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Sommario del 22/07/2013
In volo verso Rio. Il Papa: rischiamo generazione senza lavoro, ridare dignità ai giovani
◊ Un viaggio per incontrare i giovani che non vanno isolati ma aiutati ad affrontare le difficoltà di ogni giorno come quelle lavorative. E’ uno dei concetti espressi ai giornalisti da Papa Francesco nel volo che lo sta portando a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale della gioventù. Un particolare accento è stato posto dal Pontefice sul rischio di avere una generazione senza lavoro. Ci riferisce Benedetta Capelli:
Clima cordiale sul volo Roma – Rio de Janeiro. Il Papa ha incontrato brevemente i giornalisti – una settantina: ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi – ed ha indicato una linea per il suo viaggio in Brasile. “Vado a trovare i giovani”: ha detto Papa Francesco, giovani non isolati ma calati nella realtà di tutti i giorni anche perché il loro isolamento è “un’ingiustizia”. I ragazzi – ha evidenziato – hanno un’appartenenza precisa; appartengono ad una famiglia, ad una patria, ad una cultura e ad una fede. Dunque hanno una ricchezza che costituisce il futuro di un popolo ma – ha aggiunto Papa Francesco – il futuro è anche degli anziani perché sono loro i depositari della “saggezza di vita”, della storia, della patria e della famiglia. “Un popolo ha futuro – ha proseguito – se va avanti con la forza dei giovani e con gli anziani”.
Poi una riflessione sulla crisi economica mondiale e sulla possibilità per i giovani di trovarsi senza lavoro. “Abbiamo il rischio di avere una generazione che non ha avuto lavoro”: ha evidenziato il Papa mentre è dal lavoro che viene “la dignità della persona”, “dal guadagnarsi il pane”. Da qui un pensiero sulla cultura dello scarto che si riflette nel mettere da parte anche gli anziani mentre è necessario promuovere una “cultura dell’inclusione, una cultura dell’incontro”. Poi l’invito ai giornalisti: “vi chiedo di aiutarmi – ha concluso il Papa - e lavorare per il bene della società dei giovani e degli anziani”.
Ad introdurre l’incontro con il Papa è stato padre Federico Lombardi che ha presentato al Pontefice i giornalisti presenti compresi 10 brasiliani, venuti dal loro Paese, per volare insieme a Francesco. Poi altri dieci dagli Stati Uniti d’America; nove della Francia, sei della Spagna, inglesi, messicani, tedeschi e anche reporters dal Giappone, dall’Argentina, dalla Polonia, dal Portogallo e dalla Russia. A salutare il Papa, a nome di tutti i giornalisti, è stata Valentina Alazraki, corrispondente in Italia per il network messicano Televisa, che gli ha regalato una piccola statua della Vergine di Guadalupe, "non solo la Regina del Messico - ha detto la giornalista - ma Patrona di tutta l'America”. Nel suo breve saluto di introduzione, Alazraki ha citato l'episodio biblico di Daniele nella fossa dei leoni, riferendosi ai giornalisti che spesso vengono dipinti come tali. Il Papa ha scherzato su questo punto affermando che i leoni “non erano poi così cattivi” ed ha confessato di non dare interviste perché è faticoso farle.
Papa Francesco partito per Rio de Janeiro
◊ E’ iniziato il primo viaggio apostolico internazionale di Papa Francesco: l’aereo papale, un Airbus A330 dell’Alitalia, è decollato alle 8.53 dall’aeroporto di Fiumicino alla volta di Rio de Janeiro. A salutare il Pontefice, che aveva con sé un bagaglio a mano, anche il premier Enrico Letta. L'aereo è previsto che atterri all'aeroporto Internazionale Galeão/Antonio Carlos Jobim di Rio alle 16.00 locali, saranno le 21.00 in Italia. In Brasile sono già giunti tantissimi giovani per la 28.ma Giornata mondiale della gioventù. Quest’anno sarà un Papa latinoamericano venuto dal suo stesso continente a rinvigorire la fede, a ridare speranza e a spingere i giovani alla missione, come recita il tema della Gmg pensato già da Benedetto XVI: “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”. Una Gmg cui Papa Francesco ha voluto dare un’impronta personale con la tappa al santuario di Aparecida e gli incontri alle “periferie” degli ultimi: favelas, ospedali e detenuti. Il servizio del nostro inviato, Roberto Piermarini:
Ad Aparecida mercoledì prossimo Papa Francesco, confermando il suo amore per la Madonna, affiderà ai piedi della Vergine non solo la Gmg ma anche il suo pontificato mentre in serata visiterà l’ospedale San Francesco specializzato nel recupero di dipendenti da alcool e droga. Un dramma quest’ultimo che ha visto “padre Jorge” in prima linea nei suoi 14 anni da arcivescovo di Buenos Aires. Alla favelas di Varginha – periferia geografica, morale ed economica di Rio, “bonificata” da criminalità e narcotraffico da un programma di recupero governativo - si recherà giovedì mattina mentre venerdì incontrerà gli esclusi per eccellenza: i carcerati. Al suo arrivo a Rio oggi pomeriggio, saranno ad accoglierlo la Chiesa locale e la presidente Dilma Rousseff la quale, per l’occasione, ha invitato a Rio tutti i presidenti dell’America Latina. Ma Papa Francesco entrerà nel vivo della Gmg – orientata sul tema della missionarietà - giovedì pomeriggio quando sullo sfondo dell’incantevole lungomare di Copacabana sarà accolto dai giovani giunti da ogni parte del mondo: due milioni secondo le ultime stime. Venerdì mattina – giornata penitenziale – il Pontefice confesserà alcuni ragazzi della Gmg nel Parco della Quinta da Boa Vista mentre a mezzogiorno reciterà l’Angelus. Come è ormai consuetudine in ogni Gmg, il Papa consumerà il pranzo con 12 giovani, in rappresentanza dei cinque continenti. Venerdì sera, sarà ancora il litorale di Copacabana a fare da sfondo alla Via Crucis dei giovani. Sabato, Giornata della gioia, dopo la Messa in cattedrale con i vescovi ed i sacerdoti presenti a Rio e l’incontro con la classe dirigente brasiliana, Papa Francesco in serata si recherà nella immensa spianata di Guaratiba ribattezzata “Campus Fidei”, per la grande Veglia di preghiera con i giovani che rimarranno lì tutta la notte in attesa, domenica mattina, della celebrazione conclusiva della Gmg. Celebrazione a cui seguirà l’Angelus. Prima di lasciare Rio, Papa Francesco incontrerà il Comitato di coordinamento del Celam riunito nella città carioca e 15mila volontari, in rappresentanza dei 60mila che hanno reso possibile la riuscita del grande raduno giovanile in terra brasiliana. Nel corso della sua permanenza a Rio – dove si sposterà in jeep scoperta per un miglior contatto con la gente - tra i tanti appuntamenti del Papa, è prevista anche la benedizione delle bandiere olimpiche per i Giochi del 2016 e la consegna delle chiavi della città di Rio. Un gesto simbolico per un Papa che con i suoi gesti e le sue parole di misericordia, ha già “aperto” il cuore di molti.
Tweet del Papa: "Sto arrivando in Brasile e il mio cuore è pieno di gioia"
◊ Poco dopo la partenza da Fiumicino il Papa ha lanciato un tweet: “Sto arrivando in Brasile fra qualche ora – scrive rivolgendosi ai giovani - e il mio cuore è già pieno di gioia perché presto sarò con voi a celebrare la 28^ GMG”. Sull’account @Pontifex i follower sono oltre 7 milioni e 600 mila.
Gmg. Scambio di messaggi tra il Papa e Giorgio Napolitano: i giovani siano testimoni di speranza
◊ Scambio di messaggi tra Papa Francesco e Giorgio Napolitano, in occasione del viaggio apostolico a Rio de Janeiro. “Nel momento in cui mi accingo a partire per il Brasile” – scrive il Pontefice – “per incontrare i giovani provenienti da tutto il mondo e incoraggiarli ad essere testimoni di speranza e artefici di pace, mi è gradito rivolgere a lei signor presidente e a tutti gli italiani il mio cordiale saluto, che accompagno con i più fervidi auspici di serenità e di fiducia nel futuro”.
Nel suo messaggio, il capo di Stato italiano sottolinea che "il rinnovato slancio” con cui la “guida pastorale” di Papa Francesco “potrà ispirare la mente e il cuore dei tanti partecipanti costituirà” un “deciso richiamo ad affrontare in spirito di unità, apertura ed entusiasmo le importanti sfide della società contemporanea". "In un periodo di fragilità culturale e materiale per tanti giovani - prosegue Napolitano - grande è l'attesa per un messaggio di coraggio e di speranza. La Giornata Mondiale della Gioventù costituisce, per ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte del mondo, l'occasione di confrontarsi per progredire attraverso il dialogo fra culture e tradizioni diverse". "Mi è gradita l'occasione - conclude il capo dello Stato – per rinnovarle i sensi della mia profonda stima e considerazione".
Nel suo viaggio verso il Brasile, il Papa ha inviato telegrammi anche ai presidenti dei Paesi sorvolati, Algeria, Abdelaziz Bouteflika; Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz; Senegal, Macky Sall, invocando su quelle popolazioni “l’abbondanza delle benedizioni divine”.
L'arcivescovo di Rio: "E' una Gmg latinoamericana, benvenuto Santo Padre!"
◊ A salutare il Papa al suo arrivo all’aeroporto di Rio de Janeiro ci sarà anche mons. Orani João Tempesta, arcivescovo della città carioca. Ascoltiamolo al microfono di Silvonei Protz:
R. – E’ con molta emozione che vogliamo accogliere il Santo Padre qui a Rio de Janeiro. Da Rio, dal Brasile, noi e tutti i giovani del mondo che adesso sono qui, vogliamo dire che vogliamo molto bene al Santo Padre e siamo sicuri che sarà ben accolto fra noi. Sappiamo che il Papa viene per confermare tutti i suoi fratelli nella fede e vogliamo che, una volta arrivato a Rio, senta in ogni momento la nostra gioia, la nostra fedeltà al Signore, il nostro cercare Gesù Cristo e vivere questi giorni insieme a lui.
D. - Naturalmente è stato un lungo cammino per arrivare a questo giorno dell’arrivo del Santo Padre. Ci sono tantissimi giovani che vengono da tutto il Brasile, dall’America Latina, anche dall’Europa e dal mondo intero. Quale è l’augurio per i giovani che stanno aspettando il Santo Padre?
R. – Questa Gmg è una Gmg latinoamericana. La maggioranza dei giovani iscritti sono dell’America Latina; qui a Rio de Janeiro ci sono più o meno 180 Paesi del mondo, potremmo dire che è quasi tutta l’organizzazione delle Nazioni Unite. Qui a Rio si sentiranno parlare più di 55 idiomi diversi. Credo che i giovani che accoglieranno il Santo Padre vorranno sapere come vivere la fede, come camminare sulla strada di Gesù Cristo e come essere persone che vivono nel mondo e come renderlo migliore.
D. – Cosa accadrà dopo questo passaggio, questo vento che sentiremo spirare con l’arrivo dei ragazzi, che è un arrivo di gioia. Questo vento come rimarrà a Rio de Janeiro?
R. – Credo che noi e tutti i giovani che sono in questa bella città - che è diventata più bella grazie all’arrivo di tanti giovani! – non dimenticheremo mai questo momento e non dimenticheremo mai quello che dirà il Papa a tutti noi sulla nostra fede, sulla nostra vita. Vogliamo seguire le indicazioni del Santo Padre, la sua parola. Dopo, torneremo nelle nostre case, alla nostra vita, più ricchi dei valori acquisiti e con un cuore nuovo per fare un’umanità nuova.
D. - Possiamo dire allora: benvenuto Francesco…
R. – Sì, benvenuto Papa Francesco a Rio! Benvenuto in Brasile, in America Latina, benvenuto per stare insieme con i giovani di tutto il mondo!
Il card. Scherer: il Brasile è migliorato, ma bisogna fare ancora tanto per la giustizia sociale
◊ Rio de Janeiro sta accogliendo in queste ore centinaia di migliaia di persone. Ma quale Brasile troveranno quanti partecipano alla Gmg. Uno dei nostri inviati, Silvonei Protz, lo ha chiesto al cardinale Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo:
R. - Io direi che troveranno un Brasile cambiato rispetto a quello che era stato fino a 10, 20 anni fa. Oggi abbiamo un Paese che ha uno sviluppo economico abbastanza intenso, ma che ha bisogno ancora di distribuire meglio le risorse, far partecipare meglio tutta la popolazione. Abbiamo certamente ancora moltissimi poveri e gran parte della popolazione non sente ancora migliorata la loro vita, malgrado il Paese si trovi attualmente in una condizione economica abbastanza vantaggiosa. Quello che posso dire è che troveranno un Paese come sempre accogliente, ospitale, un Paese con moltissime facce diverse, molte etnie, molte culture dove tuttavia tutti si sentono brasiliani, amano il Paese, sono fieri del Paese e sono contenti di accogliere i giovani. Certo, i giovani si preparino anche a qualche disagio, può darsi che non trovino ovunque il conforto che si aspettavano, ma l’esperienza della Giornata sarà sicuramente fantastica. Un incontro gioioso, un incontro di Chiesa, di fede in un Paese che può dare al mondo un segno di speranza.
D. - Le manifestazioni delle ultime settimane in Brasile preoccupano un po’ l’organizzazione ed i giovani che vengono da fuori?
R. - Direi che queste manifestazioni non sollevano preoccupazioni particolari per l’organizzazione della Giornata. Che queste manifestazioni abbiano anche in qualche modo un riflesso nei giorni della Giornata è possibile, anzi direi che il contrario non sarebbe normale vista l’adunanza di tanti giovani ed anche per le insoddisfazioni sociali dei giovani, di molti giovani per un Paese che ancora deve fare tanto per la giustizia sociale, per la solidarietà sociale… Non sarebbe normale se tutto questo non avesse anche qualche riflesso nella Giornata. Però questo non dovrà compromettere la realizzazione della Giornata, questo sicuramente non avverrà ed i giovani potranno muoversi tranquillamente senza avere paura. Le manifestazioni durano ormai da tre settimane, sono organizzate pacificamente e non ci sono fatti particolari di violenza, di repressione. Perciò la Giornata mondiale della gioventù si svolgerà sicuramente in sicurezza, in tranquillità e serenità.
Gioia ed emozione tra i giovani a Rio: la Gmg, una forte esperienza di Chiesa
◊ Cresce l’attesa tra i giovani pellegrini che in queste ore stanno arrivando numerosi a Rio di Janeiro, per incontrare Papa Francesco. Domani alle 19.30 sulla spiaggia di Copacabana, la Messa di apertura delle Giornate mondiali presieduta dall’arcivescovo della città carioca, mons. Orani João Tempesta. Il servizio di Marina Tomarro:
Finalmente Rio! Sono arrivati in tanti e continuano ad arrivare i giovani pellegrini italiani per vivere questa Giornata Mondiale della Gioventù e rendere ancora più bella la "Città meravigliosa". La prima per molti di loro e la prima anche per Papa Francesco. Forse per questo lo sentono così vicino e aspettano con ansia di incontrarlo. Ma cosa li ha spinti a venire nella città carioca? Ascoltiamo alcuni giovani:
R. – Per me è la prima Gmg. Non sono stata a Madrid, ma tutti i miei amici me ne hanno parlato benissimo. Volevo venire a tutti i costi a Rio, non solo perché è un posto nuovo, lontano, ma anche perché c’era la curiosità di conoscere questo nuovo Papa, conoscere nuove persone, un nuovo popolo. Sono emozionatissima!
R. – La cosa che mi spinge è quel pizzico di fede, perché così bisogna definirlo; c'è il fatto di sentirsi tutti Chiesa e questo spinge a sentirci unico corpo di Cristo, proprio Chiesa.
D. – Come ti aspetti di vivere queste Giornate Mondiali della Gioventù, anche incontrando coetanei di tutto il mondo?
R. – Oggi abbiamo avuto un piccolo anticipo, stando qui da stamattina. C’è subito confidenza e la fratellanza qui è più palpabile, più visibile. Non capita, infatti, tutti i giorni di incontrare tantissimi ragazzi. E’ come se ci si conoscesse da tanto tempo.
Ma prima di arrivare a Rio per molti di loro c’è stato un cammino di preparazione. Ascoltiamo don Nello Crescenzi, di Montecassino, e poi don Francesco Rossolini, di Parma:
R. – Quest’anno i ragazzi che hanno partecipato sono una trentina e vengono da diverse parrocchie della diocesi di Montecassino. La scelta è stata quella di lasciarli fare il cammino ordinario, all’interno delle loro parrocchie, e che li preparasse a questo momento . Per questo motivo, la maggior parte di loro è già impegnata nei cammini parrocchiali dell’Azione Cattolica, della catechesi, della pastorale giovanile. Di conseguenza questa tappa rappresenta non solo un punto di arrivo, ma anche un punto di inizio.
D. - Don Francesco Rossolini, voi come vi siete preparati?
R. – Noi ci siamo preparati in tre momenti: uno di preghiera e due di preparazione tecnica. Quindi c’è stato il mandato del vescovo nel Santuario della nostra città, a Parma, in Steccata. Ogni parrocchia poi ha aggiunto a questi momenti diocesani dei momenti particolari.
D. – La Gmg di questi ragazzi non si ferma a Rio, ma prosegue oltre...
R. – Sicuramente. Noi abbiamo anche fatto la scelta di andare in missione una settimana dopo Rio. Andremo quindi nella Guyana, per condividere l’esperienza della missione. Direi, però, che il motto della Giornata Mondiale della Gioventù “Andate, annunciate a tutte le genti”, per noi sarà proprio vero, soprattutto dopo, sia per esperienza missionaria, sia nel ritorno a Parma.
Alla Gmg l'impegno dei volontari: la testimonianza di una traduttrice italiana
◊ Sono 60mila i volontari presenti alla Giornata mondiale della gioventù di Rio. Diversi i settori nei quali operano, dall’accoglienza, alla distribuzione dei kit del pellegrino, ma anche nella traduzione dei discorsi del Papa. Al microfono di Silvonei Protz ascoltiamo la testimonianza di uan volontaria italiana, Claudia Giampietro:
R. – Sono volontaria del settore di comunicazione e coordino le traduzioni del sito web ufficiale e anche due equipe per la preparazione del programma radio che avremo durante gli eventi ufficiali. Quindi seguiremo, con una copertura delle traduzioni simultanee, tutti gli eventi principali della Giornata Mondiale della Gioventù.
D. - Da quando sei qui come volontaria?
R. – Sono arrivata alla fine di marzo.
D. - Come stai vivendo questa esperienza?
R. – Per me è stato un dono grande, un percorso che segue la partecipazione alle giornate diocesane per i giovani del 2012. Ho cominciato a lavorare già a distanza, traducendo, sempre per il sito ufficiale, fino al mio arrivo qui.
D. – Vedendo tutti questi giovani che arrivano adesso a Rio de Janeiro e il Santo Padre che arriva, che ti dice il cuore?
R. – E’ un’esplosione di gioia, di emozione! Spero di essere in grado di trasmettere tutto quello che sto provando e il messaggio - che noi traduttori tradurremo - del Santo Padre a tutti i giovani che saranno presenti.
Mons. Vittorio Lanzani nuovo delegato pontificio per la Basilica di Sant'Antonio in Padova
◊ Il Santo Padre ha nominato delegato pontificio per la Basilica di Sant'Antonio in Padova mons. Vittorio Lanzani, vescovo titolare di Labico, delegato della Fabbrica di San Pietro. Mons. Lanzani è nato 62 anni fa a Marcignago, in diocesi di Pavia. Ordinato sacerdote a 25 anni, è stato consacrato vescovo il 6 gennaio 2002.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ La voce di Gesù: in prima pagina, un editoriale del direttore sul viaggio del Papa.
In rilievo, nell'informazione internazionale, l'azione diplomatica per uscire dalla crisi siriana.
Casa tra le case: Giuliano Zanchi sugli sviluppi dell'architettura liturgica in Italia dopo il concilio Vaticano II.
Degenerazione psichiatrica: Giovanni Cerro su eugenetica e biopolitica tra il XIX e il XX secolo.
Morire con la matita in mano: in un articolo di Silvia Guidi una storia da Rio de Janeiro.
Un articolo di Paolo Siniscalco dal titolo "Quella devozione per il 'tredicesimo apostolo'": il culto di Costantino tra oriente e occidente.
Intossicati di cyber utopismo: Cristian Martini Grimaldi sul lato oscuro della libertà della rete.
Negoziati israelo-palestinesi, padre Pizzaballa: anteporre la pace ad ogni interesse di parte
◊ Spiragli di pace in Medio Oriente: c’è un accordo di base per la ripresa dei negoziati tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese. L’annuncio è stato dato dal segretario di Stato americano, John Kerry, precisando che i colloqui, dopo uno stallo durato anni, potrebbero essere riavviati presto a Washington. Sul rilancio dei negoziati in Medio Oriente, Amedeo Lomonaco ha intervistato padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:
R. – Le speranze sono tante, come sempre, ma anche la prudenza. Devo dire che qui non c’è moltissimo entusiasmo nei media, ma anche tra la popolazione, perché sono già stati tanti i tentativi e tante anche le frustrazioni. Comunque, allo stesso tempo, c’è anche la speranza che questa volta sia la volta buona.
D. – Il modo migliore per dare una possibilità a questi negoziati - ha detto, tra l’altro, Kerry – è che siano riservati…
R. – E’ assolutamente vero, perché qualsiasi fuga di notizie scatenerebbe, tra le diverse fazioni in favore o contrarie, tante tensioni e anche tante pressioni. Quindi è meglio che non si sappia nulla e che ci sia l’annuncio solo ad accordo firmato.
D. – E’ importante anche che non ci siano, probabilmente, dei paletti iniziali…
R. – Assolutamente vero! Se si comincia subito il dialogo mettendo condizioni - questo sì, questo no – è un modo sicuro per far fallire il dialogo. Il dialogo deve essere a 360 gradi, da ambo i lati e su tutto, sapendo che poi bisognerà arrivare ad un compromesso. Ma bisogna partire con l’idea e con la disponibilità a mettere in discussione tutto, anteponendo una pace complessiva ad ogni altro interesse.
D. – Una disponibilità che non mancherà sicuramente sarà quella della Chiesa di Terra Santa…
R. – I cristiani e le chiese sono assolutamente favorevoli a qualsiasi forma di incontro e di dialogo. Prenderemo delle iniziative, di preghiera soprattutto, perché questo nuovo dialogo abbia successo.
D. – Gli ostacoli non mancano, eppure questa volta la sensazione è che veramente il dialogo possa arrivare a delle mete fino a qualche tempo fa insperate…
R. – Abbiamo bisogno non solo di dialogo, ma anche di concretezza, di soluzioni concrete. Il Medio Oriente è a ferro e fuoco - tutto il Medio Oriente – e non possiamo presumere che la Terra Santa, Israele, il conflitto israelo-palestinese, non siano coinvolti in questi cambiamenti. E’ importante prepararsi al futuro, costruendo un futuro basato sulla giustizia e sul riconoscimento reciproco.
Attacchi islamisti nel Sinai: almeno 6 morti
◊ E' di almeno sei morti, tra poliziotti, militari e civili, e 11 feriti il bilancio complessivo dei nuovi attacchi compiuti la notte scorsa da miliziani islamisti nel Sinai settentrionale, dove sono stati assaltati dieci commissariati e posti di blocco militari sia nel capoluogo, el-Arish, sia a Rafah, al confine con la Striscia di Gaza. Sui motivi di queste violenze nella regione egiziana, dove imperversa anche la piaga dei sequestri di persona, Giancarlo La Vella ha sentito Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente del portale “Equilibri.net”:
R. - E’ stato sempre così, storicamente, sin dagli accordi di pace che l’Egitto ha stretto con Israele e che hanno segnato il momento in cui la penisola del Sinai è ripassata sotto il controllo egiziano. Negli ultimi giorni le violenze sembrano soggette ad una escalation e questo sicuramente, da un lato, è connesso alla situazione politica egiziana, con la crisi che dal 3 luglio crea un momento di instabilità in tutto il Paese, ma soprattutto nella penisola del Sinai, che è la regione più sensibile.
D. – Nel Sinai si sta svolgendo anche il dramma delle tante persone sequestrate. Qual è l’obiettivo di questi movimenti che danno vita a violenze e attacchi?
R. – Oltre a vari gruppi criminali operano anche gruppi jihadisti, che fanno parte della galassia dell’islamismo radicale. Il Sinai ha sempre avuto una doppia funzione per questi gruppi: una è quella di una vera e propria base logistica per attività anche, eventualmente, fuori la penisola del Sinai e fuori dall’Egitto. Poi in questo particolare momento non è da escludere invece che la presenza di gruppi jihadisti e islamisti radicali sia invece mirata all’Egitto stesso. E’ una sorta di reazione a quello che è accaduto e alla mossa politica che è stata fatta dall’esercito in Egitto. Sicuramente non si può non notare che vi è proprio una correlazione temporale tra l’estromissione degli islamisti moderati al potere e questa escalation di violenza da parte di islamisti radicali invece nel Sinai.
L’Ue inserisce Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche
◊ L’Unione Europea ha inserito l’ala militare di Hezbollah nella lista nera del terrorismo. L’intento, secondo gli esperti, è di cercare di separare la parte militare del movimento da quella del partito che, in Libano, ha milioni di elettori. Su questa decisione dell’Ue Amedeo Lomonaco ha intervistato Lorenzo Trombetta, corrispondente da Beirut per l’Ansa:
R. - E’ una decisione importante, dal punto di vista politico ininfluente, perché i membri del braccio armato di Hezbollah, da quando la decisione entrerà in vigore in Europa, non potranno entrare nei Paesi membri dell’Unione con un visto e i loro eventuali beni presenti nelle banche europee saranno congelati; detto questo, è evidente che membri ufficiali dell’ala armata di Hezbollah non girano in Europa con tanta facilità e i loro beni - se c’erano in Europa - sono stati da tempo trasferiti altrove.
D. - E’ una decisione, questa, frutto di un ampio dibattito all’interno dell’Unione Europea...
R. - Il dibattito sulla messa al bando del braccio armato di Hezbollah da parte dell’Unione Europea va avanti da molto tempo. Hezbollah ha già avviato le eventuali contromosse da questo punto di vista: tra l’altro, i ministri dell’Unione Europea hanno detto nei giorni scorsi che questa eventuale decisione - che poi oggi è stata presa - non avrebbe influito sui rapporti politici tra Bruxelles e tutti gli attori politici libanesi, ricordando appunto che Hezbollah è un partito membro non solo del Parlamento, ma anche del governo dimissionario.
D. - Quali i sentori di una possibile operatività di Hezbollah in Europa?
R. - Ci sono stati due casi evidenti. Un membro di Hezbollah ha confessato al Tribunale cipriota di esser parte dell’organizzazione libanese e di essere lì a Cipro per coordinare delle attività e delle azioni del movimento sciita; mentre un anno fa - il 18 luglio del 2012 - in un attentato in Bulgaria, dove furono uccisi tra l’altro alcuni israeliani, le autorità bulgare hanno successivamente individuato alcuni membri di Hezbollah come autori, e forse addirittura anche mandanti, dell’attentato. Il processo è ancora in corso, ma soltanto l’ombra di un sospetto ha spinto alcuni membri dell’Unione Europea ad avanzare la richiesta di inserire Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche.
D. - L’intento è di cercare di separare l’ala militare del movimento da quella del partito, che ha milioni di elettori. E’ realizzabile questa divisione tra le due facce di Hezbollah?
R. - Non è riuscita da parte di altri Paesi europei, che hanno inserito già da anni Hezbollah nelle proprie liste nere nazionali. Per questo gli Stati Uniti, da tempo, hanno inserito tutta l’organizzazione - la parte politica e militare e quella sociale ed economica nella stessa lista terroristica, proprio perché è un partito i cui vertici dominano tutti i vari bracci della sua azione. Quindi è difficile distinguere poi, nel dettaglio, se un membro appartiene a quella ala o all’ala politica.
D. - In Libano, dove Hezbollah gestisce ospedali, scuole e strutture caritative, il movimento probabilmente non è percepito dalla maggior parte della popolazione come un’organizzazione terroristica…
R. - Assolutamente! Innanzitutto per la stragrande maggioranza dei libanesi, Hezbollah ha ancora una eredità, una legittimità come movimento di resistenza armato contro l’occupazione israeliana. Nessuno considera Hezbollah un movimento terroristico! Però la legittimità politica e pubblica di Hezbollah, in questi anni, ha subito un calo sempre più marcato: la legittimità di Hezbollah si è mantenuta, ma sono emerse delle crepe in questa sua popolarità, perché molti hanno sostenuto che Hezbollah avesse tirato dentro il Libano in una guerra - nel 2006 - dai costi umani e infrastrutturali molto alti. Queste ulteriori crepe sono emerse in modo più evidente da quanto Hezbollah è coinvolto militarmente e pubblicamente nella guerra in Siria, al fianco delle truppe del presidente Bashar al- Assad.
Elezioni in Giappone: la politica espansiva premia Shinzo Abe
◊ Netta affermazione della coalizione del premier, Shinzo Abe, alle elezioni per la Camera alta tenutesi domenica in Giappone. A soli sei mesi dalla conquista del Senato, il partito liberaldemocratico, insieme all’alleato New Komeito, controlla ora entrambi i rami del parlamento e rilancia la piena attuazione della cosiddetta "Abenomics": riforme istituzionali e misure espansive per spingere il Paese fuori dalla stagnazione economica. Per un’analisi del risultato elettorale, Marco Guerra ha intervistato Leonardo Becchetti, docente di economia politica all’Università Tor Vergata:
R. - L’abilità di Abe è stata quella di mettere al centro della propria politica un forte tentativo di rilanciare domanda e di sostenere l’economia; e questo è stato premiato dagli elettori. Le politiche espansive hanno il sostegno dell’elettorato, si capisce che sono politiche per la gente, per cercare di far ripartire l’economia e per lottare contro la disoccupazione. Il problema è ovviamente quello della loro sostenibilità nel tempo.
D. - Con il controllo di entrambe le camere, Abe promette un’accelerazione sulle politiche economiche. Cosa dobbiamo aspettarci?
R. - Credo che lui continuerà sulla strada già intrapresa, che è stata una strada particolarmente energica: ha raddoppiato l’offerta monetaria per far uscire il Paese dalle “secche” di una lunga recessione. Ora questa politica conta sul fatto che poi il debito pubblico del Giappone è sì altissimo, ma può contare sul fatto che gran parte di questo debito è posseduto dai giapponesi stessi che non hanno nessun interesse a fare speculazione e a mandare in fallimento lo Stato. Quindi, tra l’estremo di Abe e quello invece che guarda solo al rigore del bilancio della Germania, sicuramente c’è una via di mezzo, c’è una virtù di mezzo che andrebbe probabilmente perseguita. Quindi, la lezione di queste elezioni spero spinga le politiche europee ad essere un po’ più coraggiose.
D. - Abe è considerato un nazionalista e non ha mai nascosto la volontà di ridare dignità alle forze armate. Sul piano dei rapporti regionali con Cina e Corea, quale sarà la linea?
R. - Su questo si spera che si prosegua su una strada di integrazione regionale e di pacificazione. Nessuno vuole tornare ai vecchi fantasmi e da questo punto di vista bisogna dire che anche la Cina ha avuto un atteggiamento sempre molto prudente; non ha mai mostrato i muscoli a livello internazionale di grande potenza. Quindi, la speranza è che non ci sia nessun rigurgito e rinascita dei nazionalismi.
Ondata di violenza in Iraq: decine di vittime
◊ Notte di violenza in Iraq, dove uomini armati hanno assalito due carceri vicino Baghdad: il bilancio è di 41 morti e almeno 500 detenuti evasi. In un attentato avvenuto oggi a Mosul, invece, hanno perso la vita almeno 25 persone. Il servizio di Roberta Barbi:
Un doppio attacco durato almeno dieci ore: questo il bilancio delle violenze avvenute questa notte nelle prigioni di Al-Taji e Abu Ghraib, nei dintorni di Baghdad, dove solo l’intervento di elicotteri militari all’alba ha riportato la situazione sotto controllo. Molte le vittime in entrambe le strutture, sia tra i reclusi che tra i poliziotti e gli agenti carcerari, e un numero imprecisato di feriti. Secondo fonti governative gli assalitori si sono fatti strada con il fuoco e facendosi precedere da kamikaze; almeno 500 i detenuti fuggiti, alcuni dei quali appartenenti ad al Qaeda. E nella giornata di oggi un kamikaze a bordo di un’auto imbottita di esplosivo che seguiva un convoglio militare, ha approfittato di una sosta del veicolo per farsi esplodere nel quartiere di Kokchail a Mosul, e uccidere 22 soldati e tre passanti. In un’altra zona della città, infine, quattro agenti sono rimasti uccisi in un’imboscata.
Legge su omofobia. Nasce la Manif pour Tous Italia
◊ Si accende in Italia il dibattito sulla proposta di legge contro l’omofobia, in discussione alla Camera dal 26 luglio. Presentati centinaia di emendamenti ad una norma che prevede tra l’altro la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi partecipa ad associazioni contrarie al matrimonio gay. Quattro deputati del Pdl hanno proposto una moratoria legislativa sui temi etici. Oggi è stata annunciata la nascita di La Manif pour Tous Italia con l’autorizzazione dell’omonima francese e con taglio apolitico e aconfessionale, che giovedì prossimo manifesterà a piazza Montecitorio. Debora Donnini ha intervistato uno dei membri del comitato organizzatore della Manif pour Tous Italia, Fabio Buccone:
R. - Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare attraverso un’opposizione di piazza ed anche sui social network rispetto a questa legge che, qualora passasse, andrebbe a istituire un vero e proprio reato di opinione, per il semplice fatto che scoraggerebbe il dissenso da parte dei singoli cittadini anche associati ad opporsi ad esempio all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali o transessuali. In questo caso noi riteniamo che prevalga il diritto del bambino a vivere con un papà ed una mamma rispetto ad un presunto diritto della coppia omosessuale o transessuale ad averne uno.
D. - Perché voi nel vostro comunicato parlate di “legge bavaglio”?
R. - Parliamo di legge bavaglio per il semplice fatto che non permette ai singoli cittadini e alle associazioni di esprimere la propria posizione contraria o di dissenso, rispetto ad esempio ai matrimoni omosessuali. Ricordo che nella Commissione Giustizia del Senato sono in esame tre proposte di legge che parlano esplicitamente di matrimoni, di cui due esplicitamente di adozioni. In questo caso una manifestazione contro questo tipo di leggi sarebbe scoraggiata, perché sarebbe una manifestazione che va a discriminare un presunto diritto da parte appunto dei richiedenti.
D. - Quindi si troverebbero ad avere problemi anche persone che, secondo l’insegnamento della Chiesa cattolica, sostenessero che gli atti omosessuali sono “intrinsecamente disordinati”?
R. - Certo, qui c’è un problema anche di libertà religiosa: chiunque come cattolico sostenesse ciò che in sintesi viene espresso dal Catechismo della Chiesa cattolica, in questo caso sarebbe appunto passibile di denuncia. Questo riguarda un problema non soltanto della Chiesa cattolica ma anche di altre confessioni oppure di altre religioni.
D. - Voi sostenete che c’è già, in un certo senso, il codice penale per proteggere le persone di qualsiasi orientamento sessuale siano e chiaramente ribadite il rispetto verso le persone omosessuali…
R. – Sì, già il codice penale in linea con la Costituzione permette la difesa delle persone omosessuali, lesbiche e transessuali in questo caso. Noi ribadiamo con molta forza il rispetto della dignità umana e le varie forme in cui essa si esprime. Questo sì, lo ribadiamo con forza.
◊ Ancora una tragedia nel mondo del motociclismo. Un pilota perugino di 25 anni, Andrea Antonelli, è morto ieri a Mosca durante la gara del Mondiale Supersport dopo essere stato investito da un motociclista, che non è riuscito ad evitarlo a causa della nube d'acqua sollevata sulla pista bagnata. Un incidente che ricorda, in parte, quello costato la vita nell'ottobre 2011 a Marco Simoncelli a Sepang. Su questo nuovo dramma, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, il vicedirettore Gazzetta dello Sport, Umberto Zapelloni:
R. – Il motomondiale, le gare di motociclismo, le gare di Formula 1, le gare di auto in genere, sono pericolose. Però bisogna fare in modo che i pericoli, che non possono essere azzerati, vengano perlomeno ridotti. Ieri, invece, a Mosca non è stato fatto questo. Sono stati mandati in pista questi ragazzi in situazioni di visibilità e aderenza decisamente insufficienti. Io credo che di fronte al pericolo della vita di un protagonista, lo show si debba fermare e ieri l’errore è stato di fermarlo dopo che il fattaccio era già avvenuto; il povero Antonelli era già morto. Invece, quella era una gara che non doveva neppure partire.
D. - Le corse non si possono fermare. E’ veramente così?
R. – E’ difficile, lo abbiamo visto anche nel mondiale di Formula 1. Ricordiamo quello che è l’incidente clamorosamente più famoso, cioè quello che portò al decesso di Ayrton Senna, nel ’94, a Imola. La gara continuò, continuò mentre Senna moriva in ospedale, a Bologna, oppure era già morto in pista, come dice qualcun altro. Però quello fu un avvenimento eccezionale, un incidente dovuto a tutta una serie di coincidenze pazzesche. Ieri a Mosca, invece, la gara si doveva, non si poteva fermare, prima che cominciasse, perché quando ti rendi conto che le condizioni sono critiche devi evitare che questi piloti vadano in pista. Credo che debba esserci qualcuno che decida al di sopra dei piloti. Non si può chiedere a piloti giovani che sono lì per mettersi in luce di alzare una mano e dire: qui non si corre. Credo debba esserci un direttore di corsa, che in condizioni del genere, dice: qui non si corre, si aspettano condizioni migliori. Nel motomondiale succede quasi sempre. Bisogna che avvenga in tutte le categorie dove ci sono in pista piloti anche meno esperti.
D. – Il motociclismo piange un altro pilota: dopo la morte tragica di Simoncelli, anche questa di Antonelli…
R. – L’incidente di Simoncelli è molto diverso, anche se nella dinamica è molto simile a quello che ha portato via Antonelli, perché Simoncelli e Antonelli sono stati colpiti in una parte vulnerabile da un compagno che li seguiva. Ma mentre Simoncelli è caduto in una gara che si poteva tranquillamente correre, su una pista che per anni è stata teatro del mondiale sia di MotoGP che di Formula 1, ieri, Antonelli è andato a correre in condizioni in cui non si doveva correre, per una mancanza di visibilità ma anche di aderenza. I piloti, in quel rettilineo, erano in una nuvola d’acqua e non vedevano assolutamente nulla. E’ un rischio enorme quando lo fanno in un abitacolo della Formula 1. A cavallo di una motocicletta è qualcosa che non si deve assolutamente fare.
"Fidas Coast to Coast" in viaggio per i mari italiani per promuovere la donazione del sangue
◊ Continua la grande avventura di “Fidas Coast to Coast”, nuova iniziativa della Federazione italiana associazioni donatori di sangue. Due barche a vela partite da Imperia e da Trieste abbracceranno l’Italia attraverso percorsi paralleli per incontrarsi a Reggio Calabria il 27 luglio in occasione della settima edizione della Traversata della solidarietà. "Fidas Coast to Coast" toccherà 41 porti in 14 regioni italiane. Circa gli obbiettivi di questa iniziativa, Daniel Ienciu ha intervistato il presidente nazionale della Fidas, il dott. Aldo Ozino Caligaris:
R. - "Fidas Coast to Coast" nasce con un grande obiettivo, quello di continuare a promuovere la cultura della solidarietà e la cultura della donazione del sangue. Cultura della solidarietà che vede però la necessità di coinvolgere i cittadini declinata in tanti modi. Innanzitutto, per un grande coinvolgimento delle persone che ancora non sono sensibili a questo gesto: un gesto volontario, anonimo, gratuito, responsabile, periodico e associato del sangue dei suoi componenti che è alla base di un buon funzionamento del sistema trasfusionale nazionale a garanzia dei sistemi sanitari regionali e nazionali per assicurare a tutti i cittadini che ne hanno bisogno una terapia trasfusionale sicura e disponibile. Questo obiettivo si può raggiungere considerando la necessità oggi di coinvolgere maggiormente i giovani, le donne e i cittadini di altre culture che sono le persone che ancora non partecipano in maniera particolarmente attiva a questo gesto di volontariato.
D. - All’evento partecipano alcuni nomi famosi dello sport e attori...
R. – E’ stata una modalità di coinvolgere testimonial, come negli anni passati, che diano lustro alla manifestazione ma che diano l’opportunità di coinvolgere, sul tema della donazione e della solidarietà, persone e volti noti: volti noti che portano attraverso il loro contributo un messaggio legato sempre a corretti stili di vita e legato alla disponibilità.
D. - A sostenere questa iniziativa, oltre alle varie associazioni, ricordiamo la Facoltà di comunicazione dell’Università pontificia salesiana di Roma che da diversi anni collabora con la Fidas…
R. – L’iniziativa è stata patrocinata dal Centro nazionale sangue, dal ministero della Salute, dalla Società italiana di medicina trasfusionale e ha avuto anche il patrocinio della Lega navale, della Guardia costiera nazionale. Tutti patrocini, collaborazioni, che hanno reso possibile questo evento con 41 tappe e 26 eventi in poco più di 15 giorni, toccando veramente tutte le regioni d’Italia. E’ stato molto bello avere una collaborazione già nata precedentemente con la Facoltà di scienze della comunicazione sociale dell’Università pontificia salesiana, che ha messo a disposizione due studenti, Jolanda ed Ermanno, due laureandi, che attraverso la loro presenza, proprio durante il tour di "Fidas Coast to Coast", stanno operando riprese per dare una testimonianza di quello che è il risultato e il vissuto di questo evento.
India. Bambina di 3 anni stuprata e uccisa a Calcutta, la mobilitazione della Chiesa
◊ Orrore e sdegno a Calcutta, in India, per il ritrovamento in una discarica del corpo senza vita di una bambina di tre anni, che presentava evidenti segni di violenza sessuale. La piccola, appartenente a una famiglia di senzatetto, era scomparsa sabato e i parenti avevano immediatamente avvertito la polizia che ha già arrestato alcuni sospetti. La vicenda, avvenuta nella zona di Hastings, ha scosso molto l’opinione pubblica e un forte appello alla mobilitazione civile contro queste violenze, purtroppo sempre più frequenti nel Paese, viene dalla Chiesa cattolica: “Siamo tristi e sconvolti per quest’atto disumano – ha detto a Fides l’arcivescovo di Calcutta, mons. Thomas D’Souza – faremo ogni sforzo per rilanciare una riflessione pubblica e fermare queste azioni contro la dignità umana”. La Chiesa, dunque, chiama a raccolta le altre comunità religiose e le varie realtà della società civile che operano nel campo della formazione delle coscienze: “Come cristiani difendiamo il valore supremo e la dignità di ogni persona, soprattutto dei piccoli e deboli – afferma l’arcivescovo emerito di Calcutta, mons. Lukas Sirkar – assicuriamo la preghiera della comunità cattolica alla famiglia della bambina”. (R.B.)
Messico. La denuncia del vescovo: “Basta estorsioni e violenze”
◊ Estorsione e minacce di morte che sono sfociate in un tentato omicidio: è quanto accaduto a un sacerdote della diocesi di Cuernavaca, in Messico, la cui identità è rimasta anonima per motivi di sicurezza. A riferirlo alla Fides è, dunque, il vescovo della città, mons. Ramon Castro Castro che racconta come i tentativi di estorsione siano avvenuti in molte parrocchie telefonicamente, mentre nel caso in questione gli aggressori si siano recati personalmente dal prete: “Un’esperienza brutta e molto forte”, l’ha definita il presule che ha recentemente effettuato una visita alle parrocchie della sua diocesi. “Vi ho trovato un grande amore verso Dio e una grande speranza della popolazione – è stata la sua testimonianza – ma in tanti chiedono anche che la violenza e l’insicurezza cessino. Prego Dio perché tutti i fedeli e tutta la comunità civile e diocesana vedano il vescovo come strumento di Dio per contribuire a trovare la pace sociale”. La violenza è attualmente il problema più grave che affligge il Messico ed è legata soprattutto ai cartelli della droga e alle bande criminali. (R.B.)
Sri Lanka. Un vescovo accanto alla minoranza tamil che rivendica le proprie terre
◊ Il vescovo della diocesi srilankese di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, si è fatto portavoce della minoranza tamil residente nella provincia di settentrionale e ha presentato un ricorso alla Corte d’appello locale contro gli espropri indiscriminati che i militari stanno portando avanti nell’area. I terreni sequestrati – spiega AsiaNews – sono tutti appartenenti alla comunità tamil che da tempo denuncia le angherie dell’esercito, come sta avvenendo anche a Bharathipuramm vicino Vavuniya, dove intere famiglie sono state cacciate, accusate di occupare terreni di proprietà del Dipartimento forestale. Le province settentrionale e orientale dello Sri Lanka sono state le più colpite dalla guerra civile tra i ribelli delle Tigri Tamil – che qui volevano creare un loro Stato indipendente – e la maggioranza singalese, conclusosi con la vittoria di questi ultimi e perdite ingentissime da entrambe le parti. (R.B.)
Cina. Due scosse di terremoto nel nord-ovest, oltre 70 morti
◊ È stata di magnitudo 6.6 e non 5.9 come riferito in precedenza, l’intensità della prima delle due violente scosse di terremoto – a un’ora e mezza di distanza l’una dall’altra – che oggi hanno colpito la Cina occidentale, e precisamente un’area montuosa della provincia del Gansu, vicino allo Shaanxi. A correggere la stima è stato il centro sismologico di Pechino che ha invece confermato la magnitudo di 5.6 per la seconda scossa e ha registrato almeno 371 scosse di assestamento. Secondo un bilancio ancora provvisorio, le vittime sarebbero oltre 70 e centinaia i feriti, tra cui 400 piuttosto gravi. L’epicentro del sisma è stato a Dingxi, tra le cittadine di Meichuan e Puma, ma otto sono i centri gravemente colpiti con 1200 case distrutte e 21mila edifici seriamente danneggiati, oltre alle linee telefoniche e internet completamente saltate. A peggiorare la situazione sono le intense piogge che stanno cadendo ininterrottamente sulla zona. Centinaia sono i poliziotti, i soldati e i volontari impegnati nelle operazioni di soccorso. La provincia del Gansu è tra le meno popolate della Cina, ma l’area dove il sisma ha colpito ha una grande concentrazione di fattorie e case coloniche; qui nell’aprile scorso un altro terremoto aveva ucciso 164 persone e ne aveva ferite oltre seimila. (R.B.)
Coree, fallita trattativa su Kaesong. L’arcivescovo di Seoul: riprendere dialogo
◊ Si è concluso con un nulla di fatto il quinto round di colloqui tra le due Coree per la riapertura del sito industriale di Kaseong, geograficamente nel territorio nella Corea del Nord, ma dove si trovano diverse imprese sudcoreane che impiegano personale nordcoreano, chiuso unilateralmente da Pyongyang nell’aprile scorso, con il deteriorarsi dei rapporti tra i due Paesi. I negoziati riprenderanno giovedì prossimo. La riapertura di Kaesong non è soltanto “una necessità economica”, ma sarebbe anche “un simbolo di riconciliazione e unificazione da realizzare attraverso il dialogo e con grandi sforzi”: queste le parole dell’arcivescovo di Seoul, mons. Andrea Yeom Soo-jung, nell’omelia della Messa celebrata nella sua residenza episcopale, alla presenza di industriali e operai che lavoravano nel sito in questione. Prima della chiusura – ricorda AsiaNews – Kaesong era considerato un simbolo, poiché l’unico esempio di cooperazione tra le due Coree, nato nel 2002 dopo grandi sforzi diplomatici. “La chiusura del complesso ha causato diversi danni – ha aggiunto il presule – ma non si deve perdere la speranza e si deve continuare a pregare per la pace”. Alla Messa hanno partecipato anche alcuni membri di “Rosario”, la comunità cattolica di lavoratori di Kaesong che in questi anni si è riunita informalmente, dal momento che la libertà religiosa nel sito è vietata dalla Corea del Nord. (R.B.)
Incontro tra le Chiese di Perù e Cile per affrontare al meglio le sfide comuni
◊ Individuare i punti di forza comuni per affrontare al meglio le sfide che la società pone, naturalmente con il punto fisso di riferimento alla dottrina sociale della Chiesa: questo è stato il centro di un incontro svoltosi la settimana scorsa tra esponenti della Chiesa peruviana e della Chiesa cilena, due Paesi confinanti, accomunati da storia, geografia e fede cattolica. Come riferisce la Fides, per la Chiesa del Perù hanno partecipato all’evento che ha avuto luogo nella città di frontiera Tacna e Arica, il presidente della Conferenza episcopale locale, mons. Salvador Pineiro Garcia Calderon, il segretario dell’Episcopato peruviano e vescovo di Carabayllo, mons. Lino Panizza; per la Chiesa del Cile, il presidente dei vescovi mons. Ricardo Ezzati, il segretario e vescovo di Valdivia, mons. Ignacio Ducasse Medina. L’incontro è stato organizzato dall’Istituto di studi sociali-cristiani del Perù e dalla Commissione nazionale Giustizia e pace della Conferenza episcopale cilena, sotto gli auspici della Fondazione Konrad Adenauer. Tra i temi trattati, anche il ruolo sociale dei media, le proposte dei giovani come motori del cambiamento e, in generale, le analisi delle prospettive future delle due Chiese limitrofe di Perù e Cile. (R.B.)
L’allarme della Caritas italiana sul peggioramento della situazione in Guinea
◊ La Caritas italiana – che da anni lavora in Guinea, in particolare nella regione forestale – lancia l’allarme sull’aggravarsi della situazione nel Paese, dove da una settimana si registra una recrudescenza di violenze tra le prefetture di N’Zérékoré e Beyla, a un migliaio di km dalla capitale Conakry. Secondo un bilancio provvisorio e purtroppo destinato a salire, negli scontri sarebbero state uccise 77 persone, di cui già 54 sono i corpi identificati. Molti, inoltre, i danni materiali a case e chiese e innumerevoli gli sfollati, tra i quali anche il vescovo di N’Zérékoré, mons. Raphael Guilavogui, e molti sacerdoti della sua diocesi. Nel campo militare allestito nella città hanno trovato rifugio 2300 persone, mentre quello a Beyla ne ospita altre 1360, tra cui molti minori e donne che hanno bisogno di soccorso immediato. La Caritas italiana si è detta pronta a sostenere i primi interventi necessari nell’area: tra i progetti più importanti in campo c’è la costruzione di un centro medico-chirurgico nel villaggio di Guecké, che si trova proprio nella zona in cui si stanno verificando i disordini di questi giorni. (R.B.)
Il presidente della Comunità di Sant’Egidio in visita nella regione dei Grandi Laghi
◊ È in corso la visita del presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, alle Comunità della regione dei Grandi Laghi dove la Comunità ecclesiale è presente, cioè in Burundi, Rwanda e Kivu, nel Congo. L’obiettivo del viaggio è rafforzare i rapporti e approfondire il lavoro sulla pace in Paesi ancora sconvolti da conflitti. A Bujumbura, in Burundi, si è svolto un incontro cui hanno partecipato circa 700 persone, tra le Comunità di sette città locali, una rappresentanza proveniente dal Rwanda e una di Ulvira, nella Repubblica Democratica del Congo, dove Sant’Egidio aprirà una casa famiglia per anziani finanziata attraverso una colletta svoltasi a Pasqua in tutte le Comunità del mondo. L’attività di Sant’Egidio in Burundi è iniziata nel 1988, quando la sua opera è stata riconosciuta dal governo locale ed è culminata nel 2005 con la firma degli accordi di pace ad Arusha, alla presenza di Nelson Mandela. Grazie alla Comunità, che in Burundi si occupa di bambini, anziani in difficoltà e detenuti, il Paese ha abolito la pena di morte nel 2009. Per quanto riguarda il Congo, inoltre, a Bukavu, in Sud Kivu, dove si sono riuniti 500 giovani, la Comunità di Sant’Egidio ha rinnovato il proprio impegno a sostegno dei poveri e degli anziani abbandonati; a Goma, invece, gestisce una scuola per i figli dei rifugiati politici. (R.B.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 203