioni?

    R. – Noi crediamo che direzionare parte dell’aiuto pubblico agli aiuti umanitari in Somalia, in questo momento, sia assolutamente indispensabile. E’ una forma che garantisce le organizzazioni umanitarie in quella loro funzione di supporto immediato e urgente alla società somala. E’ altrettanto importante – non dobbiamo dimenticarlo – creare, attraverso anche finanziamenti adeguati, quelle condizioni strutturali per il costituendo governo così da rafforzarlo e soprattutto consentirgli di diventare più capillare nell’esercizio delle proprie funzioni. Non concentriamoci quindi su Mogadiscio, ma cerchiamo di avere una capacità di controllo delle aeree periferiche, altrimenti perderemmo molto presto la partita.

    D. – Un’altra questione molto importante è quella dei rifugiati e degli sfollati interni: sono ancora un grande numero. Quanto questo può incidere sulle capacità della società civile somala di svolgere un ruolo nella ricostruzione necessaria del Paese?

    R. – Il flusso è in entrambe le direzioni. Per alcune persone che continuano ad uscire, ci sono altrettante persone che decidono di rientrare dallo stato di rifugiato, dai Paesi ospitanti, verso il territorio somalo. E’ un Paese che ancora conta quasi tre milioni tra rifugiati e sfollati interni. Quindi, una massa enorme di persone, rapportata alla popolazione totale del Paese, che non è nei loro villaggi di origine. Questo determina instabilità costante per il Paese. E’ importante capire anche una cosa: il famoso "boom" economico di ricostruzione – della capitale in particolare – sta provocando degli sfollamenti delle persone che erano arrivate da altre città, da altri villaggi della Somalia per cercare rifugio a Mogadiscio e che, per lasciare in qualche maniera spazio a questo boom economico, devono essere cacciate. Un’attenzione particolare all’ordine con il quale i processi di ricostruzione vengono portati avanti in un contesto così disordinato come la Somalia è fondamentale per non creare ancora più sofferenze in chi – da anni – ha dovuto abbandonare, per forza e non per scelta, il proprio luogo di origine.

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    Bologna. Referendum scuole paritarie. P. Ciccimarra (Agidae): "Libertà nell'educazione"

    ◊   Secondo i dati del Comune di Bologna, aggiornati alle ore 12, è pari all’8.47% degli aventi diritto l’affluenza al voto per il referendum sul futuro della Convenzione comunale che oggi destina poco più di un milione di euro verso Istituti privati. La consultazione è stata promossa dal Nuovo Comitato Art.33, che riunisce realtà della società civile e legate all'area laica e che questa mattina ha denunciato problemi nelle operazioni di voto, a causa di lacune da parte dell’amministrazione centrale. A padre Francesco Ciccimarra, presidente dell’Agidae, l'Associazione gestori Istituti dipendenti dall’autorità ecclesiastica, Massimiliano Menichetti ha chiesto cosa ci sia in gioco con questo referendum:

    R. – Il tema è se il nostro Paese voglia una libertà dell’educazione, una libertà delle scuole, che possano organizzare anche diversificate proposte formative e culturali nell’ambito delle Regioni, dei Comuni e così via. Ora, togliere alle scuole dell’infanzia i contributi per il loro funzionamento, mi sembra un’idea non solo anacronistica ma contro la libertà di scelta delle famiglie.

    D. – Chi sostiene questo referendum in sostanza dice: sono soldi che vengono tolti alla scuola pubblica. In realtà, così non è...

    R. – Dobbiamo essere molto chiari: le nostre scuole sono scuole pubbliche, come stabilisce la legge. Confondere scuola paritaria con scuola privata è un errore di fondo. La nostra è una scuola che rilascia titoli legalmente validi, che usufruisce di personale docente con titoli legalmente validi per lo Stato, e su ogni tipo di problematica di livello sono esattamente sullo stesso piano delle scuole statali. L’assunto di togliere alla scuola statale o alla scuola pubblica dei contributi è fuorviante.

    D. – Quando, oltretutto, con le scuole paritarie c’è un costo anche inferiore...

    R. – C’è il risparmio dello Stato, perché una nostra scuola costa un quarto rispetto alle scuole statali.

    D. – Chiaramente, ognuno si orienterà come meglio crede, ma qual è il criterio per far riflettere chi si recherà a votare per questo referendum?

    R. – Il nostro Paese e quindi, in questo caso, anche il Comune di Bologna non può omettere di salvaguardare il principio della pluralità delle risposte formative, dell’offerta formativa, negando quindi alle famiglie il diritto di scelta. Questo è un bene che riguarda tutta la nostra comunità. Tornare, quindi, indietro, mentre l’Europa corre in avanti, mi sembra veramente una follia.

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    Pellegrinaggio degli ammalati alla tomba di Pietro

    ◊   “Chiamati alla santità” è il tema del pellegrinaggio degli ammalati, del personale e del volontariato sanitario che si è svolto ieri pomeriggio nella basilica di San Pietro in Vaticano. L’evento, guidato dal cardinal vicario Agostino Vallini e organizzato dal Centro diocesano per la pastorale sanitaria del Vicariato di Roma per l’Anno della fede, ha visto la partecipazione di circa 4000 persone e di tante realtà da sempre vicine al mondo della sofferenza, come l'Unitalsi e le Misericordie. Il servizio di Marina Tomarro.

    “Per noi cristiani non esiste una vicenda umana anche nella sofferenza che non abbia uno sbocco di speranza, perchè con Gesù abbiamo sempre la possibilità di guardare oltre, e allora tutto ha una risposta” Sono parole di affidamento a Dio quelle pronunciate dal Cardinal Vicario Agostino Vallini, nella celebrazione eucaristica in occasione del pellegrinaggio degli ammalati, alla tomba di Pietro:

    “Questo è il cuore della nostra fede. Noi siamo cristiani per questo. Perché quello che professiamo lo possiamo vivere. Quello che Gesù ci ha lasciato, ci appartiene. Per cui, la fede non è una serie di cose da fare ma è un modo di vita da vivere, in comunione con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo”.

    E il porporato ha esortato i sofferenti ad affidare con fiducia tutto il loro dolore al Crocifisso:

    “Lui, immolato sulla Croce non è lontano da noi. Lui ha sperimentato il dolore, ha sentito l’angoscia. Lui si è sentito solo, ma Lui era sempre con il Padre e questo cammino, per cui Gesù ci è vicino, diventa anche il nostro cammino”.

    In conclusione dell’omelia, il cardinale ha ricordato l’invito di papa Francesco ai fedeli, cioè portare la buona novella nelle periferie di Roma:

    “Raccontiamo la nostra fede agli altri, a chi ci sta intorno, ai nostri famigliari, negli ambienti di lavoro. Roma ha bisogno di cristiani che raccontino la fede, nella semplicità, senza imporre nulla a nessuno, ma che dicono ciò che hanno a cuore. Quello che sentono nel profondo della loro anima, lo dicano. Quanta forza, quanto coraggio, quanta consolazione potremmo trasmettere in questa nostra città, splendida e sofferente in tanti aspetti”.

    Alla celebrazione ha partecipato anche monsignor Andrea Manto direttore della Pastorale Sanitaria diocesana:

    “Nella cultura contemporanea, la malattia rischia di essere un evento senza senso, un evento che dice solo solitudine. Il segno, invece, della presenza qui ci dice una sofferenza che quando viene condivisa diventa anche consolata. E poi dice anche una straordinaria fedeltà al Signore perché il momento della sofferenza, il buio, lo smarrimento, il dolore, possono allontanarci dal Signore. Invece, penso che proprio la testimonianza di tanti ammalati, che sanno offrire la loro sofferenza a Cristo e con dignità e forza accettano la loro condizione di malattia, sia un segno anche di speranza per tutti”.

    E i malati sono stati accompagnati da numerosi volontari dell’ Unitalsi. Ma cosa spinge ad occuparsi degli infermi? Ascoltiamo alcuni commenti:

    R. - Accompagniamo i malati in tante destinazioni, soprattutto a Lourdes, con l’Unitalsi. Ma il dolore è anche qui, dentro Roma, che è la città dove abitiamo. E’ importante perché facciamo sentire la nostra presenza, non solo durante la settimana in cui possiamo essere a Lourdes, ma nella vita di tutti i giorni.

    R. - E’ un’esperienza molto bella accompagnare i malati perché per quanto noi possiamo essere la loro forza fisica in termini di braccia e di gambe, loro sono la nostra forza spirituale.

    R. - Ho sempre aiutato gli altri in diverse situazioni, però con l’Unitalsi hai proprio la possibilità di avere un rapporto molto stretto col malato e questo ti riempie veramente di gioia.

    R. - E’ nato per caso, se ci penso e se ci pensavo allora, avrei detto no. Mi ci sono trovato, ho iniziato il mio cammino pensando di dover dare qualcosa ai nostri amici in difficoltà, alla fine sono loro che danno a me.

    R. - L’amore che ho verso Dio e poi verso i sofferenti… Sento il bisogno di dare sempre di più alle persone malate… Lo faccio da 13 anni a questa parte e continuerò a farlo per amore di Dio e per i sofferenti.

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    In mostra 30 opere di Astiaso Garcia: raffigurare nei volti una bellezza che rimandi a Dio

    ◊   Il volto dell’Arcangelo Gabriele, quello di Giuditta ma anche paesaggi come “Cielo e Mare”: sono 30 i dipinti del pittore Francesco Astiaso Garcia, esposti nella mostra allestita a Roma fino al 31 maggio prossimo, presso la grande Sala delle Esposizioni dell’Accademia di Romania. “La bellezza è la porta che ci permette di entrare nella contemplazione di Dio”, afferma il giovane artista che, al microfono di Debora Donnini, spiega il motivo per cui ha scelto per quest’esposizione il titolo “Fiamma di Fuoco Viva”:

    R. – Il titolo della mostra è una parafrasi del poema di San Giovanni della Croce, "Llama de Amor viva" (Fiamma d’Amor viva). L’esposizione parla di questa fiamma riferita all’arte, che ci riporta al senso profondo delle cose, ci riconduce in qualche modo a Dio.

    D. – Nella sua pittura attuale ci sono molti volti che vengono descritti con grande precisione, ma uniti ad alcuni elementi di pittura più moderna. Sono come dei volti sfumati da una patina di pittura, i cui lineamenti non si colgono perfettamente: qual tipo di arte lei usa di più?

    R. – Vengo da una tradizione pittorica molto accademica. Ho sempre rappresentato la realtà e il ritratto è stato per me la principale fonte di attenzione. E’ vero però che per essere un pittore contemporaneo bisogna essere un pittore della propria epoca. Ma oggi c’è anche il rischio di sbandare in questo senso di libertà ostentata, anche eccessiva: il rischio di slegarsi anche da quello che è la tradizione, la bellezza di una pittura classica che io non ho mai rinnegato, ma che in qualche modo cerco di portare a una sintesi, fondendola con le sperimentazioni astratte, informali. Cerco un po’ questo connubio tra contemporaneità intesa come freschezza, sperimentazione, e la forma classica tradizionale.

    D. – Uno dei suoi quadri si chiama “Annunciata” e rappresenta il volto della Vergine. In che modo la fede traspare nella sua arte?

    R. – Già il tema dell’“Annunciata” si lega alla fede, perché ritrae la Vergine Maria nel momento in cui l’Arcangelo Gabriele le annuncia il Mistero della salvezza, che la vede anche protagonista. Al di là di questo discorso tematico, la fede nell’arte si vede perché fa presente Dio attraverso la bellezza, che è la prima manifestazione dell’amore di Dio. La prima manifestazione dell’amore di Dio nella bellezza è nel Creato, come impronta dell’amore di Dio per l’uomo. Diciamo che dai paesaggi astratti a qualsiasi volto, a qualsiasi pittura che io mi accingo a fare, c’è sempre questa consapevolezza che tutto quello che dipingo si lega a Dio.

    D. – Molte delle sue opere ritraggono dei volti che per lo più sono molto belli esteticamente, secondo i canoni classici. Ma la concezione che lei ha di questa bellezza non è una concezione solo estetica, cioè fine a se stessa, ma una bellezza che appunto parla di Dio, quindi dell’amore, della relazione…

    R. – La bellezza sempre e comunque parla di Dio. Se noi leggiamo un bel libro o vediamo un bel film, ci interessa sapere chi l’ha scritto o chi sia il regista. La bellezza infatti è qualcosa di meraviglioso, che però va anche relativizzato, perché passa. Va quindi vista in un senso più alto, che ci porta a vedere belle anche la vecchiaia e la malattia.

    D. – Nei volti che lei ritrae, c’è anche un mondo interiore, spirituale, che lei vuol far trasparire?

    R. – Una delle possibilità che dà la sperimentazione dei mezzi contemporanei – proprio la fusione tra questa pittura informale con la figurazione – è quella di portare lo spettatore verso una dimensione più profonda. Come dicevo prima, la bellezza passa, è fuggitiva, ma l’uomo è molto di più che una presenza estetica: è chiamato all’eternità. Ma come fare presente quest'eternità, la presenza dell’anima nell’uomo? Attraverso questo linguaggio estetico che fonde in un tutt’uno la nostra presenza corporea e quella celeste e che quindi, in qualche modo, lascia intravedere l’anima, l’essenza spirituale delle figure che io dipingo.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Libano. Direttore Pom: sulla legge elettorale cristiani si mostrino uniti

    ◊   La scelta interna al Libano di adottare un nuovo sistema elettorale, assieme al rischio di “contagio” del conflitto devastante nella vicina Siria, sta di fatto occupando il dibattito politico nel Paese mediorientale: “Come cittadino e come cristiano dico che fa male al cuore quando vediamo che i cristiani non riescono a esprimere un giudizio condiviso su questioni d’importanza cruciale”, racconta alla Fides padre Paul Karam, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (Pom) in Libano. Il sacerdote sottolinea che “la pluralità di opinioni è un tratto proprio della democrazia”, in riferimento all’accordo precedentemente trovato dalle diverse confessioni cristiane – la cosiddetta “proposta ortodossa” – non votato alla sessione parlamentare del 15 maggio scorso per mancanza di quorum. Secondo il direttore delle Pom libanesi, la tensione all’unità della minoranza cristiana in Libano come in tutto il Medio Oriente, dovrebbe essere naturale e la marginalizzazione delle comunità cristiane arreca danno al Paese, così come gli attacchi reciproci tra leader politici: “Abbiamo visto ciò che è accaduto in Iraq e in Siria", ha detto ancora padre Karam. "Ogni mossa va fatta con lungimiranza, tenendo conto degli effetti che potrà avere sui cristiani nel loro insieme”. (R.B.)

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    Londra. Leader religiosi uniti contro l'odio dopo l’uccisione del soldato

    ◊   “Mentre gli estremisti cercano di seminare divisioni nelle nostre strade, le comunità di fedi londinesi rimangono unite in questo momento difficilissimo”. Così hanno i rappresentanti delle varie comunità appartenenti al "Faiths Forum for London", cristiani, ebrei, musulmani, indù e sikh, sostenuti anche dal presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles e arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Gerard Nichols, si sono espressi con un comunicato ufficiale – ripreso dall’Osservatore Romano – redatto in riferimento al terribile omicidio di un soldato avvenuto giorni fa in strada a Woolwich, ad opera di due cittadini britannici, uno dei quali di origine nigeriana e con probabili legami con il terrorismo internazionale. “Le nostre religioni esaltano la santità della vita umana e nessuna ingiustizia può giustificare un assalto così barbarico che è costato la vita a un giovane uomo – si legge ancora – il terrorismo non ha posto nelle nostre strade”. La necessità di rafforzare le relazioni tra le comunità, è stata sottolineata anche dall’arcivescovo emerito di Southwark, Kenun John Patrick Mc Donald, a capo dell’Ufficio per il Dialogo interreligioso dell’episcopato cattolico. “Quello che è accaduto a Woolwich ha scioccato tutti – ha detto – in questo momento di vitale importanza, le persone di ogni fede devono dimostrare un vero rifiuto della violenza e un impegno comune e solidale per la pace”. L’arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa anglicana, Justin Welby, si è recato sul luogo del delitto sottolineando la condanna del brutale omicidio espressa dal "Muslim Council of Britain", mentre diversi vescovi anglicani hanno compiuto una serie di visite tra le loro comunità per scoraggiare l’uso della violenza. Il Faiths Forum for London è stato istituito nel 2010 per promuovere il dialogo tra le diverse fedi, anche attraverso momenti di preghiera e di confronto comunitario. (R.B.)

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    Il Brasile annulla 900 milioni di debito a 12 Paesi africani

    ◊   Il Brasile ha annullato i 900 milioni di dollari (circa 700 milioni di euro) di debito di 12 Paesi africani, tra cui la Repubblica del Congo e la Tanzania. Ad annunciarlo, ieri ad Addis Abeba, in Etiopia, dove si stavano tenendo le celebrazioni per i 50 anni dell’Unione africana (Ua), è stato il portavoce della presidenza brasiliana, Thomas Traumann. “Avere relazioni speciali con l’Africa è strategico per la politica estera brasiliana”, è stata la motivazione. Il cinquantenario dell’Ua, cui ha preso parte anche il presidente brasiliano Dilma Roussef, ha coinciso con la Giornata dell’Africa. Sempre ieri, nella stessa occasione, dalla capitale etiopica il presidente francese Hollande ha annunciato un summit di tutti i leader africani che si svolgerà a Parigi entro la fine dell’anno. (R.B.)

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    India, attacco maoista a Sukna: 28 morti molti dei quali politici locali

    ◊   È salito a 28 morti, rispetto ai 17 inizialmente confermati, e 24 feriti il bilancio di un attacco effettuato ieri nel tardo pomeriggio ad opera di ribelli maoisti nel distretto di Sukna, una remota area dell’India centrale, distante oltre 300 km dal capoluogo Raipur. Oltre ad alcuni poliziotti, tutte le vittime sono esponenti locali del Congresso dello Stato nordorientale del Chhattisgarth del Partito del Congresso che stavano tornando da un comizio a bordo di un convoglio scortato, quando i ribelli hanno fatto esplodere una mina e poi hanno aperto il fuoco. L’attentato è stato duramente condannato dal presidente del partito, Sonia Gandhi, come “un vile attacco alla democrazia”. I ribelli maoisti in India controllano un corridoio che conduce dal Nepal allo Stato dell’Andhra Pradesh e vengono considerati dal governo “la più grande minaccia alla sicurezza interna”, contro la quale anni fa si voleva sferrare un’offensiva, poi abbandonata a causa degli stretti legami tra questi e le popolazioni tribali. L’ultimo attacco dei maoisti nell’area, precisamente a Bastar, è di appena una settimana fa, quando in uno scontro a fuoco con l’esercito sono rimasti sul campo otto civili, tra cui alcuni bambini. (R.B.)

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    Colombia. Dura denuncia del vescovo di La Guajira: la corruzione dilaga

    ◊   Il vescovo colombiano di Riohacha, mons. Hector Ignacio Salah Zuleta, denuncia ai microfoni di Radio Caracol i gravi problemi che attanagliano il territorio di La Guajira, sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista della gestione amministrativa del Dipartimento. Il presule ha citato, ad esempio, il governatore del territorio, Juan Francisco Gomez, oggetto di forti critiche e accuse di corruzione, già segnalato dalla Conferenza episcopale colombiana con una nota inviata alla Fides, per avere contatti con diverse bande criminali e per il suo coinvolgimento in diversi casi di omicidio. “Una calamità – l’ha definita mons. Zuleta – perché scredita tutti coloro che hanno votato per lui”. Il presule, comunque, parla anche dell’incompetenza dei governi che La Guajira ha avuto negli ultimi anni, denunciando la sparizione dei fondi che da 30 anni il dipartimento riceve sottoforma di doni e sussidi: “Se qualcuno si propone di cercarli bene, li trova nelle tasche di molti politici”. La corruzione, dunque, è il problema principale di quest’area e affligge in particolare il campo dell’istruzione, dal quale “la Chiesa cattolica, dopo 120 anni meritoria opera a beneficio dello sviluppo, è stata esclusa”. (R.B.)

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    Elezioni amministrative. A Roma affluenza in calo del 5% alle ore 12

    ◊   Affluenza in calo per le elezioni amministrative in corso oggi e domani in molte parti d’Italia. Gli occhi sono tutti puntati su Roma, dove alle 12 di oggi aveva votato solo il 9.75% degli aventi diritto: quasi un -5% rispetto alle amministrative del 2008, in cui alla stessa ora aveva espresso la propria preferenza il 14.74% degli elettori. La sfida della Capitale – chiamata a rinnovare il Campidoglio e le amministrazioni municipali, recentemente ridotte per decreto da 19 a 15 – vede correre ben 19 candidati alla poltrona di primo cittadino, ma i favoriti sembrano essere quattro: Gianni Alemanno del Pdl, sindaco uscente che aspira alla riconferma, Ignazio Marino, sostenuto dal centrosinistra, Marcello de Vito per il Movimento 5 Stelle e Alfio Marchini, a capo di una lista civica. Le 2.600 sezioni nel Comune di Roma resteranno aperte fino alle 22 di oggi, mentre domani sarà ancora possibile votare dalle 7 alle 15. Sebbene da più parti si sia sottolineato che i risultati avranno solo una valenza locale, secondo gli esperti la tornata elettorale rappresenta invece un primo esame per tutte le formazioni in campo, dopo le elezioni politiche del febbraio scorso. (R.B.)

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    La chiesa di S. Giuseppe Artigiano all’Aquila elevata Basilica minore

    ◊   Un segno di attenzione e di speranza per L’Aquila, l’elevazione a titolo di Basilica minore della chiesa di San Giuseppe Artigiano (ex San Biagio d’Amiternum), danneggiata dal terribile sisma che colpì il capoluogo abruzzese nell’aprile di quattro anni fa. L’elevazione da parte di Papa Francesco è avvenuta attraverso decreto della Congregazione del Culto divino il 20 maggio scorso, festa di San Bernardino da Siena, e poi comunicata all’arcivescovo metropolita dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, che ha informato la comunità. La chiesa, risalente al XIII secolo, dopo il terremoto è stata restaurata grazie ai finanziamenti della Fondazione Roma e riconsegnata alla città già tre anni fa: al suo interno, si conserva il prezioso monumento gotico di Lalle Camponeschi, opera di Gualtiero d’Alemagna, ma le scosse hanno fatto emergere anche cicli pittorici tra i più antichi del territorio. Oggi, è sede della parrocchia universitaria e luogo delle celebrazioni diocesane presiedute dall’arcivescovo della città. Pochissime chiese nel mondo, circa 1.600, possono fregiarsi del titolo di Basilica minore, che consente loro di adottare il simbolo papale delle chiavi incrociate: viene attributo a edifici di particolare importanza per rafforzarne il legame con il vescovo di Roma, e in questo caso la decisione mira a ricostruire anche il tessuto spirituale dell’Aquila, come segno tangibile di una rinascita che non coinvolge solo le case, ma anche le coscienze degli uomini. (R.B.)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 146

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.