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Sommario del 11/05/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco: la vera preghiera ci fa uscire da noi stessi aprendoci ai bisogni degli altri
  • Il Papa si è recato nella Clinica Pio XI per visitare il card. Lozano Barragán
  • Papa Francesco riceve i cardinali Ouellet e Vegliò
  • Tweet del Papa: lo Spirito Santo ci fa vedere gli altri come fratelli da rispettare e amare
  • Domani saranno Santi i martiri d'Otranto e due religiose, una messicana e la prima in Colombia
  • Beatificato a Roma mons. Luigi Novarese, apostolo dei malati
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Giornata mondiale di preghiera delle Chiese cristiane per la pace in Siria
  • Merkel: truppe tedesche in Afghanistan oltre il 2014 se anche altri resteranno
  • Testimonianza dal Malawi: disumana la condizione delle carceri
  • "Uno di noi": oltre 400 mila firme raccolte in Europa a difesa della vita
  • Napoli: quando fare la pizza è un modo per riscattare una vita
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India. Due missionari picchiati e arrestati per proselitismo nel Kashmir
  • Egitto. In cella giovane insegnante cristiana accusata di blasfemia
  • Uzbekistan: per i detenuti limitata in carcere anche la libertà di fede
  • Pakistan. Elezioni di sangue, 15 morti e molti feriti in tutto il Paese
  • Leader religiosi della Tanzania uniti contro l’odio tra le fedi
  • Cambogia: grande festa per l’arrivo delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux
  • Si conclude oggi a Lourdes la Diaconia 2013 promossa dai vescovi francesi
  • Da giugno ostensione permanente delle spoglie di Padre Pio a San Giovanni Rotondo
  • A Modena il primo Meeting nazionale delle Misericordie
  • Pompei: al Santuario incontro dell’Unitalsi e catechesi mariana
  • L’Università Cattolica del Sacro Cuore riconosciuta tra i migliori atenei del mondo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco: la vera preghiera ci fa uscire da noi stessi aprendoci ai bisogni degli altri

    ◊   La vera preghiera ci fa uscire da noi stessi e ci apre al Padre e ai fratelli più bisognosi: lo ha detto stamani Papa Francesco durante la Messa presieduta a Casa Santa Marta. Erano presenti alcuni agenti della Gendarmeria Vaticana e un gruppo di giornalisti argentini con le loro famiglie. Il servizio di Sergio Centofanti:

    L’omelia del Papa si è concentrata sul Vangelo del giorno, laddove Gesù dice: “Se chiederete qualcosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà”. “C’è qualcosa di nuovo, qui – spiega il Pontefice - qualcosa che cambia: è una novità nella preghiera. Il Padre ci darà tutto, ma sempre nel nome di Gesù”. Il Signore ascende al Padre, entra “nel Santuario del cielo”, apre le porte e le lascia aperte perché “Lui stesso è la porta” e “intercede per noi”, “fino alla fine del mondo”, come un sacerdote:

    “Lui prega per noi davanti al Padre. A me è sempre piaciuto, questo. Gesù, nella sua resurrezione, ha avuto un corpo bellissimo: le piaghe della flagellazione, delle spine, sono sparite, tutte. I lividi dei colpi, sono spariti. Ma Lui ha voluto avere sempre le piaghe, e le piaghe sono precisamente la sua preghiera di intercessione al Padre: ‘Ma … guarda … questo Ti chiede nel nome mio, guarda!’. Questa è la novità che Gesù ci dice. Ci dice questa novità: avere fiducia nella sua passione, avere fiducia nella sua vittoria sulla morte, avere fiducia nelle sue piaghe. Lui è il sacerdote e questo è il sacrificio: le sue piaghe. E questo ci da fiducia, eh?, ci da il coraggio di pregare”.

    Tante volte ci annoiamo nella preghiera – osserva il Papa, che aggiunge: la preghiera non è chiedere questo o quello, ma è “l’intercessione di Gesù, che davanti al Padre gli fa vedere le sue piaghe”:

    “La preghiera verso il Padre in nome di Gesù ci fa uscire da noi stessi; la preghiera che ci annoia è sempre dentro noi stessi, come un pensiero che va e viene. Ma la vera preghiera è uscire da noi stessi verso il Padre in nome di Gesù, è un esodo da noi stessi”.

    Ma come “possiamo riconoscere le piaghe di Gesù in cielo?” – si chiede il Papa – “Dov’è la scuola dove si impara a conoscere le piaghe di Gesù, queste piaghe sacerdotali, di intercessione? C’è un altro esodo da noi stessi verso le piaghe dei nostri fratelli: dei nostri fratelli e delle nostre sorelle bisognosi”:

    “Se noi non riusciamo ad uscire da noi stessi verso il fratello bisognoso, verso il malato, l’ignorante, il povero, lo sfruttato, se noi non riusciamo a fare questa uscita da noi stessi verso quelle piaghe, non impareremo mai la libertà che ci porta nell’altra uscita da noi stessi, verso le piaghe di Gesù. Ci sono due uscite da noi stessi: una verso le piaghe di Gesù, l’altra verso le piaghe dei nostri fratelli e sorelle. E questa è la strada che Gesù vuole nella nostra preghiera”.

    “Questo è il nuovo modo di pregare: – conclude il Papa - con la fiducia, il coraggio che ci dà sapere che Gesù è davanti al Padre facendogli vedere le sue piaghe, ma anche con l’umiltà di quelli che vanno a conoscere, a trovare le piaghe di Gesù nei suoi fratelli bisognosi” che “portano ancora la Croce e ancora non hanno vinto, come ha vinto Gesù”.

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    Il Papa si è recato nella Clinica Pio XI per visitare il card. Lozano Barragán

    ◊   Visita a sorpresa stamani del Papa nella Clinica Pio XI a Roma: il Pontefice, dopo le udienze previste questa mattina, è andato a trovare il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente emerito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ricoverato per un intervento. Il Papa, che si è fermato a salutare il personale della Clinica, è rimasto molto colpito dalla testimonianza di fede del porporato messicano che il 26 gennaio scorso ha compiuto 80 anni.

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    Papa Francesco riceve i cardinali Ouellet e Vegliò

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, i cardinali Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

    In Polonia, il Papa ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Szczecin-Kamień, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Marian Błażej Kruszyłowicz, dei Frati minori conventuali.

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    Tweet del Papa: lo Spirito Santo ci fa vedere gli altri come fratelli da rispettare e amare

    ◊   Nella tarda serata di ieri il Papa ha lanciato un nuovo tweet sul suo account @Pontifex: “Lo Spirito Santo – scrive - ci dà uno sguardo nuovo verso gli altri, visti sempre come fratelli e sorelle in Gesù, da rispettare e amare”.

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    Domani saranno Santi i martiri d'Otranto e due religiose, una messicana e la prima in Colombia

    ◊   Gli 813 martiri di Otranto, uccisi dai Turchi alla fine del Quattrocento, e due religiose, una delle quali si appresta a divenire la prima Santa colombiana. Sono i Beati che domani mattina, alle 9.30, Papa Francesco canonizzerà durante una solenne celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro. Le storie dei prossimi Santi nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Un eccidio nell’eccidio è quello che si consuma a metà dell’agosto 1480 ed è una pagina di dramma e di gloria per la storia cristiana. Le armate turche di Gedik Ahmet Pascià, che da fine luglio hanno occupato il litorale di Otranto, l’11 agosto riescono ad abbattere l’ultimo diaframma della resistenza. Un torrente di 20 mila soldati supera le mura e irrompe fin sulla cittadella dove i superstiti sono asserragliati. Quello che le cronache riportano di lì in poi è la storia di un crudele massacro, che non risparmia nemmeno il gruppo rifugiatosi nella cattedrale. Gli armigeri turchi impongono di abiurare la fede, l’arcivescovo Stefano Pendinelli esorta tutti ad affidarsi a Dio finché un colpo di scimitarra lo riduce al silenzio. Ma non è finita. Il 14 agosto, 813 uomini fra coloro che si erano opposti alla conversione dell’islam vengono trasportati sul Colle della Minerva. Di nuovo la richiesta: o l’abiura o la morte. Nessuno tentenna e il loro capo, Antonio Pezzulla detto il “Primaldo” è il primo a essere decapitato, con le famiglie costrette ad assistere al martirio. Una storia limpida di coraggio e di fede che arriva diritta al cuore dei cristiani di oggi, come ricorda l'arcivescovo di Otranto, mons. Donato Negro:

    “Il messaggio, allora è chiaro: proprio in un contesto multivaloriale, in una società liquida e dal pensiero debole, in cui il senso del vivere risiede in un materialismo piatto, i martiri ci annunciano il bisogno di scelte forti, ci testimoniano la fede e ci dicono di svegliarci dalla sonnolenza di una fede timida e gracile ed essere protagonisti di una fede viva, matura, missionaria, che raggiunge soprattutto l’uomo nelle sue periferie”.

    Avere per padre un uomo che sacrifica la vita per la sua fede è già una testimonianza che può forgiare un’anima, specie di una figlia. Ma dove il Vangelo innestato dalla famiglia in Maria Laura Montoya y Upegui germoglia in modo luminoso è sulle vette della Cordigliera, tra gli indios colombiani, esseri che considerano se stessi animali rispetto all’uomo bianco che li discrimina. Quella è però un’abiezione che Maria non tollera e diventata maestra, e decisa a consacrarsi a Dio, con sua madre e quattro compagne parte per le foreste. È il 4 maggio 1914 e quelle sei donne a cavallo, al seguito di Madre Laura, destinata a essere la prima Santa della Colombia, sono il primo nucleo della Congregazione delle Suore Missionarie della Vergine Immacolata, oggi diffuse in 21 nazioni di tre continenti. La vicepostulatrice e vicaria generale, suor Lia Zuluaga:

    “Sono partite come maestre degli indigeni: quello era il desiderio di Madre Laura. Il suo cuore ardeva per l’Eucaristia a tal punto che un giorno, durante una adorazione, ha detto al Signore una di quelle cose che dicono i Santi: ‘Non voglio più vederti nell’Eucaristia se non ti fai vedere dagli indigeni!’. Quell’espressione è tipica soltanto di una persona decisa a dare tutto per gli indigeni, prima di tutto ad insegnare loro a vivere come persone umane e figli di Dio”.

    Una storia di fede e amore disinteressato in nome di Gesù è anche quella di María Guadalupe García Zavala. A 22 anni entra i contatto con i malati che cura il suo confessore, padre Cipriano. Quando la ragazza gli comunica di volersi consacrare, quella esperienza di servizio diventa il suo campo d’azione apostolica. Madre Lupita, come viene chiamata, è un angelo degli infermi nel Messico della prima metà del Novecento, dove avere fede è qualcosa che può costare la vita e le suore sono costrette a girare in abiti civili e le case religiose devono essere camuffate magari proprio in ospedali. Lo sa bene l’arcivescovo di Guadalajara, Francisco Orozco y Jiménez, che tra le mura dell’ospedale oftalmico “S. José” viene nascosto per un anno e mezzo da Madre Lupita così da strapparlo dalla persecuzione, dopo che altre famiglie cattoliche si erano rifiutate per timore di rappresaglie. Madre Lupita si spegne nel 1963: una donna che racconta che la santità non è una nicchia vecchia e polverosa, ma una strada che illumina anche i nostri giorni.

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    Beatificato a Roma mons. Luigi Novarese, apostolo dei malati

    ◊   “Un testimone del Vangelo che adorava Dio negli ammalati e nei sofferenti, perché scorgeva in essi l’ostensorio vivente della Passione di Cristo”. Così il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone questa mattina nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma, presiedendo la Messa per la beatificazione di mons. Luigi Novarese, fondatore della Pia Unione dei Silenziosi Operai della Croce. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    “Apostolo dei malati”. Giovanni Paolo II definì così il nuovo beato mons. Luigi Novarese. Nato nel 1914 a Casale Monferrato, spese tutta la sua vita nella lotta contro l’emarginazione dei sofferenti in una visione non rassegnata o pietista, ma che assegnava loro un protagonismo attivo nell’apostolato tra gli ammalati stessi. Così lo ha ricordato il cardinale Tarcisio Bertone:

    "Don Luigi li esortava incessantemente ad essere non solo oggetto di solidarietà e di carità, ma soggetti attivi nell’opera di evangelizzazione, contrassegnata dal dinamismo spirituale della consolazione, in unione con Cristo, il divino Consolatore".

    In questa chiave vanno lette le opere realizzate da Novarese come la Lega Sacerdotale Mariana, il Centro Volontari della Sofferenza, i Silenziosi Operai della Croce, i Fratelli degli Ammalati. Un impegno alimentato dall’incessante preghiera per e con i malati che accompagnava a Lourdes e nei Santuari mariani, dalla partecipazione ai sacramenti e nato dall’esperienza che egli stesso aveva fatto del dolore per una malattia che in adolescenza lo aveva ridotto in fin di vita e dalla quale guarì miracolosamente per intercessione della Vergine Ausiliatrice, di don Bosco e del beato Filippo Rinaldi.

    Desiderio di mons. Luigi era allontanare i malati e i disabili dai ghetti entro i quali la società li confina e integrarli in essa: per questo insegnava loro un mestiere per renderli autonomi nei limiti del possibile e dialogò instancabilmente con la medicina, dimostrando l’efficacia terapeutica della motivazione spirituale nella cura del malato. La sofferenza – ha evidenziato il cardinale Bertone – intesa non come un problema, ma come una risorsa:

    "L’attività di Mons. Novarese ha esercitato un influsso non piccolo anche nel tessuto civile della Nazione, contribuendo efficacemente a promuovere in esso un’attenzione alle potenzialità del mondo della sofferenza, tesoro prezioso per la società".

    Devoto al Magistero di Pietro, il nuovo Beato prestò servizio nella Conferenza Episcopale Italiana e per trent’anni nella segreteria di Stato Vaticana:

    “Questo uomo, questo sacerdote ha svolto un lavoro intenso in un ufficio, in un organismo che negli ultimi tempi è stato anche oggetto di riflessioni - a volte - non benevole: la Segreteria di Stato di Sua Santità. E fra l’altro, proprio durante la Seconda Guerra Mondiale, svolse compiti delicati per far fronte alle necessità delle famiglie i cui uomini erano lontani, sul fronte della guerra. Non sono solo i seguaci della sua famiglia religiosa a far festa e a rallegrarsi, ma anche tutti coloro - ed io penso di rappresentarli - che lavorano in Vaticano. Sono orgogliosi di avere un loro compagno di lavoro proclamato Beato. Quindi anche chi lavora in Vaticano può raggiungere le vette della Santità! Questa è la prova più lampante!”.

    Memorabile il più grande raduno di infermi mai realizzato all’interno della Santa Sede che mons. Novarese organizzò nel 1957 portando 7mila malati nel Cortile del Belvedere in udienza da Pio XII, così come l’ascoltatissimo “Quarto d’ora della serenità” ideato per la Radio Vaticana, primo programma che aveva i sofferenti come protagonisti. Accompagnato nella sua incessante attività fin dal 1943 da sorella Elvyra Myriam Psorulla, mons. Novarese elaborò idee divenute portanti nell’attuale impegno associativo nella Chiesa Universale e presenti in documenti del magistero universale come la Salvifici Doloris e la Christifideles Laici. Morto a Rocca Priora nel 1984, Benedetto XVI lo ha dichiarato Venerabile nel 2010, quindi, appurata la veridicità di un miracolo ottenuto da una malata appartenente ai Silenziosi Operai della Croce, ha firmato un Decreto che ha portato all’odierna Beatificazione.

    L’esuberanza della carità di mons. Novarese sia un modello in questo anno della Fede, è stata l’esortazione del cardinale Bertone:

    "Egli incoraggia tutti ad affrontare con ardore e fiducia le sfide della nuova evangelizzazione nel vasto campo della sofferenza e del dolore".

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   I primi santi di Papa Francesco: in un'intervista di Nicola Gori il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, parla delle canonizzazioni di domani.

    In prima pagina, un editoriale di Ferdinando Cancelli dal titolo "La novità di Maria": maggio nella certosa svizzera di Valsainte.

    Urne insanguinate in Pakistan: in rilievo, nell'informazione internazionale, le elezioni legislative.

    Un fallimento di enorme successo: in cultura, l'articolo di Lucetta Scaraffia nel numero appena uscito di "Vita e Pensiero": fondata sull'utopia e trravestita da teorie scientifiche false, la rivoluzione sessuale è ancora un mito incontrastato della modernità occidentale.

    Quando l'Occidente entrò in crisi: Manlio Simonetti sulla riflessione teologica dal V al VII secolo.

    Dalle pampas in Vaticano: Roberto Vega Andersen sulla mostra - dal 17 maggio al Braccio di Carlo Magno - che tra arte, storia e leggenda racconterà la figura del gaucho.

    Sono solo una maestra di grammatica: Carlo Pulsoni sulla grande ispanista Margherita Morreale ricordata dall'Accademia dei Lincei.

    L'eutanasia non è mai una risposta: nell'informazione religiosa, il messaggio dei vescovi del New South Wales contro la legge che legalizza il suicidio assistito.

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    Oggi in Primo Piano



    Giornata mondiale di preghiera delle Chiese cristiane per la pace in Siria

    ◊   La crisi in Siria rischia sempre più di allargarsi: oggi due autobombe sono esplose a Reyhanli, citta turca vicina al confine siriano causando almeno 18 morti. Oggi, intanto si celebra la Giornata mondiale di preghiera delle Chiese cristiane per la pace in Siria. Un momento di forte unità di tutte le comunità cristiane presenti in questa terra, che si mobilitano insieme pregando secondo quattro intenzioni: il ritorno della pace, la liberazione di tutti gli ostaggi, il sostegno ai bambini traumatizzati dalla guerra e gli aiuti umanitari per i profughi. La Giornata è stata battezzata “la preghiera del cuore spezzato”. Salvatore Sabatino ne ha parlato con padre Ghassan Sahoui, gesuita libanese che vive a Homs, una delle città più colpite dalla guerra:

    R. – In tutte le chiese si sono organizzate preghiere per far crescere la nostra consapevolezza di essere cristiani e per capire meglio la nostra vocazione in questa crisi, in questo dramma davvero brutale; sentiamo la nostra incapacità di risolvere i problemi e quindi non ci rimane altro che chiedere a Dio, che è nostro Creatore e che ci ha dato la pace, di darci questo dono: di cambiare i cuori.

    D. – E’ la prima volta che tutte le comunità cristiane insieme prendono una tale iniziativa comune nel Paese: un segnale, questo, importantissimo di unità …

    R. – Un passo che dà la gioia di vedere finalmente che noi cristiani siamo uniti nella preghiera, che è un dovere e una grazia allo stesso tempo, chiedere a nome nostro e a nome di tutti i siriani, certamente uniti con tutti i cristiani del mondo e tutti quelli che davvero amano la Siria, per pregare e chiedere a Dio la misericordia e la pace per questo Paese martoriato.

    D. – Il Patriarca Gregorios III Laham ieri ha detto: “I cristiani in Siria non sono una Chiesa o una minoranza da difendere, ma un elemento costitutivo del popolo siriano”. Quindi, proprio all’interno del tessuto di questo Paese …

    R. – La Chiesa è davvero nata a Gerusalemme, ma poco a poco e subito si è diffusa in tutta la regione, e i cristiani sono stati chiamati come tali ad Antiochia e Antiochia faceva parte della Siria, ora fa parte della Turchia … Siamo qui, quindi, fin dall’inizio della cristianità e questa è la nostra terra. Siamo radicati in questa terra, e sentiamo anche che è la nostra missione fare da ponte tra le fazioni in guerra che purtroppo non riescono a mettersi d’accordo o dialogare. E solo Dio può dare questa grazia: cambiare i cuori e le menti, per trovare finalmente una soluzione pacifica in dialogo, senza armi, senza questa logica della violenza che distrugge non solo il Paese, ma l’uomo come tale.

    D. – Una sua personale speranza, per il futuro della Siria...

    R. – Malgrado tutto, noi speriamo – io spero, in modo davvero personale – che questa crisi finisca, che la pace ritorni nei cuori di tutti i cittadini siriani, ma che si instauri un dialogo davvero fruttuoso e sincero tra le parti, e che la Siria torni a trovare la sua vocazione di un ponte di pace, di elemento di stabilità nella regione e nel mondo.

    D. – In questa speranza siete supportati da Papa Francesco che molte volte ha lanciato appelli per la pace in Siria …

    R. – Sì, grazie a Dio, sentiamo la sua vicinanza a noi, davvero. E rendiamo grazie a Dio per lui e per la sua preghiera; sappiamo che è un uomo delle sorprese, ci fa sempre belle sorprese. E quindi, noi speriamo davvero che ci sia un’iniziativa annunciata da lui, dal Vaticano.

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    Merkel: truppe tedesche in Afghanistan oltre il 2014 se anche altri resteranno

    ◊   Non si vuole abbandonare l’Afghanistan né gli afghani. Si potrà pensare a restare oltre il 2014 a condizione che ci sia un processo politico adeguato e se altri lo faranno. E’ stato l’impegno assunto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ieri si è recata a sorpresa in Afghanistan. Secondo quanto dichiarato dal presidente afghano Karzai, diversi Paesi della Nato avrebbero chiesto di mantenere una presenza militare nel Paese oltre la data prevista dalla missione Isaf. Gli Stati Uniti a loro volta avevano indicato di essere pronti a tenere alcune basi, ma solo su invito del governo di Kabul. Attualmente in Afghanistan si trovano circa 100mila soldati stranieri sotto l’egida della Nato. Perché si sta sempre più indicando questa strada, nonostante i talebani abbiano chiarito che il processo di pace è subordinato al ritiro incondizionato delle truppe straniere? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Natalino Ronzitti, ordinario di Diritto Internazionale presso l’Università Luiss di Roma e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali:

    R. – Si sta profilando questa necessità, perché la situazione non è risolta e risulta intrattabile. Il governo attualmente al potere - il governo Karzai - rappresenta solo una piccola parte dell’Afghanistan, cioè la capitale e dintorni. Tutte le premesse che c’erano prima dell’installazione del governo Karzai ancora sussistono. Il problema è vedere se il mantenimento delle truppe sia la migliore soluzione o meno.

    D. – E secondo lei, professore, potrebbe esserlo?

    R. – Sono stati fatti grandi sforzi, anche per quanto riguarda quello che viene chiamato il “post conflict peace building”, la ricostruzione del Paese, ma purtroppo questi sforzi non sono andati a buon fine e probabilmente occorrerà fare un investimento ancora più incisivo, non tanto per quanto riguarda le organizzazioni regionali, quanto per quello che riguarda l’Onu. Ovviamente queste forze sono presenti in Afghanistan su autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, ma probabilmente occorre un intervento diretto da parte delle Nazioni Unite.

    D. – Un intervento diretto, quindi, che cosa comporterebbe? Ancora un impegno di tipo militare?

    R. – No, non significa necessariamente un intervento di carattere militare, significa un intervento di ricostruzione del Paese e di pacificazione, un intervento classico di “peace building”, dove ci sia una rappresentanza della comunità internazionale nel suo insieme, che non faccia percepire questo intervento come un interevento esclusivamente di natura occidentale. Poi, per quanto riguarda una partecipazione italiana, è bene che si faccia una riflessione e che la partecipazione italiana sia decisa dal Parlamento italiano.

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    Testimonianza dal Malawi: disumana la condizione delle carceri

    ◊   Nel poverissimo Malawi è molto facile finire in carcere: e dietro le sbarre i detenuti vivono in condizioni insostenibili. Il servizio di Chiara Merico.

    Dormono per terra, su una coperta ripiegata: duecento persone passano la notte stipate nei quattro dormitori del penitenziario di Mangochi, città turistica tra i laghi Malombe e Malawi. Quello di Mangochi è considerato un carcere meno duro rispetto ad altre prigioni del Paese. Eppure, i duecento detenuti hanno diritto a una sola saponetta al mese, mangiano una volta al giorno - soprattutto polenta di mais - e possono usare solo cinque servizi igienici, uno ogni quaranta persone. Condizioni inumane, che molti malawiani rischiano di sperimentare. Nel Paese, infatti, si può finire in prigione anche per un incidente stradale senza vittime: come è successo a uno dei detenuti, condannato a due anni e mezzo per non essere riuscito a pagare il risarcimento dei danni.

    Anche in questa situazione, però, c'è spazio per la speranza. I detenuti cercano di arrotondare vendendo i loro lavoretti manuali. Una cinquantina di loro sta provando a studiare in carcere, anche se spesso mancano i quaderni. E per chi finisce di scontare la pena, ci sono progetti di reinserimento, come il "Prison Fellowship Program", che organizza corsi di cucito e falegnameria per gli ex detenuti. Una possibilità concreta di cambiare vita, dopo gli anni duri di Mangochi.

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    "Uno di noi": oltre 400 mila firme raccolte in Europa a difesa della vita

    ◊   Grande partecipazione alla campagna europea pro-life “Uno di Noi”. Domani, tutte le parrocchie d’Italia parteciperanno a una grande raccolta di adesioni a sostegno dell’iniziativa, che mira ad attivare il legislatore dell’Unione sulla questione della vita nascente. L’iniziativa è partita dal Movimento per la Vita italiano e coinvolge, fino a novembre, i 27 Paesi della Ue. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Filippo Vari, professore di Diritto costituzionale all’Università Europea di Roma, tra i promotori della campagna:

    R. – È un momento molto importante perché serve, al di là dell’iniziativa, a ricordare a tutti l’importanza della garanzia del diritto alla vita. In questo caso, di coloro che non hanno voce, cioè i bambini che sono nella pancia della mamma.

    D. – In Italia, sono state raccolte più di 87 mila firme. Come sta andando a livello europeo?

    R. – Sta andando bene perché, secondo gli ultimi dati in Europa - contando il numero totale - viaggiamo verso le 400 mila firme. Quindi, siamo quasi a metà dell’opera. Però, è molto importante adesso che ci sia questo forte sostegno dall’Italia, perché l’obiettivo è raggiungere quanto prima almeno un milione di firme – almeno – perché poi è chiaro che più si firma e più l’iniziativa presa ha valore politico. Quindi, è veramente fondamentale che le parrocchie cerchino di diffondere questa iniziativa – portata avanti anche con il supporto decisivo della Chiesa italiana – il più possibile tra i fedeli e che ci sia una chiara presa di posizione dall’Italia a favore del diritto alla vita.

    D. – Firme per sollecitare il legislatore europeo ad avere un’attenzione sulla vita: in concreto, che cosa si vuole fare?

    R. – Si vuole impedire che i soldi dell’Unione Europea possano essere utilizzati per politiche che non sono rispettose del diritto alla vita, cioè politiche abortive o ricerche che distruggano l’embrione. La competenza a decidere dell’aborto – nei confronti del quale ovviamente siamo tutti contrari – non spetta all’Unione Europea, ma spetta a ciascuno Stato membro. Per questo, ci sono diverse iniziative nei confronti di questo terribile fenomeno dell’aborto. "Uno di Noi" invece è un’iniziativa a livello di Unione Europea e ciò che si può fare per tutelare la vita è impedire che i soldi dell’Unione Europea siano utilizzati per politiche che non tengano conto appunto di questo che è il primo di tutti i diritti. L’augurio è che ci sia una partecipazione di popolo che serva sia a raggiungere questo obiettivo importante a livello di Unione Europea, sia a risvegliare le coscienze, a tenerle deste su questo tema da cui dipende anche il grado di civiltà di una società.

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    Napoli: quando fare la pizza è un modo per riscattare una vita

    ◊   Una ricetta contro l’emarginazione giovanile e contro la crisi. E’ quello che si propone l’iniziativa “La pizzeria dell’impossibile” scuola per pizzaioli, rivolta ai minori a rischio di Napoli. Di cosa si tratti, lo spiega l’ideatore del progetto, Antonio Franco, presidente dell’Associazione "Scugnizzi", al microfono di Maria Cristina Montagnaro:

    R. – “La pizzeria dell’impossibile” trova casa nel progetto “Finché c’è pizza, c’è speranza”, nato nel 2010, che ha istituito una vera e propria scuola per pizzaioli all’interno dell’Istituto penale per minorenni di Nisida, nel centro di Napoli. Sulla scia di “Finchè c’è pizza, c’è speranza”, abbiamo chiesto in comodato d’uso al Comune una struttura e questa struttura è stata allestita interamente dal gruppo "Fratelli La Bufala", dove è nata una vera e propria scuola per pizzaioli.

    D. – Quanti ragazzi sono coinvolti in questo progetto?

    R. – Noi teniamo corsi a 15 ragazzi dai 16 ai 21 anni. Abbiamo fatto un protocollo d’intesa con il Tribunale dei minori: dieci ragazzi provengono dall’area penale e cinque vengono dalle zone a rischio di Napoli. Abbiamo aperto “la pizzeria dell’impossibile” negli stessi locali dove, tre volte alla settimana – il lunedì, il martedì e il giovedì – i ragazzi, dalle 10 alle 12, vanno a scuola e dalle 12 alle 14 accolgono i diseredati e i meno fortunati, servendo loro una pizza napoletana, una bibita e un dolce, tutto senza pagare niente.

    D. – Quello della pizza è un settore in crescita. Seimila posti sarebbero pronti, ma si fatica a trovare lavoratori formati. La vostra iniziativa potrebbe aiutare i ragazzi ad inserirsi concretamente nel mondo del lavoro?

    R. – Sì, noi a fine maggio diamo un attestato ai ragazzi che hanno partecipato a questo corso. Ne avremo già pronti 15 a fine maggio e siamo propensi a metterli in campo. Ai ragazzi diamo la possibilità di imparare un mestiere, che ti può far girare anche il mondo. I pizzaioli napoletani, come lei ben sa, sono richiesti in tutto il mondo.

    D. – Con l’acuirsi della crisi economica, com’è cambiato il vostro lavoro?

    R. – Tengo a precisare che l’Associazione "Scugnizzi" non opera solo nel settore della pizzeria. Operiamo, infatti, nell’associazionismo da 10 anni e i nostri progetti sono rivolti esclusivamente ai minori a rischio. Facciamo sì che i ragazzi, che hanno litigato da un bel po’ di tempo con la vita, facciano pace con essa.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella Solennità dell’Ascensione, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù conduce i discepoli verso Betània e, alzate le mani, li benedice:

    “Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Con l’Incarnazione il Signore Gesù è entrato corporalmente nella storia dell’uomo, ora, con l’Ascensione, egli esce da questo orizzonte ed entra, con il suo corpo di uomo, nella gloria del Padre: è il momento dell’esaltazione, della glorificazione. Scrive con audacia S. Ireneo di Lione, questo genio del II secolo: Cristo “è il Verbo di Dio che abitò in mezzo all’uomo divenendo figlio dell’uomo perché si familiarizzasse nella conoscenza intima del Padre e Dio si familiarizzasse ad abitare in mezzo all’uomo, secondo il beneplacito del Padre” (Contro le eresie, III, 22). Il tempo trascorso qui sulla terra ha dato inizio a questa “familiarità” tra Dio e l’uomo, ci ha fatti diventare “familiari di Dio” (Ef 2,19), ed ha inaugurato il Regno di Dio sulla terra. Ora, posto alla destra di Dio con il suo corpo d’uomo glorificato, Cristo accompagna il cammino di questo Regno di Dio tra le intemperie della storia dell’uomo, verso il suo compimento, fino alla seconda venuta del Signore, che l’Ascensione – come dice il CCC (n. 673) –, ha reso “imminente”. Gesù nel Vangelo di oggi ripropone ai discepoli il senso di tutta la Rivelazione: da ciò che nella Legge e nei profeti si riferisce a Lui, al mistero della Pasqua, fino al compimento della “promessa del Padre”, il dono dello Spirito Santo, che presuppone l’invio degli Apostoli a tutti gli uomini per annunciare la conversione e il perdono dei peccati, per raccoglierli nella comunione della comunità cristiana, offrendo loro la speranza di una vita beata, insieme a Cristo, nella gloria del Padre.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    India. Due missionari picchiati e arrestati per proselitismo nel Kashmir

    ◊   Due missionari laici sono stati assaliti dalla folla e poi arrestati dalla polizia che di fatto li ha salvati dal linciaggio, a Lasjan, villaggio nei pressi di Srinagar, nel Kashmir indiano, lo scorso 6 maggio. Stando a quanto riportato dalla Fides, i due – accusati di proselitismo in quanto colpevoli di distribuire opuscoli e pubblicazioni con brani biblici a giovani musulmani – hanno riportato diverse ferite, al punto che per uno si è reso necessario il ricovero nell’ospedale di Jammu, sempre nello Stato del Kashmir, per lesioni gravi. Il Consiglio unito del Jihad, organizzazione che riunisce diversi movimenti islamici militanti del Kashmir, hanno accusato i due missionari di operare conversioni forzate e li hanno invitati a lasciare lo Stato. Non si tratta purtroppo del primo caso nell’area: alcuni leader islamici, hanno mosso le medesime accuse ai volontari della "Casa Agape", un centro sociale ed educativo gestito da fedeli cristiani a Srinagar, mentre l’anno scorso il pastore Khanna fu arrestato e condannato da un tribunale islamico sempre per le stesse accuse, ma fu poi assolto dall’Alta corte dello Stato. (R.B.)

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    Egitto. In cella giovane insegnante cristiana accusata di blasfemia

    ◊   Proseguono nell’Egitto dei Fratelli Musulmani i casi di arresti per blasfemia ai danni di cristiani. L’ultimo in ordine cronologico è quello di Demyana Emad, 23.enne insegnante di studi sociali presso la scuola elementare "Sheikj Sultan", nel sud di Luxor. La giovane è stata condotta in carcere – dove resterà sono alla fine delle indagini sul suo conto – con l’accusa di aver insultato Maometto davanti ai suoi alunni. Il caso è stato portato all’attenzione pubblica dall’associazione genitori della struttura, nella quale alcuni giorni fa sarebbe penetrato un gruppo di estremisti islamici costringendo gli studenti, poco più che bambini, ad accusare la maestra. Si tratta di uno dei tanti casi di accuse di blasfemia, rivolti soprattutto contro la minoranza crostiana copta, riportati da AsiaNews negli ultimi tempi: il più grave, nell’ottobre dello scorso anno, ai danni di due bambini di 9 e 10 anni che, secondo gli accusatori, avrebbero orinato sopra alcune pagine del Corano a Bani Suef, nell’Alto Egitto. (R.B.)

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    Uzbekistan: per i detenuti limitata in carcere anche la libertà di fede

    ◊   La libertà di professare il proprio credo religioso, in Uzbekistan, Paese in cui l’88% della popolazione è di fede islamica e appena l’8% cristiana, costituisce un serio problema. AsiaNews riferisce che la situazione è particolarmente difficile nelle carceri, in cui sarebbe impossibile pregare, stando a quanto raccontato dai parenti di alcuni prigionieri musulmani, mentre già il mese scorso Andrei Serin, della Chiesa battista di Tashkent, aveva dichiarato che a un detenuto della sua comunità era stata sequestrata la Bibbia. Il responsabile del Dipartimento statale per il controllo della fede islamica, Mukhammadakmal Sharikov, ha respinto le accuse, affermando che “nelle carceri del Paese ogni detenuto è libero di pregare o leggere volumi religiosi”. Il rapporto annuale della Commissione statunitense per la libertà religiosa, pubblicato il 30 aprile scorso, ha però inserito l’Uzbekistan tra i 15 Paesi “oggetto di particolare attenzione” sulla materia, i cui governi di fatto limiterebbero fortemente la libertà confessionale. (R.B.)

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    Pakistan. Elezioni di sangue, 15 morti e molti feriti in tutto il Paese

    ◊   Elezioni politiche di sangue, quelle che si stanno svolgendo oggi in Pakistan, dove 86 milioni di elettori sono chiamati ai circa 73 mila seggi allestiti per rinnovare i 342 membri che compongono l’assemblea nazionale e le quattro assemblee provinciali. Nonostante l’imponente dispiego delle forze completato ieri sera, diversi attentati si sono verificati oggi nel Paese, con un bilancio complessivo di 15 morti e molti feriti. Il più grave a Karachi, dove 12 persone sono morte per una bomba esplosa nell’area di Dawood Chorangi, dove si trovava Amanullah Mehsud, candidato per l’"Awami national party", formazione laica pasthun nel mirino dei talebani, che miracolosamente è rimasto illeso. L’ordigno era stato nascosto a bordo di un risciò e fra i 37 feriti ci sarebbero anche diversi bambini. Poco dopo, un’altra deflagrazione è stata avvertita invece nella zona di Landhi. Un ordigno è scoppiato anche a Peshawar, capoluogo della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, nei pressi di un seggio riservato alle donne, nella strada di Charsadda, uccidendo almeno una persona e ferendone 23. Un’altra esplosione si è verificata in una diversa parte della città e un seggio è stato chiuso in seguito a una sparatoria. Violenze anche a Swabi, dove due volontari dell’Awami sono stati uccisi da una bomba a mano mentre stavano recandosi a un collegio elettorale. Infine, il voto è stato negato alle donne nel distretto tribale del nord Waziristan, roccaforte dei talebani al confine con l’Afghanistan. A Miranshan, il divieto è stato veicolato attraverso gli altoparlanti delle moschee: in questa zona, molte donne vivono segregate nei “purdah”, i quartieri-ghetto da cui non possono uscire se non accompagnate da un uomo. Nonostante questo bilancio e le esplicite minacce dei talebani perpetrate fino alla vigilia del voto, alle ore 12 di oggi il dato sull’affluenza alle urne era del 30% e si presume si attesterà a fine giornata al 60, in aumento rispetto al 44% ottenuto nella tornata elettorale del 2008. Potrebbe trattarsi di una vera transizione democratica per il Pakistan, Paese che è stato soggetto alla dittatura talebana per oltra la metà degli anni trascorsi dalla sua indipendenza. La maggioranza dei consensi, secondo le stime, dovrebbe andare alla Lega dei musulmani del moderato Nawaz Sharif, già premier negli anni Novanta. (R.B.)

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    Leader religiosi della Tanzania uniti contro l’odio tra le fedi

    ◊   “La violenza religiosa può distruggere facilmente la pace e la sicurezza”. Così asseriscono, nella dichiarazione finale del loro incontro, i leader religiosi cristiani e musulmani della Tanzania s’impegnano pubblicamente a cooperare per raggiungere il comune obiettivo della pace tra le fedi religiose, da raggiungere attraverso il rispetto reciproco, il mantenimento delle relazioni interreligiose e l’incoraggiamento ai genitori di educare i figli all’importanza del valore della pace. “Come leader religiosi ci è stata conferita la capacità di mantenere la pace e la sicurezza”, scrivono nella loro dichiarazione, diffusa dalla Fides, invitando la comunità a fermare l’odio religioso: anche la polizia ha annunciato che, d’ora in poi, chi diffonderà discorsi che incitano a esso con ogni mezzo, anche informatico, sarà arrestato. La decisione è stata presa all’indomani dell’attentato avvenuto durante l’inaugurazione della parrocchia di San Giuseppe ad Arusha, che ha causato tre morti e una sessantina di feriti, episodi purtroppo non nuovi nel Paese, la cui area più a rischio è l’isola di Zanzibar. (R.B.)

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    Cambogia: grande festa per l’arrivo delle reliquie di Santa Teresa di Lisieux

    ◊   Dopo un lungo pellegrinaggio di quattro mesi nelle Filippine – l’unico Paese a maggioranza cattolica del Sudest asiatico insieme a Timor Est – le reliquie di Santa Teresa di Lisieux sono arrivate in Cambogia il 24 aprile scorso. Dal 4 maggio, si trovano a Taingkauk, piccolo villaggio distante un centinaio di km dalla capitale Phnom Pehn e luogo simbolo delle persecuzioni anticristiane operate dal regime di Pol Pot. Qui, nel 1977 morì il primo vescovo cambogiano, ordinato due anni prima, mons. Joseph Chhmar Salas, vittima dei Khmer rossi. Per l’occasione, durante la Messa celebrata dal vicario apostolico di Phnom Pehn, mons. Olivier Schmitthaeusler, cui hanno preso parte tremila fedeli, i resti della religiosa e mistica francese sono stati posti sul letto – miracolosamente intatto – che ospitava il vescovo durante la prigionia. Tra i partecipanti diversi presuli, come l’85.enne mons. Yves Ramousse, predecessore di mons. Salas, che ha festeggiato assieme alla comunità i 60 anni di sacerdozio e i 50 di episcopato. Nella festa è stato ricordato anche il monastero del Carmelo della capitale, costruito nel 1861, rimasto chiuso a lungo durante gli anni del potere dei rivoluzionari maoisti e poi tornato a vivere grazie a un gruppo di suore sudcoreane, sei delle quali ora vi risiedono stabilmente. Per il pellegrinaggio mondiale, le reliquie di Santa Teresa sono state divise in tre parti: una è rimasta di Lisieux, un’altra sta percorrendo la Francia, mentre la terza, custodita in un reliquiario offerto dalle diocesi brasiliane, sta girando il mondo e finora ha sostato in una cinquantina di Paesi. (R.B.)

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    Si conclude oggi a Lourdes la Diaconia 2013 promossa dai vescovi francesi

    ◊   È stata soprattutto una grande testimonianza di fede quella che hanno potuto vivere in questi ultimi tre giorni i partecipanti al raduno nazionale della “Diaconia 2013. Servons la fraternité!” svoltasi a Lourdes. L’evento, che si conclude oggi, è stato l’occasione per tracciare un bilancio e mettere in comune quanto è stato vissuto negli ultimi due anni dalla Chiesa francese e in particolare la vicinanza con i poveri, come riporta L’Osservatore Romano. “Un modo per affermare che la condivisione con persone rese fragili dalla vita possono trasformare comunità e società”, si legge in una nota. I circa 12 mila presenti hanno assistito a una quarantina di spettacoli, forum e animazioni, ma anche a momenti di riflessione e di fratellanza. Il raduno si è aperto giovedì 9 maggio, solennità dell’Ascensione del Signore, nella Basilica di San Pio X dove sono state accolte le delegazioni, con una Messa celebrata dal cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum: “L’apostolato per un cristiano non è qualcosa di aggiunto, di esterno e sovrapposto alla sua attività quotidiana anche professionale – ha detto nell’omelia il porporato – ma egli deve mostrare ovunque e a tutti l’amore e la compassione di Dio, non accontentandosi unicamente di alleviare la povertà, la miseria, la sofferenza e le malattie psichiche”. “La Chiesa – ha poi concluso – è invitata a essere sovversiva e critica verso le storture del mondo”. Sul tema della fratellanza possibile si era, invece, concentrato il presidente del Consiglio episcopale per la Solidarietà e vescovo di La Rochelle et Saintes, mons. Bernard Housset, nel corso della cerimonia d’apertura della tre giorni cui ha partecipato anche il nunzio apostolico in Francia, l'arcivescovo Luigi Ventura. È invece il presidente dei vescovi francesi e arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois, a guidare oggi la Messa conclusiva di ringraziamento, preceduta dalla lettura del messaggio alle comunità cristiane redatto nel corso dell’incontro. La Diaconia è un progetto avviato dalla Conferenza episcopale francese che coinvolge tre anni (2011, 2012 e 2013) e nasce da una riflessione del Papa emerito Benedetto XVI contenuta nell’Enciclica Deus caritas est sulla triplice missione della Chiesa: l’annuncio della Parola di Dio, la celebrazione dei Sacramenti e il servizio alla carità. (A cura di Roberta Barbi)

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    Da giugno ostensione permanente delle spoglie di Padre Pio a San Giovanni Rotondo

    ◊   Il primo giugno prossimo, alle ore 11, con una celebrazione eucaristica presieduta dal prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, nella chiesa di San Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo avrà inizio l’ostensione permanente del corpo del Santo cappuccino, che sarà sistemato nell’intercapedine del plinto centrale della chiesa inferiore, custodito in un’urna di vetro. La decisione è maturata in seguito alle continue richieste dei pellegrini, desiderosi di arrivare nel Santuario pugliese e di poter pregare davanti ai resti mortali di Padre Pio, la cui passata ostensione (dall’aprile 2008 al settembre 2009) fu accolta molto favorevolmente dai devoti. In particolare, intraprendere quest’iniziativa nel corso dell’Anno della Fede ha il significato di risvegliare nei cuori dei fedeli proprio questa virtù di cui l'amatissimo religioso francescano è uno dei più eccellenti testimoni. (R.B.)

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    A Modena il primo Meeting nazionale delle Misericordie

    ◊   È in corso in questi giorni a Modena, presso il Parco Enzo Ferrari, il primo Meeting nazionale delle Misericordie. Per l’occasione è stato allestito un vero e proprio “villaggio della solidarietà” comprendente il campo della Colonna mobile nazionale di Protezione Civile delle Misericordie (costituitasi un anno fa per fronteggiare l’emergenza terremoto in Emilia), che ospita un centinaio di tende in cui sono alloggiati i circa 1500 volontari partecipanti, la zona pranzo in cui si erogano circa tremila pasti al giorno, moduli per bagni e docce, tende aerostatiche, un posto medico avanzato, sale operative e una ventina di torri faro affiancate da tensostrutture in cui si svolgono gli incontri in programma. “Abbiamo voluto un incontro di popolo”, ha spiegato il presidente nazionale delle Misericordie, Roberto Trucchi, all’inaugurazione cui hanno preso parte anche il direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute, don Carmine Arice, e il presidente di Caritas Italiana, mons. Giuseppe Merisi. Questi ha richiamato gli interventi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, nonché le recenti parole di Papa Francesco che insistono sul valore della formazione al volontariato e del coordinamento di tutte le realtà d’ispirazione cristiana impegnate in esso. Si è parlato molto anche del terremoto che un anno fa sconvolse l’Emilia, colpendo, in particolare ma non solo, la provincia di Modena: “Abbiamo un grande sogno – ha detto il governatore della Misericordia di Modena, Daniele Giovanardi – che questo Paese impari a fare prevenzione e capisca che le catastrofi si fronteggiano prima di tutto con la prevenzione”. Anche il sindaco della città, Giorgio Pighi, ha voluto ricordare “l’intervento generoso e capace di tante associazioni, e le Misericordie tra le prime, che ha contribuito in modo determinante ad alleviare le sofferenze della popolazione”. Alla cerimonia, infine, hanno partecipato anche il vicepresidente della Provincia di Modena, Mario Galli, il viceprefetto, Mario Ventura, e Massimo La Pietra del Dipartimento di Protezione civile. Domani, l’evento si concluderà con la Santa Messa presieduta dall’arcivescovo di Modena-Nonantola, mons. Antonio Lanfranchi, e con la consegna degli attestati ai volontari e alle associazioni intervenute durante l’emergenza dello scorso anno. La Confederazione nazionale delle Misericordie è la più antica forma di volontariato organizzato al mondo, nata a Firenze nel 1244. Oggi, in tutta Italia conta 800 mila iscritti distribuiti in 800 tra confraternite e sezioni e comprende anche i Gruppi Fratres, attivi nel campo della donazione del sangue e degli organi. (R.B.)

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    Pompei: al Santuario incontro dell’Unitalsi e catechesi mariana

    ◊   Ben due incontri si svolgono oggi nel Santuario mariano di Pompei: il primo è un convegno dedicato all’impegno con i malati dell’Unitalsi, il secondo una catechesi sulla figura di Maria e sulla sua completa e totale adesione alla volontà di Dio, rappresentata dal suo semplice “sì”. Il titolo della tavola rotonda organizzata dall’Unitalsi è “110 anni di piccoli miracoli quotidiani” e s’inserisce nell’ambito delle celebrazioni per il 110.mo anniversario di fondazione della sezione campana dell’Associazione che si occupa di portare in pellegrinaggio le persone malate. Giovedì 16 maggio, inoltre, a Roma sarà presentato il primo pellegrinaggio “ad alta velocità” nato dalla collaborazione tra Unitalsi e Italo, dove interverranno tra gli altri l’arcivescovo di Loreto, mons. Giovanni Tonucci, e il presidente nazionale di Unitalsi, Salvatore Pagliuca. Sempre a Pompei, il secondo incontro in programma riguarda l’ultima di una serie di catechesi intitolate “Con Maria nell’Anno della Fede”, promosse dalla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale. Il ciclo è stato dedicato alla riscoperta delle motivazioni più profonde del credere e progredire, con Maria, nel cammino di un’esperienza sempre più viva di incontro personale con il Signore. Infine, mercoledì 15 sarà inaugurata la tradizionale mostra interscolastica, giunta alla XVII edizione che vede la partecipazione delle scuole della città, mentre sabato 18 sarà la volta dello spettacolo “Venuto dal nulla”, commedia musicale sulla vita di Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei, messa in scena al Teatro Di Costanzo-Mattiello. (R.B.)

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    L’Università Cattolica del Sacro Cuore riconosciuta tra i migliori atenei del mondo

    ◊   Prima in Italia e tra le prime cento del mondo. La Facoltà di filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore conquista un piazzamento di tutto prestigio nel ranking mondiale degli atenei. Lo rende noto un comunicato della struttura fondata da padre Gemelli, che cita i risultati della ricerca 2013 elaborati da "QS World University Rankings", società leader nella valutazione dell’istruzione superiore, che ha preso in esame 2.858 Università di tutto il mondo, valutate in base a trenta aree disciplinari. La Cattolica si colloca dunque tra le prime cento Università del mondo e prima in Italia, nell’area disciplinare "Philosophy". Inoltre, è l’unico tra gli atenei della Lombardia presente nei primi 150 posti nell’area "Psychology". Buone performance anche nelle graduatorie relative a "Agricolture & Forestry", "Economics & Econometrics", e "Medicine", dove si colloca nella fascia 151-200.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 131

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.