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Sommario del 19/07/2013
◊ E’ stato pubblicato oggi un Chirografo di Papa Francesco per l’istituzione di una Pontificia Commissione referente di studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede. Ce ne parla Sergio Centofanti:
“Le riflessioni di questi giorni sui positivi dati di Bilancio” del Vaticano – scrive Papa Francesco nel Chirografo - “ci inducono, sentiti i pareri di Eminentissimi Cardinali, di Fratelli nell’Episcopato e di collaboratori consultati sul tema, a proseguire nell’opera di introduzione di riforme nelle Istituzioni della Santa Sede, finalizzata ad una semplificazione e razionalizzazione degli Organismi esistenti e ad una più attenta programmazione delle attività economiche di tutte le Amministrazioni vaticane”.
A tale scopo, il Papa ha deciso di istituire “una Commissione referente che raccolga puntuali informazioni sulle questioni economiche interessanti le Amministrazioni vaticane e cooperi” con il Consiglio dei Cardinali “offrendo il supporto tecnico della consulenza specialistica ed elaborando soluzioni strategiche di miglioramento, atte ad evitare dispendi di risorse economiche, a favorire la trasparenza nei processi di acquisizione di beni e servizi, a perfezionare l’amministrazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, ad operare con sempre maggiore prudenza in ambito finanziario, ad assicurare una corretta applicazione dei principi contabili ed a garantire assistenza sanitaria e previdenza sociale a tutti gli aventi diritto”.
“Le funzioni istituzionali della Commissione – si legge nel Chirografo - non invadono l’ambito di competenza del governo e delle attività delle Amministrazioni interessate, che sono tenute ad una sollecita collaborazione con la Commissione stessa. Il segreto d’ufficio ed altre eventuali restrizioni stabilite dall’ordinamento giuridico non inibiscono o limitano l’accesso della Commissione a documenti, dati e informazioni necessari allo svolgimento dei compiti affidati”.
La Commissione terrà informato il Papa sul suo lavoro, consegnando gli esiti dello stesso e depositando l’intero archivio cartaceo e digitale alla conclusione del suo mandato. La Commissione – scrive il Papa – “viene dotata delle risorse, compresi interpreti e traduttori, e degli strumenti adeguati alle sue funzioni istituzionali”. Può, avvalersi della collaborazione di esperti e di società di consulenza “da individuare sia all’esterno, in tutto il mondo, che all’interno della Santa Sede che non si trovino in conflitto di interessi per l’esercizio di professioni, di funzioni o di incarichi connessi con le attività delle Amministrazioni vaticane”. Collabora, “a richiesta, con il Gruppo di lavoro di otto Cardinali costituito per lo studio di un progetto di riforma della Costituzione Apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana”. La Commissione è istituita dalla data del Chirografo, ovvero il 18 luglio 2013, e sarà sciolta su disposizione del Papa.
I membri della Commissione, tutti nominati dal Pontefice – riferisce un comunicato della Segreteria di Stato - sono laici, esperti di “materie giuridiche, economiche, finanziarie ed organizzative”, già illustri consulenti o revisori di istituzioni economiche vaticane o ecclesiastiche. Unico ecclesiastico è il segretario. Gli otto membri sono: il dott. Joseph F.X. Zahra (Malta), presidente; mons. Lucio Angel Vallejo Balda (segretario della Prefettura degli Affari Economici), segretario; il sig. Jean-Baptiste de Franssu (Francia); il dott. Enrique Llano (Spagna); il dott. Jochen Messemer (Germania); la sig.ra Francesca Immacolata Chaouqui (Italia); il sig. Jean Videlain-Sevestre (Francia); il sig. George Yeo (Singapore). Il dott. Zahra e il dott. Messemer sono revisori internazionali della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede.
“La Commissione – rileva il comunicato della Segreteria di Stato - inizierà i suoi lavori al più presto. Una prima riunione è prevista poco dopo il ritorno del Santo Padre dal Brasile. Il Santo Padre si augura una felice e produttiva collaborazione tra la Commissione e le Amministrazioni vaticane interessate dai suoi lavori”.
Il Papa saluta i giovani della Gmg con un tweet: ci vediamo a Rio fra soli tre giorni
◊ Il Papa saluta i giovani della Gmg con un tweet: “Molti di voi ragazzi siete già arrivati a Rio e tanti altri stanno arrivando in queste ore. Ci vediamo lì fra soli tre giorni” scrive Papa Francesco sull’account @Pontifex in nove lingue. Rio de Janeiro, in effetti, si sta già riempiendo di migliaia di giovani, provenienti da tutto il mondo per partecipare alla Giornata mondiale della gioventù che inizierà ufficialmente martedì prossimo. Il Papa arriverà nella città carioca lunedì pomeriggio: la festa dell’accoglienza dei giovani si svolgerà giovedì sera sul lungomare di Copacabana. Ma ascoltiamo le voci di alcuni giovani italiani al microfono di Marina Tomarro:
D. – Tra pochi giorni arriverà Papa Francesco: come vivete questa attesa?
R. – La viviamo con estrema gioia, perché siamo veramente desiderosi e felici di conoscere questo nuovo Papa, che è con i giovani e per i giovani. Quindi: “Viva il Papa!”. Aspettiamo che arrivi!
D. – Qual è l’emozione di essere qui a Rio de Janeiro?
R. – E’ l’altra parte del mondo! E’ un’emozione semplicemente veder la cartina e sapere che è dall’altra parte del mondo rispetto all’Italia.
R. – Un entusiasmo generale grande. Tanta gioia, soprattutto per l’accoglienza calorosissima che c’è stata riservata.
D. – E a te, invece, cosa ti ha spinto a venire qui?
R. – Sicuramente la figura di un Papa che è strepitosa! Non vediamo l’ora di incontrarlo la settimana prossima.
R. – Soprattutto questa nuova figura di questo Papa, molto vicino a giovani.
R. – Essere qui significa, anzitutto, dare una testimonianza della nostra fede in un momento in cui tanti giovani si ritrovano. Significa anche stringersi al fianco di un pastore grande, che è Papa Francesco, e dare una testimonianza viva di giovani che, anche nei nostri contesti universitari, si impegnano e danno la testimonianza di quanto sia bello vivere la vita buona del Vangelo.
D. – Invece tu sei una volontaria: cosa vuol dire fare il volontario per la Gmg?
R. – Fare la volontaria è una grande responsabilità per tutti noi. Abbiamo ruoli molto importanti: dalla catechesi al cordone di sicurezza per quando passerà il Papa, al servizio nelle tende... Adesso inizia la festa.
D. – Come attendi l’arrivo del Papa?
R. – Lo attendiamo a braccia aperte, come il Cristo Re Redentore, che è qui sopra di noi!
Il vescovo di Serrinha: la Gmg spinga i giovani a essere protagonisti in un tempo di crisi
◊ Le iniziative diocesane della settimana missionaria che precede i giorni della Gmg a Rio de Janeiro, sono nel vivo in tutto il Brasile. Mons. Ottorino Assolari, vescovo di Serrinha, della Congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo, da 22 anni è in missione nel Paese latinoamericano. Al microfono di Antonella Palermo spiega come ci si sta preparando a vivere questo grande evento mondiale con Papa Francesco:
R. – Noi abbiamo cercato di scaldare il cuore dei giovani, annunciando la venuta del Papa. Abbiamo posto in atto anche iniziative per aiutarli perché qui la maggior parte dei giovani è disoccupata e la situazione rendeva difficile la partecipazione. Ma ci siamo riusciti. Saranno 125 i giovani della nostra diocesi, ai quali si aggiungono 7 giovani della diocesi di Brescia. In questi giorni, insieme ai nostri giovani, faranno la preparazione. Io vedo che quando qualcuno arriva dall’Italia vede la vivacità di questa gente, la partecipazione, che è diversa dalla nostra in Italia, e questo potrebbe veramente aiutarli a capire che la Chiesa ha molti colori, molte facce e sono molto positive.
D. - Circa le manifestazioni sociali che si stanno svolgendo nel Paese, lei è preoccupato?
R. - Ho un po’ di preoccupazione, perché Rio de Janeiro è una città sempre piena, ci sono sempre movimenti, la situazione sociale incontra molto disagio, soprattutto nelle periferie, nelle favelas. Ma siamo fiduciosi. Ne abbiamo parlato alla Conferenza episcopale e crediamo che tutto sommato sarà un incontro molto bello. Le manifestazioni di questi ultimi due mesi hanno suscitato qualche problema, ma nella maggior parte dei casi sono state pacifiche. C’è stato solo qualche intransigente che ha voluto fare gesti di violenza. E’ ora che il popolo si svegli perché la situazione del Brasile non è delle più positive. Anche se a livello internazionale è un Paese emergente, già dà segni di stanchezza, di un’economia che pian piano sta tornando indietro e vedo che continua questa diseguaglianza tra le classi. Soprattutto lo vedo oggi, qui, dove mi trovo, nel nordest. Una regione semi-arida principalmente e quindi con molti problemi. Cosa fa il governo? Purtroppo fa assistenzialismo, risolve il problema di un giorno ma poi si resta tutto l’anno sprovveduti. Molti dei nostri giovani partono da qui e vanno in cerca di fortuna a San Paolo, a Rio de Janeiro, nel sud del Brasile, e qui abbiamo questo grande problema perché le nostre comunità di giovani sono decimate. A volte i giovani migliori, dopo che li abbiamo preparati e abbiamo fatto il corso di teologia partono in cerca di avventure e di nuovo restiamo spiazzati. E’ una realtà triste. Quelli che restano sono bravi, certo. Ma la famiglia è stata rovinata dai mezzi di comunicazione. Gli adolescenti di oggi non hanno ricevuto una vera educazione cristiana. Dobbiamo lottare contro questa situazione. Però, grazie a Dio, abbiamo ancora giovani che si impegnano, che ci seguono, e noi vorremmo proprio che questa Giornata mondiale della Gioventù li aiutasse a capire che hanno un ruolo importante non per il domani ma per l’oggi. La visita pastorale in tutta la diocesi è durata 5 anni. Ho fatto in tutte le comunità, in tutte le parrocchie, un incontro con i giovani, e sono stati incontri interessanti. Ripetevo loro quello che il documento di Aparecida continua a dire: i giovani devono evangelizzare i giovani, i loro coetanei, ma a partire da Gesù Cristo. Spero che, grazie a questa Giornata mondiale della Gioventù, quei 125 ragazzi che partono, ritornino con questo coraggio di manifestarsi. Devono avere coraggio, perché li vedo un po’ paurosi, timorosi, di mostrare chi sono.
Il direttore generale della Gmg di Rio: lavori secondo la tabella di marcia, clima di grande gioia
◊ Sull'atmosfera che si sta vivendo a Rio de Janeiro in questi giorni dal punto di vista del Comitato organizzatore locale, Silvonei Protz ha sentito mons. Joel Portela Amado, direttore generale della Giornata mondiale della gioventù:
R. - Viviamo con gioia il lavoro di questi giorni. Infatti, nella città di Rio de Janeiro già si percepisce il clima della Gmg. Ci sono pellegrini di diversi Paesi che, avendo trovato voli più economici, sono già arrivati. Quindi, la Gmg è già in corso e noi stiamo già vivendo la Gmg.
D. - Quale sono i lavori ancora da fare?
R. - Quelli che chiamiamo ritocchi finali. I lavori stanno rispettando la tabella di marcia, principalmente per i palchi di Copacabana e Guaratiba (il Campus Fidei) e anche per quanto riguarda la sicurezza dell’evento. Abbiamo avuto una riunione in cui erano presenti i funzionari del Ministero della Difesa e della Polizia Federale e abbiamo discusso di mobilità e dell’arrivo delle autorità.
D. - Ci saranno delle manifestazioni durante la Gmg?
R. - Le manifestazioni in Brasile sono imprevedibili. Non sappiamo cosa, come, dove e perché. Le manifestazioni potrebbero realizzarsi, ma non è detto. Alle manifestazioni sono sempre presenti un gruppo maggioritario di persone pacifiche, ma anche una minoranza che si autoproclama anarchica. Ciò che è molto chiaro è che la Gmg non è un obiettivo per nessuno di questi gruppi. Anzi, la Gmg è ben accolta da tutti. Quello che potrà accadere è che qualcuno consideri la Gmg come un’occasione di visibilità, perché ci saranno moltissimi giornalisti esteri. In questo senso gli addetti alla sicurezza saranno pronti ad agire.
D. - Papa Francesco sta per arrivare…
R. - Io e tutta la città vogliamo vedere Papa Francesco. Le autovetture del Papa sono già arrivate. La reliquia del Beato Giovanni Paolo II, la scelta di Papa Benedetto XVI e tutto ciò che Papa Francesco dice e sta facendo, portano beneficio alla città. Tutti sono molti curiosi per l’arrivo di Papa Francesco.
D. - Abbiamo anche i volontari…
R. - Alcuni sono già arrivati. Altri arriveranno. Questa settimana molti sono già usciti dal Comitato Organizzatore locale e si stanno sistemando nelle postazioni dove presteranno servizio durante la Gmg. Anche alcuni volontari esteri sono già arrivati.
Mons. Zenari: i giovani siriani si preparano alla Gmg, ma solo una decina andranno a Rio
◊ Anche i giovani della comunità cristiana siriana si stanno preparando alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà tra qualche giorno a Rio de Janeiro. Pochissimi coloro che sono riusciti a partire, a causa della guerra che sta flagellando il Paese da due anni e mezzo. Eppure tra loro è vivo lo spirito di gioia e di speranza. Salvatore Sabatino ne ha parlato con mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco:
R. – Qui i giovani qui si sono preparati a questo evento. Di solito partecipava un buon gruppo di siriani proveniente principali città, soprattutto Damasco, Aleppo. Purtroppo quest’anno sono partiti solo una decina di giovani da Damasco. Ad Aleppo, per esempio, c’era un folto gruppo - anche ben preparato - che sperava di poter partecipare, ma le circostanze non permettono loro di uscire da Aleppo, da Damasco o da altre città a causa della guerra. Però direi che non hanno abbassato l’entusiasmo, anzi! Ho visto e preso atto con molta soddisfazione che si sono preparati e vivranno questi giorni nelle rispettive parrocchie, comunità religiose e diocesi e si sentiranno uniti e vivranno in questo spirito di unità assieme al Santo Padre e ai giovani che sono radunati a Rio de Janeiro.
D. - Vuole lanciare un appello, un suo pensiero in questo momento così drammatico per il Paese in cui lei vive?
R. - Io farei un appello alla Comunità internazionale affinché vengano raddoppiati gli sforzi per arrivare ad una soluzione negoziata e pacifica. Bisognerebbe arrivare a questo con grande urgenza perché non si può più permettere di vedere gente che ha fame, che non ha medicine, che muore, villaggi e città distrutti ... Poi, vorrei fare un appello alla solidarietà internazionale in questo momento di crisi di tanti nostri fratelli e sorelle siriani.
In Brasile quale Chiesa attende il Papa?
◊ La Chiesa brasiliana è in fermento e sta mettendo a punto gli ultimi preparativi per l'arrivo del Papa e l'apertura della Gmg. Ma quale Chiesa attende Papa Francesco in Brasile? Il servizio di Roberto Piermarini:
“Il Papa attrae più persone del futebol”, è la frase che risuona per le vie di Rio tra le centinaia di migliaia di giovani che stanno giungendo non solo dal Brasile ma da tutto il mondo: se ne attendono due milioni. Secondo mons. Cesar Costa, vescovo ausiliare di Rio e vicepresidente del Comitato organizzatore, il coinvolgimento dei giovani locali per preparare l’evento, ha contagiato anche tanti ragazzi lontani dalla Chiesa. Si perché la Chiesa cattolica ha subito in questi ultimi decenni un forte calo: secondo l’ultimo censimento: su 190 milioni di brasiliani, i cattolici oggi sono oltre il 64%, circa 123 milioni, ma solo nel ’72 erano quasi il 92%. I cattolici che lasciano la Chiesa seguono le storiche Chiese protestanti o evangeliche ma nell’ultimo mezzo secolo il Brasile è stato letteralmente invaso da migliaia di sètte di stampo pentecostale-carismatico che hanno disgregato le famiglie soprattutto negli ambienti più poveri. In questa realtà è significativo quindi che il Papa Francesco abbia voluto recarsi, come prima tappa ufficiale del suo pellegrinaggio alla Gmg di Rio, al Santuario di Aparecida dove nel 2007 la V Conferenza della Chiesa latinoamericana, con un importante documento finale, nella cui stesura si avverte ‘la mano’ dell’allora card. Bergoglio, ha voluto rispondere alla sfida delle sètte e della secolarizzazione del continente, sottolineando la centralità della ‘nuova evangelizzazione’. E Papa Francesco viene a Rio per invitare i giovani a diventare discepoli-missionari di Cristo, per annunciarlo a tutte le nazioni. Il Brasile ha accolto con fede il lungo peregrinare della Croce della Gmg e dell’icona di Maria che è giunta a Rio il 6 luglio scorso e dopo il loro passaggio, migliaia di famiglie hanno deciso di aprire la propria casa per accogliere i giovani pellegrini in arrivo da tutti i continenti. Anche la Chiesa evangelica e quella protestante hanno dato la loro disponibilità. Alla vigilia dell’arrivo del Papa è previsto a Rio un importante incontro con circa 200 giovani cattolici, ebrei e musulmani che proporranno azioni concrete per il dialogo interreligioso.
Nomine episcopali in Indonesia e Australia
◊ In Indonesia, Papa Francesco ha nominato vescovo della diocesi di Tanjungkarang il sacerdote Yohanes Harun Yuwono, del clero di Pangkalpinang, finora rettore del Seminario maggiore Interdiocesano S. Petrus a Pamatangsiantar. Mons, Yuwono è nato il 4 luglio 1964 a Way Ray – Padang Dermin, nella Diocesi di Tanjungkarang. Dopo aver frequentato la scuola elementare e quella media a Way Ray, ha proseguito gli studi nel Seminario Minore St. Paulus di Palembang e successivamente gli studi filosofici e teologici nel Seminario Maggiore Interdiocesano S. Petrus a Pamatangsiantar (Sumatra). È stato ordinato sacerdote l’8 dicembre 1992 ed incardinato nella Diocesi di Pangkalpinang. Ha svolto poi i seguenti incarichi: (1993-1994) vicario parrocchiale a Sungaliat ed incaricato della Parrocchia di Mentok, (1994-1998) Studi per la Licenza in Islamologia al Pisai di Roma, (1998-2008) formatore nel Seminario Maggiore Interdiocesano S. Petrus a Pamatangsiantar docente di Islamistica al STFT St. Yohanes, (Istituto di Filosofia e Teologia di Pematangsiantar), Rettore del Corso Propedeutico a Pematangsiantar (2008-2009) Anno sabbatico nelle Filippine e breve corso all’East Asian Pastoral Institute di Manila, (2009-2010) Chairman del Segretariato diocesano di pastorale di Pangkalpinang, dal 2011 rettore del Seminario Maggiore Interdiocesano S. Petrus a Pamatangsiantar e Docente di Islamistica al STFT St. Yohanes. La Diocesi di Tanjungkarang (1961), suffraganea dell'Arcidiocesi di Palembang, ha una superficie di 35.288 kmq e una popolazione di oltre 7 milioni di abitanti, di cui 72.437 sono cattolici. Ci sono 21 parrocchie servite da 52 sacerdoti (34 diocesani, 18 religiosi), 5 fratelli religiosi, 199 suore e 15 seminaristi maggiori. La Diocesi di Tanjungkarang, è vacante dal luglio 2012, a seguito delle dimissioni dell’Ordinario, S.E. Mons. Andreas Henrisoesanta, S.C.J.
In Australia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Hobart, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Adrian L. Doyle, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. In data 19 luglio 2013 il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Hobart (Australia) S.E. Mons. Julian C. Porteous, finora Vescovo titolare di Urusi ed Ausiliare dell’arcidiocesi di Sydney (Australia). Mons. Julian Charles Porteous è nato a Sydney il 5 giugno 1949. Fece i suoi studi primari nella “Saint Patrick’s School” in Parramatta e quelli secondari nel “De La Salle Brothers Oakhill College” in Castle Hill, New South Wales. Nel 1968 è entrato nel “Saint Columba’s College” in Springwood e, nel 1971, è stato inviato al “Saint Patrick’s College” in Manly. È stato ordinato sacerdote il 7 settembre 1974 per l’arcidiocesi di Sydney. Dopo la sua ordinazione, ha svolto i seguenti incarichi: Vice-parroco di Kingsgrove (1974-1982); Vice-parroco di Manly (1982-1985); Vice-paroco di The Entrance (1985) e Vice-parroco di Mona Vale (1985-1988); Formatore della Comunità dei “Disciples of Jesus Covenant” (1988-1994); Vice-parroco di Annandale, Forest Lodge e Prymont (1994-1996); Parroco di Annandale (1996-1999); Parroco di Dulwich Hill (1999-2000). È stato quindi nominato Rettore del “Seminary of the Good Shepherd” di Sydney (2000-2008). Nominato Vescovo titolare di Urusi ed Ausiliare di Sydney il 16 luglio 2003, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 3 settembre successivo. Dal 2008 al presente è Vicario Generale dell’arcidiocesi di Sydney. Inoltre, nell’ambito della Conferenza Episcopale Australiana è Membro della commissione episcopale per la Giustizia, l’Ecologia e lo Sviluppo e della commissione episcopale per la Missione e la Formazione nella Fede. È autore di diversi libri su argomenti teologici e pastorali.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Pastori del popolo e non chierici di Stato: l'identità e la missione del prete secondo il cardinale Bergoglio in un testo, del 2008, che il Papa ha voluto far pervenire ai sacerdoti romani in preparazione all'incontro con il clero della sua diocesi, il 16 settembre nella cattedrale di San Giovanni in Laterano.
Con chirografo del Sommo Pontefice istituita una commissione referente sull'organizzazione economica e amministrativa della Santa Sede.
Protagonisti di un mondo nuovo: l'arcivescovo di Rio de Janeiro, Orani João Tempesta, alla vigilia dell'arrivo del Pontefice per la Gmg.
La lettera che il superiore generale dei Missionari comboniani del Cuore di Gesù, Enrique Sanchez Gonzales, ha indirizzato ai figli spirituali di san Daniele Comboni in occasione dei quattro mesi dall'elezione di Papa Francesco.
In rilievo, nell'informazione internazionale, la Repubblica Democratica del Congo: massima allerta per i caschi blu nel Nord Kivu.
Egitto. Tensione per il venerdì di Ramadán, nuove vittime nel Sinai
◊ Sale la tensione in Egitto, dove oggi si celebra il secondo venerdì del Ramadán. Si attendono proteste dai ribelli Tamarod, mentre per il versante della Fratellanza musulmana, gli occhi sono puntati sull’immenso sit-in davanti alla moschea di Rabaa Al-Adaweya. Il governo revoca il passaporto diplomatico a Morsi e a breve dovrebbe istituire una commissione per la revisione della Costituzione provvisoria, di cui dovrebbero far parte anche esponenti delle Chiese presenti nel Paese. Roberta Barbi:
Secondo venerdì del mese sacro di Ramadán, in Egitto, dove è attesa una nuova giornata di proteste contrapposte. La Fratellanza musulmana ha chiamato i suoi in piazza con la promessa che la manifestazione odierna “manderà al mondo un messaggio sentito dalla maggior parte degli egiziani: che il golpe avvenuto in Egitto ha confermato la fine della sovranità del popolo”. Sul fronte opposto, anche i ribelli Tamarod fanno sapere che torneranno a protestare. Intanto le forze armate egiziane comunicano che garantiranno il diritto a manifestare pacificamente, ma risponderanno con fermezza se si verificheranno violenze. Il ministero degli Esteri egiziano ha revocato il passaporto diplomatico al deposto presidente Morsi, alla sua famiglia e al suo staff: la decisione è stata presa dal presidente ad interim Mansour, che ieri è apparso in video per il suo primo discorso alla nazione in occasione dei 30 anni dalla guerra del Kippur, ribadendo che l’obiettivo della rivoluzione del 30 giugno era “ristabilire la statura e il prestigio dell’Egitto”. Infine si continua a morire nel Sinai: anche oggi, nel nord, un poliziotto è stato ucciso e uno è rimasto ferito in quella che è diventata ormai terra di nessuno, tanto che Israele ha consentito al Cairo di schierare truppe.
Detroit dichiara bancarotta. Friedman: unico futuro, la cancellazione dei debiti
◊ Negli Stati Uniti è ancora forte il clamore la bancarotta della municipalità di Detroit. Il più grande fallimento di una municipalità di tutta la storia americana. La città, una volta florido motore dell'industria automobilistica americana, ha un debito di oltre 18 miliardi di dollari. A pesare anche l’abbandono dei suoi cittadini. Marco Guerra ha raccolto il parere del economista statunitense Alan Friedman:
R. - Detroit è una città in declino. Trent’anni fa aveva un milione e mezzo di abitanti, oggi ne ha la metà, 700 mila; è una città in cui la crisi dell’industria automobilistica, la disoccupazione, la mancanza di consumi e la violenza della criminalità per le strade di Detroit è tale che la città ora si ritrova in bancarotta.
D. - La bancarotta, come abbiamo detto, è dovuta anche allo spopolamento, causato dalla crisi dell’auto. Il destino della città è quindi legato a “doppio filo” con questo settore…
R. – Lo è stato storicamente ed è tuttora legato al settore automobilistico. Le due cose che si sanno di Detroit per un americano sono: numero uno, violenza e criminalità. La polizia di Detroit risponde ad un’emergenza generalmente dopo 58 minuti, mentre la media nazionale in America è di 11 minuti. Numero due: il declino inarrestabile di Detroit come centro per la produzione di auto. Quindi Detroit non ha chance. Ha 20 miliardi di dollari di debiti ed un futuro non buono.
D. - C’è rischio di pericolose ripercussioni sui creditori e sul sistema economico americano, o la bancarotta di Detroit è sotto controllo?
R. - Venti miliardi di dollari per gli Stati Uniti d’America non sono una cifra importante. La crisi per bancarotta di Detroit avrà ripercussioni soprattutto sui 700 mila “poveracci” che vivono lì. I cittadini avranno sempre meno pulizia, meno acqua, meno servizi dal municipio ed i creditori possono recuperare 20-30 centesimi per dollaro. È un disastro per Detroit e non vedo nessuna uscita facile. Credo che questo sia un esempio di un’America che ha molta energia a livello nazionale, ma grandi sacche di povertà e disoccupazione a livello regionale.
D. - Cosa dobbiamo attenderci adesso? La vicenda di Detroit avrà ripercussioni politiche… Come interverrà lo Stato federale?
R. - Lo Stato federale non potrà fare molto per Detroit. Non c’è neanche volontà politica. Detroit soffrirà, il popolo soffrirà. Hanno nominato Kevyn
Orr come esperto di bancarotta che sta trattando con i creditori. In teoria, sperano di passare due o tre anni di bancarotta e poi uscire da questa situazione, perché ricordiamo che in America non è come in Italia dove sei fallito: in America puoi essere sottoposto al famoso “Chapter 9” - Capitolo 9 - della legge sulla bancarotta americana e poi uscirne anche dopo alcuni anni attraverso un accordo con i creditori: cercando di cancellare, non pagando - protetto dalla legge sulla bancarotta - la maggior parte dei 20 miliardi di dollari che Detroit ha in debiti. Il loro unico futuro è la cancellazione dei debiti.
Caso Shalabayeva. No del Senato alla sfiducia per Alfano. Il commento di Mazzotta
◊ Il Senato ha detto no alla mozione di sfiducia al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, promossa da M5S e Sel sul caso Shalabayeva. In mattina, nel suo intervento in aula, il premier Enrico Letta aveva chiesto al parlamento ''piena fiducia'' nella sua ''determinazione e resistenza''. Alessandro Guarasci:
Il Senato boccia la sfiducia al Alfano: 226 no, 55 si, 13 astenuti. ''L'espulsione della moglie di Ablyazov e della sua figlioletta è per l’Italia motivo di imbarazzo e discredito''. Così Enrico Letta al Senato in mattinata si era difeso dalle accuse delle opposizioni sul caso Shalabayeva e ribadito che il ministro dell’Interno e vicepremier Angelino Alfano era all’oscuro dei dettagli della vicenda. Insomma, il premier ha assicurato che i vertici del governo non furono coinvolti, e che la relazione del capo della polizia Pansa svela aspetti che “lascia attoniti”, in particolare l’atteggiamento dell’ambasciatore kazako definito “inaudito”. Per questo, l’esecutivo intende “intervenire su norme e regole di ingaggio" al fine di evitare il ripetersi di casi simili. Ne consegue che Letta ha chiesto all’aula di dire no alla mozione di sfiducia verso Alfano, perché il voto di oggi, ha detto, “è un nuovo atto di fiducia al governo”. Il discorso è stato salutato dagli applausi di Pd, Pdl e Scelta Civica. Fermi, invece, i senatori di Sel, Lega e Movimento 5 Stelle.
Un risultato previsto, considerato che ieri si era espresso per il no il gruppo del Pd al Senato, nonostante alcuni parlamentari vicini a Matteo Renzi si siano astenuti. Dunque la maggioranza sembra esseri ricompattata. Alessandro Guarasci ha sentito il presidente dell'Istituto Sturzo, Roberto Mazzotta:
R. – Il problema dell’affidabilità di un Paese, che è determinato anche dall’esistenza di un governo che funzioni e di una maggioranza politica normale, è un problema vero! La necessità di avere un minimo di stabilità di governo e di essere giudicati dai mercati, dagli intermediari e dagli altri Paesi come Paesi governati senza problemi politici continui, questa è una esigenza ! Molto importante! Anche se la circostanza nei confronti della quale ci si è posti, in particolare del ministro degli Interni, fa riferimento a episodi che danno una incommensurabile tristezza!
D. – Ma, secondo lei, oggi questo governo e questa maggioranza sono più deboli?
R. – Il governo è nato debole, per effetto del risultato elettorale che conosciamo e dell’esigenza di mettere insieme i contendenti di sempre.
D. – Chi è più insidioso per il governo e per la maggioranza Renzi o il Movimento 5 Stelle, secondo lei, in questo momento?
R. – Renzi è un leader politico che certamente potrà fare tante belle cose nei prossimi anni - io lo spero molto… - e fa parte di una schiera di leader politici che speriamo emerga e vanga fuori. Il Movimento 5 Stelle è l’antipolitica! Il Movimento 5 Stelle non è la pioggia, che è un’alternativa naturale al bel tempo: il Movimento 5 Stelle è la grandine per un sistema democratico.
‘Ndrangheta a Roma: trovato arsenale di un killer. Libera: s’impegni parte sociale sana
◊ Un nuovo episodio di cronaca conferma la presenza della ‘ndrangheta a Roma. La squadra mobile della capitale, dopo aver fatto irruzione all’interno di un box, ha trovato un vero e proprio arsenale, tra cui sei pistole e un fucile, riconducibile ad un killer della ‘ndrangheta, arrestato nei giorni scorsi per l’omicidio di un boss collegato alla cosca di San Luca. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il ritrovamento dell’arsenale, l’ultimo di una serie di episodi sfociati negli ultimi mesi anche in omicidi, dimostra, ancora una volta, che Roma è diventata una terra di conquista per la ‘ndrangheta, una delle organizzazioni criminali più potenti del mondo. Il traffico di droga, gli appalti e il riciclaccio sono solo alcune delle leve criminali per mettere le radici anche nella capitale. Marco Genovese, referente di 'Libera' per Roma:
“Questo episodio ci racconta di quanto la forza della ‘ndrangheta sia presente a Roma. Avevamo avuto già tanti episodi che ci avevo dimostrato, in particolare, come gli investimenti dell’organizzazione criminale calabrese avessero visto Roma come un’importante destinazione. Ci sono stati negli ultimi mesi, numerosi sequestri di locali, soprattutto nel centro della città. E’ grande la capacità economica dell’organizzazione di reinvestire denaro che proviene da traffici illeciti nel centro della capitale, quindi con l’acquisizione di locali importanti. Questo ritrovamento ci parla di una faccia più violenta dell’organizzazione e, forse, di una capacità di controllare anche il territorio”.
In un’intercettazione agli atti dell’indagine che poi ha portato all’irruzione nel box, si parla della possibilità di aprire un “locale”. Nel linguaggio della criminalità calabrese il locale è l’articolazione che riunisce, in un territorio, un certo numero di affiliati. E’ dunque ipotizzabile che a Roma, provincia di un impero che continua ad avere il suo centro in Calabria, siano presenti uno o più “locali” di ‘ndrangheta.
“Sicuramente bisogna porre molta attenzione su questa tipologia di radicamento. La ‘ndrangheta è un’organizzazione che è stata capace, negli anni, di ricreare le stesse strutture di cui dispone in Calabria, purtroppo, anche in altre zone del nostro Paese e del mondo. Questi episodi si sono verificati in altri Paesi come in Germania, in Canada, anche in Australia e nel nord del nostro Paese, in Lombardia e in altre regioni del nord. Ci sono alcuni importanti processi che stanno dimostrando questa capacità di radicamento. Qualora questo radicamento avvenisse anche nella città di Roma, sarebbe sicuramente un segnale molto preoccupante.
Per contrastare un fenomeno che, per tutelarsi e prosperare, deve infiltrarsi in molteplici settori, servono risposte non solo dal mondo della giustizia ma anche della società.
“Quindi l’impegno deve essere certamente delle Forze dell’Ordine, ma poi anche di tutte le parti sane della società, che possono svolgere un ruolo importante nel contrasto alle organizzazioni mafiose. Non è solo un problema di repressione, ma anche un problema sicuramente culturale, sicuramente di capacità delle amministrazioni di essere vigili e di monitorare, a partire dalla gestione degli appalti. Sappiamo benissimo quanto siano capaci le organizzazioni mafiose di esercitare una pressione sulle amministrazioni e questo dobbiamo sicuramente impedirlo”.
Nel 2007 la strage di Duisburg, costata la vita a sei ragazzi calabresi, aveva fatto comprendere che la ‘ndrangheta è presente in Germania. Ora anche Roma mostra vari sintomi di questa infiltrazione. Ma nel tessuto romano, la presenza della ‘ndrangheta si aggiunge a quella, non meno inquietante, di altre organizzazioni criminali. Ancora Marco Genovese:
“E’ riscontrata la presenza di diverse organizzazioni sul territorio di Roma e Provincia. Se noi andiamo a vedere anche i fatti di sangue che hanno purtroppo caratterizzato la nostra città negli ultimi due anni, scopriamo che ve ne sono stati numerosi. Questo, probabilmente, è il segnale di equilibri che si spostano. Abbiamo una forte pressione delle organizzazioni criminali sulla città. E questo è innegabile”.
Roma, 70 anni fa le bombe su San Lorenzo. Il ricordo del cardinale Angelini
◊ Un convegno, l’apertura di una mostra rievocativa, l’omaggio del sindaco di Roma, Ignazio Marino. Sono gli avvenimenti che in queste ore hanno segnato, e lo faranno per tutta la giornata, la commemorazione delle vittime del bombardamento del quartiere romano di San Lorenzo. Il 19 luglio 1943, gli ordigni alleati lo semidistrussero, facendo 1.500 morti e 4 mila feriti. Tremila furono in totale le vittime nella città. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Cadevano le bombe come neve, il diciannove luglio a San Lorenzo…”
(Da “S. Lorenzo” di Francesco De Gregori)
Pesano più o meno duemila libbre i “fiocchi” che poco dopo le le 11 della mattina cominciano a cadere su Roma. E d’acciaio sono le “nuvole” che li scaricano sulla Città Eterna, e indifesa. La gente scappa ma l’inferno arriva prima. Prenestino, Tiburtino, Tuscolano, San Lorenzo: è un lunedì di apocalisse quello dei romani di questi quartieri. Scoppi, fumo, urla e sangue. Gli aerei passano a ondate e completano l’opera a raffiche di mitra. La banchina della Stazione Casilina diventa la tomba dei passeggeri di un treno bloccato dall’attacco. L’obiettivo alleato è la stazione di Roma Termini, ma chi ne fa le spese è soprattutto il vicino quartiere San Lorenzo. Lo ricordava, in una intervista di dieci anni fa alla Radio Vaticana, il cardinale Fiorenzo Angelini, testimone oculare dell’incursione:
“Ero allora viceparroco nella parrocchia della natività di Nostro Signore Gesù Cristo in via Gallia, ai confini proprio della zona bombardata. Erano le 11.10, 11.15. Io stavo benedicendo il matrimonio di alcuni sfollati. Mi affrettai a concludere la Santa Messa, uscii e vidi le fiamme e il fumo verso piazza Tuscolo. Presi con me l’olio degli infermi, alcune particole consacrate e a grande velocità mi recai sul luogo del disastro. Sennonché, arrivato a piazza Tuscolo, mi trovai lì in mezzo a una seconda ondata di mitragliamento degli aerei che venivano”.
Il futuro cardinale Angelini si salva, ma 1.500 uomini, donne e bambini restano uccisi, la maggior parte sotto le macerie dei palazzi. Passano alcune ore finché, nell’atmosfera di panico, tra le grida dei feriti che si mischiano a quelle di chi cerca mogli, figli, genitori, accade un fatto sorprendente. Da una strada laterale, appare un’auto nera. Don Fiorenzo Angelini la vede e capisce. Sull’auto c’è Pio XII. Allora si fa avanti, allarga le braccia e la blocca:
“Fermai la macchina perché lì vicino c’era una bomba di aereo inesplosa. Il Papa scese, la gente accorse immediatamente e il Papa fu di un’affabilità straordinariamente grande. Per cui, si trovò famigliarmente a trattare con questa gente che aveva sotto le macerie i propri congiunti. A un certo momento si rivolse a mons. Montini, fece un cenno e mons. Montini tirò fuori un pacco grande di banconote. Il Papa cominciò la distribuzione. Io, con molta umiltà, mi permisi di dire: 'Padre Santo, la gente che ha bisogno non si trova qui, si trova sotto le macerie, per cui li dia al parroco che poi li distribuirà alle famiglie'. Il Papa accettò questo mio povero consiglio, umile, però molto pratico”.
(Da “S. Lorenzo” di Francesco De Gregori):
“E il Papa la domenica mattina da San Pietro, uscì tutto da solo tra la gente, e in mezzo a San Lorenzo, spalancò le ali, sembrava proprio un angelo con gli occhiali. E un giorno, credi, questa guerra finirà, ritornerà la pace…”
Come la testa di una cometa, Pio XII si muove un po’ nel quartiere seguito passo passo dalla scia della gente. Chiede delle vittime, dei danni. Arriva davanti alla Basilica di S. Lorenzo sventrata dalle bombe, scende a stento, si muove tra le macerie – l’abito bianco che si sporca e macchia di sangue – e in un istante, intonando una preghiera, si fa interprete della preghiera di tanti. E il buio pesto per un istante si rischiara di una luce più alta delle bombe che l’hanno spenta. Ancora il cardinale Angelini:
“Il Papa poi pregò insieme, ci fu un coro, l’invocazione della pace. Il grido di ‘pace, pace, pace’ non l’ho mai sentito forte come in quel momento. Il Papa catalizzò immediatamente tutta la zona intorno a sé. Pregò, pregammo con lui, e poi andò via ma lasciando un’impronta, non consolatoria, perché la tragedia era una tragedia compiuta. Quello che mi colpì è che vidi veramente la presenza di Gesù che era venuto in mezzo alla gente più derelitta, più abbandonata, più bisognosa in quel momento”.
Iran. Otto cristiani arrestati mentre erano in preghiera
◊ “Attività contro la sicurezza nazionale e propaganda contro l’ordine sociale”: queste le accuse che hanno portato all’arresto di otto cristiani evangelici a Shiraz, in Iran, che stavano conducendo una preghiera comunitaria. La denuncia di quanto è avvenuto è giunta all’agenzia Fides dall’organizzazione Christian Solidarity Worldwide, impegnata nella difesa della libertà religiosa. Le condanne comminate, che variano da uno a sei anni di reclusione, sono state emesse tre giorni fa, ma si prevede che i condannati ricorrano in appello. Per il National Council of the church in Iran – cui appartenevano gli arrestati – le accuse sono “totalmente infondate”, in quanto, “in conformità al Vangelo, la Chiesa è completamente apolitica”. “Come leali cittadini, concludono, continueremo a pregare per i nostri leader e per la pace e la riconciliazione della nostra nazione”. (R.B.)
Pakistan. In un Rapporto Usa le gravi violenze contro le minoranze nel Paese
◊ “Pakistan: una storia di violenza”, è l’eloquente titolo del rapporto inviato all’agenzia Fides dalla Commissione internazionale sulla libertà religiosa, organo bipartisan del Congresso Usa che fa luce sullo stato della libertà religiosa e le condizioni delle minoranze nel Paese, nel periodo di tempo considerato da gennaio 2012 a giugno 2013, in cui si contano oltre 700 morti e 1.800 vittime in totale. Per quanto riguarda la minoranza cristiana, nell’ultimo anno e mezzo questa ha subito 37 attacchi con 11 morti e 36 feriti, oltre a cinque casi di stupro. Tra gli attentati più cruenti si ricordano quello alla Joseph Colony di Lahore nel marzo scorso, quello alla Chiesa di San Francesco a Karachi o alla chiesa presbiteriana di Faisalabad, oltre alle innumerevoli accuse ingiuste di blasfemia. Le città più violenze per i cristiani risultano essere, secondo il Rapporto, Peshawar, Karachi e Quetta, ma anche diverse località del Punjab. La comunità musulmana sciita, inoltre, è stata colpita da 77 attacchi suicidi, 16 gli attacchi contro gli indù e 33 contro i sikh, che hanno provocato anche dei morti. “Per arginare la corrente ondata di estremismo religioso violento – si legge nel rapporto – è necessaria un’azione concreta e risoluta per garantire che gli autori delle violenze siano arrestati, processati e incarcerati”. (R.B.)
India. I vescovi: i laici grande contributo alla giustizia in Orissa
◊ Il ruolo dei cristiani, soprattutto laici, per la pace nello Stato indiano dell’Orissa – spesso teatro di violenze anticristiane come i terribili pogrom dell’estate 2008 – è fondamentale. Lo conferma l’arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswa, mons. John Barwa, all’inaugurazione di un seminario di formazione per laici cristiani, catechisti e operatori pastorali organizzato nei giorni scorsi in città. L’evento – riferisce la Fides – è stato organizzato in collaborazione con la Commissione Giustizia, pace e sviluppo della Conferenza episcopale indiana ed era focalizzato sul tema della giustizia. Anche altri, comunque, sono stati i temi trattati da relatori esperti, che li hanno messi in correlazione con le sfide che la Chiesa indiana si trova ad affrontare nella società contemporanea: la discriminazione dei dalit e delle minoranze, le spinte comunitariste, le violazioni dei diritti umani, delle donne e dei bambini, la scarsa attenzione politica e l’emarginazione sociale di tribali e adivasi. Il terreno comune degli interventi è stato il riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa, che incoraggia i fedeli a svolgere un ruolo attivo nella costruzione di una società giusta e che assicuri una vita armoniosa ai diversi gruppi etnici che vivono uno accanto all’altro. (R.B.)
Iraq. Attentato in moschea durante la preghiera del venerdì, 20 morti
◊ È di almeno 20 morti e 40 feriti il bilancio di un terribile attentato avvenuto oggi nella cittadina di al-Wajihiyah, a nord di Baghdad. Una bomba è esplosa all’interno della moschea sunnita di Abu Bakr al-Sadiq, gremita di fedeli nell’ora della preghiera del mezzogiorno in questo secondo venerdì del mese sacro del Ramádan. Si tratta dell’ennesimo attentato a sfondo settario avvenuto in una delle aree più instabili del Paese, la provincia di Diyala, sia per la presenza di diversi gruppi etnici tra i quali la tensione resta alta, sia perché qui si sospetta al Qaeda abbia spostato il suo quartier generale già dal 2006. (R.B.)
Gmg. Acs sostiene il viaggio dei giovani appartenenti alle Chiese mediorientali
◊ Anche quest’anno, la Fondazione di diritto pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) sostiene le spese di viaggio di molti giovani appartenenti alle Chiese povere del mondo, per consentire loro di partecipare alla Giornata mondiale della gioventù. A essere sostenuti quest’anno sono un folto gruppo di ragazzi appartenenti alla Chiese mediorientali: iracheni, libanesi, giordani, israeliani, palestinesi, ma soprattutto egiziani. La delegazione egiziana è composta da circa cento giovani tra i 18 e i 32 anni, che saranno accompagnati da suor Josefina da Rocha, comboniana di origine brasiliana da anni residente al Cairo, secondo la quale le catechesi in lingua araba saranno ottime occasioni d’incontro per i ragazzi: “Comprenderanno cosa vuol dire appartenere alla Chiesa universale”. Molti anche i ragazzi copto-cattolici, che si sono a lungo preparati riflettendo sul tema suggerito dal Santo Padre, “Andate e fate discepoli tutti i popoli!”. Il loro preparatore spirituale afferma che i ragazzi sono particolarmente vicini a Papa Francesco, perché “come loro viene da un Paese in via di sviluppo”, ma non mancano di rivolgere un pensiero affettuoso al Papa emerito Benedetto XVI, “che amiamo profondamente e che tanto ha fatto per noi cristiani mediorientali”. (R.B.)
Sud Sudan. La denuncia di Msf: centinaia di feriti in combattimenti necessitano cure
◊ L’Associazione Medici senza frontiere (Msf) fa sapere di aver soccorso di feriti nello Stato di Jonglei, in Sud Sudan, dove si sono verificati violenti combattimenti tra l’esercito regolare e la milizia armata David Yau Yau, che ha fatto moltissimi morti e costretto circa 120 mila persone della contea di Pibor a trovare rifugio nella boscaglia. Il capo della missione locale, Raphael Gorgeu, traccia un bilancio di 176 feriti curati – tra i quali 128 con ferite da arma da fuoco – e 34 interventi chirurgici effettuati su pazienti che poi vengono trasferiti nei centri più grandi gestiti da Msf: a Lankien, Nasir e Leer, dove l’associazione opera dal 1993. Infine, un’altra equipe di Msf sta cercando di raggiungere le decine di migliaia di persone che si nascondono nelle paludi che non sono sicure poiché infestate da malaria, senza accesso all’acqua potabile, a cibo o cure mediche. (R.B.)
Ciad: emergenza profughi, per la maggior parte si tratta di bambini soli
◊ È piena emergenza in Ciad, dove migliaia di persone, soprattutto bambini soli perché rimasti orfani o separati dai genitori, stanno rientrando nel loro Paese a causa dell’aggravarsi delle condizioni interne nella vicina Repubblica Centrafricana, ma anche nella regione sudanese del Darfur, in Libia e Nigeria. Queste persone necessitano di tutto, a partire da aiuti alimentari e sanitari, ma per i bambini urge anche mettere a punto interventi di educazione e scolarizzazione. La situazione peggiore – riporta l’agenzia Fidesuna stima dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati – è quella di Tissi, al confine con il Darfur, dove negli ultimi sei mesi, con il rinfocolarsi degli scontri tra i gruppi etnici Misseriya e Salamat, sono arrivati oltre 30 mila profughi, alcuni dei quali sono ciaidiani, e molti minori completamente abbandonati a se stessi. Interventi si rendono necessari anche nel campo di Abgadam, al confine con il Sudan, dove si stanno per avviare corsi estivi propedeutici all’inserimento scolastico nel prossimo anno. (R.B.)
Centrafrica: appello del Secam per la pace nel Paese
◊ Un appello a chiare lettere affinché si giunga ad una soluzione del conflitto nella Repubblica Centrafricana e la popolazione possa vivere in pace: a lanciarlo, in questi giorni, è il Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, che ha appena concluso la sua 16.ma Plenaria. In una dichiarazione a firma di mons. Gabriel Mbilingi, presidente del Secam, la Chiesa africana deplora “le indicibili sofferenze inflitte alla popolazione della Repubblica Centrafricana”, devastata dalle violenze dei ribelli della Seleka, (“Alleanza” in lingua sango), perpetrate dopo il colpo di stato del 24 marzo, che ha portato al potere l’ex capo della ribellione, Michel Djotodia. Di fronte a tale situazione, il Secam si dice “scioccato” non solo per “la violazione dei diritti della popolazione”, ma anche per “l’indifferenza della comunità internazionale”. Al contempo, il Simposio episcopale esprime apprezzamento per la Chiesa locale che “ha denunciato gli abusi” subiti dalla popolazione del Paese ed incoraggia la “cooperazione con le altre denominazioni religiose per offrire speranza a questo Paese martoriato e per lavorare al fine di contenere questa crisi ed evitare che diventi conflitto apparentemente religioso”. Assicurando, quindi, “preghiere, solidarietà e compassione” per il Paese, il Secam si appella alle istituzioni nazionali, all’Unione Africana, all’Ue e all’Onu affinché contribuiscano “a porre fine a tutte le interferenze straniere nel Paese ed a garantire l’assistenza umanitaria alla popolazione”. Inoltre, i vescovi di Africa e Madagascar autorizzano le Caritas delle rispettive nazioni a “mobilitarsi così da offrire il loro contributo, anche piccolo”, mentre chiedono alle autorità centrafricane di “assumersi le proprie responsabilità per garantire la sicurezza e la protezione dell’intera popolazione e facilitare la consegna degli aiuti umanitari”. Infine, i presuli affidano la Repubblica Centrafricana all’intercessione di Maria, Regina della Pace, affinché questa “amata nazione ritrovi la pace e l’armonia”. (A cura di Isabella Piro)
Inaugurato a Cuba il museo dedicato al salesiano Josè Vandor
◊ È stato inaugurato presso la città di Santa Clara a Cuba lo scorso 15 luglio, in occasione dell’anniversario della fondazione della città, il museo che conserva vari oggetti appartenuti al salesiano ungherese, don José Vandor. Il missionario andò a Cuba nel 1936 e vi rimase fino alla morte, avvenuta l’8 ottobre 1979. Secondo quanto riferisce l’agenzia salesiana Ans, l’inaugurazione del sito museale ha avuto luogo dopo una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo diocesano, Arturo González Amador, nella chiesa del Carmen. All’inaugurazione hanno assistito sia il console dell’Ambasciata d’Ungheria a Cuba, Zsolt Király, sia il delegato dell’Ispettoria delle Antille a Cuba, don Miguel Ángel Fernández, con altri sacerdoti salesiani e diocesani. Il museo è stato allestito nella camera dove don Vandor visse per quasi 25 anni. Riconosciuto da tutta la città come uomo di pace, sacerdote esemplare, uomo di profonda unione con Dio, grazie alla sua personalità, alla sua spiritualità e alla sua creatività pastorale,lasciò segni profondi nella diocesi di Santa Clara. Era un ricercatissimo direttore spirituale: la sua dolcezza e amabilità apriva il cuore a giovani e adulti. Già da 10 anni, è stato avviato il processo di Beatificazione, che attualmente si trova nella fase romana, con l’imminente consegna della Positio super virtutibus. Il museo rappresenta un’iniziativa che permette di conoscere meglio la figura e il messaggio del salesiano, ma è anche un luogo di pellegrinaggio in cui è possibile vedere le poche e semplici cose che appartennero a Vandor, pregare e chiedere grazie attraverso la sua intercessione e diffondere la sua conoscenza nella città e nell’intera nazione cubana. Attualmente a Cuba sono presenti cinque opere salesiane, che ospitano in totale 20 religiosi. (F.B.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 200