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Sommario del 11/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Riforma del sistema penale vaticano: Motu Proprio di Papa Francesco
  • Il prof. Dalla Torre presenta in conferenza stampa le nuove leggi penali vaticane
  • Il Papa e la sequela di Cristo, strada di servizio lontana dal fascino del provvisorio
  • Il Papa nomina mons. Leo Boccardi nunzio in Iran
  • Giornata del turismo. Il dicastero dei Migranti: usare l'acqua in modo responsabile
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Ritrovato decapitato cristiano nel Sinai. Il vescovo di Giza: estremisti recuperino la ragione
  • Iraq: attacchi armati e camion bomba in tutto il Paese
  • Crisi economica: segnali di lenta ripresa in Europa e Stati Uniti
  • Giornata Onu sulla popolazione: adolescenti, in aumento gravidanze e matrimoni precoci
  • Settimana Sociale dei Cattolici. Mons. Miglio: non annebbiare il concetto di famiglia
  • Boom di connessioni alla webcam che permette di vedere la tomba di San Francesco di Assisi
  • Sorrisi in orbita. I piccoli pazienti del Bambin Gesù a Parmitano: li ha visti gli alieni?
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Genocidio di Srebrenica. Il Consiglio d'Europa: fare giustizia e guardare avanti
  • Siria: ad Aleppo blocco imposto dai ribelli. E' rischio carestia
  • Somalia: in decine di migliaia ritornano nei loro villaggi
  • Centrafrica. La Chiesa: a rilento le operazioni di disarmo dei ribelli
  • Iraq: auguri di pace del patriarca Sako ai musulmani per il Ramadan
  • Il Paraguay al centro del vertice del Mercosur
  • Messico: la Chiesa denuncia la lentezza del governo contro la criminalità
  • Honduras: ancora violenza. Lutto nazionale per l’omicidio di un noto giornalista
  • Sotto la lente dell’Onu la tolleranza religiosa in Indonesia
  • Irlanda. I vescovi: il bambino non ancora nato è già vita
  • Francia: i vescovi chiedono l’apertura di un dibattito pubblico sugli embrioni umani
  • Australia: è disoccupazione record ma il Paese non è in recessione
  • Barcellona: mille palloncini dei bambini dell'Unitalsi per chiedere la pace nel mondo
  • Il nome di fra Pawel Bielecki sul muro della tolleranza di Montgomery
  • Il Papa e la Santa Sede



    Riforma del sistema penale vaticano: Motu Proprio di Papa Francesco

    ◊   E’ stata pubblicata oggi la Lettera Apostolica del Papa, in forma di Motu Proprio, sulle nuove leggi in materia penale e di sanzioni amministrative per lo Stato della Città del Vaticano e la Santa Sede. Ce ne parla Sergio Centofanti:

    “Ai nostri tempi – scrive Papa Francesco - il bene comune è sempre più minacciato dalla criminalità transnazionale e organizzata, dall’uso improprio del mercato e dell’economia, nonché dal terrorismo. È quindi necessario che la comunità internazionale adotti idonei strumenti giuridici” che “permettano di prevenire e contrastare la criminalità, favorendo la cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale”. Per questo, volendo ribadire “l’impegno della Sede Apostolica a cooperare con questi fini”, sono state introdotte alcune modifiche nel campo della legislazione penale vaticana, in continuità con le azioni intraprese a partire dal 2010 durante il pontificato di Benedetto XVI.

    Il Motu Proprio, innanzitutto – spiega un comunicato della Sala Stampa vaticana – ha lo scopo di estendere (dal 1° settembre) l’applicazione delle leggi penali approvate in data odierna dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano anche all’ambito della Santa Sede: cioè ai membri, gli officiali e i dipendenti dei vari organismi della Curia Romana, delle Istituzioni ad essa collegate, degli enti dipendenti dalla Santa Sede e delle persone giuridiche canoniche, nonché ai legati pontifici ed al personale di ruolo diplomatico della Santa Sede. Tale estensione ha lo scopo di rendere perseguibili da parte degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano i reati previsti in queste leggi anche nel caso in cui il fatto fosse commesso al di fuori dei confini dello Stato stesso.

    Le stesse leggi hanno contenuti anche più ampi, provvedendo all’attuazione di molteplici Convenzioni internazionali, tra le quali si ricordano: le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 contro i crimini di guerra; la Convenzione internazionale del 1965 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale; la Convenzione del 1984 contro la tortura ed altre pene, o trattamenti crudeli, inumani o degradanti; la Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo ed i suoi Protocolli facoltativi del 2000.

    In questo ambito – prosegue il comunicato - si segnala l’avvenuta introduzione del delitto di tortura e l’ampia definizione della categoria dei delitti contro i minori (tra i quali la vendita, la prostituzione, l’arruolamento e la violenza sessuale in loro danno; la pedopornografia; la detenzione di materiale pedopornografico; gli atti sessuali con minori).

    Sono state introdotte anche figure criminose relative ai delitti contro l’umanità, cui è stato dedicato un titolo a parte: si sono previste, tra l’altro, la specifica punizione di delitti come il genocidio e l’apartheid, sulla falsariga delle disposizioni dello Statuto della Corte penale internazionale del 1998; anche il titolo dei delitti contro la pubblica amministrazione è stato rivisto, in relazione alla Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione. Dal punto di vista sanzionatorio, inoltre, si è deciso di abolire la pena dell’ergastolo, sostituendola con la pena della reclusione da 30 a 35 anni.

    In linea con gli orientamenti più recenti in sede internazionale si è anche introdotto un sistema sanzionatorio a carico delle persone giuridiche, per tutti i casi in cui esse profittino di attività criminose commesse dai loro organi o dipendenti, stabilendo una loro responsabilità diretta con sanzioni interdittive e pecuniarie. Poi, sono stati introdotti i principi generali del giusto processo entro un termine ragionevole e della presunzione di innocenza dell’imputato, e sono stati potenziati i poteri cautelari a disposizione dell’Autorità giudiziaria (con l’aggiornamento della disciplina della confisca, potenziata dall’introduzione della misura del blocco preventivo dei beni).

    Un settore molto importante della riforma – sottolinea il comunicato della Sala Stampa vaticana - concerne la riformulazione della normativa relativa alla cooperazione giudiziaria internazionale, con l’adozione delle misure di cooperazione adeguate alle più recenti convenzioni internazionali. D’altra parte, la legge in materia di sanzioni amministrative ha carattere di normativa generale, al servizio di discipline particolari che, nelle diverse materie, prevedranno sanzioni finalizzate a favorire l’efficacia ed il rispetto di norme poste a tutela di interessi pubblici. Questi interventi normativi – conclude il comunicato - si collocano nella direzione di un aggiornamento volto a dare maggiore sistematicità e completezza al sistema normativo vaticano.

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    Il prof. Dalla Torre presenta in conferenza stampa le nuove leggi penali vaticane

    ◊   Le nuove leggi in materia penale e di sanzioni amministrative per lo Stato della Città del Vaticano e la Santa Sede non sono la risposta a Moneyval, il gruppo di lavoro del Consiglio d'Europa che si occupa di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale. E’ quanto emerso oggi alla presentazione delle nuove norme in Sala Stampa vaticana. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Sono in preparazione altre leggi per rispondere alle questioni sollevate da Moneyval ma le norme presentate oggi non sono dunque “la risposta” a tali sollecitazioni. Così il prof. Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato Città del Vaticano:

    “Una delle ragioni sono state le osservazioni di Moneyval. Però non tutte le osservazioni di Moneyval riguardano la materia penale: hanno avuto ad oggetto anche altri aspetti della struttura amministrativa, del funzionamento ... Quindi questo è soltanto un intervento nella materia penale. Io penso che subito dopo l’estate, ci saranno degli interventi di nuovo in materia evidentemente non penale, relativi sempre all’attività finanziaria, all’antiriciclaggio, alla lotta al terrorismo e quant’altro”.

    Spiegando le leggi che entreranno in vigore il primo settembre, il professor Dalla Torre ha ribadito che si è voluto “mettere mano” ad alcuni interventi specifici nella direzione dell’integrazione o del rimodellamento delle norme già esistenti. Ad esempio il delitto di divulgazione di documenti riservati è stato ulteriormente precisato:

    “E’ nuovo nella formulazione e nel contenuto. Certo, questo fatto poteva essere ricondotto nel sistema del Codice ad altre fattispecie. Mi pare che si sia voluta dare una configurazione più precisa, più puntuale”.

    Il prof. Dalla Torre ha anche affermato che il processo all’ex assistente di camera di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, potrebbe aver pesato in qualche modo ma non ha inciso in maniera determinate sull’articolo di legge. Ai giornalisti ha poi specificato anche i dettagli:

    “Chiunque si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni o con la multa da euro 1.000, o da euro 5.000. Se la condotta ha avuto ad oggetto notizie o documenti concernenti gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede, dello Stato, si applica la pena della reclusione da 4 a 8 anni. Se il fatto, di cui al comma precedente, è commesso per colpa, si applica la pena della reclusione da 6 mesi a 2 anni”.

    Infine una precisazione è giunta anche sulla definizione dei delitti contro i minori introdotti in attuazione della Convenzione a tutela del fanciullo:

    “Erano reati, come in tutti gli ordinamenti, di carattere più generale. Qui è molto più preciso. C’è la pedopornografia, per esempio. E’ chiaro che nel codice del 1889 questo non c’è. Ma se andiamo a prendere il codice italiano troveremo gli stessi dati con scritto bis, bis, ter, quater, perché sono tutti reati, fattispecie più precise, che nascono in attuazione della Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo e dei protocolli aggiuntivi. Quindi non è che non ci fosse”.

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    Il Papa e la sequela di Cristo, strada di servizio lontana dal fascino del provvisorio

    ◊   La Chiesa celebra oggi la festa liturgica di San Benedetto abate, patrono d’Europa, e il Vangelo presenta il brano in cui gli Apostoli domandano a Gesù cosa avranno in cambio per averlo seguito. Entrambi gli aspetti richiamano alla memoria alcune recenti riflessioni di Papa Francesco sul valore della sequela di Cristo e della preghiera. Alessandro De Carolis le ricorda in questo servizio:

    “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?”. La domanda che Pietro rivolge a Gesù nel Vangelo di oggi non ha data di scadenza. Ogni generazione della Chiesa la ripete al suo Capo, per sentirsi ogni volta offrire da Lui la misura di un contraccambio senza misura: “Cento volte tanto” oggi e l’eredità della “vita eterna” domani. Una richiesta netta e una offerta limpida. Eppure, ha rilevato Papa Francesco, un problema nasce quando, nel decidere di seguire Gesù, il “contraente” più fragile, l’uomo, comincia a fare calcoli di interesse e lucro invece di mettere sul piatto una sola moneta, quella della magnanimità, della larghezza di cuore, sull’esempio di Gesù, il Contraente forte. Una tentazione, ammette il Papa, che affligge un po’ tutti i cristiani:

    “Seguire Gesù come una forma culturale (…) Se si segue Gesù come una proposta culturale, si usa questa strada per andare più in alto, per avere più potere. E la storia della Chiesa è piena di questo, cominciando da alcuni imperatori e poi tanti governanti e tante persone, no? E anche alcuni - non voglio dire tanti ma alcuni - preti, alcuni vescovi, no? Alcuni dicono che sono tanti… ma alcuni che pensano che seguire Gesù è fare carriera”.

    Sgomberato il campo da ciò inquina il rapporto tra chi chiede e chi offre, Papa Francesco mostra un altro guadagno che va ad arricchire colui o colei che ha scelto la sequela di Cristo, qualsiasi sia la sua vocazione: chi crede non lo fa da solo, ma in una casa e in una comunità grandi quanto il mondo, la Chiesa. E la Chiesa, afferma, è la “Madre che ci dà l’identità”:

    “L’identità cristiana è l’appartenenza alla Chiesa (...) perché, trovare Gesù fuori della Chiesa non è possibile (...) E quella Chiesa Madre che ci dà Gesù ci dà l’identità che non è soltanto un sigillo: è un’appartenenza. Identità significa appartenenza”.

    E l’appartenenza non può essere che forte, se si considera che l’identità cristiana è stata acquistata a prezzo del sangue, dal Calvario di duemila anni fa ai Golgota sui quali muoiono i cristiani di oggi. Ma anche qui, Papa Francesco mette in guardia. Seguire Gesù fino al centuplo e alla vita eterna è una scelta definitiva che stride con quel “fascino del provvisorio” che spesso seduce anche l’uomo di fede, che al salto verso un impegno definitivo preferisce mille passettini che girano in tondo:

    “Ho sentito di uno che voleva diventare prete, ma per dieci anni, non di più… Quante coppie, quante coppie si sposano, senza dirlo, ma nel cuore: ‘fin che dura l’amore e poi vediamo…’ Il fascino del provvisorio: questa è una ricchezza (...) Io penso a tanti, tanti uomini e donne che hanno lasciato la propria terra per andare come missionari per tutta la vita: quello è il definitivo!”.

    All’ambiguo fascino del provvisorio, Papa Francesco ha sempre opposto una schietta direzione di marcia, quella che punta verso le “periferie dell’esistenza”. E per uscire e avviarsi in quella direzione – che è poi seguire Cristo sullo stile di San Benedetto e del suo “ora et labora” – bisogna prima uscire dall’angolo in ombra del cuore grazie alla luce dalla preghiera. Quella che funge da “navigatore” e conferma che non si è “cristiani da salotto”, con le facce tristi “da peperoncini all’aceto”, ma uomini e donne che prima in ginocchio e poi in azione sono in cammino verso la promessa del centuplo e della vita eterna:

    “La preghiera verso il Padre in nome di Gesù ci fa uscire da noi stessi; la preghiera che ci annoia è sempre dentro noi stessi, come un pensiero che va e viene (…) Se noi non riusciamo ad uscire da noi stessi verso il fratello bisognoso, verso il malato, l’ignorante, il povero, lo sfruttato, se noi non riusciamo a fare questa uscita da noi stessi verso quelle piaghe, non impareremo mai la libertà che ci porta nell’altra uscita da noi stessi, verso le piaghe di Gesù. Ci sono due uscite da noi stessi: una verso le piaghe di Gesù, l’altra verso le piaghe dei nostri fratelli e sorelle. E questa è la strada che Gesù vuole nella nostra preghiera”.

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    Il Papa nomina mons. Leo Boccardi nunzio in Iran

    ◊   Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Iran l’arcivescovo Leo Boccardi, finora nunzio apostolico in Sudan e in Eritrea.

    In Paraguay, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Concepción, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Zacarías Ortiz Rolón, della Congregazione dei Salesiani,e al suo posto ha nominato il sacerdote Miguel Ángel Cabello Almada, del clero della diocesi di Caacupé, finora direttore spirituale del Seminario Propedeutico Nazionale in Caacupé. Mons. Cabello Almada è nato a Piribebuy, diocesi di Caacupé (Paraguay), il 4 settembre 1965. Compì gli studi di Filosofia presso il Seminario Maggiore Nazionale in Asunción e quelli di Teologia presso l’Istituto Superiore di Teologia dell’Università Cattolica “Nuestra Señora de la Asunción”. Ottenne la Licenza in Scienza Pastorale presso l’Università Cattolica in Asunción, e la Licenza e il Dottorato in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. È stato ordinato sacerdote il 15 settembre 1991, per la diocesi di Caacupé. Ha svolto i seguenti incarichi pastorali: Responsabile della Parrocchia Santuario “Dulce Nombre de Jesús” in Piribebuy, Formatore del Seminario Propedeutico Nazionale di Villarrica, Vicario diocesano per la pastorale, Assessore della pastorale vocazionale diocesana, Vicario della Parrocchia di Tobatí, Professore nell’Istituto Superiore di Teologia in Asunción, Vicario della Parrocchia “Primero de marzo” in Caacupé e, dal 2009, Direttore Spirituale del Seminario Propedeutico Nazionale in Caacupé.

    In Slovacchia, il Pontefice ha nominato arcivescovo di Trnava mons. Ján Orosch, finora vescovo titolare di Semina e amministratore apostolico sede vacante della medesima sede». Mons. Orosch è nato il 28 maggio 1953 a Bratislava. Si è preparato al sacerdozio nel Seminario Maggiore dell’arcidiocesi di Bratislava-Trnava, dove ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 6 giugno 1976. È stato Vicario parrocchiale a Komnarno (1976-1978). Negli anni 1978-1990 è stato Amministratore delle Parrocchie a Bušince, Okoč, Hodruša-Hámre ed a Vyškovce nad Ipl’om. Successivamente è stato Parroco di Nové Zámky, Bratislava-Prievoz, Čuňovo e di Šturovo. Il 2 aprile 2004 è stato eletto Vescovo Ausiliare di Bratislava-Trnava, il 2 maggio 2004 ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Nel 2008, alla creazione dell’arcidiocesi di Trnava, è stato destinato Ausiliare a quella sede. Il 2 luglio 2012 è stato nominato Amministratore Apostolico sede vacante di Trnava.

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    Giornata del turismo. Il dicastero dei Migranti: usare l'acqua in modo responsabile

    ◊   “Turismo e acqua: proteggere il nostro comune futuro”. È questo il tema il Giornata mondiale del Turismo, che ricorre il 27 settembre. In vista di questo appuntamento, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha diffuso un messaggio in cui si invita il turismo a un uso responsabile ed etico dell’acqua e del Creato in generale. Il servizio di Isabella Piro:

    “Senza acqua, non c’è vita”: parte da questa costatazione il messaggio del Pontificio Consiglio Migranti e Itineranti per la Giornata mondiale del Turismo, a firma del presidente e del segretario, il cardinale Antonio Maria Vegliò e il vescovo Joseph Kalatathiparambil. Dati alla mano, il dicastero vaticano ricorda che nel 2012 è stato superato il traguardo di un miliardo di turisti internazionali, mentre nel mondo una persona su tre vive in un Paese a scarsità d’acqua ed è possibile che nel 2030 la carenza colpisca quasi la metà della popolazione mondiale. Non solo: circa un miliardo di persone al mondo non ha accesso all’acqua potabile. Indissolubile, quindi, il legame tra un turismo “ecologico, rispettoso e sostenibile” e la tutela sia delle fonti idriche che di tutto il Creato.

    “Il turismo – si legge nel messaggio – sarà un vero vantaggio nella misura in cui riuscirà a gestire le risorse secondo criteri di ‘green economy’, un’economia il cui impatto ambientale si mantenga entro limiti accettabili”. Di qui, l’invito a guardare con attenzione al “principio della destinazione universale dei beni della terra, che è un diritto naturale, originario”. Anche perché, continua il messaggio, il Creato è un “dono di Dio” e “il Creatore ci invita a custodirlo, consapevoli di essere amministratori, e non padroni” di tale dono. Altro punto messo in evidenza dal Dicastero vaticano è il legame tra acqua e liturgia, che ci ricorda “la storia dell’amore di Dio per l’umanità”. Dalla Veglia pasquale al rito del Battesimo, dai racconti biblici del diluvio universale e del passaggio del Mar Rosso all’episodio evangelico della lavanda dei piedi – si legge nel messaggio – “l’acqua ci parla di vita, di purificazione, di rigenerazione e di trascendenza”. Gesù, inoltre, si presente come “sorgente di acqua viva”, “Colui che placa la sete”, dove la sete sono “gli aneliti più profondi del cuore umano, la sua ricerca di un’autentica felicità oltre se stesso”.

    Quindi, il Pontificio Consiglio richiama “tutti coloro che sono coinvolti nel settore del turismo” ad una “forte responsabilità nella gestione dell’acqua”, affinché tale settore sia “effettivamente fonte di ricchezza a livello sociale, ecologico, culturale ed economico”, evitando così che “i danni causati” dalla “cattiva gestione” delle risorse naturali gravino sulle generazioni future. Per questo, politici, imprenditori e turisti stessi sono esortati ad un “cambiamento di mentalità che porti ad adottare uno stile di vita diverso, caratterizzato dalla sobrietà e dall’autodisciplina”, perché il turista possa giungere alla convinzione “che non tutto è permesso”, anche se ciascuno se ne può “assumere l’onere economico”. Infine, il Pontificio Consiglio ricorda che la custodia del Creato è “un tema importante per Papa Francesco”, che lo ha evidenziato in diverse occasioni, sin dalla Messa di inizio pontificato, il 19 marzo scorso.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lettera apostolica di Papa Francesco, in forma di Motu proprio, sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in materia penale, con un contributo dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Un futuro da proteggere: messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti per la giornata mondiale del turismo 2013.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, l'Egitto: Obama rivede gli aiuti al Cairo.

    Il Corano parola per parola: Rossella Fabiani sulla traduzione, in latino e castigliano, fatta a metà del Quattrocento dal teologo Juan de Segovia.

    In cerca di una città affidabile: Stefano Semplici, presidente del Comitato internazionale di bioetica dell'Unesco, riflette su cosa ci ha ricordato la visita del Papa a Lampedusa.

    Non di sola rete: Cristian Martini Grimaldi su privacy, internet e luoghi comuni.

    Un articolo di Marco Agostini dal titolo "Chi ama Dio diventa bello": la "Messa di san Basilio" di Pierre Subleyras nella storia artistica della basilica di San Pietro.

    Dialogo tra scienza ed etica: i vescovi francesi chiedono un dibattito più approfondito in tema di ricerca sull'embrione.

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    Oggi in Primo Piano



    Ritrovato decapitato cristiano nel Sinai. Il vescovo di Giza: estremisti recuperino la ragione

    ◊   In Egitto resta alta la tensione. Nel Sinai è stato ritrovato decapitato un cristiano copto rapito nei giorni scorsi da uomini armati. Il cadavere è stato rinvenuto con mani e piedi legati nella zona di Sheikh Zuwayed. Secondo fonti dei servizi di sicurezza, l'uomo era stato rapito sabato scorso, lo stesso giorno in cui era stato assassinato anche un prete copto. Intanto, il neo-premier egiziano, Beblawi, non esclude la presenza di rappresentanti dei Fratelli musulmani nel nuovo governo. “Se qualcuno, qualificato, verrà proposto dal Partito della libertà e Giustizia (Plj) - ha detto - potrà essere considerato”. Ieri i Fratelli musulmani hanno ribadito che non intendono partecipare al nuovo governo per il quale i negoziati sono in corso. Intanto è vigente la Costituzione temporanea varata per decreto dal presidente ad interim Mansour. E a questo proposito la Chiesa copta ortodossa ha istituito una commissione di giuristi e politici cristiani per stendere un memorandum di osservazione critiche. Della decisione di adottare una Costituzione temporanea e delle prospettive politiche Fausta Speranza ha parlato con mons. Antonious Aziz Mina, vescovo di Giza:

    R. – L’annuncio non doveva essere fatto in questo modo unilaterale. Il nuovo presidente non doveva essere annunciato senza sentire nessuna forza politica. Questa è la prima cosa. In questo modo di agire si ritorna a come eravamo prima. Ora viviamo in un mondo democratico e bisogna consultare gli altri, prima di emanare qualcosa, soprattutto la Costituzione. Una legge si cambia facilmente, ma la Costituzione no. Però bisogna poi anche saper lasciare perdere queste critiche: se il volere che sta dietro è un buon volere, per costruire, uno può lasciar perdere, cioè se c’è l’intenzione buona di arrivare a mettere la prima pietra e fare il primo passo verso un certo cammino. Questa Costituzione non rimane: è una Costituzione per la fase di transizione.

    D. – Quali possono essere le sue raccomandazioni, pensando ad un testo costituzionale che debba rimanere per il Paese?

    R. – Si deve pensare ad uno Stato libero, ad uno Stato moderno, che abbracci i principi di una vita democratica libera; che ognuno possa trovare in questo Paese il suo posto in cui vivere e la sua libertà di coscienza di credere nella religione che vuole e di poter esercitare questa religione come sente di fare. E poi la libertà di opinione e una vita degna per ciascuno. Sono i diritti di tutti gli uomini e non soltanto del cristiano, del copto: sono i diritti di ogni egiziano sulla terra in cui vuole e deve vivere.

    D. – In questi giorni la stampa internazionale ha parlato prima di colpo di Stato, poi di recupero del senso profondo della rivoluzione. Di fatto è una fase di transizione e chiaramente abbastanza difficile per l’Egitto. Lei come definisce quello che sta accadendo?

    R. – Non può essere un colpo di Stato, perché il colpo di Stato è una rivoluzione o un piano dell’esercito per colpire il sistema vigente e prendere il suo posto. Questo non è accaduto, perché il popolo, il 25 gennaio 2011, è sceso in piazza per chiedere una vita libera e un Paese moderno. Non è stato esaudito, però. Gli islamisti si sono appropriati della rivoluzione, impossessandosi di tutto e mettendo i loro uomini ovunque. La democrazia per loro è stata una scala per arrivare al governo, ma poi hanno buttato questa scala. Dicevano che sarebbe rimasta per sempre, ma facevano altro. E noi abbiamo visto: nessuna promessa è stata mantenuta. Nella stessa settimana in cui il presidente Morsi ha giurato sulla Costituzione, ha compiuto il primo atto contro la Costituzione. Subito, dopo neanche una settimana!

    D. – Quindi, adesso, c’è stato un recupero del percorso che l’Egitto stava facendo. In questo percorso, adesso, la tappa di formare un governo di coalizione è molto importante. Che dire dei negoziati di questi giorni?

    R. – Io li vedo bene, perché vedo che tutti vogliono cooperare tranne i Fratelli Musulmani. Anche i salafiti cooperano, perché vedono che non c’è altra via se non cooperare. Tutti quelli che vivono in terra d’Egitto devono ascoltarsi l’un l’altro, per poter andare avanti.

    D. – A questo proposito, che ci dice del sentire della gente intorno a lei?

    R. – Adesso almeno sono calmi, sono tranquilli, pregano e sperano che possano ritrovare la ragione quelli che non vogliono vie di pace, che non ragionano più. Non so. E’ gente che ha subito un lavaggio del cervello completo. Noi vogliamo che questa gente possa vedere la realtà, possa sapere cosa succede e possa meditare sugli eventi degli ultimi anni e sapere che non si può vivere così rischiando violenze.

    D. – E’, dunque, un momento di grande speranza?

    R. – Certo!

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    Iraq: attacchi armati e camion bomba in tutto il Paese

    ◊   Nuova fiammata di violenze in Iraq. Quattordici soldati sono stati uccisi nella provincia nord-occidentale di Anbar in un assalto ad un posto di blocco, nelle ore di digiuno del Ramadan. Sempre nel nord, in un area di etnia turcomanna, almeno cinque persone sono morte a causa dell’esplosione di un camion bomba. Prosegue dunque l’escalation di violenze che, dallo scorso aprile, ha causato più di 2000 vittime, e di fronte alla quale l’Onu parla di rischio di guerra civile per le divisioni settarie. Marco Guerra ne ha parlato con Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo:

    R. – Purtroppo alla caduta di regimi dittatoriali, come quello di Saddam Hussein - ma pensiamo anche a quello di Gheddafi, pensiamo alla situazione in Siria, con la vicenda di Assad e la rivolta armata che è in corso - non si contrappone una società civile organizzata come noi la possiamo immaginare in Occidente. Ci sono situazioni molto complesse: ci sono gruppi con spinte diverse, con interessi diversi che facilmente hanno a disposizione armi e quant’altro, e di fatto si vanno realizzando situazioni di grande instabilità. L’ultima in ordine di tempo è anche la vicenda egiziana: si è più volte detto che non si può esportare la democrazia con le armi, perché in realtà il processo democratico è un processo lungo, che avviene attraverso non decenni, ma forse anche secoli…

    D. – L’Onu parla di un rischio di guerra civile: siamo davvero a questo punto?

    R. - Indubbiamente gli scontri ci sono, si stanno incrementando e di fronte all’instabilità governativa, questo evidentemente tende ad aumentare le probabilità di una guerra civile. Teniamo presente, ad esempio, che l’area curda si è di fatto autoamministrata e ha di fatto un’autonomia rispetto al resto del Paese; teniamo presente che ci sono spinte di contrasto molto violente tra sciiti e sunniti. Questo evidentemente non fa altro che peggiorare una situazione d’instabilità conseguente alla guerra e all’occupazione militare successiva. Nel momento in cui i vari attori reclamano o una supremazia o una totale autonomia o quant’altro, evidentemente questo comporta delle spinte ad un confronto di tipo armato, di tipo violento.

    D. - Forse bisognava proseguire su un percorso di assistenza, anche militare?

    R. – Non si può tenere occupato militarmente un Paese all’infinito, anche perché le forze che in un primo momento possono essere percepite di liberazione, non sono più di liberazione, ma diventano di occupazione. E questo evidentemente è un problema sia per il Paese che subisce, sia anche per i Paesi che inviano queste forze armate. Se andiamo a vedere poi i risultati di queste missioni – proprio quelle più agguerrite di “peace and forcing” – sono quelle che hanno dato maggiori problemi e minori risultati.

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    Crisi economica: segnali di lenta ripresa in Europa e Stati Uniti

    ◊   La crisi continua a frenare la crescita in Europa. La Bce, infatti, nel suo bollettino mensile prevede un recupero dell'economia nel corso del 2013, ma a ritmo moderato, e ribadisce che la politica accomodante sosterrà la ripresa nei prossimi mesi. Inoltre, nota che i rischi per le prospettive economiche dell'area dell'euro continuano a essere orientati al ribasso. Sul fronte statunitense, invece, la Federal Reserve esprime ottimismo per le previsioni economiche americane, che però necessita di stimoli. Così, il presidente della Fed Bernanke ieri in un discorso dedicato ai primi 100 anni della banca centrale. Lavoro, inflazione e stabilità i punti fermi su cui lavorare. Salvatore Sabatino ha chiesto all’economista Angelo Baglioni un'analisi sulle parole di Bernanke:

    R. – Sostanzialmente, mi sembra che le parole di Bernanke rivelino una certa preoccupazione di fronte al fatto che i mercati avevano reagito molto negativamente in precedenza, quando aveva annunciato l’avvio futuro - verso la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo - di una “exit strategy” dalle misure ultra espansive di politica monetaria. Questo ha avuto un effetto molto pesante sui mercati con un aumento, per esempio, dei tassi di interesse sui titoli pubblici americani, anche nell’ordine dell’1%. Quindi, di fronte a questo, evidentemente c’è stata quasi una correzione di rotta di Bernanke che ha voluto tranquillizzare un po’ i mercati.

    D. – Ha detto però anche che negli Stati Uniti la disoccupazione è ancora troppo alta e l’inflazione troppo bassa, e che questo rende ancora necessaria una politica monetaria estremamente accomodante. Che cosa vuole dire questo?

    R. – Vuol dire sostanzialmente che – posto che la congiuntura americana è ancora debole, per quanto sempre più forte di quella europea – comunque la disoccupazione è ancora piuttosto elevata. È in corso una ripresa dell’economia reale, del mercato anche immobiliare, ma che evidentemente viene giudicata dalla stessa Fed ancora piuttosto fragile e quindi non deve essere “strozzata” da una politica monetaria che cambi rotta troppo rapidamente.

    D. – Intanto, in Europa la Bce nel suo bollettino mensile sottolinea che complessivamente nell’area dell’euro l’attività dovrebbe stabilizzarsi e recuperare nel corso dell’anno, seppure a un ritmo moderato. La crisi continua a “mordere” nel Vecchio continente…

    R. – Sì. Purtroppo i segnali di ripresa sono molto deboli. C’è questo ritornello della ripresa collocata verso fine anno, inizio del prossimo, dove però le basi per questa ripresa sono molto fragili. Si basano fondamentalmente sulla speranza che siano altri Paesi, a incominciare proprio dagli Stati Uniti a trainare un po’ la ripresa. L’Europa di suo si trova in una situazione ancora di recessione, pur con forti differenze tra un Paese e l’altro.

    D. – Le due sponde dell’Atlantico vedono, dunque, la ripresa con fatica - chi più, chi meno - ma continuano a lavorare su questo accordo di libero scambio. Potrebbe essere questa la chiave di volta per lasciarsi alle spalle la crisi sia negli Stati Uniti che in Europa?

    R. – Purtroppo, io non credo che questo accordo – che, per carità, è benvenuto – possa avere effetti nel breve periodo. Primo, ci vorrà molto tempo per raggiungere l’accordo e poi sono accordi che a loro volta entrano in vigore con un certo periodo di tempo, non certo in tempi rapidi e danno i loro effetti nel lungo periodo. Quindi, direi che nel breve periodo quello che si può fare di più sono, fondamentalmente, politiche di sostegno della domanda. Gli Stati Uniti stanno cercando di fare questo con una politica monetaria che ancora resterà molto espansiva per parecchio tempo. L’Europa, da parte sua, dovrebbe probabilmente fare di più nel senso che alcuni Paesi, a cominciare dalla Germania, che hanno una situazione di conti pubblici in ordine, dovrebbero fare una politica fiscale più espansiva in modo da generare una maggiore ripresa e fare un po’ da traino per gli altri Paesi.

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    Giornata Onu sulla popolazione: adolescenti, in aumento gravidanze e matrimoni precoci

    ◊   Matrimoni e gravidanze precoci in aumento nel mondo, con gravi rischi per la salute fisica e psichica delle giovanissime mamme e dei nascituri. Nell’odierna Giornata mondiale della popolazione, l’Onu chiede maggiore tutela per le giovani adolescenti, vittime sovente di violazioni dei loro diritti, discriminazioni di genere, coercizioni sessuali, mancanza di assistenza medica. Roberta Gisotti ha intervistato Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia:

    Se “dedichiamo – scrive il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon – attenzione e risorse all’educazione, alla salute e al benessere delle adolescenti, queste diventeranno una più grande forza per un cambiamento positivo nella società che avrà un impatto per le generazioni future”. Sono 16 milioni le ragazze sotto i 18 anni che ogni anno partoriscono, mentre altri 3 milioni e 200 mila subiscono aborti clandestini. Al 90%, queste giovani nei Paesi in via di sviluppo sono già sposate. Andrea Iacomini quali strategie per arginare questo fenomeno che di fatto nega l’adolescenza a decine di milioni ragazze?

    R. – Il matrimonio precoce per l’Unicef è una violazione dei diritti umani fondamentali ed è un problema che influenza tutti gli aspetti della vita di una ragazza: nega l’infanzia, compromette l’istruzione limitando le sue potenzialità e mette anche in pericolo la sua salute, oltre ad aumentare il rischio di essere vittima di violenze ed abusi. È per questo che da sempre l’Unicef, assieme alle sue organizzazioni partner, sostiene che l’istruzione sia la migliore strategia per proteggere queste bambine dai matrimoni precoci, così come anche dal lavoro minorile e altre forme di violenze ed abuso. Non dimentichiamo che un fattore fondamentale che spinge poi le famiglie a dare in sposa le figlie è la povertà alla quale spesso concorrono tradizioni culturali, consuetudini o la convinzione che le bambine si debbano sposare a raggiungimento della pubertà, spesso addirittura con mariti che hanno anche il doppio della loro età. Nel mondo, circa 70 milioni di donne, esclusa la Cina, tra i 20 ed i 24 anni si sono sposate o hanno iniziato a convivere prima dei 18 anni. Il tasso più alto di matrimoni precoci si registra in Asia Meridionale ed in Africa subsahariana. Oggi, l’Onu lancia un messaggio molto importante: quello di una grande battaglia culturale, puntano moltissimo sull’istruzione proprio per dare a queste giovani, a queste ragazze la possibilità di comprendere a pieno quali sono le loro potenzialità. Lo ha detto molto bene Ban Ki-Moon: “Il futuro è nelle loro mani e dobbiamo contribuire anche noi a consegnarglielo”.

    D. – Proprio in questi giorni viene rilanciata dalla Giordania la denuncia che molti rifugiati siriani sono indotti a far sposare le loro figlie in tenera età. Voi avete notizia di questo grave fatto?

    R. – Sì, lo abbiamo denunciato già nei mesi scorsi e ho piacere a ribadirlo oggi, perché ci sono evidenze di famiglie disperate – perché ormai quando si parla di Siria non si può che parlare di disperazione – che decidono di vendere purtroppo le proprie figlie a ricchi personaggi del mondo arabo. Si parla addirittura di compensi che vanno dai mille ai tremila dollari. Questi, purtroppo, sono i risultati di una situazione catastrofica che come sappiamo ha fatto quasi un milione e 700 rifugiati e che coinvolge soprattutto i bambini e le ragazze, vittime di violenze e abusi. Quindi, non posso che confermare questo dato: abbiamo anche noi evidenze di situazioni di questo tipo, anzi più volte l’Unicef ha invitato le parti a lasciar stare, a non coinvolgere in queste pratiche giovani bambine e bambini che purtroppo, con questa guerra in Siria, stanno subendo traumi incredibili e sono parte di un conflitto che non hanno voluto.

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    Settimana Sociale dei Cattolici. Mons. Miglio: non annebbiare il concetto di famiglia

    ◊   Trarre dalla prossima Settimana Sociale le motivazioni per “un futuro di servizio nelle istituzioni”. Con questo intento è stato presentato a Montecitorio il Documento preparatorio alla Quarantasettesima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani sul tema “La Famiglia, speranza e futuro per la Società italiana”, che si svolgerà a Torino dal 12 al 15 settembre. All’incontro era presente anche una rappresentanza bipartisan dei parlamentari che è stata invitata a partecipare all’evento. Ascoltiamo l’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, al microfono di Marina Tomarro

    R. - Sappiamo bene che molti aspetti legati al tema “famiglia” susciteranno un dibattito e delle vere e proprie sfide. L’invito che ci fa Papa Francesco è che il cristiano non sia arrogante: sia uno che porta le ragioni delle posizioni che sostiene. Mi pare uno spunto, che riprende tra l’altro quanto già diceva Benedetto XVI, nella Deus caritas est: siamo chiamati a far capire le ragioni della nostra difesa della famiglia; siamo chiamati ad aiutare la società a ragionare sugli esiti di certe politiche familiari oppure di altre. Pensiamo al problema demografico, al problema dei figli, dei diritti dei figli, e non solo di quelli dei genitori; pensiamo a tutta la problematica dei diritti in difesa della famiglia e di altri diritti. Vorremmo aiutare a capire che sono due cose totalmente diverse: non è annebbiando il concetto di famiglia che rafforziamo i diritti di qualsiasi altra persona o di qualsiasi altro tipo di rapporto. Il documento tocca anche questo aspetto. Le periferie: Papa Francesco ci sta richiamando alle periferie, ma è proprio in una vita familiare sana che ci si educa ad una scuola di solidarietà, ci si educa anche ad una capacità di gestione economica e, dunque, è attraverso la famiglia che ci si apre alla sensibilità delle povertà e delle periferie del mondo.

    D. - Ma quali sono oggi i bisogni e le richieste della famiglia, secondo lei?

    R. - Le richieste principali sono quelle di essere riconosciuta come soggetto primario della società; le richieste di poter essere una famiglia che possa decidere su come gestire le risorse. Una delle richieste fondamentali, ad esempio, è un tipo di welfare nei confronti della famiglia: il welfare deve intervenire solo quando la famiglia è in difficoltà oppure deve dare già alla famiglia delle possibilità, delle risorse perché possa scegliere in campo educativo, ma anche in tutti gli altri campi che riguardano la vita di famiglia. Quindi, una famiglia soggetto, una famiglia che non sia considerata una questione privata, perché invece è proprio dalla famiglia che viene generata la società.

    D. - Quest’anno anche i politici sono stati invitati a partecipare. Che cosa verrà loro richiesto?

    R. - Di accettare il confronto; verrà richiesto loro di provare a individuare temi di bene comune che vanno al di là delle appartenenze, che vanno al di là delle posizioni sia religiose sia politiche. Ci sono questioni che riguardano tutti: pensiamo all’ecologia ambientale, ma c’è anche l’ecologia umana, l’ecologia della famiglia. Sono questioni che superano ogni tipo di appartenenza.

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    Boom di connessioni alla webcam che permette di vedere la tomba di San Francesco di Assisi

    ◊   Sempre più persone si avvicinano anche “virtualmente” a San Francesco. In soli 3 mesi si contano infatti oltre 18 milioni di accessi alla webcam sul sito www.sanfrancesco.org che permette di vedere 24 ore su 24 la tomba del grande Santo di Assisi, situata nella cripta della Basilica inferiore. La notizia ha suscitato vasta eco sui mezzi di informazioni, basti pensare che alla tomba si sono collegate persone da 123 Paesi. Il servizio di Debora Donnini:

    A qualunque ora si può pregare davanti alla tomba di San Francesco, anche se non fisicamente ma via web. Una possibilità offerta dalla webcam posizionata nella cripta della Basilica inferiore e che ha riscosso un boom di consensi nel mondo. In testa l’Italia con oltre 8 milioni e mezzo di connessioni, poi gli Stati Uniti con più di 1 milione e mezzo. Più di 200mila dall’Argentina ma ci sono stati collegamenti perfino dagli Emirati Arabi, dal Bangladesh e dal Senegal. Lo stesso Papa Francesco il 2 maggio pubblicò sul sito www.sanfrancesco.org una preghiera: “O Francesco d'Assisi, intercedi per la pace dei nostri cuori”. Quanto ha influito proprio la scelta per la prima volta del nome Francesco da parte di un Papa? Ci risponde padre Enzo Fortunato, direttore del sito:

    “Credo sia stata determinante la figura di Papa Francesco per attualizzare e rendere presente con forza il messaggio di San Francesco. E’ evidente che San Francesco è amato, però questo Papa sta mostrando, con le sue scelte, la concretezza del messaggio francescano”.

    In soli 3 mesi si contano poi 16 mila ore di connessione e in media 3 accessi al secondo, tanto che la cripta di San Francesco è divenuta una sorta di social network dove si scambiano anche contenuti, come le migliaia di preghiere che arrivano ogni giorno. Cosa si chiede a San Francesco? Ancora padre Fortunato:

    “Si mettono al centro tre aspetti: la supplica per le croci della propria vita, affinché il Signore ci aiuti a portarle, la gratitudine per tutto quello che il Signore compie attraverso la figura di Francesco, e uno sguardo di amore e di protezione per i più piccoli. Sono, infatti, molti i papà e le mamme che affidano i loro bambini all’intercessione di Francesco”.

    Una volta inviate via internet, queste preghiere come vengono “portate” al Santo?

    “Le stampiamo tutte quante e, una volta alla settimana, le portiamo sulla tomba di San Francesco: le lasciamo lì e poi vengono archiviate. Tutta la comunità prega e affida a San Francesco le preghiere che ci arrivano attraverso la Rete”.

    San Francesco ha annunciato il Vangelo con tutti i mezzi a sua disposizione. “Aveva fatto di tutto il suo corpo una lingua”, racconta il suo primo biografo Tommaso da Celano. Ancora padre Fortunato:

    “San Francesco ha usato la sua vita come prima testimonianza, la sua voce come parola per raggiungere gli altri, e il suo inchiostro, perché ha scritto tante lettere a fedeli, a potenti, a semplici frati. Per evangelizzare il mondo ha toccato le piazze della nostra nazione, da Bologna ad Alessandria. E lì si è fatto portavoce di Dio. Anche noi su questa piazza mediatica vogliamo diventare portavoce della parola di Dio con la nostra vita e con il nostro impegno”.

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    Sorrisi in orbita. I piccoli pazienti del Bambin Gesù a Parmitano: li ha visti gli alieni?

    ◊   Grande attenzione questi giorni per la prima passeggiata fuori dalla Stazione spaziale dell’astronauta Luca Parmitano, che ieri ha parlato con i piccoli pazienti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Un appuntamento al quale i bambini si erano preparati da tempo, inviando, attraverso i social network, messaggi e disegni all’astronauta. Il collegamento di ieri è avvenuto alle 14.36, grazie ai radioamatori volontari dell’Ariss (Amateur Radio on International Space Station), quando la Stazione spaziale internazionale (Iss) era in orbita sull’Europa. Quali sono state le reazioni dei bambini ricoverati nell'Ospedale pediatrico romano? Lo riferisce la dott.ssa Carla Maria Carlevaris, psicologa, responsabile della Ludoteca del Bambin Gesù, al microfono di Eliana Astorri:

    R. – E’ stato un appuntamento molto atteso, perché è stato un evento speciale. Per i bambini, cerchiamo di organizzare, qui in ospedale, eventi speciali proprio per fare un po' da "ponte" con il mondo esterno e anche per offrire in ospedale occasioni particolari ai bambini, qualcosa che possano raccontare ai loro compagni, qualcosa che dia loro la sensazione di aver vissuto un’esperienza speciale. E questo appuntamento lo è stato forse più di tanti altri. I bambini si sono molto attivati. Abbiamo bambini che vanno e vengono. Quindi, nei giorni precedenti, molti bambini erano presenti, sapevano di quello che sarebbe avvenuto, ne abbiamo parlato. Sono venute fuori tutte le loro domande, dalle più curiose alle più partecipi. Ieri, c’erano anche nuovi bambini che si sono lasciati contagiare dai racconti dei compagni e c’era molto entusiasmo e molta attesa, la sensazione di vivere un evento speciale, collegato al mondo dell’immaginario, del sogno, che è quello che cerchiamo di stimolare.

    D. – Quali domande i bambini hanno rivolto all’astronauta?

    R. – Per esempio, hanno chiesto all’astronauta – e questa domanda se l’erano preparata da giorni! – se aveva mai visto gli alieni o qualcosa del genere. La risposta di Luca Parmitano è stata molto carina, perché ha detto loro che di marziani, finora, ne ha visti solo sulla terra... Poi, hanno chiesto se aveva visto le stelle da vicino e che colore hanno. Luca ha parlato loro delle stelle, che hanno tantissimi colori. Poi, ovviamente, i bambini si sono molto identificati, anche nei giorni precedenti, quando ne parlavano con noi e tra di loro. Quindi, tutte le domande che si facevano erano su come si sarebbe sentito lassù da solo, e un bambino gli ha chiesto: quando stai male, chi ti cura? E questo pensando: qui abbiamo qualcuno attorno, mentre lui là da solo come se la cava? Poi, tutte domande su come gestisce la vita quotidiana senza la forza di gravità, cosa che colpisce sempre molto l’immaginario dei bambini: come fai a fare la pipì, e tutte le loro piccole preoccupazioni.

    D. - Finito il collegamento, quali sono stati i loro commenti, fra di loro hanno parlato?

    R. – Sì, hanno commentato anche le risposte che Luca Parmitano ha dato che sono state molto, molto carine e azzeccate.

    D. – Avete altre iniziative lì in ludoteca?

    R. – Sì, abbiamo sempre molte iniziative. Per esempio, adesso stiamo preparando i bambini per la partecipazione sia in ospedale che fuori dall’ospedale a questo Giffoni Film Festival e quindi verranno fatte proiezioni in anteprima di film per ragazzi qui in ospedale e i bambini che vorranno potranno partecipare alla giuria di questo festival che si terrà a luglio in un paese della Campania. Abbiamo tanti laboratori, collaborazioni, con associazioni, con professionisti esterni. Abbiamo laboratori di oreficeria, abbiamo collaborazioni e quindi laboratori speciali una volta al mese con il Museo del giocattolo di Zagarolo. Noi organizziamo come personale della ludoteca attività che aiutino anche i bambini a elaborare un po’ tutte le emozioni negative legate all’ospedalizzazione e per realizzare parte di questo cerchiamo anche collaborazioni che ci vengono continuamente proposte dall’esterno, che siamo molto lieti di accogliere. La ludoteca è stata pensata proprio come un ponte tra l’ospedale e il mondo esterno, un ponte tra i bambini che possono quindi ritrovarsi e parlare tra di loro, e un ponte anche interno al bambino per ritrovare un contatto con le proprie emozioni, quel qualcosa che magari lo sovrasta e di cui può cominciare invece a parlare, su cui può scrivere una storia, può disegnare e cominciare ad avere a che fare, per trovare una forma, sempre attraverso il gioco, di risoluzione, di elaborazione, insomma.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Genocidio di Srebrenica. Il Consiglio d'Europa: fare giustizia e guardare avanti

    ◊   “18 anni fa, circa 8mila persone sono state giustiziate a Srebrenica e nei dintorni, mentre circa 30mila donne, bambini e anziani sono stati sfollati. Le vittime e i loro parenti sono ancora perseguitati da questo atto di genocidio, come pure dalla lentezza della responsabilità e dalla ricerca della verità. Non possiamo aspettare più a lungo: giustizia deve essere fatta”. Questo quanto dichiarato da Nils Muiznieks, commissario per i diritti umani del Consiglio d‘Europa, il quale ha preso parte alla commemorazione del genocidio di Srebrenica (Bosnia-Erzegovina). “Mentre oggi commemoriamo le vittime di Srebrenica, non dobbiamo dimenticare che domani - ha sottolineato il commissario - dobbiamo ancora continuare a cercare la verità e proseguire la lotta contro l’impunità per gravi violazioni dei diritti umani”. “I crimini commessi qui - ha ricordato Muiznieks - sono stati di una tale atrocità che non possiamo permettere che nemmeno una singola persona responsabile sfugga alla giustizia; questo è il minimo che si possa fare per aiutare tutte le vittime e le loro famiglie a trovare la pace e a ripristinare la loro dignità umana”. Il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, nel corso delle commemorazione del genocidio di Srebrenica ha inoltre sottolineato la necessità di individuare tutte le vittime del genocidio e chiarire il destino di tutte le persone scomparse come una “misura assolutamente necessaria per alleviare la sofferenza prolungata delle loro famiglie”. Egli ha anche esortato i governi della regione a mostrare determinazione per costruire una società più inclusiva e tollerante, che sappia trarre insegnamento dal passato. “I governi hanno bisogno di guardare al futuro e di investire di più in istruzione, in particolare per le giovani generazioni, al fine di salvaguardare la pace duratura senza divisioni etniche, religiose e di altro genere in questa regione d’Europa”. (R.P.)

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    Siria: ad Aleppo blocco imposto dai ribelli. E' rischio carestia

    ◊   Si accende la protesta dei cittadini di Aleppo contro il blocco imposto dai ribelli sui distretti controllati dal governo. "Mancano cibo e medicinali - gridano gli abitanti del quartiere Bustan al-Qasr - la gente chiede che l'assedio sia interrotto". Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani -riferisce l'agenzia AsiaNews - le proteste contro la scarsità di beni di prima necessità hanno avuto inizio martedì scorso, quando decine di manifestanti si sono radunati in prossimità di un check-point ribelle. Nel corteo avrebbe perso la vita un dimostrante, colpito da un proiettile alla testa, non è ancora chiaro se a sparare siano stati gli stessi ribelli o un cecchino dell'esercito. Una donna spinge una carrozzina carica di borse della spesa nel distretto di Ashrafiyeh, controllato dal regime. "Sono venuta a comprare del cibo - spiega in un video caricato nei giorni scorsi dall'Osservatorio per i diritti umani - non abbiamo nulla, i bambini stanno morendo di fame. Mio figlio è malato e necessita di medicine e alimenti". Ieri in Siria l'inizio del Ramadan ha inasprito il controllo da parte delle frange islamiste su alcune aree della città, creando una spaccatura all'interno dello stesso fronte ribelle. "Sostengono che questo è l'islam e che chi non lo rispetta è un apostata, ma non è vero" spiega un combattente in un altro filmato dell'Osservatorio siriano. La World Health Organisation, assieme a Ong internazionali, sta cercando di convincere entrambe le parti a concedere l'invio di aiuti umanitari. Intanto, a Damasco, un membro del ministero degli esteri ha dichiarato che "è in programma un incontro con dei funzionari delle Nazioni Unite per porre un rimedio all'emergenza umanitaria". Aleppo, seconda città della Siria per estensione ed importanza, è obiettivo dell'offensiva ribelle da circa un anno. Tuttavia, una parte dei quartieri rimane ancora sotto il controllo delle truppe di regime, che, forti dell'aiuto di Hezbollah e galvanizzate dalla riconquista di Al Qusair, hanno lanciato nell'ultimo mese una massiccia controffensiva nella regione centrale del Paese. (R.P.)

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    Somalia: in decine di migliaia ritornano nei loro villaggi

    ◊   Nei primi mesi di quest’anno decine di migliaia di rifugiati e sfollati sono potuti tornare nei loro villaggi e nelle loro case in Somalia: lo calcola l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr), sostenendo che per il Paese del Corno d’Africa questo è “un momento di speranza”. Nel suo ultimo rapporto l’agenzia delle Nazioni Unite stima che nel 2013 siano già rientrate volontariamente in Somalia circa 20.000 persone. Altre 16.000 sarebbero tornate nelle loro case dopo essere state a lungo sfollate in altre regioni del Paese. Un impegno internazionale - riferisce l'agenzia Misna - affinché un numero crescente di somali possa tornare nella sua terra d’origine è stato in questi giorni il tema centrale di un incontro tra Antonio Guterres, Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, e alcuni dirigenti del ministero degli Interni del Kenya. In questo Paese vivono centinaia di migliaia di profughi somali, 430.000 nel solo campo di Dadaab. Secondo Guterres, Acnur e Kenya lavoreranno insieme per favorire il graduale ritorno in Somalia di altre 60.000 persone. Nel Paese del Corno d’Africa scontri armati e violenze sono divenuti meno frequenti dopo che nel 2011 l’offensiva di una missione africana ha sottratto ai ribelli di Al Shabaab il controllo di alcune città chiave. Alle operazioni militari stanno partecipando migliaia di soldati inviati da Nairobi, che accusa ora Al Shabaab di utilizzare Daadab e altri campi profughi come base logistica per organizzare attentati in Kenya. (R.P.)

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    Centrafrica. La Chiesa: a rilento le operazioni di disarmo dei ribelli

    ◊   “Si stima che nel Paese vi siano circa 25.000 ribelli. La settimana scorsa, secondo i media locali, ne avrebbero disarmati un centinaio. Di questo passo ci vorranno 5 anni per disarmarli tutti” dice all’agenzia Fides padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano, parroco a Bozoum, commentando l’avvio delle operazioni di disarmo dei ribelli della coalizione Seleka nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui. “I ribelli sono spariti dalla circolazione, almeno a Bangui, hanno tolto la divisa e nascosto le armi, ma si nascondono in mezzo alla popolazione, aspettando l’evoluzione della situazione” aggiunge padre Gazzera. Il disarmo dei ribelli è condotto dalla forza di pace dei Paesi dell’Africa Centrale (Fomac). “La stampa locale ha riportato i sospetti diffusi tra la popolazione sui militari ciadiani che fanno parte della Fomac, che di giorno confischerebbero le armi ai ribelli, per poi riconsegnarle agli stessi gruppi di notte” dice il missionario. Le nuove autorità si sono impegnate a riportare sotto controllo la situazione dopo la cacciata dell’ex Presidente François Bozizé, “ma il problema - come riferisce il missione - è che ribelli si stanno dividendo in diversi gruppi che non riconoscono nessuna autorità”. La Chiesa che ha subito danni enormi nelle sue strutture a causa delle razzie dei ribelli, continua la sua opera di sensibilizzazione sulla situazione del Centrafrica, aiutando la popolazione a ritrovare la speranza. “Qui a Bozoum abbiamo subito danni più limitati rispetto alle altre zone del Paese” dice padre Gazzera. “Ci sono però diocesi che sono state completamente azzerate; alcune non hanno nemmeno un’automobile (in un Paese vasto quasi quanto la Francia) mentre vi sono missioni distrutte e abbandonate”. “Nonostante questo, la Chiesa sta dando un contributo importantissimo per risvegliare le coscienze e infondere speranza in una popolazione demoralizzata” conclude il missionario. (R.P.)

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    Iraq: auguri di pace del patriarca Sako ai musulmani per il Ramadan

    ◊   "A nome mio e di tutti i cristiani iracheni, faccio i migliori auguri a tutti i musulmani e le musulmane per l'inizio di questo mese benedetto". Così il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, si rivolge ai fratelli dell'islam per l'inizio del Ramadan. Sua Beatitudine auspica che sia un tempo di "bene e pace" per il Paese e i suoi abitanti. Egli rilancia il dovere primario di preservare "la nostra unità nazionale" e di adottare "il linguaggio del dialogo nel risolvere i problemi". Perché, aggiunge il patriarca, "siamo una sola comunità nonostante la nostra diversità". Ieri in gran parte del mondo musulmano è iniziato il mese sacro nel quale si digiuna, si prega, si compiono opere di carità, si perdona. Con il Ramadan - riporta l'agenzia AsiaNews - i musulmani commemorano il momento in cui Allah rivela a Maometto i primi versetti del Corano, inviando sulla terra l'arcangelo Gabriele. Ogni persona che ha superato l'età della pubertà ed è mentalmente e fisicamente sano è obbligato a digiunare. Ma il mese sacro è soprattutto un periodo per compiere buone azioni evitando tutto ciò che dispiace ad Allah e per ringraziarlo di tutte le benedizioni, riservando al contempo gesti di carità verso coloro che non sono così fortunati. In quanto mese di preghiera, il Ramadan è anche legato a iniziative di pace; per questo il patriarca caldeo Sako ha voluto inviare un messaggio di auguri, improntato proprio al "bene" e alla riconciliazione di un Paese stremato da 10 anni di guerre e violenze etnico-confessionali. (R.P.)

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    Il Paraguay al centro del vertice del Mercosur

    ◊   La ricomposizione della frattura che ha provocato la sospensione del Paraguay dopo il controverso rovesciamento di Fernando Lugo, un anno fa, e il possibile ingresso di Bolivia ed Ecuador come membri a pieno titolo: sono queste le priorità della riunione tra i capi della diplomazia del Mercosur (mercato comune del Cono Sud) in programma oggi a Montevideo. Anteprima del vertice presidenziale che si terrà domani - riferisce l'agenzia Misna - l’incontro odierno verterà su come offrire una soluzione al governo di Asunción, allontanato dal blocco: il presidente eletto, il conservatore Horacio Cartes, rifiuta infatti di reintegrarsi se il Venezuela acquisirà la presidenza ‘pro tempore’ del Mercosur senza il suo assenso, come del resto è previsto. Una situazione complessa che la XLV Riunione del Consiglio del Mercosur esaminerà oggi in vista dell’approvazione di una risoluzione al summit presidenziale di domani. In attesa che Cartes si insedi, il 15 agosto, Asunción reclama la presidenza semestrale del blocco al posto del Venezuela, come gli sarebbe spettato se non avesse rotto l’ordine costituzionale estromettendo Lugo dalla presidenza con un discusso ‘impeachment’ e venendo perciò condannato dal Mercato comune. Il Paraguay contesta anche il fatto che il suo Congresso non ha mai dato parere favorevole definitivo all’ingresso del Venezuela, deciso lo scorso anno dai presidenti del blocco, in concomitanza con la sospensione di Asunción. Alle pretese di Asunción, che per bocca del capo della diplomazia, José Félix Fernández Estigarribia, ha chiesto di impedire a Caracas di assumere la presidenza, ha replicato, tra gli altri, il collega brasiliano Antonio Patriota, ricordando che di certo almeno fino al 15 agosto “il Paraguay resta sospeso”. A ciò si aggiunge il fatto che le relazioni tra Asunción e Caracas sono al minimo storico dopo che il presidente venezuelano Nicolás Maduro è stato dichiarato dal Paraguay “persona non grata” perché accusato di ingerenze in occasione della destituzione di Lugo. (R.P.)

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    Messico: la Chiesa denuncia la lentezza del governo contro la criminalità

    ◊   “Mentre continuano le sparizioni e le morti legate al narcotraffico, le caratteristiche principali della strategia del governo federale contro la criminalità organizzata sono la lentezza nell’agire e la mancanza di chiarezza delle azioni da intraprendere" ha affermato mons. Raul Vera Lopez, vescovo di Saltillo, nel corso della conferenza stampa svoltasi dopo la Messa conclusiva del pellegrinaggio alla Basilica di Guadalupe. Mons. Vera Lopez - riferisce l'agenzia Fides - ha anche riflettuto sugli episodi di violenza registrati prima delle elezioni tenutesi la settimana scorsa in 14 Stati, con l’uccisione di alcuni candidati. "Questa violenza odora di criminalità organizzata, e i partiti politici e la Procura Generale della Repubblica deve fermarla, altrimenti saranno loro, i narcotrafficanti, a mettere coloro che vogliono nelle cariche pubbliche ", ha concluso il vescovo. (R.P.)

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    Honduras: ancora violenza. Lutto nazionale per l’omicidio di un noto giornalista

    ◊   "Il caso di Anibal Barrow non è l’unico, perché ce ne sono tanti altri che accadono ogni giorno” ha affermato mons. Romulo Emiliani, vescovo ausiliare della diocesi di San Pedro Sula, dopo la scoperta del corpo smembrato del giornalista Anibal Barrow. Mons. Emiliani condannando la totale mancanza di rispetto per la vita umana, ha sottolineato che si continua a discutere sulla mancanza di sicurezza nel Paese, senza però giungere a risultati concreti. Anche padre Carlos Rubio, vicario della cattedrale di Tegucigalpa ha condannato l’orribile crimine affermando che si tratta di "una vera tragedia, perché ogni giornalista che perdiamo è una voce in meno". Tutta la popolazione - riporta l'agenzia AsiaNews - è ancora scioccata da questa terribile omicidio e il governo ha dichiarato una giornata di lutto nazionale. I funerali si svolgeranno oggi pomeriggio nella parrocchia di San Vicente de Paúl a San Pedro Sula. Secondo la Commissione Nazionale per i Diritti Umani, in Honduras dal 2003 ad oggi sono stati uccisi 35 giornalisti, l'80% dei quali sono morti durante il mandato del governo attuale, insediatosi nel gennaio 2010. (R.P.)

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    Sotto la lente dell’Onu la tolleranza religiosa in Indonesia

    ◊   Qual è lo stato del rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa in Indonesia? Esiste un clima di intolleranza religiosa? Sono questioni che in questi giorni (nella sessione 8-26 luglio) vengono esaminate dalla Commissione Onu per i Diritti Umani, con sede a Ginevra. Come riferito all'agenzia Fides, la Commissione ha raccolto documentazione, proveniente soprattutto dalla società civile e dalle comunità religiose, che registra il deteriorarsi della tolleranza e citano anche casi di “persecuzione religiosa”. Il Ministro indonesiano per gli Affari religiosi, Suryadharma Ali, ieri ha detto pubblicamene che “l’Indonesia è un Paese che rispetta la sua società pluralista” e le sei religioni riconosciute (islam, il protestantesimo, il cattolicesimo, l'induismo, il buddismo e il confucianesimo), deplorando che i mass-media sono concentrati solo sulla situazione di ahmadi e sciiti, e sul caso di una chiesa della “GKI Yasmin Congregation”, sigillata a Bogor, a Giava occidentale. Secondo quanto appreso da Fides, Suryadharma ha citato i dati del Ministero mostrano un aumento generale dei luoghi di culto: secondo i dati, fra il 1997 e il 2004 il numero di moschee ha visto un incremento del 64%, le chiese cristiane un incremento del 131%, la chiese cattoliche del 152%, i templi induisti del 475%, i templi buddisti 368%. Tuttavia, diversi rapporti documentano l’aumento dell’intolleranza religiosa in Indonesia negli ultimi anni. Uno studio del “Wahid Institute”, istituto di studi indonesiano che promuove il pluralismo religioso, nota che i casi di intolleranza religiosa nel 2012 sono stati 274, contro i 267 del 2011 e i 184 nel 2010. Un altro rapporto pubblicato nel 2013 dall’Ong “Human Rights Watch” definisce il governo indonesiano “complice della persecuzione delle minoranze religiose”, in quanto avrebbe omesso di applicare leggi e promulgato regolamenti che violano i diritti delle minoranze. Il padre Franz Magnis-Suseno, gesuita e professore di filosofia a Giacarta, fra i maggiori studiosi di dialogo e di religione nella Chiesa indonesiana, in un lettera aperta inviata a Fides ha definito il presidente dell’Indonesia Susilo Bambang Yudhoyono complice e artefice del clima di intolleranza religiosa e della violenza contro le minoranze che si registra in Indonesia. La lettera ricorda “crescenti difficoltà dei cristiani per ottenere i permessi per l'apertura di luoghi di preghiera, il crescente numero di chiese chiuse forzatamente, l’aumento di regolamenti che rendono il culto per le minoranze più difficile, la crescente intolleranza al livello di base”. (R.P.)

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    Irlanda. I vescovi: il bambino non ancora nato è già vita

    ◊   “Il bambino ancora nel grembo materno è una vita umana con del potenziale, non un potenziale essere umano”: lo ha detto martedì sera mons. Brendan Leahy, vescovo di Limerick, in Irlanda. Nella cattedrale della città, intitolata a San Giovanni, il presule ha presieduto una Veglia di preghiera per la vita. Un incontro di riflessione organizzato nel momento in cui prosegue l’iter parlamentare del progetto di legge sulla protezione della vita durante la gravidanza (“Protection of Life during Pregnancy Bill 2013”): tale provvedimento, che già in passato la Chiesa irlandese ha giudicato “incostituzionale”, ammette l’interruzione della gravidanza, previo parere favorevole di una commissione di tre medici, nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo, o in caso di rischio di suicidio della donna. “Ci troviamo di fronte – ha ribadito ieri mons. Leahy – ad un progetto di normativa che potrebbe introdurre nella legge irlandese, per la prima volta nella storia e totalmente contro i dettami costituzionali, una gerarchia tra gli esseri umani basata sulle loro dimensioni”. Il che, ha notato amaramente il vescovo, porta al rischio di finire come nel romanzo ‘La fattoria degli animali’ di George Orwell: “Tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. “Il nascituro – ha continuato il presule – non è un’estensione della madre, bensì un essere umano con delle potenzialità che ci chiede, silenziosamente ma profondamente, di essere amato”. E qui, mons. Lehay ha citato uno studio scientifico italiano che ha dimostrato come i gemelli sin dal grembo materno si guardino negli occhi, a dimostrazione della “magnifica realtà della vita di un bambino non ancora nato”. Poi, il vescovo di Limerick ha sottolineato la vicinanza della Chiesa a tutte le donne che si trovano in difficoltà durante la gravidanza: “Dal profondo del nostro cuore – ha detto il presule – garantiamo che offriremo loro tutto l’amore, il sostegno e l’assistenza professionale necessari”. Infine, il presule ha chiesto ai fedeli di pregare per i legislatori in questo “momento non facile di discernimento, di ascolto della coscienza”. (A cura di Isabella Piro)

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    Francia: i vescovi chiedono l’apertura di un dibattito pubblico sugli embrioni umani

    ◊   Mentre continua in Francia l’iter legislativo della legge che vuole liberalizzare la ricerca sull’embrione umano, i vescovi chiedono l’apertura di un dibattito pubblico sulla questione che “conduca serenamente alla soluzione migliore”. La richiesta è stata formulata da mons. Pierre d'Ornellas, responsabile per le questioni di bioetica nella Conferenza episcopale, in una nota diffusa ieri alla vigilia della ripresa dell’esame della proposta all’Assemblea Nazionale. L’obiettivo del provvedimento, già approvato in prima lettura dal Senato, è di modificare la Legge sulla bioetica del 2011 affinché la ricerca sull’embrione, oggi vietata anche se con alcune deroghe, venga autorizzata come principio e a condizioni meno restrittive. Nella nota mons. d'Ornellas osserva che quanto accaduto in questi ultimi mesi in Francia conferma quanto sia importante il dibattito pubblico su questioni che riguardano la vita della società. Il presule ricorda la positiva esperienza in questo senso degli Stati Generali della Bioetica convocati nel 2009 dall’allora Governo Fillon. “Ci sono solide ragioni – rileva – per cui tale dibattito si è risolto nel 2011 con la decisione di mantenere il divieto della ricerca sull’embrione umano e sulle cellule staminali embrionali”. Oggi alcuni vogliono che questa ricerca sia autorizzata, anche se regolamentata, “ma – sottolinea la nota - la posta in gioco è maggiore: con tale autorizzazione per la prima volta nel nostro ordinamento sarebbe legale usare l’essere umano!” . Questa è la ragione per la quale nel 2011 il Legislatore ha ritenuto necessario precisare che qualsiasi modifica legislativa sulla bioetica debba essere preceduta da un dibattito nella forma di Stati Generali. “Perché questa disposizione non dovrebbe applicarsi alla ricerca sugli embrioni umani?”, si chiede l’arcivescovo di Rennes, ricordando che la Chiesa, consapevole delle implicazioni sociali della bioetica, è sempre stata aperta al dialogo. “Il progresso – continua quindi la nota - non è mai tale se l’etica e la scienza non camminano insieme” e l’etica riconosce che l’embrione umano condivide la nostra umanità, “perché nessuna persona è tale senza essere prima stata un embrione”. Non rispettare questo “ecosistema umano”, ammonisce in conclusione il presule, “finisce prima o poi con il ritorcersi contro di noi”. (A cura di Lisa Zengarini)

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    Australia: è disoccupazione record ma il Paese non è in recessione

    ◊   L'aumento dei senza lavoro conferma che anche Canberra inizia a registrare segni di cedimento sul fronte economico. Un brutto segno, visto che l'Australia è stato tra i pochi Paesi Ocse a non essere entrato in recessione dall'inizio della crisi finanziaria globale. Il dato sulla disoccupazione è solo l'ultimo dei campanelli d'allarme susseguitisi negli ultimi tempi. Il più recente, a maggio, è stato l'ennesimo taglio da parte della Banca Centrale dei tassi d'interesse, ora al 2,75%, il livello più basso degli ultimi 60 anni. Anche per questo negli ultimi tre mesi il dollaro australiano ha perso il 12% del suo valore rispetto al dollaro Usa. Inoltre, diverse grandi aziende hanno annunciato i primi piani di ristrutturazione, cioè delocalizzazioni con conseguenti licenziamenti. Secondo tutti gli esperti, il rallentamento dell'economia australiana è da attribuire al calo delle esportazioni di materie prime verso la Cina, fattore che finora aveva tenuto Canberra fuori dalla tempesta globale. “Il boom minerario è finito”, ha confermato qualche giorno fa il premier laburista Kevin Rudd. Insomma, la Cina rallenta e l'Australia inizia ad avere paura. In questo contesto il Paese si avvia verso le prossime elezioni in programma a settembre, con l'economia tornata al centro del dibattito politico. (Da Canberra, Stefano Vergine)

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    Barcellona: mille palloncini dei bambini dell'Unitalsi per chiedere la pace nel mondo

    ◊   Rispetto, pace, libertà, amicizia ma anche vedere il proprio “amico in carrozzina giocare felice come tutti”, “un lavoro per papà”, “la guarigione per un compagno di scuola”: sono queste alcune delle preghiere che i bambini “in missione di pace” a Barcellona hanno legato alle centinaia di palloncini fatti volare in aria durante la preghiera che ha chiuso la giornata di ieri, la penultima del pellegrinaggio promosso dall’Unitalsi. Più volte è risuonata, nella preghiera e nel canto, la parola ‘pace’ che ha avuto nella testimonianza della famiglia palestinese di Basem Abedrabbo, proveniente da Gerico, uno dei momenti più forti. Con loro anche il parroco di Gerico, padre Mario Hadchicy, che all'agenzia Sir ha voluto ricordare “tutti i bambini di Terra Santa, che non possono muoversi liberamente, che crescono nell’inimicizia, separati da muri non solo di pietra ma anche mentali, i più difficili da abbattere. La loro preghiera oggi - ha detto il religioso - è quella di crescere nella libertà, nel rispetto dei loro diritti elementari, nella tolleranza e nella convivenza. Tutto questo ancora manca in Terra Santa ma solo i bambini possono costruire un futuro di pace per questa regione. Facciamoli crescere nella libertà e nell’amicizia e ci sarà pace”, è stato l’appello del parroco. (R.P.)

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    Il nome di fra Pawel Bielecki sul muro della tolleranza di Montgomery

    ◊   Il frate cappuccino fra Pawel Bielecki, della Provincia di Cracovia, per molti anni in aiuto ai confratelli della vice Provincia libanese e ora negli Stati Uniti per motivo di studio, è stato premiato “per l’importante contributo alla lotta contro l’odio e l’intolleranza in America”. Il riconoscimento viene dalla “Southen Poverty Law Center”, fondato da Morris Dees, un convinto attivista dei diritti umani negli Usa. Nella motivazione del riconoscimento è compresa anche l’attività che fra Bielecki ha svolto nello stesso campo in Medio Oriente. Per tutto questo il suo nome sarà scritto sul Muro della Tolleranza eretto a Montgomery, in Alabama (luogo in cui sono stati compiuti molti atti di violenza durante le lotte razziali e religiose), “per essere di monito e di ispirazione a quanti scelgono di prendere posizione contro l’odio”. Fra Pawel è stato anche invitato a un’importante conferenza a Nairobi organizzata dall’Africa Concil of Religious Leaders-Religions for Peace, la maggiore piattaforma multireligiosa africana, con il compito di mobilitare le comunità religiose africane e i loro leaders “per la formazione di una società pacifica, giusta e armoniosa”. (A cura di padre Egidio Picucci)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 192

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