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Sommario del 07/07/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Francesco nella Messa con seminaristi, novizi e novizie: la gioia della consolazione, la croce e la preghiera sono i riferimenti della missione
  • Il Papa all’Angelus: non abbiate paura della gioia che porta Dio nella vita. Le voci dei giovani in parrtenza per la Gmg di Rio
  • Francesco, nell'Aula Paolo VI, ai giovani in cammino vocazionale raccomanda una vita coerente al Vangelo
  • Lampedusa in preghiera per l'arrivo del Papa. Appello del cardinale Vegliò per difendere la dignità dei profughi
  • Oggi in Primo Piano

  • Resta alta la tensione in Egitto, incerta la nomina di El Baradei a premier
  • Corea del Nord e Corea del Sud a colloquio per riaprire il distretto industriale di Kaesong
  • Appello dell’Onu per il Sahel: 11 milioni di persone a rischio fame
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terribile incidente ferroviario in Canada, almeno un morto accertato e 80 dispersi
  • Turchia. Nuovi scontri a Istanbul, 59 arresti
  • Pakistan. Attentato a Lahore, 5 morti e 50 feriti
  • Rete Pace per il Congo propone come sbloccare i negoziati tra governo e M23
  • Bolivia. Nuova legge per i figli dei detenuti: compiuti 11 anni vivranno fuori dal carcere
  • India. La comunità cristiana critica la legge sulla sicurezza alimentare: troppe lacune
  • A settembre il Cortile dei Gentili è dedicato ai giornalisti
  • Dal 21 al 28 luglio torna il Fiuggi Family Festival: il tema è “Tutti per Uno”
  • Il Papa e la Santa Sede



    Francesco nella Messa con seminaristi, novizi e novizie: la gioia della consolazione, la croce e la preghiera sono i riferimenti della missione

    ◊   “La gioia della consolazione, la croce e la preghiera sono i punti di riferimento della missione cristiana”. Così Papa Francesco stamattina durante la Messa in San Pietro con seminaristi, novizi e novizie e giovani in cammino vocazionale provenienti da ogni parte del mondo. A loro il Pontefice lascia un messaggio forte: “più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore”. Il Servizio è di Salvatore Sabatino:

    "Rappresentate la giovinezza della Chiesa! Se la Chiesa è la Sposa di Cristo, in un certo senso voi ne raffigurate il momento del fidanzamento, la primavera della vocazione, la stagione della scoperta, della verifica, della formazione. Ed è una stagione molto bella, in cui si gettano le basi per il futuro".

    Così Papa Francesco apre l’omelia della Messa con i seminaristi, novizi e novizie e giovani in cammino vocazionale, provenienti da ogni parte del mondo. Parole semplici le sue, che colpiscono il segno ed il cuore di questi giovani che hanno scelto la missione e che sono davvero il futuro della Chiesa. Ma da dove nasce la missione? Chiede loro il Pontefice, la risposta è semplice: da una chiamata, quella del Signore e chi è chiamato da Lui lo è per essere inviato. Di qui la necessità di conoscere quale deve essere lo stile dell’inviato ed i punti di riferimento della missione cristiana. Le Letture che abbiamo ascoltato - sottolinea il Papa - ce ne suggeriscono tre: la gioia della consolazione, la croce e la preghiera.

    "Il primo elemento: la gioia della consolazione. Il profeta Isaia si rivolge a un popolo che ha attraversato il periodo oscuro dell’esilio, ha subito una prova molto dura; ma ora per Gerusalemme è venuto il tempo della consolazione; la tristezza e la paura devono fare posto alla gioia: “Rallegratevi… esultate… sfavillate di gioia” - dice il Profeta".

    Un grande invito alla gioia lo definisce Papa Francesco, perché ogni cristiano, soprattutto noi, siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati ed amati da Lui. Perché la nostra missione sia feconda, aggiunge Papa Francesco, bisogna sentire la consolazione di Dio e trasmetterla.

    "Io ho trovato alcune volte persone consacrate che hanno paura della consolazione di Dio, e poveri, povere, si tormentano, perché hanno paura di questa tenerezza di Dio. Ma non abbiate paura. Non abbiate paura, il Signore è il Signore della consolazione, il Signore della tenerezza. Il Signore è padre e Lui dice che farà con noi come una mamma con il suo bambino, con la sua tenerezza. Non abbiate paura della consolazione del Signore".

    Il secondo punto di riferimento della missione è la croce di Cristo, aggiunge Papa Francesco, portando l’esempio di San Paolo, che nel suo ministero ha sperimentato la sofferenza, la debolezza e la sconfitta, ma anche la gioia e la consolazione. Questo è il mistero pasquale di Gesù: mistero di morte e di risurrezione. Ed è proprio l’essersi lasciato conformare alla morte di Gesù che ha fatto partecipare san Paolo alla sua risurrezione, alla sua vittoria.

    "Il mistero pasquale è il cuore palpitante della missione della Chiesa! E se rimaniamo dentro questo mistero noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità dell’annuncio del Vangelo non è data né dal successo, né dall’insuccesso secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore".

    È la Croce, aggiunge poi il Pontefice, che garantisce la fecondità della nostra missione. Ed è dalla Croce, supremo atto di misericordia e di amore, che si rinasce come “nuova creatura”. Poi il terzo elemento: la preghiera. Nel Vangelo, dice ancora Papa Francesco, abbiamo ascoltato: “Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe”.

    "Gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie o appelli al servizio della generosità, ma sono «scelti» e «mandati» da Dio. E’ Lui che sceglie, è Lui che manda, è Lui che manda, è Lui che dà la missione. Per questo è importante la preghiera. La Chiesa, ci ha ripetuto Benedetto XVI, non è nostra, ma è di Dio; e quante volte noi, i consacrati, pensiamo che sia nostra! Facciamo di lei… qualcosa che ci viene in mente. Ma non è nostra, è di Dio. il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. La missione è grazia. E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione, infatti, non è feconda, anzi si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, con il Signore".

    Infine un messaggio forte: siate sempre uomini e donne di preghiera – dice Papa Francesco – senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Ed il rischio dell’attivismo, di confidare troppo nelle strutture, è sempre in agguato. Indica ancora una volta Gesù come punto di riferimento ed esempio; alla vigilia di ogni decisione o avvenimento importante, dice, si raccoglieva in preghiera intensa e prolungata.

    "Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Qui sta il segreto della fecondità di un discepolo del Signore!"

    Gesù manda i suoi senza “borsa, né sacca, né sandali”, sottolinea infine Papa Francesco. La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili.

    "Quello che conta è essere permeati dall’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la croce del Signore".

    Alla fine il Pontefice affida seminaristi, novizi e novizie e giovani in cammino vocazionale all’intercessione di Maria Santissima. Lei è la Madre che ci aiuta a prendere le decisioni definitive con libertà, senza paura. Lei vi aiuti a testimoniare la gioia della consolazione di Dio, a conformarvi alla logica di amore della Croce, a crescere in un’unione sempre più intensa con il Signore. Così la vostra vita sarà ricca e feconda.

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    Il Papa all’Angelus: non abbiate paura della gioia che porta Dio nella vita. Le voci dei giovani in parrtenza per la Gmg di Rio

    ◊   Dopo la Messa nella Basilica vaticana, il Papa ha voluto condividere con i fedeli raccolti in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus la gioia di avere accolto a Roma il pellegrinaggio dei seminaristi, novizi e novizie nell’Anno della fede. Ha poi offerto a tutto il Popolo di Dio l’ultima Enciclica Lumen Fidei, perché sia occasione di riflessione e confronto con le problematiche del mondo odierno. Quindi l’appuntamento ai giovani a Rio de Janeir. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “Perché l’Amore di Cristo maturi sempre più nella loro vita”. Ha chiesto il Papa a tutti i fedeli di pregare per i giovani in cammino vocazionale, “perché diventino veri missionari del regno di Dio”. Ispirato dal Vangelo domenicale Francesco ha ricordato che “Gesù non è un missionario isolato” “ma coinvolge i suoi discepoli”.

    “Questo è molto bello! Gesù non vuole agire da solo, è venuto a portare nel mondo l’amore di Dio e vuole diffonderlo con lo stile della comunione, con lo stile della fraternità”.

    Per questo forma subito una comunità missionaria di discepoli.

    "Subito li allena alla missione, ad andare. Ma attenzione: lo scopo non è socializzare, passare il tempo insieme, no, lo scopo è annunciare il Regno di Dio, e questo è urgente!, e anche oggi è urgente! Non c’è tempo da perdere in chiacchiere, non bisogna aspettare il consenso di tutti, bisogna andare e annunciare. A tutti si porta la pace di Cristo, e se non la accolgono, si va avanti uguale".

    “Quanti missionari “seminano vita salute, conforto alle periferie del mondo”, ha esclamato il Papa

    “Che bello è questo, non vivere per se stesso, non vivere per se stessa, ma vivere per andare a fare del bene!”

    Poi rivolto alle migliaia di giovani presenti in piazza san Pietro:

    "Voi siete coraggiosi per questo, avete coraggio di sentire la voce di Gesù? E’ bello essere missionari!... Ah, siete bravi, mi piace questo!”

    I discepoli di Gesù – ha chiarito il Papa - non rappresentano solo i ministri ordinati, i presbiteri e diaconi ma anche i catechisti e i fedeli laici impegnati con i malati o gli emarginati ma “sempre come missionari del Vangelo”. E se Gesù dà ai suoi discepoli “la forza di sconfiggere il maligno”, questa è opera sua.

    “Non dobbiamo vantarci come se fossimo noi i protagonisti: protagonista è uno solo, è il Signore! Protagonista è la grazia del Signore! Lui è l'unico protagonista! E la nostra gioia è solo questa: essere suoi discepoli, suoi amici. Ci aiuti la Madonna ed essere buoni operai del Vangelo".

    Quindi il richiamo a non avere paura di essere gioiosi nell’accogliere il Signore:

    “Non abbiate paura della gioia. Gioia e coraggio!”

    Dopo la preghiera mariana, Francesco ha affidato a Maria la Lettera Enciclica Lumen Fidei, iniziata da Benedetto XVI, a seguire quelle sulla carità e sulla speranza. Un testo, ha detto, che “può essere utile anche a chi è alla ricerca di Dio e del senso della vita”.

    "Io ho raccolto questo bel lavoro e l’ho portato a termine. Lo offro con gioia a tutto il Popolo di Dio: tutti infatti, specialmente oggi, abbiamo bisogno di andare all’essenziale della fede cristiana, di approfondirla, e di confrontarla con le problematiche attuali".

    Infine i saluti, in particolare alle Suore Rosminiane e Francescane Angeline riunite per il Capitolo generale e ai giovani della diocesi di Roma in partenza per la GMG a Rio de Janeiro in Brasile.

    “Cari giovani, anch’io mi sto preparando! Camminiamo insieme verso questa grande festa della fede; la Madonna ci accompagni e ci troveremo laggiù”.

    E ascoltiamo le voci dei giovani in piazza, raccolte da Marina Tomarro:

    R. - È sicuramente un momento da condividere con tutti gli altri giovani che saranno presenti. È un momento di fede per ricaricare un po’ le batterie, per vivere un momento intenso con il Papa e portarlo a casa nelle quotidianità e nella vita di ogni giorno.

    R. - Per me partire per Rio è assolutamente un’esperienza grandissima. Non è il mio primo pellegrinaggio; andare fino in Brasile e dare una testimonianza del fatto che c’è una Chiesa viva.

    R. - Io vado con la gioia, con la paura perché giustamente molte cose saranno improvvisate. Sperimenteremo la provvidenza di Dio!

    R. - Per me vuol dire incontrare tantissimi altri giovani di tanti altri Paesi, condividere la mia fede e un’esperienza che non so come sarà, ma che sarà sicuramente entusiasmante e bella. Non vedo l’ora!

    D. - C’è una frase di Papa Francesco che porterai con te per questo viaggio?

    R. - Essere testimoni gioiosi di Cristo.

    R. - Mi sono rimaste nel cuore le parole di Papa Francesco di oggi, quando parlava della tenerezza e del fatto che Dio ci vuole bene come una madre al proprio figlio. Questa sarà una bellissima esperienza, anche perché riunisce tutti quanti sotto l’amore che può farci fratelli.

    R. - Mi ha colpito molto quando Papa Francesco ha detto: “Bisogna essere uomini e donne di preghiera”. Questo è quello che mi porto, la gioia di stare insieme, la tenerezza e la forza di andare contro corrente.

    E insieme ai ragazzi c’era anche il vescovo ausiliare Lorenzo Leuzzi, delegato per la Pastorale Universitaria diocesana e don Maurizio Mirilli direttore della Pastorale Giovanile Ascoltiamo i loro commenti.

    R. - Vogliamo oggi iniziare il nostro cammino verso Rio ascoltando le parole del Papa ma soprattutto ricevendo da lui la sua benedizione perché ormai siamo vicini e soprattutto per preparare gli ultimi giorni a questa esperienza che sono certo darà ai giovani romani quella dimensione di condivisione del ministero del Papa ma anche e soprattutto di servizio con noi verso le nuove generazioni. Io sono certo che i giovani che parteciperanno a Rio porteranno a Roma quella dimensione e quello spirito missionario che è proprio della diocesi di Roma ma che in questo tempo tanti giovani stanno scoprendo proprio a partire da questa esperienza che vivranno a Rio de Janeiro.

    R. - Vuol dire avere fiducia nel Signore, nel senso che si parte, si va dall’altra parte del mondo. Avere fiducia nel fatto che ci sarà qualcuno che ci ospiterà, che si preoccuperà di accoglierci, significa avere la speranza di incontrare giovani da tutte le parti del mondo che condividono la stessa fede. Avere la gioia di pregare insieme e di ritrovarsi con il Santo Padre, il nostro vescovo, che per una settimana condivideremo, in qualche maniera, con i giovani di altre parti del mondo perché lui è il vescovo di tutti, non è solo quello dei romani.

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    Francesco, nell'Aula Paolo VI, ai giovani in cammino vocazionale raccomanda una vita coerente al Vangelo

    ◊   Date il vostro contributo per una “Chiesa fedele alla strada indicata da Gesù”; “siate contemplativi e missionari”: così Papa Francesco ai tanti giovani in cammino vocazionale che hanno partecipato all’incontro che si è tenuto ieri pomeriggio in Aula Paolo VI; un’iniziativa che rientra nell’Anno della Fede. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    E’ un racconto, un dialogo da padre, un colloquio ricco di spunti quello che Papa Francesco regala ai seminaristi, ai novizi e novizie, ai giovani in cammino vocazionale, riuniti in una calorosa Aula Paolo VI mentre fuori il cielo si riempie di nubi e dona un inatteso acquazzone estivo. Nella sua riflessione, Papa Francesco offre ai giovani presenti i doni del sì, del per sempre, mettendoli in guardia da un pericolo costante ovvero la cultura del provvisorio:

    "Io non vi rimprovero, rimprovero questa cultura del provvisorio, che ci bastona tutti, perché non ci fa bene: perché una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio".

    La chiamata – aggiunge il Papa - è prima di tutto una gioia che nasce non dal possedere l’ultimo smartphone, lo scooter più in veloce, l’auto all’ultima moda:

    "Ma io vi dico, davvero, a me fa male quando vedo un prete o una suora con la macchina ultimo modello: ma non si può! Non si può! Io credo che la macchina sia necessaria perché si deve fare tanto lavoro e per spostarsi di qua… ma prendete una più umile, eh? E se ti piace quella bella, pensate a quanti bambini muoiono di fame. Soltanto quello!"

    La gioia dunque nasce da qualcosa di diverso da queste realtà “con cui – sottolinea Papa Francesco – vi trovate in contatto e che non potete ignorare”:

    "E’ il sentirsi dire: “Tu sei importante per me”, non necessariamente a parole. Ed è proprio questo che Dio ci fa capire. Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi non siamo numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra, ma la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore".

    Gioia che è soprattutto contagiosa perché “non può esserci santità nella tristezza” e poi l’indicazione forte ai giovani sul voto di castità, “una strada che matura nella paternità e nella maternità pastorale”:

    "Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti…Un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. Quello è il problema. Perché questo io dico voi: la radice proprio della tristezza nella vita pastorale è nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che ci deve portare alla fecondità. Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…"

    A questo iter tracciato, il Papa aggiunge un’altra parola chiave: l’autenticità che è naturale soprattutto per i giovani:

    "... E a tutti voi vi fa schifo, quando trovate in noi preti che non sono autentici o suore che non sono autentiche!"

    Nella vita di un consacrato c’è prima di tutto la testimonianza del Vangelo e poi – come evidenziava san Francesco d’Assisi – anche le parole. Autenticità e trasparenza soprattutto nel colloquio con il proprio confessore, ricordarsi sempre di non aver paura di dirsi peccatori”, “dal proprio peccato – aggiunge - sovrabbonda la grazia”:

    "Nella formazione vostra ci sono i quattro pilastri fondamentali: formazione spirituale, ossia la vita spirituale; la vita intellettuale, questo studiare per dar ragione; la vita apostolica, incominciare ad andare ad annunciare il Vangelo; e, quarto, la vita comunitaria. Quattro! Su questi quattro dovete edificare la vostra vocazione."

    Ma attenzione – ribadisce Papa Francesco – a volte nelle comunità si diffonde l’abitudine di parlar mare, di chiacchierare alle spalle per gelosia, ambizioni o invidia. E’ comune – aggiunge il Papa – è un classico dire cose non positive sui propri superiori:

    "Anche io sono caduto in quello. Tante volte l’ho fatto, tante volte! E mi vergogno! Mi vergogno di questo! Non sta bene farlo: andare a fare chiacchiere. “Hai sentito… Hai sentito… “.Se io ho qualcosa con una sorella o con un fratello, lo dico in faccia o lo dico a quello o a quella che può aiutare, ma non lo dico agli altri per “sporcarlo”. E le chiacchiere, è terribile!"

    Infine i due suggerimenti forti: l’uscire da se stessi per incontrare Gesù nella preghiera e l’uscire per incontrare gli altri. “Io vorrei una Chiesa missionaria” soggiunge il Papa “non tanto tranquilla, quella bella Chiesa che va avanti”:

    "Date il contributo per una Chiesa così: fedele alla strada che Gesù vuole. Non imparate da noi – da noi, eh – che non siamo più giovanissimi; non imparate da noi quello sport che noi, i vecchi, abbiamo spesso: lo sport del lamento! Non imparate da noi il culto della dea lamentela. E’ una dea quella… Sempre col lamento…. Ma siate positivi, coltivate la vita spirituale e, nello stesso tempo, andate, siate capaci di incontrare le persone, specialmente quelle più disprezzate e svantaggiate. Non abbiate paura di uscire e andare controcorrente. Siate contemplativi e missionari. Tenete sempre la Madonna con voi, ma pregate il Rosario, per favore… Non lasciatelo! Tenete sempre la Madonna con voi nella vostra casa, come la teneva l’apostolo Giovanni. Lei sempre vi accompagni e vi protegga. Anche pregate per me, perché anche io ho bisogno di preghiere, perché sono un povero peccatore."

    A chiusura dell’incontro, Papa Francesco ha invitato i presenti a recitare il Padre Nostro ognuno nella propria lingua, un unico respiro nella coralità delle voci della Chiesa universale.

    Prima dell’incontro con il Papa, sul palco dell’Aula Paolo VI i presenti hanno pregato con il card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, e poi si sono susseguite una serie di testimonianze. Nel salutare Papa Francesco, mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, lo ha ringraziato per l’Enciclica sulla fede, “sostegno nel cammino quotidiano di fedeltà a Cristo” e per l’esperienza vissuta in questi giorni.

    Dopo l’incontro con il Papa, la processione mariana dai Giardini Vaticani fino al Sagrato della Basilica di San Pietro dove il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata, ha concluso l’iniziativa con una sua riflessione.

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    Lampedusa in preghiera per l'arrivo del Papa. Appello del cardinale Vegliò per difendere la dignità dei profughi

    ◊   Grande attesa a Lampedusa, per l’arrivo del Papa domani mattina. Il Pontefice pregherà per coloro che hanno perso la vita in mare, visiterà i superstiti e i profughi presenti sull’isola siciliana. Nella Messa celebrata nel campo sportivo abbraccerà ed incoraggerà anche tutti coloro che sono impegnati nell’accoglienza. Il nostro inviato a Lampedusa Massimiliano Menichetti:

    Fervono gli ultimi preparativi per l’arrivo di Papa Francesco a Lampedusa. Illuminata da un caldo sole estivo l’isola siciliana vive da sempre la contraddizione della sua bellezza e delle tragedie che si consumano a poche miglia dalle coste. Porta d’Europa e di speranza, approdo per chi fugge da guerre o persecuzioni, è meta mai raggiunta da molti: 20mila secondo gli ultimi dati hanno trovato sepoltura in queste acque. Il centinaio di migranti, attualmente sull’isola, aspettano l’arrivo del Papa: c’è curiosità, speranza e tanta gratitudine come conferma ai nostri microfoni Zaccaria, partito dalla Somalia e approdato proprio a Lampedusa:

    “Senz’altro posso dire che è un momento storico. Una cosa veramente indispensabile, che fa vedere la situazione e cosa vuol dire l’accoglienza. La preghiera ha molto significato”.

    Il successore di Pietro viene per pregare, rinnovare nella fede, per scuotere le coscienze dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero. Gli isolani questa sera, alle 21.00, si ritroveranno nella parrocchia di San Gerlando per accompagnare il Papa con la preghiera. Sobrio ma densissimo il programma di domani del Santo Padre. Toccante sarà il momento in cui deporrà in mare una corona di fiori, per i tanti che non hanno mai visto questo avamposto e riposano sotto le acque, che d’estate sono meta di turisti e vacanzieri. Papa Francesco sarà accompagnato dai pescatori, guardiani dell’orizzonte, vere e proprie ancore di salvezza per migliaia di persone. Poi abbraccerà chi varcando questa porta del Vecchio Continente conserva un fardello che non dimenticherà mai; quindi la Santa Messa nel campo sportivo e l’incontro riservato nella parrocchia di don Stefano Nastasi, testimone della carità insieme agli abitanti e tanti volontari; specchi di un dolore che non può rimane muto.

    Dunque la visita del Papa dovrebbe smuovere l’attenzione di tutto il mondo. Massimiliano Menichetti ne ha palato con il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti:

    R. - Di fatto, Lampedusa è uno dei tanti punti di arrivo dei flussi migratori mondiali, e forse tra i minori dal punto di vista quantitativo. Oggi il mondo si trova a confronto con la dura realtà di oltre 100 milioni di sfollati in tutti i continenti. 100 milioni è una cifra enorme. In alcune regioni e in alcuni Paesi, vi sono milioni di persone che offrono ospitalità ad altri milioni di esseri umani, anche per molti anni. Penso, ad esempio, ai rifugiati afgani che si trovano in Pakistan o in Iran. In effetti, anche oggi sta accadendo una tragedia umana in molte aree del pianeta e quella più visibile si sta verificando in Medio Oriente, dove migliaia di siriani quotidianamente passano il confine per entrare nei Paesi vicini, con immagini drammatiche che vediamo riprese e trasmesse dai mass-media sui nostri teleschermi. Poi, vi sono ancora molte situazioni in cui uomini, donne e bambini vivono da anni in campi profughi, senza che si prospetti una soluzione in vista; persone più o meno dimenticate, come in alcune regioni dell’Africa. E sottolineo persone dimenticate. Mi auguro che la visita del Santo Padre a Lampedusa possa suscitare una rinnovata attenzione da parte di tutti, alla quale facciano seguito manifestazioni di concreta preoccupazione e di solidarietà per migliorare situazioni divenute disumane e inaccettabili.

    D. - I media di tutto il pianeta parlano di questa visita. Ma cosa dovrebbe seguire concretamente a tale iniziativa, quando le telecamere abbandoneranno questo luogo di speranza e morte?

    R. - È proprio quello che ho appena cercato di dire: una rinnovata preoccupazione nei confronti di milioni di persone costrette ad abbandonare le loro case; garantire i diritti che spettano ai perseguitati; impegnarsi perché tutti possano vivere con dignità. Ricordo che qualche anno fa - io ero appena arrivato qui come presidente - uno dei miei collaboratori lanciò una forte sfida ad un politico, proponendogli - cito le parole esatte - di restare a vivere in un campo rifugiati per quindici giorni, condividendo le stesse condizioni di vita dei profughi, per poi avere una discussione su quello che si dovrebbe fare. Bisogna sperimentare, infatti, cosa vuol dire vivere in certe situazioni. Non potrei esprimerlo meglio che citando Papa Francesco che ha detto, quando ci ha ricevuti un mese fa al termine della Plenaria del dicastero: “Auspico che la Comunità internazionale si senta sempre più interpellata a porre al centro delle sue attenzioni la dignità e la centralità di ogni persona umana.[…] Oggi come non mai è urgente approntare nuovi approcci di diverso genere, nell’ambito civile, culturale e sociale, come pure nella dimensione pastorale, per far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, di oppressione e, talvolta, anche di schiavitù”.

    D. - Che vuol dire accogliere l’altro e come si favorisce questo incontro abbattendo i pregiudizi e le paure?

    R. - Da sempre il cristianesimo si è qualificato per il suo atteggiamento sensibile e aperto verso i deboli e verso gli stranieri. Ci sono molti racconti storiografici nella Bibbia che sono legati ad incontri inaspettati con i forestieri. Leggendo le lettere di San Paolo, ad esempio, si vede che la comunità cristiana di Roma si era distinta nell’ospitalità. Soprattutto l’elemento dell’accoglienza rendeva i cristiani diversi dagli altri. Se qualcuno non aveva un posto dove ripararsi, sapeva di trovare buona accoglienza in quella comunità, dove volentieri amavano chiamarsi tra loro “fratelli” e “sorelle”. Da notare che questo trattamento non era riservato soltanto ai membri della comunità, ma veniva raccomandato a prescindere dalle caratteristiche individuali. Le comunità cristiane spendevano tempo, energie e risorse per onorare l’ospitalità. E questo suscitava ammirazione negli scrittori non cristiani che ne hanno lasciato testimonianza. Con il passar del tempo, questa pratica dell’ospitalità ha dato vita a innumerevoli opere di beneficenza: ospedali, case di cura, ospizi, foresterie…

    Alla base di tutto c’è la convinzione che siamo una sola famiglia umana, nel rispetto delle nostre legittime differenze. Infatti solo nel cristianesimo parliamo tra di noi di fratelli, sorelle e questa è una rivoluzione enorme. Per questo dobbiamo aver cura gli uni degli altri. Conoscere chi ci sta vicino è il miglior modo per cacciar via la paura. Papa Giovanni Paolo II - presto Santo - più volte ha detto: “Non abbiate paura”. Anche in questo caso, abbiamo bisogno di rimanere fedeli agli insegnamenti di Gesù, che ha vissuto sulla sua pelle il dramma del rifugiato quando è dovuto fuggire in Egitto per sottrarsi ad Erode che lo voleva uccidere.

    D. - Papa Francesco ha ribadito più volte l’importanza di guardare, agire nelle periferie del mondo. Lampedusa può diventare un esempio di rinascita?

    R. - Potrebbe davvero diventare un esempio di rinascita. La visita del Santo Padre conferma quello che le Chiese locali, gli Istituti religiosi e i laici cristiani impegnati stanno facendo in molti modi diversi e complementari. La nostra sollecitudine pastorale ci incoraggia a restare vicino a coloro che sono costretti a fuggire, sensibili e attenti alla loro situazione. Questo è molto esigente e avrà una particolare ripercussione su tutti noi, visto che saremo toccati sul vivo, soprattutto se lasciamo entrare questi nuovi poveri nella nostra vita, se non distogliamo gli occhi da questi nuovi schiavi dell’era moderna.

    Voglio solo citare, come esempi tra tanti altri, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, la Caritas, le Commissioni episcopali per la mobilità umana e la Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni. Si tratta di organismi che vivono con i rifugiati e gli sfollati e cercano di assisterli, per migliorare le loro condizioni di vita. Ecco, la nostra stessa presenza in circostanze tanto difficili è un’autentica testimonianza di fede. Per loro la visita del Papa sarà come una forma di sostegno e di incoraggiamento per il lavoro che stanno facendo. Lo stesso vale per le persone che sono arrivate a Lampedusa e per la popolazione locale, che si prende cura di chi arriva con straordinari esempi di generosità e di altruismo.

    Per molti di noi, questa visita può diventare un nuovo appello a prendere in seria considerazione ciò che il messaggio di Gesù vuol dire sulla sofferenza nel mondo, intorno a noi. Come possiamo rispondere a questo appello con azioni concrete, affrontando anche le cause che stanno all’origine dei flussi migratori e proponendo soluzioni eque per creare situazioni di sicurezza, di stabilità, di coesione sociale e di responsabile integrazione?

    D. - Quale il suo augurio per questo viaggio di Papa Francesco?

    R. - Il 5 luglio ho visto il Santo Padre quando ha consacrato lo Stato della Città del Vaticano a San Giuseppe e a San Michele Arcangelo ed ha benedetto una statua dedicata a quest’ultimo. C’erano sia Papa Francesco sia il Papa emerito Benedetto. Spero che si realizzino le aspettative che il Santo Padre porta nel cuore e che gli hanno suggerito questo primo viaggio all’inizio del suo pontificato. Parlando con Papa Francesco ho detto che tutti erano rimasti contenti di questa sua decisione di andare a Lampedusa. È un segno forte. Mi auguro che la sua visita, quello che farà e quello che dirà sappiano sensibilizzare l’opinione pubblica sui motivi che costringono uomini, donne, anziani e bambini a fuggire, sollecitando maggiore comprensione e compassione nella società. Parlando con il Papa ho anche detto: “Santo Padre noi non possiamo risolvere tutti i problemi ma possiamo però creare una nuova mentalità più favorevole, più aperta a questi nostri fratelli che si trovano in condizioni molto più difficili delle nostre”. L’atteggiamento del Santo Padre nei confronti di coloro che soffrono, toccati dalla persecuzione o dalla miseria, ci ricorda che una società che vuol definirsi civile non può accettare che vi siano persone innocenti che sopravvivono in condizioni disumane, private di dignità, di presente e di futuro. Anche questo può essere fonte di ispirazione per una rinnovata attenzione umana, civile ed una rinnovata attenzione pastorale.

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    Oggi in Primo Piano



    Resta alta la tensione in Egitto, incerta la nomina di El Baradei a premier

    ◊   Nuova giornata di protesta al Cairo per i Fratelli Musulmani come per i manifestanti anti Morsi che si stanno concentrando in piazza Tahrir. Incerta, intanto, la nomina del premio Nobel per la Pace, El Baradei, a primo ministro del Paese, mentre una nuova esplosione ad un gasdotto si è verificata nel Sinai. Ci aggiorna Roberta Barbi:

    La smentita arriva poco prima di mezzanotte: la presidenza egiziana di Adly Mansour sta valutando “diverse opzioni” oltre a quella di Mohamed El Baradei come primo ministro ad interim del Paese, anche se la sua nomina sembrerebbe “la più logica”, ed ha comunicato che non c’è una data fissata per la designazione del premier. Contro di lui, definito un uomo degli Stati Uniti, si sono scagliati i Fratelli Musulmani, la cui protesta davanti alla moschea di Rabaa el Adaweya proseguirà fino a che il deposto Morsi non tornerà in carica, ed il partito islamico Nour. Dal canto suo l’ex presidente dell’Aiea, che in caso di nomina chiede “piene prerogative” per formare un governo di coalizione “inclusivo”, fa sapere che la sua unica linea rossa è “il rispetto della tolleranza e della democrazia” e che l’ex presidente Morsi va trattato “con dignità”. Sulla nomina di El Baradei è intervenuto anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ribadendo che Washington non appoggia “nessun partito egiziano in particolare” e confermando la propria preoccupazione per la “polarizzazione politica” che si sta verificando in Egitto. Proseguono dunque i negoziati, mentre i manifestanti anti Morsi continuano a confluire nella centrale piazza Tahrir e la Procura generale egiziana ha ordinato l’arresto per due esponenti del braccio armato dei Fratelli Musulmani, accusati di istigazione all’uccisione di manifestanti durante le proteste. Nella notte, inoltre, una nuova esplosione di natura incerta si è verificata nel Sinai, colpendo un gasdotto che collega l’Egitto alla Giordania, già oggetto in precedenza di diversi attacchi.

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    Corea del Nord e Corea del Sud a colloquio per riaprire il distretto industriale di Kaesong

    ◊   Segnali di riavvicinamento tra Corea del Nord e Corea del Sud. Sono infatti ripresi da qualche giorno i colloqui sulla riapertura del complesso industriale di Kaesong, dove fino a tre mesi fa imprese sudcoreane operavano in territorio nordcoreano. Ma qual è il significato di questo passo diplomatico? Michele Raviart lo ha chiesto a Rosella Ideo, esperta ed analista geopolitica dell’Asia orientale.

    R. – Kaesong ha rappresentato davvero, anche simbolicamente, questa cooperazione fra i due Paesi. E’ stato proprio il momento in cui uomini del sud e uomini del nord hanno in un certo senso collaborato, malgrado le ovvie restrizioni poste dal governo dei Kim.

    D. – Quali sono le potenzialità di questa zona in chiave di riappacificazione?

    R. – Kaesong doveva essere ancora migliorata in modo da creare i motivi di fiducia tra le due popolazioni. Naturalmente Kaesong è una zona industriale relativamente piccola, dove però c’erano oltre 120 piccole imprese sudcoreane, con duemila operai e circa 25 mila impiegati che lavoravano sia all’interno, sia con i subappalti, etc. Soprattutto, c’erano 53 mila operai nordcoreani. Tutto questo ha portato a circa 90 milioni di dollari di guadagni.

    D. - Il regime nordcoreano alterna momenti di tensione a momenti di distensione. Qual è invece la posizione della Corea del Sud?

    R. – C’è da considerare che nel governo della sig.ra Park, che è un governo conservatore, molti sono i falchi che vogliono continuare a mantenere un atteggiamento di durezza nei confronti del nord, a meno che non si privi dell’arma nucleare che tra l’altro è l’unico atout di cui dispone la Corea del nord. Quindi questi rapporti sono molto tesi ed è difficile a questo punto vedere di chi è la colpa. C’è una mancanza totale di fiducia tra i due governi.

    D. – Abbiamo parlato di nucleare. Come viene visto il problema sia dalla Corea del sud sia, a questo punto, a livello internazionale?

    R. - La questione nucleare è una questione che va vista nel contesto della geopolitica dell’Asia nordorientale e cioè degli interessi geopolitici delle grandi potenze, soprattutto degli Stati Uniti e della Cina. Gli Stati Uniti stanno tornando in Asia in forze. Stanno spostando tutte le forze militari in questo scacchiere e l’idea è di controllare in un certo senso la Cina. La Cina se ne rende perfettamente conto e non penso mollerà mai il regime dei Kim che la mette in imbarazzo molto spesso. La sfida sino-americana non permette a questa povera penisola di decidere da sola le sue sorti.

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    Appello dell’Onu per il Sahel: 11 milioni di persone a rischio fame

    ◊   “Se le popolazioni del Sahel non verranno presto aiutate, 11 milioni di persone rischieranno di morire di fame”. È l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite riguardo alla situazione nei Paesi africani della fascia semidesertica a ridosso del Sahara. Secondo l’Onu la crisi siriana sta infatti assorbendo i principali finanziamenti e agli aiuti per il Sahel servono ancora 1,7 miliardi di dollari. A questo si aggiunge il conflitto in Mali che ha causato centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati interni. Marco Guerra ne ha parlato con Moira Moracelli, responsabile per l’Africa Occidentale della Caritas Italiana, che ha da poco visitato le zone coinvolte nell’emergenza:

    R. - C’è una crisi che potremmo definire “strutturale” che può essere aggravata e acutizzata da una stagione delle piogge che può non essere buona. Inoltre i conflitti, in particolare il conflitto nel nord del Mali, che aggravano la situazione. Quindi, c’è preoccupazione anche perché sembra una crisi abbastanza dimenticata dai media. La seguiamo con molta attenzione essendo in contatto anche con i direttori delle Caritas dei Paesi, in particolare del Niger, del Mali, del Senegal e del Burkina Faso.

    D. - Una crisi che sembra dimenticata anche dai donatori internazionali. Sempre secondo l’Onu mancano all’appello 1,7 miliardi di donazioni…

    R. - Nell’analisi che si fa in generale, anche a livello delle Caritas locali, si vede che dopo una grande mobilitazione che c’è stata nel periodo del picco della crisi - fra la fine del 2010 e gli inizi del 2011 ed il 2012 - ora le donazioni e i partenariati stanno diminuendo. Pertanto la situazione rimane preoccupante.

    R. - E la guerra in Mali, dunque, ha aggravato la situazione nel Sahel...

    D. - Il conflitto nel Nord del Mali ha portato, aggravato e acutizzato la situazione nel Paese e nei Paesi limitrofi, in particolare nelle zone frontaliere. I dati ufficiali parlano oggi di 527 mila persone sfollate interne, 174 mila rifugiati; quindi circa 700 mila persone che hanno bisogno di aiuto e di assistenza in Mali. Questi sono i dati Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) delle Nazioni Unite del 20 giugno. Anche secondo i gruppi delle Nazioni Unite riguardanti la sicurezza alimentare circa tre milioni e mezzo di persone subiscono gli effetti della crisi, e circa un milione e mezzo di persone hanno bisogno immediato in Mali. Questi sono dati concreti che danno un po’ il livello della situazione.

    D. - L’instabilità politica nei Paesi della regione quanto si ripercuote su queste continue crisi alimentari ed umanitarie?

    R. - Sicuramente tutti i fattori sono legati, per questo tali crisi vengono definite anche “crisi complesse”: fattori politici, fattori ambientali - climatici e naturali - si intersecano fra di loro. Non dimentichiamo che climaticamente, a livello di territorio, c’è una grande fragilità di questi Paesi e le crisi politiche sicuramente influiscono sul sistema, sulle crisi, sulla fragilità di questi Paesi.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terribile incidente ferroviario in Canada, almeno un morto accertato e 80 dispersi

    ◊   È di almeno un morto e 80 dispersi il bilancio ancora provvisorio di uno spaventoso incidente ferroviario avvenuto nella notte tra venerdi e sabato, nella cittadina canadese di Lac-Megantic, 250 km a est di Montreal, nella regione del Quebec. Un treno merci della compagnia Montreal Maine & Atlantic che trasportava 120mila litri di petrolio verso gli Stati Uniti, mentre si trovava in fase di stazionamento è in qualche modo ripartito deragliando nel centro della cittadina e causando un violento incendio, che ha distrutto oltre 40 edifici. Immediatamente sono intervenuti i vigili del fuoco, coadiuvati da squadre provenienti dal vicino Stato Usa del Maine, ma la dinamica dell’incidente non è ancora chiara: al momento del disastro, infatti, pare che il conducente si trovasse in un albergo della città e non è chiaro come il convoglio possa essersi rimesso in moto. Secondo alcuni testimoni oculari il treno si è diretto come un proiettile verso la cittadina e poi almeno 73 dei vagoni sono bruciati. Le autorità hanno disposto l’evacuazione di 2 mila dei 6 mila abitanti di Lac-Megantic, e si stanno organizzando per rispondere alle famiglie dei numerosi giovani che mancano all’appello da ieri: tra i palazzi investiti dalle fiamme, infatti, c’erano anche diversi bar molto frequentati dai ragazzi del posto. Tra i diversi danni riportati, è stato segnalato anche il riversamento di carburante nelle acque del fiume Chaudière e l'interruzione dell'erogazione dell'acqua corrente. A 30 ore dal disastro il rogo non è ancora del tutto spento e l'area resta off limits per il pericolo di nuove esplosioni. (R.B.)

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    Turchia. Nuovi scontri a Istanbul, 59 arresti

    ◊   Tornano gli scontri tra polizia e manifestanti a Istanbul, in Turchia. Ieri sera gli agenti hanno dovuto ricorrere a idranti e gas lacrimogeni per impedire l’accesso di centinaia di manifestanti in piazza Taksim dalla via Istiklal, principale arteria commerciale della città. Nella notte almeno 59 persone, tra cui un cittadino straniero e due giornalisti, sono stati arrestati, mentre negli scontri che sono seguiti diverse persone e 12 giornalisti sono rimasti feriti. La nuova ondata di manifestazioni si è scatenata poche ore dopo l’annuncio da parte del governatore di Istanbul sulla permanenza del divieto di assembramento in piazza Taksim, luogo simbolo delle proteste innescate alla fine di maggio dalla decisione di sradicare 600 alberi dal vicino Gezi Park, poi sfociate in sommosse antigovernative. Il governatore ha anche annunciato l’imminente riapertura del parco al pubblico. (R.B.)

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    Pakistan. Attentato a Lahore, 5 morti e 50 feriti

    ◊   È salito a cinque morti e almeno 50 feriti il bilancio di un violento attentato che ieri sera ha insanguinato Lahore, capitale della provincia pakistana del Punjab e città relativamente immune, finora, dal rischio terrorismo. Questa la dinamica dell’episodio: una bomba è esplosa all’interno del ristorante Bokhara, locale tra i più antichi della città e frequentato da famiglie del ceto medio-basso, causando un enorme cratere e danneggiando anche i negozi e le auto parcheggiate nelle strade circostanti. L’area, immediatamente isolata dalle forze dell’ordine, fa parte di una zona considerata ad alta sicurezza per la presenza di edifici governativi tra i quali l’ufficio centrale della polizia, e al momento dell’esplosione era molto affollata di persone intente a fare compere per l’imminente inizio del Ramadan, il mese islamico del digiuno e della purificazione. L'attentato non è ancora stato rivendicato. (R.B.)

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    Rete Pace per il Congo propone come sbloccare i negoziati tra governo e M23

    ◊   La Rete Pace per il Congo ha inviato una nota all’agenzia Fides in cui fornisce tre possibilità di soluzione per uscire dall’impasse in cui versano i negoziati tra il governo della Repubblica Democratica del Congo e il movimento dei ribelli denominato 23 Marzo (M23). La prima alternativa è, per così dire, militare: l’imminente dispiegamento sul territorio di una brigata militare speciale della missione Onu nel Paese potrebbe contribuire a disarmare i diversi gruppi armati presenti o almeno a bloccare sul nascere nuovi scontri. Oppure si potrebbe optare per soluzioni che riguardano direttamente la sfera politica e sociale: la nuova Commissione elettorale nazionale indipendente, ad esempio, potrebbe contribuire al rafforzamento della democratizzazione e all’isolamento delle forze estremiste che alimentano le azioni dei movimenti proseguendo il processo elettorale attraverso l’indizione di elezioni provinciali e municipali. Infine ci sarebbe la possibilità di convocare un dialogo nazionale con la partecipazione delle varie parti in causa, che crei e rinforzi quell’unità nazionale indispensabile per superare qualunque tipo di minaccia incombente dall’interno come dall’esterno del Paese, mettendo gli interessi nazionali al di sopra di tutto. Per fare questo, tra l’altro, occorrerebbe una riforma dell’esercito e della polizia che ponga fine alla corruzione e all’inefficienza da cui sono afflitti. (R.B.)

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    Bolivia. Nuova legge per i figli dei detenuti: compiuti 11 anni vivranno fuori dal carcere

    ◊   L’Agenzia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti umani plaude, definendolo “un fatto unico al mondo”, la decisione del governo boliviano di evacuare dalle carceri i figli di detenuti che hanno più di 11 anni, mandandoli a vivere con altri familiari, se non diversamente disposto dalle autorità stesse. La decisione – riferita dalla Fides – è stata presa in seguito alle ultime denunce di abusi in accordo con la Defensoria del pueblo e riguarderà 2100 bambini in totale. Nella sola capitale La Paz, ad esempio, sono circa 250 i minori che vivono con genitori reclusi: le regole attuali, spesso disattese, prevedono che i piccoli rimangano a vivere in prigione con i genitori fino all’età di 6 anni. (R.B.)

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    India. La comunità cristiana critica la legge sulla sicurezza alimentare: troppe lacune

    ◊   Rivedere il testo di legge secondo un processo di consultazione dal basso, per adottare un decreto che sia realmente utile a garantire la sicurezza alimentare. Questa la richiesta che la comunità cristiana dell’India, riunita nella campagna “Diritto al cibo”, fa in merito al progetto di legge sulla sicurezza alimentare denominato “Food security Bill”, che il Parlamento federale vorrebbe approvare senza troppe discussioni. Secondo le critiche, infatti, il testo, che prevede di distribuire 5 kg di cereali a persona ogni mese ad un prezzo calmierato e pasti gratuiti a donne incinta o in allattamento e ai bambini dai 6 mesi ai14 anni, presenterebbe molte lacune, a partire dal quantitativo pro capite dei cereali, esiguo in quanto ammonta a 166 g giornalieri. “Un tema come questo che tocca milioni di persone nel nostro Paese – dichiara il gesuita padre Jothi, uno dei leader della campagna sulla sicurezza alimentare, attiva dal 2009 – richiede un dibattito profondo in Parlamento”. Tra i temi che si suggerisce di considerare nella legge, riporta la Fides, ci sono i problemi degli agricoltori la cui attività è priva di sostegni dall’alto, quando circa il 60% della popolazione indiana dipende solo dalla propria sussistenza. Inoltre il testo discrimina le madri che hanno più di due figli, escludendole dai benefici previsti, e non prevede la possibilità d’interventi immediati in caso di emergenze derivanti da calamità naturali o disastri. (R.B.)

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    A settembre il Cortile dei Gentili è dedicato ai giornalisti

    ◊   Si svolgerà il 25 settembre prossimo a Roma e sarà interamente dedicato ai giornalisti, il prossimo appuntamento del Cortile dei Gentili, la struttura creata da Benedetto XVI in seno al Pontificio Consiglio della cultura per promuovere il dialogo tra credenti, agnostici e atei. La forma in cui si terrà l’incontro – riporta l’agenzia Sir – è la consueta: il confronto sulle grandi problematiche culturali e sociali. Per questo appuntamento particolare, la cui cornice d’eccezione sarà il Tempio di Adriano in piazza di Pietra, i temi di discussione scelti sono: “Etica della società ed etica della comunicazione”; “Libertà e responsabilità nell’informazione. Obiettività e verità” e “Giornalismo, cultura e fede. Credere è comunicare”. In programma il dialogo tra il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, cardinale Gianfranco Ravasi, e il fondatore del quotidiano Repubblica, Eugenio Scalfari. A questo seguiranno interventi dei direttori dei principali quotidiani italiani, come Ferruccio De Bortoli del Corriere della Sera; Ezio Mauro di Repubblica; Roberto Napoletano del Sole 24Ore; Mario Calabresi della Stampa, e di editorialisti famosi quali Lilli Grüber e Marcello Sorgi. (R.B.)

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    Dal 21 al 28 luglio torna il Fiuggi Family Festival: il tema è “Tutti per Uno”

    ◊   Dal 21 al 28 luglio la cittadina termale di Fiuggi sarà animata dal Fiuggi Family Festival, kermesse cinematografica interamente dedicata alle famiglie, ormai giunto alla sesta edizione. Il tema scelto per quest’anno è “Tutti per Uno” e all’inaugurazione, il 21 luglio, andrà in scena “C’era una volta”, spettacolo teatrale interpretato da bambini disabili e curato dell’Unitalsi, ma sono previste anche attività di divertimento per tutte le età e una particolare maratona per le famiglie in collaborazione con il Forum delle associazioni familiari. Il Festival – ricorda il Sir – presieduto da Antonella Bevere Astrei e diretto da Mussi Bollini, gode del patrocinio del Forum nazionale delle associazioni familiari e del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Da segnalare, nel programma, l’opera di Edoardo Winspeare “L’anima attesa”, sulla vita e l’eredità spirituale di don Tonino Bello, oltre al documentario “Bells of Europe”, realizzato dal Centro televisivo vaticano e da Rai Cinema sul futuro della cultura in Europa. Tra le attività parallele offerte, infine, ogni mattina ci sarà la possibilità di passeggiate e itinerari sul cammino delle Abbazie, da Subiaco a Montecassino, sulle orme di San Benedetto: un percorso a 9 tappe per ripercorrere il viaggio compiuto dal Santo patrono d’Europa tra il 525 e il 529, a cura del Club alpino italiano. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 188

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.