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Sommario del 27/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Gmg, il Papa ai vescovi: promuoviamo la cultura dell'incontro, preferiamo le periferie
  • Gmg, Via Crucis. Il Papa: non c'è croce nella nostra vita che Gesù non condivida con noi
  • Le emozioni dei giovani che hanno partecipato alla Via Crucis
  • Il Papa all'Angelus: i nonni sono importanti, anziani e giovani costruiscano il futuro insieme
  • Gmg. Un giovane: confessarsi con Papa Francesco, come parlare con un padre
  • Il Papa ai giovani detenuti: "Mai più violenza, solo amore!". P. Lombardi: messaggio forte
  • Il Papa rievoca la "strage di Candelaria". P. Chiera: ancora troppa violenza di strada a Rio
  • Il pranzo con i giovani. Il Papa: non siate isole, solo donandovi troverete la speranza
  • Rinunce e nomine episcopali in Giappone, Perù e Haiti
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Egitto: morti a decine negli scontri tra esercito e manifestanti
  • Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Spagna. Domani dai giudici il macchinista del treno deragliato
  • Pakistan. Due kamikaze fanno strage a Parachinar: 57 morti
  • Tunisia. Blindato il funerale di Brahmi, che riaccende la violenza nel Paese
  • Siria, accordo con Onu su armi chimiche. Attacco di Damasco a Homs
  • India. In Gujarat aborti selettivi hanno ucciso 12 mila bambine in tre anni
  • Bomba esplode nel sud delle Filippine, sei morti
  • Cile. Protesta pro-aborto devasta la cattedrale di Santiago. L’arcivescovo: “Un’offesa a Dio”
  • Libia. Folla distrugge sede Fratellanza musulmana a Bengasi
  • Immigrazione. Nuovo sbarco a Lampedusa, soccorsi 50 migranti
  • Mali, Caritas: “Trasparenza e sicurezza per le elezioni presidenziali”
  • In Vietnam un congresso di giovani in comunione con la Gmg di Rio
  • Perù. I vescovi per il 192.mo d’indipendenza: partire dalla fede per costruire la società
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gmg, il Papa ai vescovi: promuoviamo la cultura dell'incontro, preferiamo le periferie

    ◊   Dobbiamo uscire dalle parrocchie per annunciare Cristo senza presunzioni. Lo ha affermato Papa Francesco nella Messa presieduta questa mattina nella cattedrale di Rio de Janeiro, concelebrata con i vescovi, i sacerdoti e i religiosi presenti alla Gmg. Contro l’“umanesimo economicista” imperante, che genera la cultura “dell’esclusione”, il Papa ha esortato a reagire promuovendo la “cultura dell’incontro”, alla quale – ha detto – devono essere educati soprattutto i giovani. Il servizio del nostro inviato a Rio, Roberto Piermarini:

    Ser servidores de la comunión y de la cultura del encuentro...
    “Essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro”. Così Papa Francesco ha chiamato vescovi, sacerdoti, religiosi e seminaristi a rispondere ogni giorno alla loro vocazione. Nella moderna cattedrale di Rio de Janeiro, ha detto loro che sono chiamati da Dio ad annunciare il Vangelo ed a promuovere la cultura dell’incontro e della solidarietà, “una parola che la nostra società nasconde, quasi fosse una parolaccia”. E cosa garantisce l’efficacia apostolica e la fecondità del servizio? "La vita in Cristo", ha risposto:

    No es la creatividad pastoral, no son los encuentros o las planificaciones lo que …
    “Non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù”, che siamo chiamati a contemplare, adorare e abbracciare – ha esortato – attraverso la preghiera, l’incontro quotidiano con l’Eucarestia e nelle persone più bisognose. Il “rimanere” con Cristo non è isolarsi ma è un rimanere per andare incontro agli altri. Citando Madre Teresa di Calcutta – la quale ripeteva: “Dobbiamo essere molto orgogliose della nostra vocazione che ci dà l’opportunità di servire Cristo nei poveri” – Papa Francesco ha indicato che è proprio nei poveri che dobbiamo cercarlo e servirlo. “Aiutiamo i giovani – ha esortato ancora – a rendersi conto che essere discepoli missionari è una conseguenza dell’essere battezzati, è parte essenziale dell’essere cristiani, e che il primo luogo in cui evangelizzare è la propria casa, l’ambiente di studio o di lavoro, la famiglia e gli amici. Ascoltiamo i giovani: le loro domande quando sono in difficoltà. Certo, occorre spendere tempo con loro!”.

    E a vescovi e sacerdoti ancora un leit-motiv del suo Pontificato: “Con coraggio pensiamo alla pastorale partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani, da coloro che di solito non frequentano la parrocchia, “sono loro - ha detto – gli invitati vip. Andate a cercarli nei crocicchi delle strade. Anche loro sono invitati alla mensa del Signore”. Il Pontefice ha poi invitato – anche parlando a braccio – a promuovere la cultura dell’incontro perché in molti ambienti si è fatta strada la cultura dell’esclusione e dello “scarto”:

    No hay lugar para el anciano ni para el hijo no deseado; no hay tiempo para …
    "Non c'è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto; non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada perché i rapporti umani – ha affermato – sembra siano regolati da due dogmi: efficienza e pragmatismo". Qui, l’esortazione del Papa a vescovi e sacerdoti ad andare controcorrente, privilegiando l’incontro e l’accoglienza di tutti, la solidarietà e la fraternità per rendere più umana la nostra civiltà, impregnata di un “umanesimo economicista che si è imposto nel mondo”. “Ciò che ci guida – ha concluso – è l'umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla”.

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    Gmg, Via Crucis. Il Papa: non c'è croce nella nostra vita che Gesù non condivida con noi

    ◊   La Via Crucis con i giovani sul lungomare di Copacabana, uno dei momenti forti della Giornata Mondiale della Gioventù, ha ripercorso ieri sera a Rio il cammino di dolore e di amore di Gesù che illumina in ogni tempo, con la luce della misericordia, le strade dell’uomo. In ogni stazione, è stato toccato un tema che riguarda direttamente la gioventù di oggi. Durante la spettacolare e suggestiva Via Crucis, sono anche state ricordate alcune delle sofferenze dell'uomo, tra cui la malattia e la morte. “Nessuno può toccare la Croce di Gesù – ha detto Papa Francesco – senza lasciarvi qualcosa di se stesso e senza portare qualcosa della Croce di Gesù nella propria vita”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

    (Canto)

    Il cammino della Croce si è snodato attraverso i molteplici volti di un’umanità ferita dalla povertà, dalla violenza, dalla malattia, dalla mancanza di prospettive come nel caso di un gruppo di “cartoneros” argentini, rimasti ai margini della società dopo la perdita del lavoro, chiamati sul palco dal Papa e salutati con affetto. La suggestiva e peculiare lettura carioca della rappresentazione della Via Crucis, ricca di luci e colori, ha accompagnato le meditazioni nelle 14 stazioni. I patimenti dei tossicodipendenti, il dramma delle vittime della “cultura della morte”, i tormenti dei detenuti sono state sono alcune delle sofferenze rievocate lungo il percorso, incentrato anche sui temi della conversione, della missione e dell’amore. Sofferenze che si riflettono nella Croce di Cristo, come quelle di un ragazzo malato terminale:

    Senhor Jesus, Cristo Redentor...
    "Signore Gesù Cristo Redentore. La malattia è la mia croce. Accetta di unirmi a te in questo momento. La sicurezza che mi stai accanto fa che ogni minuto valga la pena. Mi piacerebbe vivere molti anni, ma che cosa sono rispetto all’eternità?".

    Nella Croce di Cristo – ha detto il Papa Francesco – “troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore”. “Gesù con la sua Croce percorre le nostre strade per prendere su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde”. Cristo è sempre vicino all’uomo e non lo lascia mai solo nel suo dolore:

    Con la Cruz, Jesus se une al silencio de las víctimas de la violencia…
    "Con la Croce – ha detto il Papa - Gesù si unisce al silenzio delle vittime della violenza, che non possono più gridare, soprattutto gli innocenti e gli indifesi; con la Croce Gesù si unisce alle famiglie che sono in difficoltà, e che piangono la tragica perdita dei loro figli”, come nel caso all’inizio di quest’anno, di 240 giovani vittime dell’incendio nella città di Santa Maria.

    Con la Cruz, Jesús se une a todas la personas que sufren…
    “Con la Croce – ha aggiunto il Santo Padre – Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondo che si permette ogni giorno di gettare via tonnellate di cibo”. “Con la Croce Gesù si unisce alle madri e ai padri che soffrono nel vedere i loro figli vittime di paradisi artificiali come la droga”. Con la Croce “Gesù è unito ai tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche perché vedono egoismo e corruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio, per l’incoerenza di cristiani e di ministri del Vangelo”.

    En la Cruz de Cristo está es sufrimento, el pecado…
    “Nella Croce di Cristo – ha affermato il Papa - c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sarete soli a portarle!”. Ma cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista, in quanti l’hanno toccata?

    Deja un bien que nadie nos puede dar…
    “Lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per affrontarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci”. “Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questo “è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere”.

    Sólo en Cristo muerto y resucitado encontramos la salvación…
    “Solo in Cristo morto e risorto troviamo salvezza e redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l'ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce da strumento di odio, di sconfitta, di morte in segno di amore, di vittoria e di vita”. La Croce di Cristo è stata “piantata nella storia” del popolo brasiliano e in quella di molti altri popoli. “Il Cristo sofferente lo sentiamo vicino, uno di noi che condivide il nostro cammino fino in fondo”. “Non c'è croce, piccola o grande, della nostra vita – ha detto il Papa come si legge nel tweet sulla Via Crucis pubblicato ieri - che il Signore non condivide con noi”. E in un secondo tweet: "Ogni Venerdì ci permette di ricordare quanto Gesù ha sofferto per noi. Fa Signore che non dimentichiamo mai quanto ci ami". Ma cosa insegna la Croce alla nostra vita?

    La Cruz invita también a dejarnos contagiar por este amor…
    “La Croce di Cristo – ha spiegato il Pontefice – ci invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna allora a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto, chi aspetta una parola, un gesto”. Papa Francesco ha infine rivolto ai giovani la domanda che interroga il cuore di ogni uomo: E tu come sei? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Davanti agli altri possiamo essere “come Pilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare la vita di Gesù”. Ma la Croce di Cristo – ha concluso il Papa – “ci insegna ad essere come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza”.

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    Le emozioni dei giovani che hanno partecipato alla Via Crucis

    ◊   Circa un milione e mezzo i giovani che ieri hanno partecipato alla Via Crucis a Copacabana. In silenzio prima, pregando e riflettendo sulla passione e la morte di Cristo, e poi attendendo c le parole che il Papa ha rivolto loro. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:

    Che cosa ha lasciato la Croce di Gesù in ciascuno di voi? E che cosa insegna alla nostra vita questa Croce? Sono due interrogativi forti, quelli che Papa Francesco ha rivolto alla folla di giovani che anche ieri sera ha invaso Copacabana per poter assistere alla toccante Via Crucis. Ma come hanno risposto i giovani a queste esortazioni? Ascoltiamo alcuni commenti:

    R. – Dalla Croce sicuramente bisogna imparare ad apprendere il modo giusto per affrontare il dolore, il modo giusto per affrontare tutte le difficoltà che sono poi le piccole croci che anche Cristo stesso ci dice di prendere. Da questa esperienza, imparare ad affidarci, quindi, a dare a Cristo la nostra fiducia nel sapere che Lui è a portarla. Siamo studentesse del Campus Biomedico di Roma: ci scontriamo molto spesso con la questione del dolore. Avere la certezza che Cristo ci accompagna, che ci aiuta sempre e il fatto di affidare a Lui certe cose che sono più grandi di noi… non possiamo andare oltre, ci sono alcune cose che non possiamo spiegare. Sapere, però, di poterle affidare a Lui e sapere anche di essere accompagnate da Lui nel portarle è una certezza che riempie tanto.

    R. – Secondo me, una cosa bellissima è la possibilità di condividere: l’idea che Cristo abbia sofferto dà una spiegazione o ti aiuta a pensare che puoi superare quel momento difficile e che non sei da solo a superarlo. E anche saper dedicare tempo nell'incontro con il dolore degli altri è una chiave di lettura per imparare a portare la nostra croce e aiutare gli altri a portare la loro.

    R. – E’ la dimostrazione che esiste, la speranza. Magari per tanti è un simbolo negativo, che indica il dolore: invece, credo che quelle braccia allargate della Croce diano un segno vivo di speranza, perché sono l’abbraccio di Cristo e l’esempio di Cristo che dice: “E’ vero, io sono morto su questa Croce però da questa Croce sono anche risorto”.

    R. – Sicuramente, come ha detto il Papa più volte, come ha ripetuto anche nella Domenica delle Palme, noi non dobbiamo farci rubare la gioia, la speranza di una gioia futura. Io di questo sono convinto, ma di sicuro sono consapevole del fatto che una vita comporta anche sofferenze e dolori, dolori che però noi dobbiamo essere in grado di vedere alla luce di Cristo, alla luce della sua Croce: infatti, non c’è risurrezione, non c’è gioia se prima non passiamo attraverso la Croce.

    D. – Il Papa, nella sua omelia, vi ha parlato delle tre figure che hanno accompagnato Gesù lungo il suo Calvario: Pilato, Maria e le donne e il Cireneo. E vi ha fatto una domanda: “Tu, oggi, chi sei? Pilato, Maria e le donne o il Cireneo?”. Voi, cosa rispondete?

    R. – Io mi auguro sempre di essere come il Cireneo e le donne. Però, purtroppo, a tutti gli effetti ogni uomo passa tutte e tre le fasi. In un momento di scoraggiamento, magari può essere come Pilato… Però, l’importante è riuscire a rialzarsi e ad essere sempre come Maria e come il Cireneo ed andare sempre incontro a Cristo, senza lasciarsi demoralizzare dai fatti terreni.

    D. – E tu, invece?

    R. – Io, più che sentirmi, vorrei avere come esempio Maria e le donne e il Cireneo. In questo senso, è importante saper accettare quello che il Signore ha in serbo per noi: sia la felicità, sia il dolore. Avevo un sacerdote che insegnava filosofia e ci invitava sempre a riflettere sulla parola compassione, che vuol dire "patire con". Questo è ciò che dobbiamo essere capaci di fare: patire con le persone, condividere la loro sofferenza e aiutarle a sopportare.

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    Il Papa all'Angelus: i nonni sono importanti, anziani e giovani costruiscano il futuro insieme

    ◊   Dal balcone dell’arcivescovado di Rio, Papa Francesco ha guidato ieri alle 10, ora di Rio, la preghiera dell’Angelus, conosciuta in Brasile come “Ora di Maria”. Nella festa dei Santi Gioacchino e Anna, genitori della Madonna e nonni di Gesù, il Papa ha voluto ricordare proprio la festa dei nonni, figure care al Pontefice e più volte citate nei suoi interventi come coloro che gli hanno trasmesso la fede. Il servizio del nostro invitato a Rio, Roberto Piermarini:

    Prima della preghiera mariana, davanti a migliaia di pellegrini, sotto un tiepido sole dopo giorni di pioggia, Papa Francesco ha ribadito il valore prezioso della famiglia come luogo privilegiato per trasmettere la fede, e ha ricordato come in questa ricorrenza in Brasile e nel mondo si celebra la festa dei nonni:

    Como os avós são importantes na vida da família, para comunicar...
    "Quanto sono importanti nella vita della famiglia per comunicare quel patrimonio di umanità e di fede che è essenziale per ogni società! E come è importante l'incontro e il dialogo tra le generazioni, soprattutto all'interno della famiglia”.

    Per sottolineare la necessità di questo dialogo, ancora una volta il Papa ha fatto riferimento al Documento di Aparecida – alla cui stesura l’allora cardinale Bergoglio ha avuto un ruolo decisivo – quando ricorda che "i bambini e gli anziani costruiscono il futuro dei popoli: i bambini perché porteranno avanti la storia, gli anziani perché trasmettono l'esperienza e la saggezza della loro vita”. Questo rapporto, questo dialogo tra le generazioni è un tesoro da conservare ed alimentare:

    Nesta Jornada Mundial da Juventude, os jovens querem saudar os avós...
    "In questa Giornata Mondiale della Gioventù, i giovani vogliono salutare i nonni (...) con tanto affetto e li ringraziano per la testimonianza di saggezza che ci offrono continuamente”.

    Come i Santi Gioacchino ed Anna, che hanno trasmesso l’amore per il Signore nel calore della famiglia, fino a Maria, che ha accolto nel suo grembo il Figlio di Dio donandolo a noi e al mondo. Papa Francesco ha quindi affidato tutte le famiglie alla Vergine, affinchè le custodisca e “le renda focolari di fede e di amore, in cui si senta la presenza del suo Figlio Gesù”.

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    Gmg. Un giovane: confessarsi con Papa Francesco, come parlare con un padre

    ◊   La giornata di Papa Francesco, ieri a Rio, si era aperta con uno dei momenti più personali di ogni Gmg, quello delle confessioni. Nel Parco di Quinta da Boa Vista, preparato con dozzine di confessionali a cielo aperto, il Papa ha amministrato il Sacramento della Riconciliazione ad alcuni giovani. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

    Claudia ha 27 anni e a Rio ci è arrivata da Pescara. E’ l’unica italiana confessata da Papa Francesco, con lei altri quattro giovani, del Brasile e del Venezuela. Un’emozione, un dono di Dio: questo è stato per Claudia l’incontro con il Papa che, confida a chi la interroga, le ha parlato con schiettezza e semplicità. Il Quinta da Boa Vista, parco pubblico di Rio, un tempo residenza della famiglia imperiale brasiliana, è divenuto “Feira Vocacional”, cornice per concerti, per incontri, ma soprattutto per il momento più intimo e riservato della Gmg: le confessioni. 50 i confessionali allestiti, in legno bianco riproducono la montagna del Corcovado, sormontata dal Cristo Redentore. E qui Francesco ha seguito i passi del predecessore Benedetto, quando a Madrid nel 2011 confessò quattro ragazzi. Ascoltiamo Renan Souza, 21 anni, uno dei giovani confessati dal Papa:

    Eu estava muito nervoso...
    "Ero molto nervoso, ma quando guardi il suo sguardo e lui ti sorride, sembra di parlare con un padre, sembra di avere Gesù davanti a te... Ti senti molto, molto a tuo agio. E’ stata una cosa molto spontanea. Io gli parlavo in portoghese e lui mi rispondeva in spagnolo. Sicuramente da oggi in poi la mia vita sarà molto, molto diversa!”.

    Molti i ragazzi accorsi al parco di Rio per vedere il Papa al suo passaggio. In loro risuona ancora l’eco delle parole di Francesco pronunciate ieri sera a Copacabana. Marina Tomarro li ha incontrati:

    R. – Forse qui capiamo davvero l’aspetto di universalità della Chiesa. Non è la nostra parrocchia, non è magari la nostra città, ma è qualcosa di mondiale, che abbraccia tutto il mondo.

    D. – Il Papa vi ha invitato a seguire le orme di Cristo. Come rispondiamo a questa esortazione di Papa Francesco?

    R. – Ci mettiamo in ascolto e prepariamo i cuori per questo compito sicuramente difficile. Speriamo che questa Giornata mondiale ci possa aiutare con le catechesi a capire come seguire queste orme e la sua strada.

    R. – Alla fede si risponde con la fede, con un’esperienza forte di Cristo: essere testimoni di Cristo in terra. Così si vive la fede? La fede si fa propria con l’esperienza vissuta di Gesù.

    R. – Io abito a Porto Alegre, nel Sud del Brasile, vicino l’Argentina. Qui noi veniamo da tutto il mondo e questa fraternità che stiamo vivendo a Rio de Janeiro non l’ho mai vista in nessun posto del mondo. Questa è la speranza di un mondo migliore, di un mondo che il Papa vuole per noi e che noi vogliamo per i nostri figli, in tutto il mondo.

    D. – Il Papa ci parla spesso di perdono: perdono da ricevere, perdono da dare...

    R. – A volte è più difficile ricevere il perdono che darlo. Dobbiamo perdonare noi stessi, che a volte è più difficile che perdonare l’altro.

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    Il Papa ai giovani detenuti: "Mai più violenza, solo amore!". P. Lombardi: messaggio forte

    ◊   La Messa, le confessioni, l’incontro con i giovani detenuti, l’Angelus, sono stati i momenti che hanno caratterizzato la mattinata di ieri del Papa a Rio de Janeiro. Roberto Piermarini ne ha parlato con il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

    R. - L’incontro con i detenuti è stato un momento particolarmente importante perché, come sappiamo, Papa Francesco con i detenuti giovani ha una lunga familiarità, ha anche un’amicizia perdurante con un gruppo di loro: mi ha detto che telefona praticamente ogni due settimane a un gruppo di giovani carcerati in Argentina che conosce. Ne aveva conosciuti alcuni, poi questi hanno fatto amicizia con altri che sono nel carcere e quindi il gruppo adesso è numeroso e lui continua a coltivare questa amicizia. Ce ne siamo resi conto lo scorso Giovedì Santo, quando ha voluto andare a fare la “lavanda dei piedi” nel Carcere minorile di Casal del Marmo, vicino a Roma. E il fatto che abbia voluto vedere, nell’ambito della Giornata mondiale della Gioventù, dei giovani carcerati significa che ha presente questa realtà. I giovani sono anche i giovani carcerati, che infatti erano presenti all’incontro con lui con le loro magliette della Giornata della Gioventù di Rio ed erano, quindi, un bel gruppo di giovani, anch’essi inseriti negli eventi di questi giorni. Naturalmente, erano molto emozionati: erano sei ragazzi e due ragazze, di quattro diversi Carceri minorili della zona di Rio, e hanno potuto esprimersi. C’era soprattutto una ragazza che era molto loquace e quindi ha raccontato al Papa diverse cose, ha fatto benedire vari oggetti, gli ha cantato una piccola canzone che aveva composto per lui, gli ha letto una lunga lettera scritta a nome delle sue compagne di detenzione. E poi, hanno dato tutti insieme al Papa un dono particolare che è come un grandissimo Rosario di polistirolo, con dei grani di polistirolo legati tra loro, e sulla Croce all’inizio del Rosario c’è scritto “Candelaria nunca mais”, che vuol dire “Mai più Candelaria”. Candelaria è un fatto terribile di violenza in cui sono morti diversi giovani. [All'alba del 22 luglio 1993, sul portale della Chiesa della Candelaria a Rio de Janeiro alcuni bambini e adolescenti di strada furono uccisi da un gruppo di uomini armati - ndr]. E sui grani del Rosario sono scritti i nomi di tanti giovani morti in queste circostanze. Il Papa ha pregato, ricordando anche i defunti che hanno sofferto violenza, ed ha invitato tutti i giovani presenti a non scoraggiarsi e continuava a ripetere: “Violencia nunca mais! Mai più la violenza, solo amore! Mai più la violenza, solo amore!”. Quindi, ha dato un messaggio forte. Forse, per qualcuno di loro nei giorni prossimi ci sarà anche una misura di clemenza, per cui questo incontro prelude anche a una nuova possibilità nella loro vita. Speriamo che possano usarla bene. In questo, c’è l’importanza dell’impegno di tutta la società attorno ai giovani, perché possano ritrovare speranza, impegno e una vita inserita nella società come vita di amore e di pacifica convivenza con gli altri e non di violenza.

    D. - In questa giornata penitenziale della Gmg, c’è anche un momento importante, oltre alla Via Crucis: il momento delle confessioni. Il Papa ha confessato alcuni giovani…

    R. - Sì, esattamente come aveva fatto Benedetto XVI a Madrid, il Papa è andato nel Parco dove erano allestiti tutti i confessionali e dov'era anche una grande tenda dove si può fare l’Adorazione perpetua e prepararsi per le confessioni. Sotto questa grande tenda, c’era un confessionale preparato per il Papa, uno simile a tutti gli altri. Il Papa si è messo lì e cinque giovani – tre brasiliani, un’italiana e una venezuelana – si sono confessati da lui. In maggioranza si sono andati a mettere inginocchiati vicino a lui, invece che attraverso la grata, in un modo molto diretto e molto familiare. E’ stato un momento bello: sappiamo che il Papa desidera confessare e ogni tanto si è lamentato – mi pare in occasione di un Angelus o in un’altra occasione – di non avere questa possibilità di farlo frequentemente. Anche a Roma, quando è andato a visitare una parrocchia, ha colto l’occasione ed ha confessato sette-otto persone prima della Messa. E quindi per lui è anche un ministero importante come per i sacerdoti di tutto il mondo.

    D. - Padre Lombardi, ricorre la Festa dei nonni: il Papa lo ha ricordato sia nella Messa di questa mattina, sia all’Angelus…

    R. - Sì, perché Anna e Gioacchino sono i nonni di Gesù. Infatti, sappiamo come anche nella vita di tutti noi la figura dei nonni spesso è importantissima, anche nell’educazione della fede, nell’avvicinarsi con affetto e con gentilezza alle buone tradizioni cristiane, alla saggezza di vita. E questo è un tema che il Papa sente moltissimo: ha detto anche più volte che questa Giornata della Gioventù deve vedere insieme i giovani e gli anziani. Allora, il fatto di questa festa si prestava molto per approfondire questo tema e lo ha fatto all’Angelus, in pubblico, ma lo aveva fatto già durante la mattina, nella Messa privata in cui erano presenti una decina di suoi confratelli gesuiti qui di Rio de Janeiro.

    D. - Padre Lombardi, anche quest’oggi abbiamo visto che Papa Francesco ha una grandissima vitalità…

    R. - Sì, sembra proprio inesauribile. Speriamo che non esageri, ma certamente fino ad ora ce l’ha fatta molto bene e mi pare che i giovani apprezzino molto che lui dia tanta energia per loro.

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    Il Papa rievoca la "strage di Candelaria". P. Chiera: ancora troppa violenza di strada a Rio

    ◊   “Mai più Candelaria”. Questa frase è scritta nel Rosario che i ragazzi detenuti, incontrati ieri all’Arcivescovado di Rio de Janeiro, hanno voluto regalare al Papa. Candelaria è una strage avvenuta nel luglio del 1993, davanti la chiesa di Rio vennero uccisi otto bambini di strada. Ancora oggi è una ferita aperta nella coscienza del Brasile. Il servizio di Benedetta Capelli:

    Un cartone per coperta, la compagnia di chi è come te, di chi riconosce la strada come una mamma che ti accoglie e poi ci sono le luci di una città grande come Rio che offre i marciapiedi per letti comodi. Forse, questo è passato per la mente di quegli otto bambini che, a fine luglio di 20 anni fa, dormivano sotto i portici. Chissà quali erano i loro sogni e chissà in quale momento gli spari di alcuni agenti li hanno interrotti.

    Provano a scappare, ma lì davanti alla Chiesa di Candelaria, dove c’è un Gesù che guarda e soffre per i suoi figli, lì la vita - quella terrena - si interrompe. Davanti ai corpi dei bambini uccisi, il mondo grida il disprezzo per la violenza e per la mano di quei killer, poi condannati dalla giustizia. Secondo alcune testimonianze, volevano punire una sassaiola contro un’auto della polizia. In quegli anni, era già in Brasile Padre Renato Chiera, fondatore della "Casa do Menor" di Rio de Janeiro, da 40 anni al fianco dei meninos de rua, i ragazzi di strada:

    “E’ diventato un simbolo della strage dei ragazzi. Quello che succede in Brasile è proprio un genocidio, che raggiunge ragazzi - adolescenti soprattutto - e giovanissimi… La strage dei ragazzi non è diminuita, purtroppo! Io direi, con prove e con fatti, che questa strage dei ragazzi è aumentata! La situazione dei ragazzi di strada è cambiata un pochino a livello quantitativo: non si vedono più tanti ragazzi in strada, ma dove sono? Sono nel narcotraffico! Prima era "adottati" dalla strada, adesso sono adottati dal narcotraffico, perché lì ricevono protezione, visibilità, potere. Però, in questo narcotraffico sono obbligati ad uccidere!”.

    Statistiche di qualche anno fa parlavano di almeno sette milioni di bambini e adolescenti per le strade delle principali città brasiliane; oggi è però difficile definire la realtà dei meninos de rua:

    “E’ una cosa triste che il Brasile sappia quanti cani - per esempio - ci sono a San Paolo, ma non sappia quanti ragazzi sono nella strada. Non si sa bene… Anche se quantitativamente, forse, il numero è diminuito questo non vuol dire che il problema non sia grave. La nostra società ha rabbia verso questi ragazzi, li rigetta. Per questo sono violenti, perché loro danno quello che ricevono: dalla famiglia ricevono abusi, violenza. Dalla società ricevono disprezzo, perché nessuno li vuole, nessuno si avvicina… Noi mettiamo delle luci, mettiamo delle direzioni: abbiamo colto il grido di questi ragazzi, che gridano per tante cose: per fame, per scuola, per futuro… Ma il grido fondamentale è un grido per essere amati, per essere figli! E quando loro si sentono figli, si sentono amati, loro risorgono, cominciano ad amarsi e fanno anche l’esperienza di amare gli altri, di mettersi al servizio degli altri”.

    Papa Francesco, proprio in Brasile, parlando dei giovani che vivono il dramma delle dipendenze aveva invitato ad abbracciare, a partecipare al dolore vissuto, a “toccare la carne di Cristo”. E’ in questo il segreto della rinascita di molti – almeno 45 mila tra ragazzi e adolescenti – che in Casa do Menor hanno trovato una luce. Una luce che ha il volto di Padre Renato, le mani forti dei volontari e l’amore quello vero di Cristo:

    “Quel che fate ai minori, ai più piccoli, lo avete fatto a me. Allora ecco perché io vado nella strada, perché vado a cercare quelli che nessuno vuole, perché sono uno dei volti di Gesù Crocifisso e abbandonato”.

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    Il pranzo con i giovani. Il Papa: non siate isole, solo donandovi troverete la speranza

    ◊   Dopo l'Angelus, Semplice e familiare è stato il pranzo del Papa con 12 giovani dei vari continenti presso l’arcivescovado di Rio. I ragazzi hanno raccontato la loro esperienza durante il briefing con i giornalisti. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    I ragazzi hanno parlato di un’esperienza unica. Paula, colombiana, che nell’occasione ha fatto l’interprete, ha detto che è stato un grande regalo questa cena col Papa e che ha sentito un’accoglienza fantastica: “Eravamo tutti nervosi”, ma poi l’atmosfera si è sciolta ed è stata molto familiare. Il Papa – ha detto – ci ha invitato a donarci agli altri, perché solo donandosi si trova la speranza. Ci ha esortato a vivere in comunità, a non essere isole. Dio ci ama con amore speciale – ha affermato – e la nostra missione è amare gli altri. Il Pontefice ha detto che c’è un mondo che ha una visione economicistica: bisogna recuperare invece una visione umanistica della realtà. Ha ribadito che il lavoro dà dignità all’uomo. E ci ha invitato tutti ad avere un padre spirituale: “Anche il Papa ha un confessore – ha detto - che conosce la sua anima e lo accompagna nel cammino della vita”.

    Anche Paulina, russa, ha raccontato la sua emozione: era così grande che ha perso la voce. Ora sente una grande responsabilità: il Papa le ha trasmesso tanta fede, tanta energia, speranza e gioia che ora ha il bisogno di trasmettere tutti questi doni agli altri.

    Infine, il neozelandese Tompson ha detto che quando ha ricevuto la mail con l’invito a cena dal Papa è rimasto scioccato. Papa Francesco gli ha detto che Cristo vive nel presente e li ha invitati a essere testimoni viventi di Gesù. Come? Anche nelle piccole cose, ma fatte con grande amore.

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    Rinunce e nomine episcopali in Giappone, Perù e Haiti

    ◊   In Giappone, Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saitama, presentata da mons. Marcellino Daiji Tani, in conformità al canone 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico, e ha nominato mons. Peter Takeo Okada, arcivescovo di Tokyo, amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi.

    Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Ordinariato Militare per il Perù, presentata da mons. Guillermo Martín Abanto Guzmán, in conformità al can. 401 – par. 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Ad Haiti, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Port-au-Prince, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Joseph Lafontant.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Nel segno della misericordia: un editoriale del direttore sul viaggio del Papa.

    Quell’invito a non sedersi: Andrea Possieri su America Latina e nuova evangelizzazione dal Documento di Puebla del 1978 alla gmg di Rio.

    Quando Dio tace: il cardinale Gianfranco Ravasi su fede e incredulità.

    Parole trasparenti: in un’intervista di Silvia Guidi, padre Ivan Rupnik spiega le vetrate realizzate per la chiesa romana di Santa Lucia.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, la critica situazione in Egitto.

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    Oggi in Primo Piano



    Egitto: morti a decine negli scontri tra esercito e manifestanti

    ◊   Ancora scontri in Egitto tra polizia e attivisti pro-Morsi. All’alba di oggi, le forze dell’ordine hanno colpito un sit-in dei Fratelli musulmani davanti alla moschea di Rabaa Al-Adawiya, nel nordest del Cairo. Incerto il numero delle vittime. Il ministero della Sanità parla di 21 morti e 180 feriti, mentre il portavoce della fratellanza islamisti conta 120 morti e oltre seimila feriti. L’Unione Europea ha condannato con forza le violenze e tramite l’Alto rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, ha auspicato “un rapido progresso verso un processo di transizione il più inclusivo possibile”. Sulla crisi egiziana, Michele Raviart ha chiesto l'opinione di Luciano Ardesi, esperto dell’area nordafricana:

    R. – Sono purtroppo situazioni che si sono già viste in quell’area, come ad esempio nel caso dell’Algeria, quando nel ’92 un colpo di Stato sospese il processo elettorale che avrebbe sicuramente portato i fondamentalisti al potere. Però, storicamente si vede come il corpo militare non è in grado di gestire a lungo i destini di un Paese. Anche il modo con cui si stanno affrontando le manifestazioni, dimostra l’incapacità di gestire la lotta politica in generale: l’esercito, le forze dell’ordine egiziane in questo momento stanno gestendo l’ordine pubblico in modo tale da portare sicuramente un aumento delle tensioni nel Paese.

    D. – Il ministro degli Interni ha detto che i sit-in dei Fratelli Musulmani saranno sgombrati “nel rispetto della legge”. Che cosa teme il governo da questi assembramenti?

    R. – Il governo di transizione cerca di ristabilire una normalità, ma è impossibile che si possa pensare di restaurarla semplicemente gestendo l’ordine pubblico, quindi sgombrando le manifestazioni di piazza. Ci vuole un’iniziativa politica di ben altra natura.

    D. – Abbiamo visto in questi giorni le strade del Cairo piene di migliaia di persone che manifestano. Qual è il ruolo del popolo, del semplice cittadino in questa situazione?

    R. – La mia impressione è che la gestione del potere del governo Morsi in quest'anno sia stata molto carente. Non ha assolutamente risposto alle esigenze della popolazione. Di qui, la ripresa della piazza da parte di quelli che sono gli oppositori alla Fratellanza musulmana e che ha indotto l’esercito ad intervenire. Sicuramente, ci saranno gruppi di potere, partiti politici che alimentano le proteste, però c’è un’insoddisfazione di base. Le "primavere arabe" soprattutto avevano risvegliato un sogno: questo sogno non si è realizzato e da qui la frustrazione e la ripresa della protesta.

    D. – Abbiamo visto che i Fratelli musulmani sono stati allontanati dal nuovo governo in Egitto e sono bersaglio delle proteste in Tunisia e anche in Libia le loro sedi sono state assaltate. A questo punto quali sono le prospettive della Fratellanza?

    R. – E’ il grande interrogativo di oggi. In questi Paesi – Egitto, Tunisia e anche Libia – hanno dimostrato la propria incapacità nel gestire i problemi di un Paese. La Fratellanza musulmana non ha un’esperienza politica nel senso dei partiti politici tradizionali. Certo, rimane un legame molto forte con diversi strati della popolazione: non dimentichiamo che negli anni delle dittature – quella di Mubarak in Egitto e di Ben Ali in Tunisia – la Fratellanza, o comunque i movimenti fondamentalisti, sono quelli che hanno mantenuto il rapporto con la popolazione e che hanno anche fatto in qualche modo da “supplenza” a uno Stato che era incapace di rispondere ai bisogni della popolazione più povera e più discriminata. In quegli anni, ha conquistato un capitale di fiducia molto forte e che oggi in parte ha disperso, ma che sicuramente rimane. C’è un nocciolo duro di popolazione che è in qualche modo fedele al loro ideale.

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    Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella 17.ma Domenica del Tempo ordinario, il brano del Vangelo presenta Gesù che insegna a pregare ai suoi discepoli, invitandoli a chiedere a Dio con fiducia e perseveranza:

    "Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto".

    Su questo brano evangelico, ascoltiamo una riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi si apre con Gesù che prega. Luca lo nota spesso: nella solitudine e nella notte. Cosa ha visto questo discepolo, che certo già sa pregare, per chiedere al Signore: “Insegnaci a pregare?”. Ha forse il Signore lasciato trasparire qualcosa dell’intimità che lo unisce al Padre? Qualcosa di così nuovo e unico? Il Vangelo sembrerebbe supporlo, perché Gesù, insegnando ai suoi Apostoli la preghiera del “Padre nostro”, che è la sintesi di tutto il Vangelo (Tertulliano), li mette davanti a quell’"Abbà – Papà (traduzione letterale del termine aramaico, conservatoci da Paolo (Rm 8,15), che rivela la dolcezza, l’immediatezza, la fiducia con cui il bambino si rivolge al papà. Se questo “Papà” – inusuale nella stessa preghiera ebraica, e ancor più nella preghiera di altri popoli – dice tutta la vicinanza, la prossimità di Dio all’uomo, esso dice pure l’immenso dono che, nel battesimo, Cristo ha fatto all’uomo, mediante il dono dello Spirito Santo che lo costituisce “figlio”. Commenta S. Cipriano: “Se noi ci compiacciamo di Dio, come del nostro Padre, altrettanto però Egli deve poter compiacersi di noi. La nostra condotta non deve tradire lo Spirito: noi abbiamo cominciato a divenire celesti e spirituali”. Stabiliti con Cristo, mediante lo Spirito Santo, nell’intimità di Dio, desideriamo la santificazione del nome di Dio, la venuta del suo Regno di salvezza e di benevolenza, che ci dona ciò di cui abbiamo bisogno ogni giorno, che ci rende capaci di perdonare, proprio perché noi siamo perdonati da Dio, nella certezza di non essere mai abbandonati da Lui. La preghiera che Gesù ci ha insegnato, la preghiera domenicale per eccellenza, ci trovi raccolti nell’unità della comunità cristiana che celebra l’Eucaristia.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Spagna. Domani dai giudici il macchinista del treno deragliato

    ◊   Sarà sentito domani, probabilmente già in mattinata, dai giudici che devono accertare come mai viaggiasse a 190 chilometri orari anziché agli 80 consentiti, Francisco José Garzon Amo, il macchinista del treno Madrid-Ferrol deragliato mercoledì scorso alla periferia di Santiago de Compostela. L’uomo è piantonato in ospedale, dove si trova per una ferita alla testa in stato di fermo con l'accusa di omicidio colposo, come confermato dal Ministero dell'interno spagnolo. Intanto, non hanno ancora un nome 3 dei 78 corpi delle vittime dell’incidente, i cui funerali solenni si svolgeranno nella cattedrale della città lunedì prossimo alle 19. Restano ricoverati ancora 81 feriti, dei quali 31 in gravi condizioni. (R.B.)

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    Pakistan. Due kamikaze fanno strage a Parachinar: 57 morti

    ◊   È salito a 57 morti il bilancio dell’attentato avvenuto ieri in un mercato di Parachinar, nel distretto tribale pakistano settentrionale di Kurram, in cui sono rimaste ferite anche 160 persone. L’attacco è avvenuto in un momento particolarmente affollato, nel qualela gente stava facendo la spesa per l’Iftar, il pasto che al tramonto interrompe il digiuno del mese sacro del Ramádan. Questa la dinamica dell’accaduto: due kamikaze si sono fatti esplodere nei pressi di due moschee sciite e in seguito una sigla ancora sconosciuta, ma probabilmente appartenente ai talebani locali attivi al confine con l’Afghanistan, ha rivendicato l’attacco. In questo clima di estrema violenza settaria, il Paese si avvicina a grandi passi alle elezioni presidenziali del 30 luglio prossimo. (R.B.)

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    Tunisia. Blindato il funerale di Brahmi, che riaccende la violenza nel Paese

    ◊   È partito dalla casa di Tunisi con un’imponente scorta dell’esercito, il corteo funebre composto da migliaia di persone, di Mohamed Brahmi, l’oppositore tunisino morto due giorni fa colpito da un lacrimogeno nel corso degli scontri verificatisi in città, il cui omicidio è attribuito dal governo a una frangia radicale salafita. La processione è diretta al cimitero di Djellez, dove sarà sepolto accanto a Belaid, un altro militante dell’opposizione ucciso a febbraio. La morte di Brahmi ha riacceso la violenza in Tunisia: la notte scorsa, un manifestante è stato ucciso a Gafsa durante una marcia di protesta, mentre questa mattina all’alba un gendarme è rimasto ferito in un attentato dinamitardo a La Goulette, nel porto di Tunisi. (R.B.)

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    Siria, accordo con Onu su armi chimiche. Attacco di Damasco a Homs

    ◊   Accordo siglato a Damasco tra le Nazioni Unite e il governo siriano sulle armi chimiche. I due inviati dell’Onu, Ake Sellstrom capo del team di esperti, e Angela Kane, Alto rappresentante per il Disarmo, hanno incontrato il vicepremier e il ministro degli Esteri ottenendo di poter svolgere inchieste sulla questione, ma non è chiaro se potranno farle sul posto. Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, ha chiesto pubblicamente che gli inviati abbiano libertà d’accesso alle indagini per far luce su tutti e 13 i casi sospetti. Intanto, sul terreno, le forze governative stanno entrando a Homs, dove controllano già parte del quartiere di Khaddye, finora roccaforte dei ribelli, riferisce l’Osservatorio siriano dei diritti umani. La tv di Stato, invece, accusa “gruppi di terroristi armati” per un massacro di civili e soldati avvenuto a Khan Assal, vicino Aleppo. Infine, nella notte una nuova vittima e due feriti si registrano a Ceylanpinar, città turca sul confine con la Siria, centrati da colpi di mortaio sparati dall’altro lato della frontiera, dove proseguono i combattimenti tra le milizie curde del Pyd e i jihadisti del fronte al Nusra aderenti ad al Qaeda. (R.B.)

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    India. In Gujarat aborti selettivi hanno ucciso 12 mila bambine in tre anni

    ◊   In India, si continuano a discriminare le donne fin da quando sono bambine: lo mostrano chiaramente i dati sulla mortalità infantile pubblicati sul sito dell’anagrafe dello Stato indiano del Gujarat, uno dei più ricchi del Paese, ma anche dei più pericolosi in questo ambito: negli ultimi tre anni nelle città sono morte oltre 12mila bambine entro l’anno di vita. La denuncia giunta ad AsiaNews è di padre Cedric Prakash, direttore del Centro gesuita per i Diritti umani, la giustizia e la pace di Prashant: “Si tratta di una società profondamente patriarcale dove – è la sua testimonianza – il fatto che le bambine non siano volute e che le donne non siano trattate come gli uomini è assolutamente normale. Le donne qui sono condannate a una vita di fatica e sono una piccola percentuale di esse occupa posti di rilievo”. Purtroppo, una tale visione trova spazio anche in famiglia, dove si continua a preferire avere un figlio maschio e talvolta ciò degenera nella pratica degli aborti selettivi e degli infanticidi femminili, sia nelle città, dove la popolazione supera di poco i 20 milioni, sia nelle campagne, dove vivono circa 30 milioni di persone. “Se il governo volesse davvero affrontare questo problema – conclude il sacerdote – potrebbe iniziare chiudendo le numerose cliniche abortive illegali esistenti”. (R.B.)

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    Bomba esplode nel sud delle Filippine, sei morti

    ◊   Una bomba artigianale è esplosa ieri sera in un locale di Cagayan de Oro, cittadina portuale nel sud delle Filippine, dove stava trascorrendo la serata un gruppo di farmaceutici e ricercatori che in questi giorni stanno partecipando a un Congresso medico. L’esplosione ha causato sei vittime e 28 feriti e l’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un attentato, anche se ancora non è stato rivendicato. Pur essendo la cittadina solitamente tranquilla, nella regione sono attivi diversi ribelli maoisti ed estremisti islamici ai quali, secondo la polizia locale, si è di recente aggiunta una cellula di al Qaeda. (R.B.)

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    Cile. Protesta pro-aborto devasta la cattedrale di Santiago. L’arcivescovo: “Un’offesa a Dio”

    ◊   “Una grande offesa a Dio e alla comunità di credenti in Cristo che ha lasciato impronte dolorose con aggressioni e maltrattamenti a diverse persone e la distruzione del patrimonio artistico e religioso del principale tempio del Paese”. Così, l’arcivescovo di Santiago del Cile, mons. Ricardo Ezzati, ha commentato con la Fides l’assalto subito la sera di giovedì scorso dalla cattedrale della città. Durante la celebrazione per la festa di San Giacomo, un gruppo di manifestanti che chiedeva la legalizzazione dell’aborto ha fatto irruzione in chiesa interrompendo l’omelia, malmenando i fedeli che stavano partecipando alla Messa e causando danni alla struttura come l’imbrattamento dei muri con scritte ingiuriose, la rottura di ornamenti e di banchi. La polizia, intervenuta in tenuta antisommossa, ha effettuato due arresti. L’arcivescovado della capitale cilena ha annunciato che presenterà una denuncia in tribunale sull’accaduto. Parole di condanna della vicenda sono giunte anche dal presidente del Cile, Sebastián Piňera, che ha insistito sul valore del rispetto per gli altri e ha espresso solidarietà all’arcivescovo, rinnovando l’impegno del governo in favore della libertà d’opinione e religiosa, e del sindaco di Santiago, Carolina Toha, che ha parlato di “attacco gratuito e inaccettabile”. (R.B.)

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    Libia. Folla distrugge sede Fratellanza musulmana a Bengasi

    ◊   Torna a salire la tensione in Libia, dopo l’assassinio di un avvocato laico, freddato ieri in Cirenaica all’uscita da una moschea dopo la preghiera del venerdì. Centinaia di manifestanti sono scesi in piazza a Bengasi prendendo d’assalto la sede locale del Partito per la giustizia e la costruzione, braccio politico in Libia dei Fratelli musulmani, ai quali la folla attribuisce l’omicidio. I manifestanti accusano, inoltre, la Fratellanza di essere il mandante anche di altri due delitti, in cui sono rimasti vittime un agente di polizia e un ufficiale dell’esercito. Manifestazioni, infine, di solidarietà con i fatti di Bengasi si sono svolte anche a Tripoli. (R.B.)

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    Immigrazione. Nuovo sbarco a Lampedusa, soccorsi 50 migranti

    ◊   Un gommone alla deriva con almeno 50 migranti per lo più di nazionalità ghanese, kenyana, maliana e nigeriana – tutti in buone condizioni – è stato avvistato dalla Marina militare nella notte nel Canale di Sicilia, a circa 65 miglia da Lampedusa e tratto in salvo. Sono ancora in corso, invece, le ricerche dei dispersi dell’ennesima tragedia del mare avvenuta ieri al largo delle coste libiche, dove è affondata un’altra imbarcazione diretta in Italia. Alcune navi mercantili di passaggio hanno soccorso almeno 22 naufraghi e ora stanno facendo rotta verso Lampedusa, dove nel frattempo è scoppiata una rissa tra immigrati di diverse etnie all’interno del centro d’accoglienza che in questi giorni, a fronte di una capacità di 300 persone, ne ospita circa 977. (R.B.)

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    Mali, Caritas: “Trasparenza e sicurezza per le elezioni presidenziali”

    ◊   Un invito alla trasparenza, alla sicurezza e alla tranquillità per le elezioni presidenziali che si terranno domani nel Mali, viene dalla Caritas spagnola che ha appoggiato la dichiarazione alle Nazioni Unite di Caritas Internationalis sulla situazione nel Paese africano. Caritas Spagna collabora con Caritas Mali fin dal 2005, quando una grave ondata di siccità e un’invasione di locuste causarono l’emergenza alimentare, sia in risposta alla successiva crisi umanitaria, sia sostenendo progetti di sviluppo come programmi agricoli, servizi igienico-sanitari e in aiuto alle squadre delle Caritas diocesane locali. La Caritas spagnola, infine – ricorda la Fides – ha preso parte alla “strategia per il Sahel” dell’Agenzia europea per l’aiuto umanitario, che mira a rafforzare i legami tra gli obiettivi umanitari e di sviluppo a lungo termine e a ridurre il tasso di malnutrizione. (R.B.)

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    In Vietnam un congresso di giovani in comunione con la Gmg di Rio

    ◊   Non avendo la possibilità di recarsi in Brasile, molti giovani cattolici vietnamiti hanno organizzato una piccola Giornata Mondiale della Gioventù “casalinga”: una tre giorni che si conclude oggi, idealmente in comunione con il Papa e la Gmg di Rio. Il primo giorno - riferisce AsiaNews - è trascorso nella parrocchia Hoang Mai di Ho Chi Minh City, con meditazioni sulla figura della Madonna Madre di Dio, su Maria Vergine e sull’Immacolata concezione, sotto la guida di padre Giuseppe Nguyen Van Thong; poi una processione solenne e un’ora di adorazione eucaristica. Il secondo giorno hanno effettuato una gita a Vung Tau per visitare la “chiesa delle tombe”, dove 128 fedeli vietnamiti vennero uccisi in odium fidei, assieme ai giovani della parrocchia di Nam Dong con i quali hanno vissuto un’esperienza di servizio presso la casa di riposo per anziani della diocesi di Ba Ria. La speranza degli educatori è che i giovani, grazie a questa esperienza, raccolgano con la loro vita l’invito di Benedetto XVI: “Siate il cuore e le mani di Gesù! Andate fuori e testimoniate il suo amore. Diventate una nuova generazione di missionari, motivati dall’amore e aperti a tutto”. (R.B.)

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    Perù. I vescovi per il 192.mo d’indipendenza: partire dalla fede per costruire la società

    ◊   Domani, il Perù celebra il 192.mo anniversario dell’indipendenza nazionale e per l’occasione il presidente della Conferenza episcopale locale e arcivescovo di Ayacucho, mons. Salvador Piňeiro García Calderón, ha inviato un messaggio di auguri in cui invita la popolazione e i governanti a “non ignorare le difficoltà che vive il Paese, dall’insicurezza nelle città alla violenza, dalla criminalità alla debolezza politica di alcune istituzioni”. Proprio il superamento di tali difficoltà dovrebbe “impegnare lo Stato, i media e tutta la società, per poter così raggiungere la via della pace e dello sviluppo basato su giustizia, verità, onestà e solidarietà”. “Come peruviani assumiamo la ricchezza della fede, la cultura e i valori cristiani per costruirvi una patria grande e sovrana – si legge nel messaggio riportato dall’agenzia Fides – le sfide che ci attendono ora sono il rispetto delle leggi legittime, specialmente quelle necessarie alla crescita e allo sviluppo; un servizio onesto e fedele da parte delle persone che formano l’istituzione dello Stato e la società peruviana; gesti concreti di solidarietà con i più deboli”. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 208

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.