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Sommario del 12/07/2013
◊ Diverse volte Papa Francesco ha parlato della persecuzione ai cristiani e della perseveranza. “Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”, dice Gesù agli Apostoli nel Vangelo di oggi annunciando loro che saranno consegnati ai tribunali ma ricordandogli che “chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”. Un Vangelo in cui Gesù invita ad essere semplici come colombe e astuti come serpenti. Alla vigilia del quarto mese dall’elezione di Papa Francesco, ripercorriamo alcune sue riflessioni prendendo spunto da questo brano del Vangelo. Il servizio di Debora Donnini:
Essere cristiani significa seguire Gesù e per questo diverse volte Papa Francesco ha ricordato che non dobbiamo avere paura di essere perseguitati. “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”, dice Gesù nel Vangelo di oggi:
“La strada dei cristiani è la strada di Gesù. Se noi vogliamo essere seguaci di Gesù, non c’è un’altra strada: quella che Lui ha segnato. E una delle conseguenze di questo è l’odio, è l’odio del mondo, e anche del principe di questo mondo. Il mondo amerebbe ciò che è suo. ‘Vi ho scelti io, dal mondo’: è stato Lui proprio che ci ha riscattato dal mondo, ci ha scelti: pura grazia! Con la sua morte, con la sua resurrezione, ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: siamo salvati. E quel principe che non vuole, che non vuole che noi siamo stati salvati, odia”. (Messa a Santa Marta, 4 maggio 2013)
Papa Francesco ricorda anche che “con il principe di questo mondo non si può dialogare”, ma “soltanto rispondere con la Parola di Dio che ci difende”. Bisogna avere umiltà e mitezza come una pecorella perché senza un Pastore che difenda si cade nelle mani dei lupi:
“Pensiamo a Gesù nella sua Passione. Il suo Profeta dice: ‘Come una pecora che va al mattatoio’. Non grida, niente: l’umiltà. Umiltà e mitezza. Queste sono le armi che il principe del mondo e lo spirito del mondo non tollera, perché le sue proposte sono proposte di potere mondano, proposte di vanità, proposte di ricchezze male acquisite, sono proposte così”.
In questo Vangelo dunque Gesù parla della missione. L’evangelizzazione è stata al centro di molti discorsi e omelie di Papa Francesco che spesso ha esortato ad andare alle “periferie esistenziali”:
“Oggi possiamo chiedere allo Spirito Santo che ci dia questo fervore apostolico a tutti noi, anche ci dia la grazia di dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare avanti verso le periferie esistenziali. Tanto bisogno ha la Chiesa di questo! Non soltanto in terra lontana, nelle chiese giovani, nei popoli che ancora non conoscono Gesù Cristo, ma qui in città, in città proprio, hanno bisogno di questo annuncio di Gesù Cristo. Dunque chiediamo allo Spirito Santo questa grazia dello zelo apostolico, cristiani con zelo apostolico. E se diamo fastidio, benedetto sia il Signore. Avanti, come dice il Signore a Paolo: ‘Coraggio’”! (Messa a Santa Marta, 16 maggio 2013)
Nel Vangelo di oggi Gesù dice ai suoi apostoli che saranno consegnati ai tribunali, flagellati, condotti davanti a governatori e re “per causa mia”, “per dare testimonianza a loro e ai pagani”, ma li invita a non preoccuparsi di cosa dire perché “è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”. Gli ricorda però anche che saranno “odiati da tutti” a causa del suo nome. Una realtà, quella della persecuzione, che attraversa i secoli e arriva fino noi:
“Ma il tempo dei martiri non è finito: anche oggi possiamo dire, in verità, che la Chiesa ha più martiri che nel tempo dei primi secoli. La Chiesa ha tanti uomini e donne che sono calunniati, che sono perseguitati, che sono ammazzati in odio a Gesù, in odio alla fede: questo è ammazzato perché insegna catechismo, questo viene ammazzato perché porta la croce… Oggi, in tanti Paesi, li calunniano, li perseguono… sono fratelli e sorelle nostri che oggi soffrono, in questo tempo dei martiri”. (Messa a Santa Marta, 15 aprile 2013)
“Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”, ricorda Gesù nel Vangelo. Papa Francesco spiega, infatti, da dove venga ai primi discepoli la forza di testimoniare, la gioia e il coraggio malgrado gli ostacoli e la violenza e, così facendo, poter “riempire Gerusalemme con il loro insegnamento”:
"E’ chiaro che solo la presenza con loro del Signore Risorto e l’azione dello Spirito Santo possono spiegare questo fatto. E’ il Signore che era con loro e lo Spirito che li spingeva alla predicazione spiega questo fatto straordinario. La loro fede si basava su un’esperienza così forte e personale di Cristo morto e risorto, che non avevano paura di nulla e di nessuno, e addirittura vedevano le persecuzioni come un motivo di onore, che permetteva loro di seguire le orme di Gesù e di assomigliare a Lui, testimoniandolo con la vita”. (Regina Coeli, 14 aprile 2013)
Se una persona incontra Cristo, dunque, risponde con “amore” e “forza della verità” e ricorda ancora Papa Francesco: “L’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare del fatto che Gesù è con noi vivo, che Gesù è risorto”.
Tweet del Papa: Signore, aiutaci a piangere sulla nostra indifferenza e sulla crudeltà del mondo
◊ Tweet di Papa Francesco, lanciato questa mattina dal suo account Pontifex: "Signore, donaci la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’è nel mondo e in noi".
Il Papa saluta la prima riunione della Commissione referente sullo Ior
◊ Nella mattinata di mercoledì, la Commissione referente sullo Ior ha tenuto la sua prima seduta presso la Casa Santa Marta. La notizia viene riferita dall’Osservatore Romano sull'edizione odierna. All’incontro hanno partecipato anche il presidente del Consiglio di sovrintendenza dell’Istituto, per le Opere di Religione, l’avvocato Ernst von Freyberg, e il prelato, mons. Battista Ricca. Nel corso della riunione, Papa Francesco ha voluto rendersi presente per incoraggiare i lavori della Commissione da lui istituita lo scorso 24 giugno.
Il card. Rylko: a 10 giorni dalla Gmg, c'è grande attesa a Rio per l'arrivo del Papa
◊ E' rientrato ieri in Vaticano da Rio de Janeiro, il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il card. Stanislaw Rylko il quale ha messo a punto gli ultimi preparativi per la Giornata Mondiale della Gioventù che inizia tra dieci giorni e che vedrà la presenza di Papa Francesco, il primo Papa latinoamericano. A Rio cresce di giorno in giorno l'attesa per questo evento che dal 23 al 28 luglio prossimi, coinvolgerà centinaia di migliaia di giovani provenienti da tutto il mondo, come spiega al microfono di Roberto Piermarini, il card. Rylko:
R. - In Brasile, ma soprattutto a Rio de Janeiro, si respira veramente un clima di grande attesa per la visita del Santo Padre e per la Giornata Mondiale della Gioventù. Ogni GMG ci sorprende sempre per la carica di gioia e di speranza che comunica non solo alla Chiesa intera, ma a tutto il mondo. Ovviamente in Brasile, la grande attesa è per la visita di Papa Francesco – il primo Papa latinoamericano – che ha già conquistato il cuore di tutti noi.
D. - A che punto sono i preparativi per la GMG?
R. - Mancano ormai pochi giorni all’inaugurazione della GMG di Rio. È facile immaginare con quale impegno si stia lavorando nella città carioca per poter offrire l’accoglienza migliore al Papa e ai giovani provenienti da tutto il mondo. Il Comitato Organizzatore Locale lavora giorno e notte, sono impegnati centinaia di volontari. In particolare, si sta lavorando per allestire i luoghi nei quali avverranno i grandi raduni dei giovani: Copacabana e Guaratiba. Sono sicuro che tutto sarà pronto per il giorno di apertura della GMG. Personalmente sono stato molto colpito dalla generosità e dall’intelligenza di quanti sono impegnati in questi preparativi. Non dimentichiamo che si tratta di un evento che, in assoluto, non ha eguali nel mondo, per quanto riguarda le dimensioni – è veramente un evento mondiale, possiamo dire cattolico…
D. - Card. Rylko è soddisfatto dell’accoglienza che le diocesi brasiliane daranno ai giovani provenienti da tutto il mondo?
R. - La Giornata Mondiale della Gioventù coinvolge non solo la città che l’accoglie, ma tutta la Chiesa che vive in quel Paese. Anche il raduno di Rio interessa non solo la città carioca, ma l’intera Chiesa brasiliana, ed è preceduto, infatti, dalla cosiddetta “Settimana missionaria”, durante la quale i giovani provenienti dai vari Paesi avranno la possibilità di visitare gran parte delle Diocesi brasiliane e di rendere così la loro testimonianza di fede. Sono visite importanti anche perché permettono ai giovani di toccare quasi con mano il tessuto vivo della Chiesa che vive in Brasile.
D. - Quanti giovani si prevedono a Rio?
R. - Parlare di numeri è sempre difficile. Noi, come organizzatori, più che sui numeri insistiamo sull’iter di preparazione spirituale di ogni giovane partecipante. I frutti spirituali di ogni GMG dipendono molto dal lavoro pastorale che precede e da quello che segue l’evento. In ogni caso, per quanto concerne i numeri posso dire che il luogo preparato per la veglia e la celebrazione eucaristica conclusiva della GMG di Rio è molto più grande di Cuatros vientos a Madrid. Non mi meraviglierei dunque se a Rio arrivassero più di due milioni di giovani…
D. - Le proteste sociali di queste ultime settimane in Brasile crede che potranno creare problemi allo svolgimento della GMG?
R. - Sono appena rientrato da Rio de Janeiro e posso dire che, attualmente, il clima generale in tutto il Paese è calmo. Il Governo Federale e quello dello Stato di Rio ci assicurano che faranno tutto il possibile perché la GMG e la visita di Papa Francesco si possano svolgere in modo sereno e senza alcun disturbo. Personalmente sono molto fiducioso.
D. - Papa Francesco fin dall’inizio del suo Pontificato si è dimostrato padre e amico dei giovani. Cosa si aspetta il Papa da questa Giornata di Rio?
R. - Papa Francesco in questi primi mesi di pontificato ha dimostrato che i giovani costituiscono una delle sue priorità. Ha dimostrato anche una grande capacità di dialogare con loro. Abbiamo visto in varie occasioni l’affetto che i giovani nutrono per questo Papa e lo ascoltano volentieri… Sicuramente per Papa Francesco la GMG di Rio sarà un’occasione di grande semina evangelica, che ha come traguardo principale quello di aiutare i giovani ad incontrare Cristo – l’unica speranza che non delude. La statua del Cristo Redentore del Corcovado con le braccia spalancate esprime, in fondo, l’attesa del Cristo di incontrare e accogliere i giovani. Penso poi che il Santo Padre non mancherà di sfidare i giovani, come è solito fare. Nella sua prima Enciclica Lumen fidei ha scritto: “I giovani hanno il desiderio di una vita grande… la fede non è un rifugio per la gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita!...”. E in altre occasioni ha detto: “Non abbiate paura di cose grandi!”; “Dovete uscire da voi stessi e portare Cristo nelle periferie esistenziali e geografiche del mondo!”. Non dimentichiamo che il tema della prossima GMG è proprio il mandato missionario di Cristo: “Andate e fate discepoli tutti i popoli!” (cfr. Mt 28,19)
Il card. Turkson: business equo è possibile se basato sulla logica del dono
◊ Chi l’ha detto che per fare del buon business – che porti cioè a solidi profitti – bisogna seguire alla lettera le logiche di mercato, evitando cedimenti sul fronte dell’etica? Da decenni, il magistero sociale della Chiesa sostiene l’esatto contrario, mentre si moltiplicano le aziende che dimostrano come i due aspetti si possano felicemente coniugare. Il cardinale Peter Turkson si è premurato di ricordarlo oggi a Yaoundé, in Camerun, ai partecipanti al primo Congresso africano dell’Uniapac, l’Unione cristiana imprenditori dirigenti. Portando il saluto di Papa Francesco, il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace ha svolto un’ampia riflessione sul modo in cui la Chiesa intende il mondo degli affari, con l’espressa volontà – ha affermato – di incoraggiarlo e sostenerlo “in un periodo difficile e impegnativo” come l’attuale, e soprattutto perché possa assumere “in modo equo e appropriato”, è stato l’auspicio, “le sue importanti responsabilità nei riguardi della società”.
Punto di partenza del ragionamento è stata la contrapposizione tra la “logica del mercato” e la “logica del dono”, con la prima sbilanciata verso la resa economica dell’impresa ma giudicata insufficiente “nel promuovere lo sviluppo delle persone sul posto di lavoro”. La questione è nota: la logica del mercato bada al reddito spesso sfruttando le persone che lo producono, ma – ha sostenuto il cardinale Turkson – è la logica del dono “che umanizza e civilizza le imprese”, grazie al valore che la anima, ovvero “il principio della gratuità”. In questo senso, la sfida che si pone in un macrosettore come quello del business balza subito agli occhi: ci si deve spendere affinché il principio della gratuità e la logica del dono trovino “posto – ha detto il porporato – nella normale attività economica”. E qui, il cardinale Turkson ha esercitato sugli imprenditori cristiani una pressione uguale e contraria a quella che considera il business una terra di conquista per il solo guadagno d’impresa. Ricordate, ha detto loro, che il “servizio per il bene comune viene prima degli interessi di un piccolo gruppo”, mentre viceversa la “divisione tra fede religiosa e attività quotidiane può portare a squilibri e spingere al culto del successo materiale”. Siamo “chiamati – ha insistito – ad agire in solidarietà in solidarietà con coloro che non hanno accesso ala proprietà, con il grande numero di persone che soffrono mentre altri vivono nella ricchezza”. Affermazioni che hanno riecheggiato molto da vicino gli insegnamenti di Papa Francesco e che il cardinale Turkson ha ampliato con una constatazione: “Questa visione del mondo degli affari – ha riconosciuto – è fonte di notevole tensione e non è facile da implementare nel mondo di oggi”, a causa delle “diverse barriere esterne che possono impedire a un dirigente di società di plasmare le strutture da questo punto di vista”. Barriere, ha elencato, che vanno dall’“assenza di norme di legge o di regolamenti” alla “corruzione”, dall’umana tendenza all’“avidità” alla “cattiva gestione delle risorse”.
I principi cristiani applicati all’imprenditorialità, dunque, ha sintetizzato il presidente di Giustizia e Pace, possono essere riassunti in tre obiettivi. Primo, “produrre una buona proprietà”, con beni e servizi di reale utilità e non indifferenti ai bisogni dei poveri”. Secondo, rendere le imprese “una buona fonte di lavoro”, perché così esse sono le prime a “promuovere la speciale dignità del lavoro umano”. Terzo, conseguire una “buona ricchezza”, che sia cioè equa e non scollegata dall’ambiente naturale e culturale in cui essa è prodotta. (A cura di Alessandro De Carolis)
Il dicastero dei Migranti per la Domenica del Mare: tutelare il benessere dei marittimi
◊ Come ogni seconda domenica di luglio, la Chiesa celebra la domenica di Apostolato per la gente del mare, che i cappellani e i volontari di questa specifica pastorale svolgono in numerosi porti del mondo, fin dal 1920. Di seguito il testo del Messaggio del Pontificio Consiglio dei Migranti, firmato dal cardinale presidente, Antonio Maria Vegliò, e dal segretario, il vescovo Joseph Kalathiparambil:
“Questo mondo del mare, nel continuo peregrinare di persone, oggi deve tenere conto dei complessi effetti della globalizzazione e, purtroppo, si trova a dover affrontare anche situazioni di ingiustizia, specialmente quando gli equipaggi sono soggetti a restrizioni per scendere a terra, quando vengono abbandonati insieme alle imbarcazioni su cui lavorano, quando cadono sotto la minaccia della pirateria marittima o subiscono i danni della pesca illegale. La vulnerabilità dei marittimi, pescatori e naviganti, deve rendere ancora più attenta la sollecitudine della Chiesa e stimolare la materna cura che, attraverso di voi, manifesta a tutti coloro che incontrate nei porti o sulle navi, o assistete a bordo nei lunghi mesi d’imbarco”. Con queste parole Papa Benedetto XVI si è rivolto ai partecipanti al XXIII Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare, svoltosi in Vaticano dal 19 al 23 novembre 2012. È un dato di fatto che, per oltre 90 anni, la Chiesa cattolica, attraverso l’Opera dell’Apostolato del Mare, con una rete di cappellani e volontari presenti in oltre 260 porti del mondo, ha mostrato la sua cura materna apportando benessere spirituale e materiale ai marittimi, ai pescatori e alle loro famiglie.
Nel celebrare la Domenica del Mare, vogliamo invitare tutti i membri delle nostre comunità cristiane a prendere coscienza e a riconoscere il lavoro di quasi un milione e mezzo di marittimi che navigano a bordo di una flotta mondiale globalizzata, composta di 100.000 navi che trasportano il 90 per cento dei prodotti manifatturieri. Molto spesso, non ci rendiamo conto che la maggior parte degli oggetti che usiamo quotidianamente sono stati trasportati dalle navi che solcano gli oceani. Equipaggi multinazionali vivono difficili condizioni di vita e di lavoro a bordo, trascorrono mesi interi lontani dai propri cari, a volte sono abbandonati in porti stranieri senza salario, cadono vittime della criminalizzazione e devono sopportare catastrofi naturali (tempeste, tifoni, ecc.) e umane (pirati, naufragi, ecc.).
Ora un faro di speranza risplende nella notte oscura delle difficoltà e dei problemi che i marittimi incontrano. La Convenzione sul Lavoro Marittimo (Mlc 2006) dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), grazie alla ratifica da parte di 30 Paesi membri dell'Organizzazione stessa, che rappresentano quasi il 60 per cento del tonnellaggio lordo mondiale, entrerà in vigore nel mese di agosto 2013. Essa è il risultato di vari anni di incessanti discussioni tripartitiche (governi, datori di lavoro e lavoratori) volte a consolidare e ad aggiornare un gran numero di Convenzioni e Raccomandazioni sul lavoro marittimo adottate a partire dal 1920. La MLC 2006 stabilisce i requisiti minimi internazionali per quasi tutti gli aspetti del lavoro e delle condizioni di vita dei marittimi, comprese condizioni di lavoro eque, assistenza medica, protezione sociale e accesso alle strutture di benessere a terra.
Mentre, come Apostolato del Mare, salutiamo l'entrata in vigore della Convenzione e, fiduciosi, ci auguriamo di vedere miglioramenti nella vita dei marittimi, restiamo vigilanti ed esprimiamo la nostra accorta sollecitudine rivolgendo particolare attenzione alla Regola 4.4 della Convenzione, il cui scopo è quello di garantire che i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere. Dobbiamo cooperare con le autorità competenti nei nostri porti affinché compiano ogni sforzo per agevolare lo sbarco a terra dei marittimi all’arrivo della nave in porto, a beneficio della loro salute e del loro benessere (cfr. B4.4.6 §5). Dobbiamo ricordare agli Stati Membri che spetta loro promuovere lo sviluppo di strutture sociali di assistenza a terra di facile accesso a tutti i marittimi, indipendentemente da nazionalità, razza, colore, sesso, religione, convinzione politica od origine sociale, e dallo Stato di bandiera della nave su cui sono impiegati o ingaggiati o prestano servizio (cfr. A4.4 §1). Dobbiamo aiutare le autorità competenti a creare comitati sociali di assistenza a livello locale, regionale e nazionale, per agire come intermediari per migliorare il benessere dei marittimi in porto, riunendo attori di diversi tipi di organizzazioni sotto un’unica identità (cfr. B4.4.3).
Inoltre, dobbiamo incoraggiare le autorità portuali a mettere in atto, assieme ad altre forme di finanziamento, un sistema di imposte al fine di fornire un meccanismo affidabile per sostenere i servizi di welfare in porto (cfr. B4.4.4 §1(b)). Dato che la nostra responsabilità finale è verso i marittimi, dobbiamo educarli e formarli sui loro diritti e sulla protezione offerta da questa Convenzione, che è considerata anche il quarto e ultimo pilastro della legislazione internazionale marittima. Le altre tre sono la Convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (Marpol), la Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia delle vite umane in mare (Solas), e la Convenzione internazionale del 1978 sugli Standard di Addestramento, Certificazione e Tenuta della Guardia (Stcw). Si potrà raggiungere la sua effettiva applicazione e ottenere cambiamenti reali soltanto se la gente del mare conoscerà il contenuto della Mlc 2006. Chiediamo a Maria, Stella del Mare, di illuminare e accompagnare la nostra missione per sostenere l’impegno dei fedeli chiamati a dare testimonianza con la loro vita cristiana nel mondo marittimo.
P. Lombardi: su mons. Scarano indagini in corso in Vaticano, tolleranza zero verso ogni illegalità
◊ La vicenda riguardante mons. Nunzio Scarano e le indagini aperte a suo carico dalle autorità vaticane, per far luce sulle “transazioni sospette” che lo vedono implicato, ha ricevuto questa mattina alcuni aggiornamenti da parte del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. “Con ordinanza del 9 luglio – si legge nella nota ufficiale – il Promotore di Giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha disposto il congelamento dei fondi intestati presso lo Ior a Mons. Nunzio Scarano (attualmente sospeso dalle sue funzioni), nel quadro delle indagini in corso da parte delle autorità giudiziarie del Vaticano, a seguito di rapporti su transazioni sospette depositati presso l’Autorità di Informazione Finanziaria (Aif). Le indagini possono essere estese anche ad altre persone. Lo Ior ha affidato al Promontory Financial Group un esame oggettivo dei fatti e delle circostanze concernenti i conti in questione e coopera pienamente con l'organismo di regolazione finanziaria del Vaticano, l'Aif, e le autorità giudiziarie per far interamente luce sul caso. Al momento lo Ior sta infatti affrontando un esame, da parte del Promontory Financial Group, di tutte le relazioni con i clienti e delle procedure in vigore contro il riciclaggio di denaro”.
Contemporaneamente, prosegue la nota della Sala Stampa Vaticana, “l'Istituto sta attuando provvedimenti adeguati per migliorare le sue strutture e procedure. Questo processo è stato avviato nel maggio 2013 e ci si aspetta che sia largamente concluso per la fine del 2013. Nelle settimane passate, lo Ior ha nominato un chief risk officer a livello della Direzione, con lo specifico compito di concentrarsi sulla compliance e ha altresì introdotto misure per rafforzare sostanzialmente il sistema di reporting. Come ha recentemente dichiarato il Presidente Ernst von Freyberg, lo Ior sta seguendo una linea chiara di identificazione sistematica e di ‘tolleranza zero’ nei confronti di tutte quelle attività che siano illegali o estranee agli Statuti dell’Istituto, siano esse condotte da laici o da ecclesiastici”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ In prima pagina, un editoriale di Samuel Fernandez, della Pontificia Università Cattolica del Cile, dal titolo "La logica della fede e della realtà": il rapporto con la creazione nell'enciclica di Papa Francesco.
Da ospizio a residenza papale: intervista di Nicola Gori a suor Manuela Latini, già direttrice della Domus Sanctae Marthae.
Nell'informazione internazionale, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Bagliori di luce nell'inferno somalo": migliora la situazione dei profughi causati dal conflitto.
E al numero trentasei il teologo comprende se stesso: Robert P. Imbelli sulla "Lumen fidei".
La Santa Sede al Salone del Libro: Silvia Guidi riguardo all'annuncio del cardinale segretario di Stato.
Sempre nuovo: Gaetano Vallini sul concerto romano di Bruce Springsteen.
Più italiano di quanto non si dica: Sandro Barbagallo recensisce la mostra su Manet a Palazzo Ducale.
Il matrimonio fra uomo e donna non è una reliquia del passato: nota dei vescovi slovacchi.
Siria. Unicef: 4 milioni di minori in emergenza umanitaria
◊ In Siria si aggrava la crisi umanitaria. Secondo fonti Unicef, sono 4 milioni i bambini che necessitano di assistenza mentre aumentano le segnalazioni di abusi sessuali e di utilizzo di bambini soldato. Intanto arriva la conferma che una delegazione delle Nazioni Unite andrà a Damasco per concordare le modalità con cui indagare sulle accuse dell'utilizzo di armi chimiche nel conflitto siriano. Sulla situazione dei bambini coinvolti nel conflitto siriano, Marco Guerra ha sentito Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia:
R. - Quattro milioni di bambini hanno un immediato bisogno di aiuti umanitari. È una situazione davvero difficile, perché devono affrontare minacce e pericoli senza precedenti sia dal punto di vista fisico sia emotivo. Sono 6.500 i bambini uccisi fino ad oggi - secondo le fonti delle Nazioni Unite – ed un terzo di loro avevano meno di dieci anni. Ci sono decine di migliaia di altri bambini feriti. È una crisi umanitaria che sta assumendo davvero proporzioni vastissime.
D. – Non solo problemi legati alla violenza. La guerra espone i bambini ad innumerevoli rischi...
R. – Sì, uno semplicissimo è il caldo estivo che sta ampliando i rischi a cui sono esposti questi bambini. Le temperature sono in aumento, in un momento in cui l’acqua potabile in queste zone è sempre più scarsa. I sistemi igienico-sanitari stanno collassando, ci sono cumuli di rifiuti solidi che peggiorano, specialmente nei campi profughi. Aggiungiamo naturalmente la pressione sui Paesi che ospitano questo numero amplissimo di rifugiati, si parla 1,7 milioni di profughi che sono fuggiti dalla Siria: una situazione davvero esplosiva.
D. – I pericoli sono rappresentati anche dagli abusi sessuali. Non c’è fine all’orrore...
R. – Le Nazioni Unite hanno ricevuto delle evidenze di violenze sessuali contro donne e contro ragazze, specie durante i raid condotti dai militari siriani in alcune aree dove ci sono pesanti combattimenti, ma anche nei centri di detenzione e nei posti di blocco. Ci sono segnalazioni di stupri, di rapimenti di donne e ragazze da parte di gruppi armati dell’opposizione nelle città percepite come filogovernative. Poi c’è il ricorso al sesso come mezzo di sopravvivenza, che è purtroppo un altro dramma nel dramma di questa guerra, che oggi ha mietuto 93 mila vittime tra i civili.
D. – Sono arrivate voci anche di minori coinvolti direttamente nel conflitto come combattenti...
R. – In Siria le Nazioni Unite hanno ricevuto un numero sempre più alto di segnalazioni sull’utilizzo dei bambini da parte dei gruppi armati di opposizione. Ci sono evidenze molto forti che questi bambini vengano usati come combattenti, anche come messaggeri, portatori di cibo, per scopi interni come pulire, portare l’acqua e fornire l’assistenza medica ai feriti. C’è stato un rapporto del Segretario generale, in cui si parla proprio di forze armate siriane che hanno usato i bambini come scudi umani e ci sono state una serie di accuse di impiego di ragazzini, tra i 15 e i 17 anni, da parte delle milizie assediate dal governo, per incursioni nei villaggi. Queste - ci tengo a ribadirlo come Unicef – sono gravi violazioni dei diritti umani perché nessun bambino sotto i 18 anni deve esser utilizzato nei conflitti armati. Purtroppo in Siria accade anche questo.
Stallo tra le due Coree sulla riapertura del sito industriale di Kaesong
◊ Si è concluso con un nulla di fatto anche l’ultimo round di colloqui tra le due Coree, svoltosi mercoledì scorso per la riapertura del complesso industriale di Kaesong, in territorio nordcoreano ma con imprese sudcoreane. Ci si è aggiornati a lunedì prossimo. Quali sono le reali possibilità di una soluzione? Roberta Barbi lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente in Asia del quotidiano La Stampa ed esperto dell’area:
R. – Poche, perché il problema non sono i colloqui tra le due Coree, ma è il ritorno della Nord Corea ai colloqui a Sei. Da una parte la Nord Corea vorrebbe stabilire contatti diretti scavalcando la Cina e la Sud Corea, ma naturalmente l’America non ci sta perché sarebbe come annullare l’esistenza della Sud Corea ed elevare lo status del Nord. D’altra parte la Cina dovrebbe,vorrebbe fare pressioni forti sulla Nord Corea e questo porterebbe al crollo del regime però il futuro non sarebbe affatto chiaro: non è chiaro cosa avviene dopo la Nord Corea, dopo il crollo del regime di Pyongyang. Ciascun Paese, poi, ha una sua agenda specifica: i giapponesi sono interessati a quei giapponesi rapiti e alla questione dei coreani che vivono in Giappone. L’agenda è molto complicata e Pyongyang non ha oggi incentivi sufficienti per tornare al tavolo delle trattative.
D. – Seoul ha chiesto a Pyongyang l’assicurazione che in futuro non bloccherà unilateralmente la zona visto che questi tre mesi di stop delle attività a Kaesong hanno causato danni per un miliardo di dollari?
R . – Sono assicurazioni che sono state più volte richieste a Pyongyang, ma Pyongyang si comporta e si è comportata in passato con assoluta mancanza di rispetto per le norme internazionali o anche con gli accordi presi.
D. – Un altro nodo in sospeso tra i due Paesi è la questione delle famiglie separate dall’espulsione dei sudcoreani dal complesso turistico del Monte Kumgang in territorio nordcoreano, una volta considerato il simbolo della cooperazione tra i due Paesi…
D. – Anche quella viene usato come un’arma da parte di Pyongyang verso Seoul. Anche questo problema - temo - non sarà risolto a livello bilaterale, ma solo nell’ambito dei colloqui a Sei.
D. – Ma allora si può parlare davvero di una fase di distensione dopo la crisi di aprile?
R. – Non credo. Dobbiamo aspettare che Pyongyang ritorni ai colloqui a Sei. Siamo in un momento di stallo - direi - più che di distensione.
D. – Come viene vista la questione a livello internazionale?
R. – I cinesi hanno un approccio un po’ diverso rispetto al nostro, confrontano la crisi coreana con quella della Siria e dell’Egitto, della Libia, dell’Iraq, dell’Afghanistan: in tutti questi Paesi ci sono stati grandi sommovimenti, grandi alterazioni del quadro politico locale e però, ad anni di distanza, la situazione non è migliorata, anzi forse è peggiorata, sia a livello locale sia a livello regionale. Per Pechino, prima ancora di aprire una nuova fase della politica nordcoreana, è importante capire qual è il coperchio o la pentola in cui verrà “versato” il contenuto attuale di Pyongyang. Senza queste prospettive, almeno di una nuova fase abbastanza chiara in Nord Corea, temo che i cinesi non saranno molto collaborativi o troppo collaborativi nel mettere pressione su Pyongyang. Credo che senza una collaborazione attiva cinese la questione nordcoreana sia destinata a prolungarsi.
Crisi. Testimonianza dalla Grecia: siamo un Paese in ginocchio
◊ Situazione sempre critica in Grecia, dal punto di vista economico. Si moltiplicano gli scioperi dei lavoratori pubblici, con pesanti ricadute sui servizi ai cittadini: dalla raccolta dei rifiuti ai trasporti, fino al settore sanitario. E intanto, cresce la disoccupazione: secondo l'Istituto di Statistica ellenico Elstat, nel mese di aprile del 2013 ha raggiunto il 27,9%. Un momento difficilissimo dunque per la naizone. Salvatore Sabatino ha raccolto ad Atene la testimonianza del collega greco, Nicola Nellas, che racconta di una quotidianità fatta di mille problemi:
R. - Attualmente, il settore pubblico è in sciopero. C’è soprattutto il grande problema dei rifiuti, anche perché durante l’estate in Grecia la temperatura è molto alta e questo crea molti disagi. Il governo ha poi deciso di eliminare tutta la polizia municipale, per inserirla nel settore della polizia statale. Il fatto è che tanti di questi poliziotti non sono adatti a fare il lavoro del poliziotto: non hanno nemmeno l’addestramento adatto...
D. - È uno dei grandi problemi che in questo momento riguarda il settore pubblico in Grecia, che ha avuto moltissimi tagli …
R. - Sì. Anche quello dei tagli è un problema. Conosco una persona che praticamente ha visto il suo stipendio ridursi del 50%. Una persona che sa che il suo stipendio ogni mese è di un certo importo, lo amministra in modo tale che se ci sono eventuali debiti cui far fronte sa come comportarsi. In questa situazione, non possono farcela a pagare, anche perchè non possono nemmeno rivolgersi alle banche, anch'esse in crisi.
D. - Rispetto all’abbassamento degli stipendi, non c’è stato un adeguamento dei prezzi, ad esempio, dei beni di prima necessità?
R. - No, anzi. I prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati, anche perché è stata aumentata l’Iva.
D. - I tagli predisposti dal governo stanno mettendo a dura prova anche il settore sanitario: molti ospedali dovranno essere chiusi e ci sono poi problemi per le forniture…
R. - Certo. Hanno deciso che ogni anno qualsiasi ospedale avrà un certo bilancio. Se supera questo tetto, non verranno più sovvenzionati nuovamente e le spese per comprare anche le cose più banali - dalle garze al siero antitetanico - non saranno rimborsate. Qui, al Pireo, ci sono tre ospedali. Pireo è una città che conta quasi un milione di abitanti, è ovvio che abbia tre ospedali. Adesso, vogliono chiuderli tutti e tre per trasferirli ad Atene. C’è, dunque, il problema legato all’emergenza. Io non posso pensare che una persona che abbia un emergenza a Pireo debba fare più di mezz’ora di strada per arrivare ad un ospedale ad Atene.
D. - Le cronache degli ultimi mesi raccontano delle città - soprattutto Atene - che si stanno lentamente spopolando, mentre i piccoli paesi stanno invece accogliendo moltissime persone. Anche questa è una conseguenza della crisi…
R. - Sì, certo. Specialmente i pensionati preferiscono andare via da Atene per andare verso il loro paese natale, dove c’è più solidarietà tra la gente, dove la vita costa meno. Il 99% di questi ha già una casa, quindi non costa niente stare là. L’unica cosa a cui devono pensare è la loro sanità, perché spesso non ci sono ospedali nei dintorni. L’ospedale più prossimo può essere distante più di un’ora.
D. - Questo ha avuto conseguenze anche su Atene che si sta spopolando. Tu mi dicevi della diminuzione del traffico, che è assolutamente emblematico…
R. - Il traffico è diminuito, secondo me, del 30-40%. Tanti distributori - oltre duemila - di benzina sono stati chiusi. Ma anche tanti negozi stanno chiudendo. Nelle vie centrali si vedono ovunque negozi chiusi.
D. - Il turismo riesce in questo momento d'estate ad aiutare l’economia greca?
R. - Sì. Per fortuna, c'è stato un grande aumento di turisti, soprattutto a causa dei problemi che ci sono in Turchia e in Egitto. C’è stato un grande afflusso inaspettato di turisti, specialmente a giugno. È stato un nuovo record dopo dieci anni.
D. - Ci troviamo di fronte a tutta una serie di problemi: disoccupazione, tagli al settore pubblico, scioperi: questo può causare dei problemi reali alla sicurezza sociale del Paese?
R. - Secondo me, sì, può creare dei problemi, perché la gente oramai sta cercando delle risposte ai problemi di tutti i giorni. Il fatto è che vedo tante persone che si avvicinano alle forze politiche estreme, specialmente all’estrema destra, che in questo momento, nel parlamento fa di tutto per creare dei problemi.
D. - E quindi, c’è un rischio reale che tutto questo poi sfoci anche in scontri?
R. - Sì. Infatti, ci sono stati vari scontri. Ogni giorno, sentiamo di scontri che avvengono per strada, in varie città.
D. - I greci, comunque, hanno la consapevolezza che stanno vivendo un momento difficile ma che tutto questo passerà, o non c’è nemmeno più la speranza?
R. - Penso che la speranza sia andata via...
Suicidio assistito. Pessina: pratica gravissima, chi si sente aiutato non cerca la morte
◊ Continua ha suscitare scalpore la vicenda del magistrato Pietro D'Amico, che lo scorso aprile decise di sottoporsi in una clinica di Basilea, in Svizzera, al cosiddetto suicidio assistito a causa di un male incurabile che la successiva autopsia ha smentito. Il legale dell'uomo, l’avv. Roccisano, ha denunciato i medici autori della diagnosi accusandoli di "errore scientifico fatale", che indusse Pietro D'Amico in uno stato di forte depressione fino al suicidio. Daniel Ienciu ha chiesto un commento al prof. Adriano Pessina, docente di Bioetica all'Università Cattolica Sacro Cuore di Milano:
R. – Credo che, anzitutto, vi sia una peculiarità nella forma del suicidio assistito, perché chi cerca questa forma in realtà, a differenza dei suicidi in termini classici, cerca in qualche modo un aiuto: quindi, in questo senso, manifesta implicitamente un desiderio di uscire dalla situazione di crisi in cui si trova. Per questo, il suicidio assistito è sempre una forma assolutamente paradossale e gravissima, che dovrebbe essere in qualche modo vietata. E’ una forma di indifferenza generale, per cui si lascia da sola la persona nella sua disperazione e anzi si aiuta a coltivare il senso di incapacità di resistere di fronte alle difficoltà della vita e della malattia.
D. – Guardando al caso D’Amico, qual è la sua opinione circa il possibile errore di diagnosi che avrebbe condotto l’uomo al suicidio?
R. – Mi sembra ci siano diversi errori. Il primo sicuramente è un errore diagnostico, ma poi ci sono un insieme di errori dati dal fatto che sia lasciata da sola una persona: non la si è supportata psicologicamente, non la si è aiutata a fare i conti con la presunta situazione clinica. Tutta questa vicenda mette in luce una dinamica del suicidio assistito come una dinamica di abbandono delle persone. Anzi, in qualche modo finisce per essere una qualche forma di istigazione al suicidio, perché colui che cerca la morte, in realtà cerca di uscire da una situazione difficile. Non è la morte l’oggetto primo della sua ricerca, ma il sostegno in una situazione che da solo non riesce ad affrontare. Se incontra persone che sono in grado di dargli un sostegno di natura clinica e psicologica, nessuno chiede la morte. La morte la si chiede quando si ha una complicità, una complicità che non ha alcun valore di tipo etico.
Le Marche scendono in strada a difesa dei lavoratori della Indesit
◊ Almeno cinquemila persone hanno partecipato alla manifestazione di questa mattina indetta dai sindacati a Fabriano, per protestare contro il piano di ristrutturazione della Indesit. Allo stesso tempo, in tutte le aziende metalmeccaniche della provincia di Fabriano sono state proclamate otto ore di sciopero. Il servizio di Alessandro Guarasci:
''1425 volte no. La storia siamo noi''. E’ la scritta sullo striscione che ha aperto il corteo a Fabriano. E in effetti, 1.425 è il numero degli esuberi, su un totale di circa 2.500 operai, che la Indesit ha previsto nel suo piano di ristrutturazione per i siti produttivi nelle Marche e in Campania. Tante le autorità presenti, tra cui il vescovo di Fabriano, mons. Vecerrica, e il presidente della Regione, Marche Spacca. Per i sindacati, questa è una vertenza nazionale contro la delocalizzazione, visto che Indesit pensa di spostare parte della produzione in Polonia e in Turchia. Anna Trovò, segretaria nazionale Fim Cisl:
“Chiediamo a Indesit di indirizzare in Italia gli investimenti, di puntare qui sul lavoro stabile e qualificato, di puntare qui sulla ricerca e sullo sviluppo del prodotto, perché a questo Paese bisogna dare una speranza e un futuro. E questo passa dal lavoro, non passa dall’assistenza. La vertenza Indesit è la vertenza simbolo di come sul manifatturiero si possa puntare per costruire una prospettiva di futuro, di lavoro e di speranza, oppure una prospettiva di dismissione e di abbandono”.
I lavoratori hanno portato con sé le famiglie, i bambini. E agli operai e ai "colletti bianchi" si sono uniti anche impiegati del settore pubblico. Insomma, il rischio è che saltino gli equilibri di interi territori.
Don Patriciello agli industriali che alimentano i roghi tossici: pentitevi
◊ Inquinare la terra, attentare alla salute delle persone è un peccato grave che grida vendetta al cospetto di Dio. E’ quanto ha dichiarato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, in occasione della sottoscrizione ieri del protocollo, denominato “Patto per la terra dei fuochi”, siglato nel capoluogo campano con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dei roghi tossici nelle zone tra le province di Napoli e Caserta. Su questo patto tra Ministero dell’interno, Regione Campania, prefetture e 80 Comuni, Amedeo Lomonaco ha intervistato don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, da sempre impegnato nel denunciare i drammi legati al traffico di rifiuti tossici:
R. – C’è stata questa firma di questo protocollo di intesa: sono stati stanziati cinque milioni da dare ai comuni per incrementare la sorveglianza nelle campagne.
D. – Sul dramma dei rifiuti che avvelenano sono state dette e scritte anche molte cose inesatte…
R. – Per troppo tempo, la povera gente è stata ingannata. Tutte le volte che si parlava di rifiuti, si parlava di rifiuti urbani, “dell’immondizia della nonna” e della differenziata. Quindi le povere persone, che erano vittime, diventavano anche carnefici perché venivano accusate di essere maleducate, incivili, ecc. Il problema non è questo. In questi giorni, nelle campagne di Caivano la polizia forestale sta facendo venire alla luce tonnellate di rifiuti industriali interrati. E’ stato sequestrato un campo di pomodori, di ettari e ettari di pomodori, rossi come il fuoco, belli e profumati. Una qualsiasi mamma al mercato li avrebbe scelti per darli da mangiare ai figli. Ma sono terribilmente avvelenati.
D. – Quali sono le rotte che seguono i rifiuti industriali, che poi vengono interrati nelle campagne?
R. – Dal nord arrivano, da anni, rifiuti industriali delle fabbriche che non vogliono smaltire come si deve. Li vengono a gettare qui, nelle nostre campagne, con la complicità della camorra, con la complicità di politici collusi e ignavi che hanno permesso questo scempio.
D. - E i rifiuti industriali sono anche causa di danni gravissimi, spesso purtroppo irreparabili, per la salute…
R. - I rifiuti industriali interrati o bruciati si trasformano poi in malattia e in morte per bambini, giovani, giovani genitori... Nella nostra Campania, c’è un aumento esponenziale di patologie tumorali che portano alla morte nel giro di breve tempo.
D. - Don Patriciello, alcune dinamiche legate ai rifiuti industriali sono note grazie alle rivelazioni di camorristi pentiti…
R. - Solamente tra i camorristi, noi abbiamo avuto i pentiti in questi anni. Tante cose le abbiamo sapute perché ce le ha dette Gaetano Vassallo, ce le hanno dette i camorristi pentiti. Ma tra gli industriali del nord noi non abbiamo ancora pentiti, non abbiamo ancora un industriale che abbia detto: io ho collaborato a fare questo, io ho collaborato a uccidere questo popolo. Questo non c’è. Non li abbiamo neanche tra i nostri politici, che hanno permesso questo scempio per motivi che si possono ben comprendere. Solamente tra i camorristi abbiamo pentiti. Questo la dice lunga. Ma proprio i camorristi ci dissero anni fa: noi nemmeno sapevamo che dalle immondizie si potesse ricavare l’oro. Ci hanno addestrati a questo. Ci hanno informato. Chi li ha informati? Gli industriali che producevano questi rifiuti. Quando la camorra ha sentito l’odore del denaro facile, si è gettata a capofitto. Abbiamo la camorra, con politici corrotti, collusi, politici ignavi, negligenti, pigri, in tutt’altre faccende affaccendati, e industriali criminali. Perché qua si parla proprio di un crimine contro l’umanità.
D. – L’impegno sinergico di Chiesa e Stato può contrastare il fenomeno: in questo senso, i parroci sono un po’ come delle sentinelle in questo martoriato territorio…
R. – Noi parroci siamo stati i primi ad accorgerci di questa cosa perché non c’era più un funerale di una persona che non fosse morta per un cancro, per un tumore, per leucemia. Bambine, bambini, quanti bambini, giovani, giovani sposi. Ricordo che ho fatto il funerale a un giovane di 28 anni, si chiamava Agostino. Nel mese di novembre sua moglie era incinta, il bambino è nato nel mese di dicembre. L’ho battezzato poi qualche mese fa e porta il nome di suo padre Agostino. Allora, come fare ancora a perdere tempo? Io mi rendo conto che la politica ha i suoi tempi e le sue cose. Siamo stati al Parlamento europeo, l’altro giorno, siamo stati a Bruxelles, perché l’anno scorso abbiamo fatto una petizione, abbiamo gridato questo nell’aula di Bruxelles: per favore, per favore, fate il vostro dovere. La gente, quando sa qualcosa, viene a denunciare a noi le cose. L’anno scorso fu scovato un campo di cavolfiori avvelenati, si presentavano di colore giallo. Il contadino che li aveva osservati, venne da me a dire: padre, guardi che lì c’è qualcosa che non va. Per me, ieri è stato bello vedere questa comunione tra lo Stato e la Chiesa. Lo Stato ha bisogno della Chiesa. Questa comunione può solamente aiutare.
Gli under 13 e Facebook. Lo psicologo: troppo piccoli per gestire relazioni virtuali
◊ Si può aprire un proprio profilo Facebook dai 13 anni in poi, ma molti bambini tra i 9 e i 10 anni già sono iscritti al popolarissimo social network e ne fanno regolarmente uso. Il dato è emerso in una recente ricerca effettuata dall’Associazione Meter Onlus di don Fortunato Di Noto. Iscriversi è facile: bastano una connessione Internet e un’e-mail. Per un'analisi di questo fenomeno, Elisa Sartarelli ha chiesto l'opinione dello psicologo infantile, Ezio Aceti:
R. - I rischi sono tutti legati all’utilizzo di uno strumento che non è ancora in possesso dei bambini - i bambini non sono ancora capaci di gestirlo - perché questo strumento non è solo un discorso tecnico, ma è anche uno strumento relazionale. La capacità di gestire delle relazioni è tipica dell’adulto. I bambini, se sono fra loro, sono in grado di gestire le loro relazioni, ma se sono con altri, con sconosciuti o adulti, rischiano di soccombere a queste relazioni. Con questo, non voglio dire che allora i bambini cadano necessariamente nelle trappole, ma il rischio c’è. I bambini intendono le relazioni come se fossero solo virtuali. È vero che loro sono abituati al virtuale, ma una relazione ha bisogno di profondità e anche di sguardi. Tant’è che poi, da grandi, le loro relazioni sono spesso molto superficiali, immediate, senza la profondità e la conoscenza che li aiuta a conoscere la complessità della realtà.
D. - È difficile controllare come i propri figli utilizzino Internet, perché non esiste soltanto il computer di casa che può essere tenuto sotto controllo dai genitori. Oggi, anche i giovanissimi spesso possiedono un cellulare di ultima generazione e viaggiano da soli per il web e su Facebook …
R. - Noi ci troviamo in un momento di transizione. Fino a quando questi strumenti non saranno diventati patrimonio comune, dobbiamo usare la prevenzione. È avvenuto uno tsunami: in 40 anni i mezzi di comunicazione ci sono tutti caduti addosso con una rapidità tale che facciamo ancora fatica a gestirli, soprattutto i bambini. D’altro canto, però, non vorrei far vedere tutti gli aspetti negativi di questo tsunami. Sono aspetti negativi nella misura in cui io non ne divento padrone. Allora, per esempio, bisognerebbe introdurre già nelle scuole elementari dei corsi di utilizzo…
D. - Come possiamo lasciar scoprire ai bambini Internet e i social network senza spaventarli o inibirli, ma proteggendoli da eventuali pericoli?
R. - Diventano dipendenti quei bambini che non hanno alternative al virtuale. Più io costruisco relazioni significative con i bambini, più gli faccio vedere la bellezza del contatto, più lui lo apprezzerà. Devo, però, evitare di demonizzare l’altro per creare un’aspettativa eccessiva. Devo invece educarlo all’utilizzo del virtuale in modo corretto. Una volta giocavamo a nascondino: in Italia, nessun bambino gioca più a nascondino. Bisogna educare tutti i bambini alle emozioni a partire dalle scuole materne. Tutti questi strumenti virtuali creano emozioni forti, di fronte alle quali i bambini soccombono. Se noi li educhiamo alle emozioni, allora saranno più in grado di gestirle.
Irlanda: approvata la legge sull’aborto. La Chiesa: il nascituro è un essere umano
◊ Con 127 voti a favore e 31 contrari e dopo oltre due giorni di intenso dibattito, la Camera Bassa d’Irlanda ha approvato il “Protection of live during pregnancy bill”, cioè la nuova legge sull’aborto introducendo di fatto nel Paese l’interruzione volontaria di gravidanza in caso di pericolo di vita della madre, incluso la minaccia di suicidio da parte della stessa, che dovrà essere certificata da almeno tre medici. “Una legge necessaria”, l’ha definita il premier Enda Kenny, ma nel suo partito, il Fine Gael, è bufera, tanto che ben cinque deputati che hanno votato contro il provvedimento sono stati espulsi. Ora il testo, con i suoi 165 emendamenti, passerà all’esame della Camera Alta, dove l’iter dovrebbe essere più rapido, avendo qui il governo una maggioranza più larga. A scatenare le critiche è l’introduzione della cosiddetta “clausola del suicidio”, ma sulla normativa pendono dubbi di incostituzionalità, sostenuti anche dalla Chiesa locale. Nei giorni scorsi, su questi aveva posto l’accento il Primate d’Irlanda e arcivescovo di Armagh, cardinale Seán Brady, che teme che nel Paese venga così introdotto un “regime molto più liberale” di quello previsto nella Costituzione, che vieta espressamente l’aborto. Tornando alle tendenze suicide come causa di pericolo di vita per la madre, il porporato afferma che “non esiste alcuna prova medica che dimostri che l’aborto sia la cura più adatta per le future madri con pensieri suicidi”. Infine il cardinale Brady sottolinea l’assenza, nel testo, di qualsiasi riferimento all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari coinvolti, fatto che viola un altro diritto fondamentale garantito dalla Costituzione. Sulla questione, ieri, era tornato anche il vescovo di Limerick, mons. Brendan Leahy, che in una veglia di preghiera per la vita organizzata nella cattedrale della città ha ribadito la vicinanza della Chiesa alle donne che si trovano in difficoltà durante la gravidanza e ha ricordato come il nascituro non sia “un’estensione della madre, bensì un essere umano con delle potenzialità, che ci chiede silenziosamente ma profondamente, di essere amato”. (R.B.)
Argentina. Appello dei vescovi: la povertà è uno scandalo
◊ Un richiamo forte ai temi della giustizia, della libertà e dell’inclusione sociale è venuto martedì scorso dai vescovi argentini in occasione delle celebrazioni per il giorno dell’indipendenza (venne proclamata il 9 luglio 1816 a Tucumán). Lo riferisce L’Osservatore Romano. In particolare, mons. Alfredo Horacio Zecca, arcivescovo di Tucumán, ha sottolineato che «Francesco vuole una Chiesa povera al servizio dei poveri, ma il Papa ha avvertito che questo non può diventare uno slogan ripetuto in maniera irresponsabile. Una Chiesa povera è una Chiesa che, lungi dal chiudersi in se stessa, lascia che la luce del mondo, cioè Cristo, risplenda sul suo volto. Una Chiesa laboriosa, missionaria, al servizio di tutti e aperta a tutti, soprattutto — ha aggiunto il presule — a quelli che vivono nelle periferie, agli emarginati. La Chiesa non può né io posso come arcivescovo — ha detto mons. Zecca — non riconoscere che la verità della fede e della carità che predichiamo non ha avuto il dovuto impatto sociale. L’opzione preferenziale per i poveri non dà i frutti che permettono di guardare al futuro come a un tempo di fraternità e di pace». Per l’arcivescovo di Tucumán, la distribuzione della ricchezza in America latina e in Argentina continua a essere deficitaria: «Non possiamo non riconoscere gli sforzi finora compiuti ma nemmeno omettere che la nostra azione è stata insufficiente. Questo — ha aggiunto — produce un paradosso doloroso sia per il continente che per la nazione: essere la regione più cattolica del pianeta e, allo stesso tempo, se non la più povera, almeno, quella con più disuguaglianze. La povertà in Argentina è uno scandalo. E di questa situazione siamo tutti responsabili, dirigenti, cittadini, pastori e fedeli». L’arcivescovo di Tucumán ha poi sottolineato che «insieme alla disuguaglianza vi sono altre situazioni che necessitano un intervento immediato e che sono legate alla povertà: la discriminazione, la precarietà nel lavoro, la disoccupazione, il narcotraffico, la tratta di esseri umani, la corruzione, le varie forme di violenza, gli attentati alla vita si indeboliscono sempre più. Manca una cultura della solidarietà». Di coesione, libertà e bene comune ha parlato anche il vescovo di San Isidro, mons. Óscar Vicente Ojea, durante le celebrazioni per il giorno dell’indipendenza: «Indipendenza vuol dire libertà, autonomia, ma anche identità. La patria in questi duecento anni è stata alla ricerca di un’identità che non ha ancora trovato a pieno. Si è dotata di una Costituzione, ma ancora non ha chiara l’identità della nazione. Siamo ancora in debito con noi, dobbiamo donarci un progetto, come nazione, che ci illumini a lavorare insieme. Stiamo scoprendo e conoscendo le nostre diversità. Abbiamo lottato tanto — ha concluso — ma vi sono ancora molte divisioni. Nessun fratello deve essere escluso dalla mensa comune». Anche per il vescovo di Nueve de Julio, Martín de Elizalde, e il vescovo di Catamarca, Luis Urbanč, non si può rimanere indifferenti davanti alla sofferenza e alla disperazione. «La riduzione della povertà, la distribuzione equa dei beni, la tutela della vita dei cittadini — ha detto mons. de Elizalde — sono minacciate dall’insicurezza e dalla violenza. L’indipendenza proclamata quasi duecento anni fa è ancora incompleta e rimarrà tale se non verranno applicati i giusti principi che l’hanno ispirata». (I.P.)
Kinshasa. Il card. Pengo: il Secam sia “Osservatore presso l’Onu”
◊ Il Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, sta cercando di ottenere lo status di Osservatore presso l’Onu: lo ha annunciato il card. Polycarp Pengo, presidente del Simposio stesso, inaugurando in questi giorni la 16.ma Plenaria dell’organismo, in corso a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, fino al 14 luglio e dedicata al tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. Nel suo intervento, il card. Pengo ha motivato la decisione con l’obiettivo di “portare il contributo della Chiesa a livello continentale, per cercare di supportare dell’Africa”. Il porporato ha poi esortato i governi africani a moltiplicare i loro sforzi per creare strutture sociali eque e giuste, a favore di uno sviluppo umano integrale di tutto il Continente. “Negli ultimi trent’anni – ha detto il card. Pengo – la Chiesa in tutto il mondo ha visto enormi cambiamenti che hanno posto nuove sfide per la missione di evangelizzazione affidataci da Gesù ed alcuni di questi cambiamenti sociali, politici e culturali derivano dal fenomeno della globalizzazione e della secolarizzazione”. Di fronte a tale scenario, ha continuato il presidente del Secam, la Chiesa non è rimasta a guardare, ma, ovunque si sia trovata, ha promosso e promuove ancora “lo sviluppo spirituale, morale e socio-economico delle persone”, apportando “contributi non piccoli nel campo dell’educazione, dell’agricoltura, dei servizi sociali e sanitari”, tra cui il sostegno ai “malati di Aids e di lebbra”. Poi, il card. Pengo ha notato, con amarezza, che “se guardiamo indietro agli ultimi 50 anni di indipendenza politica del Continente, troviamo in gran parte una storia di sfide economiche e socio-politiche”, in cui si trovano “problemi di malgoverno, conflitti etnici e religiosi, povertà, avidità, egoismo, sfruttamento delle risorse e distruzione dell’ambiente”. Pensando, quindi, a quanto scritto da Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica “Africae Munus” - ovvero che “sul piano sociale, la coscienza umana è interpellata da gravi ingiustizie presenti nel nostro mondo, in generale, e all’interno dell’Africa, in particolare” – il porporato ha ribadito l’importanza di “incoraggiare i fedeli laici ad abbracciare l’impegno politico come un apostolato, per istituire il regno della giustizia, dell’amore e della pace, in nome del bene comune e in linea con la Dottrina sociale della Chiesa”. (A cura di Isabella Piro)
Pakistan: cristiani minacciati e costretti a lasciare il Paese
◊ Una famiglia cristiana della Mazoor Colony, quartiere cristiano di Karachi, è minacciata di morte da estremisti islamici e sta cercando di lasciare il Paese. Come riferisce l’agenzia Fides, la famiglia di Nazir Masih si è rivolta a padre Saleh Diego, parroco della parrocchia di San Paolo a Karachi, in cerca di aiuto. Gli estremisti minacciano di morte l’intera famiglia, composta da Nazir, da sua moglie Begum, i figli Rahil, Leo Nazir e Arzoo. Le minacce, spiga a Fides il parroco, vanno prese molto sul serio perché nel gennaio scorso, i fondamentalisti hanno già percosso e ucciso un altro figlio di Nazir, Romail Masih, di 27 anni. Il giovane fu ucciso in seguito a una banale discussione su questioni religiose. La famiglia oggi è terrorizzata ed è giunta alla determinazione di cercare rifugio all’estero. In Canada è stata già accolta la famiglia di Rimsha Masih, l'adolescente disabile mentale accusata falsamente di blasfemia e arrestata nell’agosto 2012. In un caso che ebbe risonanza internazionale, Rimsha fu liberata dopo che si accertò che l'imam che l'aveva denunciata, aveva fabbricato le prove per incastrarla. La famiglia ha ricevuto la residenza permanente in Canada per motivi umanitari. “Rimsha è una dei fortunati, che sono potuti fuggire”, commenta in una nota inviata a Fides Asna Ali, intellettuale a musulmana che vive in Sud Punjab. Secondo un rapporto del “Centre for Research and Security Studies” in Pakistan 52 persone sono state uccise negli ultimi 20 anni perché accusate i blasfemia, e fra loro vi sono anziani, sacerdoti, minorenni. “Rimsha Masih ha potuto ricominciare la sua vita in un Paese straniero, ma molte altre persone marciscono in carcere o sono uccise per puro odio religioso”, afferma Asna Ali. Ancora oggi i cristiani che abitavano nel quartiere della famiglia di Rimsha, a Islamabad, vivono in alloggi di fortuna alla periferia di Islamabad, in quanto costretti a lasciare le loro case. “Altri accusati di blasfemia saranno picchiati dai loro accusatori, maltrattati dalla polizia, puniti dalla magistratura e ignorati dal pubblico”, mette in guardia Asna Ali, affermando che la civiltà di un Paese si riconosce da come vengono trattate le minoranze religiose. (R.P.)
Filippine. Mons. Socrates Villegas: i vescovi non sono una lobby, ma agitatori di coscienze
◊ I vescovi filippini continueranno le loro battaglie su tutte le più importanti questioni di attualità sociale, compresa quella contro la legge sulla salute riproduttiva (Rh Bill). A ribadirlo è stato il neopresidente della Conferenza episcopale mons. Socrates Villegas eletto domenica a succedere a mons. Jose Palma. “I vescovi non sono degli agitatori sociali, organizzatori di manifestazioni o una lobby”, ma “agitatori di coscienze” e “seguaci di Cristo”, ha puntualizzato il presule durante la Veglia di preghiera organizzata martedì dalla Commissione episcopale per la famiglia e la vita (Ecfl) in attesa del pronunciamento della Corte Suprema sul ricorso contro la Rh Bill. Poco prima dell’inizio delle consultazioni alla Corte Suprema - riporta L’Osservatore Romano – mons. Villegas ha presieduto una concelebrazione eucaristica nella Chiesa di Nuestra Señora de Guia, a Manila, alla quale hanno partecipato anche giudici e avvocati. “Il nostro maggiore sostegno alla Corte — ha detto durante l’omelia — arriva attraverso la messa e la veglia. Vogliamo dimostrare al mondo l’efficacia della preghiera”. La Rh Bill – lo ricordiamo – è stata approvata in via definitiva nel dicembre scorso, dopo un anno di discussioni al Congresso segnate da un duro braccio di ferro con la Chiesa e i movimento pro-vita. Pur rifiutando l'aborto clinico, il provvedimento promuove infatti un discutibile programma di pianificazione familiare per indurre le coppie a non avere più di due figli, anche incoraggiando la sterilizzazione. (L.Z.)
Filippine: messaggio del Centro pro-dialogo “Silsilah” per il Ramadan
◊ Il mese sacro del Ramadan è “un momento speciale per rinnovare l'amicizia e la solidarietà fra cristiani e musulmani”: lo afferma il Messaggio diffuso in occasione del mese del Ramadan dal Centro per il dilogo interreligioso “Silsilah”, con sede a Zamboanga, sull’isola di Mindanao, (Filippine Sud), fondato oltre 25 anni fa dal missionario cattolico padre Sebastiano D’Ambra del Pime. “Speriamo che il Ramadan – afferma il testo, inviato all’agenzia Fides – sia celebrata nello spirito di amicizia e di riconciliazione e che i nuovi governanti eletti nelle Filippine servano il popolo con giustizia ed equità”. Il messaggio ricorda “la sofferenza di tanti fratelli e sorelle musulmani di tutto il mondo, soprattutto ora in paesi come Siria, Palestina, Egitto, Pakistan e in altre parti del mondo”. In particolare il testo cita la sofferenza dei “molti musulmani nelle Filippine, specialmente nelle zone di Mindanao”. “Perché c'è così tanta sofferenza?”, si chiede “Silsilah” cercando alcune risposte: abuso di potere, l'uso di droghe illegali e molte altre attività illegali e immorali. Di fronte a tali problemi, spesso di resta in silenzio a causa della paura, ma “il nostro silenzio spesso perpetua la discriminazione, la povertà, le ingiustizie, la corruzione e illegalità”. Il Ramadan – prosegue il testo – “ricorda ai musulmani nel mondo l'importanza del digiuno e della preghiera come un modo per essere più vicini a Dio e per prendersi cura dei più bisognosi. Il Ramadan è un'occasione importante per la purificazione. I cristiani sono grati ai musulmani per aver dato loro questo esempio”. “Silsilah” ricorda che cristiani e musulmani “sono legati come fratelli e sorelle, membri della stessa famiglia umana, creati dallo stesso Dio che ama tutti”. “Questo è il Silsilah (termine che significa “catena”) che dobbiamo costruire insieme, lavorando sodo per costruire insieme un dialogo che è segno della presenza di Dio tra noi”, come il Corano e la Bibbia incoraggiano a fare, nota il documento. “Possa il mese di Ramadan diventare un momento speciale per i musulmani per ricordare questo messaggio e per i cristiani e le persone di altre religioni del mondo a muoversi insieme in armonia”, auspica il messaggio. “Le differenze culturali e religiose – si conclude – non devono essere motivo di disprezzo reciproco, ma piuttosto occasione di lavorare insieme per il bene comune”, senza “chiudere le porte del cuore a persone che provengono da diverse fedi e culture”, ma apprezzando “ciò che abbiamo in comune, convinti che tutti abbiamo gli stessi diritti e la dignità”. (R.P.)
Filippine. Inferno a Manila: divampano le fiamme nelle baraccopoli
◊ Più di 300 case sono andate a fuoco ieri, in una baraccopoli alla periferia di Manila. Le fiamme, che non hanno causato vittime, sono divampate nell'area di Botanical Green e hanno distrutto almeno un terzo delle 1000 abitazioni che compongono lo slum. "Eravamo coricati nei nostri letti quando la gente ha iniziato a urlare e a correre - racconta la 27enne Anna Anciller mentre sorregge il figlio di 6 anni - c'erano fiamme ovunque, siamo fuggiti ma non abbiamo potuto salvare nulla". La polizia e i vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso hanno dovuto impedire agli abitanti di tornare tra le fiamme per salvare i pochi effetti personali rimasti nelle case. Nella confusione - riporta l'agenzia AsiaNews - molti bambini sono stati separati dai genitori. Secondo i primi rilevamenti sembra che l'incendio scoppiato ieri a Botanical Green sia stato causato dall'esplosione di una bombola da cucina. Nei quartieri più poveri, dove le case sono costruite con materiali di risulta e senza alcuna norma di sicurezza, non è raro che le fiamme divampino con estrema facilità. Un rapporto redatto nel 2010 dalla World Health Organisation rileva che più di un terzo dei 14 milioni di persone che vivono a Manila è ammassato nelle baraccopoli sorte ai margini della metropoli. Il problema del degrado delle periferie rappresenta un motivo di forte preoccupazione per le autorità locali, che, a più riprese, hanno tentato di promuovere la riqualificazione degli slum trasferendo parte della popolazione verso l'esterno. Questo genere di iniziative trova però la ferma opposizione degli stessi abitanti, che molto spesso vogliono restare ai margini della città per godere di maggiori opportunità lavorative. "Non possiamo andare da nessun'altra parte - spiega la 38enne Jenny San Gaspar, che vive a Botanical Green da molti anni - non c'è lavoro per noi nelle province". Poche ore dopo l'incendio, alcune tra le persone rimaste senza casa hanno iniziato la ricostruzione di nuove abitazioni di fortuna al posto di quelle bruciate dalle fiamme. (R.P.)
Indonesia. Rivolta nel carcere di Medan: 5 morti, decine di detenuti in fuga
◊ È di 5 vittime, di cui due guardie carcerarie, il bilancio parziale della rivolta nel Tanjung Gusta Detention Centre, a Medan, nella provincia di North Sumatra. La sommossa è iniziata alle prime ore dell'alba, quando almeno 500 detenuti - esasperati dalla continua mancanza di elettricità e acqua potabile nella casa circondariale - hanno iniziato a scandire frasi durissime contro la direzione, rovesciare oggetti e dare fuoco alle suppellettili e a qualsiasi altro oggetto a disposizione. I primi cenni di rivolta - riferisce l'agenzia AsiaNews - sono iniziati nel tardo pomeriggio di ieri, ma sono peggiorati nella notte; infine, i prigionieri hanno dato fuoco al carcere, mentre la polizia e le forze di sicurezza cercavano di riportare la situazione sotto controllo. Tuttavia, ancora alle prime ore dell'alba di stamane migliaia di detenuti continuavano a "occupare" l'area, con le forze di sicurezza pronte a intervenire con un blitz per riprendere il controllo del carcere. Pare che dietro la rivolta nel carcere - oltre ai problemi inerenti luce e acqua - vi sia la richiesta (rimasta disattesa) al ministero per i Diritti umani e la Legge, di una "riduzione" della pena detentiva; una richiesta formulata in vista del mese sacro di Ramadan, di digiuno e preghiera per i musulmani, e dell'anniversario della festa dell'Indipendenza. Il numero totale dei detenuti al carcere di Tanjun Gusta è di circa 2.600 persone; di questi almeno 200 hanno tentato la fuga durante la rivolta della notte, ma una buona parte è già stata catturata dalle forze di polizia e posta di nuovo sotto custodia. Al momento sono in atto le procedure di evacuazione. Esercito e squadre di soccorso hanno fatto il loro ingresso nella struttura, accolti dai carcerati che - in precedenza - avevano respinto un tentativo di irruzione della polizia. In Indonesia non è raro assistere a rivolte e proteste nelle carceri, note alle cronache per il sovraffollamento e gli abusi commessi dalle guardie, facili a fenomeni di corruttela e favoritismi verso alcuni detenuti. A fine febbraio 2012 un episodio simile aveva interessato la Casa circondariale di Bali, teatro di una rissa cui era seguito un incendio doloso. (R.P.)
Sud Sudan: prolungato il mandato della missione Onu
◊ Più uomini e mezzi per fermare le violenze nella regione orientale di Jonglei, ostaggio di un conflitto che ha già costretto a lasciare le loro case decine di migliaia di persone: a chiederli è il Consiglio di sicurezza, in una risoluzione che estende di un anno il mandato della missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (Unmiss). Nel documento - ripreso dall'agenzia Misna - approvato all’unanimità, si esprime “preoccupazione per un divario strategico tra la mobilità della missione e il costante e decisivo bisogno di una capacità aerea e di mezzi di spostamento, come elicotteri e natanti”. Hilde Johnson, inviata dell’Onu in Sud Sudan, aveva denunciato in settimana l’incapacità per i circa 6.900 effettivi di Unmiss di assolvere ai loro compiti con appena tre elicotteri a disposizione. A Jonglei l’esercito di Juba sta fronteggiando dall’anno scorso un gruppo ribelle guidato da un ex generale, David Yau Yau, sostenuto per lo più dalle comunità di etnia murle. Proprio ieri una radio cattolica della regione riferiva di militari “sotto assedio” nella zona di Pibor, uno degli epicentri degli scontri. Il Sud Sudan è divenuto indipendente da Khartoum nel 2011, dopo una guerra civile ultraventennale. Di fronte ai Consiglio di sicurezza, ieri, l’ambasciatore di Juba presso le Nazioni Unite Francis Mading ha riconosciuto le difficoltà del suo Paese in fatto di sicurezza e di rispetto dei diritti umani. “Questi problemi – ha detto il diplomatico – sono attribuibili alle conseguenze negative di un conflitto lungo e devastante che ha lasciato la popolazione traumatizzata, militarizzata e armata”. (R.P.)
Bolivia: Consiglio dei laici contro la legalizzazione di eutanasia, aborto e nozze gay
◊ “Esortiamo i cattolici e tutta la società a stare in guardia contro i progetti di legge che minacciano la dignità di ogni persona umana”. E’ l’appello diffuso dal Consiglio dei laici boliviano al termine della sua Assemblea nazionale. “Dopo l’esame delle diverse situazioni illecite e inumane che minacciano la vita e la famiglia”, si legge nel testo, i laici boliviani constatano che “la dittatura del relativismo e l’ideologia di genere” sono sempre più diffuse nel Paese. La nota denuncia in particolare la campagna in atto per equiparare le unioni tra persone dello stesso sesso al matrimonio tra un uomo e una donna e per legalizzare l’aborto e l’eutanasia con diversi strumenti legislativi. Tra questi la cosiddetta “Legge dei diritti sessuali e riproduttivi”. L’organizzazione ribadisce che “la famiglia formata dall’ unione matrimoniale tra un uomo e una donna è la base della società e l’unica aperta alla naturale e responsabile creazione di una nuova vita”. “Anche se riconosciamo che ci sono molteplici situazioni di fatto - afferma la nota -, le altre ‘categorie di famiglia’ hanno alcuni limiti, oppure sono mere ‘invenzioni ideologiche’ riconosciute da alcuni Stati”. Infine, per quanto riguarda i progetti di legge contro la vita, il Consiglio dei laici boliviano ricorda che l’aborto, l’eutanasia e tutte le forme di manipolazione di embrioni e feti umani, sono attacchi contro la vita umana. Di qui l’invito alle organizzazioni pro-life affinché intensifichino la loro opera di promozione e protezione della vita umana e della famiglia. (A cura di Alina Tufani)
Coree: partite le vaccinazioni antiencefalite della Caritas per i bimbi nordcoreani
◊ La Caritas tedesca ha lanciato una campagna di vaccinazione infantile contro l'encefalite giapponese in Corea del Nord. I volontari dell'organizzazione cattolica hanno già immunizzato più di 430mila bambini, ma lo scopo è quello di arrivare a 3,2 milioni di vaccini entro la fine del 2013. Il primo gruppo coinvolto nel progetto vive nella provincia di Hwanghae meridionale, appena superato il confine che divide la penisola. Il programma prevede un maggior impegno proprio nelle zone meridionali del Paese, dato che - secondo fonti Caritas - "coloro che vivono a nord sono meno colpiti dal virus, che si trasmette attraverso un tipo di zanzara che non sopravvive a quelle temperature". I fondi per le vaccinazioni sono arrivati grazie a contributi di privati tedeschi e sudcoreani. L'emergenza economica, gli embarghi internazionali e le folli politiche di spesa del governo di Pyongyang hanno più volte messo a rischio la vita dei minori, che non ricevono cure e alimentazione adeguata. Per sopperire a questa situazione intervengono in maniera regolare solo le organizzazioni religiose, cristiane e buddiste, che ricevono dal governo di Seoul - e a volte dalle Nazioni Unite - il permesso di operare con le fasce più deboli della popolazione. Oltre all'encefalite giapponese, i programmi Caritas prevedono da anni interventi massicci contro la tubercolosi, una vera e propria piaga per la popolazione nordcoreana. Fra i più attivi in quest'ambito c'è un missionario americano, padre Gerard Hammond dei Maryknoll, che oramai da più di 30 anni riesce ad entrare in Corea del Nord almeno una volta l'anno per progetti umanitari. (R.P.)
Barcellona. Il card. Turkson ai bambini dell'Unitalsi: "Niente paura di andare controcorrente"
◊ Si è chiusa ieri pomeriggio a Barcellona la IX edizione del pellegrinaggio dell’Unitalsi, “Bambini in missione di pace”. Un lungo corteo composto dai mille partecipanti al pellegrinaggio, tra cui 160 bambini disabili, cui si sono aggiunti membri dell’Hospitalitat catalana, una sorta di Unitalsi locale, è partito da Plaça de Catalunya e con canti, balli, preghiere, ha percorso tutta la Rambla, la strada più famosa di Barcellona, fino a Plaça de la Pau dove Paolo Bonolis ha condotto uno spettacolo per tutti i pellegrini. I bambini - riporta l'agenzia Sir - hanno tenuto e sventolato un lungo striscione, 150 metri, con i colori dell’arcobaleno e cantato slogan di pace. Nel corso dello spettacolo ha portato il suo saluto il card. Lluís Martínez Sistach, arcivescovo di Barcellona, ed è stato letto un messaggio del card. Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace. Rivolgendosi direttamente ai bambini, il card. Turkson li ha esortati a farsi “missionari di pace”. “Non abbiate paura di andare controcorrente e non dimenticate - specialmente in questo Anno della Fede - tutti quei piccoli che devono lottare contro le avversità della vita”. Particolarmente apprezzata dai bambini è stata la maglia firmata da tutti i giocatori del Barcellona donata all’Unitalsi dal membro della Giunta direttiva della squadra, Pilar Guinovart i Masip. La serata è stata conclusa con l’annuncio del luogo del prossimo pellegrinaggio “Bambini in missione di pace” che si terrà a Praga nel 2015, probabilmente nel mese di luglio. (R.P.)
India: inaugurata a Cochin la sede di Radio Maria
◊ Solenne benedizione domenica 30 giugno a Cochin, nello Stato del Kerala, per la sede indiana della Web Radio Maria. L’inaugurazione è avvenuta alla presenza dei membri del governo dello Stato e di World Family of Radio Maria, nella persona di Padre Francisco Palacios. A fare gli onori di casa Padre Raphael Kootumghal, direttore dell'emittente indiana. Presenti anche varie autorità ministeriali ed un centinaio di volontari, sacerdoti, laici e suore. Mons. Joseph Kariyil, vescovo di Cochin, ha benedetto gli studi, certo che questa emittente cattolica possa essere protagonista di un progetto ambizioso: portare la Buona Novella agli abitanti di un Paese in rapida crescita, i quali hanno bisogno di conoscere la salvezza e la misericordia di Gesù, nostro redentore. L’apertura di Radio Maria a Cochin rappresenta uno degli undici progetti finanziati dalla corsa di solidarietà Mariathon (www.mariathon.org), svoltasi a livello mondiale dal 10 al 12 maggio scorso. La storia di Radio Maria in India inizia dall’ispirazione di un sacerdote indiano - Padre Raphael - che in missione in Ecuador ebbe modo di conoscere e partecipare ai programmi di Radio Maria, rendendosi conto della forza di conversione di questo dono di Maria. Al rientro in India dopo la sua esperienza missionaria, Padre Raphael informa il proprio vescovo sulla possibilità di creare un’emittente missionaria ed evangelizzatrice: prendendo i contatti con gli uffici di World Family of Radio Maria in Italia, chiede l’opportunità di organizzare un incontro in India. Nell’ottobre 2008, con la visita nella diocesi di Cochin, inizia lo studio del progetto che ha portato alla nascita della Web Radio Maria India, accessibile all’indirizzo www.radiomaria.org.in. “Siamo convinti e fiduciosi che la nostra Madre ci aiuterà - sono state le parole del direttore Padre Raphael - Grazie ai missionari che hanno dedicato la loro vita per diffondere la fede cattolica, la devozione alla Beata Vergine Maria è profondamente radicata tra le famiglie di cattolici nel nostro Paese. Un culto che si sta diffondendo anche tra gli indù, musulmani e buddisti. Non viene vista come una minaccia, ma come una madre che cura, ama i propri figli, portando grazie alle persone. Per questo Maria è una chiave importante per l'evangelizzazione dell'India”. (R.B.)
Associazione Rondine: corso di formazione per una nuova classe dirigente
◊ Raccogliendo l‘appello di Papa Francesco, ha chiesto un minuto di silenzio per coloro che hanno tentato il viaggio della speranza senza raggiungere l‘altra sponda, “perché non siano morti inutilmente”. Così Franco Vaccari, presidente dell‘Associazione Rondine, ha dato il via al simposio che inaugura la seconda edizione del Corso di alta formazione “Una nuova classe dirigente per la Sponda sud del Mediterraneo” ad Arezzo, che ospita per sei mesi - riporta l'agenzia Sir - alcuni giovani provenienti da Egitto, Libia e Tunisia. “Mi congratulo con loro, per la fortuna di essere protagonisti e testimoni di questo grande momento di cambiamento per i loro Paesi” ha detto Tana de Zulueta, presidente del Comitato italiano Unrwa, che modera gli interventi della prima sessione di lavori. La parola è poi passata ai giovani partecipanti del progetto: “Il mio sogno è contribuire a creare un sistema di governance locale in Egitto, per contribuire allo sviluppo della democrazia del mio Paese” ha spiegato Ahmed, 24 anni, proveniente da Alessandria d‘Egitto. Tra i relatori, Franco Rizzi, fondatore e segretario generale di UniMed, e Sandro De Bernardin, ambasciatore e direttore generale Affari politici e sicurezza del Ministero Affari Esteri. Il simposio proseguirà nel pomeriggio, sempre presso la Sala dei Grandi del Palazzo della Provincia di Arezzo. (R.P.)
Dall’Auxilium due nuove proposte di formazione per educatori specializzati
◊ Dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium giunge per il prossimo Anno accademico 2013-14 la proposta di due nuovi Corsi di Perfezionamento. Partirà in ottobre il Corso di Esperto nella cura e nella tutela dell’adolescente, in collaborazione con il Centro studi sociali sull’infanzia e l’adolescenza don Silvio De Annuntiis di Scerne di Pineto in Abruzzo. “L’adolescenza – spiega una nota della Facoltà - è oggi una fase dello sviluppo particolarmente complessa che richiede, da parte dei professionisti e degli educatori, conoscenze e competenze specifiche, specie nei casi di adolescenti difficili, vittime di traumi o di patologie comportamentali. Il ‘territorio’ dell’adolescenza si presenta, infatti, attraversato da fenomeni non solo legati alla trasformazione della personalità, ma anche da situazioni connesse ai condizionamenti esercitati dalla famiglia, dal gruppo dei pari, dalla società, dai mezzi di informazione e dai social network”. Questa offerta formativa di 100 ore è rivolta in particolare a laureati o laureandi in Servizio sociale, Psicologia, Scienze dell’Educazione, Giurisprudenza, Sociologia, Medicina, o lauree equipollenti. Inizierà invece a dicembre il Corso (o Master di II livello) in Psicodiagnostica proiettiva, realizzato insieme all’Istituto interdisciplinare di alta formazione clinica, con la collaborazione della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e della Scuola di formazione psicosomatica dell’Ospedale Cristo Re di Roma. Il Corso, unico nel suo genere in Italia, si rivolge a chi possiede una laurea magistrale in Psicologia e a laureati in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Psichiatria, Psicologia Clinica, Psicoterapia, Neuropsichiatria infantile. L’esperto in psicodiagnosi proiettiva può intervenire, quando è richiesta una valutazione psicodiagnostica di minori e adulti in ambito terapeutico, psichiatrico, forense. (R.G.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 193