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Sommario del 04/05/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: siate miti e umili per vincere l'odio del mondo
  • Il card. Abril y Castelló: il Papa a Santa Maria Maggiore per porre il Pontificato ai piedi della Madonna
  • Proclamata Beata "Nhá Chica", schiava brasiliana del 1800
  • Messa del Papa in Piazza San Pietro per la Giornata delle Confraternite
  • Udienze e nomine
  • Il cardinale Grocholewski ricorda József Mindszenty a 38 anni dalla morte
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Media israeliani confermano raid aereo sulla Siria. Obama: no all'intervento militare
  • Giornata dedicata ai bambini vittime di violenza. Don di Noto: necessarie informazione e prevenzione
  • Campagna pro-eutanasia in Italia. Pessina: strumentalizzato il dolore
  • Il card. Vallini: dobbiamo avere fiducia nei giovani per la nuova evangelizzazione
  • La Focsiv si mobilita per il diritto al cibo nei Paesi in via di sviluppo
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Uruguay: nuovo appello dei vescovi per abrogare la legge sull'aborto
  • Irlanda: vescovi contro norma che legalizza di fatto l’aborto
  • Gmg: a Rio de Janeiro anche le reliquie del Beato Giovanni Paolo II
  • Gmg: giovani iracheni raccolgono fondi per il viaggio a Rio de Janeiro
  • Malaysia: la preghiera delle comunità cristiane alla vigilia delle elezioni
  • Ucraina: le Chiese cristiane chiedono la grazia per Yulia Timoshenko
  • Portogallo: dal 12 al 19 maggio una settimana per la vita
  • Il Pakistan verso le elezioni in un clima di paura, la testimonianza di un religioso
  • Paraguay: allarme per un'epidemia di dengue, 70 mila casi confermati
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: siate miti e umili per vincere l'odio del mondo

    ◊   Rimaniamo sempre miti e umili per sconfiggere le lusinghe e l'odio del mondo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani nella Casa Santa Marta. Nell’omelia, il Papa ha ribadito che la strada dei cristiani è la strada di Gesù e per questo non dobbiamo avere paura di essere perseguitati. Alla Messa - concelebrata da mons. Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i Vescovi – ha preso parte un gruppo di Guardie Svizzere Pontificie alle quali il Papa ha dedicato un saluto di affetto e gratitudine. “La Chiesa – ha detto – vi vuole tanto bene” e “anche io”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Sono l’umiltà e la mitezza le armi che abbiamo per difenderci dall'odio del mondo. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco che ha incentrato la sua omelia sulla lotta tra l’amore di Cristo e l’odio del principe del mondo. Il Signore, ha ricordato, ci dice di non spaventarci perché il mondo ci odierà come ha odiato Lui:

    “La strada dei cristiani è la strada di Gesù. Se noi vogliamo essere seguaci di Gesù, non c’è un’altra strada: quella che Lui ha segnato. E una delle conseguenze di questo è l’odio, è l’odio del mondo, e anche del principe di questo mondo. Il mondo amerebbe ciò che è suo. ‘Vi ho scelti io, dal mondo’: è stato Lui proprio che ci ha riscattato dal mondo, ci ha scelti: pura grazia! Con la sua morte, con la sua resurrezione, ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: siamo salvati. E quel principe che non vuole, che non vuole che noi siamo stati salvati, odia”.

    Ecco allora che l’odio e la persecuzione dai primi tempi della Chiesa arrivano fino ad oggi. Ci sono “tante comunità cristiane perseguitate nel mondo – ha constatato con amarezza il Papa – in questo tempo più che nei primi tempi: oggi, adesso, in questo giorno e in questa ora”. Perché questo, si chiede ancora il Papa? Perché “lo spirito del mondo odia”. E da questo deriva un ammonimento sempre attuale:

    “Con il principe di questo mondo non si può dialogare: e questo sia chiaro! Oggi il dialogo è necessario fra noi, è necessario per la pace. Il dialogo è un’abitudine, è proprio un atteggiamento che noi dobbiamo avere tra noi per sentirci, capirci … ma quello deve mantenere sempre. Il dialogo nasce dalla carità, dall’amore. Ma con quel principe non si può dialogare: soltanto rispondere con la Parola di Dio che ci difende, perché il mondo ci odia. E come ha fatto con Gesù, farà con noi. ‘Ma, guarda, fai questo, una piccola truffa … non c’è niente, è piccola …’, e incomincia a portarci su una strada un po’ non giusta. Questa è una pia bugia: ‘Fallo, fallo, fallo: non c’è problema’, e incomincia da poco, sempre, no? E: ‘Ma … tu sei bravo, tu sei bravo: puoi farlo’. E’ lusinghiero, e con le lusinghe ci ammorbidisce. Fa così. E poi, noi cadiamo nella trappola”.

    Il Signore, ha proseguito Papa Francesco, ci chiede di rimanere pecorelle, perché se uno lascia di essere pecorella, allora non si ha “un pastore che ti difenda e cadi nelle mani di questi lupi”:

    “Voi potete fare la domanda: ‘Padre, qual è l’arma per difendersi da queste seduzioni, da questi fuochi d’artificio che fa il principe di questo mondo?, da queste lusinghe?’. L’arma è la stessa arma di Gesù: la Parola di Dio - non dialogare - ma sempre la Parola di Dio e poi l’umiltà e la mitezza. Pensiamo a Gesù, quando gli danno quello schiaffo: che umiltà, che mitezza! Poteva insultarlo, no? Soltanto una domanda, mite e umile. Pensiamo a Gesù nella sua Passione. Il suo Profeta dice: ‘Come una pecora che va al mattatoio’. Non grida, niente: l’umiltà. Umiltà e mitezza. Queste sono le armi che il principe del mondo e lo spirito del mondo non tollera, perché le sue proposte sono proposte di potere mondano, proposte di vanità, proposte di ricchezze male acquisite, sono proposte così”.

    Oggi, ha proseguito, “Gesù ci fa pensare a quest’odio che ha il mondo contro di noi, contro i seguaci di Gesù”. Ci odia, ha riaffermato, “perché Lui ci ha salvati, ci ha riscattati”. E pensiamo alle “armi per difenderci”, ha aggiunto: rimanere sempre pecorelle, “perché così abbiamo un pastore, ed essendo pecorelle siamo miti e umili”. Infine, l’invocazione alla Madonna affinché “ci aiuti a diventare umili e miti nella strada di Gesù”.

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    Il card. Abril y Castelló: il Papa a Santa Maria Maggiore per porre il Pontificato ai piedi della Madonna

    ◊   “Chiediamo alla Vergine Maria che ci insegni a vivere la nostra fede nelle azioni di ogni giorno, e a dare più spazio al Signore”: questo il nuovo tweet lanciato stamani dal Papa, che questa sera alle 18.00, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, presiederà la preghiera del Santo Rosario nel primo sabato del mese. Ascoltiamo, in proposito, il cardinale Santos Abril y Castelló, arciprete della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, al microfono di Sergio Centofanti:

    R. - Il Santo Padre ha invitato i fedeli a recitare la preghiera del Santo Rosario pregando per tutte le intenzioni della Chiesa, a recitarlo anche in famiglia - come ha in detto in questi giorni - in maniera tale da consolidare l’unità della famiglia e far sì che il bene spirituale sia anche bene sociale e familiare, bene di convivenza.

    D. - Il Papa è già venuto a Santa Maria Maggiore il 14 marzo scorso per ringraziare la Madonna all’indomani della sua elezione. Lei che ricordo ha?

    R. - Ha voluto recarsi in visita alla Basilica non soltanto per un ringraziamento alla Madonna ma - come mi disse personalmente – per fare un atto di affidamento, per porre ai piedi della Madonna il suo Pontificato. È venuto per chiedere la protezione e l’aiuto della Madonna, lui che è un Papa molto mariano. Ho avuto modo di conoscerlo bene quando ero nunzio in Argentina. So che andava molto spesso a visitare il Santuario nazionale della Madonna di Luján e non era la prima volta che visitava la Salus populi romani. Ma trovandosi a Roma, ha voluto recarsi al Santuario. Questa visita, a noi personalmente, ci ha dato una grande gioia soddisfazione, e ci ha dato modo di poter unirci al Santo Padre ad appena poche ore dalla sua elezione. Ed è stato molto significativo e molto bello.

    D. - Che cosa chiedere a Maria in questo tempo difficile?

    R. - Credo che bisogna chiedere molto, attraverso la sua intercessione, affinché ogni giorno aiuti la Chiesa a poter vivere in maniera più viva e più responsabile l’esigenza della vita cristiana di consolidare la fede. Siamo nell’Anno della Fede e pertanto è importante consolidare questa fede nel popolo cristiano seguendo le direttive che furono già tracciate in maniera molto chiara durante il tempo delle discussioni e nelle decisioni del Concilio Vaticano II. Rimane ancora molto da mettere in pratica, ha detto il Santo Padre. Credo quindi che questo consolidamento della fede sia importante, in maniera tale che vivendo all’interno della Chiesa in profondità, in maniera responsabile e convinta la propria fede, saremo capaci di dare anche la testimonianza a tutto il mondo dei valori che la Chiesa porta, valori profondi che il cristianesimo propone e su cui, se anche le nostre società si fondassero, credo, potremmo risolvere molti dei problemi che purtroppo oggi stiamo lamentando.

    D. - Come vivere il Rosario come una preghiera vera ed autentica e non una preghiera ripetitiva?

    R. - Questo è un problema che si è sempre presentato. Bisogna tener presente che il Rosario – e questo è molto importante - non è soltanto l’enunciazione di un Mistero. E’ vero, il Padre Nostro, l’Ave Maria si ripetono… ma è un momento di meditazione di questi misteri centrali della nostra fede che vengono contemplati nel Rosario. Fare un po’ di meditazione insieme alla Madonna chiedendo la sua protezione ed il suo aiuto per noi e per tutta la Chiesa. Se si recita questo Rosario un po’ meditato, questo ci porta un po’ più in profondità verso la parte essenziale della nostra fede, verso l’amore per la Chiesa e all’apertura dei bisogni della Chiesa, non soltanto per pregare per noi ma anche per tutti gli altri in spirito ecclesiale.

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    Proclamata Beata "Nhá Chica", schiava brasiliana del 1800

    ◊   Viene Beatificata oggi a Baependi, in Brasile (alle 20.00, ora italiana), Francisca de Paula De Jesus, detta "Nhá Chica", ovvero “Zia Francesca”, schiava vissuta nel 1800. A presiedere il rito, in rappresentanza del Santo Padre, il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Tutta la vita della Beata “Zia Chica” è un cammino verso la libertà: cresce senza cognome, non ne ha diritto, perché figlia naturale di una schiava. Il padre era forse il padrone della fattoria in cui la madre lavorava. Totalmente analfabeta, impara dalla mamma una sola cosa: il Rosario. Resta orfana ancora adolescente. La mamma le lascia come eredità non soldi o averi, che non ha, ma un’esortazione: quella di amare Gesù e Maria e di avere carità verso tutti. A questo invito resta fedele tutta la vita, e – una volta affrancata dalla schiavitù - nonostante le tante proposte di matrimonio, sceglie di non sposarsi, anche se resta laica: organizza ogni giorno incontri di preghiera nella sua povera casa, che diventa ben presto un luogo di pellegrinaggio per poveri e ricchi che giungono da ogni parte del Brasile in cerca di conforto spirituale. Lei, nelle mani ha sempre la sua catena: la coroncina del Rosario. Più si lega a Dio, più si scopre davvero libera. Poi, all’improvviso, “Zia Chica” diventa ricca per la morte del fratello, che le lascia un’immensa fortuna. Ma molto presto ridiventa povera perché distribuisce tutto ai più bisognosi. L’unica cosa che tiene per sé è una somma di denaro per far costruire una Cappellina dedicata all’Immacolata Concezione. Muore ultraottantenne, nel 1895: viene sepolta nella Cappella da lei intitolata a Maria. Qui, ancora oggi, in tanti vengono per ritrovare la vera libertà di spirito grazie all’esempio e all’intercessione della schiava Francisca.

    Sulla Beatificazione di “Nhá Chica”, Roberto Piermarini ha intervistato il cardinale Angelo Amato:

    R. - Anzitutto diciamo che è un grande dono che Papa Francesco fa alla chiesa brasiliana. Il Santo Padre, primo papa latinoamericano, conosce bene la bontà del popolo brasiliano, il suo spirito religioso, l'amore a Gesù e al suo Vangelo di vita e di gioia, la devozione alla Beata Vergine Maria, l'attaccamento filiale alla Chiesa, l'amore al Papa, ai vescovi ai sacerdoti, la venerazione per gli anziani, la disponibilità all'accoglienza della vita come inestimabile dono di Dio, la carità verso i poveri, il suo senso di uguaglianza e di fraternità, il rispetto per la natura. Questa ricchezza di valori umani e spirituali rende il Brasile una terra benedetta da Dio e una dimora degna di ogni persona umana. La Beata Nhá Chica ha vissuto in pieno questi valori, lasciandoli in eredità a tutti i brasiliani, ma anche a tutta la Chiesa.

    D. - Ci può delineare un breve ritratto di questa Beata laica brasiliana?

    R. - Ce lo consegna Papa Francesco, che, nella sua lettera di beatificazione dice che Nhá Chica era una donna di preghiera assidua e una testimone fedele della misericordia di Cristo verso i bisognosi nel corpo e nello spirito. Unanimemente i testimoni affermano che Nhá Chica pregava molto e che aveva sempre il Rosario in mano. Adoratrice instancabile del SS. Sacramento e contemplatrice della Passione di Gesù, aveva una profonda devozione alla Madonna, che chiamava Minha Sinhà (mia Signora). La Salve Regina era la sua preghiera preferita.

    D. – Qual era la principale caratteristica della nuova Beata?

    R. - La nostra Beata era umile. Non attribuiva niente alla sua persona, ma tutto a Dio e alla Madonna. Le richieste dei fedeli le deponeva davanti alla Beata Vergine. Quando una persona veniva a ringraziarla per una grazia ricevuta, ella diceva: «Io prego la Madonna, che mi ascolta e mi risponde». È sempre stata consistente e persistente la fama di santità della nostra Beata, che era chiamata la Santina di Baependi (a Santinha de Paependi). La sua beatificazione è una lezione di vita cristiana autentica.

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    Messa del Papa in Piazza San Pietro per la Giornata delle Confraternite

    ◊   Si sono aperte ieri la “Giornata delle Confraternite e della Pietà popolare” che da venerdì a domenica radunano a Roma più di cinquantamila confratelli provenienti dall’Italia e dal mondo in rappresentanza di migliaia di sodalizi, di origine anche medievale. Momento culminante del pellegrinaggio, ideato dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione nell’ambito dell’Anno della Fede, sarà la Messa di domani in Piazza San Pietro presieduta da Papa Francesco. Fabio Colagrande ha intervistato mons. Antonio Interguglielmi, direttore dell’ufficio per le aggregazioni laicali e le confraternite della diocesi di Roma:

    R. – Il pellegrinaggio sta andando molto bene. Il significato che abbiamo voluto dargli è soprattutto quello di un recupero delle Confraternite, come di una realtà ancora attuale: non solo folkloristica, legata ai riti antichi, ma con una sua funzione ancora fondamentale dal punto di vista spirituale e sociale.

    D. – Qual è lo stato d’animo delle persone che arrivano da diverse regioni italiane, anche da altri Paesi del mondo, per pregare sulla tomba di Pietro, proprio alla vigilia dell’incontro con Papa Francesco?

    R. – Io sono qui, in questo momento, proprio davanti alla tomba di Pietro. Le persone stanno professando la fede, e danno un’immagine di Chiesa viva: molto contenti, molto felici ma anche presi da questa opportunità che viene loro data, di testimoniare la fede e di testimoniarla non solo attraverso il culto ma anche attraverso i loro costumi storici, abiti che dimostrano che non hanno paura di far vedere che sono cristiani. Questi abiti hanno anche il valore di testimonianza.

    D. – Molto spesso, l’aspetto folkloristico sembra prevalente quando si parla di Confraternite; ma cosa c’è dietro questi costumi, questi simboli, alle immagini sacre che vengono portate in processione?

    R. – E’ l’aspetto più esteriore e quindi è più facile soffermarsi su questo. In realtà, dietro c’è un’attività di catechesi, un’attività spirituale, un’attività di formazione cristiana all’interno della Confraternita ma, come dicevo prima, anche un’attività sociale perché siamo in un momento in cui le persone sono molto sole: non parlano, non comunicano se non in maniera virtuale. Le Confraternite, invece, danno la possibilità di ritrovarsi tra persone, di dialogare, di scambiare esperienze ma anche di attivare un aiuto concreto per tante famiglie. Vediamo in questo momento tante Confraternite del Sud che stanno aiutando famiglie in difficoltà, persone sole, anziani abbandonati: hanno una funzione bellissima, molto nascosta – il Signore, infatti, ci ha detto: “Non sappia la destra cosa fa la sinistra” – ma non per questo meno importante, anzi.

    D. – Ho visto nei gruppi che venivano in pellegrinaggio una prevalenza di adulti e anziani; ma ci sono anche giovani nelle Confraternite, mi sembra …

    R. – Sì: in questo momento proprio, io sto assistendo una Confraternita che arriva dal Sud, nella quale sono in prevalenza giovani. E’ chiaro che, soprattutto nei piccoli centri dell’Italia centro-meridionale, troviamo una tradizione che si tramanda di padre in figlio e quindi persone adulte che trasmettono questo modo di manifestare la fede anche ai giovani.

    D. – Quindi, una realtà pastorale importante accanto a quella delle aggregazioni laicali che la Chiesa vuole che si mantenga viva, che contribuisca alla nuova evangelizzazione …

    R. – E’ una realtà importante per la nuova evangelizzazione. Certo, deve essere attualizzata, ovviamente, perché alcune attività che venivano svolte dalle Confraternite nell’antichità, come seppellire i morti, non hanno più ragion d’essere; deve essere attualizzata ma ha una funzione fondamentale proprio perché legata alla tradizione e quindi è un collegamento tra ieri ed oggi.

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    Udienze e nomine

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto stamani in udienza il card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi e un gruppo di presuli della Conferenza Episcopale delle Marche, in Visita "ad Limina Apostolorum".

    In Argentina, il Papa Francesco ha nominato Ordinario per i fedeli cattolici di rito orientale residenti in Argentina e sprovvisti di Ordinario del proprio rito Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Mario Aurelio Poli, Arcivescovo di Buenos Aires.

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    Il cardinale Grocholewski ricorda József Mindszenty a 38 anni dalla morte

    ◊   Celebrazione eucaristica oggi pomeriggio a Roma, nella Chiesa di Santo Stefano Rotondo al Celio, in occasione del 38.mo anniversario della morte del Servo di Dio József Mindszenty, primate d’Ungheria durante il regime comunista ungherese. A presiedere il rito, il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica. La celebrazione è organizzata dall’Ambasciata di Ungheria presso la Santa Sede, dal Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese e dalla Fondazione di Santo Stefano. Cosa significa per il mondo di oggi la figura di questo porporato? Marta Vertse lo ha chiesto allo stesso cardinale Zenon Grocholewski:

    R. - La figura di Mindszenty significa per il mondo di oggi una fermezza di fede. Da uomo incrollabile ha cercato di difendere la propria fede anche a costo di grandi sofferenze, perché quando è stato imprigionato nel 1948, ha subito persecuzioni che si possono paragonare a quelle dei primi secoli cristiani. Lo spogliarono e umiliarono per 39 giorni di seguito - lui era già cardinale – perché confessasse di essere “nemico del popolo”. Lo minacciarono di portarlo in questo stato di umiliazione dalla madre ormai anziana. Ma lui non è mai crollato nella sua fede. Io penso che questo sia molto importante. Un’altra cosa significativa è stato il suo martirio. Non è stato un martirio nel senso tecnico della parola, cioè si parla di un martirio bianco. Era disposto a sopportare ogni sacrificio per la propria fede, per difendere questa fede, credendo nel trionfo della fede. Io ho pregato sulla sua tomba volendo sottolineare questa grande testimonianza di fede.

    D. - In Polonia o in Ungheria i giovani non sanno quasi niente di quest’epoca di persecuzione contro la Chiesa da parte dei regimi atei. Non conoscono bene neanche figure come il cardinali Wyszynski o Mindszenty. L’Ungheria e la Polonia hanno combattuto spesso insieme per la libertà. Che cosa possono fare oggi per rinnovare l’Europa cristiana?

    R. - Io penso che uno dei mali che riscontriamo nelle nostre società sia proprio non rendersi conto dell’insegnamento della storia. La storia comunista è molto significativa anche per i nostri tempi. Praticamente, il comunismo si proclamava una teoria progressista, del futuro, scientifica, prendendo di portare il paradiso nel mondo. Invece era molto crudele, distruggeva tutti i valori. Io penso che anche oggi dobbiamo imparare da quegli anni, perché anche oggi dobbiamo essere attenti. Non tutto quello che si proclama come progresso, come scienza, in realtà è tale. Dobbiamo essere critici. Ricordando questo periodo tragico del comunismo, io penso che potrebbe aiutarci a vivere meglio oggi, cioè essere critici verso certe correnti che riscontriamo nel mondo. Comunque, dispiace il fatto che non si ricordino questi grandi eroi nelle nostre patrie.

    D. - Come ricorda il cardinale Mindszenty nella sua omelia?

    R. – La mia riflessione parte dalle letture della Domenica. Così, ricordando il suo martirio e la sua fede, voglio sottolineare che il cardinale Mindszenty era guidato dalla forza dello Spirito Santo. Gesù ha detto: “Lo Spirito Santo che scenderà su di voi, vi insegnerà ogni cosa”, cioè sarà una luce. Il Signore, prima della sua Ascensione, ha detto ai discepoli: “Avrete la forza dello Spirito Santo” … e gli Apostoli, che erano semplici pescatori di Palestina, sono andati in tutto il mondo e hanno dimostrato una grande intelligenza di fede e una grande forza. Tutti hanno affrontato il martirio ed erano semplici pescatori. Era la luce dello Spirito Santo. E io vorrei sottolineare questo fatto che il cardinale Mindszenty si è lasciato guidare dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo. Vorrei anche esortare tutti i presenti a questa cerimonia ad aprire i cuori e le menti a questa luce, a questa forza per il bene dell’Ungheria, per il bene dell’Europa e per il bene del mondo.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Quella persecuzione istigata dal principe del mondo: Messa del Papa a Santa Marta.

    Un articolo sulla visita di Papa Francesco alla basilica di Santa Maria Maggiore.

    Unico vangelo per l’uomo di oggi: anticipazione dell’omelia del cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, inviato speciale del Papa in Lituania per la celebrazione del sesto centenario della cattedrale di Kaunas.

    Fuga dalla Siria: in rilievo, nell’informazione internazionale, le centinaia di famiglie che abbandonano le proprie case nel timore di nuovi massacri.

    In cultura, un articolo di Sylvie Barnay dal titolo “Fuoco e fragore divennero buona novella”: un teologo e uno psicoanalista davanti al giudizio ultimo.

    Donatello, le quattro tartarugge e la bella maniera: l’articolo di Giancarlo Gentilini nel catalogo della mostra “Norma e capriccio. Spagnoli in Italia agli esordi della ‘maniera moderna’”, alla Galleria degli Uffizi a Firenze.

    Bibbia alla Dan Brown: anticipazione dell’articolo Ermanno Paccagnini - sul numero in uscita della rivista “Vita e Pensiero” – sull’irrefrenabile boom editoriale della letteratura apocrifa da autogrill.

    L’inventore notturno della musica elettronica: l’inviato Marcello Filotei a Bologna per l’omaggio, a quarant’anni dalla morte, al direttore e compositore Bruno Maderna.

    Benvenuti nella nuova età di mezzo: Silvia Guidi sul teatro equestre di Giovanni Lindo Ferretti nel film “Fedeli alla linea”.

    Un articolo di Cristiana Dobner dal titolo “Il Toniolo segreto raccontato dall’amica contessa”: ripubblicata la biografia scritta da Elena da Persico.

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    Oggi in Primo Piano



    Media israeliani confermano raid aereo sulla Siria. Obama: no all'intervento militare

    ◊   Crisi siriana: la comunità internazionale in allerta dopo la conferma da parte di alcuni media-on line di Gerusalemme di un’incursione aerea israeliana con 16 caccia, in territorio siriano, nella notte tra giovedì e venerdì. L’obiettivo pare fosse un deposito di missili sofisticati per armi chimiche, destinati al movimento sciita libanese di Hezbollah. Il presidente Usa Obama conferma un cambio di strategia, ma dice "no" per ora ad un intervento militare in Siria. Sul terreno un nuovo massacro a Banìas dove si contano 150 morti nelle ultime 24 ore, bombardato anche l’aeroporto di Damasco. Oggi intanto il presidente Assad è riapparso in pubblico. Ma come leggere questo raid israeliano? Cecilia Seppia lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Storia e Istituzioni del mondo islamico all’Università Cattolica di Milano:

    R. - Questo è un fatto assolutamente grave, ma del resto del tutto prevedibile: Israele aveva sempre sottolineato come priorità la sua necessità di difendersi e per Israele, come sappiamo, la difesa è molto estensiva: non è tanto - come dire - impedire all’esercito regolare di usare armi, ma evitare che armi - probabilmente armi chimiche o non convenzionali come in questo caso - possano cadere nelle mani degli insorti e soprattutto del Jabhat al Nusra, cioè la parte più forte dell’opposizione siriana, che è estremista e legata ai movimenti jihadisti. La reazione di Assad, ovviamente, non si può prevedere, può essere a livello retorico molto forte, ma a livello militare molto limitata.

    D. - Su questo attacco, si allunga quindi l’ombra delle armi chimiche. Una questione di cui si parla da tempo, confermata nei giorni scorsi anche dalla Casa Bianca. Obama ha promesso un cambio di strategia per la Siria: si parla sia di armare i ribelli, sia - diciamo così - di un’azione diplomatica più forte, contro il regime. Però Obama ha ribadito il “no” ad un intervento militare statunitense in Siria: perché questo “no”?

    R. - Per molte ragioni. La prima è perché gli Stati Uniti, dopo il disastro iracheno e essendo ancora impegolati in Afghanistan, non hanno alcuna intenzione di entrare in un conflitto che si preannuncerebbe estremamente difficile; poi perché la Siria è protetta in sede Onu da Russia e Cina; e poi perché gli americani si stanno rendendo conto che, all’inizio, hanno sostenuto l’opposizione siriana senza se e senza ma, ma questa opposizione sta sempre più cambiando natura: entrare in un conflitto in Siria significa oggi aiutare quei movimenti, quegli stessi combattenti che per anni hanno ammazzato i soldati americani in Iraq e in Afghanistan. Questa è la realtà crescente: la trasformazione dell’opposizione che è sempre più spinta verso l’estremismo jihadista. Ben venga, invece, un’azione diplomatica più forte e più concertata, ma a tutti i livelli.

    D. - La Comunità internazionale, quindi, sta continuando ad agire secondo la logica del controllo, della prudenza. Di fatto in Siria, però, ci sono diverse emergenze: quella umanitaria e quella più interna di questa "talebanizzazione" - a cui accennava, appunto, anche lei - che rischia di creare degli attriti con i governi occidentali, ma anche dei rischi per la popolazione…

    R. - Certo. Purtroppo ci sono molte emergenze. C'è un milione ormai di profughi esterni e interni; ci sono comunità, come le minoranze alawita e cristiana, che subiscono il governo di Assad e che temono in realtà un suo eventuale crollo, perché si sa che i gruppi più estremisti predicano lo sterminio degli alawiti e la cacciata dei cristiani siriani verso il Libano. Tutto questo impone attenzione, ma anche estrema prudenza.

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    Giornata dedicata ai bambini vittime di violenza. Don di Noto: necessarie informazione e prevenzione

    ◊   “Aiutare i bambini è un atto di fede, non ignorarli”. Questo il tema della Giornata dedicata questa domenica, in Italia, ai bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza. Ad organizzare l’appuntamento, l’associazione Meter guidata da don Fortunato Di Noto, che sarà presente in Piazza San Pietro con una delegazione per il Regina Caeli presieduto dal Papa. Eugenio Bonanata lo ha intervistato:

    R. - E’ la grande opportunità, ormai data da 17 anni, a coloro che aderiscono ma anche a coloro che condividono esattamente l’impegno che bisogna promuovere in favore dei bambini che sono ai margini, che sono deprivati, che sono dimenticati. La Chiesa - luce delle genti - non può fare altro che essere madre, accogliente, ma - dall’altra parte - anche sollecitare le istituzioni a fare sempre di più. Noi, come Meter, siamo impegnati in questo contesto e la conclusione della Giornata sarà domani in Piazza San Pietro con Papa Francesco. Credo che questo possa dare un contributo ulteriore ed essenziale, affinché tutti possiamo dire che stare dalla parte dei bambini è stare dalla parte di Gesù.

    D. - La violenza contro i bambini che dimensione ha?

    R. - Ha una dimensione sommersa: noi non possiamo avere un dato ufficiale. Se pensiamo però a coloro che sono coinvolti nell’abuso, nella produzione del materiale pedopornografico e magari allocati come siti pornografici all’estero, ci accorgiamo che la dimensione - pur presente in Italia - ha una dimensione transnazionale. Sappiamo benissimo che sono migliaia i casi giudiziari aperti, che hanno un lungo percorso… Non è facile poter arrivare immediatamente alla soluzione giudiziaria. Però sappiamo anche come le violenze si consumino nel silenzio, nel segreto, con la paura e con la minaccia. Quindi, di conseguenza, è necessario creare un rapporto fiduciario nei confronti dei bambini, senza tanti allarmismi, ma pensando che ci sono punti di riferimento: basta un numero verde, il nostro è l’800.45.52.70; basta anche un e-mail, che si può inviare attraverso il sito Associazionemeter.org. Io credo che questo sia il contributo essenziale di porte aperte, affinché possano essere accolti coloro che sono abusati.

    D. - Cosa dire, invece, della violenza fisica contro i bambini?

    R. - Non si può educare maltrattando fisicamente i bambini. Io credo che le parole possono essere anche come pietre, peggio delle percosse. Però è anche vero che in una logica nuova, in una logica costruttiva, in una logica di dialogo, di accoglienza, in fondo in fondo, cosa può costare ad un adulto, se è capace di amare, amare i bambini e educarli? L’atto educativo è l’atto di responsabilità. Quindi oggi credo dovremmo, forse, stare attenti a non immergersi nelle nuove tecnologie, dimenticando chi abbiamo accanto, ma creando un rapporto di relazione costante, perché è nelle relazioni che ci si gioca poi tutto. In fondo i bambini hanno bisogno di autorità competente e soprattutto di punto di riferimento importanti.

    D. - Cosa fare concretamente per ridurre l’indifferenza nei confronti dei più piccoli?

    R. - Primo, implantare una nuova cultura: sempre di più ribadire che l’uomo è più importante di ogni altra cosa; l’uomo è al centro dell’aspetto educativo. Poi trasmettere i valori, trasmettere la cultura, trasmettere - perché no? - anche il senso religioso. Noi, dimenticando Dio, in fondo in fondo, per chi è credente, dimentichiamo l’uomo e dimenticando l’uomo, ci si dimentica il volto di Dio che si realizza e si manifesta attraverso l’umanità nostra. Dall’altra parte, però, sono anche necessarie informazione, prevenzione, risorse più oculate e investite nella famiglia, investite nella scuola, nella sanità.

    D. – Qual è il significato di concludere questa giornata a Piazza San Pietro?

    R. - Parte idealmente da Piazza San Pietro, che è già diventata patrimonio comune delle comunità cattoliche cristiane in Italia: non ci sarà comunità cattolica che celebrerà la Santa Messa e non avrà questa intenzione nella preghiera dei fedeli. Questo già è stato un bel traguardo che abbiamo raggiunto. Dall’altra parte, da San Pietro parte quest’abbraccio di Madre, che è la Madre Chiesa: queste belle colonne accolgono questo popolo, assieme a un Padre, che è Papa Francesco, assieme ai figli, assieme alla gente di buona volontà.

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    Campagna pro-eutanasia in Italia. Pessina: strumentalizzato il dolore

    ◊   Un video choc per dare il via ad una campagna per legalizzare l’eutanasia in Italia. E’ quello presentato ieri dai radicali alla vigilia di una raccolta firme che oggi prende il via in tutto il territorio nazionale. Nel filmato una donna racconta del suo viaggio in Svizzera dove in una clinica ha trovato la morte. “Non si può spettacolarizzare il dolore per fini ideologici” commenta l’associazione Scienza e Vita. Paolo Ondarza:

    (Voce dal video della campagna pro-eutanasia)
    “Era da giugno che io aspettavo l’appuntamento con una clinica Svizzera… E l’appuntamento è per domani sera. Danno da bere una bibita e poi uno si addormenta… E basta…”.

    La tragica storia di Piera, malata terminale di cancro, che dall’Italia si è recata - accompagnata da un esponente del partito radicale - in una clinica svizzera, dove per sua volontà ha trovato la morte, è divenuta una bandiera della campagna “eutanasia legale” promossa dall'associazione Luca Coscioni. “Un dolore strumentalizzato, sfigurato in arma politica, che non può essere spettacolarizzato per fini ideologici”, scrive l’associazione Scienza e Vita. “Un video a metà strada tra l'apologia e l'istigazione al suicidio” è il commento di Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell'Università Cattolica:

    R. - E’ un modo con cui si fa propaganda, utilizzando una persona che ha avuto dei problemi molto seri nel confrontarsi sul suo fine vita e utilizzarla in qualche modo, facendola diventare vittima della propaganda oltre che vittima della malattia.

    D. - “Non voglio più soffrire, solo io ho il diritto di decidere su me stessa", dice Piera, protagonista o vittima - come lei ha detto del video?

    R. - Sì, perché io credo che non si possano impostare le cose in questo modo. Nel senso che quando si parla della sofferenza, che è la dimensione del disagio esistenziale della solitudine personale e del dolore fisico, bisogna tenere conto che quando una persona perde anche di coraggio nei confronti della sua situazione, il primo atteggiamento dovrebbe essere quello di aiutare a vivere questa situazione. La nostra cultura ha sviluppato e stiamo sviluppando tutta una serie di attenzioni, che vanno dalla terapia del dolore all’assistenza domiciliare: abbiamo sviluppato un’idea per cui, in qualche modo, il tempo anche della malattia sia un tempo degno di essere vissuto.

    D. - Non è vero, quindi, che c’è un disimpegno in Italia nei confronti delle problematiche legate al fine vita come viene denunciato?

    R. - Io lo nego assolutamente, anzi io credo che sia veramente uno spot molto ideologico, che non tiene conto dei grandi progressi che si sono fatti in questi anni. La questione è, tra l’altro, se noi vogliamo riflettere un po’ lucidamente sulle situazioni che hanno sempre una grande valenza emotiva, in qualche modo se lei pensa alle persone che vogliono semplicemente suicidarsi, solitamente lo vogliono fare in solitudine, senza apparire… Qui, in questo caso, la persona va di proposito in un luogo per essere aiutata a morire: in qualche modo è una persona che sente profondamente la solitudine, al punto tale che chiede la “compagnia del morire”. Questo è un messaggio contraddittorio, perché vuol dire che queste persone, se aiutate, probabilmente non vorrebbero fare questo gesto.

    D. - La morte può essere considerata un diritto?

    R. - Questo è un vero paradosso della nostra epoca, perché la morte è la cessazione di qualsiasi diritto. Noi abbiamo sicuramente il diritto di essere assistiti, di essere curati, ma la morte come tale è la cessazione del diritto, la cessazione della cittadinanza. Non è un caso che uno dei segni più grandi - come dire - di esclusione dalla cittadinanza è stata la pena di morte.

    D. - I radicali sostengono che sono circa 90 mila i malati terminali che ogni anno muoiono soprattutto di cancro e il 62 per cento - dicono - muore grazie all’aiuto di medici con l’eutanasia clandestina…

    R. - Io credo che sia un dato assolutamente falso, perché in questi dati si confondono spesso le cose. Da una parte è la cessazione dei trattamenti quando risultano essere sproporzionati e che non portano beneficio al paziente, e quindi un accompagnamento del morente, che è un accompagnamento senza accanimento terapeutico. Questo è un fatto che nella realtà si pratica e che testimonia una dedizione da parte anche del medico, anche in fine vita, nei confronti di queste persone e delle persone in generale. Un’altra cosa è l’eutanasia: l’eutanasia significa provocare direttamente la morte di un paziente, con varie motivazioni. Io credo che sia molto difficile poter dire che ci siano molti episodi di questo genere, ma anche se fossero molti, non per questo, noi non dobbiamo biasimarli. Non è che il biasimo deriva dalla quantità delle azioni… Voglio dire: non è che perché ci sono tanti evasori in Italia, allora dobbiamo dire legalizziamo l’evasione fiscale… In realtà se anche l’eutanasia fosse oggi il frutto di una disperazione diffusa, noi dovremmo trovare il modo per vincerla!

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    Il card. Vallini: dobbiamo avere fiducia nei giovani per la nuova evangelizzazione

    ◊   Rinnovare l’evangelizzazione nell’ambiente universitario, partendo dai ragazzi come testimoni per quei loro coetanei, che non vivono o non conoscono l’esperienza della fede. Questo l’obiettivo del convegno “Comunicare la fede ai giovani universitari”, promosso dall’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, che si è svolto questa mattina a Roma presso il Seminario Romano Maggiore. L’incontro ha visto la partecipazione e il confronto tra universitari impegnati attivamente nella vita della pastorale, docenti e cappellani degli atenei romani. Il servizio di Marina Tomarro:

    Comunicare la fede ai giovani e, nello stesso tempo, aiutare loro a diventare annunciatori della Buona Novella verso i coetanei ancora lontani dalla fede. Sul tema, la riflessione del cardinale vicario della diocesi di Roma, Agostino Vallini, che ha partecipato all’incontro:

    R. - Non è un problema di strategia, di organizzazione. Innanzitutto è vivere la fede: viverla come gioia della vita, come pienezza di vita. Dopodiché raccontare la propria vita, affermando con molta chiarezza che la presenza del Signore Vivo, che ha trasformato te, potrà trasformare anche i tuoi interlocutori. Questo messaggio credibile diventa forte, perché è vita, non è teorica, non è dottrina. Tutto questo porta all’esperienza di una testimonianza che lascia il segno.

    D. - Ma queste giovani generazioni in che modo possono aiutare la Chiesa nella nuova evangelizzazione, secondo lei?

    R. - Io vedo, con tanta fiducia, i giovani non solo interessati, ma che già vivono questa esperienza, bisognosi e desiderosi anche di farla crescere, di fortificarla. Dobbiamo avere fiducia nei giovani!

    Ma in che modo oggi i giovani cattolici cercano di trasmettere il messaggio del Vangelo ai loro amici? Ecco l’esperienza di due universitari, Selenia Laspina e Pietro Bufano:

    R. - Si può comunicare la fede con il servizio verso gli altri, quindi attraverso opere di solidarietà, donando proprio se stessi. Roma è una città grandissima e ci sono persone che hanno veramente bisogno. Quindi si può contribuire in tanti modi e, appunto, manifestare la fede. Questo è quello che, a volte, io propongo ai miei colleghi: testimoniare il Vangelo, quello che ci ha insegnato il Cristo.

    R. - Innanzitutto essere testimone io stesso della fede ai miei coetanei. Credo che questo sia l’unica o la via principale: dare l’esempio agli altri e far vedere che dove c’è il Signore c’è fratellanza, c’è accoglienza. E’ poi tutto un motore per poter lavorare al meglio anche nelle attività quotidiane di ognuno di noi.

    D. - Molti tuoi coetanei magari non sono credenti: qual è allora il modo migliore per parlare anche con loro, per avvicinarli alla bellezza della fede?

    R. - Credo far notare loro che chi è vicino a Dio è disposto anche a farsi amico degli altri. Tramite questo possono capire che possono contare su qualcuno, che possono vedere una figura di sostegno, di amicizia.

    Sulle conclusioni dell’incontro, il commento del vescovo Lorenzo Leuzzi, delegato per la pastorale universitaria diocesana di Roma:

    R. - Credo che il convegno abbia posto davvero alcuni punti fermi e anzitutto la comunione. Dopo tanti anni di cammino, realtà diverse - come la parrocchia, la cappellania universitaria e il collegio universitario - sono disponibili a camminare insieme, nella consapevolezza che l’evangelizzazione e la comunicazione della fede ai giovani universitari oggi ha bisogno di una pluralità di esperienze. Viene fuori un’immagine di realtà concrete - sia a livello personale che comunitario - desiderose di impegnarsi in una evangelizzazione dei tanti giovani che molte volte, per tanti anni, hanno lasciato la parrocchia, una vita cristiana, ma che in università possono essere incontrati perché sono presenti le cappellanie universitarie... sono presenti anche tante realtà che possono diventare punti di riferimento e di aggregazione per i lontani.

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    La Focsiv si mobilita per il diritto al cibo nei Paesi in via di sviluppo

    ◊   “Abbiamo riso per una cosa seria” è il titolo della campagna di sensibilizzazione per il diritto al cibo promossa dalla Focsiv, che riunisce le associazioni cristiane di volontariato in Italia, contando sul sostegno dell’Ufficio per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese della Coferenza episcopale italiana. A fronte di un’offerta, sarà distribuito in questo fine settimana in 1200 piazze italiane riso di produzione biologica, grazie al contributo di numerosi volontari. Al microfono di Elisa Sartarelli, Attilio Ascani, direttore della Focsiv:

    R. - Questa iniziativa è legata alla promozione del diritto dei popoli a nutrirsi, ad un'alimentazione giusta. La Focsiv - che con 62 organismi lavora in molti Paesi del Sud del mondo - promuove progetti di diritto al cibo, di sostegno all’agricoltura locale, ai piccoli contadini. L’iniziativa che promuoviamo – il 4 ed il 5 maggio – è quella fondamentalmente di raccogliere fondi, utilizzando un semplice pacchetto di riso proveniente da cooperative di donne della Thailandia – riso thai – tramite i circuiti del Commercio Equo e con questa promozione raccogliamo fondi per i progetti agricoli di diritto all’alimentazione. Quindi, fondi del Sud che ritornano poi nel Sud attraverso i progetti della Focsiv. Tutti coloro che vorranno, troveranno, in moltissime piazze italiane, questi banchetti con il riso. Si tratta anche di un’immagine simbolica: il riso è il senso proprio della semplicità, della parsimonia; con un pugno di riso si possono fare cose meravigliose ed è il simbolo per eccellenza dell’alimentazione, utilizzato dalla parte più importante della popolazione del mondo, nella parte soprattutto dell’Asia.

    D. – Si tratta di 26 progetti dedicati al diritto al cibo e alla sovranità alimentare...

    R. – Sì, si tratta di progetti che in vario modo toccano il tema del cibo, della produzione agricola, dell’alimentazione, che stiamo cercando di promuovere in altrettanti Paesi dell’Africa e dell’America Latina per sostenere appunto il diritto alla giusta alimentazione.

    D. – Benedetto XVI aveva affermato che “Dovremmo considerare la crisi alimentare ben più grave di quella finanziaria”...

    R. – Le due cose sono molto collegate: le speculazioni finanziarie incidono pesantemente sulla crisi del cibo, chiaramente l’impatto delle difficoltà della crisi alimentare è quello che grava pesantemente sulla vita delle popolazioni del Sud del mondo. Quindi, le due cose sono collegate, perché purtroppo oggi assistiamo al fatto che per speculare si specula anche sul cibo. È proprio su questo che noi vorremo insistere: il cibo, il diritto alla vita, il diritto all’alimentazione non può essere oggetto di flussi finanziari, non può essere oggetto di speculazioni.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   In questa sesta Domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Gesù dice ai discepoli che chi lo ama, osserverà la sua parola. Quindi aggiunge:

    “Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”.

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi è un brano tratto dai discorsi di Gesù ai suoi discepoli durante l’ultima cena. Gesù annuncia loro: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). La missione del Signore è chiara: far sì che l’uomo divenga dimora di Dio. L’amore del Padre, che è brillato a noi nella Pasqua del Signore, e che in questo tempo pasquale ci viene quasi dato da toccare con mano nelle varie manifestazioni del Signore, deve essere custodito gelosamente, conservato, perché non vada perduto: questo è il significato etimologico della parola greca tradotta in italiano con “osservare”: la parola di Cristo, Cristo stesso, Parola di Dio all’uomo, prima, molto prima che un precetto da mettere in pratica, è un dono prezioso da custodire, è il Dono, infatti “la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14,24). In una bella pagina di S. Giovanni della Croce, riportata nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 65), egli dice che “dal momento in cui [il Padre] ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa Parola… Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo…” (Salita al monte Carmelo, 2,22).

    Ora, in cammino verso la Pentecoste, insieme al dono pasquale della pace, il Signore ci garantisce il frutto della sua Passione: “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). Questa memoria, questo “memoriale”, è innanzitutto il mistero dell’Eucaristia che celebriamo, il sacrificio di Cristo sulla Croce e la sua Risurrezione vittoriosa.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Uruguay: nuovo appello dei vescovi per abrogare la legge sull'aborto

    ◊   Nuovo appello della Conferenza episcopale dell’Uruguay (Ceu) contro la legge sull’aborto: in un comunicato diffuso ieri, i presuli sono tornati a condannare la normativa che, approvata nell’ottobre scorso con una ristretta maggioranza, prevede l’aborto fino alla 12.ma settimana e in altri casi fino alla 14.ma, previa consultazione con una commissione di medici, psicologi e assistenti sociali. L’interruzione volontaria di gravidanza può essere, invece, direttamente autorizzata in caso di rischio grave per la salute della madre, stupro o possibili malformazioni del nascituro. “La vita è la priorità – scrive la Ceu – i diritti umani ed il diritto primario a vivere non possono essere soggetti a maggioranze di circostanza del corpo legislativo o elettorale”. Guardando poi all’iniziativa popolare che ha portato alla raccolta di oltre 68mila firme per l’indizione di un referendum abrogativo di tale legge, la Ceu “incoraggia le iniziative legittime che chiedono la cancellazione di questa normativa”. “I cittadini dell’Uruguay – prosegue la nota – hanno ora l’opportunità di cambiare con il loro voto il corso delle cose e dire sì alla vita dei bambini, così che potremo guardare con speranza al nostro futuro come nazione”. Pur ribadendo, quindi, che “il diritto alla vita non potrà mai essere oggetto di un referendum, dal momento che esso deriva da Dio”, tuttavia, “di fronte a questa legge ingiusta e dato che la Costituzione prevede che i cittadini possano manifestare la volontà di abrogarla”, i presuli esortano il Paese a chiedere “l’indizione di un referendum sopra questa normativa che attualmente consente il crimine dell’aborto”. (I.P.)

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    Irlanda: vescovi contro norma che legalizza di fatto l’aborto

    ◊   “Una modifica moralmente inaccettabile alla legge sull’aborto in Irlanda” e che “non serve ad assicurare alle donne terapie salva-vita durante la gravidanza”. Cosi, in una nota, i vescovi irlandesi bocciano il “Protection of Life during Pregnancy Bill 2013”, il progetto di legge sulla protezione della vita durante la gravidanza. Il provvedimento è stato presentato mercoledì, dopo mesi di dibattiti seguiti alla vicenda di Savita Halappanavar, la donna morta a ottobre in un ospedale per setticemia, dopo che i dottori le avevano negato un’interruzione di gravidanza. Il testo, in sostanza, ammette l’interruzione della gravidanza, previo parere favorevole di una commissione di tre medici, nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo, o in caso di rischio di suicidio della donna. Ed è qui, tra l’altro, che si appuntano le obiezioni dei vescovi: “L’aborto – rilevano – non è mai un rimedio ad un’intenzione suicidaria e questa non può quindi essere usata per giustificare l’uccisione diretta di un essere umano”. Se approvata dunque – ammonisce la nota, smentendo le affermazioni del Primo Ministro Enda Kenny - la legge di fatto legalizzerà l’aborto in Irlanda modificando nella sostanza la legge che lo vieta. “Il Vangelo della vita è il cuore del messaggio di Gesù e la decisione deliberata togliere la vita ad un essere umano innocente è sempre moralmente sbagliato”, sottolineano ancora i presuli irlandesi, ricordando “l’inviolabilità del diritto alla vita sia della madre che del figlio in ogni circostanza”. A preoccupare l’Episcopato sono anche le implicazioni della legge che, così come formulata, sembra volere imporre anche alle strutture cattoliche l’obbligo di praticare aborti, cosa del tutto inaccettabile - affermano i presuli - oltre che incostituzionale. I vescovi concludono invitando quindi tutti coloro che hanno a cuore la vita a partecipare alla tradizionale Veglia di preghiera per la vita che si tiene questo pomeriggio al Santuario della Madonna di Knock. La Chiesa in Irlanda celebra questa giornata dal 2001, ogni anno su un tema diverso, facendo spesso costante riferimento all’Enciclica del Beato Giovanni Paolo II Evangelium vitae. Il tema dell’appuntamento odierno è “From Womb to Tomb”, “Dal concepimento fino alla morte naturale”. (L.Z.)

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    Gmg: a Rio de Janeiro anche le reliquie del Beato Giovanni Paolo II

    ◊   Una teca contenente una reliquia del Beato Giovanni Paolo II sarà esposta durante i principali eventi della Giornata mondiale della gioventù che si svolgerà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio. Secondo quanto riferito all'agenzia Sir da padre Arnaldo Rodrigues, uno dei responsabili del Settore preparazione pastorale che opera in seno al Comitato organizzatore locale, la teca arriverà in Brasile il 7 luglio e resterà nel Paese fino al 13 ottobre, dopo essere stata esposta alla venerazione dei giovani, nella cattedrale delle città durante la Gmg. Quella di Giovanni Paolo II non sarà l’unica reliquia presente. Il Comitato organizzatore, infatti, spera di poter avere anche quelle di altri patroni della Gmg: ricevuto il permesso per avere il corpo del Beato Pier Giorgio Frassati, è in attesa di avere quelli per le reliquie di Santa Teresa di Lisieux, della Beata Chiara Luce Badano, del Beato Federico Ozanam e del Santo brasiliano Antônio Galvão de Santana. (D.M.)

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    Gmg: giovani iracheni raccolgono fondi per il viaggio a Rio de Janeiro

    ◊   Un mercatino per andare alla Gmg. Alcuni giovani cristiani iracheni hanno organizzato dall’inizio di maggio, presso la chiesa caldea di San Giuseppe a Baghdad, un mercatino "fai-da te" allo scopo di trovare i fondi per le spese del viaggio a Rio de Janeiro. La loro speranza – sottolinea la Fides - è di riuscire a partecipare, alla fine di luglio, alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù. L'originale iniziativa di raccolta fondi durerà per alcuni giorni e potrebbe rappresentare un’esperienza pilota da rilanciare in altre chiese in tutto il Paese. Sui banconi della piccola fiera, che ha visto fin dall'inizio una forte affluenza di acquirenti e curiosi, si trovano generi alimentari, vestiti, prodotti elettronici. Le difficoltà economiche, le fatiche e le sofferenze che segnano la vita delle comunità cristiane in Iraq rendono ancora più vivo il desiderio dei giovani battezzati di vivere un'esperienza gioiosa di preghiera e d’incontro con Papa Francesco e con coetanei provenienti da ogni parte del mondo. La raccolta di fondi attraverso il mercatino vede il coinvolgimento e la partecipazione di giovani cristiani appartenenti a confessioni diverse, che in tal modo hanno testimoniato in maniera semplice e concreta la loro unità di discepoli di Gesù Cristo. Secondo i dati forniti dall'agenzia "Ankawa", al momento si prevede che alla Gmg di Rio de Janeiro prenderanno parte almeno 170 giovani cristiani iracheni provenienti dalle province di Baghdad, Kirkuk e Dohuk. (D.M.)

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    Malaysia: la preghiera delle comunità cristiane alla vigilia delle elezioni

    ◊   I cristiani della Malaysia si riuniscono in preghiera alla vigilia delle elezioni. Negli ultimi due giorni numerose comunità cristiane, nelle chiese di diverse confessioni, hanno organizzato incontri di preghiera in vista delle elezioni generali, che si svolgono questa domenica. “Quello che chiediamo – spiega all’agenzia Fides padre Lawrence Andrew, gesuita, direttore del settimanale cattolico “Herald Malaysia” – è che il voto si tenga in modo pacifico e trasparente”. La campagna elettorale ha visto fronteggiarsi due schieramenti: la coalizione dell’UMNO (“United Malays National Organization”), governo uscente, e la coalizione di opposizione “Pakatan Rakyat” (“Alleanza del Popolo”). “Come cristiani – prosegue il sacerdote - abbiamo sottolineato valori come giustizia, legalità, uguaglianza, rispetto della libertà di religione. I temi della giustizia, della trasparenza e della lotta alla corruzione hanno caratterizzato il dibattito pre-elettorale. “Le questioni di ingiustizia, discriminazione, emarginazione, sono sentite dalla nazione”, nota il religioso, e l’opposizione si è fatta portavoce del disagio. Nella campagna elettorale hanno avuto un certo peso anche i temi religiosi: “Il partito al governo – spiega p. Andrew – ha paventato il rischio che la coalizione di opposizione possa introdurre una legislazione caratterizzata da precetti marcatamente islamici”. Secondo il religioso non si tratta però di un rischio reale: il PAS (“Parti Islam SeMalaysia”) è l’unico partito islamico nel cartello dell’opposizione. Altre componenti della società civile mettono invece in guardia contro possibili brogli, che potrebbero verificarsi soprattutto in caso di forte astensionismo: il movimento “Bersih” (che significa “trasparenza”) nato nel 2012 per chiedere “trasparenza e riforme” si detto “fortemente deluso” dai mancati interventi legislativi della Commissione elettorale per prevenire i brogli. Il movimento ha continuato a sensibilizzare la popolazione “sull’urgenza di recarsi a votare e di non disertare le urne”. “Non è facile dire chi potrà vincere: sembra vi sia equilibrio fra le forze in campo”, conclude p. Andrew, ricordando che il nuovo governo dovrà riesaminare la questione dell’uso del termine “Allah” nella pubblicazioni cristiane. In Malaysia, circa il 60% della popolazione è musulmana, quasi il 20% buddista, 9% cristiana, 6% indù. (D.M.)

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    Ucraina: le Chiese cristiane chiedono la grazia per Yulia Timoshenko

    ◊   “La Chiesa ha il dovere di appellarsi al perdono, alla misericordia e all’amore per il prossimo”: scrivono così le Chiese cristiane dell’Ucraina in un appello congiunto, siglato ieri, in cui chiedono la concessione della grazia per Yulia Timoshenko, l’ex premier condannata, nell’ottobre 2011, a sette anni di reclusione per abuso di potere. L’appello è stato siglato dall’arcivescovo cattolico Petro Malchuk, titolare della diocesi di Kyiv-Zhytomyr, insieme al Patriarca di Kiev, Filarete, e all’arcivescovo maggiore greco-cattolico, Sviatoslav Schevchuk. La richiesta delle Chiese cristiane arriva dopo che, il 30 aprile scorso, la Corte europea per i diritti umani ha definito illegale la decisione delle autorità ucraine di sottoporre Yulia Timoshenko al carcere preventivo durante il processo che l’ha portata in carcere. Secondo i giudici, si è verificata una violazione del diritto dell’imputata a fare ricorso contro la detenzione. Tuttavia, la Corte di Strasburgo non ha riconosciuto che l’ex premier sia stata sottoposta ad un trattamento inumano e degradante. Intanto, l’avvocato della Timochenko ha chiesto l’immediato rilascio della sua assistita. (I.P.)

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    Portogallo: dal 12 al 19 maggio una settimana per la vita

    ◊   “Dai maggior vita alla tua vita”: questo è il tema della Settimana di riflessione promossa dalla Chiesa portoghese tra il 12 e il 19 maggio. Come riferisce il Sir, a coordinare l’evento sarà la Commissione episcopale del laicato e della famiglia. “Dare più vita alla nostra vita, significa abbracciarla in ogni circostanza, senza cedere agli egoismi, alle mode o correnti di opinione, né ai mercati o ai parlamenti”, si legge in un comunicato divulgato dal Dipartimento nazionale per la Pastorale familiare (Dnpf). Ad essere sottolineata è anche la necessità urgente di un nuovo e diverso atteggiamento: “Considerato che oggi la vita è così disprezzata, minacciata e distrutta, è necessario arrestare questa cultura della morte, instaurando al suo posto una solida cultura della vita”, prosegue il comunicato. I promotori della Settimana della Vita, si richiamano tra l’altro all’esperienza dell’ultimo Incontro mondiale delle Famiglie, tenutosi a Milano nel giugno 2012, nel quale la Chiesa cattolica ha denunciato “l’illusione” di poter rispondere ai problemi umani solamente attraverso la via economica: “Non si può continuare a deformare e a distruggere la famiglia senza oltraggiare e, conseguentemente, distruggere anche la persona umana e la stessa società civile”. (D.M.)

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    Il Pakistan verso le elezioni in un clima di paura, la testimonianza di un religioso

    ◊   “L’immane ondata di violenza che si registra terrorizza la gente comune. Moltissima gente, per paura di attentati ed esplosioni, non si recherà a votare. Le elezioni sono condizionate da questo clima di forte tensione. Vi sono forze che non vogliono le elezioni”: lo ha dichiarato all’Agenzia Fides p. Mario Rodrigues, Direttore della Commissione per la Pastorale giovanile nell’Arcidiocesi di Karachi. Questa è una delle città più colpite dalla violenza che, in vista del voto dell’11 maggio prossimo, ha colpito sedi e candidati di numerosi partiti politici. L’omicidio del magistrato Chaudhry Zulfiqar Ali, pubblico ministero nell'inchiesta sull'omicidio di Benazhir Bhutto, ha acuito il clima intimidatorio. “La gente non esce di casa, ha paura a recarsi nei luoghi pubblici, tanto più starà alla larga dalle sezioni elettorali, bersaglio privilegiato di possibili attentati”, ha spiegato il sacerdote. Per evitare rischi, “le scuole e gli istituti cristiani resteranno chiusi a Karachi già da giovedì prossimo, in vista delle elezioni di sabato 11”. Karachi è sempre stata una città molto violenta, ma “ora lo è molto di più, mancano condizioni basilari di sicurezza per i cittadini”, ha notato p. Rodrigues, auspicando più sforzi delle forze dell’ordine per prevenire la violenza. Il religioso ha lanciato l’allarme sulla presenza di “forze oscure che seminano il terrore e che mirano solo al controllo del potere”. Senza dimenticare “i movimenti terroristici di matrice islamica, che hanno rivendicato alcuni attentati”. Da questa generale instabilità, potrebbero emergere “altri scenari inquietanti”, come “colpi di mano” militari, non nuovi nella storia del Pakistan. La Chiesa cattolica, come piccola minoranza, prosegue p. Mario, “resta spettatrice di questa situazione, continua a pregare e a predicare i valori di trasparenza, di pace, di rispetto della vita umana e dei diritti umani, di democrazia”. Una speranza, nota il sacerdote, impegnato della Pastorale giovanile, “può venire solo dai giovani, che vogliono un cambiamento, ma sono anch’essi impauriti”. (D.M.)

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    Paraguay: allarme per un'epidemia di dengue, 70 mila casi confermati

    ◊   Il Paraguay sta vivendo la peggiore epidemia di dengue mai registrata nel Paese. Secondo i dati della Direzione di Vigilanza Sanitaria, citati dall'agenzia Fides, delle oltre 100 mila segnalazioni, 70 mila sono state confermate. Inoltre, il numero di pazienti gravi contagiati dalla malattia è 4 volte superiore rispetto al 2012. Nonostante le autorità sanitarie locali abbiano registrato un lieve calo dei casi, invitano i cittadini a non abbassare la guardia. I ricoveri sono passati dai 1500 del mese di aprile a 700. Perché ci sia una riduzione drastica e reale, oltre all’abbassamento della temperatura, è necessario che tutti, dai cittadini alle autorità, si impegnino per una corretta gestione e tempestiva raccolta dei rifiuti e la messa in opera di discariche e sistemi fognari funzionali. (D.M.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 124

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.