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Sommario del 20/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Papa Francesco alla Fao: la fame è uno scandalo, no alla speculazione sul prezzo degli alimenti
  • Il Papa alla Roaco: cessi la grande tribolazione della Siria e la violenza in Terra Santa
  • Il Papa: non possiamo pregare il Padre, se abbiamo nemici nel nostro cuore
  • Plenaria Roaco. Il card. Sandri: tacciano le armi in Siria, pace per tutto il Medio Oriente
  • Rinunce e nomine
  • Mons. Chullikatt all'Onu: la disoccupazione, ingiustizia sociale che mina la libertà
  • Mons. Zimowski al Congresso oncologi: no alla medicalizzazione anonima, rispettare la dignità del malato
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Mons. Zenari: la comunità internazionale spinga al più presto per una soluzione politica in Siria
  • Mosca frena dopo la proposta Usa di taglio delle armi nucleari
  • Pirateria. Rientrata in Italia la San Marco. Le coste orientali dell'Africa le più pericolose
  • Giornata mondiale del Rifugiato: 45 milioni di persone in fuga, prime vittime donne e bambini
  • Il premier Letta alla stampa estera: governo stabile, no elezioni a breve
  • Roghi tossici: il ministro Orlando a Caserta. La denuncia di don Patriciello
  • Momentanea chiusura del Santuario di Lourdes a causa del maltempo. Due vittime nel sud-ovest della Francia
  • "Le culture dinanzi a Dio": è il tema del Simposio promosso dalla Pastorale universitaria di Roma
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Santa Sede-Israele: il nunzio mons. Lazzarotto è ottimista per la fine del negoziato
  • Gaza: sulle classi separate delle scuole cattoliche la preoccupazione di mons. Twal
  • Allarme Unesco in Siria: patrimoni dell'umanità a rischio
  • Fondazione “Migrantes”: no a misure di sola repressione, rivedere politica migratoria europea
  • Colombia: da più di 50 anni la Chiesa in aiuto agli oltre 5 milioni di sfollati
  • Niger. Un missionario: "I rifugiati sono gli invisibili del nostro tempo"
  • Sud Sudan: una giornata di preghiera per la riconciliazione nazionale
  • Myanmar: i vescovi chiedono istruzione, federalismo, armonia interreligiosa
  • Pakistan: l'Alta Corte fa giustizia sul caso di una ragazza cristiana violentata
  • Bolivia: il vescovo missionario che aiuta i bambini poveri
  • Austria: Plenaria dei vescovi al santuario di Mariazell
  • Università Gregoriana: padre Dumortier confermato rettore per un triennio
  • Il Papa e la Santa Sede



    Papa Francesco alla Fao: la fame è uno scandalo, no alla speculazione sul prezzo degli alimenti

    ◊   Ancora oggi “ci sono milioni di persone che muoiono di fame”: “un vero scandalo”, ha denunciato questa mattina Papa Francesco, ricevendo in Vaticano i partecipanti alla Conferenza della Fao, l’organizzazione dell’Onu per l’agricoltura e l’alimentazione, in corso a Roma. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Siete qui – ha premesso il Vescovo di Roma – per dare risposta “ad una necessità primaria” di tanti fratelli e sorelle: “disporre del pane quotidiano”, in un contesto mondiale difficile non solo per “la crisi economica”, ma anche per “la sicurezza”, “i troppi conflitti” “i cambiamenti climatici”, “la conservazione” della biodiversità. Alla Fao si chiede dunque “un rinnovato impegno”, “perché tutti possano beneficiare dei frutti della Terra”, non solo per ridurre “il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole”, ma soprattutto “per un'esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano", ha puntualizzato Francesco:

    “La persona y la dignidad humana corren el riesgo de convertirse en una abstracción ante cuestiones ...”.
    "Persona e dignità umana rischiano - ha ammonito il Papa - di diventare un’astrazione di fronte a questioni come l'uso della forza, la guerra, la malnutrizione, l'emarginazione, la violazione delle libertà fondamentali o la speculazione finanziaria, che in questo momento condiziona il prezzo degli alimenti”, trattati “come ogni altra merce, dimenticando la loro destinazione primaria”. Viviamo infatti “una crisi di convinzioni e di valori, compresi quelli posti a fondamento della vita internazionale”.

    "...es necesario contraponerse a los intereses económicos miopes y a la lógica del poder de unos pocos ...".
    “….è necessario contrastare – ha sottolineato Francesco - i miopi interessi economici e le logiche di potere di pochi che escludono la maggioranza della popolazione mondiale e generano povertà ed emarginazione con effetti disgregatori sulla società, così come è necessario combattere quella corruzione che produce privilegi per alcuni e ingiustizie per molti”. “Non si tratta di sola compassione o magari di un invito alla condivisione o a favorire una riconciliazione che superi le avversità e le contrapposizioni”:

    “Significa más bien estar dispuestos a compartirlo todo y a decidirse a ser buenos samaritanos ...”.
    “Significa piuttosto essere pronti a condividere ogni cosa e a scegliere di essere buoni samaritani anziché persone indifferenti alle necessità altrui”:

    “A la Fao, a sus Estados miembros, así como a toda institución de la comunidad internacional …”.
    “Alla Fao, agli Stati membri e alla comunità internazionale – ha aggiunto Francesco - è chiesta un’apertura di cuore”. Il Papa ha quindi incoraggiato la riforma avviata dalla Fao “per garantire una gestione più funzionale, trasparente, equa”, e lodato la scelta di dedicare il prossimo anno alla “famiglia rurale”, per rafforzare “la convinzione che la famiglia è luogo principale di crescita” di ogni essere umano.

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    Il Papa alla Roaco: cessi la grande tribolazione della Siria e la violenza in Terra Santa

    ◊   Un pressante appello per aiutare la popolazione siriana che vive “una grande tribolazione”, i profughi ed i rifugiati. Lo ha levato Papa Francesco nell’incontro, stamani, con i partecipanti alla 86.ma Assemblea della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, che proprio oggi ha concluso i suoi lavori. Dal Pontefice anche la preoccupazione per la “situazione di violenza ed insicurezza” che molti cristiani vivono in Terra Santa. Il servizio di Benedetta Capelli:

    “Vicini con riconoscenza”: Papa Francesco esprime così i sentimenti di tutta la Chiesa nei confronti dei membri delle agenzie della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali. Incontrandoli in Vaticano, esorta a non “perdere la speranza” di fronte alle difficoltà e lancia un vibrante appello “perché si ponga fine ad ogni dolore, ad ogni violenza, ad ogni discriminazione religiosa, culturale e sociale”. “Lo scontro che semina morte – soggiunge il Papa - lasci spazio all’incontro e alla riconciliazione che porta vita”. Poi l’esortazione a non dimenticare la Siria che vive “una grande tribolazione”:

    "Vi chiedo di fare tutto il possibile per alleviare le gravi necessità delle popolazioni colpite, in particolare quelle siriane. La gente dell’amata Siria, i profughi, i rifugiati sempre più numerosi. Proprio sant’Ignazio di Antiochia chiedeva ai cristiani di Roma: 'ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria… Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità' (Lettera ai Romani IX,I). Anche io a voi ripeto questo: 'Ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria”… Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità'. Al Signore della vita affido le innumerevoli vittime e imploro la Santissima Madre di Dio perché consoli quanti sono nella 'grande tribolazione' (Ap 7,14). E’ vero questa è una grande tribolazione!".

    Non solo la Siria è nel cuore del Papa ma anche la Terra Santa, i “luoghi Santi della nostra Redenzione”:

    “... ravviva in me la viva preoccupazione ecclesiale per la condizione di tanti fratelli e sorelle che vivono in una situazione di insicurezza e di violenza che sembra interminabile e non risparmia gli innocenti e i più deboli. A noi credenti è chiesta la preghiera costante e fiduciosa perché il Signore conceda la sospirata pace, unita alla condivisione e alla solidarietà concreta”.

    Esprimendo la gratitudine a Dio per la fedeltà a Cristo, al Vangelo e alla Chiesa, il Papa ricorda i cattolici orientali che, nell’arco dei secoli, hanno affrontato la fatica di dirsi cristiani ma che hanno conservato la loro fede:

    “Desidero incoraggiarvi e sostenervi nell’esercizio della carità, che è il solo motivo di vanto per i discepoli di Gesù. Questa carità scaturisce dall’amore di Dio in Cristo: la Croce ne è il vertice, segno luminoso della misericordia e della carità di Dio verso tutti, che è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5)”.

    Un dovere – prosegue il Papa – “esortare alla carità” che è inscindibile dalla fede. “Il nostro operare – aggiunge – sarà efficace solo se radicato nella fede, nutrito dalla preghiera, specialmente dalla Santa Eucaristia, Sacramento della fede e della carità”. Infine, l’invito a proseguire e a realizzare i progetti finalizzati alla formazione soprattutto dei giovani:

    “Ma non dimenticate mai che questi progetti devono essere un segno di quella professione dell’amore di Dio che costituisce l’identità cristiana. La Chiesa, nella molteplicità e ricchezza delle sue componenti e delle sue attività, non trova la sua sicurezza nei mezzi umani. La Chiesa è di Dio, ha fiducia nella sua presenza e nella sua azione, e porta nel mondo la potenza di Dio che è quella dell’amore”.

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    Il Papa: non possiamo pregare il Padre, se abbiamo nemici nel nostro cuore

    ◊   Per pregare il Padre Nostro dobbiamo avere il cuore in pace con i nostri fratelli. E’ quanto affermato, stamani, da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che noi crediamo in un Dio che è Padre, è “vicinissimo” a noi, non è anonimo, non è “un Dio cosmico”. Alla Messa, concelebrata tra gli altri dal cardinale Zenon Grocholewski, ha preso parte un gruppo di collaboratori della Congregazione per l’educazione cattolica e un gruppo di collaboratori dei Musei Vaticani. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La preghiera non è magia, ma affidarsi all’abbraccio del Padre. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sulla preghiera del “Padre Nostro” insegnata da Gesù ai discepoli, di cui narra il Vangelo odierno. Gesù, ha detto, ci dà subito un consiglio nella preghiera: “non sprecare parole, non fare rumore”, “il rumore della mondanità, i rumori della vanità”. Ed ha avvertito che la “preghiera non è una cosa magica, non si fa magia con la preghiera”. Qualcuno, ha proseguito, mi dice che quando uno va da uno “stregone” gli dice tante parole per guarirlo. Ma quello “è pagano”. Noi, ci insegna Gesù, “non dobbiamo andare con tante parole da Lui”, perché “Lui sa tutto”. E aggiunge: la prima parola è “Padre”, questa “è la chiave della preghiera”. “Senza dire, senza sentire questa parola – ha avvertito – non si può pregare”:

    “A chi prego? Al Dio Onnipotente? Troppo lontano. Ah, questo io non lo sento. Gesù neppure lo sentiva. A chi prego? Al Dio cosmico? Un po’ abituale, in questi giorni, no?... pregare il Dio cosmico, no? Questa modalità politeista che arriva con questa cultura light … Tu devi pregare il Padre! E’ una parola forte, ‘Padre’. Tu devi pregare quello che ti ha generato, che ti ha dato la vita, a te. Non a tutti: a tutti è troppo anonimo. A te. A me. E anche quello che ti accompagna nel tuo cammino: conosce tutta la tua vita. Tutto: quello che è buono e quello che non è tanto buono. Conosce tutto. Se non incominciamo la preghiera con questa parola, non detta dalle labbra, ma detta dal cuore, non possiamo pregare in cristiano”.

    “Padre”, ha ribadito, “è una parola forte” ma “apre le porte”. Al momento del sacrificio, ha detto il Papa, Isacco si accorge che “qualcosa non andava”, perché “mancava la pecorella”, ma si fida di suo padre e “la sua preoccupazione” l’ha “buttata nel cuore di suo padre”. E ancora: “padre” è la parola che ha pensato di dire “quel figlio” che se n’è andato via con l’eredità “e poi voleva tornare a casa”. E quel padre “lo vede venire e va di corsa” da lui, “gli si getta al collo”, “per cadere su di lui d’amore”. “Padre, ho peccato”: è questa, ha ribadito il Papa, “la chiave di ogni preghiera, sentirsi amati da un padre”:

    “Abbiamo un Padre. Vicinissimo, eh!, che ci abbraccia … Tutti questi affanni, preoccupazioni che noi possiamo avere, lasciamoli al Padre: Lui sa di cosa abbiamo bisogno. Ma, Padre, che? Padre mio? No: Padre nostro! Perché io non sono figlio unico, nessuno di noi, e se io non posso essere fratello, difficilmente potrò diventare figlio di questo Padre, perché è un padre di tutti. Mio, sicuro, ma anche degli altri, dei miei fratelli. E se io non sono in pace con i miei fratelli, non posso dire ‘Padre’ a Lui”.

    Così, ha aggiunto, si spiega il fatto che Gesù dopo averci insegnato il Padre Nostro, sottolinei che se noi non perdoneremo gli altri, neanche il Padre perdonerà le nostre colpe. “E’ tanto difficile perdonare gli altri – ha constatato – è difficile davvero, perché noi sempre abbiamo quel rammarico dentro”. Pensiamo: “Me l’hai fatta, aspetta un po’… per ridargli il favore che mi aveva fatto”:

    “Eh no, non si può pregare con nemici nel cuore, con fratelli e nemici nel cuore: non si può pregare. Questo è difficile: sì, è difficile, non è facile. ‘Padre, io non posso dire Padre, non mi viene’. E’ vero: questo io lo capisco. ‘Non posso dire nostro, perché questo mi ha fatto questo, quello e …’ non si può! ‘Questi devono andare all’inferno, no?, non sono dei miei!’. E’ vero, non è facile. Ma Gesù ci ha promesso lo Spirito Santo: è Lui che ci insegna, da dentro, dal cuore, come dire ‘Padre’ e come dire ‘nostro’. Chiediamo oggi allo Spirito Santo che ci insegni a dire ‘Padre’ e a poter dire ‘nostro’, facendo la pace con tutti i nostri nemici”.

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    Plenaria Roaco. Il card. Sandri: tacciano le armi in Siria, pace per tutto il Medio Oriente

    ◊   Con l’udienza di stamani da Papa Francesco si è conclusa la 86.ma Assemblea della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, incentrata su “La situazione dei cristiani e delle Chiese in Egitto, in Iraq, Siria e in Terra Santa. Proprio su questi scenari si sofferma il comunicato finale della Roaco nel quale si ripercorrono le testimonianze dei delegati presenti evidenziando in particolare le difficoltà vissute da tanti cristiani in quelle aree ma anche il contributo offerto per la riconciliazione ed il bene comune. Ampio dibattito per il dramma dei profughi siriani e per la difficile situazione a Gaza. Romilda Ferrauto ha intervistato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e presidente della Roaco:

    R. – La Siria è come un leitmotiv e così tutto il Medio Oriente. Il Papa ha invocato la cessazione immediata delle ostilità, delle armi – “Che tacciano le armi” – e che si possa così cominciare un cammino di pace, che sia di bene per tutto il Medio Oriente, soprattutto per quei Paesi che sono vicini, e per l’Iraq, il Libano, la Giordania e così via. Oggi il Papa ha confermato queste sue preoccupazioni nelle parole che ci ha rivolto e noi abbiamo avuto occasione di presentargli i tre testimoni che hanno parlato alla Roaco, insieme al nunzio apostolico, mons. Zenari, descrivendo la situazione che vivono: un gesuita di Homs, una suora di Damasco e un altro padre francescano del Nord della Siria, vicino ad Antiochia. Testimonianze che portano quasi, persino, a piangere nel vedere e nel sentire tutto quello che devono vivere ogni giorno, a contatto sia con le forze del governo che dei ribelli, e come devono stare accanto alla popolazione che è vittima di queste aggressioni degli uni verso gli altri. Sono vittime impotenti. La Santa Sede, quindi, è preoccupata; il Papa è preoccupato; e tutti noi vorremmo che al più presto inizi una trattativa, in modo tale che cessata la voce delle armi, si possa parlare per giungere ad una soluzione che salvaguardi, non dico solo gli innocenti e le vittime, ma che salvaguardi la dignità umana come tale, di tutti gli abitanti della Siria.

    D. – Preghiere, solidarietà, appelli, c’è altro che la Chiesa può fare per fermare questo bagno di sangue interminabile?

    R. – C‘è, senz’altro, un’azione da parte della diplomazia della Santa Sede, che come si sa è un’azione che si fa quasi sempre nella più grande riserva e prudenza, ma che cerca giustamente di insinuare questi principi. E attraverso questi valori, che sempre la Santa Sede e i Papi hanno proclamato, si cerca attraverso incontri con le autorità, attraverso i nunzi apostolici, attraverso gli ambasciatori, che sono qui presso la Santa Sede, di portare a questo convincimento, ossia che l’unica soluzione che possa portare alla pace sia la negoziazione e il confronto politico.

    D. – Nella sua omelia, martedì mattina, lei stesso, durante la Messa per i cristiani in Medio Oriente, ha chiesto che si preghi anche perché i cristiani orientali non rispondano all’odio con l’odio. C’è una preoccupazione riguardo a questo: che i cristiani possano essere tentati di ricorrere a metodi non tanto cristiani, non tanto evangelici?

    R. – C’è questo pericolo. Grazie a Dio finora non si è verificato. Non è male, però, ricordare questi appelli a rispondere al male con il bene e non al male con il male, in modo tale che i cristiani proseguano sempre, e tutti si prosegua, la via delle beatitudini, la via dell’umiltà, la via, a volte, dell’affronto, e si sappia offrire l’altra guancia se per caso si è perseguitati.

    D. – Non ignoriamo che qualche voce autorevole nelle Chiese locali pensa che a volte le dittature siano un male minore, rispetto al caos attuale. Lei vuole rispondere a questo?

    R. – Sì, certamente questa convinzione di alcuni è parziale, perché forse non tengono conto di altri aspetti, che possono essere anche criticabili. L’obiettivo finale è sempre il rispetto dei diritti della persona umana e quindi che ci sia anche una democratizzazione, cui tutti possano prendere parte, e si costruisca una società, una nuova cultura della partecipazione di tutti i cittadini – cristiani o di altri religioni, anche quelle maggioritarie – al bene del Paese. Per cui, il desiderio ultimo sarebbe una costituzione, frutto certo di larghe intese tra tutti quelli che vivono nel Paese, ma intese attraverso il dialogo, non attraverso le armi, perché nella costituzione risulti la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, appartengano alla religione che appartengano, per contribuire tutti al bene della loro patria.

    D. – Rimane, per terminare, anche il desiderio di mantenere i cristiani nel loro Paese?

    R. – Noi vogliamo che i cristiani restino, perché quei Paesi non si possono capire, senza la presenza cristiana. Sono, però, tentati molto fortemente, per l’insicurezza, per la mancanza di lavoro, per la ricerca di un futuro per i figli, di lasciare questo Paese. E non dobbiamo cedere alla tentazione di conformarci a questo e dire: “Va bene, vadano via tutti i cristiani”. Al contrario, anche se ne restano pochi, che siano veramente il seme di un nuovo futuro dei valori che sono insiti nella coscienza cristiana.

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    Rinunce e nomine

    ◊   Papa Francesco ha nominato Giudice stabile del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano il Prof. Avv. Venerando Marano, finora Giudice Aggiunto del suddetto Tribunale.

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    Mons. Chullikatt all'Onu: la disoccupazione, ingiustizia sociale che mina la libertà

    ◊   “Una vergogna collettiva per governi, leader mondiali, comunità internazionale”: così l’Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, mons. Francis Chullikatt, definisce l’esclusione dalla scolarizzazione che colpisce almeno 250 milioni di bambini al mondo. Il presule ha parlato, ieri, a New York alla quarta sessione del gruppo di lavoro dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicato agli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Forte la denuncia in tema di disoccupazione, “grave sofferenza del nostro tempo” e dello sfruttamento del lavoro fino a “vere forme di schiavitù”. Il servizio di Fausta Speranza:

    400 milioni di lavoratori che vivono in estrema povertà, 10 milioni di bambini vittime del “flagello” del lavoro minorile, “vera forma di schiavitù”. E i “milioni di persone impiegate nella produzione manifatturiera o in lavori domestici spesso per aumentare il benessere, il comfort e la felicità di influenti uomini e donne dei Paesi industrializzati”. Ma anche i 250 milioni di bambini che non sono in grado di leggere e scrivere e che – si chiede drammaticamente mons. Chullikat – non si sa davvero come potranno tenere il passo in un mondo in cui l’innovazione tecnologica e l’esigenza di sempre più avanzati saperi aumentano. La denuncia dell’Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu è circostanziata. L’appello è chiaro ed essenziale. Mons. Chullikat chiede “politiche dirette ad assicurare un lavoro dignitoso per tutti”. Chiede “cooperazione internazionale”. Parla di “enorme ingiustizia”, di “vergogna collettiva per governi, leader mondiali, comunità internazionale”. Parla di “palese violazione delle Convenzioni sui diritti dell’infanzia” che chiama in causa “responsabili di governo e società private”. Spiega che la disoccupazione è un’ingiustizia sociale che mina la libertà e soffoca la creatività dell’uomo”. “Il lavoro è un diritto fondamentale dell’essere umano”, ribadisce mons. Chullikat, aggiungendo che “il lavoro è la condizione che rende possibile il formarsi di una famiglia e rappresenta il mezzo per mantenerla e sostenerla”. “La disoccupazione, lo sfruttamento, la mancanza di un lavoro dignitoso che colpisce ora persone di tutte le età e persone in tutti i Paesi lascia trasparire quanto sia cruciale il ruolo del lavoro”, sottolinea.

    In tema di “sviluppo sostenibile – spiega mons. Chullikat – qualunque discorso deve cominciare da un punto: la scolarizzazione”. “Senza istruzione i bambini non potranno diventare adulti inseriti dignitosamente nella società e senza istruzione non si può pensare che un adulto riesca ad adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente lavorativo”. E mons. Chullikat chiama tutti a una riflessione: “nell’istruzione e educazione dei giovani gioca un ruolo chiave la famiglia”. Mons. Chullikat ricorda che l’ultimo Vertice internazionale di Rio + 20 ha messo in luce l’importanza della solidarietà generazionale per aiutare i giovani a diventare “cittadini sani, produttivi, responsabili”. Si parla di valori, ricorda mons. Chullikat, e sono valori che passano innanzitutto attraverso la cellula base della società: la famiglia. Per questo – ribadisce l'Osservatore permanente della Santa Sede all'Onu – “è di massima importanza che chi fa politica rispetti e promuova questo fondamentale ruolo della famiglia”.

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    Mons. Zimowski al Congresso oncologi: no alla medicalizzazione anonima, rispettare la dignità del malato

    ◊   “La scienza fine a se stessa” rischia di “dimenticare la dimensione profonda dell’uomo, della persona ammalata”. E’ quanto affermato da mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, al XVII Congresso nazionale del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri, in corso a Roma da oggi e fino al 22 giugno. “Nel vostro specifico campo d’azione - ha detto mons. Zimowski - la vicinanza con le persone colpite da patologie oncologiche richiede questa particolare attenzione, fugando il rischio della pura medicalizzazione anonima, dettata da protocolli standardizzati, affinché la terapia si possa invece sempre più e meglio definirsi personalizzata”. Ancora, il presule ha messo in guardia dal rischio “sempre incombente, soprattutto in un momento di profonda crisi finanziaria da tutti oggi avvertita" di "terapie inappropriate che potrebbero mettere a rischio la sostenibilità della spesa sanitaria, minando i principi di giustizia e di equità nell’accesso alle cure dei quali ogni persona è depositaria”. (A.G.)

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Lo scandalo della fame: il Papa condanna l’indifferenza del mondo e le logiche speculative che generano povertà.

    Pregare il nostro Padre: Messa del Papa a Santa Marta.

    Numero speciale nel cinquantesimo anniversario dell’elezione di Montini. In cultura, un’omelia inedita (che chiude anche il numero speciale) tenuta dal cardinale Joseph Ratzinger, il 10 agosto 1978, quattro giorni dopo la morte di Paolo VI, e un articolo di Inos Biffi su “Tommaso compagno di vita”: fin dagli anni Trenta Giovanni Battista Montini trascrisse e commentò passi dell’Aquinate.

    Memorie di un vecchio prete: la prefazione del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, al libro “Foglie secche” che raccoglie preziosi documenti e riflessioni del cardinale Celso Costantini, e l’introduzione del curatore, Bruno Fabio Pighin.

    Lucetta Scaraffia ricorda Adriano Bompiani, “un gentiluomo cristiano”.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, l’ira del presidente afghano Hamid Karzai dopo l’annuncio di negoziati, in Qatar, tra Stati Uniti e talebani.

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    Oggi in Primo Piano



    Mons. Zenari: la comunità internazionale spinga al più presto per una soluzione politica in Siria

    ◊   Peggiora sempre di più la situazione in Siria, a causa di una guerra che ormai non risparmia nessuno e che ogni giorno causa decine di morti in tutto il Paese. Nonostante l’escalation di violenza, la comunità internazionale non riesce a giungere ad una soluzione politica. Anche il G8, appena concluso in Irlanda del Nord, non ha portato a risultati concreti. Salvatore Sabatino ne ha parlato con mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, in questi giorni a Roma, per la plenaria della Roaco:

    R. – Purtroppo, la strada – si sa – è in salita, una salita molto ardua, e naturalmente quello che ci aspettiamo dalla comunità internazionale è che aumenti un po' l’incoraggiamento o anche la pressione sulle parti in conflitto, perché chi ne sta pagando le spese è la povera gente e lì sul terreno vediamo che ogni giorno che passa la situazione si deteriora e la povera gente ormai patisce: patisce enormemente le conseguenze di questi due anni e più di conflitto.

    D. – La comunità internazionale si presenta divisa: alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia spingono per dare aiuti diretti in armi ai ribelli. Questo non rischia, poi, di peggiorare la situazione, considerando che le armi potrebbero finire nelle mani degli islamisti?

    R. – Dal nostro punto di vista cristiano, direi, che è un po’ l’opposto di quello che noi ci auguriamo che sarebbe piuttosto cercare di arrivare ad un disarmo degli uni e degli altri. Su questa strada credo che non si possa sperare granché, anzi: potrebbe complicare le cose! Come dico, una cosa è vincere la guerra e un’altra cosa è vincere la pace. Insomma, quello che si deve cercare di ottenere è vincere la pace e quindi terminare con buoni compromessi, con una buona soluzione politica questo conflitto. Questa è l’unica via: altre vie credo possano arrivare a complicare le cose.

    D. – Lei ha lasciato Damasco solo da qualche giorno; poco tempo fa lei ha parlato di una situazione in cui “si camminava sulle macerie e sul sangue”: quale situazione ha lasciato ora?

    R. – Direi che purtroppo la situazione è la stessa, anzi, si è aggravata. Ogni volta che vengo a Roma, vado sulla tomba di San Pietro e mi vedo quasi la faccia di San Pietro, molto preoccupato, anche un po’ inorridito, che mi dice: “Caro nunzio, ma che cosa sta succedendo là, dalle mie parti, dove sono passato, in Antiochia, dove ho predicato il Vangelo, dove è incominciata l’evangelizzazione … nel Medio Oriente, che cosa sta mai succedendo?”. E mi sembra che lui stia vedendo le tracce di sangue che, purtroppo, anche camminando per Damasco mi si attaccano alle scarpe che sono le scarpe che porto andando al suo sepolcro … Ecco, io sento questa preoccupazione da parte di San Pietro …

    D. – Lei sta partecipando ai lavori della Roaco. C’è un’attenzione particolare, immagino, tra i delegati, rispetto alla situazione in Siria. Ne avete già parlato?

    R. – Sì: ci sono le agenzie che aiutano, che sono coscienti della gravità della situazione. Quello che si cerca di ottenere è un migliore coordinamento. Direi che l’idea che rimbalza è cercare di coordinare gli aiuti. Come si sa, abbiamo tanta gente che aiuta, tanti cristiani, tanta gente di buona volontà che dà a queste agenzie cattoliche internazionali … Se posso aggiungere una cosa: abbiamo una rete, sul posto, per arrivare in tanti luoghi. Abbiamo parrocchie, congregazioni religiose, diocesi sparse un po’ ovunque e appoggiandoci su questa rete cerchiamo di fare arrivare gli aiuti il più possibile in tutti i luoghi della Siria. Aggiungerei una cosa molto, molto importante: oltre agli aiuti materiali che si riesce a dare e che sono necessari e a volte molto urgenti – cibo, medicine, soccorsi di diverso genere – c’è anche la presenza di vescovi, sacerdoti, preti, laici impegnati; e questo, la nostra presenza sul posto, fa una grande differenza: è un plusvalore incalcolabile, perché dà fiducia, da sostegno sia ai cristiani sia anche alle persone di altre religioni, anche ai musulmani.

    D. – Quindi i cristiani possono avere, oggi, un ruolo di riconciliazione nel Paese? Quei cristiani che sono sempre stati importantissimi per il mantenimento degli equilibri?

    R. – Direi che sì, questa è la loro vocazione che io ho ricordato più volte dall’inizio di questo conflitto: questa vocazione di fare da ponte a cui hanno risposto bene nel corso di tutta la storia della Siria. Prima del conflitto ho avuto la possibilità di visitare diversi villaggi, e vedevo: dove i villaggi sono misti, dove ci sono mescolati insieme nello stesso villaggio musulmani e cristiani o persone di altre religioni, questi villaggi vivono in pace, quindi riconoscono che i cristiani sono gente aperta, non sono fanatici, è gente con cui si può vivere …

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    Mosca frena dopo la proposta Usa di taglio delle armi nucleari

    ◊   La Russia non rinuncerà ad adottare ''misure preventive'' di risposta allo scudo spaziale progettato dagli Usa in Europa, nonostante la decisione di Washington di annullare la "Fase 4" dell'iniziativa. Così oggi in un’intervista il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. Una notizia che giunge dopo che ieri, davanti alla Porta di Brandeburgo a Berlino, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato il taglio delle armi nucleari americane fino ad un terzo e chiesto un accordo alla Russia in merito. Mosca però ha frenato. Il presidente russo Putin ha detto: “Non possiamo permettere che venga rotto l'equilibrio dei sistemi di dissuasione strategica, abbassando l'efficacia delle nostre forze nucleari''. Ma la decisione americana di ridurre l’arsenale nucleare è davvero utile concretamente? Debora Donnini lo ha chiesto ad Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali:

    R. - Sicuramente per gli Stati uniti sì, visto che l’America ha uno strapotere tecnologico mondiale in armamenti convenzionali. Diciamo che se i russi decidessero di sottoscrivere la proposta statunitense - basata non soltanto su interessi strategici, ma anche economici perché le armi nucleari costano tantissimo, non solo per fabbricarle ma soprattutto per mantenerle - gli americani avrebbero la certezza per i prossimi decenni di rimanere l’unica grande, vera, assoluta superpotenza militare mondiale.

    D. - Perché questo?

    R. - Perché gli americani hanno una tale supremazia con armamenti convenzionali – cioè non nucleari – che possono fare le stesse cose che interessano loro senza dovere impiegare armi atomiche, cosa che nessun altro Paese al mondo è in grado di fare: né la Russia né tanto meno la Cina hanno questa capacità tecnologica. Quindi, gli americani spingono per l’abbattimento degli arsenali nucleari, perché costano tantissimo e perché contestualmente meno armi nucleari ci sono in giro, maggiore è l’importanza delle armi convenzionali e le loro sono quelle tecnologicamente più avanzate.

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    Pirateria. Rientrata in Italia la San Marco. Le coste orientali dell'Africa le più pericolose

    ◊   Lotta alla pirateria. Rientrata a Taranto la nave militare italiana San Marco, dopo quasi sette mesi di attività nel Golfo di Aden, davanti le coste Somale. La missione Nato, Ocean Shield, è ora guidata dalla Spagna. Intanto il rapporto dell'International Maritime Bureau evidenzia che, per la prima volta, le coste dell'Africa occidentale sono diventate più pericolose di quelle orientali: 966 i naviganti che hanno subìto attacchi nel Golfo di Guinea, contro gli 851 da parte dei pirati somali. Secondo i dati i Paesi più a rischio sono Nigeria, Benin, Costa d'Avorio, Camerun, Guinea Equatoriale, Gabon e Togo. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Raffaele Cazzola Hofmann docente di storia dell’Asia all’Università di Enna ed autore del libro “I nuovi pirati - La pirateria del terzo millennio in Africa, Asia e America Latina” edito da Ugo Mursia:

    R. - La pirateria è un fenomeno di portata assolutamente globale, più di quanto saremmo portati a pensare guardando le questioni che hanno riguardato purtroppo le navi italiane nel Golfo di Aden, nell’Africa orientale e anche - in qualche modo - dell’Oceano Indiano. In effetti il dato di una escalation di episodi nel 2012 al largo delle Golfo della Guinea, quindi nell’Africa Occidentale, è la dimostrazione concreta di un fenomeno che, in realtà, va già avanti da anni e che vede la pirateria ben presente in particolare - appunto - nell’Africa Occidentale, ma anche - pur con tassi minori - in alcune aree costiere del Sud America, del Centro America ed è anche dell’Asia Orientale.

    D. - La pirateria ha volti diversi?

    R. - Naturalmente lo scopo comune è quello di guadagnare soldi attraverso questi atti criminali. Ci sono poi delle differenze concrete: mentre nell’Oceano Indiano e al largo dell’Africa Orientale si punta molto sul sequestro degli ostaggi; al largo dell’Africa Occidentale, dove vi è un continuo avanti e indietro di petroliere, i pirati puntano soprattutto sulla presa di carichi di petrolio.

    D. - Per quanto riguarda il Golfo di Aden è in atto una missione internazionale che cerca di bloccare il fenomeno, eppure questo non si ferma: 851 attacchi portati contro le navi…

    R. – Guardando il Golfo di Aden e poi anche di Oceano Indiano, visto che poi i pirati stanno allargando sempre di più il loro raggio di azione, si parla proprio di una estensione di mare gigantesca. Quindi, per quanto vi siano molte missioni internazionali, a partire dalla missione della Nato e anche da una missione dell’Unione Europea – in cui l’Italia gioca un ruolo molto importante - e per quanto vi sia una crescente organizzazione da parte dei Paesi e delle organizzazioni internazionali, c’è un fattore geografico elementare che ci mette evidentemente in difficoltà. Però naturalmente, anche qui, 851 attacchi è un numero che fa impressione, ma 2-3 anni fa questo dato sarebbe stato molto più imponente: quindi si registrano davvero risultati sul piano della prevenzione.

    D. - Come si può prevenire la pirateria?

    R. - La pirateria è un fenomeno del mare, ma in realtà il primo mezzo di prevenzione è sulla terra ferma, ovvero lavorare per migliorare le condizioni di vita di popolazioni che trovano nella pirateria l’unica alternativa possibile. Non è casuale che i territori nel mondo in cui la pirateria è più forte - quindi appunto Golfo di Aden, Africa Orietnale, Africa Occidentale e anche alcune realtà del Centro America, come Haiti – siano territori poveri e disastrati.

    D. - La missione dell’Onu verrà prolungata nel Golfo di Aden fino alla fine del 2014. Possiamo dire, quindi, che a livello globale la pirateria vede tutti uniti nel contrasto di questo fenomeno?

    R. - In linea di principio certamente sì. Poi naturalmente ogni Paese è, più o meno, in grado di portare un contrasto concreto, però si può affermare che c’è un accordo. Poi c’è anche chi parla di Paesi e di governi, in via di sviluppo, che sarebbero conniventi con i pirati per creare tutto un giro di affari, ma su questo non mi spingerei troppo oltre.

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    Giornata mondiale del Rifugiato: 45 milioni di persone in fuga, prime vittime donne e bambini

    ◊   Si celebra oggi la Giornata mondiale del Rifugiato. In un messaggio per l'occasione, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, esorta la comunità internazionale a "intensifare gli sforzi" per aiutare i rifugiati a ritornare alla propria vita in pace e sicurezza. Oltre 45 milioni di persone nel mondo sono in fuga, e la maggior parte sono donne e minori. La cifra record degli ultimi 18 anni è dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati che, nel suo rapporto annuale, ‘Global Trends’, spiega che, solo nel 2012, in 7,6 milioni sono stati costretti alla fuga. I Paesi maggiormente coinvolti sono soprattutto quelli sconvolti da guerre o conflitti, il 55% di tutti i rifugiati proviene da: Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria e Sudan, mentre nuovi flussi, anche importanti, si registrano in uscita da Mali e Repubblica Democratica del Congo. Tra i Paesi europei destinatari di richieste d’asilo, l’Italia figura al sesto posto con le 17.352 domande del 2012, la metà rispetto all’anno precedente. Ai primi posti: Germania, Francia, Regno Unito, Svezia e Olanda.

    Intanto, Il 12 giugno scorso il Parlamento Europeo ha approvato, dopo 5 anni, il nuovo sistema Europeo Comune di Asilo che, si calcola, avrà impatto sulla vita di circa 400 mila richiedenti asilo ogni anno, su circa 2 milioni di beneficiari di protezione internazionale e sulle loro famiglie. Il processo di approvazione è stato lungo e faticoso, denuncia il Consiglio Italiano per i Rifugiati; inoltre, anche così l’accesso alla protezione continuerà ad essere estremamente difficile. Nonostante i passi avanti, continua il Cir, “resta da costruire un vero sistema di asilo che garantisca la parità di diritti e standard in tutta l’Ue e che preveda la possibilità di accedere alla protezione in modo sicuro”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Christopher Hein, direttore del Cir:

    R. – Un sistema di asilo che parte dal momento in cui la persona straniera, che ha bisogno di protezione e chiede asilo, sia arrivata fisicamente nel territorio dell’Unione Europea, per esempio a Lampedusa o ovunque sia. Non si pronuncia in modo assoluto come arriva al territorio dell’Unione Europea e quindi non affronta la questione che a causa del Sistema Schengen della sorveglianza delle frontiere esterne, della sorveglianza del mare a anche interventi addirittura in Paesi terzi per impedire che le persone possano uscirne, tutto questo insieme fa sì che il 90 per cento dei richiedenti asilo in Europa arrivino in modo irregolare. Quindi, come si arrivi alla protezione e, quindi, al territorio europeo, è argomento che non viene affrontato. Con questa premessa dobbiamo dire che c’è stato, almeno, il tentativo di migliorare le condizioni, di trovare migliori garanzie, di rispettare anche indirizzi dati negli ultimi anni dalle sentenze della Corte dei diritti umani di Strasburgo che, comunque, lascia perplessità su vari fronti.

    D. – Perché?

    R. – Per esempio, la direttiva sull’accoglienza dei richiedenti asilo dedica ben quattro articoli alla detenzione dei richiedenti asilo che, si può dire, è il contrario dell’accoglienza. Questo, perché? La detenzione dei richiedenti asili, in molti Stati dell’Unione Europea, è una prassi assai diffusa; ma il fatto che una tale norma preveda articoli così ampi sulla detenzione, sembra quasi un invito agli Stati a fare ancora maggiore uso della misura, quindi di privare le persone che richiedono protezione proprio della libertà individuale.

    D. – Se gli Stati europei ci mettono cinque anni per varare un pacchetto di norme che agli addetti ai lavori non sembrano soddisfacenti per garantire che vengano rispettati i diritti umani, viene da pensare che c’è un problema di fondo: la difficoltà ad accettare la figura del rifugiato come una persona bisognosa di sostegno.

    R. – Esattamente. Ma anche di prendere seri impegni – nel caso italiano, anche costituzionali o comunque internazionali – a rispettare il diritto di asilo e quindi di dimostrare concretamente solidarietà con chi è costretto a fuggire dal proprio Paese. Non a caso la nostra Costituzione del 1948 rispecchia anche il fatto che ci fossero anche rifugiati italiani, durante il fascismo, no? Come la Costituzione tedesca del 1949 rispecchia il fatto che ci fossero tanti rifugiati – e non solo ebrei – durante il nazismo, che avevano dovuto lasciare la Germania per salvare la pelle. Quindi, anche questa memoria storica che abbiamo in tanti Paesi in Europa sembra che man mano si sia persa, e quindi dobbiamo fare anche un lavoro culturale, non solo legislativo o giuridico, per ricordare questa nostra Storia. L’altro aspetto è che in tutto questo processo di cinque anni c’è stato un orientamento forte, da parte dei governi riuniti nel Consiglio dei ministri interno, a Bruxelles, per fare il possibile affinché non si possa fare un uso sbagliato del sistema di asilo, quindi per impedire che un immigrato che non ha i documenti in regola per l’ingresso possa fare un uso strumentale dell’asilo per garantirsi l’ingresso e per non essere subito rimandato a casa, o anche per avere un periodo di accoglienza. Quindi, questo orientamento di prevenzione dell’uso indebito dell’asilo alla fine ha preso il sopravvento.

    D. – Si viene da decenni di governi italiani che spesso sono stati criticati dal Cir. Oggi, al nuovo governo Letta, cosa chiedete che faccia per alzare lo standard di accoglienza?

    R. – Innanzitutto, bisogna garantire comunque ciò che dice la normativa comunitaria, e cioè che i richiedenti asilo debbano avere un luogo d’accoglienza: e questo oggi non sempre avviene, o spesso avviene dopo mesi di attesa. Cosa succede, in questi mesi? Dove vanno? Dove campano? Quindi, questa è una cosa da affrontare assolutamente. Bisogna unificare in un’unica cabina di regia i vari sistemi e sotto-sistemi di accoglienza che esistono con gestori diversi e dove non c’è chiarezza tra la primissima accoglienza – anche d’emergenza, se vogliamo, come in questi giorni a Lampedusa – verso un’accoglienza più qualificata che prepari il terreno all’integrazione. E, appunto, la seconda richiesta è di istituire un programma nazionale di integrazione per chi sia stato riconosciuto come avete diritti di rimanere qua come rifugiato, o di avere la protezione e quindi di facilitare il suo avviamento al lavoro, all’alloggio, alla scolarizzazione dei bambini e, naturalmente, come prima condizione, un vero apprendimento della lingua italiana. Un tale programma a livello nazionale a tutt’oggi non esiste. Bisogna includere certamente anche le amministrazioni regionali in un tale sistema di integrazione: anche in questo caso ovviamente parliamo di corsi di formazione professionale, di riqualificazione professionale, affinché le persone possano effettivamente avere accesso al difficilissimo mercato del lavoro. Certamente, non vogliamo favorire il rifugiato rispetto al cittadino italiano che cerca lavoro; vogliamo semplicemente che ci sia una parità di condizioni e questa parità in questo momento non esiste assolutamente. Vorrei sottolineare che questo non necessariamente richiede nuovi stanziamenti di fondi, ma un utilizzo più efficace dei fondi comunitari e nazionali esistenti e a disposizione.

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    Il premier Letta alla stampa estera: governo stabile, no elezioni a breve

    ◊   Il premier Enrico Letta non vede il rischio di elezioni a breve. Il presidente del Consiglio italiano ne ha parlato durante la conferenza stampa di questa mattina a Roma con i giornalisti stranieri ed ha ribadito che, per l’esecutivo, non ci saranno conseguenze dalle vicende giudiziarie di Berlusconi. Sulla Turchia, Letta si è augurato che gli eccessi di questi giorni non allontanino il Paese dalla Ue. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Di fronte ai giornalisti di tutto il mondo il premier Letta vuole dare l’immagine di un governo e di una maggioranza stabili. E sulla ineleggibilità di Berlusconi dice che non è un tema che riguarda l’esecutivo. Poi difende quanto realizzato nel "decreto del fare", a cominciare dai provvedimenti per smaltire l’arretrato dei processi civili.

    “Il mio obiettivo, forse principale, è quello di lavorare per un’Italia affidabile e l’affidabilità di un Paese parte dalla questione del rispetto delle regole”.

    Poi sul fronte europeo, Letta lancia una proposta: l'Europa deve affrontare e risolvere il tema del conteggio nei bilanci nazionali dei co-finanziamenti dei fondi strutturali. Massimo sostegno al processo di risanamento della Grecia, perché è da questo Paese che può rinascere l’Europa. E sui disordini in Turchia, Letta sembra chiedere responsabilità a tutte le parti, perché spera “che questa vicenda non metta in crisi l'avvicinamento di Ankara alla Ue”. Moderatemente ottimista poi sulla Siria perché – dice il premier – c’è la “volontà di convocare una Ginevra 2, in cui siano presenti le parti e si possa far nascere un governo di transizione".

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    Roghi tossici: il ministro Orlando a Caserta. La denuncia di don Patriciello

    ◊   Sulla vicenda rifiuti in Campania “abbiamo ricevuto” dall’Ue "una condanna al pagamento di 25 milioni di euro, e la risposta deve essere data in tempi rapidi". Così, il ministro dell'Ambiente Orlando che, oggi, a Caserta ha firmato un accordo contro il fenomeno dei roghi tossici e auspicato un registro per monitorare l’incidenza tumori; a seguire la visita a Caivano presso la parrocchia di don Maurizio Patriciello. Il sacerdote è da sempre impegnato nel denunciare questa piaga mortale che vede la complicità di camorra e industria. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – La nostra speranza è che si possa mettere la parola “fine” a questo dramma, che ha decimato un popolo e ancora lo sta decimando. La nostra speranza è che questi rifiuti industriali, interrati o dati alle fiamme, nelle nostre campagne, questa autentica scia di morte, possa finire. I roghi tossici sono solamente una modalità di questi “sversamenti”, perché alcune cose vengono bruciate e altre vengono interrate.

    D. – Ci sono pesanti ripercussioni anche per quanto riguarda la catena alimentare?

    R. – Certamente. E’ un dramma ambientale che si ripercuote sulla salute delle persone. So che in questi ultimi mesi, solamente a Caivano, sono stati sequestrati almeno tre o quattro campi di contadini, perché negli ortaggi sono state trovate tremende quantità di metalli pesanti.

    D. – Oltre al consistente avvelenamento che sta progredendo verso la falda acquifera...

    R. – Nella falda acquifera, certamente! C’è stata la relazione di un geologo di fama internazionale, che ha detto che il peggio non è ancor arrivato, e la situazione è stata paragonata alla peste del '600. Io ho detto: “No, per favore non dite questo”, perché nel '600 i nostri antenati non avevano colpa di quello che succedeva. Noi qua sappiamo tutto e c’è la colpa di persone che hanno voluto, proprio con ottusità, per amore del dio denaro, rovinare un popolo intero.

    D. – E’ possibile quantificare il numero delle vittime ad oggi?

    R. – La Campania non ha un registro tumori. E’ stato bocciato – l’ultima volta – proprio pochi mesi fa, perché non ci sono soldi. Quando si tocca la vita di questa povera gente, i soldi non ci sono mai! Ebbene, noi ci siamo fatti il registro tumori da soli. E’ bastato un nostro medico, in una sola Asl, che si è messo a spulciare i dati di tutte le richieste che sono state fatte negli anni, per l’esenzione ticket, per patologie tumorali. Si è reso conto, quindi, che nel giro di quattro, cinque anni, queste richieste sono più che triplicate. Basta andare al cimitero di Caivano, di Fratta Maggiore, di Orta di Atella, e vedere le tombe delle persone che sono morte per tumore: bambini, giovani, ragazzi dodicenni, tredicenni. E’ normale tutto questo?

    D. – Il fenomeno risale agli anni ’80, quando la Camorra ha intuito quale fonte di ricchezza si celasse dietro i rifiuti...

    R. - Per la verità, la Camorra non l’ha intuito e il pentito Gaetano Vassallo l’ha detto con molta chiarezza. Ha detto, infatti: “Noi non pensavamo minimamente che dalla ‘monnezza’ si potesse ricavare l’oro. Sono stati loro, gli industriali, a metterci sulla strada”. Tra i camorristi abbiamo dei pentiti e se certi siti sono stati scoperti è proprio perché ce li hanno indicati loro. Ma questi industriali, che sono degli autentici criminali, sapevano molto bene che i rifiuti non venivano smaltiti legalmente, ma venivano semplicemente interrati. E la campagna ci avverte con il gioco dei colori. La polizia forestale ha sequestrato un campo, dopo che noi siamo andati a fotografare alcuni cavoli di colore giallo paglierino. Adesso, nell’ultimo campo, è stato trovato il toluene, che sarebbe una sorta di benzene. Ma da dove arrivano questi veleni, se non dalle industrie? Poi abbiamo un altro problema qui, che è quello delle tante industrie campane di pellame, di scarpe, di borse e tessuti, dove ogni giorno si lavora in nero, in regime di evasione fiscale, e logicamente chi lavora in nero, deve smaltire in nero, e tutti i rifiuti sono nelle campagne e vengono bruciati. C’è poi la complicità dei fratelli rom, di tanta disoccupazione, di tanta gente che muore di fame e che farebbe tutto questo anche per dieci euro.

    D. – Anche questa mattina lei su Facebook ha registrato come “il fetore micidiale nostro nemico ha ricominciato a colpire nell’indifferenza dei vari amministratori”. Crede che la visita odierna del ministro Orlando possa riportare l’attenzione sul fenomeno? E se sì, è ancora possibile una bonifica?

    R. – Bonifica no. Perché? Perché mentre noi stiamo parlando i camion stanno “sversando”. Il problema grande, immenso, è che questi reati ambientali vengono trattati come se fossero caramelle che sono andate a male. Il reato ambientale è un reato criminale, da assimilare al reato di mafia, altrimenti da questa storia non ne usciamo mai.

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    Momentanea chiusura del Santuario di Lourdes a causa del maltempo. Due vittime nel sud-ovest della Francia

    ◊   Gravissima l’ondata di maltempo che sta interessando il sud-ovest della Francia. Già due le vittime delle inondazioni. Le alluvioni hanno colpito in modo particolare anche il Santuario della Madonna di Lourdes, che è stato chiuso temporaneamente. Bloccati in via precauzionale i viaggi devozionali che giornalmente portano migliaia di pellegrini di tutto il mondo a pregare nella Grotta di Massabielle, laddove nel 1858 l’Immacolata apparve a Bernadette Soubirous. Giancarlo La Vella ha intervistato padre Nicola Ventriglia, cappellano coordinatore dei fedeli di lingua italiana:

    R. - Non è solo un'alluvione, ma una vera catastrofe! La situazione è molto più grave dell’alluvione di ottobre scorso, perché ad ottobre abbiamo dovuto chiudere solo la Grotta; adesso invece è inagibile tutto il Santuario, perché l'acqua ha allagato la Grotta e questa volta non fino all’altare, ma ha coperto tutta la sacrestia, arrivando a lambire i piedi della statua della Madonna. Stiamo ora cercando di capire, perché oggi è cominciato ad uscire un po’ di sole, che cosa sia successo realmente.

    D. - Si sta programmando qualche intervento per tornare quanto prima alla normalità?

    R. - Stamattina abbiamo avuto una riunione con il vescovo e il rettore: la domanda che ci si è posta riguarda non solo se apriremo, ma addirittura se apriremo entro quest’anno. Per adesso noi invitiamo i pellegrini e le organizzazioni a sospendere - momentaneamente - l’arrivo a Lourdes. Noi vorremmo poter almeno riaprire la Grotta entro la settimana prossima. Nel resto... non è permesso ancora entrare.

    D. - Come si sta manifestando la vicinanza dei tanti fedeli di tutto il mondo ad un luogo così caro alla devozione mariana?

    R. - Stanno giungendo veramente tantissime telefonate, segni di amicizia, di stima… Tanta gente realmente ci assicura la preghiera, ci assicura la solidarietà. Oltre ad essere commossa e a esprimere vicinanza al santuario, si sta prodigando già per cercare di aiutarci, nonostante la crisi. Moltissimi si sono già messi in moto per contribuire, perché i danni sono veramente tanti.

    D. - Una situazione che chiaramente non pone in secondo piano la devozione verso l’Immacolata...

    R. - Assolutamente! Anzi è ancora motivo maggiore di venerazione, perché ci fa capire e ci fa toccare con mano la fede e l’attaccamento della gente, di tanti pellegrini da tutto il mondo per questo luogo mariano. Stamattina di fronte alla Grotta ho trovato, nel fango, una statuetta della Madonna, tutta sporca, ma intatta. Ci siamo detti che questo ci sembra un segno della Madonna, come per dire: "Presto ritorneremo alla normalità". E quello che chiediamo alla Madonna, ma chiediamo anche a tutti gli amici, che sono legati a questo Santuario, di pregare, affinché questo avvenga presto. Abbiamo bisogno di questo luogo di preghiera, di questo luogo che ci ridà quella presenza di Maria, di cui abbiamo tanto bisogno.

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    "Le culture dinanzi a Dio": è il tema del Simposio promosso dalla Pastorale universitaria di Roma

    ◊   Sono circa 800 i partecipanti provenienti da tutto il mondo, al decimo Simposio Internazionale dei docenti universitari, che si apre oggi pomeriggio a Roma, sul tema “Le culture dinanzi a Dio. Sfide, ricerche, prospettive, dal Mediterraneo al mondo”. L’incontro, che si concluderà sabato, è organizzato dall’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria di Roma. Marina Tomarro ha intervistato Cesare Mirabelli, presidente del comitato scientifico del meeting:

    R. - Il tema del simposio ha come fondamento la verifica di quella che è l’esperienza religiosa e del suo rapporto con le culture nell’ambito universitario: ricerca, formazione... É visto nella prospettiva del Mediterraneo, nell’incrocio di civiltà che vi è sempre stato in quest’area, e quindi come le diverse culture si rapportano alla questione del rapporto con la fede, in un clima che è proprio dell’università, quello della libertà del dialogo.

    D. - A questo simposio parteciperanno oltre 800 docenti provenienti da tutto il mondo. Questo genere di incontri può favorire anche un lavoro di rete tra le varie università?

    R. - Certamente. Innanzitutto, bisogna sottolineare come il simposio si svolgerà e sarà articolato nelle diverse sedi universitarie romane: è una collaborazione che da tempo coinvolge le università statali, le università libere e le università ecclesiastiche. Roma è davvero un centro che ha una grandissima vitalità, e potremmo dire “una massa critica” nell’ambito della ricerca e della cultura. Apertura è andare oltre gli stessi rapporti accademici delle singole scuole e delle singole discipline, per avere una visione di insieme, coinvolgendo – appunto - le università dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La nostra cultura ha origine in questo mare, in quest’area. Ci sono oramai degli orientamenti diversi che non devono entrare in conflitto, ma che devono convergere nella libertà.

    D. - Il simposio è giunto alla decima edizione. Da ieri ad oggi come si è sviluppato e in che modo è cambiato ed è naturalmente cresciuto?

    R. - Ci sono state modalità diverse di svolgimento: a volte in un ambito esclusivamente centrale toccando più temi con il valore di un rapporto tra le diverse discipline, un invito a ciascun docente - appunto - ad uscire dalla propria area coltivata delle proprie ricerche per mettersi in contatto con gli altri. Questo ha stabilito un rapporto di grande collaborazione tra i docenti, tra le università romane che ora si estende anche ad altri Paesi. Andando al di là di quelle che sono le ricerche personali, questo vuole essere un elemento aggiuntivo rispetto alle attività ordinarie che ciascuno svolge.

    D. - Questo simposio, può aiutare in qualche modo a dare anche qualche linea guida per il Paese in un momento così difficile?

    R. - Direi di sì. Del resto il ruolo dell’università è quello di scandagliare nuovi percorsi, di avere un’originalità nella lettura di quello che si affaccia nella società. Offrire un servizio per l’intera comunità, è un servizio che certamente può essere utile al di là dello stesso ambito universitario.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Santa Sede-Israele: il nunzio mons. Lazzarotto è ottimista per la fine del negoziato

    ◊   “Devono essere definiti certi aspetti concreti che riguardano alcuni luoghi e istituzioni della Chiesa cattolica in Terra Santa e la questione di principio sull’applicazione degli Accordi, la cosiddetta 'validità territoriale’ ”. Sono questi, per il rappresentante pontificio presso Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, mons. Giuseppe Lazzarotto, i due punti “da chiarire” per arrivare alla conclusione dei negoziati tra Israele e Santa Sede in base all’articolo 10 §2 del “Fundamental Agreement”. In un’intervista rilasciata a Terrasanta.net e ripresa dall'agenzia Sir, il nunzio si dice “ottimista” e spiega che “occorre definire in modo conclusivo questi aspetti per impedire che l’applicazione degli Accordi divenga problematica, o crei nuovi problemi invece di risolverli. Ma non siamo lontani dalla conclusione, non penso manchi molto: le linee generali sono già state definite. Adesso si tratta di trovare le formulazioni più adatte per affermare i princìpi in maniera chiara: questo richiede tempo”. Parlando delle esenzioni fiscali delle quali le istituzioni cattoliche hanno goduto in passato, il nunzio afferma che “negli Accordi le istituzioni verranno distinte nettamente in base alla loro attività: ad esempio verrà distinto nettamente tutto ciò che riguarda attività commerciali sulle quali sarà inevitabile pagare delle tasse, da quello che riguarda invece la presenza e il carattere di altre istituzioni cattoliche per l’attività che l’istituzione svolge”. Conventi o monasteri che non svolgono attività di lucro, pertanto, “non verranno trattati allo stesso modo di una casa di accoglienza, e così andranno trovate formule per istituzioni con finalità educative o assistenziali”. I negoziati riguardano anche una trentina di proprietà contese, tra queste anche il Cenacolo: anche per questo luogo il nunzio parla di “prospettive positive”. “Tutte le parti interessate - riferisce - sono state coinvolte: Santa Sede, Custodia di Terra Santa, autorità israeliane e islamiche, poiché com’è noto il Cenacolo è Waqf, ovvero proprietà familiare religiosa. Non sarà 'restituzione’ la formula che verrà impiegata, ma con realismo si sta piuttosto cercando di arrivare a un 'uso sistematico e continuativo come Luogo santo e quindi di culto’ della sala del Cenacolo”. (R.P.)

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    Gaza: sulle classi separate delle scuole cattoliche la preoccupazione di mons. Twal

    ◊   A Gaza una legge intende introdurre la separazione tra ragazzi e ragazze nelle scuole a partire dal prossimo anno scolastico. Cinque scuole cristiane, di cui tre cattoliche, sono sotto minaccia di chiusura (oltre a quelle scuole gestite dalle Nazioni Unite). Secondo quanto riferito dal patriarcato latino, il patriarca Fouad Twal “deplora questa prospettiva e manifesta l’intenzione di incontrare i principali leader di Hamas, tra cui il ministro della Pubblica Istruzione, per arrivare a una soluzione per il bene degli alunni”. Per il patriarca, “tale decisione desta grave preoccupazione”. A livello materiale - riferisce l'agenzia Sir - c’è un problema di spazi, di organizzazione e di professori. “Oltre a dover trovare spazi in aggiunta per raddoppiare i locali, le nostre scuole dovrebbero assumere più personale. Non abbiamo i mezzi”, ha detto Twal che spera di discutere la questione con i ministri della Striscia di Gaza (compreso quello dell’Istruzione). “Questa decisione non è stata emanata dalle alte autorità, ma da un consigliere. Per questo motivo ho intenzione di recarmi a Gaza e, insieme ai responsabili di Hamas, trovare una soluzione per il bene degli alunni”. Le tre scuole cattoliche della Striscia accolgono 1.500 alunni. Una scuola è tenuta dalle Suore del Rosario, mentre le altre due fanno riferimento al patriarcato latino. (R.P.)

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    Allarme Unesco in Siria: patrimoni dell'umanità a rischio

    ◊   L’Unesco lancia l’allarme per i siti siriani considerati patrimonio dell'umanita’ ora a rischio, minacciati dalla guerra civile che in due anni ha provocato almeno 90 mila morti. Il grido di allarme dell'Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, è stato lanciato durante il meeting annuale in corso a Phnom Penh, in Cambogia. Sul territorio siriano si trovano sei siti appartenenti al patrimonio culturale mondiale avverte l’Unesco, ma purtroppo per tutti non sussistono piu' le condizioni che ne garantiscano la conservazione, a causa degli scontri, dei saccheggi e degli scavi clandestini. In cima alla lista dei siti ad alto rischio ci sono le citta' vecchie di Damasco, Bosra e Aleppo con il suq dove è impossibile verificare le reali condizioni a causa dell’insicurezza permanente del conflitto. Rimane alto l’allarme anche per l'oasi di Palmira, il Krak dei Cavalieri, la Fortezza di Saladino e gli antichi villaggi della Siria settentrionale. Particolarmente tragica la situazione in cui si trova l'antica citta' di Aleppo, teatro delle ''distruzioni piu' brutali'' in quanto tagliata in due dalla linea del fuoco. Proprio ad Aleppo, ad aprile, e' stato distrutto il minareto dell'antica moschea degli Omayyadi, costruito nell'ottavo secolo e ricostruito nel tredicesimo. L’Unesco ha rinnovato l’appello alle parti in lotta affinchè risparmino l’intero patrimonio archeologico siriano tra i più significativi del Medio Oriente. (F.B.)

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    Fondazione “Migrantes”: no a misure di sola repressione, rivedere politica migratoria europea

    ◊   La Fondazione “Migrantes” si augura che l’odierna Giornata mondiale del rifugiato possa diventare occasione per allargare la conoscenza del mondo dei rifugiati e richiedenti asilo nelle nostre comunità. E’ quanto si legge in un comunicato, a firma di mons. Giancarlo Perego, direttore generale di “Migrantes”. Quest’anno, continua la nota, la Giornata mondiale del rifugiato “coincide con giorni drammatici che hanno coinvolto molte persone in fuga: mille persone arrivate sulle coste siciliane in pochi giorni, la morte di migranti aggrappati a una rete per la pesca del tonno, che allungano la schiera dei 20 mila morti nel Mediterraneo, il ritorno dell’emergenza a Lampedusa”. La situazione dei rifugiati in Italia, avverte mons. Perego, “diventa drammatica nei Paesi segnati dalla guerra o per i Paesi confinanti: penso in particolare alla Siria e al Libano, alla Giordania o ai campi del Nord-Centro Africa o della Somalia ed Eritrea”. E sottolinea che “ogni anno cresce il numero di rifugiati e richiedenti asilo e cresce anche la consapevolezza di nuovi e allargati strumenti di protezione internazionale che sappiano rispondere a una situazione sempre più complessa”. Per la Fondazione “Migrantes”, “misure di sola repressione e reclusione o solo emergenziali, soprattutto nel contesto europeo dove oltre 330 mila persone nel 2012 sono rifugiate, non bastano”. Ancora, “misure solo attente alle persone e non alle famiglie risultano insufficienti e inefficaci” come anche quelle “misure che creano un continuo spostamento delle persone da un Paese all’altro facendo aumentare il disagio sociale”. Il Sistema Europeo Comune di Asilo, approvato dal Parlamento europeo e che entrerà in vigore nel 2015, prosegue mons. Perego, sarà “una cartina di tornasole per misurare il volto sociale dell’Europa, la capacità del nostro Continente di trovare risposte nuove per la tutela dei diritti dei rifugiati, ma anche per costruire una nuova, più efficace rete sociale”. “Protezione e cooperazione – conclude il direttore di “Migrantes” – sono le parole che dovrebbero sostituire espulsione e reclusione nella politica migratoria europea verso i rifugiati e richiedenti asilo”. (A.G.)

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    Colombia: da più di 50 anni la Chiesa in aiuto agli oltre 5 milioni di sfollati

    ◊   La Pastorale sociale Caritas colombiana rilancia l’invito del Santo Padre a “non essere indifferenti alle condizioni dei rifugiati” e “incoraggia tutti ad andare incontro a coloro che sono stati costretti a lasciare la loro terra, dando loro una luce di speranza”. L’invito viene espresso in occasione dell'odierna Giornata Mondiale del Rifugiato. La Pastorale sociale Caritas colombiana ha presentato la storia delle persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case e il lavoro del Programma per i Rifugiati portato avanti da oltre 50 anni dalla Chiesa colombiana insieme con l'Unhcr. In Colombia vi sono da 4,9 a 5,5 milioni di sfollati secondo il rapporto elaborato dal Segretariato nazionale della Pastorale sociale Caritas, sulla base dei dati raccolti dal Centro di assistenza per gli sfollati Interni. La Chiesa cattolica in Colombia ha avviato nuove azioni volte ad aiutare le persone in fuga dalla guerra civile, attraverso programmi e progetti attuati in 76 diocesi e 5.500 Centri e parrocchie del Paese. (R.P.)

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    Niger. Un missionario: "I rifugiati sono gli invisibili del nostro tempo"

    ◊   “I rifugiati sono gli invisibili del nostro tempo ed hanno una storia troppo pesante e troppo complicata da raccontare: le parole non riescono a farlo". Questo è quanto ha affermato da Niamey, capitale del Niger, all’agenzia Fides, padre Mauro Armanino. Il missionario condividendo con l’agenzia Fides alcune riflessioni sulla Giornata mondiale del rifugiato ha aggiunto che si parla di rifugiati spesso per un momento, quando diventano visibili nelle crisi, nei campi che si installano non troppo lontano dalle frontiere. Diventano spesso invisibili quando sono in città. “Invisibili come i poveri di sempre” ha affermato il missionario. Padre Armanino ha più volte sottolineato nel suo discorso in occasione della giornata mondiale del rifugiato, l’esperienza di sradicamento e di emarginazione nella solitudine di abbandono e a volte di rifiuto fatta anche di solidarietà nelle piccole cose che vive ogni rifugiato. Si è concentrato poi soprattutto sulla riscoperta della fede in Dio che è percepito come il solo conforto nella vita per ognuno di loro, ritenendo che “la definizione di rifugiato è chiara ma va aggiornata alla luce di quello che avviene nel nostro mondo globalizzato”. È difficile, ha spiegato il missionario, stabilire la differenza tra rifugiato che non ha altra scelta che scappare dal suo Paese per salvare la propria vita e i migranti per cause climatiche o economiche. Al di là di queste differenze quello che conta, è “far sì che quello che è nascosto diventi visibile e riconosciuto. Condividere questa esperienza è un segno importante di civiltà e di apertura. In conclusione padre Armanino ha affermato: “Ci possiamo umanizzare solamente restando insieme”.(F.B.)

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    Sud Sudan: una giornata di preghiera per la riconciliazione nazionale

    ◊   Un giorno di preghiera per la riconciliazione nazionale in occasione del secondo anniversario dell’indipendenza del Sud Sudan è stato annunciato da mons. Paride Taban, vescovo emerito di Torit e Presidente del National Healing, Peace And Reconciliation Committee. Mons. Taban - riferisce l'agenzia Fides - ha spiegato all’emittente cattolica Easter Radio che attraverso la preghiera si chiederà un aiuto per alleviare le sofferenze e guidare la popolazione del Paese. La comunità islamica pregherà il 5 luglio, i cristiani il 6 luglio e un giorno nazionale di preghiera si terrà l’8 luglio. Il vescovo ha sottolineato che dall’indipendenza (9 luglio 2011), il Sud Sudan ha vissuto momenti drammatici a causa delle divisioni interne che sono sfociate in violenze, con la perdita di vite umane. La preghiera è quindi in primo luogo volta a chiedere a Dio il perdono per i peccati comunitari. Mons. Taban ha invitato tutti a riconoscere le colpe commesse e a chiedere il perdono con 3 giorni di digiuno prima delle celebrazioni dell’indipendenza. (R.P.)

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    Myanmar: i vescovi chiedono istruzione, federalismo, armonia interreligiosa

    ◊   Per progredire nella libertà, nella fratellanza e nella democrazia, il Myanmar deve affrontare alcune sfide fondamentali: la condizione delle popolazioni indigene; la pace nei conflitti con le minoranze etniche; la tutela dell’armonia interreligiosa; la protezione dell’ambiente; la questione dei rifugiati. Lo affermano i vescovi del Myanmar in un messaggio diffuso a conclusione dell’Assemblea annuale della Conferenza episcopale. Il messaggio, inviato all’agenzia Fides, è firmato da mons. John Hsane Hgyi, vescovo di Pathein e presidente della Conferenza episcopale. I vescovi dicono di “gioire accanto al popolo” per i recenti cambiamenti politici e sociali che costituiscono “un’alba di speranza” per il Paese. Ribadendo che il criterio di base per giudicare la storia è “il rispetto della dignità della persona”, il messaggio individua le sfide principali per la nazione, in questo momento storico. La prima sfida è garantire l’istruzione obbligatoria per tutti, passo ritenuto fondamentale per la crescita equilibrata della società . “La nazione – prosegue il testo al secondo punto – è ferita dal rifiuto per i diritti e la dignità dei gruppi indigeni”, che sono vittime del trafficanti di esseri umani. Per questo si sollecita la politica a compiere un autentico “viaggio verso la democrazia”. Il terzo punto è “la mancanza di volontà politica” nel porre fine ai conflitti con le minoranze etniche: si potrebbe aprire un’era di pace e riconciliazione, si afferma, attraverso la scelta del federalismo. A proposito dei recenti conflitti interreligiosi fra buddisti e musulmani – continua il quarto punto – i vescovi ricordano che la “parola chiave” del buddismo è “compassione”, indicando l’armonia come bene supremo e l’urgenza di placare ogni fondamentalismo religioso. “Dio ha donato alla nazione risorse naturali che vanno protette e non esposte allo sfruttamento internazionale”, indica la successiva sfida segnalata dall’episcopato, ricordando la “tutela del creato”. L’ultimo punto sollevato è quello dei milioni di rifugiati e sfollati birmani, presenti in patria e nei Paesi limitrofi come Thailandia e India: “Le loro lacrime silenziose e il loro trattamento disumano grida giustizia”. Il testo dei vescovi conclude rimarcando “la nuova era nascente” che può trasformare il Myanmar in una “terra dorata di opportunità per tutti”, e ribadendo che la Chiesa è a servizio dello sviluppo e del benessere della nazione. (R.P.)

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    Pakistan: l'Alta Corte fa giustizia sul caso di una ragazza cristiana violentata

    ◊   L’Alta Corte di Lahore ha respinto la richiesta di cauzione per l’uomo musulmano accusato di aver percosso e stuprato Fouzia Bibi, 15enne cristiana del distretto di Kasur, in Punjab. La giovane è stata violentata nel febbraio 2013 da due uomini musulmani, Shabir Ali e Sher Mohammed, lavoratori nella stessa azienda agricola dove è impiegata la famiglia di Fouzia. Dopo la denuncia della famiglia, Shabir Ali è stato arrestato, ma la polizia aveva cercato di chiudere il caso, dichiarandolo innocente per mancanza di prove. Come riferito all'agenzia Fides dagli avvocati della giovane, il caso è emblematico di come vengano trattati dalla polizia e considerati nella società i casi di violenza sulle minoranze cristiane, in special modo quelle sulle donne. Infatti nei giorni scorsi vi sono state fortissime pressioni sulla famiglia di Fouzia, anche da parte di un agente di polizia vicino alla famiglia dell’imputato, al fine di far ritirare la denuncia. L'agente di polizia aveva perfino accusato di stupro un membro della famiglia di Fouzia, come atto intimidatorio trasversale. L’agente ora è stato congedato e la falsa accusa cancellata. Su suggerimento dei legali, il padre della ragazza ha richiesto si spostare il caso dal tribunale locale di Pattoki all’Alta Corte di Lahore, che dovrebbe garantire maggiore e imparzialità. In un nota inviata a Fides l’associazione cristiana “Lead” (“Legal Evangelical Association Development”), che sta seguendo il caso, si dichiara “fiduciosa che i colpevoli saranno puniti dalla legge e giustizia sarà fatta per una famiglia cristiana innocente”. (R.P.)

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    Bolivia: il vescovo missionario che aiuta i bambini poveri

    ◊   Il vescovo emerito di Palencia, mons. Nicolas Antonio Castellanos Franco, ha incontrato il sindaco della città spagnola di Valladolid per ringraziare per l'aiuto del comune ai suoi progetti come missionario in Bolivia. Mons. Castellanos, agostiniano, è stato vescovo di Palencia tra il 1978 e il 1991, da allora lavora come missionario a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, dove svolge il suo lavoro con i poveri nell’area di Andrés Ibáñez, meglio conosciuta come "Plan Tres Mil". Qui, opera la Fondazione "Hombres Nuevos" da lui fondata. Mons. Castellanos considera imperativo il suo impegno missionario e il suo lavoro a favore dei bambini in Bolivia, un Paese dove, come ha riferito egli stesso, “2 milioni di bambini vivono nella miseria, un milione non frequenta la scuola e 850 mila lavorano nelle miniere". “Plan Tres Mil” è un enorme quartiere all’estrema periferia di Santa Cruz, nato per ospitare circa 3.000 famiglie disagiate, di qui il nome di “Plan Tres Mil”, ma che, invece, è diventata una baraccopoli di circa 250mila persone, in costante aumento, provenienti dalle più disparate zone della Bolivia, e principalmente dalle zone andine, dove il lavoro in miniera spesso provoca silicosi e tubercolosi. Nato nel 1935, ordinato sacerdote nel 1959, mons. Castellanos ha nel suo curriculum un Premio Principe de Asturias della Concordia e un Premio Castilla y León ai valori umani. (R.P.)

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    Austria: Plenaria dei vescovi al santuario di Mariazell

    ◊   È in corso presso il santuario mariano di Mariazell l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale austriaca. I vescovi austriaci, guidati dal presidente cardinale Christoph Schönborn, affrontano la situazione della Chiesa in Austria e le questioni di politica sociale. Secondo quanto riportato dal segretario generale della Conferenza episcopale, Peter Schipka, all’agenzia di stampa cattolica austriaca Kathpress, questa plenaria durerà un giorno in più poiché la consueta plenaria primaverile, prevista inizialmente per il marzo scorso, è stata annullata per via del Conclave che ha portato all’elezione di Papa Francesco. Tra gli altri temi in discussione: l’Anno della fede, i preparativi per il congresso austriaco dei consigli parrocchiali e un incontro con i vertici dell’Azione cattolica austriaca per pianificare un “Forum sul futuro della Chiesa”. L’inizio della plenaria - riporta l'agenzia Sir - è stato segnato da una preghiera inaugurale svoltasi lunedì scorso presso la basilica di Mariazell, mentre ieri è stata celebrata una messa solenne aperta a tutti i fedeli. Al termine della plenaria, domani, si terrà la tradizionale conferenza stampa presieduta dal card. Schönborn. (R.P.)

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    Università Gregoriana: padre Dumortier confermato rettore per un triennio

    ◊   È stato rinnovato il mandato di padre François-Xavier Dumortier, come rettore della Pontificia Università Gregoriana per un ulteriore triennio. Nella lettera del 30 maggio scorso - riporta l'agenzia Sir - il card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica e gran cancelliere della Gregoriana, aveva scritto al preposito generale, padre Adolfo Nicolás, comunicando la nomina da parte di Papa Francesco. “Durante tre anni - ha scritto padre Dumortier, in una lettera inviata a tutto il corpo docente - ho potuto misurare le difficoltà di una missione che esige un impegno senza tregua. Ho anche ricevuto la commovente testimonianza della dedizione di tanti di voi e un sostegno nella mia responsabilità che mi è stato molto prezioso. Desidero esprimervi insieme la mia profonda riconoscenza e la mia disponibilità per questa missione senz’altro appassionante al servizio della Chiesa e della nostra comunità universitaria”. La comunità universitaria della Gregoriana, “grata per il prezioso compito finora svolto dal suo rettore”, ha rivolto a padre Dumortier i “più fervidi auguri per un rinnovato e proficuo servizio”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 171

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.