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Sommario del 02/07/2013
Il Papa: fuggiamo dal peccato senza averne nostalgia, dobbiamo essere forti nella debolezza
◊ Il cristiano è chiamato ad essere coraggioso nella propria debolezza. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che, a volte, dobbiamo riconoscere che siamo deboli e dunque dobbiamo fuggire senza nostalgia del peccato, senza guardare indietro. Alla Messa, concelebrata dal cardinale Manuel Monteiro de Castro e mons. Beniamino Stella, hanno preso parte un gruppo di sacerdoti e collaboratori del Tribunale della Penitenzieria Apostolica e un gruppo della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Agire con lentezza, guardare indietro, avere paura e rivolgersi al Signore, alla grazia dello Spirito Santo. Nella sua omelia, Papa Francesco ha preso spunto dalle Letture di oggi per soffermarsi su quattro “atteggiamenti possibili nelle situazioni conflittuali, nelle situazioni difficili”. Il primo atteggiamento è quello della “lentezza” di Lot. Egli, ha osservato il Papa, era deciso a lasciare la città prima che fosse distrutta, ma lo fa piano piano. L’angelo gli dice di fuggire, ma c’è in lui l’“incapacità del distacco dal male, dal peccato”. Noi, ha aggiunto, vogliamo uscire, siamo decisi,” ma "c’è qualcosa che ci tira indietro” e così Lot si mette a negoziare perfino con l’angelo:
“E’ tanto difficile tagliare con una situazione peccaminosa. E’ difficile! Anche in una tentazione, è difficile! Ma la voce di Dio ci dice questa parola: ‘Fuggi! Tu non puoi lottare lì, perché il fuoco, lo zolfo ti uccideranno. Fuggi!’. Santa Teresina del Bambin Gesù ci insegnava che alcune volte, in alcune tentazioni, l’unica soluzione è fuggire e non avere vergogna di fuggire; riconoscere che siamo deboli e dobbiamo fuggire. E il nostro popolo nella sua semplice saggezza lo dice un po’ ironicamente: ‘Soldato che fugge, serve per un’altra guerra’. Fuggire per andare avanti nella strada di Gesù”.
L’angelo, ha aggiunto, dice poi di “non guardare indietro”, di fuggire e guardare avanti. Qui, ha detto, c’è un consiglio a vincere la nostalgia del peccato. Pensiamo al Popolo di Dio nel deserto, ha sottolineato: “Aveva tutto, le promesse, tutto”. Eppure, “c’era la nostalgia delle cipolle d’Egitto” e questa “nostalgia faceva dimenticare loro che quelle cipolle le mangiavano sulla tavola della schiavitù”. C’era la “nostalgia di ritornare, ritornare”. E il consiglio dell’angelo, ha osservato il Papa, “è saggio: Non guardare indietro! Va avanti”. Non dobbiamo fare come la moglie di Lot, dobbiamo “tagliare ogni nostalgia, perché c’è la tentazione anche della curiosità”:
“Davanti al peccato, fuggire senza nostalgia. La curiosità non serve, fa male! ‘Ma, in questo mondo tanto peccaminoso, come si può fare? Ma come sarà questo peccato? Io vorrei conoscere...’. No, lascia! La curiosità ti farà male! Fuggire e non guardare indietro! Siamo deboli, tutti, e dobbiamo difenderci. La terza situazione è sulla barca: è la paura. Quando viene nel mare un grande sconvolgimento, la barca era coperta dalle onde. ‘Salvaci, Signore, siamo perduti!’ Dicono loro. La paura! Anche quella è una tentazione del demonio: avere paura di andare avanti sulla strada del Signore”.
C’è la tentazione che dice che è “meglio rimanere qui”, dove sono sicuro. “Ma questo – ha avvertito - è l’Egitto della schiavitù!”. Ho “paura di andare avanti – ha ribadito il Papa - ho paura di dove mi porterà il Signore”. La paura, però, “non è un buon consigliere”. Gesù, ha soggiunto, “tante volte, l’ha detto: ‘Non abbiate paura!’. La paura non ci aiuta”. Il quarto atteggiamento, ha poi sottolineato, “è la grazia dello Spirito Santo”. Quando Gesù fa tornare la bonaccia sul mare agitato, i discepoli sulla barca sono pieni di stupore. “Sempre, davanti al peccato, davanti alla nostalgia, davanti alla paura”, ha affermato, dobbiamo rivolgerci al Signore:
“Guardare il Signore, contemplare il Signore. Questo ci dà questo stupore, tanto bello, di un nuovo incontro con il Signore. ‘Signore, io ho questa tentazione: voglio rimanere in questa situazione di peccato; Signore, io ho la curiosità di conoscere come sono queste cose; Signore io ho paura’. E loro hanno guardato il Signore: ‘Salvaci Signore, siamo perduti!’ Ed è venuto lo stupore del nuovo incontro con Gesù. Non siamo ingenui né cristiani tiepidi, siamo valorosi, coraggiosi. Siamo deboli noi, ma dobbiamo essere coraggiosi nella nostra debolezza. E il nostro coraggio tante volte deve esprimersi in una fuga e non guardare indietro, per non cadere nella cattiva nostalgia. Non avere paura e sempre guardare il Signore!”.
Tweet del Papa: Cristo, nostra roccia, ci dà solidità e fermezza ma anche gioia e serenità
◊ Nuovo tweet di Papa Francesco: “Non si può vivere da cristiani al di fuori della roccia che è Cristo. – scrive il Pontefice - Cristo ci dà solidità e fermezza, ma anche gioia e serenità”. L’account @Pontifex in nove lingue ha superato i 7 milioni 211 mila follower, così suddivisi: 2.736.800 in spagnolo, 2.637.600 in inglese, 859.000 in italiano, 424.400 in portoghese, 153.400 in francese, 119.900 in latino, 115.100 in tedesco, 96.700 in polacco e 68.200 in arabo.
◊ Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e il cardinale Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero.
Ior: si dimettono direttore e vice-direttore
◊ Il direttore dello Ior Paolo Cipriani e il vice-direttore Massimo Tulli si sono dimessi dai loro incarichi. Lo afferma un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede. Secondo la nota "dopo molti anni di servizio ambedue hanno deciso che questo atto sarebbe stato nel migliore interesse dell’Istituto stesso e della Santa Sede. Il Consiglio di sovrintendenza e la Commissione dei Cardinali hanno accettato le loro dimissioni e hanno chiesto al presidente Ernst von Freyberg di assumere ad interim le funzioni di direttore generale con effetto immediato. L’Autorità di Informazione Finanziaria è stata informata. La Commissione speciale nominata il 26 giugno scorso ha preso atto di questa decisione - continua la nota - Ernst von Freyberg sarà coadiuvato da Rolando Marranci in qualità di vice-direttore e da Antonio Montaresi nella nuova posizione di Chief Risk Officer con la responsabilità di compliance e progetti speciali. Rolando Marranci è stato Chief Operating Officer presso una nota banca italiana a Londra. Antonio Montaresi ha operato come Chief Risk Officer e Chief Compliance Officer presso varie banche negli Stati Uniti".
Il presidente Ernst Von Freyberg ha dichiarato che a nome del Consiglio di Sovrintendenza ringrazia "il sig. Cipriani e il sig. Tulli per la dedizione personale manifestata nel corso degli anni. Sono lieto della nomina di Rolando Marranci e Antonio Montaresi in quanto eccellenti professionisti. Dal 2010 lo Ior e la sua direzione hanno lavorato seriamente per portare le strutture e i procedimenti in linea con gli standard internazionali di lotta al riciclaggio di denaro. Sebbene siamo grati per i risultati conseguiti, oggi è chiaro che abbiamo bisogno di una nuova direzione per accelerare il ritmo di questo processo di trasformazione. I progressi fatti sono in gran parte dovuti al sostegno continuo degli organismi di governo dell’Istituto e del suo personale".
Il Consiglio di Sovrintendenza – riferisce la Sala Stampa vaticana – “ha avviato un procedimento di selezione al fine di nominare un nuovo Direttore Generale e un Vice Direttore nel prossimo futuro. Nel maggio scorso, il Promontory Financial Group, guidato da Elizabeth McCaul (Partner-in-charge del New York Office e Chief Executive Officer di Promontory Europe) e Raffaele Cosimo (Chief Operating Officer di Promontory Europe) è stato incaricato dal Presidente del Consiglio di Sovrintendenza di potenziare il programma antiriciclaggio dell’Istituto in sette flussi di lavoro, conducendo una forensic review e il controllo dei rapporti con i clienti. Ernst von Freyberg ha inoltre chiesto a Elizabeth McCaul e a Raffaele Cosimo di fungere da Senior Advisors per la gestione dell’Istituto, data la loro grande competenza ed esperienza”.
L’Istituto per le Opere di Religione – ricorda infine il comunicato - è un istituto fondato nel 1942 per decreto papale. Lo scopo dello Ior è di servire la Santa Sede e la Chiesa Cattolica in tutto il mondo, come stabilito nel suo statuto. Lo Ior protegge il patrimonio di un gruppo chiaramente precisato di persone fisiche e giuridiche con affiliazione alla Chiesa Cattolica definita dal diritto canonico o dal diritto dello Stato della Città del Vaticano. La struttura di governance dello Ior è costituita da una Commissione Cardinalizia, un Prelato, un Consiglio di Sovrintendenza e una Direzione. Lo Ior che ha 114 dipendenti, ha sede esclusivamente sul territorio sovrano dello Stato della Città del Vaticano.
Beatificazione del card. Van Thuân: il 5 luglio la chiusura dell'inchiesta diocesana
◊ Si concluderà venerdì prossimo, dopo poco più di due anni e mezzo, l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità del cardinale vietnamita Francois-Xavier Van Thuân, morto il 16 settembre del 2002. Nel 1975, pochi mesi dopo essere stato nominato arcivescovo, fu imprigionato per 13 anni, di cui 9 in isolamento, per la sua fede. Il servizio di Fausta Speranza:
Venerdì, dopo una solenne celebrazione eucaristica nella Basilica di Sant’Antonio di Padova a Roma, all’Auditorium Antonianum verrà presentata la traduzione italiana delle sei Lettere pastorali del cardinale Van Thuân, scritte tra il 1968 e il 1973, pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana e curata dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Della figura del cardinale Van Thuân, abbiamo parlato con il postulatore, dr. Waldery Hilgeman:
R. – E’ stato prigioniero sotto il regime comunista in Vietnam. E’ stato incarcerato senza un legittimo processo. Questa carcerazione è durata 13 anni, di cui nove in isolamento totale, senza mai rinnegare la sua fede, senza mai accettare compromessi. Il cardinale è molto famoso per una croce pettorale, che lui una volta liberato faceva vedere molto in giro, e che è diventata il simbolo della sua prigionia e anche il simbolo della sua spiritualità. Ha costruito questa croce durante la sua prigionia, con pezzetti di legno che gli erano stati forniti proprio dalle sue guardie, ed è poi riuscito a costruire una catena con il filo elettrico. Una volta diventato cardinale, ha continuato ad indossare questa croce, simbolo della sua prigionia e simbolo della sua spiritualità.
D. – Una testimonianza fortissima per tutti i cristiani, ma anche un personaggio storico per il Vietnam?
R. – Certo, è un personaggio storico per il Vietnam, perché è un vescovo che è diventato martire della speranza. Lui è stato incarcerato e durante questo periodo di incarcerazione non ha mai perso la speranza nella Chiesa, non ha mai rinnegato la Chiesa. E questo è un simbolo per quel popolo che ancora oggi lì non si trova a vivere in uno stato di libertà religiosa come dovrebbe essere.
D. – Il cardinale Van Thuân ha dato una testimonianza fortissima durante la carcerazione, ma poi questa testimonianza è continuata attraverso racconti, mai rancorosi, mai con accenti di odio, mai con una parola brutta nei confronti di quello che era successo, ma sempre una testimonianza forte di amore. E’ così?
R. – E’ così, e non poteva essere diversamente. Le guardie che lo tenevano sotto controllo, in prigione, dicevano: “Ma tu un giorno, se sarai liberato, ci farai perseguitare?” E lui: “No, assolutamente”. “Ci farai uccidere?” E lui: “Certo che no, io vi amo”. “Come? Tu ci ami?” “Sì, certo. Io vi amo”. E questo è il messaggio che il cardinale ha trasmesso a quelli che erano i suoi “nemici”. Ovviamente una volta liberato, questa sua spiritualità, di Gesù abbandonato sulla croce, è diventata il simbolo della sua opera. Una volta liberato, lui ebbe l’onore di predicare gli esercizi alla Curia romana e non erano esercizi a caso: erano gli esercizi dell’anno 2000, all’alba del Terzo millennio. Lui venne chiamato da Giovanni Paolo II, il quale ha detto: “Monsignore, le vorrei chiedere di predicare questi esercizi alla Curia romana”. E lui con grande stupore rispose: “Santità, ma io sono stato in prigione, non sono aggiornato dal punto di vista teologico. Cosa potrei dire?” E il Papa rispose prontamente: “Ci porti la sua esperienza”. Quando un Pontefice invita un vescovo a portare la sua esperienza, lo invita a fare diventare quella esperienza magistero della Chiesa in un certo qual modo. Lui predicò questi esercizi, che sono stati poi pubblicati e questo libro è diventato un best-seller. Questo riassume un po’ quella che è la spiritualità di Van Thuân, che nasce appunto dalla sofferenza e dall’abbandono in carcere.
A presentare gli appuntamenti che venerdì accompagneranno la conclusione del processo diocesano, è stato il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Gli abbiamo chiesto quali parole meglio esprimano la testimonianza lasciata dal cardinale Van Thuân:
“‘Gaudium et spes’ è stato il titolo di un documento importante del Concilio ma sono anche le due parole che il cardinale Van Thuân ha voluto per il suo stemma di vescovo. Gaudium et spes, per lui, per i suoi fedeli, sono sempre il desiderio di presentare il Vangelo, l’esperienza di un cristiano, come fonti di speranza per la sua gente. I cristiani sono invitati innanzitutto a fare un’esperienza di gioia nella fede per poterla poi trasmettere come fonte di speranza per gli altri”.
Il segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, mons. Mario Toso, sottolinea l’importanza di ricordare la testimonianza del cardinale Van Thuân e racconta ricordi personali:
R. - Un testimone della speranza, soprattutto nel campo della nuova evangelizzazione che implica l’annuncio e la testimonianza di una nuova Dottrina sociale della Chiesa, maggiormente posta a servizio delle esigenze del Vangelo e della missione della Chiesa.
D. - Un ricordo del cardinale Van Thuân …
R. - Ricordo che mentre preparavamo il compendio della Dottrina sociale della Chiesa e lavoravamo insieme in commissione, egli mostrava molta pazienza, era lucido e distribuiva la sua saggezza. Ricordo sempre che alla fine di qualche riunione, vedendo che io sono salesiano, dovevo percorrere un gran tratto di strada, andando dall’altra parte della città, mi invitava cordialmente e fraternamente a casa sua, ed egli stesso mi preparava il pranzo. Ho considerato questo come un segno di fraternità e un segno di attenzione nei confronti dei sacerdoti: un tratto che ha sempre contraddistinto la figura del cardinal Van Thuân, già ancora quando era vescovo nella sua diocesi e successivamente incontrando molti sacerdoti provenienti dal Vietnam. Li accoglieva a casa sua offrendo loro anche il momento conviviale.
D. - Dunque, l’importanza di gesti eroici, ma anche di gesti semplici per l’altro …
R. - Sì, per le lui le cose erano molto naturali, venivano spontanee. Avendo incentrato tutta la sua esistenza nell’amore di Gesù Cristo e volendo dimostrare questo amore a tutti quelli che incontrava, per lui era una cosa naturale occuparsi delle persone e andare incontro ai loro bisogni più semplici.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Le dimissioni della direzione dello Ior: comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.
Coraggiosi nella debolezza: Messa del Papa a Santa Marta.
Concettualizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile: nell'informazione internazionale, intervento della Santa Sede a New York.
Se vogliamo che gli occhi vedano le orecchie devono ascoltare: in cultura, il cardinale Paul Poupard su pedagogia cristiana e cultura moderna.
Sguardi nuovi sulla realtà: Francesco Scoppola su Josef Albers e l'arte contemporanea.
Come Teilhard de Chardin anticipò la globalizzazione: su socializzazione e sviluppo della civiltà, anticipazione dell'articolo di Fiorenzo Facchini nel numero in uscita della rivista "Vita e Pensiero".
A proposito di una nuova traduzione della Bibbia in lingua romena, un articolo di Eduard Patrascu dal titolo "La Parola di sempre con la lingua di oggi".
Dai media cristiani arabi una testimonianza di libertà: nell'informazione religiosa, Rifat Bader, direttore del Catholic center for studies and media in Jordan, sulla conferenza, ad Amman, promossa dal Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali.
Egitto. Il premier annuncia le dimissioni, i militari si schierano con la piazza
◊ Si infiamma il clima in Egitto. Il premier Hisham Qandil ha rimesso il suo mandato nelle mani del presidente Mohamed Morsi. Una decisione per cercare di allentare le tensioni in atto. Si sono dimessi anche i portavoce del presidente e del governo. Da parte sua, l'Alto commissariato Onu per i diritti umani ha lanciato un appello al capo dello Stato affinché ascolti le richieste del popolo, espresse durante le proteste degli ultimi giorni e ha chiesto alle parti di avviare ''un serio dialogo nazionale''. Intanto rimane confermato per questo pomeriggio, alle 17.00, l’ultimatum dell’opposizione che chiede le dimissioni del presidente ed elezioni anticipate. Ieri, Morsi ha respinto l'ultimatum delle Forze armate che ormai sono schierate con la piazza. Su questo aspetto Massimiliano Menichetti ha intervistato Gennaro Gervasio, docente di Storia e politica del Medio Oriente alla British University del Cairo:
R. - È fondamentale che gran parte dei manifestanti hanno salutato, quasi come una vittoria, l’ultimatum dell’esercito che è quello più importante rispetto a quello della disobbedienza civile. Molti immaginavano che l’esercito avrebbe potuto sentirsi in dovere di intervenire per arginare il caos - che in realtà ha contribuito a creare negli scorsi mesi -, però in pochi si aspettavano che ciò avvenisse subito dopo la grande manifestazione del 30 giugno.
D. - C’è già chi parla di un golpe dei miliari …
R. - Golpe … diciamo si parla di annuncio o comunque di un tentativo, di una possibilità di rientrare direttamente nello scenario da cui i militari erano usciti ufficialmente proprio il 30 giugno dell’anno scorso.
D. - Ma come è possibile che i militari rientrino in scena in questo modo?
R. - La polarizzazione è diventata tale da ritenere che un intervento dell’esercito possa emarginare definitivamente i Fratelli musulmani. Però, secondo me ci sono due problemi: innanzi tutto le intenzioni dell’esercito - supportato da una parte del gruppo dei ribelli Tamarrod che avevano votato per Shafik contro Morsi alle elezioni di un anno fa - sono tutt’altro che certe, compresa la road map di cui parlano e di cui non abbiamo alcuna idea, se non un passato poco promettente. Il secondo problema riguarda il fatto che i Fratelli musulmani non credo accetteranno di buon grado di uscire di scena in questo modo. Credo che ci sia una grossa miopia, e immagino che, al di là delle dichiarazioni, la leadership dei Fratelli musulmani stia cercando di trattare in qualche modo con l’esercito come è sempre avvenuto.
D. - Ma secondo lei, il presidente Morsi ha ancora margini di manovrabilità?
R. - Io penso di sì, però si stanno riducendo minuto dopo minuto. Quello che avrebbe potuto fare - chiaramente - sarebbe stato cercare di formare un governo di unità nazionale più inclusivo. Però, dopo la presa di posizione dei militari, credo che alcuni dell’opposizione in piazza, dove ci sono moltissimi che sono contro i Fratelli musulmani, prima di tutto, non si accontentano più di questa scelta, perché hanno letto l’ultimatum dell’esercito come un atto di sfiducia contro il presidente.
D. - Quali azioni dovrebbe intraprendere il presidente?
R. - Forse soltanto quella che però sarebbe comunque la parola “fine” per lui, cioè la richiesta di elezioni anticipate. Persino i salafiti - il gruppo più moderato che aveva sempre appoggiato Morsi al di là di alcune scaramucce retoriche, il partito Nour, che comunque era il secondo partito islamico egiziano nelle elezioni del disciolto parlamento - ha annunciato il ritiro del supporto a Morsi. Adesso insieme al resto dell’opposizione chiede le dimissioni e di avviarsi a elezioni anticipate. Alcuni poi chiedono che ci sia un referendum, ci troviamo davanti a scenari che non sono mai stati percorsi prima d’ora, in cui tutto è possibile.
D. - Le Nazioni Unite sono preoccupate per un possibile effetto domino sulla regione?
R. - L'effetto domino è già in azione. C’è la dinamica turca, c’è la guerra civile siriana, c’è la situazione in Libia che è tutt’altro dall’essere stabilizzata … È chiaro che l’Egitto, in quanto Paese più popoloso, in quanto Paese dove la rivoluzione ha avuto anche una risonanza internazionale, rimane da monitorare. Però, dal mio punto di vista, il fatto che ancora una volta la politica dal basso si sia imposta su quella alta, è un invito importante alla riflessione non solo a livello regionale ma a livello internazionale. Non possiamo confondere democrazie consolidate con democrazie in divenire in cui la legittimità popolare non viene espressa soltanto nelle urne.
Cina, vietato abbandonare gli anziani: nuova legge impone ai figli di accudirli
◊ Una nuova legge in Cina tutela il diritto degli anziani ad essere accuditi dai figli. Oggi sono circa 185 milioni gli ultrasessantenni in Cina, destinati a raddoppiare entro il 2030. La normativa ha aperto un vivace dibattito nel Paese, soprattutto nei siti on line, oltre che suscitare interesse a livello internazionale. Roberta Gisotti ha intervistato Francesco Sisci, corrispondente a Pechino de "Il Sole 24 Ore".
20 giorni di permesso l’anno a chi lavora da dedicare ai genitori, telefonare, visitarli portando con sé anche coniuge e figli, assisterli nei bisogni quotidiani, sanità, pratiche amministrative, socialità, ricreazione e sport, aiuti economici. Vietato dunque abbandonare ma anche trascurare i genitori, pena multe pecuniarie ed anche detentive per i recidivi. Francesco Sisci, perché questa legge, cosa sta accadendo agli anziani cinesi?
R. – Direi che è innanzitutto il segno di una rivoluzione sociale: se il governo deve fare una legge per proteggere i diritti degli anziani vuol dire che è crollato il valore principale della famiglia cinese, quella fondata sul rispetto, anzi sull’adorazione quasi degli anziani. Gli anziani non sono più i capi famiglia, non sono più l’oggetto intorno a cui si avvolge la grande famiglia. Gli anziani sono le persone che devono essere in qualche modo eliminate o trascurate. Questo è accaduto per la rivoluzione sociale di questi ultimi 30 anni, che ha distrutto i valori tradizionali della società confuciana ma anche per un fatto oggettivo. Spesso, infatti, le famiglie di figli unici si trovano prese in una morsa: da soli, due figli unici, devono prendersi cura di quattro genitori anziani e poi magari di due figli, perché i figli unici invece hanno la possibilità di avere due figli invece che un figlio solo. Quindi, l’onere non solo finanziario ma anche affettivo di cura e di attenzione diventa enorme.
D. – Come scrive un blogger, ci si chiede se la pietà filiale, che dovrebbe essere naturale, può essere imposta per legge...
R. – Certamente un intervento dello Stato non è sostitutivo ma almeno pone un argine, dice che la pietà filiale dovrebbe essere rispettata.
D. - Una presa d’atto dello Stato che comunque pone un problema molto grave anche in prospettiva, adesso che questo Paese si è aperto ai modelli di un’accelerata industrializzazione e di assimilazione ai modelli capitalistici…
R. – Sì, è il combinato disposto di due elementi: questa occidentalizzazione estrema, questa americanizzazione, direi spinta, che fa del culto della gioventù, dell’efficienza, il modello unico e, d’altro canto, i limiti oggettivi del peso economico e di attenzione dovuto al figlio unico. Questo combinato, naturalmente, ha fatto esplodere l’ultimo valore fondamentale della cultura confuciana e quindi lo Stato è intervenuto, direi positivamente in questo caso.
L'economista Jeffrey Sachs: l'etica guidi le scelte economiche per il bene delle nuove generazioni
◊ Riscoprire la Dottrina sociale della Chiesa per costruire un’etica universale, ma nello stesso tempo abolire i paradisi fiscali, trasformare l’agricoltura intensiva e le aziende inquinanti, solo così ci allontaneremo dal baratro della crisi e dalla povertà. Sono queste le linee guida date dall’economista Jeffrey Sachs direttore dell’Earth Institute della Columbia University, nel convegno “Povertà, beni pubblici e sviluppo sostenibile – Le sfide globali del nuovo millennio”, che si è tenuto ieri, in Vaticano, alla Pontificia Accademia delle Scienze. L’incontro, è stato organizzato dall’Accademia internazionale per lo Sviluppo economico e sociale con il patrocinio dell’associazione Greenaccord Onlus. Per una riflessione sullo sviluppo sostenibile, Marina Tomarro ha intervistato proprio l'economista Jeffrey Sachs:
R. - We are in a new world era …
Ci troviamo in una nuova era mondiale dove la minaccia della povertà, l’esclusione sociale, i rischi ambientali e il malgoverno si mescolano. Quindi abbiamo bisogno di un’etica universale che ci aiuti a trovare un modo per combinare i traguardi economici, sociali e ambientali con i quali governare; questo è lo sviluppo sostenibile.
D. - Le crisi che stanno tormentando diverse parti del mondo, possono essere collegate con i cambiamenti climatici?
R. - Certainly. The growing climate changing …
Certamente. I cambiamenti climatici, sempre più frequenti, le violente inondazioni, l’estrema siccità, violenti temporali, hanno reso la vita economica più difficile, più pericolosa e sempre meno stabile. Allo stesso tempo, c’è la necessità di riorientare il sistema economico affinché non vengano provocati ulteriori danni al pianeta. Quindi, lo sviluppo sostenibile guarda alle nuove strategie economiche basate su risorse energetiche più sicure, nuove tecniche agricole, nuovi tipi di mezzi di trasporto, nuova organizzazione delle città. Questa è la sfida maggiore che ci troviamo ad affrontare e per la quale ci vorranno in totale venti o trenta anni complessivamente per riorientare l’economia mondiale. E’ una cosa urgente e bisogna iniziare adesso, e purtroppo i nostri governi mondiali non hanno ancora iniziato.
D. - Cosa dovrebbero fare secondo lei i governi del mondo per arginare questi cambiamenti climatici così veloci e così disastrosi per tutte le popolazioni del pianeta?
R. - I suggested in my talk today …
Nel mio intervento ho suggerito che prima di tutto bisogna iniziare ad affrontare il problema seguendo un’etica universale condivisa per capire quanto sia fondamentale il fatto che tutto il mondo cooperi al rispetto della creazione e alle forze naturali del pianeta; che vi sia il rispetto non solo verso l’altro oggi, ma anche verso le generazioni future, affinché possiamo essere dei buoni esempi per il futuro. Quindi se seguiamo un’etica universale saremo in grado di trovare delle soluzioni pratiche. Nei diversi Paesi ci sono diverse opzioni che dipendono dall’energia eolica, solare, i sistemi di trasporto… Ma senza la componente morale sarà molto difficile trovare la cooperazione e l’accordo di cui abbiamo bisogno a livello globale per riuscire nel nostro intento.
Corruzione nell'Ue: costa 120 miliardi di euro l’anno
◊ Il costo della corruzione nell'Ue raggiunge i 120 miliardi di euro l'anno, pari all'1% del Pil dell'Unione. E’ quanto emerge dal Rapporto dell'Europarlamento su criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro, in discussione in questi giorni in vista del voto previsto a ottobre in Plenaria. L’obiettivo è l’armonizzazione della legislazione vigente negli Stati membri. Si punta ad esempio ad un sistema bancario più trasparente, che permetta la tracciabilità dei flussi finanziari e l'accertamento di fenomeni criminosi. Il solo danno erariale per le truffe sull'Iva ammonta a 100 miliardi di euro annuo e quello delle frodi per le carte di credito a 1,5 miliardi. Fausta Speranza ha intervistato l’eurodeputato Salvatore Jacolino, relatore del Rapporto:
R. – La sfida europea nei confronti di crimine organizzato, corruzione e riciclaggio e tutti i reati transnazionali, impone la consapevolezza da parte dell’Unione Europea che questi sistemi criminali vanno combattuti attraverso una dimensione europea e internazionale. Per questo è importante una maggiore governance bancaria, con riferimento anche ai riciclaggi di denaro sporco. L’unione bancaria, sulla quale anche il Consiglio europeo ha dato indirizzi importanti nei giorni scorsi, può certamente tornare utile per un controllo effettivo dei flussi finanziari, perché siano effettivamente rintracciabili, perché vi sia un processo di condivisione delle informazioni per abolire, tra l’altro, il segreto bancario che è un’altra raccomandazione forte che noi abbiamo voluto.
D. – Quando si affronta il capitolo bancario-finanziario, ci sono tutti i problemi di mettere in comune delle politiche che invece gli Stati vorrebbero assumere in proprio; ma c’è anche la questione della criminalità ...
R. – E’ proprio così! Noi siamo partiti, in realtà, dall’avere disciplinato e previsto il reato di fattispecie associativa di stampo mafioso in tutta Europa. Noi vogliamo che tutti gli Stati membri prevedano nel loro ordinamento il 416 bis. Abbiamo inoltre ritenuto che una strategia reale di contrasto al crimine organizzato imponga una sfida unitaria anche nei confronti della corruzione transnazionale così come nei confronti di frode ed evasione fiscale. Teniamo conto che il valore economico annuale del riciclaggio ammonta a circa mille miliardi di euro, che corrisponde proprio a quella prospettiva finanziaria, a quel documento finanziario sul bilancio per i prossimi sette anni, negoziato e definito proprio nei giorni scorsi. Allora, per combattere le mafie e il crimine organizzato, occorre che tutti facciano un passo avanti, ed è questa opera di forte sensibilizzazione che noi abbiamo fatto nei confronti degli Stati membri, nei confronti della Commissione, nei confronti del Consiglio.
D. – Dunque, adesso che passi aspettarsi?
R. – Bè, certo, adesso siamo in una fase importante: la sua fase intermedia. Il passaggio ulteriore sarà quello di prevedere per esempio il reato di manipolazione sportiva: sappiamo che la corruzione vi è anche nello sport, la combined match fixing – l’alterazione delle partite – perché qualcuno ne tragga illecito vantaggio. Ecco: le scommesse illegali sono spesso in mano al crimine organizzato, così come il narcotraffico, così come il traffico di organi e molti altri reati. La sfide nei confronti dei sistemi criminali impone anche un riconoscimento, da parte di tutti gli Stati, che le mafie non sono soltanto in Sicilia o in Calabria o in Campania, ma sono in tutta Europa e nel resto del mondo.
D. – Una fetta dei guadagni della criminalità organizzata attualmente viene anche dal gioco d’azzardo …
R. – Certamente. Infatti, abbiamo previsto anche lì un maggiore controllo, abbiamo previsto anche lì una disciplina unitaria, abbiamo previsto altresì un controllo sulle licenze che ci sono in alcuni Stati membri nei quali, oltre ad essere essi stessi paradiso fiscale – un’altra questione che abbiamo affrontato con grande decisione – il gioco sia on-line che non on-line, è assolutamente posto in essere su un binario che va sicuramente contrastato.
D. – Quali sono i Paesi in cui il gioco d’azzardo è più facile?
R. – Malta, per esempio, ha dei controlli meno incisivi rispetto ad altre realtà; anche altri Paesi che sono entrati nel 2004 in Europa sono – come dire – caratterizzati da una disciplina non particolarmente stringente. Quello che manca in Europa è anche una disciplina fiscale equa ed omogenea, per cui gli squilibri territoriali determinano molto spesso che alcune vocazioni territoriali di alcuni territori non siano adeguatamente esaltate e valorizzate. Il crimine organizzato si infiltra, peraltro, dove c’è business: la violenza e l’intimidazione molto spesso sono collegate anche a realtà politiche e burocratiche importanti e per questo vanno fortemente sanzionate.
La Lev pubblica “I want you”, un libro per preparare i giovani alla Gmg di Rio
◊ “I want you – Chiamata e missione, l’avventura dei dodici continua”: è il titolo del nuovo libro di Maria Rosa Poggio, pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, per preparare i giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Rio de Janeiro dal 23 al 28 luglio. Con questo libro in carta lucida, dai colori giallo, verde e blu come nella bandiera brasiliana, si comunica ai giovani che la straordinaria missione degli Apostoli non è conclusa ma continua come un’avventura tutta da vivere. Elisa Sartarelli ha intervistato l’autrice, Maria Rosa Poggio:
R. - Io ho pensato di strutturare questo lavoro in modo tale che tutti i ragazzi - dai 16 anni fino ai 25 anni - possano trovare qualche cosa che possa essere utilizzabile. In realtà lo strumento non è uno strumento continuo, è uno strumento che è diviso, è in sezioni, in modo tale che il testo possa essere affrontato a livelli differenti di complessità e anche di approfondimento. Noi siamo purtroppo abituati a leggere i testi biblici così o magari sentirli leggere soltanto in Chiesa e avere un commento più morale che non un commento che possa andare alla ricerca di un vero senso del testo.
D. - Tutto è a misura di ragazzo, con inserti che descrivono i personaggi, il contesto storico, insieme ad approfondimenti. Ci sono anche domande che permettono ai ragazzi di interagire con il testo e qui potrebbero partecipare i genitori…
R. - A dire il vero il testo potrebbe essere utilizzato, anche molto bene, ad una lettura in famiglia, perché il testo biblico dovrebbe anche essere letto in famiglia. Il testo lascia la libertà di creare un percorso, perché non è detto che tutti i brani siano sempre utili nel momento: quindi si può andare a cercare il brano o una serie di brani che potrebbero essere collocati tra di loro, dando la priorità dell’importanza, e la Resurrezione mi pare che sia primario come momento di approfondimento e di annuncio. Essendo uno strumento fatto per livelli, laddove ci sono dei figli che non sono ancora in grado di arrivare ai livelli più complessi è il genitore che può fare questo tipo di mediazione; laddove, invece, i ragazzi hanno gli strumenti culturali per poter fare da soli, potrebbero essere addirittura i giovani che lavorano direttamente con i genitori, perché potrebbe anche esserci la situazione inversa: il giovane che ha molti più strumenti, anche a livello linguistico, a livello culturale e può fare questo tramite nei confronti dei genitori. Avremmo quindi addirittura una catechesi di ritorno dei giovani sui genitori.
D. - “I want you” è una preparazione alla Gmg di Rio e soprattutto un modo per avvicinarsi al compito di essere apostoli del terzo millennio…
R. - Sì, apostoli del terzo millennio perché il problema di oggi è che si dà quasi per scontato che l’annuncio lo debba fare qualcun altro, che lo debbano fare gli adulti, lo debbano fare i preti, lo debbano fare le suore, lo debba fare qualcuno che è investito di un ministero. Ma il problema è che il cristiano è chiamato ad insegnare, ad essere annunciatore del Vangelo laddove si trova. Questo compito spetta a tutti, ma soprattutto ai giovani. Ecco, il titolo che ho scelto - voglio proprio te, non voglio qualcun altro - vuol far riflettere proprio su questo: l’invito di Gesù è fatto ad ognuno e ognuno è chiamato e ognuno ha la responsabilità di questo Vangelo che deve essere trasmesso, evitando così di trasformare il cristianesimo in un qualche cosa che somiglia a un vago messaggio morale, ad un vago buonismo a cui siamo molto abituati. Invece, dai brani che sono stati scelti si vede che è una chiamata personale e tutti i giovani si devono sentire chiamati personalmente.
20.mo del Catechismo: credo la Chiesa, opera di Dio
◊ La Chiesa è l’opera di Dio e tutti i suoi doni li riceviamo dalla bontà di Dio. E’ quanto sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica, nelle pagine dedicate proprio alla Chiesa. A 20 anni dalla pubblicazione del testo, il gesuita padre Dariusz Kowalczyk dedica al tema la 33.ma puntata del suo ciclo di riflessioni sul Catechismo:
Professiamo di credere la Chiesa, e non nella Chiesa. Ma cosa significa tale particolarità grammaticale? Il Catechismo spiega che diciamo così per “non confondere Dio con le sue opere” (n. 750). La Chiesa è l’opera di Dio e tutti i doni che riceviamo nella Chiesa (la Parola, i sacramenti, la comunità) sono da attribuirsi alla bontà di Dio.
La Chiesa non ha altra luce che quella di Cristo e non ha altra forza che quella dello Spirito. Questo non significa che possiamo fare a meno di un'istituzione ecclesiale, organizzata e governata. Infatti, Dio incarnato agisce nel mondo attraverso gli uomini e le loro istituzioni. Anche se, ovviamente, la Santa Trinità non si limita alle sole istituzioni.
La parola “Chiesa” significa “convocazione”. Non si tratta però di una convocazione a far parte di una qualsiasi associazione degli uomini, ma del Popolo di Dio, convocato da Dio Padre. Si fa parte di questo Popolo “non per la nascita fisica, ma per la nascita dall’acqua e dallo Spirito, cioè mediante la fede in Cristo e il Battesimo” (CCC, 782).
E’ stato Gesù Cristo a porre le fondamenta visibili della Chiesa. Lo fece predicando la Buona Novella, convocando gli Apostoli e istituendo il battesimo e l’Eucaristia. Tali atti fondanti sono ancorati nella sua passione e la sua risurrezione. Cristo però non è soltanto un fondatore della Chiesa, ma ne fa il suo Corpo Mistico di cui Lui stesso è il Capo.
La Chiesa viene anche chiamata il Tempio dello Spirito Santo. “Lo Spirito è come l’anima del Corpo Mistico, principio della sua vita, dell’unità nella diversità e della ricchezza dei suoi doni” (CCC, 809).
A capo della Chiesa visibile sta il Papa, il Vicario di Cristo, successore di Pietro, a cui Gesù disse: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferì non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18).
Il card. Coccopalmerio: povertà e sviluppo sostenibile, sfide per la Chiesa
◊ “È un mondo più giusto e più equo quello che si dimentica di una larga parte dell’umanità ed è incapace di un uso razionale e sostenibile delle risorse, di una migliore distribuzione dei beni della terra, di prendere decisioni lungimiranti per arginare gli effetti del cambiamento climatico che produce effetti devastanti proprio sui territori più a rischio povertà?”: con questo interrogativo il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha aperto ieri il seminario di alto livello che si è svolto alla Casina Pio V, la prestigiosa sede della Pontificia Accademia delle scienze in Vaticano sul tema “Povertà, beni pubblici e sviluppo sostenibile. Le sfide globali del nuovo millennio”. L’incontro - riporta l'agenzia Sir - è stato organizzato dall’Accademia internazionale per lo sviluppo economico e sociale e Agenzia del Demanio, in collaborazione con le onlus “Maria Diomira” e “Lo vuole il cuore” e l’associazione Greenaccord. “La povertà è una delle grandi sfide del nuovo millennio - ha detto il card. Coccopalmerio -. Tante belle aspirazioni, tanti programmi, tanti impegni formali da parte di organizzazioni mondiali e nazioni, sono rimasti solo aspirazioni a cui tendere e la povertà, complice anche la crisi economica, aumenta e pone a tutti noi degli interrogativi di tipo sociale, di tipo economico, di giustizia e, non ultimo di carattere morale”. Il presidente del dicastero vaticano ha ricordato che Papa Francesco, “fin dall’inizio del suo pontificato, sta affrontando con costanza, passione e partecipazione il tema dei poveri e della povertà. Egli è convinto che sia una sfida anche per la Chiesa stessa: sobrietà e capacità di ascolto delle esigenze dei meno fortunati devono essere le linee guida del comportamento dei cristiani”. “Ma oggi - ha osservato mons. Coccopalmerio - il tema della povertà si intreccia anche con altri temi interdipendenti: la cura dell’ambiente, la sostenibilità urbana, la sostenibilità energetica, la crescita economica che dev’essere guidata da criteri nuovi, il consumo di suolo che vede tanti edifici vuoti e inutilizzati a fronte di tante nuove costruzioni spesso realizzate in aree a rischio”. (R.P.)
Propaganda Fide: la solidarietà del card. Filoni per i fedeli del Centrafrica
◊ Il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, ha ricevuto questa mattina, l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, accompagnato da un gruppo di una ventina di fedeli della medesima circoscrizione ecclesiastica, giunti a Roma in occasione dell’imposizione del pallio al presule centrafricano, avvenuta per mano del Papa Francesco sabato 29 giugno nella Basilica Vaticana, nella Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Come riferito all'agenzia Fides, dopo un colloquio in privato con l’arcivescovo, il cardinale Filoni ha ricevuto il gruppo dei fedeli, a cui ha rivolto una parola di incoraggiamento per la situazione difficile che sta attraversando la Chiesa nella Repubblica Centroafricana dopo la caduta del regime Bozizé, assicurando la vicinanza spirituale e la solidarietà di Propaganda Fide all’intero popolo centroafricano, ed esprimendo auspici di un futuro di pace duratura. Ricordando il suo viaggio del luglio dello scorso anno in Centrafrica, nel corso del quale furono consacrati quattro vescovi, tra cui l’arcivescovo di Bangui, il cardinale ha ribadito che la Chiesa della Repubblica Centroafricana sta al centro dell’attenzione della Congregazione e che intende continuare a sostenerne nella sua crescita e nel rinnovamento intrapresi. A nome dei fedeli, Godefroy Mokamanede ha ringraziato il Papa Francesco per la preghiera e il pensiero in favore della Repubblica Centroafricana durante la preghiera dell’Angelus di sabato 29 giugno. Egli ha anche espresso gratitudine al card. Filoni per l’udienza loro concessa. Nel suo discorso, ha inteso dare voce al grido del popolo centroafricano, che sta vivendo un vero dramma sociale, politico e religioso di fronte all’indifferenza della Comunità internazionale, preoccupata da altri interessi. Rivolgendosi ancora ai fedeli presenti, il porporato li ha assicurati che non sono soli. La Chiesa intera è con loro. Li ha poi esortati ad essere sempre artefici di pace e costruttori di giustizia. Al termine dell'udienza, il prefetto di Propaganda Fide ha consegnato a tutti il rosario del Santo Padre, chiedendo loro di pregare Nostra Signora d’Africa, e di portare la benedizione del Papa e la sua a tutti i fedeli, che spera di rivedere in futuro. (R.P.)
India: verso la fine emergenza alluvioni. I dispersi sono migliaia
◊ A due settimane dalle disastrose alluvioni che hanno interessato ampie regioni pre-himalayane dell’India e in particolare lo Stato di Uttarakhand, diverse agenzie federali e locali che hanno partecipato alle operazioni di soccorso sospenderanno nei prossimi giorni le loro attività. Con certezza - riporta l'agenzia Misna - sono centinaia le persone ancora isolate, almeno 1.500 soltanto nei centri abitati di Badrinath, Maneri e Harsin. Il contrasto sulle cifre resta però stridente in particolare rispetto ai morti e ai dispersi. Al punto che il primo ministro dello Stato di Uttarakhand, Vijaya Bahuguna, ha dovuto smentire il portavoce governativo che ieri aveva parlato della possibilità di 10.000 vittime, tenendo conto anche dell’alto numero di dispersi, finora ufficialmente 3.000. Sarebbero ancora 1.300 i villaggi non raggiunti dai soccorsi e nelle vallate più isolate, come pure nei campi sovraffollati di senzatetto, si affacciano episodi epidemici. Tuttavia, mentre si va verso l’allentamento dell’impegno di salvataggio, le autorità hanno annunciato diverse iniziative a sostegno dei sopravvissuti della peggiore catastrofe naturale ricordata in Uttarakhand. Ieri Bahuguna ha comunicato la nascita di una Autorità per la riabilitazione e la ricostruzione che avrà la responsabilità di individuare e concretizzare quanto necessario per ripristinare la vita delle popolazioni nelle aree devastate. Tra gli altri provvedimenti, anche un aumento delle compensazioni da pagare ai produttori di canna da zucchero e la distribuzione di 500 rupie (circa 7 euro) a ciascuno studente nelle famiglie colpite dal disastro. Continua anche l’opera di recupero e identificazione dei cadaveri. Altri 200 funzionari di vari dipartimenti governativi saranno inviati a Kedarnath, la località più colpita, per raccogliere campioni di Dna delle vittime ancora insepolte prima di procedere alla cremazione. (R.P.)
Irlanda: il card. Brady solleva dubbi di costituzionalità alla legge sulla gravidanza
◊ Oltre ad essere moralmente discutibile, il progetto di legge sulla protezione della vita durante la gravidanza (“Protection of Life during Pregnancy Bill 2013”) solleva diversi dubbi di costituzionalità. Ad affermarlo in una nota è il Primate di tutta l'Irlanda card. Seán Brady, il quale ribadisce così le obiezioni dell’episcopato, mentre prosegue l’iter parlamentare del provvedimento che ammette l’interruzione della gravidanza, previo parere favorevole di una commissione di tre medici, nel caso in cui la vita della madre sia in pericolo, o in caso di rischio di suicidio della donna. Nella nota l’arcivescovo di Armagh si sofferma in particolare sugli aspetti giuridici e quindi sui profili di incostituzionalità del disegno di legge presentato dal Governo dopo mesi di dibattiti seguiti alla vicenda di Savita Halappanavar, la donna morta a ottobre in un ospedale per setticemia, dopo che i dottori le avevano negato un’interruzione di gravidanza. Secondo il card. Brady si tratta di un “Cavallo di Troia” che introdurrebbe subdolamente un “regime molto più liberale” in materia di aborto rispetto a quanto previsto dalla Costituzione irlandese che lo vieta espressamente. Le critiche si appuntano, tra l’altro, sulla parte che riguarda il rischio di suicidio della donna. Non esiste alcuna prova medica - afferma la nota - che dimostri che l’aborto sia la cura più adatta per le future madri con pensieri suicidi. Al contrario, oltre a comportare la deliberata uccisione di un bambino non nato, questo progetto di legge rischia di provocare quegli stessi sintomi che pretende di aiutare ad affrontare. Inoltre - prosegue la nota - il testo non chiarisce cosa fare nel caso in cui il bambino non nato sopravviva a un’interruzione anticipata della gravidanza, esponendolo così al rischio di danni seri e permanenti. Come conciliare tutto questo – si chiede il card. Brady - con l’articolo 42 della Costituzione che afferma il dovere dello Stato di mettere al primo posto il benessere del bambino? Un altro aspetto controverso della legge riguarda poi l’assenza di un qualsiasi riferimento all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari coinvolti, che viola un altro diritto fondamentale garantito dalla Costituzione. C’è poi la libertà di coscienza dei parlamentari chiamati a votare il provvedimento: anche questo punto va chiarito nelle opportune sedi. Di qui l’appello al Governo di Dublino a rendere pubblico il parere presentato dall’Avvocatura dello Stato sui conflitti di costituzionalità sollevati. In conclusione, la nota ribadisce la ferma determinazione dei vescovi irlandesi a continuare la loro battaglia in difesa del pari diritto alla vita della madre e del bambino. (A cura di Lisa Zengarini)
Berlino: presentato il rapporto ecumenico sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo
◊ È stato presentato ieri a Berlino il primo Rapporto ecumenico sulla libertà religiosa dei cristiani nel mondo. Il documento - riporta l'agenzia Sir - è stato illustrato ai giornalisti durante una conferenza stampa presieduta da mons. Ludwib Schick, presidente della Commissione della Conferenza episcopale tedesca (Dbk) per la Chiesa universale, e dal vescovo evangelico Martin Schindehütte, responsabile per gli esteri della Chiesa evangelica tedesca (Ekd). La pubblicazione di un rapporto ecumenico riflette il “desiderio di entrambe le Chiese di agire congiuntamente su questo tema. L’ingiustizia che i cristiani subiscono a causa della propria fede non è un tema confessionale. Perciò intendiamo parlare con una sola voce alla collettività”, ha spiegato mons. Schick. “Le Chiese sono persuase che sia possibile aiutare meglio i cristiani se si comprendono meglio e più in profondità le situazioni di repressione”, ha aggiunto. Il vescovo evangelico Schindehütte ha ricordato che le due Chiese tedesche hanno denunciato più volte in passato “le violazioni dei diritti umani fondamentali e le brutali violenze perpetrate nel mondo contro i cristiani”. Con questo primo rapporto ecumenico, “le Chiese tedesche intendono richiamare all’attenzione soprattutto dell’opinione pubblica e della politica le situazioni di minaccia e di ostilità verso i cristiani del mondo”. (R.P.)
Trasferito da Abidjan a Ougadougou il Rettorato dell'Università Cattolica dell’Africa Occidentale
◊ La prestigiosa Università Cattolica dell’Africa Occidentale (Ucao) trasferirà il suo rettorato da Abidjan, in Costa d’Avorio, a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso. Un accordo in tal senso è stato siglato il 27 giugno tra il cardinale Théodore Adrien Sarr, Gran Cancelliere dell’ateneo e presidente della Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale (Cerao) e il Ministro degli Esteri burkinabé Djibril Bassolé. Lo riferisce un comunicato della Conferenza episcopale del Burkina e del Niger diffuso ieri. L’accordo - ha spiegato l’arcivescovo di Dakar - porta a compimento una decisione presa nel 2010 dai vescovi dei sette Paesi francofoni della Cerao a motivo della posizione centrale nella regione della capitale del Burkina Faso, che in più ospita anche la sede del Cames, l’organismo di accreditamento dei titoli di studio superiore. Dopo la firma il ministro Bassolé si è dichiarato orgoglioso della scelta di Ouagadougou come nuova sede del Rettorato, esprimendo l’’auspicio che la generosa decisione della Cerao di investire nell’educazione superiore nell’Africa Occidentale “permetta al Burkina Faso e a tutta la sotto-regione che ne beneficerà, di avere quadri dirigenti con una formazione intellettuale, tecnica e morale di qualità e capaci quindi di servire il loro Paese e la sotto-regione da tutti i punti di vista”. Parole alle quali ha fatto eco il card. Sarr, il quale dopo avere ricordato la storia della Ucao, ha ribadito il fermo desiderio dei vescovi dell’Africa occidentale di vedere uscire da queste facoltà “un’élite preparata non solo sul piano intellettuale, ma anche da un punto di vista professionale e morale per aiutare lo sviluppo dei nostri Paesi”. La grande ambizione dei vescovi dell’Africa occidentale ha aggiunto, è che “gli studenti cristiani e non cristiani che andranno alla conquista della scienza in queste unità universitarie, possano condividere i valori morali e spirituali che vi sono insegnati per diventare dei leader integerrimi dei loro rispettivi Paesi”. Nata nel 1967 con la creazione ad Abidjan dell’Higher Institute of Religious Culture, trasformatosi nel 1975 in Istituto cattolico dell’Africa occidentale, e quindi in Università con diverse sedi, l’Ucao è oggi presente in sette Paesi: Costa d'Avorio Benin, Burkina Faso, Guinea Conakry, Mali, Senegal e Togo. L’ateneo comprende una Facoltà di Teologia, una di Filosofia e una di Diritto; un Istituto superiore di studi pastorali, uno di catechesi e uno di comunicazione e una scuola di formazione teologica per laici. L’Università ha anche corsi serali, una biblioteca con oltre 50 mila volumi, e un’importante unità di ricerca filosofica. (L.Z.)
Siria: dove è stato ucciso padre Mourad, gruppi jihadisti instaurano un "califfato"
◊ Il governatorato di Idlib è diventato “il califfato di Saraqib”. La regione di Idlib, nel nordovest della Siria, fra Aleppo e Hama, controllata da fazioni islamiste dei ribelli siriani, è il territorio dove si trova la chiesa latina Sant’Antonio da Padova di Ghassanieh, nel villaggio di Jisr el-Choughour, dove è stato ucciso il sacerdote siriano padre Francois Murad. Attualmente, la città di Idlib, capitale dell’omonimo governatorato, è nelle mani dell’esercito regolare siriano, ma il territorio circostante è controllato da bande di ribelli, con forti infiltrazioni del gruppo jihadista “Jabhat al-Nusra”, che fonti qualificate dell’agenzia Fides definiscono “fra le più esageratamente fondamentaliste”. Sono quelle fazioni che hanno un unico obiettivo dichiarato: instaurare un “califfato” islamico in cui vige una legge restrittiva che non ammette nemmeno la presenza degli “infedeli” (“kafir”). “Hanno trasformato l’islam in una ideologia da pulizia etnica”, spiega a Fides l’attivista sociale Farid, un siriano musulmano sunnita di Idlib, che si dice “scioccato e preoccupato per la situazione: tutti abbiamo paura”. “Si tratta di un nuova edizione del fondamentalismo islamico, il più restrittivo della storia”, spiega Farid. I gruppi islamisti hanno eretto “capitale del califfato” la cittadina di Saraqib, dove è stato proclamato un Emiro ed è stato anche istituito un tribunale islamico, l’unico tribunale competente per ogni tipo di controversia, che applica in modo pedissequo la sharia come unica fonte del diritto. “Il fatto è che il giudice supremo è un uomo rozzo e per nulla erudito, era un operaio, ed è affiancato da un altro giudice che viene dall’Arabia Saudita”, spiega Farid. “In tale situazione, inconcepibile per la storia e per la tradizione della Siria, tutto diventa possibile. Viviamo in una atmosfera di terrore in insicurezza. E’ possibile che avvengano decapitazioni – spiega – perchè per questa ideologia l’infedele dev’essere decapitato. Per altri reati minori, gli uomini vengono mutilati degli arti, percossi o flagellati. E’ sufficiente una fatwa e ogni abuso dei diritti umani diventa legale, soprattutto sulle minoranze come cristiani, alawiti, ismaeliti, sciiti, drusi, ma anche sugli stessi musulmani sunniti. Gli islamisti dispongono liberamente della stessa vita delle minoranze religiose. Le minoranze vengono risparmiate per ‘clemenza’ solo se pagano la jizya, la tassa imposta dalla maggioranza islamica”. Una situazione insostenibile: “La popolazione civile siriana – conclude Farid – non può sopportare questa atmosfera di fondamentalismo, estranea alle nostra cultura e alla nostra società”, conclude Farid, lanciando un monito. “Dove finiremo?”. (R.P.)
Siria: stupro e atrocità su una giovane cristiana a Qusair
◊ Si chiamava Mariam, era una 15enne cristiana di Qusair, città del governatorato di Homs, 35 km a sud del capoluogo. La città, che era diventata roccaforte dei ribelli siriani, è stata riconquistata dalle truppe dell’esercito regolare agli inizi di giugno. La storia di Mariam – pervenuta a Fides tramite il racconto di due sacerdoti cattolici – è segno della brutalità del conflitto e della estrema vulnerabilità delle minoranze religiose. La famiglia di Mariam era in città quando miliziani legati al gruppo jihadista “Jabhat al-Nusra” l’hanno conquistata e occupata. Mentre la sua famiglia è riuscita a fuggire, Mariam è stata presa e obbligata a un matrimonio islamico. Fonti di Fides ricordano che, attraverso i social network, era stata diffusa in Siria la fatwa emessa da Yasir al-Ajlawni – uno sheikh salafita di origine giordana, residente a Damasco – che dichiarava lecito per gli oppositori del regime di Bashar al-Assad lo stupro perpetrato ai danni di “qualunque donna siriana non sunnita”. Secondo la fatwa catturare e violentare donne alawite o cristiane non sarebbe contrario ai precetti dell'islam. Il comandate del battaglione “Jabhat al-Nusra” a Qusair ha preso Mariam, l’ha sposata e violentata. Poi l’ha ripudiata. Il giorno seguente la giovane è stata costretta a nozze islamiche con un altro militante. Anche questi l’ha violentata e poi ripudiata. La stessa dinamica si è ripetuta per 15 giorni, e Mariam è stata stuprata da 15 uomini diversi. Questo l’ha destabilizzata psicologicamente e l’ha resa insana di mente. Mariam, divenuta instabile mentalmente, alla fine è stata uccisa. “Queste atrocità non sono raccontate da nessuna Commissione internazionale”, dicono a Fides due sacerdoti greco-cattolici, padre Issam e padre Elias da poco ritornati in città. I due stanno raccogliendo il pianto e le lamentale di numerose famiglie. “Chi farà qualcosa per proteggere i civili, i più vulnerabili?”, chiedono sconsolati. Come riferito a Fides, i due hanno appena celebrato una santa Messa per consacrare nuovamente la chiesa cattolica di Sant’Elia a Qusair. La chiesa era stata saccheggiata e profanata dai guerriglieri, ed era divenuta base logistica e residenziale per gruppi di ribelli. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 183