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Sommario del 18/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Gmg. Tra quattro giorni il Papa a Rio de Janeiro per rilanciare la speranza tra i giovani
  • Incidente nella Guyana francese: morta giovane pellegrina della Gmg. Il dolore del Papa
  • Il card. Hummes: il Papa alla Gmg mostrerà una Chiesa sempre più vicina ai poveri
  • Quale Brasile attende il Papa?
  • Tweet del Papa: la fede non è nostro possesso, va condivisa
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: la guerra aggrava l'emergenza umanitaria. Mons. Audo: siamo tutti poveri
  • Egitto, uccisi tre poliziotti nel Sinai. I Fratelli musulmani delusi dall’Ue
  • Usa ottimisti sulla ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi. Ue critica sui Territori occupati
  • Pellegrinaggi in calo in Terra Santa: comunità cristiana in difficoltà
  • Grecia: approvato piano licenziamento e cassa integrazione per 25mila statali
  • Mandela Day. Migliorano le condizione di salute di Madiba che compie 95 anni
  • Legge su omofobia. Un bavaglio alla libertà religiosa e di pensiero secondo "Giuristi per la vita"
  • Convegno a Roma sulla tratta: dieci milioni nel mondo le vittime, ma è solo la punta dell'iceberg
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Regno Unito: delusione dei vescovi cattolici per l’approvazione della legge sulle nozze gay
  • Malaysia. Il nunzio: “La religione non sia fonte di discordia”
  • Pakistan. Famiglia di cristiani brutalmente malmenata da musulmani
  • India. Mobilitazione delle minoranze contro la legge anti-conversione
  • Indonesia. Cresce l’intolleranza contro cristiani e minoranze nella provincia di Aceh
  • La Chiesa promuove una marcia per la pace al confine fra le Coree
  • Congo: in aumento i casi di violenza sessuale nelle scuole
  • Spagna: progetto della Caritas per i minori svantaggiati in Ucraina
  • Ong spagnola offre programmi didattici a bambini non vedenti di tutto il mondo
  • Il Sentiero di Francesco 2013 da Assisi a Gubbio per celebrare il creato
  • Da ottobre l’Anno missionario orionino
  • A Roma la settima Assemblea Generale delle Volontarie di Don Bosco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Gmg. Tra quattro giorni il Papa a Rio de Janeiro per rilanciare la speranza tra i giovani

    ◊   Quattro giorni separano Papa Francesco dalla partenza per Rio de Janeiro. Mentre i giovani della Giornata mondiale della gioventù affluiscono nella metropoli carioca e la macchina organizzativa si mette in moto, torna vivo il ricordo della prima volta che il Papa, eletto da pochi giorni, dava appuntamento a ragazze e ragazzi nella città di Rio. Alessandro De Carolis ricorda nel suo servizio quella giornata:

    La Domenica del 24 marzo di quest’anno ha la luce tersa e freddina di un sole d’inizio primavera e non i riflessi dorati che scaldano la celebre striscia di sabbia tropicale, dove terra e mare si disputano a perdita d’occhio il mobile confine tra i loro regni. Anche il Cristo che domina dall’alto a segnare il confine tra il mondo di Dio e quello degli uomini non ha la testa eretta e le braccia spalancate, ma guarda in giù stringendo a Sé la Croce. Eppure, senza essere Copacabana, il 24 marzo in Piazza San Pietro, Domenica delle Palme, anticipa di quattro mesi praticamente esatti quella che sarà la scena del primo grande “abbraccio” della Gmg di Rio de Janeiro, il 25 luglio. Punto di raccordo, qui come là, sono il Papa e le migliaia di giovani che lo ascoltano davanti alla Basilica, mischiati tra i 200 mila della folla. Francesco, Papa da 11 giorni, ha un pensiero, il primo tutto per loro, che vibra del calore e della carica spirituale e umana che il mondo sta imparando a conoscere:

    “Cari giovani, vi ho visto nella processione, quando entravate; vi immagino a fare festa intorno a Gesù, agitando i rami d’ulivo; vi immagino mentre gridate il suo nome ed esprimete la vostra gioia di essere con Lui! Voi avete una parte importante nella festa della fede! Voi ci portate la gioia della fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a settanta, ottant’anni! Cuore giovane! Con Cristo il cuore non invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare”.

    I giovani portano la gioia e insegnano ad amare Gesù con cuore giovane. Ma quella gioia, spiega Papa Francesco, non ha niente a che fare con i vantaggi di un’anagrafe spensierata e le sue beate conseguenze:

    “La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti!”.

    Ed è qui, quando non si capisce più quale sia la strada giusta che – osserva il Papa – “viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola”:

    “Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù! Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù”.

    Papa Francesco si congeda dai giovani, lo sguardo già oltreoceano, al Cristo di Rio de Janeiro:

    “Vi do appuntamento in quella grande città del Brasile! Preparatevi bene, soprattutto spiritualmente nelle vostre comunità, perché quell’Incontro sia un segno di fede per il mondo intero. I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Gesù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del mondo e dell’esistenza per portare Gesù! Tre parole: gioia, croce, giovani”.

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    Incidente nella Guyana francese: morta giovane pellegrina della Gmg. Il dolore del Papa

    ◊   Papa Francesco ha espresso il suo profondo dolore per il “tragico incidente”, avvenuto la scorsa notte nella Guyana francese, che ha coinvolto un pullman sul quale viaggiava un gruppo di giovani pellegrini francesi provenienti da Parigi e che si preparava a partecipare alla Giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro: una giovane di 21 anni è morta, mentre altri sei pellegrini sono rimasti feriti. In gravi condizioni l’autista e due persone che viaggiavano su un camion che si è scontrato con il pullman dei pellegrini.

    In un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato al vescovo di Cayenne, nella Guyana francese, mons. Emmanuel Lafont, il Papa “si unisce con tutto il cuore al dolore delle famiglie” e di quanti sono stati colpiti da questa tragedia, assicurando la sua preghiera e la sua “profonda solidarietà” ai feriti e ai soccorritori.

    L’incidente è avvenuto nelle vicinanze di Mana, sulla strada che collega Saint Laurent du Maroni e Kourou, dove viaggiava il pullman con a bordo 23 persone. Questa sera il cardinale arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, presiederà una veglia di preghiera organizzata nella parrocchia d’origine della vittima, Saint Léon, mentre una Messa sarà celebrata nella cattedrale di Saint-Sauver a Cayenne da mons. Lafont.

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    Il card. Hummes: il Papa alla Gmg mostrerà una Chiesa sempre più vicina ai poveri

    ◊   A Rio de Janeiro fervono gli ultimi preparativi per la Giornata mondiale della gioventù. Ma quale messaggio porterà il Papa in questo suo primo viaggio apostolico internazionale? Cristiane Murray lo ha chiesto al cardinale brasiliano Cláudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo:

    R. – Credo che sarà un momento in cui anche lui vorrà sviluppare ancora di più il nuovo orientamento che lui propone alla Chiesa, con gesti, con il suo modo di rapportarsi con la gente, la prossimità … Lui visiterà soprattutto quelli che vivono alla “periferia”. Tutto il suo programma è fatto di questa sua priorità: le periferie, le persone che hanno bisogno, le persone che stanno soffrendo, i poveri … Lui insegna a tutti noi che non dobbiamo lavorare soltanto con grandi progetti, ma soprattutto rivolgerci alle persone che ci sono vicine, che sono lì, proprio davanti a noi e che hanno bisogno di un sorriso, di un abbraccio, di coraggio, di senso per la loro vita, di una luce che li guidi, di una consolazione. E lui tutto questo lo farà senz’altro. Credo che questo sarà sempre di nuovo un segno di come la Chiesa deve andare avanti: nella forma più semplice, più povera. Lui ci porta sempre di nuovo alle cose essenziali, e credo che questo lui lo farà ancora.

    D. – Questa è un’occasione incredibile, inedita, anche per un Papa latinoamericano in Brasile …

    R. – Sì, senz’altro sì. Ogni volta che io ripenso al Conclave, penso al miracolo di avere fatto questo salto di scegliere un latinoamericano: soltanto lo Spirito Santo avrebbe potuto fare questo, di portare i cuori dei cardinali – che in grandissima maggioranza non sono latinoamericani ma europei – hanno osato scegliere un latinoamericano, di una Chiesa relativamente giovane, ancora. E noi, adesso, siamo tanto felici! Credo che questo sarà un bel momento, anche per lui, tornare nell’America Latina che conosce tanto bene: anche il Brasile conosce molto bene! Un continente che ha una storia così bella, soprattutto dopo il Concilio, così piena di impegno per la Chiesa e per Gesù Cristo che l’America Latina sempre ha mostrato. E lui viene per dirci che vale la pena, che dobbiamo andare avanti: lui verrà per confermarci su questa strada. Io credo che sarà un momento molto, molto importante anche per lui: sentire i fratelli e le sorelle nella fede che lo appoggiano nel cammino che egli propone per la Chiesa.

    D. – Lei a Rio de Janeiro terrà le catechesi per i giovani …

    R. – Io credo che questo sia interessante: è sempre stato fatto, in tutte le Gmg. Io credo che adesso si insista di più nell’ascoltare i giovani: cioè, non bisogna soltanto parlare loro o celebrare le liturgie con loro, ma anche occorre farli partecipare. Vuol dire che il catechista espone un tema brevemente e poi i giovani fanno le domande: sul tema o altre domande che vogliono fare. Io penso che senz’altro sono i giovani che devono mostrare a noi cosa interessa loro di sapere, quali siano le grandi domande che hanno nel cuore e nella testa che avrebbero sempre voluto fare ma che forse non hanno avuto opportunità di fare; in questa occasione potranno farlo. Credo che questa libertà di dare la parola ai giovani renderà molto positive queste catechesi.

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    Quale Brasile attende il Papa?

    ◊   Nelle settimane scorse il Brasile che accoglie la Gmg è stato scosso da una serie di proteste con migliaia di persone che sono scese in piazza nelle maggiori città del Paese, per manifestare contro la corruzione, il costo della vita e lo sperpero di denaro per i Mondiali di calcio del 2014 e per chiedere più investimenti nell’istruzione e nella sanità. Le proteste sono avvenute durante la Confederation Cup a dimostrazione che il calcio non riesce più a “narcotizzare” i problemi che attraversa il Paese. Il servizio di Roberto Piermarini:

    La protesta è iniziata l’11 giugno con le manifestazioni contro l’aumento del prezzo dei biglietti degli autobus, ma si è rapidamente trasformata in un movimento più ampio che ha messo in discussione la distribuzione delle ricchezze in Brasile ed il fatto che a beneficiare degli ospedali e dei nuovi e sfavillanti stadi sportivi, siano solo in pochi. Come recita un cinico proverbio brasiliano “tudo acaba em samba”, tutto finisce in un samba. Per decenni chi ha guidato il Paese ha fatto affidamento su questo luogo comune ma oggi l’economia brasiliana – dopo il boom del decennio scorso - comincia a vacillare. Nel 2012 la crescita è stata solo dello 0,9%, una percentuale che vede il Paese in coda alle economie emergenti del Brics, di cui il Brasile fa parte insieme a Russia, India, Cina e Sudafrica. Nel 2002 con l’elezione di Lula da Silva, il Paese grazie ad investimenti miliardari, ha varato programmi sociali per i poveri, con 30 milioni di brasiliani che sono passati dalla sussistenza al consumo, diventando classe media. Con i primi segni di crisi, le misure economiche adottate dalla Presidente Rousseff, si sono arenate nei gangli burocratici del governo e la crescita dell’inflazione ha causato l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e dei servizi. Le autorità sperano di ottenere benefici dai Mondiali di calcio del 2014 e dalle Olimpiadi del 2016 ma le strutture per accogliere questi eventi, sono costati molti miliardi in più del previsto. In Brasile ora si teme che le proteste possano riprendere per la Gmg di Rio, approfittando della visibilità mondiale della presenza del Papa, ma l’arcivescovo della città, mons. Tempesta, assicura che il desiderio espresso dai manifestanti di costruire una civiltà migliore, appartiene allo spirito della Gmg. Gli fa eco il cardinale brasiliano Braz de Aviz il quale afferma che “non si può ricercare la soluzione dei problemi sociali al di fuori della visione della fede come non può esserci un rapporto con Dio senza un impegno sociale profondo”.

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    Tweet del Papa: la fede non è nostro possesso, va condivisa

    ◊   Il Papa sul suo account @Pontifex ha lanciato un nuovo tweet: “In quest'Anno della fede – scrive Papa Francesco - ricordiamo che la fede non è un nostro possesso, ma va condivisa. Ogni cristiano è un apostolo”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un articolo del cardinale Raymundo Damasceno Assis, presidente della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani, dal titolo "Il Santo Padre, i giovani e il Brasile".

    Per tornare all'essenzialità del Vangelo: intervista di Nicola Gori all'arcivescovo José Rodriguez Carballo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

    E Pio XII abbracciò Roma ferita: settant'anni fa (19 luglio 1943) gli aerei alleati bombardavano la città. Articoli di Egidio Picucci e Fabrizio Bisconti, con un estratto da "L'Osservatore Romano" del 21 luglio 1943.

    Il laico che cercava: il cardinale Gianfranco Ravasi ricorda Vincenzo Cerami.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'emergenza profughi in Siria.

    Rispetto per la tradizione e per la libertà di espressione: nell'informazione religiosa, le preoccupazioni dei vescovi inglesi dopo l'approvazione della legge sulle unioni omosessuali.

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    Oggi in Primo Piano



    Siria: la guerra aggrava l'emergenza umanitaria. Mons. Audo: siamo tutti poveri

    ◊   Cresce il rischio di un allargamento del conflitto siriano. Nella notte è stato assassinato in Libano meridionale un noto analista politico filo-regime, mentre al confine con la Turchia due adolescenti sono rimasti uccisi da pallottole vaganti sparate dal territorio siriano. Nel nord della Siria, gli scontri tra curdi e islamisti hanno provocato invece una trentina di vittime. Intanto peggiora la situazione sul fronte umanitario. Sulla situazione nel Paese, Salvatore Sabatino ha intervistato Mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria:

    R. – In tutta la Siria vedo innanzitutto un problema di sicurezza. Ogni momento, nelle città, c’è il rischio di violenza, di bombe. E’ una cosa molto chiara. Il secondo problema è di carattere economico. Tutto è diventato caro e la gente non trova lavoro. Possiamo dire che tutti i siriani sono diventati poveri.

    D. – Da circa un mese lei è a Damasco e non riesce a raggiungere Aleppo. Che notizie ci può dare di quella che era la città più fiorente della Siria, almeno fino all’inizio della guerra?

    R. – Ad Aleppo, soprattutto da due settimane, non c’è abbastanza cibo per la popolazione. Non c’è pane, frutta, carne. Tutti parlano di questa difficoltà per il cibo. C'è poi il problema, come dappertutto, della sicurezza. Ogni giorno, nel pomeriggio, ci sono bombe che arrivano da fuori della città e cadono nel quartiere che io conosco dei cristiani. Ci sono tanti feriti, tanti morti.

    D. – Lei in questo momento è a Damasco, anche la capitale vive un momento drammatico…

    R. – La situazione a Damasco è migliore che ad Aleppo. Ma ovunque tutto è caro, a cominciare dal cibo.

    D. - Da Damasco, mons. Audo, lei sta coordinando i progetti della Caritas, su cosa state lavorando in questo momento?

    R. – Sì. Abbiamo fissato per Caritas Siria cinque priorità. La prima è il cibo, perché tutte le famiglie vogliono prima di tutto mangiare e avere qualcosa. La seconda riguarda la salute: le cure, le medicine. La terza, molto importante, è aiutare la gente a pagare l’affitto. C’è una grande domanda, in tanti sono senza casa. La quarta riguarda l’aiuto che possiamo dare agli anziani e il nostro programma è di andare a visitarli nelle loro case, vedere la loro situazione e offrire un sostegno mensile. La quinta priorità riguarda la scolarità.

    D. – Tra la gente c’è solo disperazione o resta, comunque, una speranza che tutto questo prima o poi finirà?

    R . – Tutti sperano in un cambiamento e hanno fiducia che un giorno la Siria ritornerà come prima. Ma c’è anche gente pessimista perché da due anni e mezzo vede che si va di male in male e non c’è nessun miglioramento.

    D. – Vuole lanciare un appello per quanto riguarda gli aiuti? Cosa serve alla popolazione?

    R. – Le grandi priorità sono cibo, medicine e l’affitto. Queste sono le tre priorità urgenti per la gente.

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    Egitto, uccisi tre poliziotti nel Sinai. I Fratelli musulmani delusi dall’Ue

    ◊   Nuove proteste nella notte al Cairo, in occasione della visita del capo della diplomazia europea Ashton che ha espresso rammarico per non aver potuto incontrare l’ex presidente Morsi. Intanto nel Sinai altri tre poliziotti sono stati uccisi; il Patriarca copto ortodosso Tawadros II per la terza settimana di fila ha annullato la catechesi del mercoledì. Il servizio di Roberta Barbi:

    Non si arresta la “sfida delle piazze” in Egitto: manifestazioni dei due schieramenti si sono protratte fino all’alba, dopo l’appello di ieri dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton che dal Cairo ha auspicato il rilascio di Morsi. I Fratelli Musulmani si dicono delusi dall’Unione Europea che finora non ha denunciato quello che definiscono il “golpe militare” che ha portato al rovesciamento dell’ex presidente, ma sulla questione nessuna posizione chiara neppure dagli Stati Uniti: dalla Giordania dove si trova in visita, il segretario di Stato americano Kerry afferma che “è troppo presto per giudicare l’Egitto del dopo Morsi” e che la priorità ora è “ristabilire l’ordine e il rispetto dei diritti”. E continuano anche le violenze nel Sinai del nord: tre agenti di polizia sono stati uccisi all’alba da miliziani armati, a el-Arish e a Sheikh Zowayed, vicino al confine con la Strisca di Gaza. Il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, infine, ha annullato ieri per la terza volta il consueto appuntamento con la catechesi del mercoledì a causa del difficile momento attraversato dal Paese: c’è, infatti, chi ritiene i cristiani responsabili della caduta di Morsi. Nel governo di transizione insediatosi ieri, inoltre, ben tre ministri su 33 sono copti.

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    Usa ottimisti sulla ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi. Ue critica sui Territori occupati

    ◊   In Medio Oriente continuano ad avvicinarsi le posizioni di israeliani e palestinesi. Ne è convinto il Segretario di Stato americano, John Kerry, che, da Amman dopo aver incontrato il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen e gli ambasciatori dei Paesi della Lega araba, ha parlato di una prossima ripresa dei negoziati di pace. “Attraverso un lavoro duro e determinato – ha ribadito - siamo stati in grado di accorciare significativamente le distanze" tra le parti. Le dichiarazioni arrivano dopo le nuove linee guida dell’Unione Europea che escluderanno da ogni accordo tra i due partner i territori occupati da Israele. Dura la reazione del premier Benjamin Netanyahu che sottolinea: "non accetteremo alcun diktat esterno su nostri confini". Al microfono di Massimiliano Menichetti il commento della prof.ssa Marcella Emiliani, esperta dell'area:

    R. - Fino a che non ci diranno nel dettaglio quali sono i termini del ritorno alla trattativa tra israeliani e palestinesi, vista dell’esperienza passata, direi che conviene essere molto cauti: sono due anni che israeliani e palestinesi non si parlano più e sono di fronte ad un enorme blocco della situazione, che è dato dal fatto che gli israeliani non hanno mai fermato il programma di colonizzazione dei Territori Occupati. Abu Mazen pone come precondizione che gli israeliani non costruiscano più colonie ebraiche in Cisgiordania; Netanyahu, invece, si ostina a non volere precondizioni da parte dei palestinesi, perché arrivino al tavolo dei negoziati. Difficile sormontare questa situazione, perché la colonizzazione - come sappiamo - procede imperterrita.

    D. - Le dichiarazioni di Kerry arrivano dopo che l’Unione Europea ha tracciato le nuove regole guida per i rapporti bilaterali, anche con Israele. Sono esclusi i Territori Occupati e Netanyahu ribadisce: non accettiamo dictat da nessuno…

    R. - La decisione dell’Unione Europea era stata presa già nel dicembre del 2012 e quindi è stata resa operativa solo adesso. La precondizione delle sanzioni dell’Unione Europea è quella che si rispetti la cosiddetta “linea verde”: ovvero il confine frutto di armistizio tra Israele e Paesi arabi prima della guerra del 1967, quindi prima che Israele conquistasse Cisgiordania, Gaza, Sinai e le alture del Golan. Oggi quando si parla di “Territori” - visto che il Sinai è stato restituito, col Trattato di Camp David, all’Egitto nel ’79; Gaza è stata restituita ai palestinesi, senza nessun negoziato, dagli stessi israeliani nel 2005; le alture del Golan, per ora, non sono mai state oggetto di un negoziato serio - si parla solo di Cisgiordania, ovvero di una parte ormai molto risicata della Cisgiordania, proprio perché Israele continua il suo programma di colonizzazione. Detto questo, la sanzione dell’Unione Europea sottintende l’accettazione da parte dell’Europa del piano di pace che è stato approvato dai Paesi arabi su iniziativa saudita nel 2002 a Beirut: la proposta lanciata dagli arabi ad Israele di fare la pace, purché Israele si ritiri entro i confini precedenti la guerra del ’67 e quindi la fatidica “linea verde”. Cosa, questa, che comporterebbe non solo un ritiro massiccio di Israele da tutta la Cisgiordania, ma porrebbe poi il problema non piccolo di che fine farebbero le colonie ebraiche. Un governo come quello di Netanyahu non sembra proprio disposto a questo!

    D. - In questi giorni è fitta l’azione diplomatica degli Stati Uniti in tutta l’area: c’è preoccupazione per le tante situazioni di instabilità?

    R. - Sì, assolutamente sì! Diciamo che gli Stati Uniti, in questo momento, più che del loro alleato storico - cioè Israele - sono preoccupati proprio della stabilità di tutta l’area, che è sul punto di scoppiare per aria, perché se non si trova una situazione di stabilizzazione dell’Egitto, verrà poi a cadere anche quello che è stato il vecchio patto in base al quale - prima con Mubarak e dopo con Morsi - era l’Egitto che garantiva, se non altro, la stabilizzazione del confine mediterraneo di Israele, che teneva a bada le intemperanze di Hamas a Gaza e che teneva sotto controllo tutto il quadro proprio dalle infiltrazioni Jihaidiste.

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    Pellegrinaggi in calo in Terra Santa: comunità cristiana in difficoltà

    ◊   Pellegrinaggi in calo in Terra Santa in questo 2013: a soffrirne, soprattutto, è la popolazione palestinese e in particolare la piccola comunità cristiana che vive anche grazie alle visite dei fedeli nei luoghi di Gesù. Sergio Centofanti ne ha parlato con Roberto Rita, di “Orantes Pellegrinaggi”:

    R. - In questi ultimi tempi, purtroppo, stanno subendo un calo, sicuramente a motivo della crisi economica, che sta attraversando un po’ tutto l’Occidente. In tempi passati queste motivazioni erano dettate dalla paura, dalla paura delle guerre … Adesso, invece, non c’è assolutamente alcun problema a recarsi sul territorio e il calo dei pellegrinaggi è dovuto ad una difficoltà di liquidità che si riscontra un po’ in tante famiglie nella nostra società occidentale e non soltanto italiana. Questo ha portato una serie di problematiche all’interno della popolazione locale, perché la comunità cristiana locale, in modo particolare, è sempre fortemente desiderosa di poter ricevere una visita di pellegrini. A mio avviso, poter riscontrare gruppi di pellegrini dall’Occidente che possano testimoniare la gioia della fede cristiana, la gioia della speranza nei beni futuri, che in questo momento sono messi a serio rischio dalle condizioni attuali, è il dono più grande che un gruppo di pellegrini cristiani può recare in Terra Santa.

    D. - Nei vostri pellegrinaggi c’è un contatto con la popolazione locale?

    R. - Assolutamente sì, perché un pellegrinaggio che si rispetti risulterebbe molto manchevole se accanto alla visita, all’immagine delle pietre archeologiche, che sicuramente ci trasmettono la grazia del luogo santo, permettendoci di rivivere in prima persona quello che è stato il momento biblico o evangelico che lì ha avuto luogo, come dicevo, sarebbe manchevole se non ci fosse insieme un contatto, una contemplazione direi delle pietre vive: le pietre vive che sono, senz’altro, la comunità cristiana a livello delle parrocchie, dei gruppi e dei movimento ecclesiali che ci sono in Terra Santa, pur se in misura molto limitata, ma anche con le famiglie religiose che da anni, da decenni, se non da secoli stanno rendendo una testimonianza di altissimo valore in questa terra.

    D. - In questo contesto, quali itinerari propone Orantes Pellegrinaggi in Terra Santa?

    R. - Io direi che abbiamo avuto la grazia, una grazia grande, di poter accedere - da pochi anni - anche in quei territori che per lungo tempo sono stati fortemente e direi totalmente serrati per motivazioni di ordine politico, di sicurezza… Mi riferisco, per esempio, alla Samarìa o alla città di Hebron, che costituiscono una meta imprescindibile sia per quello che restituiscono a livello storico e archeologico, sia anche soprattutto per la testimonianza biblica ed evangelica che non può essere assolutamente sottovalutata e che consente di completare l’itinerario così come la tradizione ce lo ha conservato lungo i secoli: certamente la Galilea, con Nazareth e il luogo dell’Incarnazione e la predicazione di Gesù; e poi, scendendo giù, la Valle del Giordano o la Samarìa e la Giudea, contemplando il mistero del Natale a Betlemme; e poi gli ultimi momenti della vita di nostro Signore, con la Passione, la Morte e la Resurrezione; il momento della gloria, la nascita della Chiesa… A questo proposito vorrei aggiungere che è molto bello, a mio avviso, poter continuare - in altri momenti, certamente, con i gruppi che poi rimangono sempre profondamente toccati dalla presenza del Signore, che si riscontra, personalmente, in ogni itinerario di fede - a vivere ulteriori percorsi che nascono imprescindibilmente dalla formazione che la Chiesa ha avuto a Gerusalemme, ma che poi si è propagata - come sappiamo - a cavallo tra il I e il II secolo e che nel III secolo si è consolidata nell’Asia Minore. A questo proposito, noi abbiamo iniziato anche un itinerario sulle sette Chiese dell’Apocalisse, nell’attuale Turchia: itinerario, naturalmente, condotto sempre con un atteggiamento di fede, che permette di rivivere profondamente l’esperienza della Chiesa nascente attraverso i luoghi storici, ricchi di contenuto archeologico, come ben sappiamo, ma anche attraverso l’incontro, il ricordo letterario dei numerosi Padri apostolici che hanno reso una testimonianza lungo i secoli, che ancora oggi è viva.

    D. – Inoltre, organizzate pellegrinaggi anche in Giordania…

    R. - Anche in Giordania. La Giordania è parte della provincia di Terra Santa antica e della provincia francescana di Terra Santa la Giordania ne è parte a pieno titolo, a motivo dei figli di Israele durante l’esodo. Anche andare in Giordania costituisce un momento prezioso e privilegiato: purtroppo oggi si tende a pensare, quando si nomina la Giordania, che la Giordania sia uguale a Petra. Io mi permetto di dire che la Giordania non è soltanto Petra… Per arrivare a Petra c’è tutto un cammino stupendo, che si può compiere in ricordo delle testimonianze bizantine della Chiesa a livello architettonico e archeologico, ma soprattutto - anche in questo caso - con un contatto diretto con la comunità cristiana locale, che pur se molto, molto esigua - non credo arrivi all’1 per cento - consente sempre un incontro splendido della fede, che qui si è conservata durante i secoli.

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    Grecia: approvato piano licenziamento e cassa integrazione per 25mila statali

    ◊   Il parlamento greco ha approvato il disegno legge che prevede, nell'ambito della riforma dell'amministrazione pubblica, un piano tra licenziamenti e cassa integrazione che coinvolge circa 25.000 dipendenti statali. Plauso dai vertici dell’Ue e della Bce con il commissario agli affari economici Olli Rehn che, tuttavia, ricorda che “ci sono altre decisioni da prendere” prima di concedere il prossimo esborso di aiuti da 7 miliardi di euro. Intanto, stamane, in un’Atene blindata, è arrivato il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble che offre 100 milioni di euro a un fondo per le imprese elleniche. Nelle stesse ore i sindacati internazionali lanciano un appello contro le misure di austerità. Sentiamo il commento dell'economista Alberto Quadrio Curzio raccolto da Marco Guerra:

    R. - La Grecia avrà, anche quest’anno, un calo del Pil di 5 punti percentuali. La cura imposta a quel Paese le farà fare tre passi indietro e uno avanti: il saldo rimane un saldo drammatico e dimostra che una semplice e dura cura come quella non porta ai risultati sperati. La Grecia doveva ristrutturare la propria economia, ma la ristrutturazione andava fatta con molta maggiore razionalità di quanto è stato fatto.

    D. - Lo spread dei titoli greci, però, è calato notevolmente e la Borsa di Atene ha mostrato segnali di ripresa…

    R. - Il debito greco sul Pil non sta scendendo, dopo tutto quanto è stato fatto nella misura preventivata. La riduzione degli spread non è un indicatore sufficiente per dire che la Grecia stia migliorando o addirittura per dire che la Grecia stia uscendo dalla crisi.

    D. - Siamo in vista di una svolta o queste politiche di austerità continueranno?

    R. - Una politica del rigore non bilanciata da una politica di investimenti in infrastrutture per la crescita, può determinare una lunghissima recessione. La storia economica insegna chiaramente che il rigore da solo non risana le economie. Questa forma di intervento deve essere bilanciata da politiche per investimenti infrastrutturali sani, reddituali e che diano occupazione.

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    Mandela Day. Migliorano le condizione di salute di Madiba che compie 95 anni

    ◊   Auguri da tutto il mondo stanno giungendo in Sudafrica per il 95.mo compleanno di Nelson Mandela, nella giornata internazionale a lui dedicata. Messaggi giungono dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, dal presidente americano Obama, dal russo Putin e dall'Unicef che ricorda l'impegno di Madiba per l'istruzione dei bambini africani. Intanto il presidente sudafricano Zuma, che ha fatto visita a Mandela in ospedale, ha detto che le sue condizioni di salute sono in miglioramento. Giulio Albanese:

    Al di là di quelle che sono le già precarie condizioni di salute di Nelson Mandela, non vi è dubbio che oggi occorre fare memoria di quella che è stata la sua testimonianza in questi anni. Mandela non è stato solo un celebre Premio Nobel, un presidente autorevole, il padre della patria che tutti sognavano in Sudafrica, ma soprattutto l’eroe nella lotta contro l’apartheid. Unanimemente riconosciuto come leader africano che ha maggiormente contribuito a segnare l’epoca del riscatto dopo l’onta coloniale e le pessime performance di molti regimi, Mandela ha avuto il merito di scongiurare una guerra civile che avrebbe sconvolto il Sudafrica con conseguenze forse irreparabili. Lungi da ogni retorica di circostanza, Mandela ha comunque colmato un vuoto nella leadership del continente africano; dopo aver colpevolmente tollerato il razzismo per troppi anni, il mondo - soprattutto quello occidentale - forse ancora oggi in questo giorno non ha compreso l’enorme valore del miracolo che si è compiuto 20 anni fa in Sudafrica.

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    Legge su omofobia. Un bavaglio alla libertà religiosa e di pensiero secondo "Giuristi per la vita"

    ◊   Partirà il prossimo 26 luglio alla Camera l’esame del dibattuto provvedimento contro l’omofobia. Centinaia gli emendamenti presentati per impedire che la legge si trasformi da strumento di lotta alla discriminazione in un bavaglio alla libertà religiosa o di espressione. Prevista infatti la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi partecipa ad associazioni contrarie al matrimonio gay e da 1 a 6 anni per chi le presiede o le fonda. Circa 20 mila le firme già raccolte da "Giuristi per la Vita” che ha promosso una petizione online contro tale legge. Al microfono di Paolo Ondarza il presidente Gianfranco Amato:

    R. - Con questa disposizione viene introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico la definizione di “identità di genere”: per cui non si è più uomo o donna a seconda del dato oggettivo che deriva dalla natura, ma secondo il proprio personale convincimento. Siamo al trionfo della “teoria del gender” e all’apoteosi della “ideologia relativista”. Questo peraltro con buona pace anche del principio della certezza del diritto ed anche dell’oggettività del reato.

    D. – La legge punisce severamente chiunque si esprima contro i matrimoni gay o le adozioni da parte di omosessuali. Vietato anche definire - in linea con l’insegnamento della Chiesa cattolica – “intrinsecamente disordinati” gli atti omosessuali...

    R. – Certo, perché se l’identità di genere e l’orientamento sessuale costituiscono una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica rispetto alla non discriminazione sarebbe come dire che: così come è vietato sostenere che un uomo bianco non può sposare una donna nera, non si potrà più dire che gli omosessuali non possono sposarsi. In gioco non c’è soltanto la libertà religiosa, ma la stessa libertà di opinione.

    D. – Quindi, una legge che anziché favorire realmente la libertà mette il bavaglio a chi vorrebbe esprimere liberamente il proprio pensiero...

    R. – Per comprendere la gravità delle conseguenze di questa proposta di legge è sufficiente guardare cosa sta capitando nei Paesi in cui è in vigore da anni: in Gran Bretagna c’è quasi una sorta di persecuzione nei confronti di chi osa criticare il matrimonio omosessuale o l’adozione di minori da parte degli omosessuali. Basta citare l’ultimo caso accaduto due settimane fa, il primo luglio a Wimbledon: un predicatore di strada è stato arrestato dalla polizia per aver citato e commentato un testo di San Paolo – la Lettera ai Tessalonicesi – dove appunto si parlava di immoralità omosessuale.

    D. – Quindi questa non è una legge contro la discriminazione degli omosessuali...

    R. – L’impianto è totalmente ideologico, perché gli omosessuali - così come tutti gli altri cittadini - godono già degli strumenti giuridici previsti dal codice penale, contro qualunque forma di ingiusta discriminazione, di violenza, di offesa alla propria dignità personale. La Costituzione italiana tra l’altro già sostiene con l’articolo 3 che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Del resto l’impianto ideologico che sta dietro questa proposta di legge si evince anche da una delle pene accessorie - ed in particolare l’attività non retribuita in favore della collettività – che un condannato deve svolgere al termine dell’espiazione della pena detentiva: un’attività costituita da lavoro in favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali. Qui siamo alla rieducazione culturale di stampo maoista.

    D. – Voi avete promosso una petizione on-line per dire “no” ad una legge contro l’omofobia. Qual è il vostro obiettivo e a che punto siete?

    R. – L’obiettivo è far capire soprattutto ai parlamentari il rischio che si corre attraverso questa proposta di legge. Io temo ci sia una sottovalutazione: un conto è la tutela e la dignità degli omosessuali in quanto tali; un conto è esagerare al punto di impedire poi l’esercizio di diritti come quello della libertà di pensiero. L’adesione è andata al di là di ogni più rosea previsione, credo siamo intorno alle 20 mila firme e ne continuano ad arrivare. Vorrei far leggere ai parlamentari anche i tanti commenti che ci giungono a corredo delle firme: sono lo specchio del popolo italiano. Abbiamo studenti, pensionati, dipendenti, impiegati, professionisti, religiosi...

    D. – Non è gente omofoba...

    R. – Assolutamente no. È gente preoccupata che nel nostro Paese si mantenga e venga garantita la libertà di pensiero e la libertà di espressione del proprio credo religioso: due pilastri della nostra Costituzione.

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    Convegno a Roma sulla tratta: dieci milioni nel mondo le vittime, ma è solo la punta dell'iceberg

    ◊   Nel mondo le vittime di tratta e traffico di esseri umani sono oltre dieci milioni, tra uomini, donne e bambini: ‘una vergogna del nostro tempo’. La presidente della Camera, Laura Boldrini, in un convegno oggi a Roma, ha puntato il dito su uno dei fenomeni più gravi del nostro tempo, definito “una nuova schiavitù” e che interessa anche l’Italia, con circa 20mila vittime. Oltre il 70% delle persone coinvolte sono donne, spesso giovanissime – ha spiegato la Boldrini – “vengono dai confini orientali dell'Europa, dall’Africa e dal Sudamerica, a cui viene promessa una nuova vita in Europa” dove poi invece vengono “minacciate, segregate, costrette a vendere i propri corpi per poter ripagare i debiti pretesi dai trafficanti”. E’ inoltre in aumento, ha aggiunto la rappresentante speciale dell’Osce (Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa) Maria Grazia Giammarinaro, lo sfruttamento per fini “lavorativi e di accattonaggio in settori vitali per l’economia dell'Italia, come l’edilizia, il turismo o l’agricoltura”. Da sempre impegnata a combattere il traffico di minori è l’Ong Terre Des Hommes. Francesca Sabatinelli ne ha intervistato il presidente Raffaele K. Salinari, che spiega perché le cifre denunciate in realtà non siano altro che la punta di un iceberg:

    R. – Sono dati parziali, prima di tutto perché non esiste un coordinamento tra le forze di polizia a livello internazionale, non esiste uno scambio dati e quindi una banca dati attendibile. Secondo: questo è un fenomeno organizzato, ovviamente, dalle grosse criminalità organizzate che hanno tutto l’interesse a non far risaltare questo fenomeno; e terzo, perché c’è ancora una grande confusione riguardo alle definizioni di “tratta” e “traffico”: il traffico riguarda tutte le persone di minore età. Anche se un ragazzino ‘mi chiede’ di essere portato da una parte all’altra, in realtà questo minore è trafficato. Sono due termini che non sono sovrapponibili e che quindi creano una sovrapposizione di numeri che non rende ragione all’ampiezza del fenomeno.

    D. – Traffico e tratta possono rispondere a bieche ragioni, che vanno dallo sfruttamento sessuale, al lavoro forzato, all’espianto degli organi, all’accattonaggio: è questo, quindi, il panorama?

    R. – Il panorama è quello di un’economia criminale la cui zona grigia rispetto all’economia legale è sempre più ampia. Tutto ciò che ha plusvalenza in questo sistema, viene in qualche maniera favorito. Le cose che hanno maggiore plusvalenza, da sempre sono: lo sfruttamento della prostituzione, le droghe e le armi. Dietro allo sfruttamento della prostituzione, ovviamente troviamo il traffico di esseri umani, in particolare dei minori; quando parliamo delle armi parliamo anche dei bambini-soldato, e quindi parliamo ancora una volta di traffico di bambini allo scopo, appunto, di farli diventare bambini-soldato; e quando parliamo di droga, parliamo anche lì dello sfruttamento minorile per quanto riguarda i piccoli corrieri della droga che sono quelli più usati dalla criminalità organizzata.

    D. – Dal punto di vista della protezione delle vittime, l’Italia a che punto è con la legislazione?

    R. – Bè, noi siamo in un vuoto di civiltà giuridica notevole, devo dire. Abbiamo ratificato la Convenzione di Palermo anche contro il crimine transnazionale organizzato non molti anni fa, in cui c’era anche il discorso della tratta e del traffico. Però, per esempio, tutto l’articolo 18 di quella Convenzione che ha a che fare con il fondo di protezione, che avrebbe dovuto essere alimentato – per esempio – con i beni sottratti alla mafia, ha zero – zero! – euro. Quindi siamo messi veramente molto male, rispetto all’implementazione di questa Convenzione. Ora, poi, mi porto sulla stretta attualità italiana di questi giorni: non dimentichiamo che una delle due donne kazakhe che sono state rimpatriate è una donna di sei anni, quindi una bambina. Quindi, in ogni caso questa bambina sarebbe dovuta rimanere sul nostro territorio nazionale ed essere – appunto – protetta. Quindi, l’Italia ha violato, non più di qualche giorno, fa per l’ennesima volta, la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia.

    D. – C’è da dire anche che l’Italia è indietro per quanto riguarda la ratifica della direttiva Ue in materia …

    R. – Certamente! L’Italia è ancora lì che discute di tutto questo. Tra l’altro, si tratta di una direttiva relativamente recente, che ha visto organizzazioni come la nostra partecipare attivamente, quindi, ovviamente, ci si aspettava la partecipazione di una nazione importante come l’Italia che fa la differenza non solo perché è una nazione del G8, ma perché è il famoso ponte del Mediterraneo: l’Italia ha una posizione geopolitica che la pone come punta avanzata del contrasto e della prevenzione di questo fenomeno. Se manca l’Italia, manca un grosso pezzo di Europa al contrasto e alla prevenzione del traffico e della tratta di esseri umani!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Regno Unito: delusione dei vescovi cattolici per l’approvazione della legge sulle nozze gay

    ◊   “Un punto di non ritorno, un profondo cambiamento sociale”. Così presidente e vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles, rispettivamente l’arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, e quello di Southwark, Peter Smith, commentano in una nota l’approvazione dei matrimoni tra omosessuali nel Regno Unito, il cui via libera è stato dato dalla firma della regina, e che saranno celebrati a partire dall’estate 2014. I presuli giudicano l’iter legislativo troppo frettoloso e carente, che ha come risultato la trasformazione del matrimonio in un’istituzione in cui “non è più al centro l’apertura ai figli e, con essa, la responsabilità per i padri e le madri di rimanere insieme per allevarli”. Nella nota giunta all’agenzia Sir, i vescovi esprimono gratitudine ai parlamentari che hanno contribuito a un miglioramento del testo garantendo protezione alla libertà religiosa attraverso il rafforzamento delle protezioni legali per le Chiese che si rifiuteranno di celebrare queste nozze: “Esiste il rischio potenziale – segnalano – che le indicazioni che verranno date in futuro dal ministro sul tema dell’educazione sessuale nelle scuole, entrino in conflitto con l’insegnamento della Chiesa”. Se i presuli manifestano la propria delusione per la mancanza, all’interno della legge, della tutela del diritto all’obiezione di coscienza per i funzionari civili; d’altra parte lodano le garanzie avute dai ministri che nessuno verrà discriminato sul posto di lavoro per le sue convinzioni che il matrimonio possa essere solo tra un uomo e una donna. Infine, i vescovi fanno appello alla grande tradizione di tolleranza che appartiene alla Gran Bretagna: “È importante affermare e rafforzare questa tradizione – concludono – in questo momento in cui visioni del matrimonio profondamente sentite e non conciliabili vengono messe in discussione”. (R.B.)

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    Malaysia. Il nunzio: “La religione non sia fonte di discordia”

    ◊   Sull’annosa controversia riguardante la possibilità o meno per i cristiani della Malaysia di usare il termine “Allah” per indicare Dio (l’unico esistente nella lingua bahasha), è intervenuto anche il nunzio apostolico nel Paese, mons. Giuseppe Marino: “La religione non può essere fonte di discordia nella società –sono le sue parole riportate da Fides– come nunzio credo fermamente che il dialogo interreligioso sia il mezzo per promuovere buone relazioni tra i popoli di diverse fedi che possono scoprire la bellezza della fede degli altri”. In merito all’equivoco su alcune sue dichiarazioni, inoltre, mons. Marino ha incontrato il ministro degli Esteri del Paese per ribadire che “non è mai stata sua intenzione interferire negli affari interni della Malaysia”. La controversia sull’uso del termine “Allah” risale al 2008, quando la Chiesa locale avviò un procedimento contro una disposizione del governo; nel 2009 un tribunale diede ragione alla Chiesa cattolica, ma poi il governo presentò un ricorso all’Alta Corte, che ancora non è stato esaminato, e che la Chiesa chiede venga annullato. Le relazioni diplomatiche tra Malaysia e Santa Sede sono state avviate nel 2011. (R.B.)

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    Pakistan. Famiglia di cristiani brutalmente malmenata da musulmani

    ◊   Ennesimo episodio di violenza ai danni di cristiani in Pakistan: un uomo di 50 anni, Rafiq Masih, è stato picchiato assieme a tutta la sua famiglia da due giovani musulmani, solo per aver difeso verbalmente due delle sue figlie dai loro apprezzamenti pesanti. È lo stesso Masih, che ha riportato ferite alla testa e la frattura di un braccio, a raccontare l’accaduto ad AsiaNews: “Non sarò ricco, ma combatterò sempre per avere giustizia e per il rispetto e la dignità della mia famiglia”, è la sua testimonianza. L’uomo, dipendente di una fabbrica di mattoni, aveva chiesto al suo datore di lavoro un prestito di 70mila rupie, ma aveva reagito ai commenti pesanti dei due nipoti del proprietario della fabbrica nei confronti delle sue figlie e per questo è stato brutalmente pestato. Non contenti, i due aggressori, musulmani, sono tornati a casa sua in serata per continuare il pestaggio ed estenderlo al resto della sua famiglia, minacciando, tra l’altro, di botte chiunque li avesse aiutati. Solo tre giorni dopo alcuni parenti sono riusciti a raggiungere la famiglia con l’aiuto della Commissione Giustizia e pace che ha provveduto a fornire assistenza e cure mediche, ma gli aggressori restano a piede libero. (R.B.)

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    India. Mobilitazione delle minoranze contro la legge anti-conversione

    ◊   Si mobilitano le minoranze religiose presenti nello Stato indiano del Madhya Pradesh contro gli emendamenti della legge anti-conversione già approvati dal governo locale – ma diventeranno operativi solo con il sì del governo federale – che inaspriranno le pene sul divieto di conversione, chiamando in causa anche sacerdoti in qualità di “corresponsabili” e quindi destinatari delle pene previste. Il sacerdote cattolico e membro della Commissione statale per le Minoranze in Madhya Pradesh, padre Anand Muttungal, racconta a Fides come diverse associazioni di differenti matrici religiose abbiano trovato una comune linea d’azione che sarà espressa in un memorandum per la difesa della libertà religiosa, che consegneranno al governatore. Intanto si stanno organizzando marce pacifiche di protesta; un team di avvocati sta esaminando il testo di legge, e i cristiani stanno promuovendo incontri per approfondire il tema. “Un grande sforzo di unità nella società civile”, lo definisce il presidente del Forum cristiano ecumenico, Sujit William, mentre alcune organizzazioni indù si dicono consapevoli che il progetto di legge va “contro i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione”, anche se altre sostengono apertamente la legge. (R.B.)

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    Indonesia. Cresce l’intolleranza contro cristiani e minoranze nella provincia di Aceh

    ◊   Non è una situazione felice, per i cristiani e le altre minoranze, quella che fotografa il Rapporto annuale pubblicato dall’Indonesian Christian Organization, in merito alla continua islamizzazione della provincia di Aceh. Qui, unico caso in Indonesia, Paese a maggioranza islamica che garantisce però la libertà religiosa nella sua Costituzione, vige la legge islamica della sharìa da quando è stato eletto governatore Zaini Abdullah, che ha passato anni di esilio in Svezia a causa della sua militanza nel Movimento per la liberazione di Aceh. Nell’ultimo anno – afferma il rapporto citato da AsiaNews – sono state chiuse ben 17 chiese domestiche, tra cui anche alcune cappelle cattoliche e la denuncia dell’organizzazione protestante che monitora la situazione della comunità cristiana locale riguarda la possibilità che emergano tensioni manipolate dall’esterno nei confronti dei musulmani. Da Jakarta, intanto, il governo centrale chiede al governatore di “rispettare la pluralità religiosa”, avendo ricevuto diverse segnalazioni di violazioni da parte di leader cristiani. (R.B.)

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    La Chiesa promuove una marcia per la pace al confine fra le Coree

    ◊   Fedeli cattolici coreani marceranno e pregheranno per la pace nella zona demilitarizzata al confine fra Nord e Sud Corea: come riferito a Fides, è una delle iniziative che caratterizzano i mesi di luglio e agosto 2013, che sono per la Chiesa coreana “un tempo speciale per pregare per la riconciliazione e l'unità del popolo coreano”. In occasione del 60.mo anniversario della conclusione dell’armistizio fra Corea del Nord e Corea del Sud, il 27 luglio 1953, la “Commissione per la Riconciliazione del popolo coreano”, nella Conferenza Episcopale della Corea, ha annunciato attività e programmi speciali, esortando le diocesi e tutti i fedeli a pregare intensamente. La Commissione, presieduta da mons. Peter Lee Ki-heon, vescovo di Uijeongbu, ricorda che “nonostante l’armistizio siglato, la penisola coreana è ancora di fatto in uno stato di guerra, in quanto non è stato firmato un trattato di pace definitivo”. Per questo urge ancora “pregare e impegnarsi per la pace” e gli eventi sono proposti ai fedeli possono essere “pietre miliari per la pace della penisola coreana”. La Commissione ha lanciato già nel mese di giugno, una “catena di preghiera, per invocare l'intercessione della Beata Vergine Maria per la pace nella penisola coreana”. Ha poi proposto la celebrazione di Sante Messe con l’intenzione speciale per la pace, ha organizzato un simposio sul tema “La pace sulla penisola coreana: come costruirla”. La Commissione, inoltre, ha lanciato l'iniziativa, di alto valore simbolico, della “marcia per la pace” che attraverserà la zona demilitarizzata, alla frontiera fra le due coree, dal 26 luglio al 1° agosto 2013. L’area, notoriamente un simbolo della guerra, verrà ridefinita “Via della pace”. Queste iniziative, afferma la Commissione, “intendono annunciare che abbiamo bisogno di una vera pace, non un precario ‘cessate il fuoco’, in vigore negli ultimi 60 anni. Urge riaccendere la passione dei fedeli per la riconciliazione e l'unità del popolo coreano, per costruire una autentica pace nella penisola coreana, per prepararsi all'evangelizzazione della Corea del Nord, aiutando i fedeli perché diventano apostoli di pace”.

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    Congo: in aumento i casi di violenza sessuale nelle scuole

    ◊   Aumentano i casi di abusi sessuali nelle scuole della Repubblica Democratica del Congo, perpetrati da insegnanti ai danni di studenti che a causa delle intimidazioni ricevute e dell’ignoranza della legislazione in merito, non denunciano. Lo afferma il rapporto “School and sexual abuse in Drc: knowledge is power”, elaborato dall’organizzazione locale African Association for the defence of human rights. Secondo i dati raccolti e riferiti dall'agenzia Fides, la situazione peggiore si registra nella capitale Kinshasa, e a Matadi, nel Basso Congo, dove nel solo mese di giugno sono stati denunciati 40 casi di violenza. Un centinaio, in tutto, quelli rilevati in 45 istituti delle due città tra il mese di aprile e di giugno scorsi. Nel 2006 il Congo ha varato una legislazione che prevede dure condanne per chi si macchia di abusi sessuali nei confronti dei minori di 16 anni, ma secondo alcune organizzazioni come la Congolese Association for access to justice, non è sufficiente. (R.B.)

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    Spagna: progetto della Caritas per i minori svantaggiati in Ucraina

    ◊   La Caritas spagnola continuerà a sostenere i programmi di protezione dell’infanzia in Ucraina ancora per tre anni. Così ha stabilito l’équipe direttiva, che ha deciso di approvare la continuazione del finanziamento di un progetto di integrazione sociale e di inclusione di bambini e giovani in quel Paese con il quale la Caritas spagnola collabora dal 2008. Il progetto, che la Caritas locale realizza in cinque centri minorili di altrettante città dell’Ucraina, offre assistenza sociale e psicologica a bambini che vivono situazioni difficili e adolescenti a rischio di esclusione. Nella nuova fase del programma - che riceverà un contributo della Caritas spagnola di 133mila euro fino ad agosto 2016 -, si consoliderà e amplierà il lavoro con i bambini dei centri sociali, rafforzare la loro educazione scolastica, accompagnare le famiglie dei minori, vegliare sull’attenzione alla salute e favorire l’inserimento lavorativo dei giovani. Per raggiungere questi obiettivi – riferisce l’Agenzia Sir - una équipe di psicologi e operatori sociali accompagna i minori per un periodo che varia dai 6 ai 12 mesi. Lavorano con circa un migliaio di bambini e adolescenti tra i 5 e i 18 anni, molti dei quali non vivono con i loro genitori, dato che questi sono emigrati all’estero per trovare un lavoro. In questa nuova fase del progetto i centri si prenderanno cura di un numero maggiore di minori.

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    Ong spagnola offre programmi didattici a bambini non vedenti di tutto il mondo

    ◊   Sono ben 250mila i bambini non vedenti dell’America Latina, dei Balcani, dell’India e del Sahara che negli ultimi 15 anni hanno potuto beneficiare dei programmi finanziati dall’Organizzazione nazionale delle persone non vedenti di Spagna che, grazie a un programma di cooperazione internazionale, ha potuto varare progetti anche in aree bisognose del pianeta. In Sudamerica - riferisce Fides - è stato possibile scolarizzare oltre 120mila bambini, offrendo contemporaneamente corsi di formazione lavorativa a 50mila persone non vedenti e creando 900 posti di lavoro e 100 microimprese. Di fatto è di molto migliorata la qualità della vita di tanti ciechi e disabili visivi. I fondi, raccolti nel continente europeo in particolare, sono andati a beneficio dei progetti nei Balcani, dove sono stati avviati centri per la produzione di materiale didattico in braille e sono stati formati professionisti nell’assistenza alle persone cieche. Più recentemente sono state intraprese iniziative anche nel campo profughi di Tindouf, in Algeria, in Marocco e nella Guinea Equatoriale. (R.B.)

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    Il Sentiero di Francesco 2013 da Assisi a Gubbio per celebrare il creato

    ◊   Da Assisi a Gubbio, sul “sentiero di Francesco”. È l’iniziativa proposta, per il quinto anno consecutivo, dalle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Quest’anno l’iniziativa, in programma dal 1° al 3 ottobre, si svolge in concomitanza con la Giornata nazionale per la custodia del creato promossa dalla Cei, che ha scelto Assisi come sede della celebrazione, in omaggio a Papa Francesco, riferisce l’Agenzia Sir. “Il Sentiero di Francesco” 2013 godrà dell’apporto dell’associazione Greenaccord che, su invito del vescovo di Gubbio, offrirà il proprio contributo per diffondere la notizia e i contenuti degli eventi in programma e far vivere l’esperienza del cammino/pellegrinaggio a una ventina di giornalisti della propria rete. A conclusione del “Sentiero di Francesco”, all’arrivo a Gubbio, sarà conferito il Premio internazionale “Lupo di Gubbio” per la riconciliazione, assegnato a personaggi o associazioni che si siano distinte per episodi o percorsi di riconciliazione. Il tutto nell’ambito di una serata di musica, testimonianze, storie e spettacolo. Il programma e tutte le informazioni sul pellegrinaggio lungo il Sentiero sono disponibili sul sito www.ilsentierodifrancesco.it.

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    Da ottobre l’Anno missionario orionino

    ◊   Si aprirà il 20 ottobre 2013 per chiudersi l’8 dicembre 2014, l’Anno missionario orionino, annunciato congiuntamente dalla superiora generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, suor Maria Mabel Spagnuolo, e dal superiore generale dei Figli della Divina Provvidenza, don Flavio Peloso, per celebrare i cento anni di attività. L’inizio dell’anno sarà celebrato nel santuario mariano di Aparecida, in Brasile, durante il pellegrinaggio che tutta la famiglia orionina farà nel Paese al termine dell’Assemblea generale della Divina Provvidenza cui parteciperanno religiosi e religiose, laici e missionari, sulle orme dei primi esponenti dell’Opera della Divina Provvidenza, che – riferisce la Fides – arrivarono in Brasile circa un secolo fa su invito di don Orione. Il 29 dicembre 2013 sbarcarono al porto di Santos e da qui raggiunsero in treno la destinazione di Mar de Espanha, nello Stato Minas Gerias, il 2 gennaio 1914. Oggi sono presenti in 32 nazioni. (R.B.)

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    A Roma la settima Assemblea Generale delle Volontarie di Don Bosco

    ◊   Al via oggi a Roma, presso la Casa Generalizia dei Salesiani, la VII Assemblea Generale delle Volontarie di Don Bosco (VDB), Istituto Secolare Femminile appartenente alla Famiglia Salesiana. Il tema su cui si confronteranno le circa 100 VDB presenti all’Assemblea – in rappresentanza delle 1300 Volontarie diffuse nei cinque continenti – è la formazione permanente delle consacrate. “Donna, chi cerchi? (Gv, 20,15)” è il motto prescelto. Ad aprire l’Assemblea, in programma fino al prossimo 28 luglio, un’Eucaristia presieduta dal Rettore Maggiore dei Salesiani, Don Pascual Chávez Villanueva. Oltre alla riflessione sul tema proposto, l’Assemblea avrà anche il compito di eleggere la nuova Responsabile Maggiore e del suo Consiglio. La missione delle Volontarie di Don Bosco è di essere presenza testimoniante in ogni contesto. Le Volontarie, non facendo vita comunitaria, vivono i tre voti di povertà, castità e obbedienza nella famiglia, nel lavoro, nel quartiere, nella politica, nel sindacato, nelle parrocchie, nel volontariato, in terra di missione, nel mondo della cultura e della comunicazione, usando gli stessi linguaggi del mondo, ma con parole nuove. Per questo motivo le VDB non si rivelano come consacrate, ma vivono nel riserbo per poter operare meglio e con maggiore efficacia, soprattutto in ambienti particolarmente difficili e di frontiera. Fondate nel 1917 dal Beato Don Filippo Rinaldi, terzo successore di Don Bosco, le Volontarie esprimono la spiritualità salesiana attraverso una particolare attenzione per i giovani e una profonda vita interiore eucaristica e mariana.

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 199

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.