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Sommario del 30/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Strazio alle esequie delle vittime del bus. Il Papa: vicino al vostro dolore
  • Il Papa a "TV Globo": Dio chiede semplicità e il popolo sacerdoti poveri
  • Tweet del Papa: ragazzi, viviamo giorno per giorno ciò che abbiamo professato alla Gmg
  • 20.mo del Catechismo: la Chiesa è apostolica perché "inviata" nel mondo
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria. La stampa: rapito Padre Dall'Oglio. Mons. Zenari: notizia non confermata
  • Egitto. La Ashton da Morsi: autorità assicurino processo democratico
  • Nigeria: bombe e morti nel quartiere cristiano. Il card. Onayekan: serve dialogo con islamisti
  • Kenya, vite che rinascono in baraccopoli: l’esempio di Kibiko
  • Caldo e carceri, programma di Sant'Egidio per alleviare i detenuti
  • Circa 55 mila giovani all'incontro vocazionale del Cammino neocatecumenale a Rio
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Washington. Primo incontro "costruttivo" tra israeliani e palestinesi
  • Tunisia nel caos, il ministro dell’Interno pronto a dimettersi
  • Pakistan. Hussain nuovo presidente, al Qaeda provoca evasione di massa
  • I capi delle Chiese ortodosse sulla tragedia silenziosa dei cristiani in Medio Oriente
  • India. Ancora violenze anticristiane nel Karnataka
  • Indonesia. Giovani cristiani e musulmani a confronto sul tema della pace
  • Filippine. Alluvioni nel Mindanao, evacuate 45 mila persone
  • Istat. Oltre 3 milioni e 700 mila non comunitari, i minori sono il 24,1%
  • A ottobre il pellegrinaggio delle famiglie alla Tomba di San Pietro a Roma
  • A Ravenna i funerali del cardinale Tonini, “riconciliatore coraggioso”
  • Argentina. Celebrato in Patagonia il primo anno della sede di “El hogar Emaus”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Strazio alle esequie delle vittime del bus. Il Papa: vicino al vostro dolore

    ◊   In un clima di grande commozione, si sono svolti questa mattina nel palazzetto dello sport di Pozzuoli i funerali delle 38 vittime del pullman precipitato a Monteforte Irpino, sull’autostrada Napoli Bari, nella sera di domenica scorsa. Le esequie sono state celebrate dal vescovo della località campana, mons. Gennaro Pascarella, presente tra le autorità il presidente del Consiglio Enrico Letta. A tutti i parenti delle vittime è giunto il cordoglio del Papa. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Scene strazianti, pianti e grida tra le oltre quattromila persone raccolte nel Palasport di Monteruscello, per dare l’ultimo saluto a parenti, amici, bambini morti nel drammatico incidente stradale. Profonda partecipazione al loro dolore è giunta da Papa Francesco, che in un telegramma al cardinale arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, ha assicurato "preghiere di suffragio" per le vittime, auspici di "pronta guarigione per i feriti" e una "speciale benedizione" per tutti coloro che piangono i loro cari. “Il Dio della consolazione li consoli – ha detto all'omelia il vescovo di Pozzuoli, Gennaro Pascarella – allevi la loro sofferenza, renda più salda la loro speranza”. Preghiamo per tutti feriti, ha aggiunto, perché il Signore non permetta che si aggiungano altri nomi al già straziante elenco:

    "Ai magistrati spetterà fare chiarezza sulla dinamica dell’incidente per trovarne le cause, ad altri mettere in atto strumenti che non permettano, per quanto umanamente possibile, che si verifichino altri incidenti."

    La prima solidarietà, ha rimarcato il presule, è il rispetto delle regole!” Infine il monito:

    “Dobbiamo essere solidali non solo ora ma continuare ad esserlo anche quando i riflettori si spegneranno su questa tregedia devastante. Istituzioni civili e religose non lasciamo soli questi nostri fratelli, soprattutto quelli che si sono ritrovati senza più sostegni, anche economici".

    Subito dopo, la cerimonia funebre, Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente per un commento il vescovo di Pozzuoli, mons. Gennaro Pascarella:

    R. – Ho iniziato l’omelia dicendo che in quest’occasione verrebbe solo di fare silenzio o di gridare il proprio dolore. La forza per parlare, come credenti, la troviamo nella Parola di Dio: lì ho trovato la forza per parlare di speranza, anche in un momento in cui tutto sembrava parlare di disperazione…

    D. – A quale Parola ha fatto riferimento, in modo particolare?

    R. – In modo particolare, nel Vangelo che abbiamo letto, a quel grido di Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Sia ieri a Monteforte, dove dopo aver benedetto le salme mi sono fermato un po’ con i parenti, sia anche ieri sera più di uno condivideva questi "perché": qualcuno per il padre o la madre, qualcun altro per il fratello o la fidanzata. Perché il Signore ha permesso che morissero così tragicamente? Questi "perché" feriscono e l’unica via di speranza, l’unico orizzonte era sapere e sentire dalla Parola di Dio che Gesù Cristo sulla Croce ha fatto suoi i "perché". E’ proprio in questi perché che ho trovato la forza anche di dire parole di speranza.

    D. – Eccellenza, lei ha lanciato anche un appello per una solidarietà concreta nei confronti dei feriti e dei familiari delle vittime…

    R. – Certo, perché per noi la forza, la Parola di Dio, anche la Croce, non ci fanno mai chiudere, ma ci spingono perché la Croce è il segno più forte di condivisione di Dio con noi, con la nostra storia. Quindi, chi guarda la Croce e il Crocifisso non può stare dentro a guardare, ma deve necessariamente uscire, condividere anche con gli altri e condividere non solo ora, in questo momento, in cui i riflettori sono accesi, ma anche quando i riflettori si spegneranno bisognerà stare soprattutto vicino a queste famiglie e in particolare a qualcuna di queste famiglie che ha perso anche quel minimo di sostegno economico, al dramma si aggiunge ora anche un altro dramma. Il cardinale Sepe ha voluto che le due Caritas – sia della diocesi di Pozzuoli che di Napoli – aprissero anche un conto per aiutare poi questi nostri fratelli, che si ritrovano anche più in difficoltà.

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    Il Papa a "TV Globo": Dio chiede semplicità e il popolo sacerdoti poveri

    ◊   Ha fatto il giro del mondo, suscitando enorme sorpresa, l'intervista concessa da Papa Francesco ai giornalisti presenti con lui sul volo che rientrava a Roma da Rio de Janeiro. In particolare, ha colpito la schiettezza, l'estrema libertà a anche l'umorismo con i quali il Papa ha risposto via via alle domande, anche le più delicate, senza reticenze. Un dialogo franco, ben oltre l'intervista, che aveva avuto un precedente quando prima di ripartire dal Brasile Papa Francesco aveva concesso su temi analoghi una intervista all'emittente brasiliana “TV Globo”. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Colpisce il tono colloquiale, a volte scherzoso, ironico, nelle risposte del Papa su temi tanto seri posti nell’intervista, anzitutto sulle sue scelte di semplicità: le auto modeste e la sua abitazione a Santa Marta. “Il nostro popolo esige la povertà dai nostri sacerdoti”. “Un prete ha bisogno di una macchina” ma “modesta” non dell’ultimo modello, ha risposto Francesco. Poi ha detto, abito a Santa Marta perché “non riesco a vivere da solo. Non posso vivere rinchiuso”. E, con ironia, ha aggiunto: “Me lo ha raccomandato lo psichiatra”. Quindi, ha sottolineato: “Credo che Dio ci chiede in questo momento più semplicità”.

    In tema di sicurezza, laddove qualche problema è insorto in Brasile, il Papa ha chiarito: “Cono incosciente ma non ho paura” e “quando sono in macchina per strada, apro la finestra”. “Non sarei potuto venire qui” “rinchiuso in una scatola di vetro” “O si fa il viaggio come deve essere fatto o non si fa”. “Tutte le forze di sicurezza hanno lavorato molto bene”.

    Sull’attesa riforma della Curia romana, il Papa ha dichiarato: “Ci sono cose che erano utili nel secolo passato, altre epoche, altri punti di vista, che adesso non servono più e devono essere riorganizzate”. Nella Curia “ci sono molti santi”, cardinali, vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, “gente di Dio, che ama la Chiesa”, ma “ciò non si vede tanto”. Piuttosto, “si sente il rumore degli scandali” perché “fa più rumore un albero che casca che un bosco che cresce”. E tra gli scandali il Papa ha ricordato quello recente del trasferimento illegale di denaro attraverso lo Ior da parte di un monsignore. “Bel favore che ha fatto questo signore alla Chiesa!”, ha esclamato Francesco. Riconosciamo che lui si è comportato male, la Chiesa lo deve punire nella forma giusta, perché agiva male”. Riguardo i lavori della Commissione incaricata di riformare la Curia, “sono già arrivati molti documenti”, ma Francesco ha anticipato che alla riunione di ottobre, ne seguiranno altre due o tre, prima di qualsiasi decisione “definitiva”. “La riforma della Curia è cosa molto seria”, ha osservato, e le proposte “devono essere maturate”.

    Nell’intervista, una domanda anche su Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, presto canonizzati insieme, “modelli di Chiesa complementari”, ha osservato Papa Francesco. “Entrambi hanno testimoniato un rinnovamento della Chiesa e, allo stesso tempo, hanno saputo mantenere la tradizione della Chiesa. Entrambi hanno aperto le porte al futuro. Giovanni XXIII ha aperto la porta del Concilio che fino ad oggi ci ispira – ha ricordato Francesco – ma che non è stato ancora messo pienamente in pratica. Mettere in pratica le decisioni di un Concilio non è facile, bisogna aspettare”, “ci vogliono in media 100 anni". Dunque, ha detto il Papa, "siamo a metà strada”. Giovanni Paolo II invece “ha preso la valigia e ha girato il mondo. È stato un missionario, è andato a diffondere il messaggio della Chiesa. Un missionario. Sono due grandi uomini per la Chiesa di oggi”.

    Quindi, un monito pensando soprattutto ai giovani e agli anziani. “Chi comanda oggi è il denaro. Ciò porta – ha commentato il Papa – a una politica economicistica, senza qualsivoglia controllo etico, un economicismo autosufficiente, che suddivide i gruppi sociali sulla base della convenienza”. “Quando regna nel mondo la feroce idolatria del denaro, ci si concentra molto nel centro e le estremità della società sono dimenticate, trascurate, scartate. Fino adesso, abbiamo chiaramente visto come fanno a scartare gli anziani. Ci sta tutta una filosofia per scartare gli anziani. Non servono. Non producono. Anche i giovani non producono molto. Hanno bisogno di formazione. Ciò che stiamo vedendo adesso è che l’altra estremità, quella dei giovani, sta per essere scartata”. Ma “se scartiamo entrambi, il mondo crolla….” “manca un’etica umanistica nel mondo questo è un problema mondiale”, avverte il Papa. “Oggi, ci sono bambini che non hanno da mangiare. Bambini che muoiono di fame, denutriti”. “Ci sono malati che non hanno accesso alle cure. Ci sono uomini e donne senza dimora e che d’inverno muoiono di freddo. Ci sono bambini senza educazione. Ma nulla di ciò fa notizia. Quando però alcune borse perdono 3 o 4 punti, questa situazione viene trattata come una grande catastrofe”. “Perciò dobbiamo ricuperare gli estremi, anziani e giovani. E non cascare in una globalizzazione dell’indifferenza verso questi due estremi che sono il futuro della società”.

    Infine, un messaggio per tutti al momneto di lasciare il Brasile: “Dobbiamo stimolare una cultura dell’incontro”, “penso che sia importante che tutti noi lavoriamo per gli altri, riducendo l’egoismo”. “Un lavoro per gli altri fondato sui valori della propria fede”. E se, “ogni religione ha le sue credenze”, bisogna - “immersi nei valori della propria fede” - lavorare per il prossimo. “Sarà proprio questo lavoro per gli altri il punto d’incontro”. “Uscire da sé stessi per risolvere gli enormi problemi mondiali”.

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    Tweet del Papa: ragazzi, viviamo giorno per giorno ciò che abbiamo professato alla Gmg

    ◊   Continuano i messaggi via Twitter di Papa Francesco, sulla scia del dopo-Gmg. Dal suo account @Pontifex, il Papa ne ha lanciato uno questa mattina che dice: “Adesso, ragazzi, dobbiamo continuare a vivere giorno per giorno quello che abbiamo professato insieme alla GMG”. Ieri, il Papa aveva espresso con questo tweet la sua gratitudine per le giornate in Brasile: “Una settimana a Rio indimenticabile! Grazie a tutti. Pregate per me. #Rio2013 #JMJ”.

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    20.mo del Catechismo: la Chiesa è apostolica perché "inviata" nel mondo

    ◊   La Chiesa è "apostolica" non solo perché fondata da Cristo sugli Apostoli, ma perché inviata in tutto il mondo come missionaria. Questo aspetto viene trattato nel Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri riguardanti la preghiera del Credo. Il gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, ne parla nella 37.ma puntata del suo ciclo di riflessioni dedicate ai 20 anni dalla pubblicazione del Catechismo:

    Professiamo la Chiesa apostolica. Il Catechismo ci spiega che la Chiesa è apostolica per tre ragioni. Primo, perché è stata costituita sul “fondamento degli Apostoli”, testimoni della storia di Gesù, della sua morte e della risurrezione. Secondo, la Chiesa custodisce e trasmette il deposito degli Apostoli, il loro insegnamento. Terzo, la Chiesa è guidata dagli Apostoli tramite i loro successori, e cioè i vescovi (cfr. CCC, 857).

    La parola “apostolo” viene dal greco e vuole dire “inviato”. Gesù chiamò a sé i Dodici per inviarli a predicare il Vangelo: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21). Gli apostoli di seguito indicarono i loro successori. La successione apostolica è quindi una catena ininterrotta dei pastori della Chiesa. I vescovi vengono “aiutati dai presbiteri, loro cooperatori, e dai diaconi” (CCC, 938). C’è però un aspetto nella missione degli Apostoli che non poteva essere trasmesso: quello di essere testimoni oculari del Risorto (cfr. CCC, 860). Loro infatti hanno udito, veduto e toccato con le proprie mani il Verbo della vita (cfr. 1 Gv 1,1).

    La dimensione apostolica della Chiesa non si limita agli Apostoli e ai loro successori. Il Catechismo sottolinea che “tutta la Chiesa è apostolica in quanto è «inviata» in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa partecipano a questa missione” (n. 863). L’apostolato assume delle forme molto diverse, ma la carità, che scaturisce dall’Eucaristia, “rimane sempre «come l’anima di tutto l’apostolato»” (CCC, 864).

    Il Catechismo mette in rilievo il ruolo dei fedeli laici nell’apostolato della Chiesa. Essi infatti partecipano al sacerdozio di Cristo e alla Sua missione profetica e regale. Sono dunque chiamati a santificare il mondo, ad essere testimoni di Dio in mezzo alla società e a sconfiggere in se stessi e nel mondo la realtà del peccato (cfr. CCC, 941-943).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di Lucetta Scaraffia dal titolo “Le novità di Papa Francesco”.

    Il Papa risponde: il testo integrale dell'intervista sul volo papale.

    Sulla gmg in Brasile articoli di Cristian Martini Grimaldi e dell'arcivescovo Bruno Forte.

    Il duro lavoro della pace: nel servizio internazionale, in rilievo la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi.

    Uomo di ascolto e di dialogo: le esequie del cardinale Ersilio Tonini celebrate nel duomo di Ravenna dal cardinale Tettamanzi.

    Incontro che salva la vita: Stefano Orsi sulla festa del perdono di Assisi.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria. La stampa: rapito Padre Dall'Oglio. Mons. Zenari: notizia non confermata

    ◊   Apprensione in Siria per Padre Paolo Dall’Oglio rapito ieri a Raqqa, secondo fonti di stampa, che non trovano ancora conferme ufficiali. Gesuita, 59 anni, di origini romane, padre Dall’Oglio per più di trent'anni ha promosso in Siria il dialogo islamo-cristiano. E’ stato a capo della comunità monastica di Deir Mar Musa, a nord di Damasco. Stupore è stato espresso dal nunzio apostolico in Siria, Mons. Mario Zenari. Ascoltiamolo nell’intervista di Salvatore Sabatino:

    R. - Mi ha sorpreso perché è una cosa così inaspettata, e naturalmente cerco di avere qualche elemento sicuro di questa notizia - qualche elemento certo - perchè qui, anche da esperienze passate, bisogna andare un po’ cauti quando si ascoltano certe notizie. Spero che la notizia non abbia fondamento.

    D. - Quando padre Dall’Oglio era in Siria, telefonava in Nunziatura. Questa volta, invece, non eravate state informati della sua presenza. Avete qualche informazione in più sul perché fosse proprio a Raqqa?

    R. - Non ho avuto alcuna informazione da lui. Qualche volta, quando veniva faceva sapere della sua presenza in un modo o in un altro. Questa volta non ho avuto alcun segno. Mi domando, prima di tutto, se lui fosse veramente in Siria questi giorni e poi, ripeto, attendo anche di avere dati più certi.

    D. - Padre Dall’Oglio è molto conosciuto in Siria e gode anche di un certo rispetto proprio perché - lo ricordiamo - per più di 30 anni ha promosso nel Paese il dialogo islamo-cristiano. Cosa ci può ricordare della personalità di padre Dall’Oglio?

    R. - Padre Dall’Oglio ha avuto dei grandi meriti nel promuovere il dialogo islamo-cristiano, ha avuto questa bella intuizione di fondare la comunità monastica di Mar Musa, un centro che attraeva dai quattro punti cardinali diverse persone, soprattutto giovani. Ama veramente la Siria e - naturalmente - con un suo taglio personale. Soprattutto in questi ultimi anni, per quanto riguarda la situazione politica in Siria, aveva delle posizioni personali che non tutti condividevano, ma quello che posso dire è che è veramente un uomo di valore, un monaco, un gesuita di grandi capacità e, lo ripeto, una persona che ama la Siria.

    D. - Questo presunto rapimento si inserisce in un contesto, quello siriano, piuttosto caotico. E la situazione si complica sempre di più…

    R. - Sì. Direi che ogni giorno che passa questo conflitto è come una matassa che si ingarbuglia sempre di più. Tornando a questo fatto, a questo presunto sequestro, direi che è triste, continua questa "via crucis" dei sequestri. Ecco, vorrei ricordare ancora il rapimento di due vescovi ortodossi avvenuto circa tre mesi fa, quello di due sacerdoti - uno cattolico e uno ortodosso - e delle centinaia e centinaia di sequestri, soprattutto di persone siriane ma anche di stranieri, alcuni a scopo politico altri a scopo di estorsione. È una piaga molto, molto dolorosa, che ferisce profondamente la nazione e la popolazione siriana.

    D. - So che lei ama sempre sottolineare che a soffrire maggiormente di questa situazione è la povera gente che vive una quotidianità di stenti…

    R. - Direi che stando alle ultime statistiche pubblicate dalle Nazioni Unite, ogni mese, in media, questo conflitto provoca circa cinquemila vittime. Ogni giorno, in media, circa seimila persone sono costrette ad abbandonare la Siria, senza parlare poi della mancanza di lavoro, e quindi delle difficoltà a mantenere le famiglie, i prezzi che salgono alle stelle… E ripeto, come ho detto altre volte, qui si tocca con mano come una guerra - soprattutto una guerra civile - oltre a potare morte e distruzione, diventa veramente una fabbrica di innumerevoli miserie. Lancerei un appello alla comunità internazionale, perché possa aiutare la Siria a uscire da questo ciclo infernale di morte, distruzione, miseria, rapimenti e sequestri.

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    Egitto. La Ashton da Morsi: autorità assicurino processo democratico

    ◊   Un auspicio alla possibilità che presto si crei un clima di fiducia, un appello alla responsabilità e una ferma condanna alla violenza: questa la posizione della responsabile della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Catherine Ashton, in conferenza stampa questa mattina al Cairo, all’indomani del suo colloquio con l’ex presidente Morsi. Il servizio di Roberta Barbi:

    “Morsi sta bene: guarda la tv e legge i giornali”. Queste le parole del capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, che ha voluto innanzitutto rincuorare sulle condizioni dell’ex presidente egiziano, detenuto dai militari in una località segreta dal 3 luglio scorso. Al suo secondo viaggio nel Paese, alla Ashton è stato consentito di vedere Morsi: il colloquio è durato due ore e i due hanno parlato approfonditamente del momento che sta attraversando l’Egitto, di cui l’ex presidente “è ben consapevole”. Il capo della diplomazia europea ha ribadito che il suo è solo un ruolo di “facilitatore” verso una transizione politica inclusiva di tutte le formazioni in campo: “Sono le autorità che devono assumersi una grande responsabilità nel processo democratico – ha detto – l’Europa segue quanto avviene nelle piazze e non c’è spazio per la violenza”. Ieri, la Ashton, tra i vari impegni in agenda, ha incontrato anche esponenti della Fratellanza musulmana, che hanno ribadito la loro intenzione di continuare a protestare “finché non sarà ristabilito l’ordine costituzionale”. Da Parigi, infine, nuovo appello alla liberazione di Morsi e alla fine delle brutalità del ministro degli Esteri francese.

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    Nigeria: bombe e morti nel quartiere cristiano. Il card. Onayekan: serve dialogo con islamisti

    ◊   Questa notte a Kano, nel nord della Nigeria, alcune esplosioni hanno causato 12 vittime. Ad essere colpito è stato il quartiere di Sabon Gari, abitato prevalentemente dalla locale minoranza cristiana. La stessa zona in precedenza era stata attaccata dagli estremisti islamici Boko Haram. Sulle reazioni a questo ennesimo attentato, Michele Raviart ha intervistato il cardinale John Onajekan, arcivescovo di Abuja:

    R. - C’è veramente grande dolore! Queste persone continuano a piazzare le bombe qui e là…. Sembra che ancora non siamo riusciti a fermarli, nonostante le forze dell’ordine abbiano fatto molto. Tutto questo prova che il problema non si risolve solo con le armi. Ci vorrebbero ancora più contatti personali tra i diversi ceppi della società nigeriana, contatti anche interreligiosi, affinché si riesca, poco a poco, a convincere questa gente che questo non è il modo giusto né di fare le cose, né di fare onore a Dio, né di costruire una nuova società nigeriana. Secondo me, questi problemi non si affrontano con la dovuta serietà!

    D. - Come sta vivendo la comunità cristiana questi assalti?

    R. - Tutti quelli che vivono in quella zona della Nigeria sono in pericolo. Le bombe sono esplose nella zona di Kano, generalmente occupata da nigeriani da altre parti della Nigeria. In questa zona, c’è un grande numero di cristiani, ma ci sono anche dei musulmani. Hanno detto che la bomba è stata piazzata vicino ad un bar, dove la gente beveva e mangiava: un divertimento innocente, ma orse quella gente pensa che dove via sia alcool, quello sia un bersaglio legittimo. In Nigeria, non c’è una legge che proibisce la vendita e la consumazione di alcool.

    D. - Chiaramente, si parla in questo caso di Boko Haram…

    R. - Adesso non si capisce più neanche chi siano in Boko Haram. Se c’è un gruppo, se ce ne sono invece diversi, o altra gente, che è uscita dall’organizzazione con un suo programma di violenze. Purtroppo, il governo non è riuscito ad individuarli e ad identificarli con certezza.

    D. - Quale può essere il cammino da intraprendere per la pacificazione?

    R. - Prima di tutto, una risposta immediata delle forze dell’ordine, presenti in modo massiccio ovunque nelle zone del Nord, ma che rendono molto difficile la vita quotidiana delle persone, ad esempio con i posti di blocco. Ma questo è solo una parte. Tutto il discorso della pacificazione del Paese fra i diversi gruppi nigeriani deve riguardare non solo quella religiosa tra cristiani e musulmani, ma anche quella politica. I politici continuano a giocare a fare i politici. Se non riusciamo a costruire dei dibattiti per far pace fra di noi, ci saranno sempre i pazzi che commetteranno atti tragici come quello di ieri sera.

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    Kenya, vite che rinascono in baraccopoli: l’esempio di Kibiko

    ◊   Riabilitare e reintegrare chi vive ai margini della società, in particolare nelle bidonville. Con questo obiettivo a Kibìko, a pochi chilometri dalla capitale kenyana Nairobi, religiosi e operatori sociali dedicano i loro sforzi a ragazzi e adulti che arrivano dalla baraccopoli di Korogocho. Tra loro, particolare attenzione va a quanti hanno problemi di dipendenze da alcol e droga, come spiega, a Davide Maggiore, il missionario comboniano padre Stefano Giudici:

    R. – E’ una delle piaghe più grandi, sicuramente, nella baraccopoli di Korogocho. Addirittura, c’è gente lì che viene a vivere per l’accesso facile all’alcool, essendo illegale. Non dobbiamo pensare al nostro vino, alle nostre birre, ma a una porcheria che ha degli effetti devastanti sull’organismo, soprattutto se preso in dosi massicce e continuate. Stiamo cercando, quindi, di affrontare questo problema e diamo la possibilità a questa gente di iniziare un cammino di riabilitazione, di recupero, che per noi significa semplicemente ritornare a vivere.

    D. – Qual è l’approccio che seguite?

    R. – E’ diviso sostanzialmente in tre fasi. Il primo è proprio il lavoro di strada, fatto dai nostri operatori sociali – che sono tutti di Korogocho – con l’alcolizzato, che viene invitato in un centro diurno. Normalmente, gli alcolisti hanno un incontro quotidiano durante il pomeriggio per un cammino di riabilitazione. Quando la persona mostra segni d’interesse, di cambiamento, allora si inizia un cammino più approfondito che può portare alla permanenza nel centro residenziale, quello di Kibiko, che dura circa tre-quattro mesi, dipende dai casi. Questa sarebbe la seconda fase. La terza fase è l’aftercare, cioè si colloca dopo la riabilitazione. Noi, fin dall’inizio, lavoriamo con le famiglie, cerchiamo di potenziare le famiglie e di formarle. In molti casi, è proprio una riunificazione quindi cerchiamo anche di seguirli, una volta reinseriti nelle famiglie, con piccolissime attività commerciali, in modo che possano avere qualcosa da fare, e li invitiamo sempre ovviamente a continuare gli incontri degli alcolisti anonimi.

    D. – La filosofia del vostro progetto è ben riassunta da quello che è il motto: “Vogliamo vivere”...

    R. – Un esempio, secondo me bellissimo, che riassume bene tutto, è quello di una delle nostre operatrici sociali che nel 2010 è passata lei stessa per il programma di riabilitazione e da lì ha iniziato un cammino nuovo, tanto che è stata battezzata a Pasqua e poco tempo fa ha ricevuto la Cresima. Adesso, vuole impegnarsi per tornare a scuola: è una vita che rifiorisce laddove sembrava morta.

    D. – Non si tratta, però, di un cammino solo individuale...

    R. – No, la nostra filosofia, il nostro obiettivo, il sogno in cui crediamo tantissimo, è dare agli individui delle possibilità, degli stimoli, ma invitarli anche a reinvestire quello che loro hanno ricevuto come individui nel cammino della comunità, in modo che non sia soltanto uno che ce la fa, che esce e si salva, ma che davvero tutti insieme si possa cambiare dall’interno questa realtà drammatica, che è la baraccopoli africana.

    D. – Come entra in questo processo il vostro impegno per l’evangelizzazione e cosa vuol dire, più in generale, evangelizzare in un contesto come quello della baraccopoli?

    R. – Evangelizzare è portare la buona notizia di Gesù Cristo. E la buona notizia è quella che siamo amati indipendentemente da quello che succede nella nostra vita, anzi i più diseredati, i più sconfitti sono quelli amati – se si può usare questa parola – ancora di più. Ed è quello che cerchiamo di fare: portare l’annuncio in modo integrale. C’è, quindi, il Vangelo, c’è la Dottrina sociale della Chiesa, c’è ovviamente l’analisi del contesto in cui siamo. Il cammino è quello di chi prende in mano la sua vita e si prende cura anche della comunità e degli altri.

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    Caldo e carceri, programma di Sant'Egidio per alleviare i detenuti

    ◊   Caldo e alte temperature non danno tregua al paese. Oltre agli anziani ci sono delle categorie come gli emarginati, i senza fissa dimora e soprattutto i detenuti delle carceri italiane che ne accusano il duro colpo. La Comunità di Sant’Egidio nel periodo estivo cerca di alleviare per quanto possibile le sofferenze dovute alla caldissima stagione dei detenuti con programmi di aiuto assistenza e solidarietà. Federica Baioni ha intervistato sull’argomento la dott.ssa Francesca Zuccari della Comunità di Sant’Egidio:

    R. – Il sovraffollamento delle carceri chiaramente pesa molto in questo periodo estivo, dove il caldo è un’aggravante in più. La Comunità di Sant’Egidio, normalmente, visita i detenuti delle carceri di Rebibbia, di Regina Coeli, sostenendoli nella loro presenza in carcere. In particolare, d’estate distribuiamo generi di prima necessità, che sono molto importanti, perché in carcere molti sono poveri, non hanno mezzi e, soprattutto, non hanno famiglia. Diventa difficile, dunque, avere un cambio di vestiti oppure il sapone per lavarsi. Ci recheremo, quindi, nei vari reparti per distribuire questi generi. Le distribuzioni sono un’occasione importante d’incontro, perché ci dà la possibilità di parlare con questi detenuti, di raccogliere le loro richieste, di affrontare le situazioni più problematiche.

    D. – Ci sono collaborazioni, se così possiamo chiamarle, tra i detenuti romani e i detenuti invece africani: occasioni di incontro ed assemblee. Ce ne parla?

    R. – La Comunità è presente anche in molte carceri in Africa, dove evidentemente le condizioni di detenzione sono veramente molto dure. Chiediamo ai detenuti di fare qualcosa per queste persone che si trovano in una situazione di maggior bisogno rispetto a loro. I detenuti sono molto contenti di fare qualcosa: il fatto di poter aiutare qualcun altro dà sempre dignità a tutti, particolarmente a chi si trova in questa situazione. Ognuno, dunque, dà una propria offerta, anche piccola, ma che sanno arriverà a destinazione. Lì, infatti, abbiamo i nostri volontari – in Malawi e Mozambico – nelle carceri, per distribuire questi aiuti.

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    Circa 55 mila giovani all'incontro vocazionale del Cammino neocatecumenale a Rio

    ◊   Circa 55 mila giovani del Cammino neocatecumenale, che hanno partecipato alla Giornata mondiale della Gioventù, si sono riuniti ieri nel Centro Congressi di Rio per partecipare all’incontro vocazionale con gli iniziatori del Cammino, Kiko Argüello e Carmen Hernandez, e padre Mario Pezzi. A presiedere l’incontro, mons. João Orani Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro. Erano presenti sei cardinali e circa 70 vescovi. Al termine del momento di preghiera, circa tremila ragazzi hanno manifestato la disponibilità a iniziare un itinerario per diventare sacerdoti e oltre mille ragazze per la vita consacrata. Il servizio di Debora Donnini:

    "Io continuerò a nutrire una speranza immensa nei giovani del Brasile e del mondo intero: per mezzo loro, Cristo sta preparando una nuova primavera in tutto il mondo. Io ho visto i primi risultati di questa semina, altri gioiranno con il ricco raccolto!”. Con queste parole Papa Francesco aveva salutato il Brasile alla cerimonia di congedo all’aeroporto di Rio, domenica scorsa. Parole che prenderanno corpo in mille modi nei ragazzi venuti a Rio e che in qualche modo sembrano già essersi rese evidenti nell’incontro vocazionale che il Cammino netocatecumenale ha fatto ieri al Centro Congressi di Rio, quando circa tremila ragazzi hanno manifestato la loro disponibilità a diventare sacerdoti e più di mille ragazze alla vita consacrata. Concretamente, lo hanno reso evidente salendo sul palco allestito all’interno del Padiglione 5 del Centro Congressi, al momento delle chiamate vocazionali. Prima, Kiko Argüello aveva annunciato il kerygma, invitando con forza i giovani presenti e quelli che seguivano fuori, dai maxischermi, per motivi di spazio, ad ascoltare e a credere all’annuncio dell’amore di Dio per loro:

    “El pecado original nos obliga…
    Il peccato originale ci obbliga a vivere la vita in una cosmogonia il cui asse centrale è la mia felicità: tutto lo vivo per la mia felicità. Si potrebbe dire: vivere per se stessi è normale, tutti gli uomini vivono così. Vivere così, solo per te stesso, cercando solo la tua felicità è invece una condanna così grande, così grande, che Cristo ha dato la sua vita affinché l’uomo non viva più per se stesso, ma viva per Cristo, che è morto e risuscitato per lui. Perché? Perché questo è il kerygma, questa è la notizia che ci salva, perché sappiamo che Dio, risuscitando Cristo dalla morte, ci ha mostrato la verità! E qual è la verità? Cristo crocifisso, questo amore che è apparso nella Croce. In questo amore è stato creato l’universo intero… Dio ha mostrato in Cristo la sua essenza e la sua essenza è quella di “Amarti!”. Amarti, amarci… ma amarci in una forma nuova, non di un amore sentimentale, ma un amore fino a dare la vita”.

    Questi 55 mila giovani, provenienti da circa 70 paesi come Argentina, Italia, Spagna, Cina, anche Israele, prima di arrivare a Rio per l’incontro con il Papa hanno annunciato il Vangelo dando la loro testimonianza, pregando, cantando e ballando per le strade e le piazze del Brasile, sono entrati perfino nelle favelas, hanno commosso la gente incontrata. E a loro volta sono stati accolti nelle case delle famiglie brasiliane o hanno ricevuto i pasti da loro. Hanno dormito in scuole, palestre o alberghi e sono giunti pieni di gioia. A presiedere l’incontro, l’arcivescovo di Rio, mons. João Orani Tempesta, che dopo il Vangelo, nell’omelia, ha ricordato che Papa Francesco ha chiesto ai giovani di essere rivoluzionari e andare controcorrente:

    “O convite do Senaor a todos nós…
    L’invito del Signore a tutti noi è che davanti a tutto il mondo dobbiamo guardare i cristiani in quest’ora così importante in cui il Santo Padre ci invia a evangelizzare, ad andare per le strade a proclamare Gesù Cristo e ancor di più rispondendo alla chiamata del Santo Padre per fare questa esperienza di accoglienza, di camminare nel Signore e di accogliere Gesù risorto ed annunciarlo ai nostri fratelli e sorelle. Dire al mondo che coloro che sono morti risorgono in Cristo, coloro che sono senza vita passano ad avere la loro vita illuminata e a camminare con il Signore. Ciascuno di noi è chiamato a essere testimone di quello che il Signore ha fatto nella nostra vita, ha fatto qui, e ad annunciare ai suoi fratelli e sorelle con molta allegria l’apertura e la generosità".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Washington. Primo incontro "costruttivo" tra israeliani e palestinesi

    ◊   Un incontro “costruttivo e produttivo”: così il Dipartimento di Stato americano ha definito la cena di ieri sera che ha segnato la ripresa dei negoziati – interrotti tre anni fa – tra israeliani e palestinesi a Washington tra il capo negoziatore israeliano, Tzipi Livni, e la sua controparte palestinese, Saeb Erekat. “Le parti si sono impegnate con serietà d’intenti e buona fede”, è stato comunicato. Oggi riprenderanno i colloqui, ma ancora si imposteranno le procedure e non si entrerà nel merito delle questioni più spinose, come i confini o i rifugiati. Al termine dell’incontro, il segretario di Stato Usa, Kerry, terrà una conferenza stampa. Intanto, il capo negoziatore israeliano Livni ha fatto sapere che la ripresa dei negoziati – che dureranno nove mesi – “non è solo la risposta alle pressioni degli Usa, ma un interesse di entrambe le parti” e ha confermato che i disaccordi interni al governo israeliano in merito potrebbero costituire un ostacolo. (R.B.)

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    Tunisia nel caos, il ministro dell’Interno pronto a dimettersi

    ◊   Il ministro dell’Interno tunisino, Lotfi Ben Jeddou, sarebbe pronto a dimettersi se non si creerà “un governo di unità o salvezza nazionale”. A riferirlo è la radio tunisina Mosaique, secondo la quale il titolare del dicastero avrebbe lanciato un appello per far uscire il Paese dallo stallo in cui è caduto. Intanto, le violenze si moltiplicano: ieri nove militari sono stati uccisi da presunti terroristi di al Qaeda vicino al confine con l’Algeria, mentre a Le Kef un agente di polizia è stato ucciso a bruciapelo a un posto di blocco. (R.B.)

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    Pakistan. Hussain nuovo presidente, al Qaeda provoca evasione di massa

    ◊   Il Pakistan ha eletto il suo nuovo presidente, che prenderà il potere l’8 settembre, allo scadere del mandato di Zardari: si tratta di Mamnoon Hussain, 73.enne candidato della Lega musulmana pakistana Nawaz. Lo spoglio è ancora in corso, ma Hussain avrebbe già ottenuto la maggioranza necessaria. Intanto, in coincidenza con la tornata delle presidenziali, le forze di sicurezza locali hanno faticato non poco a riprendere il controllo del carcere di Dera Ismail Khan, nella provincia nordoccidentale di Khyber Pakhtunkhwa, vicino all’area semi-autonoma del Waziristan del sud legata ad al Qaeda, dove la scorsa notte un attacco talebano ha liberato 243 detenuti, tra cui decine di combattenti islamici, sei dei quali sono stati poi ripresi. Negli scontri, duranti tutta la notte, sono rimaste uccise anche nove persone, tra cui sei poliziotti, e si registrano una decina di feriti. Le autorità hanno stabilito il coprifuoco nella zona al confine con l’Afghanistan. (R.B.)

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    I capi delle Chiese ortodosse sulla tragedia silenziosa dei cristiani in Medio Oriente

    ◊   I Primati e rappresentanti delle Chiese ortodosse locali, riuniti in questi giorni a Mosca in occasione del 1025.mo anniversario del Battesimo della Russia, hanno levato una voce unanime in difesa “dei nostri fratelli cristiani che oggi sono perseguitati per la loro fede in varie regioni del mondo”. Molti sono, infatti, i credenti in Cristo esposti quotidianamente a supplizi e torture o che vengono cacciati dalle loro case: accade in “Nigeria, Pakistan, Afghanistan e India”, ma anche in “Kosovo, dove i santuari sono profanati e molte chiese vengono distrutte”. Ma il pensiero dei capi delle chiese ortodosse si è concentrato soprattutto sul Medio Oriente: la Libia spaccata in tribù in costante guerra tra loro, l'Iraq dove proseguono gli attacchi terroristici e la presenza cristiana è ormai ridotta a un decimo, l'Egitto dove il perpetrarsi delle violenze sta causando un esodo di massa. Ma soprattutto si è ricordata la situazione in Siria: “Qui avviene uno sterminio di massa dei cristiani e dei membri degli altri gruppi religiosi – hanno detto – mentre i mezzi d’informazione del mondo, così come i politici, lasciano passare sotto silenzio la tragedia dei cristiani in Medio Oriente”. Il tema è molto caro ai capi delle Chiese ortodosse locali, che l’hanno affrontato in diverse loro riunioni. (R.B.)

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    India. Ancora violenze anticristiane nel Karnataka

    ◊   Ennesimo atto di violenza anticristiana in India, stavolta nello Stato del Karnataka, dove – stando alla denuncia di Sajan George del Global Council of Indian Christians riportata da AsiaNews – gli ultranazionalisti indù del Bharatiya Janata Party tentano con ogni mezzo di portare la popolazione dalla propria parte, dopo la sonora sconfitta ottenuta alle ultime elezioni. L’episodio riferito risale al 25 luglio scorso: un gruppo di estremisti indù ha fatto irruzione nella chiesa del pastore pentecostale Raju, dove era in corso un incontro di preghiera con 40 fedeli, ha gettato fango sul cibo e ha accusato il pastore di fare conversioni forzate in cambio di denaro. Purtroppo, non è il primo fatto di questo tipo che accade nella zona. Il più grave risale all’ottobre 2012, quando alcuni ultranazionalisti indù costrinsero i cristiani a pagare tributi al locale tempio indù, ma poi, al rifiuto di questi, li picchiarono a sangue. (R.B.)

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    Indonesia. Giovani cristiani e musulmani a confronto sul tema della pace

    ◊   Un incontro tra giovani cristiani cattolici e protestanti e ragazzi musulmani si è tenuto domenica scorsa nella moschea di Kembaran, reggenza di Banyumas, provincia dello Java centrale, in Indonesia. L’iniziativa – precisa AsiaNews – s’inserisce all’interno di una serie d’iniziative di carattere interreligioso già intraprese nell’area e rivolte in modo particolare ai giovani. La “delegazione” composta da 32 giovani cattolici era guidata da padre Johannes Vidi Wahyudi, parroco della chiesa di San Giovanni Maria Vianney nella reggenza di Kebumen, diocesi di Purwokerto. Durante l’incontro, i ragazzi hanno cantato e pregato insieme con l’obiettivo di “rafforzare lo spirito interconfessionale” per la costruzione di un futuro migliore di pace, amore e giustizia. Inoltre, hanno affrontato il tema del pluralismo, base fondamentale di “uno Stato multietnico chiamato Indonesia”, e alla fine hanno consumato insieme l’iftar, la tradizionale cena che dopo il tramonto rompe il digiuno islamico del Ramadan. L’incontro anticipa anche lo spirito di comunione con cui s’intende vivere la prossima festa d’indipendenza nazionale del 17 agosto. Soddisfazione per questo tipo d’iniziative è stata espressa da mons. Julianus Sunarka, vescovo di Purwokerto, e anche dalla comunità musulmana che auspica un ripetersi frequente di questi incontri. (R.B.)

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    Filippine. Alluvioni nel Mindanao, evacuate 45 mila persone

    ◊   Si aggrava la situazione nella provincia filippina di Maguindanao, nella regione autonoma del Mindanao musulmano, dove alluvioni e incessanti piogge insistono da giorni e hanno messo in ginocchio 18 città e costretto le autorità a evacuare oltre 45 mila persone. Ne dà notizia la Fides, precisando che sono andate distrutte anche intere coltivazioni di riso e di mais e che nelle prossime ore le evacuazioni potrebbero andare avanti. Nella zona sono già state distribuite 10 tonnellate di generi di soccorso nelle città di Sultan Kudarat e Kabuntalan; le autorità hanno richiesto il monitoraggio del livello delle acque dei fiumi e invitato la popolazione a lasciare la zona in caso di peggioramento delle condizioni meteo. Nella lingua locale, Maguindanao significa “popolo delle pianure allagate”. (R.B.)

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    Istat. Oltre 3 milioni e 700 mila non comunitari, i minori sono il 24,1%

    ◊   Al primo gennaio 2013, in Italia erano regolarmente presenti oltre tre milioni e 700 mila cittadini stranieri non comunitari, con un aumento, rispetto all’anno precedente, di 127 mila unità: lo comunica il Rapporto Istat “Cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti”, presentato oggi a Roma. Di questi, i minori rappresentano il 24,1%, anche questo dato in aumento rispetto al 2012. Si è registrato, però, un calo tra il 2011 e il 2012, dovuto alla riduzione dei permessi di soggiorno, che ha interessato in particolare il Nordovest della penisola: appena 80 mila quelli concessi l’anno scorso. Quanto alle nazionalità, la presenza più massiccia nel territorio è costituita dai marocchini e dagli albanesi – che sono anche coloro che accedono più facilmente alla cittadinanza italiana – seguiti da cinesi, ucraini e filippini. Questi ultimi, pur presenti nel Paese da lungo tempo, costituiscono la comunità più “instabile”, cioè che registra tassi di permanenza inferiori alla media, soprattutto tra gli uomini. I più stabili, di contro, risultano essere i provenienti da Ucraina e Moldavia, ma anche una gran quantità di cinesi resta in Italia oltre 5 anni. Per le donne, infine – riferisce l’Istat – il matrimonio resta la principale modalità di accesso alla cittadinanza. (R.B.)

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    A ottobre il pellegrinaggio delle famiglie alla Tomba di San Pietro a Roma

    ◊   “Presenta la tua famiglia a Papa Francesco”: questo il titolo delle iniziative rivolte a bambini, ragazzi e giovani che parteciperanno, il 26 e il 27 ottobre prossimi, al pellegrinaggio alla Tomba di San Pietro a Roma organizzato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia in seno al più ampio pellegrinaggio “Famiglia, vivi la gioia della fede!”. L’agenzia Sir comunica alcune iniziative inserite nell’evento: ai più piccoli, nella fascia d’età compresa fra i 3 e i 12 anni, sarà chiesto di fare un disegno sulla propria famiglia e inviarlo alla casella di posta elettronica roma2013@family.va entro il 30 settembre: i più belli saranno pubblicati sul “Giornalino” e su “G Baby”. Agli adolescenti, invece, è dedicato il contest fotografico “Life… in HD”: le immagini scattate sul tema del significato di una vita vissuta pienamente, saranno condivise sulla pagina Facebook del dicastero e proiettate alla presenza del Papa nei giorni del pellegrinaggio. Infine, i giovani potranno partecipare a “Talenti di famiglia” con brani musicali, animazioni e performance varie: le migliori saranno selezionate per la Festa di musica e testimonianze cristiane che si terrà il 26 ottobre in piazza del Popolo a Roma. (R.B.)

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    A Ravenna i funerali del cardinale Tonini, “riconciliatore coraggioso”

    ◊   Si sono svolti questa mattina, in un Duomo di Ravenna particolarmente gremito, i funerali del cardinale Ersilio Tonini, morto domenica scorsa all’età di 99 anni. Intorno alle 9.30, il feretro è partito dall’Opera di Santa Teresa, dove il porporato ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, diretto in cattedrale con un folto corteo funebre al seguito. “Un riconciliatore coraggioso, amato e compreso dalla gente, anche dalle persone lontane”, lo ha definito l’arcivescovo di Ravenna e Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, nell’omelia della celebrazione presieduta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, delegato della Santa Sede. Il presule ne ha tracciato anche un breve ritratto: “Prima di tutto è stato un prete e un vescovo, semplicemente – ha detto – per lui le parole più importanti della vita erano: annunciare, comunicare, illuminare e predicare”. Alle esequie è stato letto anche un telegramma di Papa Francesco, cui si sono aggiunti messaggi di condoglianze provenienti da tutto il mondo ecclesiale e non solo. In rappresentanza del Senato al funerale era presente Pier Ferdinando Casini. (R.B.)

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    Argentina. Celebrato in Patagonia il primo anno della sede di “El hogar Emaus”

    ◊   È stato celebrato nei giorni scorsi il primo anniversario di “El Hogar Emaus”, il rifugio che da cinque anni – uno nella sede attuale – accoglie i senzatetto della città argentina di San Carlos de Bariloche. Alla festa hanno partecipato il sacerdote che se ne occupa, José María Lynch, e il sindaco Maria Eugenia Martini, ma anche il vescovo, mons. Juan José Stivanello ha voluto congratularsi “per il lavoro e lo spirito con cui portano avanti questo servizio”. L’agenzia Fides racconta che nella struttura di Bariloche, nella Patagonia argentina, il freddo notturno fa molte vittime tra i senzatetto: negli ultimi giorni, ben 40 di loro hanno trovato riparo nell’hogar che si avvale del lavoro di dipendenti comunali e volontari. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 211

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.