Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 27/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: fondate con gioia la vita su Gesù Roccia, no ai “cristiani senza Cristo”
  • Il Papa riceve il cardinale Versaldi e il direttore esecutivo del Pam, Cousin
  • A Roma la delegazione del Patriarcato ecumenico per la festa dei SS. Pietro e Paolo
  • Il Papa conferma il card. De Paolis come delegato pontificio per i Legionari di Cristo
  • Carità del Papa: solidarietà senza confini dell'Obolo di San Pietro
  • L'apprezzamento del Papa per le novità del Ctv: le immagini costruiscono ponti
  • Mons. Tomasi all'Acnur: bene la solidarietà in Siria, ma non si dimentichino altre crisi
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Siria: il ricordo di padre François ucciso dai miliziani islamici
  • Obama in Africa. Sempre gravi le condizioni di Nelson Mandela
  • Egitto: l'opposizione critica il presidente Morsi dopo il discorso in tv
  • La Corte Suprema Usa apre ai matrimoni gay. "Un giorno tragico" secondo i vescovi americani
  • Al via a Bruxelles il Consiglio Europeo dedicato al lavoro
  • Mongolia: riconfermato il presidente Elbegdorj alla guida del Paese
  • Don Balducchi sul dl carceri: non risolve ma migliora la situazione
  • Trento. Aperto il 10.mo Forum sulla salvaguardia del Creato
  • Concluse le "Giornate Lateranensi" dedicate alla Gmg di Rio 2013
  • “Noëlle” premiato come miglior film al Festival "Mirabile Dictu"
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • India. 2mila villaggi inondati: frati e suore attivi nell'aiutare le vittime in Uttarkand
  • Brasile: proteste in 18 città. Sindacati confermano lo sciopero
  • Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: “Il Paese sta morendo lentamente”
  • Sierra Leone: si è spento padre “Bepi” Berton, l’apostolo dei bambini-soldato
  • Nigeria: la Chiesa condanna la ripresa delle esecuzioni capitali
  • Sud Sudan: campagna di vaccinazione a Yirol per emergenza morbillo
  • Bolivia: ancora violenza nel Tipnis, la Chiesa a fianco degli indigeni
  • Colombia: speranze di ritrovare ancora in vita il sacerdote creduto morto
  • India: cristiani percossi e boicottati in Orissa per accuse di “conversioni forzate”
  • Filippine: veglia di preghiera per la controversa legge sulla Salute riproduttiva
  • Filippine: Chiese cristiane unite contro la tratta di esseri umani
  • Malaysia: il termine Allah in uso dai cristiani torna nelle aule dei tribunali
  • Bruxelles. Settimana della speranza: il rispetto dell'ambiente nel segno di santa Ildegarda
  • Spagna: dubbio dei vescovi su un documento dell'Oms sull'educazione sessuale
  • L'Università cattolica di Lublino conferisce il Dottorato in teologia "honoris causa" a Kiko Arguello
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: fondate con gioia la vita su Gesù Roccia, no ai “cristiani senza Cristo”

    ◊   Ci sono persone che “si mascherano da cristiani” e peccano o di eccessiva superficialità o di troppa rigidità, dimenticando che un vero cristiano è un uomo della gioia che poggia la fede sulla roccia di Cristo. È stato questo il pensiero di fondo di Papa Francesco alla Messa di stamattina in Casa S. Marta. Con il Pontefice ha concelebrato il cardinale arcivescovo di Aparecida, Raimundo Damasceno Assis, assieme ad altri vescovi. Alla Messa era presente personale della Direzione di Sanità e Igiene del Vaticano, accompagnato dal dott. Patrizio Polisca. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Rigidi e tristi. O allegri ma senza avere idea della gioia cristiana. Sono due “case”, in certo modo opposte, in cui abitano due categorie di credenti e che in entrambi casi hanno un difetto grave: si fondano su un cristianesimo fatto di parole e non si basano sulla “roccia” della Parola di Cristo. Papa Francesco individua questo duplice gruppo commentando il Vangelo di Matteo del giorno, il celeberrimo brano delle case sulla sabbia e sulla roccia.

    “Nella storia della Chiesa ci sono state due classi di cristiani: i cristiani di parole – quelli “Signore, Signore, Signore” – e i cristiani di azione, in verità. Sempre c’è stata la tentazione di vivere il nostro cristianesimo fuori della roccia che è Cristo. L’unico che ci dà la libertà per dire ‘Padre’ a Dio è Cristo o la roccia. E’ l’unico che ci sostiene nei momenti difficili, no? Come dice Gesù: cade la pioggia, straripano i fiumi, soffiano i venti, ma quando è la roccia è sicurezza, quando sono le parole, le parole volano, non servono. Ma è la tentazione di questi cristiani di parole, di un cristianesimo senza Gesù, un cristianesimo senza Cristo. E questo è accaduto e accade oggi nella Chiesa: essere cristiani senza Cristo”.

    Papa Francesco analizza più da vicino questi “cristiani di parole”, rivelando le loro specifiche caratteristiche. C’è un primo tipo – definito “gnostico – “che invece di amare la roccia, ama le parole belle” e dunque vive galleggiando sulla superficie della vita cristiana. E poi c’è l’altro, che Papa Francesco chiama “pelagiano”, il quale ha uno stile di vita serioso e inamidato. Cristiani, ironizza il Papa, che “guardano il pavimento”:

    “E questa tentazione oggi c’è. Cristiani superficiali che credono, sì Dio, Cristo, ma troppo ‘diffuso’: non è Gesù Cristo quello che ti dà fondamento. Sono gli gnostici moderni. La tentazione dello gnosticismo. Un cristianesimo ‘liquido’. D’altra parte, sono quelli che credono che la vita cristiana si debba prendere tanto sul serio che finiscono per confondere solidità, fermezza, con rigidità. Sono i rigidi! Questo pensano che per essere cristiano sia necessario mettersi in lutto, sempre”.

    Il fatto, prosegue Papa Francesco, è che di questi cristiani “ce ne sono tanti”. Ma, obietta, “non sono cristiani, si mascherano da cristiani”. “Non sanno – insiste – cosa sia il Signore, non sanno cosa sia la roccia, non hanno la libertà dei cristiani. E, per dirlo un po’ semplicemente, non hanno gioia”:

    “I primi hanno una certa ‘allegria’ superficiale. Gli altri vivono in una continua veglia funebre, ma non sanno cosa sia la gioia cristiana. Non sanno godere la vita che Gesù ci dà, perché non sanno parlare con Gesù. Non si sentono su Gesù, con quella fermezza che dà la presenza di Gesù. E non solo non hanno gioia: non hanno libertà. Questi sono schiavi della superficialità, di questa vita diffusa, e questi sono schiavi della rigidità, non sono liberi. Nella loro vita, lo Spirito Santo non trova posto. E’ lo Spirito che ci dà la libertà! Il Signore oggi ci invita a costruire la nostra vita cristiana su Lui, la roccia, quello che ci dà la libertà, quello che ci invia lo Spirito, quello che ti fa andare avanti con la gioia, nel suo cammino, nelle sue proposte”.

    inizio pagina

    Il Papa riceve il cardinale Versaldi e il direttore esecutivo del Pam, Cousin

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Giuseppe Versaldi, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, e il direttore esecutivo del programma Alimentare Mondiale (Pam), Ertharin Cousin.

    inizio pagina

    A Roma la delegazione del Patriarcato ecumenico per la festa dei SS. Pietro e Paolo

    ◊   Anche per il 2013 si rinnova la tradizione che vede giungere oggi a Roma una Delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico, che si tratterrà a Roma fino al 29 giugno. La visita – ricorda una nota del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani – rientra nel “tradizionale scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi apostoli Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea Apostolo”.

    La Delegazione del Patriarcato ecumenico è guidata dal Metropolita di Pergamo Ioannis (Zizioulas), copresidente della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, accompagnato dal Vescovo di Sinope Athenagoras (Peckstadt), assistente del Metropolita di Belgio, e dall’Archimandrita Padre Prodromos Xenakis, vicesegretario del Santo Sinodo Eparchiale della Chiesa di Creta.

    Venerdì 28 giugno, la Delegazione del Patriarcato sarà ricevuta in udienza dal Papa Francesco e avrà colloqui con il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani. Sabato 29 giugno, infine, la Delegazione ortodossa assisterà alla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Papa.

    inizio pagina

    Il Papa conferma il card. De Paolis come delegato pontificio per i Legionari di Cristo

    ◊   Papa Francesco ha confermato il mandato di delegato pontificio per i Legionari di Cristo del cardinale Velasio De Paolis, nominato nel 2010 dal Papa Emerito Benedetto XVI, fino alla celebrazione del Capitolo straordinario della Congregazione che dovrà tenersi all'inizio del 2014. In una Lettera datata 27 maggio, il Pontefice ringrazia il porporato delle relazioni ricevute circa il lavoro svolto e ribadisce che ora i “compiti principali” che ricadono sotto il mandato attribuito al delegato pontificio riguardano “l’elezione di un nuovo Governo dell’Istituto e l’approvazione delle nuove Costituzioni”, passaggi “imprescindibili – li definisce Papa Francesco – per il cammino di autentico e profondo rinnovamento della Congregazione dei Legionari di Cristo e, indirettamente, anche per l’attività dell’intero movimento Regnum Christi”.

    Il Pontefice chiede dunque di essere “aggiornato sul processo di preparazione del Capitolo”, affinché, scrive, “ispiri in tutti i religiosi la maggiore dedizione all’opera di discernimento sulla loro vocazione nella Chiesa e nel mondo”.

    inizio pagina

    Carità del Papa: solidarietà senza confini dell'Obolo di San Pietro

    ◊   “Solidarietà senza confini e ministero petrino”. Sono queste le parole-chiave per comprendere la validità e il messaggio dell’Obolo di San Pietro, la colletta che si svolge in tutto il mondo cattolico, per lo più il 29 giugno o la domenica più vicina alla Solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo (quest’anno il 30 giugno). È quanto sottolinea mons. Tullio Poli, direttore dell’Ufficio Obolo di San Pietro, in un’intervista all'agenzia Sir, alla vigilia di questo appuntamento, conosciuto come Giornata per la carità del Papa. “Solidarietà senza confini - spiega mons. Poli - perché questa pratica ha le dimensioni della Chiesa universale: le offerte all’Obolo di San Pietro raggiungono tutta la terra. Ministero petrino, perché si tratta di sostenere il Papa nella sua attività a favore delle situazioni più varie di povertà e bisogni morali e materiali nella Chiesa e nel mondo”. L’Obolo di San Pietro, aggiunge il direttore dell’Ufficio, a differenza di “altre forme di solidarietà”, ha “questo di particolare: essere a libera disposizione del Santo Padre, che vi attinge per l’esercizio del suo alto ministero apostolico e caritativo in tutto il mondo”. Mons. Poli cita “alcuni esempi fra i molti” realizzati nel 2012 con i proventi dell’Obolo: “In Angola, si è sostenuto il rimpatrio dei rifugiati angolani provenienti dallo Zambia e dalla Repubblica Democratica del Congo; in Bangladesh, si è dato un aiuto a migliaia di famiglie di diverse diocesi che hanno perso tutti i loro beni a seguito delle inondazioni; nella Repubblica Democratica del Congo, si è dato un importante contributo alla costruzione di una scuola, intitolata 'Ecole de la dernière chance’ destinata all’educazione di ragazzi e ragazze appartenenti alle classi sociali più svantaggiate nella diocesi di Lwiza”. E ancora: “In Etiopia e in Kenya, si sono erogati fondi in diverse circoscrizioni ecclesiastiche a sostegno della popolazione a fronte dell’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa”. Mentre “in Iraq, si è dotata una chiesa in costruzione di un generatore elettrico”. Ciò che colpisce, sottolinea il direttore, “è la puntualità e la concretezza di tali aiuti, che vengono disposti in base a richieste precise da parte delle istanze presenti in loco e adeguatamente monitorate nelle fasi di realizzazione e di completamento”. Da qui l’appello per la raccolta 2013: “Auspico che nasca dall’amore per la Chiesa e sia preceduta e accompagnata dalla preghiera per il Papa e per la sua opera, come del resto egli stesso chiede alle persone che incontra”. (R.P.)

    inizio pagina

    L'apprezzamento del Papa per le novità del Ctv: le immagini costruiscono ponti

    ◊   Novità importanti per il Centro Televisivo Vaticano – che quest’anno compie 30 anni – sono state annunciate stamani nella Sala Stampa della Santa Sede dal presidente del Consiglio di Amministrazione del CTV, l'arcivescovo Claudio Maria Celli, e dal direttore generale dell’emittente, mons. Dario E. Viganò. Si tratta di una nuova "Master control room", in grado di gestire in modo avanzato i segnali in digitale, e un accordo con la Tv argentina "Canal 21". Le novità sono state salutate con soddisfazione da Papa Francesco. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Dopo la regia mobile in alta definizione, il Ctv avrà anche nella sua sede in Vaticano una nuova "Master control room", un centro per smistare i segnali digitalizzati in entrata e in uscita, trasformati in file. Il progetto avviato in collaborazione con la Sony offrirà indubbi vantaggi - ha spiegato il direttore generale del Ctv - per scambiare e catalogare immagini e sonori. In vista di ciò, saranno ristrutturati i locali del prezioso archivio del Ctv, che raccoglie le immagini dei Pontificati di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e Francesco. E in quest’ottica s’inserisce l’accordo siglato con la Tv argentina "Canal 21" per acquisirne l’archivio sull’attività del cardinale Bergoglio fino al 13 marzo, giorno della sua elezione a Papa, e poterne disporre in Italia e in Europa. L’intesa con "Canal 21", è stata salutata con soddisfazione da Papa Francesco, con un messaggio riferito da mons. Viganò:

    “Vi leggo quanto il Papa ci ha detto di comunicare: 'Sono contento dell’accordo che si è realizzato tra il Centro Televisivo Vaticano e Canal 21' - ricordo che Canal 21 è la televisione diocesana di Buenos Aires – 'si tratta di un modo concreto per far conoscere, in Italia e in Europa, la realtà della Chiesa di Buenos Aires che, grazie alla solidarietà e alla cooperazione del popolo e della Chiesa italiana, può contare oggi su una Tv cattolica diocesana. L’uso delle immagini aiuta a costruire ponti e a conoscere modalità di essere Chiesa nelle varie latitudini del mondo; aiuta in qualche modo a renderci meno estranei e ad alimentare la comunione”.

    Tutto ciò permetterà anche di rilanciare la produzione del Ctv. Tante iniziative in questo anno speciale, ha ricordato mons. Celli:

    “Ci stiamo avvicinando al 30.mo anno di vita del Centro Televisivo Vaticano: lo celebreremo in ottobre. In questo contesto, stiamo cercando di portare avanti alcune iniziative, che penso abbiano un significato e una valenza tutta particolare”.

    Progetti che convergono in una prospettiva unitaria, ha sottolineato infine mons. Viganò:

    “Il girato, l’audiovisivo è una fonte documentale fondamentale. Mentre tradizionalmente la storia veniva ricostruita a partire dai fondi cartacei, sempre più la storia si ricostruisce nella sua complessità, nelle sue trame, a partire dalle fonti audiovisive”.

    inizio pagina

    Mons. Tomasi all'Acnur: bene la solidarietà in Siria, ma non si dimentichino altre crisi

    ◊   La Delegazione della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra constata con rammarico che il numero delle persone bisognose dell’aiuto dell’Acnur, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è aumentato nel corso degli ultimi dodici mesi. A metterlo in evidenza è l’osservatore permanente della Santa Sede, l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, nel discorso pronunciato ieri al 57.mo Meeting dell’Acnur. Il servizio di Debora Donnini:

    La violenza sta producendo centinaia di migliaia di sfollati. L’aumento è dovuto “al perdurare di conflitti armati”, mentre manca la volontà di raggiungere “soluzioni politiche pacifiche”. Lo nota mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, sottolineando che gli armamenti non aiuteranno a bilanciare l’influenza di gruppi combattenti e uccideranno solo più civili. Questa tragica evidenza riconferma che con la guerra tutto è perduto e con la pace tutto è da guadagnare. La delegazione della Santa Sede “è lieta” che l’Alto Commissario abbia avviato sforzi per esplorare il ruolo delle comunità di fede nella protezione e mons. Tomasi nota che il dialogo dell’Alto Commissario sulla fede del dicembre scorso è stato l’espressione del successo della convergenza di persone di fede nel dare priorità alla compassione, alla solidarietà e al dialogo come metodo appropriato per rispondere alla difficile situazione dei rifugiati.

    Mons. Tomasi fa sapere che informazioni di prima mano pervenute dalle zone di conflitto mostrano come comunità di fede diano protezione. “Al momento in Siria un’organizzazione cattolica sta lavorando attraverso oltre 20 comunità religiose” cattoliche, ortodosse, protestanti e musulmane per fornire cibo, medicine, riparo e sostegno psicosociale “a oltre 100mila persone a Damasco, Homs, Aleppo e aree rurali circostanti”. Gli aiuti sono distribuiti secondo le necessità, non secondo il credo religioso. “Nella visione della mia delegazione è fondamentale che i legami fra tali gruppi e l’Acnur siano rafforzati in modo che il mandato di protezione possa essere realizzato meglio”, ha detto mons. Tomasi.

    La delegazione ammira poi gli sforzi fatti da Giordania, Libano, Turchia e Iraq nel ricevere oltre un milione e mezzo di profughi dalla Siria e la risposta della comunità internazionale è stata incoraggiante ma allo stesso tempo la delegazione è preoccupata che altre persone che hanno bisogno di protezione vengano trascurate in altre parti del mondo, perché tutto il denaro si sposta verso l’emergenza siriana. E mons. Tomasi evidenzia che un bambino malato che ha bisogno di medicine in un campo profughi in Zambia non è diverso da un bambino malato che abbia bisogno di medicine a Damasco o ad Amman.

    L’ultima questione affrontata è quella dell’accesso allo spazio di protezione. Mons. Tomasi evidenzia la disponibilità di Giordania, Libano Turchia e I’Iraq a consentire agli stranieri di entrare nel loro territorio per la protezione e afferma che questi Paesi mostrano la via al resto della comunità internazionale, ma non basta ammirarli e non emularli. “La mia delegazione – conclude – invita l’Alto Commissario a continuare i suoi sforzi per ampliare lo spazio di primo asilo e lo spazio per il reinserimento e altre durature soluzioni”.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, Lucetta Scaraffia sulla decisione della Corte suprema degli Stati Uniti di accettare i matrimoni tra omosessuali: la delegittimazione di chi non è d’accordo.

    Sullo stesso argomento un servizio nelle pagine di informazione religiosa, con le critiche dell'episcopato statunitense: una decisione sbagliata.

    Nel servizio internazionale, ancora in primo piano la Siria: i combattimenti tra milizie ribelli e forze governative si intensificano.

    Con la luce davanti agli occhi: in cultura Paolo Portoghesi sulla nuova chiesa intitolata ai santi Francesco e Chiara che verrà consacrata il 29 giugno a Castellaneta

    Silenziosi torrenti in piena: Ritanna Armeni parla di storie di conversioni nel mondo dello spettacolo

    I musulmani di Francia e i rischi di un’impasse: Giovanni Zavatta sulla prossima elezione dei vertici del Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm)

    Col cuore affaticato dalla preghiera: la vita consacrata secondo il cardinale di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio: nell'informazione vaticana l'intervista di Nicola Gori a suor Nora Antonelli.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Siria: il ricordo di padre François ucciso dai miliziani islamici

    ◊   La Siria sempre in preda alla violenza, mentre nella comunità internazionale cresce il tono del dibattito sul futuro del regime di Assad. Secondo il Wall Street Journal, gli Stati Uniti sarebbero pronti a fornire armi ai ribelli entro un mese. Dello stesso avviso il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Diversa la posizione dell’Italia che, per bocca del ministro degli Esteri, Emma Bonino, afferma: “No a forniture di armi, ma Assad deve lasciare la guida del Paese". Intanto, è sempre vivo il ricordo di padre François Mourad, il sacerdote assassinato il 23 giugno scorso a Ghassanieh da un gruppo di miliziani islamici legati ad al-Qaeda. “Era un uomo di fede che ha dato la vita per Cristo e per i siriani”, ricorda in un’intervista ad Asia News un frate francescano che opera in Siria. Noi abbiamo raccolto la testimonianza di Susan Dabbous, giornalista free lance, recentemente sequestrata dai ribelli e che ha incontrato in quel frangente padre Francois. L’intervista è di Giancarlo La Vella:

    R. – Lo abbiamo conosciuto, io e i miei colleghi quando siamo stati sequestrati in Siria, il 3 aprile scorso. Ci trovavamo proprio nel villaggio cristiani di Ghassanieh, dove lui era rimasto praticamente da solo. La popolazione aveva completamente abbandonato l'abitato e gli avevamo chiesto perché lui fosse rimasto, nonostante ricevesse continuamente minacce dai miliziani che si trovavano lì ad occupare la zona. E, oltre a questo, c’era anche il problema degli incessanti bombardamenti. Sicuramente, aveva un carattere forte, spinto dalla sua grande fede e ci ha detto: "Sono un uomo di Chiesa: io non abbandono i nostri luoghi sacri".

    D. – La situazione che ha vissuto padre François è un po’ la stessa che vivono i cristiani in Siria in questo momento?

    R. – No. Innanzitutto, perché in genere i cristiani che sono in pericolo fuggono, prevengono le aggressioni proprio perché riescono a fuggire e gli viene permesso di fuggire. Il problema dei cristiani in Siria sorge lì dove ci sono le aree controllate dai fondamentalisti islamici di tipo talebano, quindi affiliati ad al Qaeda. E lì che nasce l’odio confessionale. L’auspicio è che ci sia un intervento da parte della comunità internazionale, anche solo di stampo umanitario. Era quello che ci chiese padre François quando lo incontrammo. Come a dire che era un po’ inutile parlare con i giornalisti senza far capire all’Occidente quale fosse la terribile situazione dei cristiani in Siria, se poi non c’era un intervento, una reazione se poi nessuno muoveva un dito.

    D. – Il sacrificio di padre François che cosa ha lasciato in voi che lo avete conosciuto?

    R. – Per me, è un grande insegnamento: non possiamo, anche come giornalisti, fermarci alla superficie. Giustamente lui diceva: voi venite qui, seguite la storia, guardate il sangue che scorre e ve ne andate. E questo è vero, purtroppo. Dovevamo vedere meglio la disperazione nei suoi occhi, oltre al fatto che ci stava dando un messaggio molto duro che era quello di metterci di fronte la realtà e che noi giornalisti in quel momento non servivamo assolutamente a nulla. Spero che questo cambi anche il modo per me di fare questo lavoro. Vorrei, quando mi trovo di fronte una situazione del genere, andare oltre e vedere che cosa c’è veramente nel cuore e nella testa delle persone.

    inizio pagina

    Obama in Africa. Sempre gravi le condizioni di Nelson Mandela

    ◊   Nelle ultime ore sono peggiorate le condizioni di salute di Nelson Mandela, l’ex presidente del Sudafrica, ricoverato da tempo in un ospedale di Pretoria. I familiari hanno affermato che “tutto può accadere da un momento all’altro”. “Un eroe per il mondo”: così il presidente statunitense Obama, atteso domani nel Paese sudafricano, ha descritto Mandela e ha ribadito la vicinanza alla sua famiglia e alla nazione. Sul viaggio di Obama in Africa che durerà una settimana – oggi la prima tappa in Senegal – Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Arrigo Pallotti, docente di Storia e istituzioni politiche dell’Africa contemporanea dell’Università di Bologna:

    R. – Durante il primo mandato, per tante ragioni, ci si è soffermati maggiormente sulle questioni militari e strategiche e forse si è un po’ indebolito il dialogo politico con i governi africani. Adesso, senza dubbio è il momento esatto per Obama per recarsi in Africa nel tentativo di rilanciare la politica statunitense in questa regione.

    D. – C’è una forte espansione della Cina in Africa: tanti gli interessi di questo Paese. Il viaggio ha un significato anche in questo senso?

    R. – Sì: fortissimo, molto importante. La Cina è presente in molti Paesi africani e sta intensificando i suoi rapporti economici. E’ molto importante che il presidente americano, forte del secondo mandato, torni a soffermarsi sulle priorità storiche degli Stati Uniti in Africa, dalla fine della Guerra fredda: sostegno alla democrazia, sostegno ai diritti umani, sostegno alle riforme della governance, sostegno al modello di sviluppo in cui si combatte la corruzione e si cerca di garantire a larghi strati della popolazione diritti e opportunità economiche più inclusive.

    D. – Come sta agendo la Cina in Africa?

    R. – Da una parte, la Cina consente agli africani di valorizzare le loro esportazioni di materie prime. Dall’altra, però, la Cina non è interessata a sostenere alcune priorità che per l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono molto importanti: cioè, il rispetto dei diritti umani, la democrazia… La Cina è in grado di sfruttare i limiti e le contraddizioni del modello di sviluppo che fino a oggi in Africa non ha dato grandi risultati. I dati che noi abbiamo sull’andamento della povertà in Africa sono piuttosto allarmanti ed è quindi su queste contraddizioni che trovano forza, poi, modelli di sviluppo che non sono democratici.

    D. – Drammatica rimane anche tutta la situazione nel Sahel: un tour diplomatico potrà portare attenzione proprio alla povertà che vive l’Africa? Il Sahel è una situazione limite, ma la povertà attanaglia tutto il continente in quella contraddizione per cui c’è grande ricchezza di risorse e tanta povertà tra la popolazione…

    R. – Sì. Mettere l’accento, in questo momento, sullo sviluppo di questi Paesi è molto importante: si rafforza il ruolo della comunità internazionale, si dimostra che l’interesse non è puramente legato alla lotta al terrorismo, ma allo sviluppo più in generale. E’ chiaro che poi democrazia e diritti umani diventano valori e priorità che, anche a livello locale, sarà più facile promuovere perché interiorizzati dalle popolazioni.

    D. – Favorendo un processo interno di democrazia, piuttosto che esportando un modello?

    R. – Questo è il grande problema che ci si trova ad affrontare oggi, nel senso che assieme a tutto l’arco di crisi – dalla Repubblica Centrafricana, al Ciad, al Mali, alla Nigeria del Nord – è evidente che un certo modello di sviluppo è un po’ alle corde. O si sceglie l’opzione di stabilizzare militarmente questi Paesi e basta, oppure si cerca di accompagnarli con misure molto radicali, molto estensive di promozione dello sviluppo. Da questo punto di vista, mi sembra sia incoraggiante il ruolo delle Nazioni Unite per mettere in atto questo tipo di sviluppo più organico.

    D. – Il presidente americano – se sarà possibile – porterà anche il suo saluto a Mandela, in Sudafrica: una visita molto significativa…

    R. – Per certi versi, bellissima. Bisogna ricordare che gli Stati Uniti sono stati tra i Paesi che più hanno osteggiato la lotta di liberazione dell’African National Congress. In questo momento, in cui il simbolo della lotta all’apartheid e della rinascita del Sudafrica sta molto male, che il presidente degli Stati Uniti riesca ad andare a salutarlo anche per un momento, credo che dal punto di vista simbolico e anche politico sia molto importante.

    inizio pagina

    Egitto: l'opposizione critica il presidente Morsi dopo il discorso in tv

    ◊   In Egitto, l’opposizione ha ribadito la necessità che il presidente Morsi si dimetta dopo il discorso fiume ieri in tv. Migliaia le persone raccolte in piazza Tahrir per contestare il suo intervento che cade in un momento di forte tensione nel Paese ad un anno dal suo insediamento. Intanto l’esercito si è schierato in tutto l’Egitto mentre sempre ieri in alcuni disordini vicino Al Cairo una persona è morta, oltre 160 i feriti. Benedetta Capelli:

    Due ore e mezzo di intervento per Morsi che si è presentato alla platea del centro conferenze del Cairo, non come il presidente dell’Egitto ma come semplice cittadino. E come tale ha ragionato sulle grandi difficoltà del Paese, ad un anno dal suo insediamento, e sul rischio sempre più evidente di un’eccessiva polarizzazione, la più seria minaccia in grado di paralizzare l’Egitto. Nel mirino gli uomini del vecchio regime di Mubarak accusati di aver soltanto ostacolato il percorso del governo. Ma chi si aspettava concessioni all’opposizione si è dovuto accontentare dell’annuncio della creazione di un comitato con le forze politiche per studiare emendamenti alla Costituzione. Alle Forze armate, che ieri si sono schierate in tutto il Paese, Morsi ha ribadito che sono vitali per la protezione degli egiziani ma che è lui il capo dell’esercito. In un passaggio del suo discorso, si è riferito ai copti definendoli “partner della nazione” mentre ha ammonito i giudici a “tenersi lontano dalla politica”. Ieri ancora violenze a Mansoura, città a nord del Cairo, il bilancio è di un morto e centinaia di feriti. E in attesa della manifestazione di domenica, convocata dall’opposizione per chiedere le dimissioni del presidente, il Paese vive una profonda crisi economica con lunghe file per la benzina ed un turismo ormai in ginocchio.

    Nel suo intervento, il presidente Morsi ha dunque ribadito il pericolo di una polarizzazione del Paese. E in proposito Benedetta Capelli ha intervistato Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici all’Università di Trento ed esperto di Egitto:

    R. – Direi che questa polarizzazione è nei fatti, perché le varie componenti politiche del quadro egiziano sono l’una contro l’altro e armate. Io ricorderei che il presidente Morsi è stato eletto democraticamente: che poi abbia fallito i suoi obiettivi e che i Fratelli musulmani si siano rivelati meno capaci di governare di quanto ci si aspettasse inizialmente, potrebbe anche essere vero. Morsi è stato eletto attraverso una procedura democratica e, secondo me, dev’essere battuto attraverso una procedura altrettanto democratica.

    D. – L’esercito da ieri si è schierato in tutto il Paese. Che ruolo stanno giocando adesso i militari ai quali Morsi comunque ha ribadito di essere lui, il capo?

    R. – Morsi aveva messo in un angolo i militari. Ora che il potere presidenziale sembra in fase di declino, è chiaro che l’esercito sta vagliando l'idea di ritagliarsi un nuovo spazio di espressione e di azione politica.

    D. – Il capo dello Stato ha parlato “dei vecchi” del regime di Mubarak che avrebbero lavorato per tutto questo anno per far sì che il suo governo cadesse: hanno ancora un peso così determinante?

    R. – C’è un dato di fatto: che le vecchie istituzioni del potere non sono state completamente modificate, e quindi è chiaro che una frase come questa, di Morsi, potrebbe essere anche un pretesto per giustificare le proprie azioni. E’ anche vero, però, che un certo livello di continuità è probabile che esista.

    D. – Domenica ci sarà questa grande manifestazione del movimento Tamarod per chiedere le dimissioni del capo dello Stato. Ma chi compone questo movimento? E soprattutto, secondo lei potrebbe essere un’alternativa futura alla Fratellanza musulmana?

    R. – Il fronte del Tamarod è un fronte di ribelli, in cui sono presenti i copti e forze laiche di sinistra. Che il Fronte del Tamarod sia ostile all’instaurazione di un sistema pur vagamente e moderatamente islamizzanate possano costituire di fatto un’alternativa ai Fratelli musulmani, come dicevo prima, lo dovrebbero dire le urne. Io credo che ci sia una certa base popolare di questo movimento, ma è anche vero che i Fratelli musulmani credo conservino ancora un certo radicamento all’interno della popolazione e all’interno della società. Bisognerà vedere poi nella realtà dei fatti: certamente Tamarod riempirà le piazze, ma è anche vero che Tajarrud, cioè il movimento favorevole a Morsi, ha altrettanto riempito le piazze. Di conseguenza, viene confermata questa polarizzazione che potrebbe essere molto pericolosa per la stabilità interna dell’Egitto.

    D. – Ma secondo lei, l’anima di Piazza Tahrir che ha infuocato la Primavera araba, dove è collocata oggi, in Egitto?

    R. – Difficile dirlo … Secondo me, l’anima di Piazza Tahrir da un certo punto di vista non c’è più. I Fratelli Musulmani hanno tentato – apparentemente senza riuscirci – di presentarsi come gli eredi della rivoluzione. E’ difficile dire se il Fronte dei ribelli possa costituire effettivamente l’eredità di Piazza Tahrir. Personalmente credo di no, perché credo che quel tipo di forze siano state ormai assorbite dall’istituzionalizzazione. Io vedo piuttosto il Tamarrod come un’altra forza, come un’altra espressione che pretende di risventolare la bandiera della rivoluzione, ma anche risventolando la bandiera della rivoluzione i suoi obiettivi e le sue parole d’ordine dovranno essere adeguate e rispondenti all’attuale situazione egiziana, cioè una situazione di transizione incompiuta rispetto a quella che era la situazione all’epoca della rivolta contro Mubarak e della caduta del dittatore.

    inizio pagina

    La Corte Suprema Usa apre ai matrimoni gay. "Un giorno tragico" secondo i vescovi americani

    ◊   “Un giorno tragico per gli Stati Uniti”. Così i vescovi americani commentano il pronunciamento della Corte Suprema Usa, che ieri ha definito incostituzionale il Defence Marriage Act, la legge federale secondo cui il matrimonio è solo tra uomo e donna. Esulta invece il presidente Usa, Barack Obama, che parla di “passo storico verso l’uguaglianza”, “una vittoria per la comunità gay e per la democrazia americana". Il servizio di Paolo Ondarza:

    Definire il matrimonio solo tra uomo e donna è incostituzionale. La Corte Suprema Usa boccia il Doma, "Defence marriage Act", in quanto secondo i giudici violerebbe il quinto emendamento sulla difesa delle libertà individuali. L'opinione di Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale:

    R. – La Corte suprema federale ha sempre interpretato i diritti dell’uomo della Costituzione americana come diritti strettamente individualistici, cioè dati all’individuo isolato dalle relazioni sociali e dal contesto sociale. Non è un caso che in America i diritti sociali siano sconosciuti. Ma qui c’è una contraddizione, secondo me: la famiglia è qualcosa che va oltre la sfera della privatezza, perché riguarda un istituto sociale. La famiglia è fondata sul matrimonio tra persone di sesso diverso, è la struttura base della stessa società. Certo, hanno ignorato buona parte della cultura attuale americana. E’ uno strappo paragonabile a quello che ci fu nel 1973, quando si riconobbe addirittura il diritto della donna di abortire fino a tre mesi di gravidanza.

    D. – Nella definizione di matrimonio non è implicito il riconoscimento di un ruolo materno, che assicuri la procreazione, assicuri la sopravvivenza della specie umana?

    R. – La parola stessa “matris monium” fa riferimento alla madre, quindi anche alla procreazione. Questa è un’altra difficoltà, perché è chiaro che un’unione di persone dello stesso sesso è difficile possa essere riconosciuta come esempio di matrimonio.

    Il pronunciamento della Suprema Corte Usa è salutato come una vittoria dalla comunità gay americana. Il presidente Obama parla di “passo storico” verso l’uguaglianza e su Twitter scrive: “L’amore è amore”. Una sentenza sbagliata per la Conferenza episcopale americana, che in un comunicato a firma del presidente, l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, parla di un "giorno tragico per la nazione”. “Il bene di tutti – scrivono i presuli – dipende da una società che si sforza di rispettare la verità del matrimonio tra uomo e donna". Le parole dei vescovi riecheggiano quelle dell’allora cardinale Bergoglio che nel 2010, alla vigilia dell’approvazione della legge argentina sui matrimoni gay, scriveva: “E’ in gioco il rifiuto totale della legge di Dio. Prendere atto di un'oggettiva differenza non significa discriminare. Il nostro codice civile – proseguiva il futuro Papa Francesco – non discrimina quando esige il requisito di essere uomo o donna per contrarre matrimonio, ma riconosce una realtà naturale".

    La Corte Suprema Usa non si è pronunciata invece sulla legge che in California ha vietato il matrimonio gay, ma ne ha suggerito l’abolizione ad una corte federale. Attualmente, sono 12, su un totale di 50, gli Stati americani dove gay e lesbiche possono sposarsi. Che peso avrà il verdetto di ieri? Risponde il giurista Carlo Cardia:

    R. – Che adesso i singoli Stati sono liberi di adottare legislazioni che prevedono il matrimonio per persone dello stesso sesso, senza andare incontro all’obiezione di incostituzionalità.

    R. – Si pone in contrasto con la visione del matrimonio e della famiglia delle carte internazionali dei diritti umani. L’Occidente si trova in questa posizione di contraddizione. Quindi, è uno stravolgimento completo della realtà antropologica dell’istituto matrimoniale e famigliare.

    D. – Dicendo che è incostituzionale definire il matrimonio solo tra un uomo e una donna non si sovverte il diritto naturale?

    R. – Assolutamente vero. La logica giuridica è questa. E’ questo il punto, è questo il rovesciamento. La logica umana porta che se io affermo "A", tutte le conseguenze di "A" poi le devo accettare.

    inizio pagina

    Al via a Bruxelles il Consiglio Europeo dedicato al lavoro

    ◊   Al via nel pomeriggio a Bruxelles il Consiglio europeo dedicato fondamentalmente al lavoro, che è uno dei punti dolenti dell’Europa in crisi. Quali le misure su cui si dovrà puntare? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente Politica Economica Europea:

    R. – Sostanzialmente si tratta di utilizzare fondi europei che sono disponibili per sostenere l’occupazione, in particolare giovanile, quindi concedere sgravi contributivi alle aziende che assumono. Questo è un po’ in linea con quanto già il governo italiano ha stanziato ieri per i fondi sul 2013. Il Consiglio europeo dovrebbe approvare questa linea di gestione anche per gli anni a venire.

    D. - Ci sono Paesi come la Spagna e l’Italia dove il problema occupazione è piuttosto preoccupante, altri come la Germania in cui è meno accentuato. Anche in questo l’Europa è piuttosto differenziata?

    R. – In realtà il tema fondamentale è che le decisioni sull’uso dei fondi possono essere un importante ammortizzatore per risolvere il problema disoccupazione ma il vero tema è la crescita economica. Per risolvere in maniera strutturale queste differenze in Europa dobbiamo fare in modo che tutti i Paesi crescano in misura simile. Quindi, per quanto può sembrare strano, temi come l’unione bancaria o la soluzione della crisi finanziaria, in realtà, sono strumentali a risolvere anche il problema della disoccupazione. Sono due facce della stessa medaglia.

    D. – Il vertice giunge a poche ore dall’accordo Ecofin sul meccanismo di fallimento ordinato dalle banche: quanto influirà questa decisione sul futuro economico dell’Unione europea?

    R. – Questa decisione è fondamentale. Non si potrà pensare di risolvere la crisi, quindi la crescita dei Paesi del sud Europa, quindi la disoccupazione, se non ci sarà un accordo strutturato sul tema dell’unione bancaria. La decisione dell’Ecofin di ieri, che mi auguro verrà poi ratificata dal Consiglio europeo, costruisce un altro mattone verso un altro processo di unificazione bancaria che dovrebbe partire dal 2014, con la sorveglianza della Bce. Questo, secondo me, è un tassello fondamentale per mettere la parola fine a questa crisi.

    D. - Intanto è stato raggiunto l’accordo tra Parlamento europeo e Consiglio sul bilancio 2014-2020. Si aspettava, c’era molta tensione, anche perché questo è un risultato importantissimo…

    R. – Queste sono altre risorse, altre diverse centinaia di miliardi che i Paesi destinano alla spesa “strutturale”, quindi la spesa per lo sviluppo regionale per le infrastrutture sia fisiche sia telematiche per lo sviluppo dell’agricoltura ma in realtà dell’ambiente. Infatti, la spesa agricola è una spesa legata alla qualità dell’ambiente, al finanziamento della ricerca e sviluppi europei, quindi ulteriori misure che dovrebbero servire da volano per la crescita in Europa. Sono tutti mattoncini che stanno andando nella direzione giusta. Mi auguro che prima o poi dalla carta della legislazione si passi agli effetti economici sulla crescita e che poi, anche se purtroppo con un po’ di ritardo, arrivi anche all’occupazione.


    inizio pagina

    Mongolia: riconfermato il presidente Elbegdorj alla guida del Paese

    ◊   Riconfermato alla presidenza della Mongolia il capo di Stato uscente, Tsakhia Elbegdorj. Questo l’esito definitivo delle elezioni presidenziali svoltesi ieri nel Paese asiatico. Elbegdorj, del partito democratico, ha raccolto il 50,23% dei suffragi, battendo il suo principale rivale, Bat-Erdene, del partito popolare mongolo che ha ottenuto il 41,97% dei voti. Stefano Vecchia:

    Una vittoria prevista, per questo tecnocrate educato a Harvard che dal giugno 2009 ha guidato il Paese attraverso la sua impetuosa crescita economica, una delle più consistenti al mondo che nel 2011 ha raggiunto il 17%, prima di consolidarsi lo scorso anno al 12%. I dati diffusi questa mattina dalla Commissione elettorale nazionale, insieme alla proclamazione del vincitore non lasciano dubbi sulle preferenze dei mongoli, I suoi unici due avversari sono stati ampiamente distanziati. L'ex lottatore e parlamentare dell'opposizione Baterdene Badmaanyambuu ha ottenuto il 41,48% dei voti; la signora Natsag Udval, medico di professione, ministro della Sanità e prima donna ad avere una qualche possibilità di successo nelle presidenziali mongole è finita al terzo posto con un magro 8,3% delle preferenze. Il successo di Elbegdorj è il risultato del suo impegno a sradicare la corruzione da un Paese di soli 3 milioni di abitanti ma vasto cinque volte l'Italia, interessato da un boom economico basato finora sullo sfruttamento delle sue immense risorse naturali. Una crescita che tuttavia è stata segnata da fratture diffuse nella società dove corruzione, ineguaglianze e inflazione sembrano contraddire per molti gli esaltanti dati economici. La necessità di una maggiore integrazione con le economie regionali, a partire da Cina e Russia senza rinunciare al principio di equidistanza e di maggiori rapporti con le economie globali, è stata pure centrale nella campagna elettorale del vincitore, il cui Partito democratico controlla attualmente il parlamento mongolo.

    inizio pagina

    Don Balducchi sul dl carceri: non risolve ma migliora la situazione

    ◊   Per il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, il provvedimento sulle carceri approvato ieri è solo un primo atto di un progetto più ampio. Per il ministro, l’obiettivo è depenalizzare una serie di reati, puntando sulle pene alternative o sulla messa alla prova. Alessandro Guarasci ha sentito don Virgilio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane:

    R. – Serve a rallentare in qualche maniera la situazione, in modo che possa esserci un momento di respiro nel discorso dell’emergenza carcere, perché cerca di fare entrare meno persone in carcere e di facilitare l’uscita dal carcere, in percorsi di responsabilità sul territorio, tipo i lavori socialmente utili, per le persone socialmente meno pericolose. Si sa che non è la soluzione del problema …

    D. – Ma questo che cosa vuol dire, secondo lei? Bisogna lavorare più stabilmente sulle pene alternative e sulla messa alla prova?

    R. – Sicuramente, bisognerà lavorare molto di più in questo senso. Ma questo avverrà soprattutto se il governo riuscirà a riformare l’amministrazione della giustizia, che veda il carcere come l’estrema ratio. E invece, per tutta una serie di reati e di illegalità, utilizzare strumenti che non prevedano come pena il carcere, ma pene di responsabilità sociale. Chiederei poi alle comunità cristiane di essere più disponibili all’accoglienza per percorsi di ri-socializzazione e di riconciliazione.

    D. – Lei si è chiesto perché in Italia il braccialetto elettronico non sia mai decollato?

    R. – Sinceramente, non lo so. So solo che hanno speso molti soldi per niente, anche se il braccialetto elettronico – per quanto mi riguarda – non lo considero una misura che permetta alla persona in quanto tale di decidere di cambiare il proprio comportamento rispetto all’illegalità.

    D. – Si parla anche di amnistia ed è indicato come uno degli strumenti per risolvere il problema del sovraffollamento. Secondo lei, lo è davvero?

    R. – L’amnistia, oggi come oggi, dovrebbe servire a fare in modo di azzerare un gran numero di procedimenti in corso e che non hanno soluzione veloce. Potrebbe essere addirittura uno strumento per dire: ok, facciamo un atto di conciliazione sociale e, a partire da quello, costruiamo una migliore giustizia.

    D. – Molte persone sono in carcere per reati collegati alla tossicodipendenza o all’immigrazione non regolare. Sono leggi, queste, che vanno riviste?

    R. – Sicuramente vanno riviste, tanto è vero che qualcosa, anche nel decreto, è rivisto. Siamo già su questa strada: alcune leggi che erano molto "carcerizzanti" hanno avuto qualche modifica all’interno della proposta. Speriamo che si vada un po’ più avanti.

    inizio pagina

    Trento. Aperto il 10.mo Forum sulla salvaguardia del Creato

    ◊   Capire il ruolo delle vie di comunicazione antiche e moderne nella crescita economica sociale e religiosa dell’umanità. Questo è uno degli obiettivi con cui si apre oggi a Trento il X Forum dell’informazione cattolica per la salvaguardia del Creato, organizzato da Greenaccord Onlus con la Provincia autonoma e l’arcidiocesi di Trento. All’incontro, sul tema “Il Creato e le vie di comunicazione vecchie e nuove: cammini, incroci e reti a partire dalle Dolomiti”, che si concluderà sabato, partecipano oltre 100 giornalisti provenienti da tutta Italia. Marina Tomarro ha intervistato Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord:

    R. - Ci sembrava interessante ed utile fare proprio un incrocio tra le vie di comunicazione quelle antiche e quelle più moderne, proprio con il tema della salvaguardia del Creato, per vedere un pò cosa se ne può trarre: innanzitutto, dalle antiche vie di comunicazione - penso ai sentieri dei pellegrinaggi che attraversavano tutta l’Europa, ai sentieri del commercio, alle vie d’acqua - poi le nuove vie di comunicazione con il progresso hanno un po’ cambiato la nostra vita. La via di comunicazione maggiore oggi è diventata la rete Internet, che ci consente di comunicare in maniera velocissima, rapida. Capire come la sensibilità ambientale può essere veicolata attraverso queste nuove forme di comunicazione, attraverso la rete. È tutto da scoprire per vedere anche come può essere funzionale proprio a questo.

    D. - Dove si vanno adincontrare la montagna, la fede e la comunicazione?

    R. - La montagna è il luogo simbolo dell’incontro con Dio e soprattutto il sistema montagna era anche un crocevia di tanti passaggi di diverso tipo. Io penso che riuscire a capire come sia utile, sia bello occuparsi del Creato attraverso proprio il posto che favorisce la comunicazione, anche interiore se vogliamo. Quindi, abbiamo voluto unire queste diverse anime, metterle insieme per scoprire cosa riusciamo a trarne.

    D. - Quali saranno i punti salienti di questo Forum?

    R. - Innanzitutto, ci saranno due relazioni di fondo. Una di Franco Cardini, uno storico che parlerà proprio delle vie della fede e della spiritualità. Poi, il geologo Mario Tozzi che parlerà del dissesto idrogeologico e della cura del territorio, perché ci siamo resi conto che quando le antiche vie di comunicazione vengono abbandonate tutto ciò porta anche adun dissesto del territorio, cioè si finisce per non conoscere più la vera mappatura del territorio e quindi abbandonarla. In più, analizzeremo concretamente tutte le antiche vie, da quelle del commercio a quelle ferroviarie, a quelle che sono servite anche per le guerre - per esempio le vie della pastorizia, per la transumanza, le fluitazioni. Vedremo queste forme anche di economia che una volta insistevano su queste vie di comunicazione per essere soprattutto veicolo anche di relazioni. Inoltre, passeremo ad analizzare le nuove vie di comunicazione, quindi le reti nel loro complesso con tutte le problematiche che si portano dietro. Infine, una mattinata dedicata alla sensibilità sul Creato nel Magistero degli ultimi tre Pontefici: da Giovanni Paolo II, passando per Benedetto XVI per poi finire a Papa Francesco.

    D. - Ormai, sono dieci anni di questo Forum. Oggi, è diventato più facile aiutare i giornalisti a comunicare la bellezza del Creato alla società?

    R. - Direi che si sta creando un fermento nuovo, stanno cominciando a nascere germi di grande interesse. Benedetto XVI ha dato un grande contributo di fondamento teologico al tema ambientale e questo non è da poco. Anche Papa Francesco ha confermato con vari richiami accorati a esserne custodi. Io direi che i giornalisti cattolici non possono non cogliere questi grandi richiami, questi grandi insegnamenti anche dei Pontefici. Diventa naturale affrontare e parlare in maniera specifica e qualificata di questi temi.

    inizio pagina

    Concluse le "Giornate Lateranensi" dedicate alla Gmg di Rio 2013

    ◊   Si concludono oggi le “Giornate Lateranensi” dedicate alle sfide educative per le giovani generazioni. L’iniziativa ha visto confrontarsi esponenti del mondo delle istituzioni, delle imprese, della diplomazia e dell’università, in vista della prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Il servizio di Davide Dionisi:

    Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli. A 25 giorni all’inizio della 28.ma Giornata Mondiale della Gioventù di Rio, il motto di Rio ha riecheggiato nell’aula Pio XI della Pontificia Università Lateranense dove in questi giorni cattedratici, economisti, esponenti di governo hanno voluto confrontarsi tra loro e con le autorità ecclesiastiche per trovare nuove strade utili a valorizzare e incoraggiare le nuove generazioni in un momento di profonda crisi economica e valoriale. Un primo bilancio della due giorni promossa dall’ateneo pontificio, lo ha tracciato il rettore, mons. Enrico Dal Covolo:

    R. – Si è voluto toccare un po’ tutti i temi sensibili, di fronte ai quali i giovani si trovano sfidati, specie quei giovani che vogliono portare avanti l’annuncio cristiano in questa società. Li abbiamo sistematicamente affrontati, così da provocare i giovani stessi e farli un pochino uscire dal bozzolo in cui noi li abbiamo costretti. Ecco: devono liberare, sprigionare le loro energie di rinnovamento per una società migliore.

    D. – Come vede il significato di questi appuntamenti nella strategia pastorale della Chiesa universale del terzo millennio?

    R. – Soprattutto nella vecchia Europa, nell’orizzonte euroatlantico, stiamo vivendo un momento paradossale: i giovani, anziché essere valorizzati come dovrebbero, sono persone che danno un po’ fastidio e si vorrebbe quasi farne a meno. Di fatto, sono emarginati. E hanno ragione quei sociologi che parlano di una generazione dimenticata. Ora, io sono convinto che questi appuntamenti, queste occasioni – specialmente le Giornate Mondiali della Gioventù – siano veramente preziosi, perché si rimetta un poco a posto la nostra mentalità e il nostro modo di fare. I giovani, cioè, sono quella forza essenziale di rinnovamento senza la quale una società si trova a morire: morire perché manca di speranza, morire perché manca di prospettive, morire perché manca di giovani. Ecco, noi dobbiamo ridare ai giovani la fiducia e la responsabilità di lavorare veramente per questa società e per questa Chiesa. Il protagonismo giovanile non è un pallino di alcuni, è la necessità di tutti, è un’esigenza vitale.

    inizio pagina

    “Noëlle” premiato come miglior film al Festival "Mirabile Dictu"

    ◊   Sono stati assegnati ieri sera a Roma, alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, i premi della quarta edizione della quarta edizione dell’International Catholic Film Festival “Mirabile Dictu” diretto da Liana Marabini. Tra i riconoscimenti, oltre al miglior film e regia andati allo statunitense “Noëlle”, si segnalano quello per la migliore attrice protagonista a Katia Miran per “Je m’appelle Bernadette” e quello alla carriera all’attrice francese Marie-Christine Barrault. Il servizio di Luca Pellegrini.

    Cerca uno spessore più profondo nei film selezionati, porta alla ribalta titoli nascosti di autori sconosciuti, ma questa ricerca è aperta a tutto il mondo, perché si tratta di un Festival del Film Cattolico, “Mirabile Dictu” che significa "bello da dire" e, come ci si augura, anche bello da vedere. Tante biografie di Santi e Beati, di sacerdoti e suore, protagonisti di grandi e piccoli gesti di carità, e molti documentari sulla vita della Chiesa di ieri e di oggi. Ad Armando Torno, presidente della giuria, editorialista del Corriere della Sera, abbiamo chiesto se la cattolicità sia un fattore limitante nella valutazione dei film:

    R. – Assolutamente no. Il cattolicesimo ha una caratteristica proprio nell’ambito del cristianesimo di essere forse l’aspetto più universale, più comprensibile, più adatto proprio all’arte. Questo Festival ha indubbiamente un vantaggio perché chiamandosi “cattolico” è aperto a tutte le altre confessioni ma è un invito a seguire determinate suggestioni del mondo cattolico e ovviamente ad allacciare un grande abbraccio ecumenico.

    Il titolo che ha vinto il Pesce d'Argento per il miglior film e la migliore regia è Noëlle, opera seconda di David Wall, un giovane protestante statunitense che lo ha scritto, diretto, prodotto e ben interpretato, insieme alla moglie Kerry e a tre dei suoi quattro figli. Lui è padre Jonathan Keene, un sacerdote cattolico che arriva in una piccola città del New England per fare ciò che è abituato a fare: chiudere in modo burocratico e freddo le parrocchie per mancanza di pastori o di fondi. Il contatto con gli abitanti del luogo e con le loro storie di vita mette in moto in lui una revisione profonda della sua vocazione, aprendosi a una dimensione di gioia e di speranza. Perché avete premiato questa pellicola?

    R. – Semplicemente, perché ci è sembrato il film con il più stridente messaggio al suo interno. E’ il tema della vocazione. Il tema della fede è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione, non soltanto della vita pratica, ma anche della vita politica, della vita nel senso più lato del termine. Il ’900 pensava di fare a meno di Dio. Noi ci siamo accorti che senza Dio non si può fare nulla. E’ un film di forti contrasti, di dialoghi ben impostati. Chiaramente, quando si premia un film, bisogna sempre tener presente che forse si premia quello che in quel momento la giuria sente. Non sempre le giurie sono infallibili, però diciamo che, nella massima parte dei casi, sono oneste.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    India. 2mila villaggi inondati: frati e suore attivi nell'aiutare le vittime in Uttarkand

    ◊   Le inondazioni improvvise in Uttarkand sono “una tragedia nazionale che colpisce molta della nostra gente. Come religiosi indiani, insieme con tutte la Chiesa, siamo profondamente colpiti e rispondiamo con la preghiera e con tute le azioni possibili per sostenere le vittime”: lo afferma un messaggio pervenuto all’agenzia Fides dalla Conferenza dei Religiosi dell’India, che unisce Ordini e congregazioni religiose maschili e femminili. A causa del monsone anticipato nello Stato Uttarkand (India del Nord) oltre 2.000 villaggi nei distretti di Uttarkashi, Chamoli e Rudraprayāg sono stati totalmente o parzialmente interessati dal inondazioni devastanti. Più di 100 persone nel villaggio di Guptkashi e nei villaggi adiacenti sono morti, mentre almeno 2.000 sono i dispersi. La zona interessata dalle alluvioni si trova nella diocesi di Bijnor e la Conferenza dei religiosi si è messa a disposizione della diocesi. Il vescovo locale, mons. John Vadakel, ha avviato uno sforzo coordinato per gli aiuti umanitari, insieme a Caritas India. Secondo quanto affermano fonti locali, “i problemi maggiori vengono soprattutto per il gran numero di pellegrini che erano sul luogo per un pellegrinaggio a un tempio indù di Kedarnath e sono rimasti bloccati”. Anche la popolazione residente è stata fortemente colpita: mentre i soccorsi stanno migliorando ci si sta focalizzando sui danni arrecati nei diversi villaggi. Il messaggio della Conferenza dei religiosi conclude: “Chiediamo a tutti i religiosi dell'India si impegnarsi a sostenere questa causa, con le preghiere e con altri contributi secondo i loro mezzi e le possibilità”. (R.P.)

    inizio pagina

    Brasile: proteste in 18 città. Sindacati confermano lo sciopero

    ◊   In almeno 18 città del Brasile, 12 capitali statali e altri sei centri di Rio, Pernambuco, Bahia e Espírito Santo, si tornerà a protestare oggi dopo le manifestazioni che ieri hanno portato di nuovo in piazza 80.000 persone, da San Paolo a Belo Horizonte a São Luís. Mentre il presidente della Fifa, Joseph Blatter, era in tribuna allo stadio Mineiro di Belo Horizonte per la semifinale Brasile-Uruguay, all’esterno si sono registrati disordini tra polizia e dimostranti, mobilitati per chiedere la fine della corruzione che ha gonfiato anche le spese per i mega-eventi sportivi e l’accesso a servizi di base di qualità. A Brasilia - riferisce l'agenzia Misna - gruppi di manifestanti hanno calciato palloni contro il cordone della polizia schierata a protezione del Congresso in una protesta pacifica contro le spese milionarie per le Coppe; il filo conduttore delle più imponenti manifestazioni popolari viste in Brasile nell’arco di 20 anni, che si è unito al malcontento per il carovita in un momento in cui l’economia del gigante sudamericano rallenta. Negli ultimi giorni, in sede legislativa le istanze della piazza sono state in parte ascoltate come dimostrano alcuni provvedimenti adottati d’urgenza: la bocciatura della Pec 37, la proposta di emendamento costituzionale che avrebbe reso più difficile proprio la lotta alla corruzione dilagante, la destinazione del 75% delle royalties petrolifere all’istruzione e il 25% alla sanità, il varo al Senato di una norma che cancellerebbe le imposte sui trasporti pubblici facilitando l’abbassamento delle tariffe e, ieri, il primo via libera a una riforma del codice penale che definisce la corruzione un “crimine odioso”. La presidente Dilma Rousseff ha lanciato la proposta di indire una consultazione popolare per convocare un’Assemblea Costituente incaricata di procedere a un’ampia riforma politica, nonostante l’opposizione di buona parte del Congresso. Oggi porterà l’iniziativa in parlamento suggerendo le domande che dovrebbero essere poste ai brasiliani: prime fra tutte, quale sistema di voto e quale tipo di finanziamento preferiscono per la campagna elettorale. Ma i problemi per Dilma sembrano appena cominciati: ieri ha ricevuto i rappresentanti dei cinque principali sindacati nazionali che le hanno confermato la convocazione di una “giornata di lotta” per l’11 luglio. (R.P.)

    inizio pagina

    Centrafrica. L’arcivescovo di Bangui: “Il Paese sta morendo lentamente”

    ◊   “Il Centrafrica è un Paese che sta morendo lentamente” e la cui “coesione sociale è seriamente compromessa”. A rilanciare l’allarme dei vescovi centrafricani è l’arcivescovo di Bangui, mons. Diudonné Nzapalainga. Il presule – riporta l’agenzia Apic - si trova in questi giorni in Francia per sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo francese su quanto sta accadendo nel Paese, devastato dalle violenze dei ribelli della Séléka, perpetrate dopo il colpo di stato che il 24 marzo ha portato al potere l’ex capo della ribellione, Michel Djotodia. Prima di incontrare martedì i rappresentanti del Ministero degli Esteri francese, il presule ha incontrato le organizzazioni cattoliche francesi e la stampa con le quali ha condiviso le preoccupazioni della Chiesa centrafricana per la drammatica situazione del Paese. “Non solo le ripetute esazioni di Séléka contro i cristiani hanno creato tensioni religiose, ma l’invio di 'signori della guerra' nelle diverse regioni del Paese sta creando dei feudi" che sfuggono al controllo del governo centrale, ha dichiarato l’arcivescovo, aggiungendo che lo “Stato è minacciato nelle sue fondamenta”. Le dichiarazioni di mons. Nzapalainga seguono il forte messaggio pubblicato nei giorni scorsi dell’episcopato centrafricano al termine dell’Assemblea ordinaria svoltasi a Bimbo dal 12 al 23 giugno, che definisce “inaudito” l’attuale momento storico del Paese, incoraggiando l’istituzione di “una piattaforma di dialogo tra leader religiosi cattolici, protestanti e musulmani”, anche per “dissipare eventuali tensioni religiose” e invitando a contrastare tutto ciò che “frena lo sviluppo della nazione”, come “il nepotismo, il clientelismo, la corruzione, l’impunità, l’accaparramento dei beni pubblici e la violazione dei diritti umani”. (A cura di Lisa Zengarini)

    inizio pagina

    Sierra Leone: si è spento padre “Bepi” Berton, l’apostolo dei bambini-soldato

    ◊   Padre Giuseppe Berton, missionario saveriano, apostolo dei ragazzi-soldato in Sierra Leone si è spento la sera del 25 giugno, nella casa madre dei saveriani a Parma. In una nota inviata all’agenzia Fides l’attuale superiore dei Saveriani padre Carlo Di Sopra lo ricorda così : “Padre Bepi in Sierra Leone è sempre stato un vulcano attivo, pieno di intraprendenza umana e missionaria, anche grazie alla collaborazione di agenzie come la Crs statunitense, la Caritas e di amici e benefattori italiani. In tutte le attività e iniziative, puntava a questo: formare persone – uomini e donne – libere, coscienti e autosufficienti, capaci di sostenere la propria famiglia e far sviluppare la società. Ora “il vulcano” si è spento, ma sulla sua terra lavica migliaia di persone hanno messo radici profonde e porteranno frutto”. Un altro confratello, padre Vincenzo Munari, dice: “Ho vissuto gli ultimi anni a Kissy (Freetown) con padre Bepi Berton. Quello che più mi meraviglia è che così tanti lo conoscono, specialmente nella periferia di Freetown! È sulla bocca di tutti, tanto che anche quando passo io, pur non assomigliandogli affatto, i bambini gridano: “Padre Berton! Padre Berton!”. La sua attività con i bambini-soldato gli ha permesso di tenere contatti e rapporti con migliaia di ragazzi e ragazze, che ora sono i giovani più intraprendenti di Freetown. Grazie al suo affetto e incoraggiati dal suo aiuto, hanno potuto avviare una piccola attività, riscattandoli da un doloroso passato, che tutti vogliono dimenticare”. Dal giugno dello scorso anno era in cura a Parma. Ultimamente aveva fatto un mese di ospedale ed era stato dimesso il 19 giugno. Nato a Marostica (Vicenza) il 5 febbraio 1932, aveva 81 anni compiuti. Dal 1973 fino alla vigilia della morte, padre Giuseppe – a tutti noto come “padre Bepi” - vive e lavora in Sierra Leone, dedicandosi soprattutto alla pastorale missionaria e all’attività sociale, nella diocesi di Makeni e poi nella capitale Freetown. Durante la decennale guerra in Sierra Leone (1992-2000), ha vissuto le drammatiche vicende del rapimento da parte dei ribelli, che abusavano anche dei bambini-soldato per le mutilazioni, uccisioni e violenze di ogni tipo. Da allora aveva avviato progetti che hanno permesso di recuperare migliaia di ragazzi e ragazze e restituendoli pian piano alla vita normale e alla società. In un’intervista a Fides rilasciata nel 2004 padre Berton diceva: “La sfida più importante che dobbiamo affrontare è quella di recuperare l’identità di queste persone. Sono ancora bambini, perché hanno saltato alcune tappe della loro evoluzione psicologica, ma hanno anche vissuto già esperienze terribili nel corso della guerra civile. Avendo partecipato alle violenze che hanno sconvolto il Paese, inoltre, la popolazione civile non sempre riesce ad accettarli ed aiutarli a ritrovare un’esistenza normale”. Per questa suprema dedizione, padre Berton ha ricevuto in vita vari riconoscimenti di prestigio da Organismi internazionali, tra cui l’Onu. Nel 2001, l’allora segretario dell’Onu Kofi Annan volle incontrare di persona il missionario e visitare il Centro di riabilitazione di Kissy, alle porte di Freetown. In seguito a questa visita, padre Berton fu chiamato a testimoniare in vari congressi internazionali, riscuotendo l’attenzione di gremite assemblee, come “esperto in recupero umanitario”. (R.P.)

    inizio pagina

    Nigeria: la Chiesa condanna la ripresa delle esecuzioni capitali

    ◊   La ripresa delle esecuzioni capitali costituisce “un ritorno ai giorni più bui delle violazioni dei diritti umani in Nigeria”: lo dice all'agenzia Misna mons. Emmanuel Badejo, il vescovo di Oyo, annunciando un’imminente nota della Conferenza episcopale sulla fine di una moratoria durata sette anni. A Benin City, la capitale dello Stato meridionale di Edo, lunedì sono state eseguite quattro condanne a morte. La massima pena nei confronti dei detenuti era stata comminata nel 1997, due anni prima della fine del regime militare e dell’inizio di un’esperienza liberal-democratica. Con un’ordinanza emessa il 16 giugno scorso, una ripresa delle esecuzioni era stata autorizzata dal presidente Goodluck Jonathan. Secondo mons. Badejo, già portavoce della Conferenza episcopale, la Chiesa nigeriana sta preparando un documento nel quale esprime una condanna netta. “La vita è il bene più prezioso – sottolinea il vescovo – perché gli uomini sono stati creati a immagine e somiglianza di Dio e a tutti deve essere data una possibilità di ricominciare”. Mons. Badejo, del resto, è convinto che “la ripresa delle esecuzioni capitali rischia di aggravare una cultura di violenza in tempi già difficili per la Nigeria”. Il riferimento è anche alla crisi nel nord del Paese, con gli attentati del gruppo armato Boko Haram e una repressione delle Forze armate che a volte non risparmia gli innocenti. Secondo il vescovo di Oyo, “Jonathan potrebbe essere stato spinto a firmare l’ordinanza da un senso di frustrazione e dall’idea di dare all’opinione pubblica un’immagine di determinazione e di forza”. Di certo la ripresa delle esecuzioni capitali è stata condannata dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani, da diversi governi e da molte organizzazioni della società civile, sia nigeriane che straniere. E la campagna per una nuova moratoria ha già un obiettivo, concreto e immediato: salvare un quinto detenuto che in questi giorni, sempre a Benin City, rischia la vita. (R.P.)

    inizio pagina

    Sud Sudan: campagna di vaccinazione a Yirol per emergenza morbillo

    ◊   A Yirol, al confine meridionale del Sud Sudan, un’epidemia di morbillo sta mettendo in pericolo la vita di molto bambini, soprattutto sotto i 9 mesi. Medici con l’Africa Cuamm, attiva nell’ospedale di contea dal 2006, interviene con il team dei suoi operatori per una campagna di vaccinazioni straordinaria coordinata a livello nazionale dal ministero della Sanità e realizzata in collaborazione con Oms, Unicef e le Ong presenti sul territorio. Da inizio dell’anno - riferisce l'agenzia Sir - sono oltre 200 i casi di morbillo registrati nell’ospedale di Yirol, ma la situazione sta peggiorando, con 20 casi solo nell’ultima settimana. “E questa è solo la punta dell’iceberg - dichiara Piero Berra, medico Cuamm esperto di sanità pubblica -. La maggior parte dei casi non arriva in ospedale”. In tutto il Sud Sudan sono 10 le contee che presentano focolai di epidemia, oltre al campo profughi di Maban. In ognuna di queste è in corso una campagna di vaccinazione per gli “under five” i bambini sotto i 5 anni. A Yirol la campagna è iniziata nei giorni scorsi con il coordinamento di Medici con l’Africa Cuamm, che chiede l’aiuto di tutti: vaccinare e curare 5 bambini costa solo 10 euro. L’obiettivo è raggiungere quota 25.000 bambini vaccinati per riuscire a coprire tutta la popolazione infantile sotto i 5 anni della contea di Yirol West. (R.P.)

    inizio pagina

    Bolivia: ancora violenza nel Tipnis, la Chiesa a fianco degli indigeni

    ◊   Dopo gli scontri verificatisi lo scorso fine settimana fra i due gruppi che gestiscono la rappresentanza del Parco Nazionale e Territorio Indigeno Isiboro Secure (Tipnis), la Chiesa cattolica ed altri settori della società hanno rinnovato l’appello al dialogo per evitare ulteriori scontri violenti. La Confederazione di Popoli Indigeni della Bolivia (Cidob) è divisa in due fazioni, una che difende il Tipnis e chiede che l'autostrada Villa Tunari - San Ignacio de Moxos non attraversi il centro del parco naturale, e l'altra fazione guidata da Melva Hurtado, alleata con il governo, che è a favore della costruzione della strada. A quanto sembra, la lite, finita in un scontro violento tra i due gruppi, è stata causata a seguito dell'intervento del presidente del Consiglio Indigeno del Sur (Conisur), visto da una delle due fazioni come un’intromissione negli affari interni dei popoli indigeni. “Il Conisur vive in una situazione diversa dal Tipnis. Il Conisur è una zona di insediamento che è stata occupata da 30 anni. I coloni sono venuti ad occupare le terre e probabilmente gli indigeni sono stati emarginati", ha affermato mons. Tito Solari, arcivescovo di Cochabamba, che ha chiesto alle parti di dialogare. “Come Chiesa, conosciamo la realtà della zona e chiediamo alla popolazione in generale di rispettare gli indigeni che vivono nelle pianure", ha concluso l'arcivescovo. (R.P.)

    inizio pagina

    Colombia: speranze di ritrovare ancora in vita il sacerdote creduto morto

    ◊   Vi sono ancora flebili speranze di ritrovare in vita don Néstor Darío Buendía Martínez, il sacerdote disperso in Colombia e del quale era stata annunciata la morte, dopo che era stato ritrovato un cadavere che si pensava fosse il suo. Secondo informazioni riferite all'agenzia Fides dalla diocesi di Monterai, la morte di don Buendía ha ricevuto una clamorosa smentita dato che, dopo indagini di medicina legale, si è compreso che il corpo ritrovato – pur somigliante – non era quello del sacerdote. Lo stesso vescovo di Monteria, mons. Ramón Alberto Rolón ha smentito ufficialmente la notizia del ritrovamento del corpo, spiegando che prime informazioni sul ritrovamento del corpo erano state diffuse da fonti non ufficiali. Il vescovo ha rivolto un appello a tutta la popolazione perché collabori e aiutai la polizia nelle indagini per ritrovare don Nestor. Del sacerdote, sparito da giovedì scorso, ancora non si sa nulla. I fedeli della parrocchia di San Antonio di Padova, dove don Buendía è viceparroco, sono in apprensione e pregano per la vita del sacerdote. Il capo della polizia di Cordoba ha detto alla stampa locale che continua la ricerca per rintracciare qualche indizio lungo il percorso effettuato il sacerdote, ma finora non vi sono risultati efficaci. (R.P.)

    inizio pagina

    India: cristiani percossi e boicottati in Orissa per accuse di “conversioni forzate”

    ◊   Estremisti indù hanno lanciato una serie di attacchi e azioni di boicottaggio contro i cristiani nello stato di Orissa (India orientale). Come riferiscono all'agenzia Fides fonti locali, il 24 giugno un nutrito gruppo di estremisti indù ha fatto irruzione in una riunione della “Chiesa pentecostale indipendente”, nel villaggio di Canalpada, nel distretto di Duagarh. I militanti hanno accusato i presenti di compiere “conversioni forzate” e li hanno costretti a terminare l’incontro. I sette leader cristiani presenti, per evitare conflitti, hanno preso un’auto per tornare a casa, ma i militanti in motocicletta hanno ostacolato l’auto, provocandone il ribaltamento. I passeggeri, fra i quali, il Pastore Sura Mahat Samal, hanno riportato ferite lievi e sono stati condotti in ospedale. Secondo fonti di Fides, sono gli estremisti indù del gruppo “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (Rss, “Corpo dei volontari indù”) ad aver organizzato una serie di attacchi contro i cristiani in Orissa. I cristiani sono “indesiderati e cacciati”. In un altro episodio riferito a Fides, nel distretto Malkangiri, il 10 giugno scorso, circa 70 abitanti di un villaggio indù hanno attaccato i cristiani con spade e bastoni, ferendo gravemente alcuni fedeli e danneggiando due case. A partire dall’aprile scorso ai cristiani del villaggio viene impedito di attingere acqua dal pozzo pubblico. Le famiglie cristiane hanno iniziato ad attingere acqua dal fiume vicino ma, a causa di forti piogge, il fiume è diventato fangoso. L'8 maggio, una donna cristiana, Mongli Madhi, si è recata a prendere l'acqua dal pozzo pubblico. Tre estremisti indù l’hanno bloccata e percossa duramente. Il giorno dopo, i tre estremisti sono andati a casa della donna e, in assenza del marito, l’hanno nuovamente picchiata, ferendola gravemente. Date le minacce e la discriminazione subita, i cristiani sono stati costretti a trasferirsi in un'altra zona. (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: veglia di preghiera per la controversa legge sulla Salute riproduttiva

    ◊   La Commissione per la famiglia e la vita (Ecfl) della Conferenza episcopale filippina ha indetto una veglia di preghiera, in programma il 9 luglio, in concomitanza con l'udienza alla Corte suprema in cui si discute la controversa legge sulla Salute riproduttiva (Rh Bill). L'annuncio è stato fatto da padre Melvin Castro, segretario esecutivo Ecfl, in un'intervista a Radio Veritas in cui spiega le particolari intenzioni che animano la celebrazione; i cattolici, aggiunge, auspicano che i supremi giudici filippini boccino come "incostituzionale" la Republic Act (Ra) 10354, meglio nota come Reproduvtive Health (Rh) Law. Il sacerdote invita la comunità a partecipare in massa alla veglia di preghiera, ricordando inoltre che si tratta di un momento di "preghiera" e di "festa"; si tratta quindi di una manifestazione in chiave "positiva", che non intendete criticare nessuno. La Chiesa - riporta l'agenzia AsiaNews - vuole solo incentivare i fedeli a ribadire la ferma opposizione alla norma, firmata in gran segreto dal presidente Benigno Aquino III lo scorso 21 dicembre. L'appuntamento, chiarisce padre Castro, è "alle nove del mattino davanti alla Corte suprema". Preghiamo per la giustizia, aggiunge, e per difendere a spada tratta la Costituzione. Ad oggi dieci giudici hanno votato per bloccarne l'entrata di vigore, mentre cinque colleghi sarebbero favorevoli. La legge "di salute riproduttiva" ha atteso quasi 14 anni per essere approvata, dopo cinque diverse modifiche, oltre un anno di discussioni in parlamento e la fiera opposizione della Chiesa. Il provvedimento, approvato nel dicembre scorso, rifiuta l'aborto clinico, ma promuove un programma di pianificazione familiare che invita le coppie a non avere più di due figli. Essa permette in alcuni casi l'obiezione di coscienza, ma allo stesso tempo favorisce la sterilizzazione volontaria. Chiesa e associazioni cattoliche sostengono invece il Natural Family Programme (Nfp), che mira a diffondere tra la popolazione una cultura di responsabilità e amore basata sui valori naturali. Il disegno di legge è promosso soprattutto dalle grandi organizzazioni internazionali, come ad esempio Onu e Unicef, che legano l'alto tasso di natalità alla povertà del Paese. I Paesi che non si attengono a tali norme perdono il diritto a ricevere aiuti umanitari. Nei mesi scorsi anche l'arcivescovo di Manila, card Luis Antonio Tagle, è intervenuto sulla controversia, sottolineando il valore "assoluto" della vita umana che "vincerà sul controllo delle nascite". (R.P.)

    inizio pagina

    Filippine: Chiese cristiane unite contro la tratta di esseri umani

    ◊   Un’”alleanza cristiana” contro la tratta degli esseri umani nelle Filippine. È l’iniziativa lanciata dai vescovi filippini insieme al Consiglio nazionale delle Chiese evangeliche (Pcec) e al Consiglio nazionale delle Chiese delle Filippine (Nccp) per intervenire con azioni concrete ed efficaci contro questa piaga di cui il Paese asiatico vanta un triste primato. Lo ha ricordato mons. Broderick Pabillo, vescovo ausiliare di Manila e segretario nazionale dell’Azione sociale, la giustizia e la pace (Nassa) della Cbbp a una conferenza stampa in cui – riferisce il “Manila Times” citato dall’agenzia cattolica “Eglises d’Asie” (Eda) - ha illustrato le tappe e gli obiettivi del piano di azione pensato dalle Chiese cristiane filippine contro questa moderna forma di schiavitù. “Non possiamo più tacere di fronte a quanto accade”, ha spiegato il presule che, nella sua qualità di responsabile della Nassa, si è rivolto a più riprese ai fedeli per denunciare l’aggravamento del traffico di esseri umani nel Paese e del connesso fenomeno della prostituzione femminile e minorile favorito dalla corruzione e dalla passività del Governo filippino. Secondo l’ultimo Rapporto del Dipartimento di Stato americano sulla tratta di esseri umani, pubblicato nel settembre 2012, le Filippine restano infatti tra i Paesi sotto osservazione per il mancato rispetto degli standard internazionali fissati dal “Victims Protection Act”. Tra le altre cose il rapporto denuncia la corruzione dilagante a tutti i livelli dello Stato, che vanifica gli sforzi messi in campo per contrastare il fenomeno e punire i responsabili. I trafficanti approfittano infatti del grande flusso di emigrati che dalle Filippine investe Asia, Medio Oriente, Europa e America, che ha raggiunto i 10 milioni di persone. Il Presidente Benigno Aquino, , dal canto suo , ha salutato positivamente l’iniziativa delle Chiese filippine, impegnandosi a fare gli sforzi necessari per migliorare l’azione repressiva contro i trafficanti. (L.Z.)

    inizio pagina

    Malaysia: il termine Allah in uso dai cristiani torna nelle aule dei tribunali

    ◊   Dopo le elezioni politiche dello scorso 5 maggio in Malaysia, il dibattito sull’uso del termine Allah da parte dei cristiani torna nelle aule dei tribunali, anche se l’esito finale non è scontato. La vittoria di misura del “Barisan Nasional” (Bn) , al potere da oltre 50 anni, ha fatto temporaneamente rientrare le polemiche sull’annoso contenzioso rinfocolate ad arte durante la campagna elettorale dal partito del Primo Ministro Najib Razak per guadagnare i consensi dell’elettorato musulmano. Al centro della polemica – lo ricordiamo – è l’accusa rivolta ai cristiani di usurpare il termine “Allah” il quale, secondo alcuni, dovrebbe essere esclusivo dell’Islam. Per diversi anni le autorità malesi hanno quindi cercato di vietarne l’uso ai cristiani, con il pretesto che genererebbe confusione, nonostante esso sia presente nelle Bibbie di lingua malese da oltre quattro secoli, come ampiamente documentato. E nonostante una sentenza del 2009 abbia riconosciuto alle Chiese il “diritto costituzionale” di chiamare il loro Dio con questo titolo, alcuni gruppi islamisti continuano a reclamare il divieto, minacciando azioni dimostrative come il rogo delle Bibbie. Finora la giustizia ha dato ragione ai cristiani, ma si attende l’esito finale in appello che potrebbe ancora una volta essere condizionato dalle pressioni politiche. Secondo un sacerdote interpellato dall’agenzia Ucan, le ragioni delle Chiese cristiane sono ampiamente supportate da fatti incontestabili, compresa la cosiddetta “10 Point Solution”, un decreto ministeriale del 2011 con cui il Governo di Kuala Lumpur ha dato il via libera all’uso della parola Allah nelle Bibbie in lingua Malay. Una decisione che l’attuale Esecutivo difficilmente potrebbe impugnare. (L.Z.)

    inizio pagina

    Bruxelles. Settimana della speranza: il rispetto dell'ambiente nel segno di santa Ildegarda

    ◊   “Chiese e Parlamento europeo devono collaborare di più anche sui temi dell’ambiente e della sostenibilità” perché “le Chiese hanno un patrimonio” di esperienze e di pensiero sulla custodia del creato che “devono far conoscere”. Parola di Peter Liese, parlamentare europeo del Partito popolare e membro, tra l’altro, della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. È intervenuto ieri pomeriggio a Bruxelles a una tavola rotonda organizzata dai vescovi della Comunità europea (Comece) nell’ambito della Settimana della speranza. A partire dalla figura di santa Ildegarda di Bingen, religiosa tedesca, benedettina e naturalista - riferisce l'agenzia Sir - ieri si è parlato anche di “Sostenibilità: il potere di vivere semplicemente”. Nel suo intervento Liese ha detto che sulla questione ambiente ogni giorno in Parlamento europeo vengono prese decisioni, elaborate proposte, programmi e buone pratiche. “Tutti - ha detto - reclamano la crescita economica e, al tempo stesso, migliori condizioni di vita per tutti. Ma cambiare tutto e subito non è possibile. È però necessario cominciare, avviare un processo di cambiamento. E l’unica soluzione possibile è cambiare il nostro modo di vita e di consumo”. Molto apprezzato dal parlamentare europeo è stato il fatto che papa Francesco fin dalla sua prima omelia d’inizio pontificato, il 19 marzo scorso, abbia parlato della custodia del creato. Segno che i cristiani in Europa oltre a impegnarsi sui “temi della famiglia e della vita” - ha detto - sono chiamati a far conoscere anche “il loro patrimonio di pensiero sulla protezione dell’ambiente”. Ad accompagnare ieri la riflessione su santa Ildegarda di Bingen è stata suor Philippa Rath. Nel pensiero della religiosa benedettina annoverata da Benedetto XVI lo scorso anno tra i “dottori della Chiesa universale”, “l’uomo e l’universo sono specchio l’uno dell’altro; nulla rimane senza impatto sul tutto, nulla è perso o insignificante. Nessuna omissione o peccato individuale rimane senza che non abbia una ripercussione sul tutto. Ma è vero anche il contrario e, cioè, che nessuno sforzo, per quanto piccolo, volto alla giustizia, all’amore, alla pace, alla protezione del Creato, è privo di significato per il tutto”. (R.P.)

    inizio pagina

    Spagna: dubbio dei vescovi su un documento dell'Oms sull'educazione sessuale

    ◊   La Commissione permanente della Conferenza episcopale spagnola (Cee) ha celebrato la sua 228.ma riunione, il 25 e il 26 giugno. Ieri sera si è tenuta una conferenza stampa nella quale è stato presentato quello di cui si è discusso nei due giorni. I vescovi hanno studiato un rapporto, presentato dalla Commissione episcopale per l’insegnamento e la catechesi, sul progetto “Legge costituzionale di miglioramento della qualità dell’educazione” (Lomce). La Subcommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita - riferisce l'agenzia Sir - ha presentato un rapporto sul documento dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) “Standard di educazione sessuale per l’Europa. Ambito per le persone incaricate di formulare politiche educative, responsabili e specialisti della salute”. I vescovi hanno manifestato la loro preoccupazione per questo argomento, dato che si prospetta come un tentativo di promuovere un unico modello di istruzione in tutto il continente europeo e un modello da seguire nel campo dell’educazione sessuale. Secondo il rapporto, gli standard proposti non hanno nessun riferimento ai principi morali. Tra gli altri motivi gravi, nel testo non si fa alcuna menzione del fatto che la relazione sessuale con una persona minore di quindici anni in molti Paesi è sanzionata. I vescovi spagnoli hanno discusso sul rapporto presentato e hanno deciso di lavorare per l’elaborazione di un futuro documento sull’educazione affettivo-sessuale, che tenga in conto la formazione di tutta la comunità cristiana nei fondamenti evangelici riguardanti il matrimonio e la famiglia; una formazione integrale che permetta di affrontare i problemi e le questioni che possa presentare qualsivoglia ideologia. I presuli hanno anche analizzato la bozza “Criteri di base per il regime delle Fondazioni canoniche private (socio-sanitarie, assistenziali e altre) costituite da Istituti religiosi ed erette dalla Conferenza episcopale spagnola”, presentata dalla Commissione episcopale per la vita consacrata e che dovrà poi essere analizzata dall’Assemblea plenaria della Cee. La Commissione permanente ha approvato la proposta della Commissione della vita consacrata di costituire, nella Conferenza episcopale spagnola, un unico Consiglio di Fondazioni per i temi educativi e socio-sanitari. Anche di questo si discuterà in sede di Assemblea plenaria. Infine, la Commissione permanente ha preso in esame un suggerimento del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione di costituire una Commissione specifica dedicata alla nuova evangelizzazione e alla catechesi. Si studierà ora l’opportunità di fare questo passo in futuro. (R.P.)

    inizio pagina

    L'Università cattolica di Lublino conferisce il Dottorato in teologia "honoris causa" a Kiko Arguello

    ◊   Ieri, l’Università Cattolica di Lublino, una delle più prestigiose della Polonia, con oltre 16 mila studenti, l’università dove ha insegnato Giovanni Paolo II, ha conferito il dottorato in Sacra Teologia honoris causa a Kiko Argüello, unitamente a Carmen Hernández (che non ha potuto essere presente all’atto), per ”l’originale contributo” da essi dato “al rinnovamento della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II”, attraverso il Cammino Neocatecumenale. L’atto accademico si è svolto nel chiostro dell’Ateneo, gremito da moltissimi studenti, alla presenza di tutte le autorità accademiche: il Gran Cancelliere, l’arcivesco di Lublino, mons. Stanislao Budzik, il Magnifico Rettore prof. don Antonio Dębiński, mons. Zbigniew Kiernikowski, vescovo di Siedlce, mons. Grzegorz Ryś, vescovo ausiliare di Cracovia; insieme ad un’altra decina di vescovi della Polonia. Erano inoltre presenti mons. Milan Szaszik, vescovo della chiesa greco-cattolica rutena in Transcarpazia, mons. Josè Luis del Palacio (Perù). A significare il contributo che il Cammino Neocatecumenale sta offrendo al dialogo tra cristiani ed ebrei, era presente il rabbino Chain Adler, cantore della grande Sinagoga di Gerusalemme e il rabbino Angel Kreimann-Brill, direttore latino americano del “Center for Jewish Christian Understanding and Corporation”. Nella delibera del Senato dell’Università, in data 21 settembre 2012, si motiva il conferimento del dottorato con queste parole: “Kiko Argüello, con Carmen Hernández, ha iniziato una formazione spirituale post battesimale, chiamata universalmente Cammino Neocatecumenale, eccezionalmente preziosa per il mondo contemporaneo che, con forma di iniziazione cristiana, porta in tutto il mondo un’azione evangelizzatrice...”. Nella laudatio, il prof. Stanisław T. Zarzycki ha presentato Kiko “come un profeta del nostro tempo, sottolineando tre aspetti del Cammino che l’Università “apprezza in modo speciale”: 1. il fatto di condurre i suoi membri ad “una conoscenza esistenziale di Gesù Cristo”; 2. il fatto di difendere i valori, quali la vita umana, la dignità della persona, il matrimonio e la famiglia; 3. la “partecipazione attiva, inspirante e fruttuosa alla nuova evangelizzazione”. Kiko, nella sua lectio magistralis ha detto di ricevere il dottorato anche a nome di Carmen Hernández, che ha dato moltissimo al Cammino: la riscoperta del mistero pasquale secondo il Concilio Vaticano II, lo Yom Kippur, che illumina il sacramento della penitenza cristiana, l’amore al mondo ebraico... Ha trascorso ben due anni della sua vita visitando, con la Scrittura in mano, tutti i luoghi santi! Dopo aver ringraziato il Senato Accademico per l’onore conferitogli, si è lanciato in un appasionato, forte e coraggioso annuncio di Gesù Cristo: “Non c’è cosa più grande che annunciare il Vangelo, che annunciare la parola che porta alla salvezza, il kerigma”. Ha fatto presente il cuore della buona notizia del Vangelo affermando: ”La sostanza divina è amore a te. Dio vorrebbe stare in me, in te, adesso. Essere uno con te, dentro di te, adesso. Perchè questo amore è unitivo: è il mistero della Santissima Trinità. Questo amore è la stessa sostanza divina”. Questo mistero si dà nella Chiesa, nella comunità cristiana. La missione del cammino neocatecumenale è proprio questa: formare comunità cristiane che siano segno di amore e di unità. E ad un giornalista, che prima dell’atto accademico gli chiedeva che cosa significasse per lui questo conferimento, Kiko ha risposto: “Noi siamo meravigliati di come Dio scelga le persone più deboli per fare grandi cose... Sono contento se con questo atto si riconosce l’azione di Dio qui in Polonia e nel mondo, mediante il Cammino Neocatecumenale. In questo senso questo dottorato dà gloria a Dio, non a noi. È Lui che ci sorprende sempre con cose nuove, come andare nelle piazze ad annunciare il Vangelo..., perché è Dio che dà ai fratelli la gioia e lo Spirito per annunciare Gesù Cristo”. (Da Lublino, Ezechiele Pasotti)


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 178

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.