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Sommario del 17/07/2013
Gmg. Briefing di padre Lombardi: viaggio del Papa in Brasile emozionante e denso di incontri
◊ Un viaggio molto significativo nel suo continente con un programma denso di eventi, tra cui la visita in una favela, la veglia di preghiera con i giovani e la Santa Messa per la Giornata Mondiale della Gioventù. E’ quanto ha dichiarato stamani il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, durante il briefing che ha illustrato ai media il programma del viaggio apostolico di Papa Francesco a Rio de Janeiro, dal 22 al 29 luglio prossimi, in occasione della 28.ma Gmg. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il primo viaggio internazionale di Papa Francesco, in America Latina, nel suo continente, ripercorre, con l’introduzione di diverse novità, l’itinerario previsto per il suo predecessore, Benedetto XVI. Padre Federico Lombardi:
“Papa Francesco riprende l’eredità di Papa Benedetto. Il viaggio era già stato deciso, ma certamente il programma è stato anche adattato, arricchito di ulteriori eventi con il cambio di Pontificato. Tanto per fare qualche esempio, il pellegrinaggio ad Aparecida, oppure la visita alla favela, all’ospedale, l’incontro con il Comitato del Celam. Questi sono elementi che di per sé non erano in calendario nel primo progetto di viaggio, misurato più su Papa Benedetto XVI”.
Lunedì 22 luglio, durante il volo in aereo per Rio de Janeiro, è previsto il consueto incontro con i giornalisti:
“L’incontro c’è, però il Papa mi ha detto che voleva farlo in un modo differente, quindi non abbiamo lo schema domande-risposte classico. Mi ha detto che ha intenzione di salutarli tutti. Sarà certamente un bell’incontro, ampio, cordiale, però non con la formula dell’intervista delle domande e risposte”.
Papa Francesco arriverà a Rio de Janeiro lunedì 22 luglio. Per gli spostamenti del Papa in città, verrà utilizzata la macchina coperta per i tratti più lunghi e l’auto scoperta per i percorsi più brevi. Martedì 23 non sono previsti impegni. Da mercoledì 24 luglio, invece, comincia un denso programma di incontri e celebrazioni:
“Ed è dedicato principalmente a questo pellegrinaggio ad Aparecida, fortemente voluto dal Santo Padre che va alla cappella del Santuario, dove è conservata l’immagine della Madonna di Aparecida. E poi, si sposta nella grandissima Aula della Basilica per la celebrazione della Messa. Poi, il Papa si sposta al Seminario “Bom Jesus”. Torna a Rio nel pomeriggio e va direttamente ad un ospedale, un ospedale del venerabile Ordine Terziario francescano. Con questo si conclude la giornata del mercoledì.
Giovedì mattina, il Papa va al Palazzo di Città, cioè alla sede del municipio della città di Rio de Janeiro, e poi benedice le bandiere olimpiche. Dopo di questo, il Papa si trasferisce alla Comunità di Varginha, che sarebbe una favela, come noi usiamo dire normalmente. Durante l’itinerario, è previsto che entri in una abitazione, incontri brevemente una famiglia. Poi, continua il suo itinerario fino al campo di calcio dove c’è l’incontro con la comunità. Nel pomeriggio, c’è la festa di accoglienza dei giovani a Copacabana, quindi il primo grande incontro del Papa con i giovani della Giornata mondiale della gioventù.
Venerdì mattina, la giornata comincia con le confessioni in una località che si chiama Quinta da Boa Vista ed è previsto che confessi cinque ragazzi. Dopo le confessioni, il Papa si sposta all’arcivescovado. Il Papa e l’arcivescovo si recano nella cappella, salutano le suore e le persone della residenza e poi vanno al balcone centrale del palazzo arcivescovile per la recita dell’Angelus Domini. Poi, il Papa rientra nel palazzo, saluta il Comitato organizzatore e pranza con i giovani, ci saranno 12 giovani. Nel pomeriggio – dato che siamo a venerdì – è il pomeriggio della Via Crucis ed in ogni stazione si tocca un problema importante nella prospettiva dei giovani.
Il giorno di sabato comincia con una grande Messa nella cattedrale di Rio de Janeiro, con i vescovi della Giornata mondiale della gioventù, i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi. Dopo questa Messa, il Papa passa rapidamente al teatro municipale di Rio de Janeiro dove c’è l’incontro con la classe dirigente del Brasile; dopodiché il Papa si reca a fare un incontro e pranzo con i cardinali ed i vescovi del Brasile. Nel pomeriggio, si sposta nel luogo dove avverranno la Veglia e la Messa conclusiva della Giornata mondiale della gioventù. Questo avviene in un luogo che si chiama Guaratiba, in un’area che è stata battezzata ‘Campus Fidei’. Il Papa poi torna a dormire a Sumaré, mentre i giovani sappiamo che rimangono sul Campus Fidei.
La mattina dopo, torna e alle 10 c’è la Messa conclusiva, la grande Messa conclusiva della Giornata mondiale. Alla fine, si annuncia il luogo della prossima edizione della Giornata mondiale della gioventù”.
Papa Francesco è il terzo Pontefice a recarsi in Brasile:
“Giovanni Paolo II c’è stato quattro volte, un viaggio di Benedetto XVI. Ora, il primo viaggio di Papa Francesco, il terzo Papa che va in Brasile. Il Papa è stato invitato dai vescovi organizzatori e promotori della Giornata mondiale della gioventù e Papa Francesco aveva confermato immediatamente, pochi giorni dopo la sua elezione, che avrebbe fatto questo viaggio. Quindi, ha permesso a tutta l’organizzazione di muoversi speditamente senza incertezze”.
Padre Federico Lombardi si è infine soffermato anche sulla situazione in Brasile, teatro nelle ultime settimane di manifestazioni di protesta contro il caro-trasporti nel Paese.
“Naturalmente, sappiamo che c’è questa situazione nelle ultime settimane, negli ultimi tempi, anche con delle agitazioni, con delle manifestazioni. Molti si domanderanno se ce ne saranno anche in occasione della visita del Papa. Questo lo vedremo. Noi abbiamo totale fiducia, come sempre, anche nella capacità da parte delle autorità di gestire autorevolmente e bene le situazioni, quindi andiamo con totale serenità, sapendo che queste manifestazioni non hanno nulla di specifico nei confronti del Papa e della Chiesa”.
Gmg. Mons. Petrini: il Papa conquista tutti, anche i lontani dalla fede
◊ Cresce l’attesa in Brasile per l’arrivo di Papa Francesco la prossima settimana. Moltissimi giovani si stanno preparando all’abbraccio con il Pontefice con entusiasmo e gioia. A raccontare il clima mons. João Carlos Petrini, vescovo di Camaçari, nello Stato di Salvador de Bahia. L’intervista è di Antonella Palermo:
R. - C’è un’attesa impressionante, perché Papa Francesco sta conquistando tutti, anche quelli che sono di altre religioni, anche quelli che non vanno in chiesa da anni e anni. Quando io incontro queste persone, fanno sempre grandi elogi, addirittura si mostrano commossi perché il Papa ha questo modo semplice di comunicare, di parlare, che tocca il cuore delle persone con cose facili che loro capiscono. Si sentono immediatamente coinvolti. C’è una grande attesa.
D. - Lei presiede la commissione episcopale “Vita e famiglia”: i giovani quanto sono aperti alla vita e alla costruzione di una famiglia basata sui valori del Vangelo?
R. - Io direi che in Brasile si vive una situazione che per certi aspetti è paradossale. Un’inchiesta fatta alcuni anni fa, non molti, da un grande giornale di San Paolo diceva che il 98% delle persone intervistate, quindi anche i giovani, considerano la famiglia come un grande valore o il più grande valore della propria vita. Una situazione un po’ paradossale perché nei mezzi di comunicazione, nelle legislazioni che sono state elaborate recentemente, la famiglia non è poi così valorizzata, perlomeno la famiglia così come noi l’abbiamo sempre compresa, cioè come l’unione di un uomo e una donna che si vogliono bene, che si amano e che sono aperti a generare nuova vita e ad educare i propri figli. E’ come se questa famiglia fosse considerata un po’ del passato. Molte sono le famiglie dove c’è solo la donna e un bambino o due, tre bambini… Poi, tutte queste realtà di famiglie ricomposte dopo separazioni, dopo divorzi... E’ una situazione molto delicata per la Chiesa.
D. - Lei accompagnerà circa 200 giovani a Rio dalla sua diocesi. Cosa vi aspettate da Papa Francesco?
R. - L’attesa è di una nuova Pentecoste nella Chiesa ma con un punto molto preciso. Nel mondo attuale - io credo che sia uguale un po’ dappertutto, non solo in Brasile ma anche in altre parti del mondo - è molto difficile incontrare persone adulte sia nel campo dell’arte, dello spettacolo, dello sport, della politica, persone adulte che siano ammirevoli e che possano stimolare nel giovane l’idea di una vita di dignità, di grandezza, di dedicazione seria al bene di tutti. La figura di Francesco fa eccezione. Un’eccezione ammirevole. Per cui, speriamo che le parole che dirà suscitino un nuovo entusiasmo per Gesù Cristo, un nuovo attaccamento alla Chiesa cattolica, ma che abbia anche la finalità di risvegliare nei giovani l’ipotesi di vivere secondo una grandezza che noi non vediamo frequentemente vicino a noi, ma che il Papa ci rende prossimo proprio in questi giorni venendo a Rio de Janeiro.
Gmg. A Rio in mostra le opere di Gaudì, architetto della "luce"
◊ Si intitola “Antoni Gaudi, the days of creation” la mostra dedicata all’importante artista catalano che avrà luogo dal 23 al 28 luglio durante la Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro in Brasile. Voluta fortemente dagli organizzatori locali, la mostra ripercorre in tre interessanti sezioni – Luce, Natura, Uomo e Stupore – l’arte e l’opera del genio catalano. Aneddoti, retroscena e dettagli al microfono di Federica Baioni che ha intervistato uno dei curatori, l’architetto Chiara Curti:
R. – In queste esposizioni, si racconta come Gaudì costruisce. La mostra si sviluppa in tre grandi capitoli e siccome Antonio Gaudì insisteva sempre sul fatto che era un collaboratore della Creazione, abbiamo preso come spunto il libro della Genesi. Quindi, la mostra si divide in tre grandi capitoli. Il primo parla della luce, quindi di come le architetture di Gaudì partano tutte da un principio: come entra la luce dentro gli edifici. Il secondo è sull’osservazione della natura e le relazioni con gli uomini. Il terzo sullo stupore verso questa bellezza o riposo. Quindi, si rifanno alla Genesi e ricalcano questi giorni della Creazione, accompagnati da Gaudì e dalle sue opere.
D. – Che cosa ha spinto gli organizzatori a Rio de Janeiro a chiedere la vostra mostra per la Giornata mondiale della gioventù?
R. - La mostra che è stata fatta a Madrid nel Parco del ritiro è stata la mostra più visitata in assoluto, con 70 mila visite in quattro giorni, nelle quali ci sono state testimonianze veramente molto commoventi. Noi avevamo anche aperto reti sociali legate alla mostra per avvisare man mano varie personalità che potevano visitarle e che avrebbero tenuto anche piccole conferenze ai ragazzi e in queste reti sociali sono state raccontate tante conversioni e momenti particolari. A me, ha colpito molto vedere una guardia notturna, commosso dalle spiegazioni che ascoltava perché la mostra restava aperta fino alle 2 del mattino, che ha deciso di portare le sue due figlie alla mostra e le ha tenute lì tutta la notte per spiegargli la mostra che continuava a sentire spiegata da altri. Ci sono tanti momenti di una dolcezza per cui vale la pena portare avanti questi lavori anche per queste piccole cose che succedono.
◊ In Brasile, Papa Francesco ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di Manaus, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Mario Pasqualotto, del Pime.
In Irlanda, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Ardagh and Clonmacnois, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Colm O'Reilly. Al suo posto, il Pontefice ha nominato il sacerdote Francis Duffy, del clero della diocesi di Kilmore. Mons. Francis Duffy è nato a Bawnboy, nella contea di Cavan, nella diocesi di Kilmore (Irlanda), il 21 aprile 1958. Dopo i primi studi al St Patrick's College di Cavan, è entrato nel Seminario di Maynooth ove ha frequentato i corsi di Filosofia e di Teologia. Successivamente ha conseguito due Masters: in Storia, presso la National University of Ireland, e in Educazione e Management, presso il Trinity College di Dublin. È stato ordinato sacerdote il 20 giugno 1982 per la diocesi di Kilmore. Dopo l'ordinazione è stato insegnante di Storia e di Lingua irlandese al St. Patrick's College di Cavan, insegnando poi nella scuola diocesana di St. Felim a Ballinamore, divenendone più tardi il Preside. Dal 2008 al 2012 è stato Segretario e Cancelliere Diocesano. In questo momento, pur prestando assistenza nella parrocchia di Laragh e nella chiesa di St. Michael, Clifferna, stava completando, in un anno sabbatico, il suo Dottorato in Educazione.
Papa Francesco: tutelare la vita dal concepimento fino alla morte naturale
◊ In un messaggio ai cattolici di Irlanda, Scozia, Inghilterra e Galles, Papa Francesco invita a difendere la vita dal concepimento fino alla morte naturale. Il Pontefice - prendendo lo spunto dall‘annuale Giornata per la vita celebrata nelle Isole britanniche in diverse date - sottolinea il “valore inestimabile della vita umana”: “Anche i più deboli e i più vulnerabili, i malati, gli anziani, i non nati e i poveri, sono capolavori della creazione di Dio, fatti a sua immagine, destinati a vivere per sempre, e meritevoli della massima riverenza e rispetto”. Il Papa eleva la sua preghiera affinché la Giornata “contribuisca ad assicurare che la vita umana riceva sempre la protezione che le è dovuta”.
Il tema della Giornata, “Custodisci la vita. Ne vale la pena”, è tratto da un’omelia pronunciata nel 2005 dall’allora cardinale Bergoglio per una Messa in onore del patrono delle donne incinte, San Raimondo Nonnato, religioso spagnolo del XIII secolo che, secondo la tradizione, venne estratto dal corpo della madre morta il giorno precedente.
Al centro dell’edizione 2013 vi è l’attenzione per i bambini non nati e le loro madri; per gli anziani e per le persone con intenti suicidi e le loro famiglie. L’obiettivo - spiegano due note della Conferenza dei vescovi inglesi e gallesi (Cbcew) e della Conferenza episcopale irlandese (Icbc) – è di “favorire un clima di compassione e attenzione che sostenga la vita anche nei momenti e nelle circostanze personali più difficili”, perché, come aveva affermato l’allora arcivescovo di Buenos Aires, “tutti devono avere cura della vita con tenerezza e calore umano”.
La Giornata viene celebrata in Scozia nell’ultima domenica di maggio, in Inghilterra e Galles il prossimo 28 luglio e in Irlanda nella prima domenica di ottobre. In vista dell’appuntamento del 28 luglio, la Conferenza episcopale inglese e gallese ha già cominciato a mettere a disposizione sul sito ufficiale www.dayforlife.org diversi sussidi e materiale informativo. Inoltre, più di mezzo milione di volantini sono stati inviati a tutte le parrocchie del Regno Unito. Anche quest’anno tra i destinatari dei fondi raccolti con la colletta per Giornata saranno destinati alla “Anscombe Bioethics Centre”.
◊ Il Papa ha lanciato un nuovo tweet: “Dio ha tanta misericordia con noi – scrive Papa Francesco - Impariamo anche noi ad avere misericordia con gli altri, specialmente con quelli che soffrono”. L’account @Pontifex in nove lingue ha superato i 7 milioni 439 mila follower.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Cresce l'attesa a Rio de Janeiro: giovani in arrivo da tutto il mondo per la gmg di Papa Francesco. Articoli dell'arcivescovo Carlos Aguiar Retes, presidente del Celam, sull'incontro - nell'ultimo giorno del viaggio - fra il Pontefice e l'episcopato latinoamericano, e di Evangelina Himitian su "quell'emozione forte che fa palpitare migliaia di argentini".
In rilievo, nell'informazione internazionale, lo scontro tra Israele e Ue sugli insediamenti.
Perché crollò Bisanzio: la parte iniziale dell'inedito - audace rilettura storica del bizantinismo - scritto da Vladimir Solov'ev nel 1896 (il testo integrale è contenuto nell'ultimo numero della rivista "La Nuova Europa").
Come una piccola nevicata: Antonio Paolucci sul sogno nel Rinascimento in mostra a Palazzo Pitti e poi a Parigi.
Onorato Bucci su misericordia e speranza nel diritto della Chiesa.
E Pasolini riconobbe uno scrittore di talento: la scomparsa di Vincenzo Cerami.
Un articolo di Paolo Pecorari dal titolo "Lezioni per chi cerca il bene comune": a trecento anni dalla nascita di Antonio Genovesi ripubblicato in edizione critica un testo fondamentale del primo cattedratico di economia in Europa.
Egitto: giura il nuovo governo, escluse le forze islamiche
◊ L’Egitto ha un nuovo governo. Ieri il giuramento della squadra guidata dal premier, Hazem al-Beblawi, e composta da 34 ministri, nessuno appartenente ai Fratelli Musulmani che, dal canto loro, chiedono all’Ue di indagare sul “golpe militare”. Nell’esecutivo appaiano, infatti, tre donne, tre copti, diversi tecnici ma nessun islamista. Nella notte, intanto, sono ripresi gli scontri tra sostenitori dell’ex presidente Morsi e le forze dell’ordine: due i morti e oltre 400 gli arresti. Sulle prospettive e le sfide che attendono il nuovo esecutivo Marco Guerra ha intervistato Silvia Colombo, ricercatrice dell'Istituto Affari Internazionali:
R. - Il fatto che sia stato creato questo governo a distanza di poco tempo dalla caduta di Morsi, è un buon segnale che indica che il Paese comunque deve andare avanti e che appunto c’è la voglia di farlo proseguire lungo il processo di transizione. Chiaramente, le incognite sono molteplici; in primo luogo, il fatto che il Paese è più polarizzato che mai. Continuano gli scontri, continuano i morti nelle strade e il dialogo tra le due parti in campo sembra non essere ancora decollato. Quindi tutto ciò avrà fortissime ripercussioni, soprattutto nel breve periodo, su quella che è la Road Map che dovrà essere implementata dal nuovo governo e sulle prospettive di stabilizzazione, di successo di questo governo. Sarà importante vedere anche quale impostazione verrà data a quella che è la domanda principale che continua a provenire dalla piazza, dagli attivisti, cioè la richiesta di maggiore inclusività, maggiore giustizia e chiaramente anche un miglioramento delle condizioni economiche.
D. - Che posizione avrà il nuovo esecutivo nei delicati equilibri del Medio Oriente? Si inserisce in una linea di continuità o avrà elementi di rottura?
R. - Il nuovo governo è composto principalmente da tecnici ed è molto incentrato su quelle che sono le condizioni e la situazione domestica del Paese. Si inserirà in una linea di continuità rispetto al governo precedente, anche perché la situazione nel Medio Oriente è, sì, molto convulsa, molto complicata, - soprattutto per quanto riguarda la questione siriana - ma l’Egitto aspira a rimanere un pilastro di stabilità nella regione. Gli attori esterni stanno cercando di puntellare il ruolo dell’Egitto in questa direzione: si pensi, per esempio, al ruolo dell’Arabia Saudita e degli altri Paesi del Golfo, ma si pensi anche al ruolo degli Stati Uniti, che comunque hanno confermato il loro sostegno ai militari e che quindi, di fatto, guardano verso la direzione di una continuità.
D. - L’esclusione dei Fratelli musulmani e dei salafiti non rischia di essere un messaggio molto pericoloso per l’anima più islamista del Paese?
R. - Ci si aspettava una maggiore apertura, una mano tesa nei confronti di quella parte della popolazione e della classe politica che si è sentita esclusa ed estromessa dal futuro politico dell’Egitto. Bisogna vedere, appunto, quali ripercussioni potrà avere questo fatto proprio a livello di crescente distanza tra le parti. Bisogna, inoltre, però ricordare che parallelamente alla formazione del nuovo governo, c’è anche questa iniziativa di riconciliazione nazionale, i cui termini che non sono ancora stati chiariti e la cui partecipazione non è ancora stata specificata, ma che potrebbe, in parallelo, cercando di ricostruire un clima di fiducia tra le parti della società e della politica egiziana, per poi favorire una reintromissione delle parti - in particolare la componente islamista - all’interno delle istituzioni di governo.
D. - I militari continueranno ad avere un ruolo preponderante nelle scelte della politica egiziana?
R. - Ci si può aspettare che continuino ad agire nell’ombra. Certamente rimarranno un po’ i portavoce e anche i baluardi di una stabilizzazione del Paese; quindi non è inopportuno aspettarsi ulteriori interventi - naturalmente non di tipo strettamente militare ma anche di interferenze sul governo civile - fino a quando si potrà arrivare ad un nuovo parlamento eletto e ad un nuovo presidente eletto; tutto questo in base alla Road Map che è stata presentata una decina di giorni fa.
Francia, autorizzata ricerca sugli embrioni. Mons. d'Ornellas: voto destabilizzante
◊ In Francia,con 314 voti favorevoli e 223 contrari ieri i deputati dell’Assemblea nazionale hanno varato la "liberalizzazione inquadrata" della ricerca sugli embrioni. Finora, tale ricerca era vietata formalmente e permessa nei fatti solo con deroghe concesse da un organismo pubblico, l’Agenzia di Biomedicina. Ora, sarà autorizzata in via ordinaria, in presenza di alcune condizioni, come la “pertinenza scientifica” e la “finalità medica”. Inoltre, occorrerà rispettare “i principi etici relativi alla ricerca sull’embrione e sulle cellule staminali embrionali”. Ma secondo varie associazioni e giuristi, queste formulazioni vaghe lasciano presagire controlli concreti problematici, se non impossibili. Manuella Affejee ha chiesto un commento all’arcivescovo di Rennes, mons. Pierre d’Ornellas, che si occupa di questioni di bioetica in seno alla Conferenza episcopale francese:
R. – Il me surprend beaucoup. C’est un vote de parti. Ce n’est pas un vote qui…
Mi sorprende molto. E’ un voto di partito, non è un voto che manifesti una grande coscienza individuale dei legislatori. E’ un voto che si verifica dopo un’assenza di dibattito specifico. Inoltre, questo voto è il frutto di un clima piuttosto che di una riflessione. Si tratta di un clima politico di partito contro partito e questo, quindi, non è un voto che potrebbe manifestare una riflessione che voglia affrontare una sfida. La posta in gioco è importante: si tratta dell’embrione umano, cioè a dire di colui che condivide la nostra umanità. Tutti coloro che hanno votato, tutti hanno iniziato la loro esistenza nella condizione embrionale: non so se ne hanno effettiva consapevolezza. Questo voto è molto sorprendente, molto destabilizzante e temo possa creare più disorientamento nelle coscienze dei nostri cittadini, di quanto non possa risolvere alcuni problemi.
D. – Nel suo comunicato del 9 luglio scorso, lei sollecitava un vero dibattito nazionale sulla questione. Pensa che il governo abbia avuto paura di un tale dibattito e perché?
R. – Je ne sais pas s’il a eu peur d’un débat; le minimum qu’on puisse dire c’est…
Non so se abbia avuto paura di un dibattito, ma il minimo che si possa dire è che ci troviamo di fronte a una sorta di autoinganno: il non riconoscere che il dibattito è necessario, e che si tratta di un dibattito “sociale”, cioè che riguarda la società, è segno stupefacente di cecità. Considerando poi che nel 2011 il legislatore aveva precisato, nella legge, che ogni cambiamento riguardante la bioetica avrebbe dovuto essere preceduto da un dibattito con gli Stati generali, che il governo ora non voglia un tale dibattito sociale per la società, che non lo organizzi, rappresenta come minimo una forma di cecità, se non – peggio – una paura. Tra le due, non saprei cosa scegliere. Ma è incomprensibile che il governo non capisca che il dibattito sociale è necessario perché la questione dell’embrione umano tocca l’ambito più profondo della coscienza umana. Sarebbe sufficiente incontrare genitori che vivono ad esempio un’esperienza di quella che definiamo procreazione medicalmente assistita: per loro è chiaro che quella realtà fecondata è il loro bambino! Ecco perché si tocca il profondo delle coscienze. E mi rattrista molto vedere che il governo, in questo pseudo-dibattito, si faccia beffe della coscienza umana. E' come se, in qualche modo, esprimesse una sorta di disprezzo per tutti coloro che invece hanno una coscienza umana e che si rendono sensibili alla questione dell’inizio della vita nel grembo di una donna.
D. – Molto concretamente, questa legge cosa cambia nell’ambito della ricerca embrionale?
R. – Tout d’abord, cette proposition de loi, elle parle de la recherche fondamentale. …
Tanto per incominciare, questa proposta di legge parla della ricerca che definiamo fondamentale ed è una cosa nuova che si parli di ricerca fondamentale. Normalmente, si parla piuttosto di ricerca applicata, e c’è una grande differenza. Poi, l’inquadramento dell’autorizzazione è molto meno netto. E, in terzo luogo, se precedentemente con il principio di interdizione e la deroga c’era comunque il potere da parte del ministro, cioè da parte della politica, di fermare la ricerca, di interdirla, ora, con questa proposta di legge si introducono contorni estremamente fluidi per quanto riguarda l’inquadramento volto ad ottenere l’autorizzazione, che diventa totalmente nelle mani dell’ente per la biomedicina. Questo significa che il politico si lava le mani della sua responsabilità e abbandona tutto a dei tecnici. Mi sembra di assistere alla nascita dell’“homo tecnicus” che prende il posto dell’“homo sapiens”: siamo abbandonati nelle mani dei tecnici …
Onu: in Siria muoiono 5 mila persone al mese, crescono i profughi
◊ La crisi in Siria peggiore perfino del genocidio in Rwanda: è drammatico il bilancio delle Nazioni Unite, che riferiscono di 5.000 morti al mese e di quasi un milione e 800 mila profughi in fuga. A pagare il prezzo più alto è Aleppo. Aumenta intanto la pressione ai confini con la Siria, tanto che l’Onu chiede ai Paesi limitrofi di non chiudere le frontiere. Dalla Turchia, il Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I, ricorda i due vescovi sequestrati in Siria. Il servizio di Roberta Barbi:
Cinquemila morti al mese, e quasi due milioni di persone in fuga: dopo più di due anni di guerra, il conflitto in Siria sta subendo un drammatico deterioramento secondo l’Onu che dal Palazzo di Vetro a New York lancia l’appello ai Paesi limitrofi affinché non chiudano le frontiere e consentano il passaggio dei profughi. In Iraq se ne trovano circa 160 mila, ma il Paese ha bloccato la frontiera dopo l’intensificarsi degli scontri settari e lo stesso ha fatto l’Egitto, alle prese con un proprio conflitto interno, dove ce ne sono 90 mila, mentre Turchia e Giordania insieme ne ospitano quasi un milione. E la pressione ai confini si fa più forte, soprattutto in Libano dove ieri un convoglio con a bordo miliziani di Hezbollah è stato attaccato da uomini armati vicino Masnaa, mentre nel sud oggi un alto funzionario siriano è stato ucciso. Nella città turca di frontiera, Ceylanpinar, due giovani sono morti colpiti da proiettili vaganti provenienti dal lato siriano, mentre si moltiplicano gli scontri tra la comunità curda e i gruppi jihadisti affiliati ad al Qaeda. Infine, un gruppo di ribelli anti-Assad si è infiltrato in queste ultime ore in un avamposto israeliano non presidiato nelle alture del Golan: è la prima volta che succede dall’inizio della guerra civile.
Pakistan. Ergastolo per sms "blasfemo". Paul Bhatti: non è primo caso, ma ho fiducia
◊ Il caso di Sajjad Masih Gill non è il solo. Così Paul Bhatti, consigliere del ministro per l’Armonia nazionale in Pakistan, dopo la condanna all’ergastolo del 28.enne, per blasfemia. L’accusa è di aver inviato un sms, considerato offensivo, dal suo telefono cellulare. La difesa del giovane cristiano ribadisce l’innocenza e rilancia iniziative contro la controversa legge in materia. Per la stessa norma, lo ricordiamo, rimane in carcere, Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli, condannata all’ergastolo nel 2010. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso Paul Bhatti:
R. – Non possiamo fare molto nell’immediato. Quando ci sono casi come questo presso la “Session Court”, il primo livello di giudizio, c’è poca sicurezza e spesso il giudice viene messo sotto pressione, molte persone lo minacciano. Questa causa è stata difesa da un avvocato della nostra Associazione e lui adesso farà appello presso l’Alta Corte. Sono sicuro che lì verrà assolto perché non c’è nessuna prova contro di lui, in quanto l’sms che è stato mandato non è stato neanche spedito con il suo telefono, un apparato che non è registrato a suo nome. Sono sicuro che sarà assolto.
D. – Comunque, rimane una cosa sconvolgente che un ragazzo sia condannato per un sms?
R. – Sì, ma ci sono stati altri casi come questo anche qui a Islamabad…
D. – Quindi, non è il primo caso…
R. – No, ci sono stati altri casi a Karachi, l’anno scorso, a Islamabad… Poi, sono stati tutti assolti.
D. – Rimane ancora in carcere Asia Bibi…
R. – E’ stata trasferita da una prigione all’altra per motivi di sicurezza, però questo caso è stato difeso da altri, non da noi. Dall’inizio è stato seguito da diverse Ong e vogliono continuare, ora la causa è presso l’Alta Corte, il secondo grado di giudizio. Asia Bibi ha fatto appello e sta attendendo la sentenza. Lì ci vuole una difesa forte. Ho fatto la richiesta, ho mandato un messaggio alla famiglia, spiegando che desideriamo difenderla, che abbiamo già una strategia ben precisa. Stiamo aspettando la risposta di suo marito.
D. – State lavorando anche per modificare la legge sulla blasfemia che colpisce le minoranze, che evidenzia un’intolleranza religiosa?
R. – Sì, certo. Mi sono appellato al governo affinché vengano introdotte il più presto possibile modifiche o misure per prevenire l’uso scorretto di questa legge.
D. – Ci sono spazi di manovra?
R. – Sì, io penso di sì. Perciò bisogna insistere, continuare in questo caso, e noi lo stiamo facendo.
D. – In questo momento, i cristiani come vivono in Pakistan?
R. – Spessissimo vengono accusati falsamente. La realtà del Pakistan purtroppo è questa. Per dire la verità, siamo gli unici che alziamo la voce ci sono tantissime ong che parlano, ma non ho mai visto manifestare, non ho mai visto fare conferenze stampa, non ho mai visto protestare… Comunque, la gente ha paura. Credo che dobbiamo continuare a lavorare per l’armonia interreligiosa e il mondo internazionale dovrebbe poggiare questo, dovrebbe intervenire in questi Paesi dove c’è intolleranza.
D. – Tutto il Pakistan vive una situazione di destabilizzazione, non soltanto i cristiani, non soltanto le minoranze…
D. – Il Paese è molto instabile, ogni giorno ci sono atti di violenza, non solo contro i cristiani ma contro tutti i cittadini, contro i politici, contro le minoranze, le altre realtà religiose. Non si tratta solo di intolleranza qui c’è una base terroristica forte. Qualche giorno fa, è scoppiata una bomba a Lahore, a Karachi esplodono quasi ogni giorno... A Peshawar, una moschea è saltata. Spero che questo governo in qualche modo duri, perché questo indicherà stabilità, e che possa lavorare sempre di più per fermare queste ondate di terrorismo.
25 anni fa l'adozione dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale
◊ Oggi, si celebra la Giornata della Giustizia penale internazionale a ricordo di quando, nel 1998, fu adottato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (Cpi), a oggi ratificato da 122 Paesi. Dalla sua nascita la Corte, stabilita a l'Aja, è chiamata a lottare contro l'impunità dei più gravi crimini internazionali. L'importanza dell'anniversario nelle parole di Marina Mancini, docente di Diritto internazionale penale alla Luiss Guido Carli di Roma, intervistata da Francesca Sabatinelli:
R. – L’adozione dello Statuto ha senza dubbio rappresentato un enorme passo avanti nella giustizia penale internazionale: la Corte Penale Internazionale è un tribunale internazionale permanente con giurisdizione su crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimine di genocidio ed il crimine di aggressione. La Corte non ha però purtroppo giurisdizione universale, può infatti pronunciarsi solo sui crimini che siano stati commessi sul territorio di Stati parti o da cittadini di Stati parti, tranne quando vi sia un deferimento del caso da parte del Consiglio di sicurezza, come è stato in relazione ai crimini commessi in Darfur e a quelli commessi in Libia.
D. – E’ singolare che però proprio tre Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu – parliamo di Stati Uniti, Russia e Cina – non abbiano aderito...
R. – Per ragioni diverse, questi tre Stati non sono parti dello Statuto della Corte penale internazionale. Gli Stati Uniti hanno firmato lo Statuto ma in seguito non lo hanno ratificato. L’amministrazione Bush ha adottato un atteggiamento di dura opposizione alla Corte penale internazionale nel timore che i propri militari, impegnati all’estero in missioni internazionali, potessero essere portati dinanzi alla Corte penale internazionale con accuse pretestuose. L’atteggiamento degli Stati Uniti è cambiato con l’amministrazione Obama.
D. – Si assiste anche oggi a gravissime violazioni dei diritti umani: un caso tra tutti, la Siria. Ma quali sono i limiti della giustizia penale internazionale?
R. – Molta strada ancora rimane da fare verso una giustizia penale internazionale che sia effettivamente efficace e universale. Per quanto riguarda la Corte penale internazionale, un limite grave – come ho già detto – è dato dalla necessità che gli individui sottoposti alla Corte siano cittadini di Stati parti o abbiano commesso crimini sul territorio di Stati parti della Corte. Gravissimi crimini sono commessi in Siria: è stato accertato che sia i ribelli che il regime di Assad si sono resi responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità. Purtroppo, la Siria non è parte dello Statuto e dunque la Corte potrebbe processare e condannare eventuali responsabili di questi crimini soltanto se vi fosse un deferimento da parte del Consiglio di sicurezza. Il Consiglio di sicurezza è diviso sulla questione siriana, tant’è che non è stato possibile nemmeno adottare sanzioni nei confronti della Siria e dunque attualmente la Corte penale internazionale non può esercitare la sua giurisdizione sui crimini commessi in Siria.
Rapporto Istat: 9,5 milioni i poveri in Italia. Mons. Soddu: deficit di buona politica
◊ Nove milioni e mezzo di persone in condizioni di povertà in Italia. tra queste 4,8 milioni sono privi della capacità di spesa per i servizi essenziali. Dati allarmanti emergono dall’ultimo Rapporto Istat sulla povertà nel nostro Paese, nel 2012. Secondo i dati, la povertà assoluta ha raggiunto lo scorso anno il livello più alto mai registrato dal 2005. Federica Baioni ne ha parlato con il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu:
R. - "A pelle", la mia prima reazione in seguito alla lettura di questi dati è questa: se sono aumentati i poveri dobbiamo contestualmente affermare che sono aumentate le ingiustizie. Oppure, ammettere che nello stato attuale delle cose non si è capaci di dare risposte puntuali e adatte alla crescente situazione di disagio, attraverso adeguate norme di contrasto alle povertà, oppure buone politiche sul lavoro e sulla ripresa economica altrettanto buone.
D. – Quali sono le proposte di Caritas per fronteggiare questa empasse?
R. – Oggi più che mai, è chiesto alla Caritas diocesana e parrocchiale di essere “fermento” nell’intera comunità, perché non siamo più esclusivamente gestori di servizi. Ci viene chiesto sempre di gestire un determinato servizio: questo deve essere un punto di passaggio, deve essere emblematico rispetto a una situazione che poi si viene ad affermare nella comunità. Quindi, gestori di servizi che in tutti i casi possono essere anche sostitutivi delle istituzioni che con l’andar del tempo comunque rischiano di esplodere. Ridare alla comunità la bella immagine di un unico corpo che in tutto, e non solo in parte, si interessa e si occupa dei poveri.
D. – I nuovi poveri e soprattutto la fetta della popolazione che ne risente di più – secondo i dati anche che l’Ocse ha stilato in questi giorni – sono anche e soprattutto i giovani: contratti precari, situazioni di lavoro non continuativo. Questi sono i primi spunti di questo quadro davvero critico...
R. – Dal punto di vista meramente umano, si rimane molto sconcertati ed anche disarmati. Dall’altra parte, dobbiamo essere sempre persone di speranza e la speranza cristiana va oltre ciò che umanamente si può intendere come speranza, ovvero qualcosa che può in maniera repentina essere lì presente dietro l’angolo. La speranza cristiana ha un nome ed è Gesù Cristo, che si fa prossimo, si fa presente, si fa compagno di strada. Questo deve essere appunto il messaggio che la Chiesa, attraverso Caritas, porta e veicola sempre nel rapporto in questo caso con i giovani, ma anche verso le povertà relazionali, le povertà di senso, le povertà multidimensionali che sono presenti in lungo ed in largo nel nostro ambiente. Davanti a questo quadro critico, noi abbiamo la bella proposta della persona, del cristiano, della persona rinnovata in Cristo, che non si “chiude a riccio” ma anzi gli dà l’opportunità di essere sempre più se stesso.
S. Sede al Salone del libro di Torino 2014. Don Costa: portiamo patrimonio di cultura
◊ Lo Stato del Vaticano sarà il Paese ospite d'onore del Salone del libro 2014 di Torino, in programma dall’8 al 12 maggio prossimi. Lo ha annunciato in questi giorni a Torino il cardionale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Presidente della delegazione e rappresentante della Santa Sede sarà il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e responsabile operativo il direttore della Libreria Editrice Vaticana, don Giuseppe Costa. Il Paese ospite d’onore è tradizionalmente presente al Salone di Torino con un proprio stand e organizza un programma di dibattiti e letture. Dei preparativi e degli obiettivi Fausta Speranza ha parlato con don Giuseppe Costa:
R. – Il programma è da realizzare, da preparare. Nelle prossime settimane, cercheremo di preparare questo programma di intesa soprattutto con il cardinale Ravasi, che è il presidente della delegazione vaticana. Certamente, sarà un programma che presenterà il volto culturale della Santa Sede in tutti i suoi aspetti: dai Musei alla Biblioteca, all’Editrice Vaticana, all’Archivio. Quindi tutte le componenti che hanno una produzione editoriale troveranno uno spazio in questo stand.
D. – Quale lo spirito con cui si organizza tutto ciò e quali gli obiettivi, le finalità?
R. -– Lo spirito è ovviamente di servizio, ma c’è anche la consapevolezza che il patrimonio culturale della Santa Sede è molto alto e questo esigerà attenzione e impegno.
D. – Don Giuseppe, parlare di libri oggi con un mondo sempre più multimediale, che significa? E’ una sfida?
R. -– Certamente, la multimedialità porta il libro ad una migliore qualità e a diversificare il linguaggio. Però la multimedialità non annulla il libro: quindi il cartaceo ha una sua vita, ha un suo futuro.
D. – Don Giuseppe Costa, la prima volta della Città del Vaticano al Salone Internazionale del Libro cade in un Pontificato in cui il Papa, Papa Francesco, ha origini piemontesi. Non si può non notare questa coincidenza…
R. – Certamente, e infatti la Regione Piemonte e il sindaco di Torino hanno evidenziato questo aspetto e sono felicissimi di poter realizzare la presenza della Santa Sede al Salone.
Pakistan. Alta Corte di Lahore sul caso delle tre cristiane umiliate dai musulmani
◊ Si sta finalmente muovendo la giustizia pakistana sul caso delle tre donne cristiane umiliate perché costrette a camminare nude nel centro di Kasur da un gruppo di musulmani. L’episodio è avvenuto oltre un mese fa, il 3 giugno, e dopo giorni di pressione delle comunità cristiane e della società civile sulle istituzioni, l’Alta Corte di Lahore ha inviato in loco per indagare sull’accaduto un giudice, dal quale è attesa una relazione entro due settimane. L’avvocato delle donne, Mushtaq Gill, si dice soddisfatto dell’evoluzione dei fatti e della buona disposizione dell’Alta Corte. Secondo la dichiarazione di uno degli accusati, Muhammad Munir, di cui Fides è venuta in possesso, la controversia è iniziata perché alcuni armenti del cristiano Shoukat Masih hanno sconfinato nella proprietà di suo padre e questi ha scatenato le reazione del proprietario terriero musulmano. Secondo quanto si è appreso, il proprietario terriero in questione sarebbe un sostenitore della Pakistan Muslim League, il partito al governo nel Punjab e a livello federale, tanto che la vicenda in Pakistan è diventata un caso politico. (R.B.)
La Chiesa del Vietnam grata a martiri e missionari
◊ I laici sono una risorsa irrinunciabile per la Chiesa del Vietnam, che con i suoi 5,6 milioni di cattolici – circa il 6.87% della popolazione – è la quinta chiesa dell’Asia dopo Filippine, India, Cina e Indonesia. Lo conferma ad AsiaNews padre Vincent Pham Trung Thành, superiore provinciale deii Padri Redentoristi in Vietnam: “Dopo la presa dei vietcong del Vietnam del sud nel 1975 – racconta – abbiamo avuto molte difficoltà nella nostra missione, ma grazie ai laici il numero di cattolici è cresciuto di anno in anno”. Il primo grande slancio missionario nel Paese è avvenuto all’inizio del XVII secolo grazie al gesuita Alexandre De Rhodes, che radunò fino a seimila cattolici, ma ancora oggi, soprattutto verso i gruppi etnici che abitano le montagne e le immense foreste di cui è composto il Vietnam, non si ferma. “La nostra Chiesa locale – aggiunge il sacerdote – è in debito con i martiri, semi della nostra speranza, e con i primi missionari come Andrea Phú Yên, giovane che lavorò con padre De Rhodes e contribuì a costruire le prime comunità cristiane vietnamite studiando la cultura locale, imparando la lingua e la psicologia del popolo”. (R.B.)
Il direttore di Caritas Jerusalem: “Gaza è una prigione a cielo aperto”
◊ È drammatico il resoconto che fa alla Fides padre Raed Abusahlia, il direttore generale della Caritas Jerusalem, appena tornato da una missione nella Striscia di Gaza, dove sono concentrate un milione e 700 mila persone, un terzo delle quali vive sotto la soglia di povertà. “Una prigione a cielo aperto”, la definisce il sacerdote, che nella sua testimonianza racconta come alla condizione indicibile delle coste a rischi epidemie e all’embargo imposto da Israele, si aggiunga a peggiorare la situazione anche la chiusura delle gallerie sotterranee da parte dell’Egitto che ha anche serrato il valico di Rafah. Nella Striscia manca tutto, a partire dai medicinali, ed è proprio un carico di farmaci che la Caritas è andata a consegnare alle strutture sanitarie che l’organizzazione gestisce in loco: il centro medico insediato nelle aree dei campi profughi in cui lavorano 18 volontari; il centro protesi artificiali per le persone rese invalide dalle recenti operazioni belliche israeliane; e i diversi gruppi di soccorso psicologico per i bambini traumatizzati dai bombardamenti. (R.B.)
India. Morti oltre 20 bambini dopo pranzo in mensa scolastica
◊ Sono morti per intossicazione alimentare 22 bambini in una scuola elementare di Masrakh, nello Stato orientale di Bihar, uno dei più poveri e popolosi dell’India. Secondo le prime ricostruzioni, a uccidere i piccoli – tutti con meno di 10 anni d’età – sarebbe stato il pranzo a base di riso e lenticchie fornito gratuitamente dalla scuola, all’interno del quale sono state rinvenute grandi quantità di fosfato utilizzato come insetticida. Il governo ha predisposto un risarcimento pari a poco più di tremila dollari per le famiglie delle piccole vittime, mentre in ospedale restano altri 25 bambini e ben 47 studenti del villaggio di Dharmasati Gandaman presentano sintomi di avvelenamento. La scuola rientrava nel “Mid-day Meal”, il programma alimentare indiano che prevede la distribuzione del pranzo gratuito nelle scuole statali delle aree più povere, per consentire ai bambini di consumare almeno un pasto nel corso della giornata, ma presenta molte carenze dal punto di vista igienico-sanitario: secondo quanto appreso, i pasti venivano preparati all’interno dell’istituto in questione ed evidentemente gli alimenti non erano stati lavati. Il fatto torna ad accendere il dibattito sulla sicurezza alimentare in India e l’urgenza che venga approvato il Food Security Bill. A sostenerlo è anche la Chiesa locale, che attraverso padre Charles Irudayam, segretario esecutivo della Commissione per Giustizia, pace e sviluppo, fa le condoglianze alle famiglie delle piccole vittime e ricorda che “sta alle amministrazioni civili dei singoli Stati indiani controllare e garantire la sicurezza e la qualità del cibo fornito alle scuole governative”. “Nelle scuole cattoliche – aggiunge il sacerdote – si pone massima attenzione al cibo consumato dai bambini per qualità e quantità”. La Chiesa, favorevole all’approvazione della legge, dal 2008 lavora in questa direzione, facendosi portavoce delle istanze delle comunità povere che vivono nelle zone remote del paese. (R.B.)
Taiwan. La furia del tifone Soulik causa 4 morti e milioni di danni
◊ Il giorno dopo il passaggio del tifone Soulik, che ha investito anche le coste orientali della Cina, a Taiwan si fa la conta dei danni. Nonostante, infatti, la meticolosa preparazione con l’evacuazione preventiva di circa 13 mila persone – riferisce AsiaNews – sono stati registrati quattro morti e ingenti danni all’agricoltura e all’architettura. Nel grande viale Dunhua del centro di Taipei, ad esempio, tutti gli alberi sono stati sradicati, ma il settore più colpito è quello agricolo, con oltre un miliardo di dollari taiwanesi di danni, e quello ittico, che registra perdite pari a 10 milioni. Oltre cento milioni, inoltre, si calcola occorreranno per rimettere in piedi le strutture e ricomprare le macchine agricole danneggiate. Il governo ha già fatto sapere che offrirà sussidi di sopravvivenza ai contadini e la possibilità di accedere a prestiti con interessi molto bassi per consentire loro di rimettersi in carreggiata. In tutto, Soulik ha devastato anche 457 scuole, per un totale di un milione e mezzo di dollari americani di danni. L’unica area del Paese che resta isolata è la zona montagnosa di Hsinchu, dove una frana ha bloccato l’accesso ai soccorritori: qui sono al lavoro due ruspe anche per il ripristino della corrente elettrica che manca da due giorni. (R.B.)
Uganda. Acnur: preoccupa situazione dei rifugiati al confine con il Congo
◊ Il deteriorarsi della situazione nella Repubblica Democratica del Congo, specialmente nell’area del Nord Kivu, si ripercuote pesantemente nella vicina Uganda, dove affluiscono decine di migliaia di persone in fuga. Particolarmente preoccupante, comunica l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur), è la situazione nel distretto di Bundibugyo, nell’ovest del Paese, che stando a una stima della Croce Rossa aggiornata a domenica scorsa, ospita circa 66 mila persone. Nell’area di Bubukwanga, invece, a una ventina di km dal confine, è aperto un centro di transito dove sono state trasferite 20 mila persone. In questi giorni, la città di Kamango appare tranquilla e vuota, mentre in altre aree si sono registrati scontri. La questione principale da affrontare è il trasferimento dei rifugiati in zone più sicure, mentre molte delle persone scappate dal Nord Kivu non intendono tornarvi nell’immediato, in quanto la zona resta ad alto rischio violenze. L’Acnur avverte che la difficoltà a reperire acqua e cibo per tutti e la scarsità dei servizi igienici potrebbe causare a breve l’insorgenza di malattie, perché la struttura in questione può accogliere 10 mila persone e non di più. Altra zona calda è la parte meridionale del Nord Kivu, dove sono riesplosi, nei pressi di Goma, i combattimenti tra forze governative e il movimento M23: da qui un flusso costante di circa 600 persone a settimana attraversa il confine verso il distretto ugandese di Kisoro. Attualmente, il 60% dei rifugiati presenti in Uganda proviene dalla Repubblica Democratica del Congo. (R.B.)
Cina. Pellegrinaggio dei fedeli al Santuario di S. Francesco Saverio a Shang Chuan
◊ Il 13 luglio scorso, si è svolto il tradizionale pellegrinaggio dei fedeli del Santuario del Sacro Cuore di Maria, che si trova nella diocesi di Jiang Men nella provincia di Guandong, sull’isola di Shang Chuan, simbolo della religione cattolica perché qui nel 1552 morì San Francesco Saverio, missionario gesuita grande evangelizzatore dell’Asia Orientale, e dove ora sorge il Santuario dedicato al Patrono delle missioni. Durante il pellegrinaggio, riferisce la Fides, don Huang, uno dei sacerdoti che ha accompagnato i fedeli, li ha esortati a pregare per la Chiesa universale e soprattutto per la Chiesa cinese, “affinché si converta al Nostro Signore il più presto possibile” e ha indicato come esempio da seguire proprio il Santo, incoraggiando tutti a “seguire le sue orme facendosi testimoni vivi del Signore”. La diocesi di Jiang Men è guidata da mons. Paolo Jiansen e attualmente conta una decina di sacerdoti e una trentina di suore dislocati in 20 parrocchie. Poco più a nord, si trova la città di Zhaoqing, dove un altro grande evangelizzatore, padre Matteo Ricci, soggiornò per tre anni e costruì una chiesa prima di iniziare la propria missione sul continente. (R.B.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 198