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Sommario del 15/05/2013
Udienza generale. Il Papa: non si è cristiani a tempo, preghiamo ogni giorno lo Spirito Santo
◊ La verità “non è un possesso, la verità è un incontro”, al quale solo lo Spirito Santo può guidare chi Lo prega “ogni giorno”. Lo ha affermato Papa Francesco all’udienza generale di questa mattina in Piazza San Pietro, conclusa dall’annuncio della visita che, forse già in settembre, farà al Santuario della Madonna di Bonaria di Cagliari. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Il mondo di oggi è ammalato di scetticismo verso il sacro, allergico al pensiero forte di una verità che viene da Dio. Per tutta risposta, Papa Francesco trasforma la catechesi in una sorta di terapia d’urto contro la deriva relativistica tante volte evocata – ricorda – da Benedetto XVI, per cui è vero ciò che suscita consenso e comunque non c’è “nulla di definitivo”. Ai 100 mila che lo ascoltano dalla Piazza chiede di fare esattamente il contrario, li sprona a prendere pubblicamente l’impegno a credere alla verità portata da Cristo, a pregare sempre l’unico in grado di condurre a quella verità e ad esserne coerenti:
“Non si può essere cristiani così, si è cristiani in ogni momento! Totalmente! La verità di Cristo, che lo Spirito Santo ci insegna e ci dona, interessa per sempre e totalmente la nostra vita quotidiana. Invochiamolo più spesso, perché ci guidi sulla strada dei discepoli di Cristo. Invochiamolo tutti i giorni. Vi faccio questa proposta: invochiamo tutti i giorni lo Spirito Santo, così lo Spirito Santo ci avvicinerà a Gesù Cristo”.
All’inizio della catechesi, Papa Francesco si era ispirato alla scena emblematica del Vangelo, quella in cui Pilato rivolge a Gesù la domanda: “Che cos’è la verità?”. Una domanda che riecheggia in ogni epoca del mondo, tra i tanti che aprono il cuore al dono della fede e i tanti Pilato che non possono o non intendono farlo:
“Pilato non riesce a capire che ‘la’ Verità è davanti a lui, non riesce a vedere in Gesù il volto della verità, che è il volto di Dio. Eppure, Gesù è proprio questo: la Verità, che, nella pienezza dei tempi, ‘si è fatta carne’, è venuta in mezzo a noi perché noi la conoscessimo. La verità non si afferra come una cosa, la verità si incontra. Non è un possesso, è un incontro con una Persona”.
Se questo incontro con la Verità diventa esperienza di vita, la Chiesa, come pure ogni singolo cristiano, sperimenta una precisa azione dello Spirito. Questi, spiega Papa Francesco, “anzitutto ricorda e imprime nei cuori dei credenti le parole che Gesù ha detto”, facendo sì che la Verità diventi in ciascuno “principio di valutazione nelle scelte e di guida nelle azioni quotidiane”. Di più, soggiunge:
“Ma ci guida anche ‘dentro’ la Verità, ci fa entrare cioè in una comunione sempre più profonda con Gesù, donandoci l’intelligenza delle cose di Dio. E questa non la possiamo raggiungere con le nostre forze. Se Dio non ci illumina interiormente, il nostro essere cristiani sarà superficiale. Infatti, è dall’intimo di noi stessi che nascono le nostre azioni: è proprio il cuore che deve convertirsi a Dio, e lo Spirito Santo lo trasforma se noi ci apriamo a Lui”.
Quella che segue lo Spirito di Dio è dunque un’anima libera, come le due colombe consegnate in una gabbietta da alcuni fedeli al Papa e da lui subito lanciate verso il cielo. In questo Anno della Fede, conclude il Pontefice, chiediamoci cosa abbiamo fatto concretamente “per conoscere di più Cristo” e “quali passi stiamo facendo perché la fede orienti tutta la nostra esistenza”, imparando in questo – dice – da Maria e dalla sua “totale disponibilità” a Dio. E alla Vergine Papa Francesco dedica le ultime parole dell’udienza generale, annunciando una visita al Santuario della “Madonna di Bonaria” di Cagliari, in via di definizione per settembre, e spiegandone le ragioni:
“Fra la città di Buenos Aires e Cagliari c’è una fratellanza per una storia antica. Proprio nel momento della fondazione della città di Buenos Aires, il suo fondatore voleva nominarla ‘Città della Santissima Trinità’, ma i marinai che lo avevano portato laggiù erano sardi e loro volevano che si chiamasse ‘Città della Madonna di Bonaria’. Vi fu una disputa fra di essi e alla fine hanno trovato un compromesso, così che il nome della Città risultò lungo: ‘Città della Santissima Trinità e Porto di Nostra Signora di Bonaria’. Ma essendo tanto lungo, sono rimaste le due ultime parole: Bonaria, Buenos Aires, in ricordo della vostra icona della Madonna di Bonaria”.
Nel salutare i fedeli di lingua polacca, Papa Francesco lancia anche un appello prendendo spunto dalla presenza dell’Associazione “Civitas Christiana” di Stettino, organizzatrice della locale “Marcia per la Vita”: “Questa iniziativa – sottolinea – ricordi a tutti la necessità di promuovere e difendere la vita umana dal concepimento al suo naturale declino”.
◊ Sull’annuncio fatto dallo stesso Papa Francesco riguardo al sua prossima visita al Santuario della Madonna di Bonaria, ascoltiamo al microfono di Sergio Centofanti la reazione dell’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio, presente in Piazza San Pietro:
R. – Siamo, a dire poco, commossi. La notizia era nell’aria, ovviamente, ma il fatto che sia stato il Papa stesso a comunicarlo e il modo in cui lo ha comunicato, soffermandosi sul legame, sulla storia, che lega Bonaria a Buenos Aires, ci ha veramente colpiti. Questa visita non sarà soltanto una visita di devozione ma è un gesto di grande amore per la Sardegna, per la sua fede, per le sue tradizioni, e anche un segno di speranza per tutte le sue povertà. Da subito, appena è stato eletto, nel mandargli i nostri auguri e le nostre preghiere, abbiamo subito lanciato questa speranza, più che un invito, era una speranza di averlo presto al nostro Santuario. E il Papa ha risposto con una generosità e una cordialità che davvero ci ha commosso.
Papa Francesco: scuola cattolica, realtà preziosa per l’intera società
◊ Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del servizio svolto dalla scuola cattolica. Lo ha fatto al termine dell’udienza generale, salutando tutti gli studenti, in particolare quelli delle scuole cattoliche italiane. Ascoltiamo la voce del Papa nel servizio di Massimiliano Menichetti:
“La scuola cattolica costituisce una realtà preziosa per l’intera società, soprattutto per il servizio educativo che svolge, in collaborazione con le famiglie, ed è bene che ne sia riconosciuto il ruolo in modo appropriato”.
Papa Francesco ribadisce così la centralità e la ricchezza della scuola cattolica. Una realtà spesso poco conosciuta, a volte addirittura contestata, ma che rappresenta il 24 per cento delle scuole italiane. Don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della Cei:
R. – Siamo tutti particolarmente grati a Papa Francesco per questo significativo affondo sulla scuola cattolica. La scuola cattolica è una scuola per la persona: la scuola punta ad un umanesimo integrale e sviluppa una significativa attenzione alla persona, inclusa la sua dimensione spirituale.
D. – Don Maurizio, cosa vuol dire oggi prendersi cura dei ragazzi, essere educatori e non solo insegnanti?
R. – Significa stare al loro fianco; essere particolarmente attenti a ciò che ci offre il mondo presente, il quale – accanto a molti limiti - offre molte chance, molte opportunità per la crescita dei nostri giovani.
D. – Dunque, la questione educativa è centrale: ci sono famiglie che vorrebbero scegliere queste scuole, ma non possono a causa delle rette; altri dicono che i finanziamenti della scuola paritaria tolgono fondi alla scuola statale. Qual è il quadro?
R. – Da indagini fatte e realizzate in questi ultimi anni si vede come le scuole cattoliche costituiscano una grande risorsa finanziaria anche per lo Stato, in quanto a questo fanno risparmiare una grossa cifra, che è di 6 miliardi di euro. In verità quello che si chiede è di essere particolarmente attenti a chi vorrebbe mettere il proprio figlio nelle scuole paritarie, dando un contributo.
D. – Quindi, in sostanza, di poter scegliere: un contributo che consenta di poter scegliere se mandare il proprio figlio alla scuola statale o alla scuola paritaria di ispirazioni cattolica?
R. – Certo. Quello che c’è in altri Stati vicini: cito la Spagna, la Francia e la Germania.
Uno dei volti della scuola paritaria di ispirazione cattolica è quello dei Salesiani. Don Karim Majidi, direttore dell’Istituto Pio XI di Roma:
R. – Il tratto principale di questa struttura - allineandosi alle scuole salesiane - è il cortile, cioè l’accoglienza, il clima di famiglia. Perciò dal cortile fino in aula, fino al momento in cui si studia, si ricerca e si approfondisce, il clima è quello di famiglie: gli adulti che stanno accanto agli allievi, accanto ai ragazzi, ai figli, che stanno percorrendo un cammino insieme, per formarsi e crescere insieme. Don Bosco dice: “Speriamo che i ragazzi possano diventare dei buoni cristiani e degli onesti cittadini”. Qui dentro c’è tutto, no?
Tra le scuole paritarie d’ispirazioni cattolica non mancano creatività ed ingegno. E’ l’esperienza di alcuni genitori che hanno deciso di associarsi per creare delle cooperative e avviare la sfida di una scuola, tra queste Karis Foundation di Rimini. Claudio Minghetti, il rettore:
R. – Karis Foundation è nata da sette famiglie che, quasi 40 anni fa, guardandosi intorno e cercando uno sbocco per il cammino educativo dei propri figli e non trovando nulla di veramente convincente, hanno preso una decisione: istituire una scuola. Il percorso educativo è la proposta di una ipotesi interpretativa della realtà, di una possibilità di scoperta di significato per sé; proposta in modo chiaro, in modo preciso: quindi la scuola deve avere una sua identità e deve avere una sua proposta educativa. A questo punto scatta la libertà dell’alunno. La proposta deve essere chiara e la libertà dell’alunno deve essere totalmente impegnata a verificarlo e totalmente rispettata. La libertà dell’alunno è sacra, perché ciò che non passa attraverso la libertà della persona – come il Vangelo testimonia continuamente – non viene fatto proprio dalla persona.
Il servizio per l’altro è il cuore della formazione dei gesuiti. Padre Francesco Tata, rettore dell’Istituto Massimo di Roma:
R. – Non si tratta solo di una cura personale e di un’amorevolezza, che è basilare per la vita, ma anche il fornire un metodo di studio, una apertura mentale, una capacità di leggere le idee, le situazione e non essere acritici, ma capaci di cogliere gli aspetti costruttivi. Usando degli slogan: l’educazione ignaziana dovrebbe produrre degli uomini con e per gli altri o essere – si dice - leader nel servizio. Questi sono gli slogan. Cerchiamo di mettere i nostri studenti nelle condizioni di poter assaggiare queste dimensioni e poter vedere che è qualcosa che dà senso alla vita.
Pregate per i vescovi e i preti perché siano pastori e non lupi: così il Papa a Santa Marta
◊ Pregate per i preti e i vescovi perché non cedano alla tentazione dei soldi e della vanità ma siano al servizio del popolo di Dio: è l’esortazione di Papa Francesco, stamani, nella Messa presieduta a Santa Marta. Era presente un gruppo di dipendenti della Radio Vaticana. Il servizio di Sergio Centofanti:
L’omelia del Papa parte dal brano degli Atti degli Apostoli in cui Paolo esorta gli “anziani” della Chiesa di Efeso a vegliare su se stessi e su tutto il gregge, ad essere pastori attenti ai “lupi rapaci”. E’ una delle “più belle pagine del Nuovo Testamento” – ha sottolineato il Papa – “piena di tenerezza, di amore pastorale” in cui emerge il “bel rapporto del vescovo col suo popolo”. I vescovi e i preti – spiega – sono al servizio degli altri, per custodire, edificare e difendere il popolo. E’ “un rapporto di protezione, di amore fra Dio e il pastore e il pastore e il popolo”:
“Alla fine un vescovo non è vescovo per se stesso, è per il popolo; e un prete non è prete per se stesso, è per il popolo: al servizio di, per far crescere, per pascolare il popolo, il gregge proprio, no? Per difenderlo dai lupi. E’ bello pensare questo! Quando in questa strada il vescovo fa quello è un bel rapporto col popolo, come il vescovo Paolo lo ha fatto col suo popolo, no? E quando il prete fa quel bel rapporto col popolo, ci dà un amore: viene un amore fra di loro, un vero amore, e la Chiesa diventa unita”.
Il rapporto del vescovo e del prete col popolo – ha proseguito il Papa - è un rapporto “esistenziale, sacramentale”. “Noi – ha aggiunto - abbiamo bisogno delle vostre preghiere” perché “anche il vescovo e il prete possono essere tentati”. I vescovi e i preti devono pregare tanto, annunciare Gesù Cristo Risorto e “predicare con coraggio quel messaggio di salvezza”. “Ma anche noi siamo uomini e siamo peccatori” e "siamo tentati". E quali sono le tentazioni del vescovo e del prete?:
“Sant’Agostino, commentando il profeta Ezechiele, parla di due: la ricchezza, che può diventare avarizia, e la vanità. E dice: ‘Quando il vescovo, il prete si approfitta delle pecore per se stesso, il movimento cambia: non è il prete, il vescovo per il popolo, ma il prete e il vescovo che prende dal popolo’. Sant’Agostino dice: ‘Prende la carne per mangiarla alla pecorella, si approfitta; fa negozi ed è attaccato ai soldi; diventa avaro e anche tante volte simoniaco. O se ne approfitta della lana per la vanità, per vantarsi’”.
Così – osserva il Papa – “quando un prete, un vescovo va dietro ai soldi, il popolo non lo ama e quello è un segno. Ma lui stesso finisce male”. San Paolo ricorda di aver lavorato con le sue mani, “non aveva un conto in banca, lavorava. E quando un vescovo, un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo – e fa tanto male alla Chiesa – fa il ridicolo alla fine, si vanta, gli piace farsi vedere, tutto potente… E il popolo non ama quello!”. Pregate per noi – ripete il Papa - “perché siamo poveri, perché siamo umili, miti, al servizio del popolo”. Infine, suggerisce di leggere il capitolo 20 versetti 28-30 degli Atti degli Apostoli dove Paolo dice: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé”:
“Leggete questa bella pagina e leggendola pregate, pregate per noi vescovi e per i preti. Ne abbiamo tanto bisogno per rimanere fedeli, per essere uomini che vegliano sul gregge e anche su noi stessi, che fanno la veglia proprio, che il loro cuore sia sempre rivolto al suo gregge. Anche che il Signore ci difenda dalle tentazioni, perché se noi andiamo sulla strada delle ricchezze, se andiamo sulla strada della vanità, diventiamo lupi e non pastori, pastori. Pregate per questo, leggete questo e pregate. Così sia”.
Tweet del Papa: rispettiamo la vita, soprattutto quella indifesa nel grembo della madre
◊ Il Papa ha lanciato oggi un nuovo tweet: “È Dio che dona la vita – scrive sul suo account @Pontifex - Rispettiamo e amiamo la vita umana, specialmente quella indifesa nel grembo della madre”.
◊ In Messico, Papa Francesco ha nominato vescovo di Cuernavaca mons. Ramón Castro Castro, finora vescovo di Campeche. Il presule è nato a Teocuitatlán de Corona, arcidiocesi di Guadalajara, il 27 gennaio 1956. Compì gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore di Tijuana. Ottenne il Dottorato in Spiritualità presso il Teresianum e la Licenza in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Ricevette l’ordinazione sacerdotale il 13 maggio 1982 per la diocesi di Tijuana. Nel 1985 è entrò nella Pontificia Accademia Ecclesiastica. Dal 1989 al 2004 prestò la sua opera successivamente nelle Rappresentanze Pontificie in Zambia, Malati, Angola, São Tomé e Principe, Ucraina, Venezuela, Paraguay e nella Segreteria di Stato. Il 2 aprile 2004 fu nominato Vescovo titolare di Suelli ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Yucatàn e ricevette l’Ordinazione Episcopale il 2 giugno successivo. L’8 aprile 2006 è stato nominato Vescovo di Campeche. In seno alla Conferenza Episcopale Messicana, per il periodo 2012-2015, è stato eletto Responsabile della Dimensione Giustizia, Pace e Riconciliazione della Commissione Episcopale per la Pastorale Sociale.
In Tanzania, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Songea in Tanzania, presentata da mons. Norbert Wendelin Mtega, in conformità al canone 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto, ha nominato mons. Tarcisius Ngalalekumtwa, vescovo della Diocesi di Iringa, amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima Arcidiocesi di Songea.
In India, il Pontefice ha nominato due ausiliari per l’arcidiocesi di Bombay: il sacerdote Savio Dominic Fernandes, attualmente cancelliere della medesima arcidiocesi e il Rev.do John Rodrigues, Decano e Professore di Teologia al St. Pius X College, a Goregaon. Al Rev.do Fernandes, è stata assegnata la sede titolare vescovile di Cozila e al Rev.do Rodrigues, è stata assegnata la sede titolare vescovile di Deulto.
Giornata dei Movimenti: sabato e domenica attese oltre 120 mila persone
◊ Sono oltre 120 mila le persone che già hanno aderito alla Giornata dei movimenti, delle nuove comunità, delle associazioni e aggregazioni laicali, in programma sabato e domenica prossimi in Piazza San Pietro alla presenza di Papa Francesco. A renderlo noto è stato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che oggi in Sala Stampa vaticana ha presentato questa importante iniziativa per l’Anno della Fede. Il servizio di Benedetta Capelli:
Un momento di “incontro, preghiera, condivisione e ascolto” per vivere con “forza e motivazione” il cammino della nuova evangelizzazione. Con queste parole, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha fotografato l’incontro del prossimo fine settimana dei Movimenti ecclesiali con il Papa. Sabato e domenica prossimi, Piazza San Pietro sarà il luogo della testimonianza della fede, dello scambio di esperienze tra le tante realtà della Chiesa nate sulla spinta del Concilio Vaticano II, che con carismi diversi si spendono per la promozione del Vangelo:
"Variano i nomi, le metodologie e gli strumenti che esprimono la ricchezza dello Spirito distribuita nei carismi propri di ogni iniziatore, ma l’obiettivo e le finalità restano identiche e comuni per tutti: portare la gioia del Vangelo a ogni persona".
I numeri di questa due giorni sono importanti: oltre 120 mila persone, provenienti da 150 diverse realtà ecclesiali di numerosi Paesi – dall’Italia all’Argentina, dalla Nuova Zelanda a Portorico – insomma da tutti i continenti a testimoniare, ha aggiunto mons. Rino Fisichella, che “la cattolicità della Chiesa non conosce confini”. Poi, la spiegazione del motto scelto:
"'Io credo! Aumenta in noi la fede'. I pronomi personali attestano il significato sotteso. Ognuno nella fede è chiamato a pronunciare in prima persona la sua adesione a Cristo e alla Chiesa. E’ una scelta libera e personale che comporta la conferma della fede battesimale".
In molti – ha ricordato mons. Fisichella – spesso hanno ritrovato non solo la fede un tempo perduta per strada o divenuta sterile e indifferente, ma nei Movimenti hanno compiuto una vera conversione di vita. La fede, ha evidenziato il presule, è un atto comunitario:
"E’ un 'noi' che si carica del valore della comunità che è in primo luogo la Chiesa, la quale si rende visibile nelle diverse realtà che sono via e mediazione per esprimere la fede. L’'io credo', dunque, e la richiesta di crescere insieme, come un 'noi' nella fede, esprimono la pluralità e l’unità dei vari partecipanti".
Dalle 7 di sabato mattina, almeno 50 mila persone a gruppi di 50 compiranno un pellegrinaggio alla tomba di Pietro. Alle 15, il momento dell’accoglienza e della riflessione in Piazza, poi per le 18 è previsto l’arrivo del Papa. Davanti a lui, racconteranno la loro esperienza lo scrittore e compositore irlandese, John Waters, e Paul Bhatti, fratello di Shahbaz Bhatti, ministro delle Minoranze del governo pakistano ucciso due anni fa. Tra i presenti anche alcuni disabili, per alcuni dei quali è stato allestito un servizio di traduzione nella lingua dei segni per le persone non udenti. Saranno presenti anche i genitori di Francesco, un giovane di 21 anni morto sotto le macerie della "Casa dello Studente" nel terremoto dell’Aquila di quattro anni fa. Domenica mattina, alle 10.30, la messa ed il Regina Caeli.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Fisichella ha chiarito che con il Pontificio Consiglio per i Laici c’è piena collaborazione ma la responsabilità di organizzare la Giornata, che rientra nell’Anno della Fede, era del dicastero per la nuova evangelizzazione. Infine, il presule si è soffermato sul cosiddetto “effetto Papa Francesco”:
"L’espressione 'l’effetto Francesco' non mi piace eccessivamente, però mi sembra sia vero che la presenza di Papa Francesco abbia toccato il cuore e la mente di tantissime persone. Io ho parlato con tantissimi parroci e sacerdoti, i quali mi hanno confermato che molte persone si sono accostate al Sacramento della Confessione: 'Lo faccio – dicono – perché ho sentito, mi sono sentito toccare dalla parola del Papa e sento il desiderio di confessarmi'. Se questo è 'effetto Francesco', io credo che le persone desiderino essere presenti, ascoltare la sua voce, vederlo, toccarlo, perché è di un’immediatezza che è sconvolgente, quindi è molto positivo. E noi siamo più che mai contenti che ci sia questo perché comporta anche una riflessione sull’importanza della fede, sull’importanza dell’essere cristiani e quindi anche sul valore che la persona del Papa può avere in questo momento della vita della Chiesa".
Terrorismo in Africa. Mons. Chullikatt all’Onu: “Offesa a tutta l’umanità”
◊ Alla “piaga del terrorismo” bisogna rispondere con la “solidarietà tra le nazioni” e con l’impegno della comunità internazionale “per salvaguardare la vita e promuovere i diritti umani fondamentali”. È l’appello lanciato domenica scorsa dall’arcivescovo Francis Chullikatt, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, in occasione del dibattito del Consiglio di Sicurezza sulla lotta al terrorismo in Africa. Ricordando il recente “insensato attacco” alla chiesa di san Giuseppe di Arusha, in Tanzania, mons. Chullikatt ha notato che “gli atti di terrorismo costituiscono un’offesa contro tutta l’umanità”. La Santa Sede quindi “condanna ogni forma di terrorismo” e in particolare “la manipolazione della religione nel tentativo di giustificare attacchi contro la vita umana innocente”. La violenza compiuta in nome della religione - ha detto l’arcivescovo citando le parole del Papa emerito Benedetto XVI - “è l’antitesi” della religione stessa “e contribuisce alla sua distruzione”. Mons. Chullikatt ha quindi chiesto a tutti gli attori coinvolti, compresi i media, di “non restare in silenzio” davanti agli atti di terrorismo in Africa. La comunità internazionale – ha proseguito – deve lavorare perché siano fornite tutte le risorse “necessarie a contrastare le circostanze in cui il terrorismo trova un terreno di coltura”. L’arcivescovo ha concluso il suo intervento ricordando il recente invito di papa Francesco a “combattere il male con il bene, lavorando insieme per costruire una società sempre più giusta, libera e sicura”. (D.M.)
Il cardinale O'Brien, d'intesa col Papa, lascerà la Scozia
◊ “Per le stesse ragioni per cui decise di non prendere parte all’ultimo Conclave”, il cardinale Keith Patrick O’Brien, arcivescovo emerito di St. Andrews and Edinburgh, “d’intesa con il Santo Padre, nei prossimi giorni lascerà la Scozia per alcuni mesi di rinnovamento spirituale, preghiera e penitenza”: è quanto riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana. “Ogni decisione circa la destinazione futura del cardinale sarà da concordare con la Santa Sede”.
In una nota diffusa nel marzo scorso, il porporato aveva affermato: “Ci sono stati momenti nei quali la mia condotta sessuale è caduta sotto gli standard delle aspettative che vi erano nei miei confronti come sacerdote, arcivescovo e cardinale”. “Chiedo scusa e perdono a coloro che ho offeso” - aveva aggiunto - “chiedo anche scusa alla Chiesa cattolica e agli scozzesi. Trascorrerò il resto della mia vita in pensione e non avrò nessun altro ruolo nella vita pubblica della Chiesa cattolica in Scozia”.
Ior: entro fine anno sito internet e rapporto annuale
◊ Entro fine anno lo Ior prevede di aprire un suo sito internet su cui verrà pubblicato anche il "Rapporto Annuale" delle sue attività. Lo ha annunciato il presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, Ernst von Freyberg, incontrando il personale. E’ stata anche avviata la consulenza di una nuova società internazionale di certificazione, per verificare il pieno rispetto degli standard internazionali per il contrasto del riciclaggio. Ernst von Freyberg, nominato presidente dello Ior il 15 febbraio, ha avuto lunedì il suo primo incontro con tutto il personale dell'Istituto in cui ha manifestato il suo apprezzamento per l'impegno di tutti, per l'alta professionalità e i risultati positivi raggiunti.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La verità è una Persona: all'udienza generale Papa Francesco parla dell'azione dello Spirito Santo.
Quando i pastori diventano lupi: messa del Papa a Santa Marta.
In rilievo, nell'informazione internazionale, il condiviso timore di Russia e Israele per l'escalation di violenze in Siria.
Ore 20.15, il quartiere ebraico non esiste più: in cultura, Andrea Possieri a settant'anni dalla repressione nel sangue della rivolta del ghetto di Varsavia e Gaetano Vallini sulla ripubblicazione degli "Appunti" di Emmanuel Ringelblum, cronista dell'orrore quotidiano.
In cerca dell'invisibile: Andrea Gianni sulle iniziative dell'Associazione Sant'Anselmo al Salone del libro di Torino che si apre domani.
Il sogno di tutti i cristiani: nell'informazione religiosa, il primo sinodo della Chiesa protestante unita di Francia.
Per continuare a scrivere pagine di libertà: il Patriarca ortodosso Bartolomeo accolto a Milano dal cardinale arcivescovo Angelo Scola.
Che pretese questo cristianesimo: nell'informazione vaticana, anticipazione dell'omelia del cardinale Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nella messa di ringraziamento a conclusione dell'anno accademico della Pontificia Università Gregoriana.
Stato d'emergenza in Nigeria, massiccio dispiegamento di militari contro Boko Haram
◊ “Boko Haram ci ha dichiarato guerra”: lo ha detto il presidente della Nigeria, Goodluck Jonathan, che ha proclamato lo stato d’emergenza in tre Stati settentrionali, inviando nuove forze militari contro la setta islamista. Scettici sull’escalation militare vari politici locali e anche l’arcivescovo di Jos, mons. Ignatius Kaigama, che ha ricordato la poca efficacia di simili misure in passato. “Non so se questo provvedimento porterà in breve tempo ad una riduzione delle attività criminali e a ottenere una maggiore sicurezza”, ha affermato il presule, che però - riporta l'agenzia Fides - resta in attesa di conoscere “i dettagli di questa iniziativa”. Davide Maggiore ha chiesto a Marco Massoni, direttore di ricerca per l’Africa del Centro militare di studi strategici, che significato ha la decisione del presidente nigeriano:
R. - È un segnale che va in una duplice direzione. Verso l’esterno, nei confronti degli altri Paesi africani e della Comunità internazionale, a testimonianza della capacità di Goodluck Jonathan di potersi presentare come candidato credibile per le prossime elezioni presidenziali, in calendario fra due anni, nel 2015. Questo si lega direttamente a questioni di politica interna: la legittimità sempre della sua candidatura, vista dal cartello delle opposizioni nigeriane che si sono riunite e trovano ovviamente terreno fertile anche presso quegli Stati federali del Nord dove Boko Haram è particolarmente attivo. Il rischio che l’opposizione possa raggiungere la presidenza potrebbe essere uno dei motivi per farsi vedere come ‘uomo forte’.
D. - Abbiamo parlato di un segnale rivolto anche alle classi politiche del Nord, tuttavia le prima risposte non sembrano essere state positive per Goodluck Jonathan …
R. - In Nigeria il ricambio del governo e la provenienza - degli stati meridionali, degli stati settentrionali - è al centro delle discussioni di politica interna da sempre. Un altro aspetto fondamentale è che comunque la Nigeria sembra uno Stato debole, rispetto al contesto in cui si trova, e vive - soprattutto la parte settentrionale - lungo la linea di faglia dello scontro anche con i qaedisti e i jihadisti che hanno favorito la secessione lo scorso anno della parte settentrionale del Mali. Costoro sono sicuramente interessati a stringere alleanze, armandosi sempre più.
D. - A livello del governo nigeriano, fino a poche settimane fa la soluzione più probabile sembrava però un’amnistia per quei militanti di Boko Haram disposti a rinunciare alla violenza. Perché questo cambio di strategia? Si può pensare ad un’influenza dell’elemento militare?
R. - E’ molto verosimile che la componente delle forze armate insista per avere una maggiore visibilità. Un’amnistia con il conseguente rilascio di 400 prigionieri era stata ventilata in marzo in primo luogo dal sultano di Sokoto, una delle massime autorità islamiche nella Nigeria settentrionale. In un primo momento aveva visto una certa reticenza da parte delle autorità federali e dello stesso presidente Goodluck Jonathan, ma poi ha visto il consenso crescente da parte di tutta una serie di altri attori della società civile nigeriana, tra cui anche molti leader religiosi. Ha incominciato ad essere accolta come possibile via per una soluzione. Probabilmente Goodluck Jonathan ha accettato l’ipotesi - perché molto supportata da altri - di lavorare su un’amnistia, ma non era la sua strategia principale.
D. - L’intervento militare però rischia di non essere risolutivo. E non c’è il pericolo che ad un’emergenza già in corso nelle regioni del Nord, se ne aggiunga semplicemente un’altra?
R. - Senza dubbio. Il tentativo di un comitato “ad hoc” che lavorasse sull’amnistia evidentemente è stato un “coup de théâtre”: le forze armate nigeriane sono le più importanti dell’area, vedono un coinvolgimento poco diretto nelle operazioni che la comunità internazionale ha favorito nel Mali e vogliono avere maggiore voce in capitolo. Paradossalmente la vogliono avere inizialmente per questioni interne, ma per ricordare ai Paesi confinanti e alla comunità internazionale che sono loro che dovrebbero fare la differenza in altri contesti prossimi o confinanti.
Usa e Russia: presto a Ginevra Conferenza internazionale sulla Siria
◊ In Siria, ancora violenze: un'autobomba stamani a Damasco, che ha fatto una vittima, e cruenti scontri ad Aleppo, nel nord del Paese, dove gli insorti hanno attaccato un carcere. In due anni di guerra civile, il numero delle vittime sfiora ormai le 100 mila, oltre 120 mila secondo altre fonti. Intanto, sul fronte diplomatico spicca l’iniziativa di Stati Uniti e Russia di tenere prossimamente a Ginevra una nuova Conferenza internazionale sulla Siria. Su questa svolta diplomatica e su quale effetto potrebbe avere sulla crisi siriana, Giancarlo La Vella ha intervistato Eric Salerno, esperto di Medio Oriente del “Il Messaggero”:
R. - È positivo, soprattutto perché intanto è stato annunciato che sarà a livello ministeriale e questo tiene fuori i capi di Stato e giustifica, quindi, anche tener fuori il presidente siriano Assad. Altro elemento importante è che probabilmente saranno presenti anche Iran e Arabia Saudita, i due Paesi che erano rimasti fuori dalla Conferenza precedente e che hanno invece un peso importante in tutto quello che sta accadendo in questo momento in Medio Oriente. Per cui, la loro presenza serve a bilanciare e a portar dentro soprattutto i protagonisti di questa "primavera araba" che si è trasformata per alcuni Paesi in un grande disastro.
D. - Il fatto che sia stata sottolineata l’assenza del presidente Assad vuol dire che in qualche modo si sta pensando a un’uscita di scena per così dire “morbida” del capo di Stato siriano?
R. - Io direi che questo è ciò che tutti sperano di riuscire a fare. Il personaggio è ormai screditato. Ha dimostrato, anche a livello politico, di non essere stato capace di gestire quella che era cominciata come una rivolta popolare - direi quasi "democratica", una manifestazione di piazza senza armi, senza violenza contro il suo regime - facendola poi scivolare in qualcosa di molto più grave di una guerra civile. Oggi, la preoccupazione per la Siria non è soltanto il fatto che i siriani si stiano ammazzando tra di loro, ma il fatto grave è che, accanto a persone della società civile siriana, nel Paese siano entrati e conducano questa guerra anche elementi "qaedisti" e altri gruppi islamici violenti, che vorrebbero impossessarsi della Siria.
D. - Si stanno stringendo i tempi per i negoziati forse a causa del nuovo bilancio delle vittime? Ormai si parla di 100 mila morti, forse anche di più: numeri quasi da guerra mondiale...
R. - Indubbiamente, questo è uno dei motivi. Un altro dei motivi è che in queste settimane si è parlato di un probabile uso di armi chimiche, sia da parte del regime contro i ribelli, sia da parte dei ribelli nei confronti della popolazione civile o del regime. E questo grosso punto interrogativo crea dei problemi soprattutto per il presidente americano Obama, che aveva evidenziato già tempo fa quell'opzione come la “linea rossa” che, se superata, costringerebbe gli americani ad intervenire. Ovviamente, Obama non vuole intervenire. Ha già visto l’errore compiuto nell’intervento internazionale sulla Libia, che oggi si trova nel caos più totale. Inoltre, anche altre potenze capiscono che l’intervento militare contro Assad sarebbe oggi un errore gravissimo.
Francia in recessione, crollo produzione industriale in Italia, Germania cresce
◊ Francia in recessione: lo afferma l’Istituto nazionale di statistica, annunciando il secondo trimestre consecutivo di calo del Pil dello 0,2%. E dai dati dello scorso anno emerge che cala anche il potere d’acquisto delle famiglie (0,9%), record per Parigi. Segno positivo invece per la Germania: solo un + 0,1% del Pil, che però si distingue nel panorama europeo. Tra le maggiori potenze dell’Ue, l’Italia invece si distingue per il suo ultimo posto in tema di produzione industriale e per il crollo del mercato immobiliare, che arriva al livello peggiore dal 1985. Fausta Speranza ne ha parlato con Matteo Caroli, docente di Economia e gestione delle imprese all’Università Luiss:
R. - La Germania si avvantaggia sostanzialmente di riforme strutturali - che ha realizzato con coraggio una decina, quindicina di anni fa - in particolare sul fronte della flessibilità del lavoro. La Francia paga invece un’azione di questi ultimi anni abbastanza penalizzante sul fronte delle imprese. Naturalmente, su tutto questo c’è una difficoltà di carattere generale di tutta l’Europa, che paga un euro assolutamente sopravvalutato. Quindi, c’è un tema di carattere europeo che evidentemente richiede un cambiamento delle politiche e il rilancio di azioni espansive sul fronte monetario.
D. - Si può dire che queste famose “riforme strutturali” la Francia le stia in parte avviando, mentre in Italia vediamo ancora solo espressioni di auspicio…
R. - La Francia non so quanto effettivamente si stia muovendo nella giusta direzione. In Italia, pare si stiano facendo molti ragionamenti, ci sono molte buone intenzioni sul tavolo - anche da parte del nuovo governo - e l’auspicio del mondo produttivo è che queste buone intenzioni si traducano rapidamente in pratica. Ci vuole coraggio, non c’è dubbio, perché si tratta anche di cambiare modi di fare e abitudini ormai consolidate, ma bisogna cambiare.
D. - Possiamo fare qualche esempio per capire effettivamente di cosa parliamo quando parliamo di “riforme strutturali”?
R. - Quando parliamo di “riforme strutturali” parliamo ad esempio di un forte abbattimento del così detto “cuneo fiscale”, cioè della differenza tra quello che percepisce un lavoratore e quello che costa all’azienda il lavoratore. Parliamo di una maggiore flessibilità - in entrata ed anche in uscita - del lavoro, per cui l’azienda deve poter utilizzare al meglio il lavoro e valorizzarlo, ma poi quando è in crisi, come in questa situazione, deve poter rapidamente dimensionare la sua forza lavoro rispetto a ciò che è necessario - identificando naturalmente delle forme di protezione per quei lavoratori che escono, anche rapidamente, dall’attività produttiva e identificando dei meccanismi di ricollocazione professionale per tali persone. È chiaro che c’è in questo caso un problema sociale da gestire - e va gestito - ma piuttosto che investire centinaia di milioni in cassa integrazione, io questi soldi li investirei trovando dei meccanismi di riposizionamento dei lavoratori che vengono licenziati.
D . - Il mercato delle case bloccato in Italia sembra facilmente comprensibile in fase di crisi, ma c’è altro da dire?
R. - Il mercato delle case è bloccato perché il forte incremento della tassazione sulle case ovviamente ne ha ridotto il valore e l’appetibilità. Questo è un altro grosso problema che peraltro, dal punto di vista psicologico, fa sentire le persone meno ricche - di fatto lo sono, perché il loro valore patrimoniale ha meno valore - quindi questo si riflette inevitabilmente su questo pessimismo di fondo e su questa riduzione dei consumi che è un altro grande problema. Anche qui il governo attuale sta ragionando in maniera, secondo me, molto opportuna, con un ripensamento complessivo della tassazione sulla casa, che riguarda ad esempio anche il tema degli affitti, il tema delle seconde case e quant’altro. Questo è opportuno, ma va fatto in maniera rapida.
Malawi. A Toleza un asilo per bimbi poveri nato da un grande gesto d'amore
◊ Nel piccolo villaggio di Toleza, in Malawi, un asilo è nato grazie al lavoro di un volontario bergamasco, che ha trovato così una nuova ragione di vita. Il servizio di Chiara Merico:
Aiutare gli altri per ricominciare a vivere: è questo il senso della storia di Agostino Trussardi, tornitore in pensione di Clusone, nella bergamasca. Il suo impegno nasce da una tragedia personale: la scomparsa, nel giro di pochi anni, del figlio e della moglie. Un duplice lutto che ha portato Agostino a decidere di trasferirsi in Malawi e dedicare tutto il suo tempo e le sue energie ai bambini più poveri del mondo. E' così che ha visto la luce a Toleza, un minuscolo villaggio a pochi chilometri da Balaka, l'asilo "Chikondi", "asilo dell'amore" in lingua chichewa. Una struttura ampia, colorata e moderna che dà lavoro a 19 persone ed è in grado di accogliere oltre duecento bambini da tre a cinque anni.
All'asilo "Chikondi" i bimbi imparano le prime nozioni di base e soprattutto ricevono un'alimentazione adeguata, grazie anche all'introduzione di una merenda speciale, il "Likuni Phala", un misto di cereali molto nutriente. Le difficoltà sono tante, a cominciare dalla mancanza di energia elettrica, ma Agostino non intende fermarsi: accanto all'asilo stanno sorgendo un ambulatorio e due nuove casette, che ospiteranno due infermiere per garantire una prima assistenza medica agli abitanti della zona. Il centro di Toleza è una scommessa diventata realtà, grazie all'impegno di Agostino, al supporto dei Padri monfortani e alle tante donazioni arrivate in questi anni. Con il loro aiuto, l'asilo "Chikondi" è nato e continua a crescere, assieme ai suoi bambini.
Giornata Onu delle Famiglie. Ban Ki-moon: celebriamo le relazioni intergenerazionali
◊ Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata internazionale delle Famiglie, indetta dall'Onu nel 1993 per riflettere sull’importanza che la famiglia ricopre in tutto il mondo. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
Un’occasione per celebrare le relazioni intergenerazionali all’interno della famiglia. E’ questo il senso dell’odierna Giornata internazionale delle Famiglie indetta dall’Onu, così come espresso nel messaggio del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. Occorre riflettere, è l’invito di Ban, sul modo in cui questi rapporti vengano influenzati dalle politiche socio-economiche e su cosa si debba fare per rafforzare le famiglie. Disoccupazione, mancato sostegno all’infanzia e agli anziani sono i punti che Ban Ki-moon indica come sfide urgenti da affrontare e che chiedono sempre più il supporto alla famiglia da parte della politica, delle istituzioni pubbliche, così come delle imprese private. Il sociologo Pierpaolo Donati:
R. – Credo che il messaggio di Ban Ki-moon sia veramente centrale, nel senso ha dato questo input: la famiglia fa la sua parte, mentre gli Stati e le economie, cioè i mercati, in qualche modo distruggono la famiglia, per usare un termine molto forte, vanno cioè contro la solidarietà delle relazioni familiari. Quindi, prende le parti in qualche modo della famiglia concepita come relazione sociale e quindi come relazione fra i sessi e fra le generazioni. Il vero problema che lui coglie è che quando parliamo di famiglia non parliamo di un aggregato di individui per cui si tratta di trattare bene il bambino, l’anziano, la donna, l’uomo, etc… Si tratta di cogliere la famiglia come un soggetto sociale, fatto di una certa relazionalità specifica della famiglia e non di altre formazione sociali che possono essere dei gruppi di persone che convivono assieme, ma che non sono famiglia. Direi che il messaggio di Ban Ki-moon vada proprio al cuore del problema della famiglia oggi.
D. – Nel messaggio, Ban Ki-moon indicata tre sfide che – sottolinea – rendono il supporto della famiglia più importante che mai: la disoccupazione, che costringe i giovani spesso a restare a casa dei genitori, la mancanza di assistenza all’infanzia e agli anziani, che percepiscono basse pensioni…
R. – Giustamente, questi sono tre punti importanti. Però, sono tre indicatori a valle del processo di affaticamento della famiglia. Il problema è il sistema di trattamento complessivo della famiglia: è come il sistema vede o non vede la famiglia nel suo complesso. La famiglia è la grande camera di compensazione dei redditi, dove si ridistribuisce quello che arriva in famiglia. Quindi, di fatto, le famiglie compiono questo lavoro di solidarietà di ridistribuzione che lo Stato non fa e all’economia non interessa, perché alle imprese interessa solo vendere e consumare. Quindi, la famiglia è questo grande ammortizzatore di solidarietà fra le generazioni. Noi ragioniamo sempre e soltanto con degli interventi agli individui, perché questa è la tradizione moderna, per cui la cittadinanza è dell’individuo e non è della famiglia. Io ricordo che in Italia l’articolo 29 della nostra Costituzione dice che ci sono i diritti della famiglia, non i diritti degli individui nella famiglia. Questa concezione del fatto che la famiglia ha una sua cittadinanza come soggetto sociale è proprio il punto che deve ispirare politiche dello Stato, ma anche politiche economiche del mercato, per fare in modo che quello che si fa - dal punto di vista dello Stato e del mercato – sia rivolto all’insieme, al soggetto della famiglia e non agli individui come tali.
Milano. Bartolomeo I incontra il card. Scola per 1700 anni dell'Editto di Costantino
◊ Con la preghiera ortodossa in lingua greca nella chiesa di Santa Maria in Podone, è entrata nel vivo oggi la visita a Milano del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, momento culminante delle celebrazioni per il 1700.mo anniversario della firma dell’Editto di Milano, che diede il via alla libertà religiosa. Dal capoluogo lombardo, il servizio di Fabio Brenna:
La chiesa di Santa Maria in Podone è una delle più antiche di Milano, concessa in uso dalla diocesi alla comunità greco-ortodossa. Qui, il Patriarca Bartolomeo I – che è punto di riferimento dell’unità ecclesiastica ortodossa ed è giudice delegato per ogni eventuale dissenso tra tutti i primati e vescovi ortodossi – ha dato vita a un intenso momento ecumenico con il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, che ha voluto sottolineare il valore della visita per l’intera comunità civile:
“Documentare a tutti come l’ecumenismo, che è nato 100 anni fa in maniera esplicita, su spinta missionaria, sia una grande condizione di aiuto al formarsi della vita buona in quella società plurale di cui spesso parliamo e la faticosità del cui avvento è sotto gli occhi di tutti”.
Arrivando a Milano, il Patriarca Bartolomeo ha osservato come l’anniversario dell’Editto di Milano sia principalmente una “responsabilità di noi guide spirituali, davanti all’umanità e al mondo; è l’annuncio o il ri-annuncio della verità, che la nostra fede è viva e non una macchinazione ideologica ed una teoria umana; non è un “cibo e bevanda consumati”, ma è vita”.
Questo pomeriggio Palazzo Reale ospiterà il secondo momento della visita, la lectio magistralis a due voci, fra il Patriarca Bartolomeo e il cardinale Scola. Si svilupperà un dialogo a partire dalla frase testo dell’evangelista Giovanni “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. La loro riflessione tratterà del significato, nelle società contemporanee plurali e meticcie, del tema della libertà religiosa che proprio nell’Editto firmato a Milano dagli imperatori Costantino e Licinio nel 313 d.C. ebbe il primo tentativo di riconoscimento.
Terzo e ultimo appuntamento domani, nella Basilica di Sant’Ambrogio: una preghiera ecumenica nel corso della quale il Patriarca e il cardinale Scola commenteranno i testi scelti per la liturgia della Parola tratti dal Nuovo Testamento.
Sulla presenza nel capoluogo lombardo del Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I, Luca Collodi ha intervistato il capo della Chiesa ambrosiana, il cardinale Angelo Scola:
R. – Sua santità Bartolomeo ha fatto a Milano, e non solo a Milano, un grande dono, passando questi tre giorni, carichi di gesti differenti, perché vogliamo insieme mostrare due cose: il contributo che una libertà religiosa effettivamente rispettata a tutte le latitudini consente ai cristiani di dare alla società e, secondo, ridefinire in maniera positiva la cosiddetta “aconfessionalità” dello Stato, così che i cristiani possano trovare un nuovo rapporto con i poteri costituiti, libero da ogni ingerenza e nello stesso tempo costruttivo per il bene di tutti.
D. – Gli Stati oggi sembrano difendere la libertà religiosa ma di fatto – ad esempio con leggi che attaccano la vita – sembrano andare esattamente in senso opposto…
R. – Nelle società plurali c’è talora una malintesa idea di laicità dello Stato. Anche qui però ci sono molte differenze. La Costituzione italiana, per esempio, è molto più positiva e diversa dalla laicità alla francese, che rimonta alla rivoluzione. Qui, ciò che non si vede e che si teme – in forza di un concetto sbagliato di laicità e di aconfessionalità – è che la proposta religiosa possa in qualche modo limitare i diritti altrui. Parlando da cristiano: che la fede dica all’uomo chi è evidentemente diventa cultura. Il Figlio di Dio si è incarnato per accompagnare gli uomini nel concreto della vita, dentro il problema degli affetti, del lavoro, del riposo, della giustizia, della fragilità, della morte. Allora, è inevitabile che dalla visione di fede scaturisca una certa concezione della differenza sessuale, del matrimonio, della famiglia, della vita dal concepimento fino al suo termine naturale, di una giustizia basata sulla solidarietà, sulla sussidiarietà, di una condivisione alle fragilità dell’umano, soprattutto degli ultimi e degli emarginati. Un buon governo dovrà favorire, non gestire, la società civile, governarla: cioè, favorire questo continuo scambio, questo continuo racconto, per poi registrare a livello di legge, l’orientamento prevalente che il popolo mostra di avere.
D. – La presenza di Bartolomeo a Roma, all’inizio del Pontificato di Papa Francesco, la presenza di Bartolomeo con lei a Milano, sono segnali di chiaro ravvicinamento tra cattolici e ortodossi?
R. – Sì, direi di sì. Anche i primi colloqui che ho avuto, abbastanza prolungati, ieri con Sua Santità Bartolomeo mi hanno mostrato realmente una decisione ferma e cordiale, ovviamente rispettosa dei problemi che sono ancora aperti, taluni di carattere dottrinale ma un desiderio di comunione effettiva, di collaborazione. E, tra l’altro, questo è evidente perché la presenza di tanti cristiani ortodossi, penso soprattutto a Milano, è ormai molto numerosa e – ovviamente senza poter fissare tempi perché il cammino sarà lungo – io credo che la decisione ecumenica, da parte cattolica e da parte del Patriarcato di Costantinopoli, sia molto forte, molto marcata. Si sente la necessità che abbiamo il compito comune dell’evangelizzazione.
D. – Noi andiamo verso una società sempre più plurale, lei ha sempre parlato di “meticciato”. Guardando alla cronaca, con la vicenda dell'immigrato omicida, come rafforzare questa società plurale con le reazioni della società civile?
R. – Secondo me, bisogna lasciare questa tragedia orribile, questo male che sembra ingiustificabile, nella sua giusta dimensione e non strumentalizzarlo ideologicamente. Dobbiamo avere il coraggio di andare avanti con speranza. Ma per questo c’è bisogno di buoni cristiani, lo dico per la Chiesa, che siano anche nelle debite distinzioni buoni cittadini, cittadini attivi capaci di aperture e di dialogo con tutti, nella verità e nel rispetto della nostra storia, delle nostre tradizioni, ma decisi ad andare incontro all’uomo.
Pakistan: vescovo ferito e danni alla chiesa nell’attentato di Quetta
◊ Forti danni alla chiesa, alla scuola e alla casa del vescovo, rimasto lievemente ferito: l’attentato suicida che, dopo le elezioni pakistane, ha colpito un posto di polizia a Quetta, capitale della travagliata provincia del Beluchistan, ha avuto pesanti ripercussioni anche sulla piccola comunità cristiana. Come riferito all'agenzia Fides dalla Chiesa locale, l’automobile imbottita con 2000 kg di esplosivo, detonata la sera del 12 maggio alle 10,45, causando 8 morti e 97 feriti, ha danneggiato anche la vicina struttura della Chiesa cattolica. Il vicario apostolico di Quetta, mons. Victor Gnanapragasam, che dormiva nella sua stanza, è stato colpito dai vetri della finestra, riportando lievi ferite. La Cappella del convento ha avuto le porte e tutte le vetrate infrante. Le porte, le finestre e le pareti della casa del vescovo, dell’ufficio Caritas, della scuole e convento dei missionari Oblati di Mari Immacolata sono state gravemente danneggiate. Le scuole cattoliche gestite dai missionari e dalle suore (il Liceo San Francesco, la Scuola di San Giuseppe e la Scuola del Sacro Cuore) sono attualmente chiuse e resteranno inagibili per circa una settimana, per rimuovere i detriti e verificare la solidità del complesso scolastico. Il vescovo è di nuovo al lavoro, ma i missionari esprimono a Fides grande spavento e chiedono un aiuto per il restauro dei danni. Padre Renard Lawrence, che vive e opera nella struttura colpita, spiega a Fides che “l’attentato era legato alla violenza elettorale. Ora speriamo di tornare in un clima sereno e costruttivo per lo sviluppo della società in Beluchstan”. (R.P.)
Le Chiese di Giordania e Gerusalemme per la liberazione dei due vescovi siriani rapiti
◊ Martedì 21 maggio i cristiani di Amman daranno vita a una marcia silenziosa con le candele per chiedere la liberazione dei due vescovi di Aleppo Mar Gregorios Yohanna Ibrahim (siro ortodosso) e Boulos al-Yazigi (greco ortoosso) a un mese dal loro rapimento per mano di sequestratori ignoti. “Alla marcia” spiega all'agenzia Fides l'arcivescovo Maroun Lahham, vicario patriarcale per la Giordania del Patriarcato latino di Gerusalemme ”hanno aderito tutte le Chiese cristiane. Partiremo dalla cattedrale ortodossa di Amman per giungere a quella siriaca, passando per la cattedrale cattolica di rito latino. In questo modo anche i cristiani di Amman e della Giordania vogliono unirsi alla preghiera che sale da tutti i cristiani del mondo arabo, affinchè vengano presto rilasciati i nostri fratelli vescovi e tutte le altre vittime dei rapimenti”. La marcia silenziosa è stata convocata dall'Assemblea dei capi delle Chiese in Giordania. Già nel gennaio 2009 una marcia analoga era stata organizzata a Amman per chiedere la fine della campagna militare “Piombo Fuso” sferrata dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Anche i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme hanno chiesto "l'immediata liberazione" dei due vescovi siriani. In un appello i presuli di Terra Santa si rivolgono a tutto il popolo siriano, in particolare alle comunità cristiane e ai loro capi spirituali, "che subiscono la sofferenza, la violenza e i maltrattamenti" e si rivolgono a tutte le persone che sono coinvolte nel conflitto "affinché cerchino la pace e la stabilità per il bene di tutti i Siriani e pongano fine a questo ciclo di violenza e di spargimento di sangue". "Uniamo anche le nostre voci a quelle delle nostre Chiese sorelle in Siria - affermano i capi delle Chiese di Gerusalemme - e chiediamo alle nostre antiche comunità cristiane di rimanere salde nella loro fede e nella speranza, preghiamo con loro e per loro, in questo momento di tumulto e caos, per la loro sicurezza, la continua presenza e testimonianza". (R.P.)
Milano: incontro tra il card. Scola e il patriarca Tawadros II
◊ Una preghiera per l’Egitto, per i cristiani che vivono in quel Paese e per tutte le Chiese. A chiederla è stato ieri a Milano Tawadros II, patriarca della Chiesa copto - ortodossa, incontrando il cardinale arcivescovo Angelo Scola in occasione delle celebrazioni per il 1700° dell’Editto di Costantino. “La Chiesa di Milano - ha detto nel suo saluto il card. Scola ripreso dall'agenzia Sir - intende approfondire il legame di comunione che per la potenza dello Spirito si rinnova tra i fedeli della gloriosa Chiesa copta ortodossa e quelli della Chiesa ambrosiana. Viviamo nella preghiera e nell’affetto di comunione le dolorosissime prove a cui la Chiesa copta è sottoposta in Egitto. Intendiamo custodire e far crescere nell’abbraccio cristiano la comunione fra noi. Lieti di poter condividere i vostri bisogni vorremmo, Santità, imparare di più dalla vostra esperienza di vita eremitica ed ascetica. Davvero le relazioni tra la Chiesa cattolica e la nostra sono di lunga data - ha sottolineato da parte sua Tawadros II -. Oggi, Eminenza, il suo cuore e il suo abbraccio aperto, ci uniscono, anche per il servizio che Ella svolge per le nostre comunità qui a Milano. Chiediamo una preghiera sincera e calda per l’Egitto, per i cristiani che vivono in quel Paese e per tutte le Chiese”. (R.P.)
Editto di Milano: a Istanbul ortodossi e cattolici per un seminario sulla libertà religiosa
◊ E dopo Milano, Istanbul. Su invito del Patriarca Ecumenico Bartolomeo, giungeranno nella città turca due delegazioni rappresentanti le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica del continente europeo per un seminario di studio dal titolo, “La libertà religiosa oggi. L’editto di Milano dell’imperatore Costantino: 1700 anni dopo”. L’incontro che si svolgerà dal 17 al 18 maggio, è promosso dal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli in collaborazione con il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Ad aprire i lavori, venerdì 17 maggio, sarà proprio il Patriarca Ecumenico. Seguiranno gli interventi del Metropolita Emmanuel di Francia e del cardinale Péter Erdő, presidente del Ccee. Successivamente - si legge in un comunicato diffuso oggi dal Ccee e dall'agenzia Sir - con l’aiuto di esperti, i partecipanti si confronteranno sul tema della libertà religiosa a partire da tre prospettive: la libertà religiosa dal punto di vista delle comunità religiose, con interventi di rappresentanti della comunità ebraica, musulmana, ortodossa e cattolica; la realtà della libertà religiosa nel mondo e il rapporto tra religione, politica e società. “Abbiamo ritenuto opportuno - spiega il Metropolita Emmanuel - ricordare l’anniversario di questo importante editto per la storia dell’Europa attraverso un seminario che permetta di fare il punto sulla libertà religiosa oggi in Europa e nel mondo, nella consapevolezza che il cristianesimo è un dono per le società che l’hanno accolto”. Anche questo seminario nasce nel segno della “comunione” e della collaborazione tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica, “in particolare - aggiunge il metropolita - in Europa attraverso il Ccee, per una comune testimonianza del Vangelo e la tutela della libertà religiosa del nostro continente e nel mondo. Il martirio subìto da tanti fedeli cristiani, in modo speciale nei tempi recenti, ci interpella particolarmente e questo seminario vuole essere un segno della nostra vicinanza e del nostro impegno affinché i cristiani, ovunque si trovino, possano ovunque essere liberi di vivere e testimoniare la loro fede”. (R.P.)
Terra Santa: il 18 maggio preghiera straordinaria di tutte le Chiese per la pace
◊ Si svolgerà il 18 maggio prossimo, nella chiesa siro-cattolica di San Tommaso a Gerusalemme, la X Edizione della Preghiera straordinaria di tutte le Chiese per la riconciliazione, con Dio e gli uni con gli altri, per l’unità e per la pace. L’iniziativa è organizzata dalla Chiesa siro-cattolica in stretta collaborazione con quella sorella siro-ortodossa. La preghiera, fanno sapere i promotori, “attingerà ai riti di Pentecoste dell’antica tradizione siriaca e verrà tenuta in aramaico, la stessa lingua usata da Cristo. Alcune invocazioni sono state preparate da cristiani della Siria, la regione dalla quale, a partire dal Patriarcato di Antiochia, la Chiesa Siriaca si sviluppò originariamente”. L’evento - riporta l'agenzia Sir - sarà trasmesso in diretta o in differita da canali televisivi cristiani nel Medio Oriente, Europa, Nord e Sud America, e possibilmente in Australia ed in Asia, in sei lingue, per permettere ai cristiani di tutto il mondo di unirsi alla preghiera di Gerusalemme. La Preghiera Straordinaria di tutte le Chiese è nata nel 2005 durante una veglia di preghiera al Santo Sepolcro a Gerusalemme tra alcuni consacrati e fedeli laici. (R.P.)
Sudan. Tensione nel Darfur: ribelli denunciano l'ingresso di truppe ciadiane
◊ Sale la tensione in Darfur, dove i vertici del movimento per la Giustizia e l’uguaglianza (Jem) hanno accusato le truppe ciadiane di aver passato il confine dirette verso le roccaforti del gruppo, nel nord della regione. Il portavoce del gruppo Gibreel Adam Bilal ha ammonito l’ex alleato, il presidente Idriss Deby, di “conseguenze catastrofiche” nel caso di un coinvolgimento dei suoi militari nel conflitto sudanese. La vicenda . riferisce l'agenzia Misna - si inserisce in un clima di accuse e interrogativi sollevati dopo l’uccisione – la scorsa settimana – di Mohammed Bashar, capo di una fazione dissidente del Jem che aveva avviato un negoziato di pace con Khartoum. I suoi fedelissimi sostengono che l’agguato in cui Bashar e il suo vice sono stati uccisi si è verificato in territorio ciadiano. Sostenitore del Jem durante gli anni del conflitto in Darfur e mediatore del negoziato di pace di Doha, Deby ha interrotto le sue relazioni con il gruppo ribelle in modo plateale nel 2011, negando all’allora leader del movimento Khalil Ibrahim, in fuga dalla Libia in preda alla rivoluzione contro Muammar Gheddafi, di riparare a N’djamena. Ieri, per la prima volta dalla morte di Kahlil nel dicembre 2011, Bilal ha accusato il Ciad di essere dietro la sua uccisione e ammonito che “il Jem riterrà Deby direttamente responsabile della morte di altri leader del gruppo che si dovessero verificare nei prossimi giorni”. Il portavoce del movimento si è spinto oltre, accusando chiaramente il governo di N’djamena di essere responsabile di “crimini di guerra commessi durante il conflitto in Darfur” tra il 2003 e il 2007, affermando di avere “le prove del coinvolgimento di Deby, da consegnare alla Corte penale internazionale”. (R.P.)
Guinea Equatoriale: diritti umani a rischio in vista delle elezioni
◊ E’ appena iniziata la campagna elettorale per le elezioni amministrative e municipali che si terranno nel paese il prossimo 26 maggio. La popolazione della Guinea Equatoriale è ancora priva delle libertà fondamentali oltre che vittima di serie violazioni dei diritti umani. Secondo le Ong Amnesty International, Human Rights Watch e Eg Justice, una organizzazione dedicata alla difesa dei diritti umani e allo stato di diritto in Guinea Equatoriale, preoccupano i tanti incidenti violenti e le dentenzioni avvenute negli ultimi mesi, dovuti a motivi politici, oltre alla situazione attuale di molestie verso i rappresentanti di opposizione politica del Paese, le accuse di intimidazione agli elettori e la negazione della libertà di espressione e di altri diritti nel periodo pre-elettorale. I rappresentanti delle Ong hanno anche espresso preoccupazione di interferenze nel processo elettorale e di restrizioni agli osservatori internazionali. La popolazione non ha mai partecipato liberamente a nessun tipo di elezione e adesso si trova a dover eleggere i membri che integreranno il nuovo parlamento e i consiglieri. Per la prima volta gli elettori sceglieranno 55 membri di un nuovo Senato secondo le disposizioni del nuovo testo della Costituzione, promulgata nel febbraio 2012. Gli altri 15 senatori saranno direttamente incaricati dal Presidente del Paese Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, al potere dal 1979. Le elezioni legislative e municipali del 26 maggio saranno le prime nel Paese dopo il referendum su una serie di riforme costituzionali, approvate con il 97,7% dei voti tenuto nel mese di novembre 2011. Il partito democratico al Governo, detiene praticamente il monopolio del potere, i fondi e l’accesso ai mezzi di comunicazione nazionali, a differenza degli oppositori che subiscono gravi restrizioni come pratiche di detenzione arbitraria, torture e intimidazioni di ogni sorta. (R.P.)
Myanmar: gravi abusi dei diritti umani e della libertà religiosa
◊ Nonostante i segnali positivi di cambiamento e di apertura, in Myanmar “si registrano tuttora gravi abusi dei diritti umani e delle libertà religiosa”: è quanto afferma un nuovo Rapporto elaborato dall’Ong di ispirazione cristiana “Christian Solidarity Worldwide” (Csw), impegnata a livello internazionale a difendere i diritti umani, la giustizia, la libertà religiosa. Il Rapporto, inviato all’agenzia Fides, è frutto di una missione di indagine svolta in Myanmar per un mese da esperti e membri di Csw. Il team di Csw, oltre a visitare le città principali come Naypidaw e Yangon, ha visitato lo Stato Kachin, nel Nord del paese, dove il conflitto civile fra i gruppi locali kachin e l’esercito prosegue da due anni, con 100.000 civili sfollati. Mentre a Yangon e nelle città si respira “un nuovo clima di apertura” che lascia ben sperare – nota il Rapporto – nella aree di conflitto con le minoranze etniche “si riscontrano brutali violazioni dei diritti umani sui civili”. Un uomo di etnia kachin, detenuto dall’esercito e poi rilasciato, ha descritto al team di Csw le torture subite: appeso a testa in giù, malmenato e ferito con coltelli, sodomizzato, minacciato con una bomba a mano posta nella sua bocca. Dato che era cristiano, racconta Csw, i militari “lo hanno lasciato per ore su pietre taglienti, con le braccia aperte, come Cristo”. Il team di Csw è stato accompagnato, in parte della missione, da Lord Alton di Liverpool, membro della Camera dei Lord nel Parlamento britannico. Lo staff ha visitato Ayela, dove una comunità musulmana è stata attaccata il 22 marzo scorso: militanti buddisti hanno profanato e bruciato la moschea, le case, la scuola islamica. I fedeli musulmani locali ricordavano di “avere vissuto per due secoli in pace”, ma che ora militanti buddisti li terrorizzano. Csw, apprezzando alcune riforme avviate dallo Stato, punta l’attenzione sulla “cultura dell'impunità, che dev’essere affrontata”, invocando “urgente protezione per le minoranze religiose ed etniche” e la tutela della libertà religiosa. Csw chiede un impulso al dialogo interreligioso, alla costruzione della pace, all'assistenza umanitaria per gli sfollati, al processo di riconciliazione che coinvolga tutte le minoranze etniche della nazione. (R.P.)
India: in Orissa ancora persecuzioni contro le famiglie convertite al cristianesimo
◊ Perseguitati perché convertiti. Mohan Soren del villaggio di Dengabahali, e Rabi Narayan Marandi, del villaggio di Bhalu Tanggaro, entrambi nel distretto di Dhenkanal, nello stato di Orissa sono due cittadini indiani che si sono convertiti liberamente al cristianesimo, insieme con le loro rispettive famiglie, a febbraio 2013. Come riferiscono all'agenzia Fides fonti locali, entrambe le famiglie hanno dunque smesso di partecipare ai riti “puja” del loro villaggio (i riti tradizionali indù di omaggio e offerta alle divinità) e hanno smesso di dare il loro contributo al tempio. Per questo gli abitanti dei villaggi, adirati, hanno avviato ritorsioni per emarginarle e punirle. Nei giorni scorsi, una folla inferocita è entrata in casa di Monah Soren, derubandolo di tutto e saccheggiando l’abitazione. Rabi Narayan Marandi è stato invece percosso e la folla ha intimato a entrambe le famiglie di lasciare immediatamente i villaggi. Impauriti, i cristiani sono fuggiti e hanno trovato provvisoria ospitalità in alcune famiglie di villaggi vicini. Nei giorni successivi i cristiani hanno informato la polizia locale dell’accaduto, ma la polizia non ha intrapreso alcuna azione. Le due famiglie temono ulteriori attacchi. Le comunità cristiane locali stanno mostrando loro solidarietà con aiuti concreti e con la preghiera. (R.P.)
Filippine: cristiani e musulmani insieme contro le frodi elettorali
◊ Collaborazione interreligiosa per un risultato elettorale trasparente. Padre Loreto Sanchez, della diocesi di Pasig, ha fatto appello al dialogo interconfessionale al fine di assicurare il limpido svolgimento delle elezioni. Lo riporta - riferisce l'agenzia AsiaNews - il sito ufficiale della Conferenza episcopale filippina (Cbcp). Il Consiglio per la responsabilità di voto della parrocchia (Ppcrv), istituito nel Paese di Maharlika, si è preposto l'obiettivo di raggruppare volontari cattolici, musulmani e cristiani di altra denominazione, al fine di garantire uno svolgimento onesto e pulito delle elezioni nella città. Padre Loreto Sanchez ha poi spiegato che "ci sono molti musulmani nella città ai quali non interessa essere membri del comitato perché confidano nel fatto che sia onesto e corretto". E ha aggiunto che "invece molti altri cittadini di fede musulmana hanno aderito con entusiasmo pur trattandosi di un'iniziativa cattolica". Nelle Filippine i cristiani costituiscono il 94% della popolazione, tra questi circa l'81% sono cattolici mentre il restante 13% è frammentato in un ampio numero di denominazioni cristiane. Nel Paese, solo il 5% dei cittadini sono di fede musulmana. In occasione delle elezioni svoltesi lunedì 13 maggio, i vescovi del Paese hanno fatto appello "alla sacralità del voto", affermando che trasparenza e onestà sono valori che prescindono dalle differenze confessionali. (R.P.)
Indonesia. In Papua crollo in una miniera d'oro e rame: 4 morti e dozzine di dispersi
◊ È di quattro morti e dozzine di dispersi il bilancio, ancora parziale, del crollo avvenuto ieri in una miniera di oro e rame nella provincia orientale indonesiana di Papua. I soccorritori sono tuttora impegnati nelle operazioni di recupero, che hanno sinora consentito di estrarre 10 minatori dalla cava di proprietà statunitense, ma sono ancora una trentina i lavoratori che mancano all'appello. In una nota i vertici della miniera affermano che "il processo di salvataggio è difficile e richiederà diverso tempo per essere completato", aggiungendo che "pensiero e preghiere" della proprietà vanno ai lavoratori e alle loro famiglie. L'incidente - riferisce l'agenzia AsiaNews - è avvenuto ieri mattina alla miniera Freeport's Grasberg, di proprietà americana, situata nel distretto di Mimika, una zona remota della provincia di Papua, nella parte orientale dell'arcipelago. Al momento del collasso del tunnel, all'interno della cava erano presenti circa 40 dipendenti. Non si conoscono le condizioni di salute delle dieci persone estratte vive dalla miniera, anche perché il coordinamento e la gestione dei soccorsi è in mano ai responsabili della Freeport's Grasberg e nella zona non vi sono giornalisti stranieri e osservatori indipendenti. Permangono le difficoltà del recupero, dovuto alla particolare conformazione del terreno soggetto a smottamenti continui e alla caduta incessante di rocce e massi. Per la compagnia statunitense lavorano circa 24mila dipendenti. Una parte di essi nel 2011 ha scioperato per tre mesi, chiedendo un aumento salariale e migliori condizioni di lavoro. I minatori hanno ripreso l'attività dopo aver ottenuto una crescita degli emolumenti vicina al 40%, sommata a ulteriori benefici. Nella provincia di Papua sono racchiuse alcune delle più importanti riserve di oro e di rame presenti sulla Terra. Tuttavia, la zona è teatro di tensioni fra il governo centrale e le autonomie locali sfociate più volte in scontri che hanno portato Jakarta a vietare l'area agli stranieri e agli osservatori internazionali. Ai tempi del colonialismo, Papua era sotto l'influenza olandese ma non è mai stata "occupata" a livello politico. La provincia orientale, un tempo nota come Irian Jaya, è ricca di risorse naturali ed è stata teatro di una violenta campagna militare ai tempi di Sukarno, che ha determinato l'annessione nel 1969. Il pugno di ferro usato dal regime di Suharto fra il 1967 e il 1998 e la massiccia invasione di multinazionali straniere e indonesiane hanno favorito la nascita di un movimento separatista. L'attuale denominazione è stata sancita nel 2002 dall'ex presidente Abdurrahman Wahid. (R.P.)
El Salvador. La denuncia dei vescovi: la popolazione subisce ancora violenza
◊ La tregua tra le bande del Paese, stabilita il 9 marzo 2012 "non ha prodotto i benefici che la popolazione onesta e lavoratrice si attendeva". Lo affermano i vescovi di El Salvador in una dichiarazione che è stata letta domenica scorsa nella cattedrale della capitale da mons. Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador. “Le rapine, estorsioni e altre attività illegali svolte da membri delle bande continuano, per questo motivo, la popolazione non percepisce i benefici della tregua”, afferma il documento dei vescovi. In nemmeno 24 ore che i principali leader delle bande hanno risposto ai vescovi con una conferenza stampa nella quale hanno espresso la loro sorpresa sul fatto che, a loro dire, i leader della Chiesa non sono riusciti a capire che "si tratta di un processo di pace e non solo di una tregua" e che “la pace sarà possibile soltanto quando il processo otterrà il consenso di tutti". I capi delle bande hanno sottolineato che "il problema della violenza sociale è molto diverso perché ha delle radici strutturali molto profonde, e proprio per questo il processo è complesso; bisogna tenere conto inoltre che stiamo parlando di più di 2 decadi di guerra”. "Ci spiace che il comunicato della Chiesa non parla dei risultati positivi finora ottenuti, come le oltre tre mila vite salvate”, hanno poi aggiunto. "Almeno stiamo riuscendo a togliere El Salvador dal primo posto come Paese più violento al mondo" hanno concluso. Nelle carceri del Paese sono reclusi oltre 10 mila membri delle bande e si calcola che quelli a piede libero siano circa 50 mila. Da più di un anno le bande principali hanno firmato una tregua. Il patto ha avuto un primo risultato positivo: la media degli omicidi giornalieri è diminuita da 14 a 5, ma, secondo il comunicato dei vescovi, la situazione per la popolazione del Paese non è cambiata perché sono continuati altri atti violenti: i furti, le rappresaglie, i rapimenti e soprattutto le estorsioni ordinate dalle carceri per sostenere le famiglie dei condannati. (R.P.)
Al via il Festival di Cannes con il film "Il Grande Gatsby"
◊ Al via oggi il Festival di Cannes. Un Festival che ha 65 anni, ma non li dimostra affatto. Nel manifesto che dall’alto del Palais sovrasta la Croisette, un uomo e una donna si baciano teneramente stando al centro di un vortice. Il cinema è ancora là: due esseri umani che si cercano mentre la realtà è inafferrabile. Se l’immagine, come dovrebbe, ha un valore iconico, il benvenuto del festival ci indica da lontano il presente che verrà. E allora via col festival. Un film d’apertura, “Il Grande Gatsby” di Baz Luhrmann, che ci riporta agli anni 30 del XX secolo, così simili nel loro misto di splendori e miserie alla nostra epoca di crisi, e un film di chiusura, “Zulu” di Jerôme Salle, che ci immerge nel mondo degli antipodi, l’Africa emergente del Sud, con le sue contraddizioni e le sue memorie dolorose. In mezzo i venti film del concorso ufficiale, che raccontano storie vecchie come il mondo, ma secondo i canoni del nuovo sentire: amori che s’intrecciano, senza distinzioni di sesso o di età, storie di famiglia, addii tristi e faticosi, sogni e disillusioni, fantasmi che riemergono dal passato, confessioni al finir della vita. A giudicarli la direzione del festival di Cannes ha messo une schiera di giurati fra i più preparati e soprattutto del tutto diversi fra loro: delle star, come Nicole Kidman, Christoph Waltz, Daniel Auteuil e Vidya Balan; dei cineasti vincitori di Oscar come Steven Spielberg e Ang Lee, e dei giovani autori, attenti ai valori dello spirito, come Naomi Kawase, Christian Mungiu e Lynne Ramsay. (Da Cannes, Luciano Barisone)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 135