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Sommario del 15/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa ai parlamentari francesi: chi fa politica dia un'anima alle leggi che propone
  • Giornata "Evangelium Vitae": Credendo abbiamo la vita. Testimonianze del card. Sgreccia e di Carlo Casini
  • Il Papa: il cristiano non pensa alla sua pace, ma va sulle strade ad annunciare quella di Cristo
  • Il Papa al presidente della Commissione Ue Barroso: troppo dura la crisi per famiglie e giovani
  • Nominato il nuovo prelato "ad interim" dello Ior: mons. Battista Mario Salvatore Ricca
  • Il Papa nomina due inviati speciali a celebrazioni in Salvador e Ucraina
  • Il primate anglicano, Welby: col Papa condividiamo il desiderio di un mondo più giusto
  • Beatificato oggi a Carpi Odoardo Focherini, lo Schindler italiano
  • Emirati Arabi: conclusa la visita del card. Filoni. Consacrata la Chiesa di Sant'Antonio
  • Birmingham: incontro del card. Tauran con i sikh
  • Gmg Rio 2013. Il cardinale Scherer: “Un pellegrinaggio per incontrare Cristo”
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Iran: il candidato moderato-riformista Hassan Rohani verso la vittoria
  • Turchia: i manifestanti di Gezi Park continuano la protesta
  • Grecia: Samaras per la parziale riapertura della radio-tv di Stato. Lunedì vertice di maggioranza
  • Roma, la lunga marcia contro le mafie per vedere ciò che spesso viene negato
  • Il commento al Vangelo dell.11.ma Domenica del tempo ordinario
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Oasis: benefici e rischi della secolarizzazione nel campo cristiano-islamico
  • Dubai. Mons. Hinder: la visita del card. Filoni un forte sostegno alla Chiesa locale
  • Centrafrica: appello per impedire che il Paese diventi una nuova Somalia
  • Mali. Appello Caritas: tutelare i diritti delle popolazioni e promuovere la pace
  • Tibet. Il Dala Lama ai tibetani: basta con le auto-immolazioni
  • India: nel Maharashtra esplode il fondamentalismo anticristiano
  • India. Blasfemia a Bollywood: protesta dei cristiani
  • Pakistan: nel Punjab cristiani vessati da abusi e strozzinaggio
  • Il governo prende tempo sulle misure per il lavoro. Bonanni: Letta non faccia blitz
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa ai parlamentari francesi: chi fa politica dia un'anima alle leggi che propone

    ◊   “Il principio della laicità dello Stato non deve significare ostilità né esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano”. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo i parlamentari francesi del Gruppo di amicizia Francia-Santa Sede, oggi, nella Sala Clementina. Un’occasione per evidenziare le relazioni di fiducia reciproca, ma anche il ruolo e la responsabilità di chi fa politica, che non consiste solo nel proporre leggi ma “nell’infondere in esse un’anima”. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Esistono relazioni di fiducia in Francia tra i responsabili della vita pubblica e quelli della Chiesa cattolica, sia a livello nazionale che locale, e questo incontro è occasione per sottolinearlo, al di là di quelle che possono essere le diverse sensibilità politiche che ogni parlamentare rappresenta. Papa Francesco accoglie con questo pensiero gli esponenti del Gruppo di amicizia Francia-Santa Sede, andando poi però nel suo discorso al cuore di un dibattito secolare:

    "Il principio di laicità che governa le relazioni tra lo Stato francese e le diverse confessioni religiose non deve significare in sé un’ostilità alla realtà religiosa, o un’esclusione delle religioni dal campo sociale e dai dibattiti che lo animano".

    Ci si può rallegrare del fatto che la società francese, prosegue il Papa, riscopra proposte fatte dalla Chiesa, tra le altre, che offrono una certa visione della persona e della sua dignità in vista del bene comune:

    "La Chiesa desidera così offrire il proprio contributo specifico su questioni profonde che impegnano una visione più completa della persona e del suo destino, della società e del suo destino. Questo contributo non si situa solamente nell’ambito antropologico o sociale, ma anche negli ambiti politico, economico e culturale".

    La riflessione del Papa va quindi al dovere di chi è eletto da una nazione: contribuire, dice, al miglioramento della vita dei concittadini. Un compito certamente tecnico e giuridico, che consiste nel proporre, emendare o abrogare le leggi, ma non solo:

    "Ma è anche necessario infondere in esse un supplemento, uno spirito, direi un’anima, che non rifletta solamente le modalità e le idee del momento, ma che conferisca ad esse l’indispensabile qualità che eleva e nobilita la persona umana".

    L’incoraggiamento che il Papa lascia dunque ai parlamentari è quello di proseguire una missione alla ricerca sempre del bene della persona e promuovendo la fraternità.

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    Giornata "Evangelium Vitae": Credendo abbiamo la vita. Testimonianze del card. Sgreccia e di Carlo Casini

    ◊   “Credendo abbiamo vita”. E’ il tema e sfida della Giornata dell’"Evangelium Vitae" che oggi vede tante iniziative di preghiera e testimonianza. Domani, alle 10.30, la Messa presieduta da Papa Francesco in Piazza San Pietro e il pellegrinaggio alla Tomba di Pietro dei malati, dei disabili e degli operatori sanitarim promosso tra gli altri dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

    Un inno alla vita nato nel 1995, per mano di Papa Giovanni Paolo II, sul valore e l’inviolabilità dell’uomo: l’"Evangelium vitae". Un documento, oggi quanto mai attuale, che percorre le frontiere della vita nascente, quelle della fragilità dell’uomo difeso in ogni suo stadio esistenziale. Il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. – Sono molto contento che venga evocata la preghiera, la fede, per guardare alla vita e per garantirne la custodia. Non perché la ragione non sia interpellata: infatti, già di per se stessa la coscienza della legge naturale vede nella vita il valore fondamentale, senza del quale non esiste alcun altro valore, né la libertà, né la socialità, né la giustizia, né il progresso. Però, il Concilio di Trento dice che anche per l’onestà naturale - completa - l’uomo ha bisogno dell’aiuto di Dio. Oggi, si può capire meglio il messaggio dell’“Evangelium Vitae”, anche dopo la crisi che stiamo subendo e soffrendo, perché causa della crisi – non dico anche, ma prima di tutto – è la lotta che si è fatta contro la vita.

    D. – Eminenza, che vuol dire “prendersi cura della persona”?

    R. – E’ un programma che va dall’accettazione della vita come dono: non come un castigo o come una concorrenza al benessere, ma come un dono, un arricchimento della cultura e della civiltà. Accoglierla e prepararsi ad accoglierla per gli sposi, poi accoglierla dentro di sé e custodirla per le mamme che sono incinte e favorirne anche lo sviluppo. La vita è l’insieme delle forze fisiche, psicologiche e spirituali dell’individuo. Quindi, nella totalità della persona: nelle fasi delle infermità, nelle condizioni di disagio o di fragilità o di non perfetta funzione del proprio fisico fino al momento – che è un momento di vita – della morte, dove il rispetto deve essere massimo, perché la morte è un atto del vivente, che entra però in una nuova vita e che deve quindi essere accompagnato con tutte le forze e le attenzioni, anche spirituali. Questo è un comando – quello della custodia della vita e del sostegno alla vita – che vale dall’alba al tramonto, che vale dal concepimento all’ingresso in Paradiso.

    D. – Eminenza, spesso si confonde l’efficientismo del corpo umano con la dignità dell’uomo…

    R. – La dignità dell’uomo riguarda tutto l’uomo: la sua esistenza fisica, la sua ricchezza psicologica, il suo essere spirituale, che è quella parte di noi stessi che rimane anche dopo la morte, che è eterna. Quindi, la persona nel suo insieme.

    D. – Quindi, si è così anche se si è malati, anche se si hanno delle problematiche fisiche?

    R. – Certamente. In quel caso, l’impegno spirituale è chiamato ancor più a motivare, a supplire, a sostenere la fragilità del corpo. Si sa che lo spirito è la parte più ricca e più forte della nostra essenza: nella condizione di limitazione possono vivere una vita ricca ed arricchire gli altri, perché l’uomo non è solo fisico, non è solo efficienza fisica, non è solo atletismo…

    D. – Un efficientismo, dunque, che può portare all’aborto se si rintraccia la possibilità di malformazioni, oppure all’eutanasia?

    R. – Le ombre su questo piano e i delitti che si stanno compiendo sono enormi: se si pensa che la sola Cina, negli ultimi 40 anni, per limitare le nascite a non più di un figlio ha obbligatoriamente imposto 400 milioni di aborti; se si pensa che nel mondo, ogni anno, si praticano – con l’approvazione della legge – dai 45 milioni ai 50 milioni di aborti. Adesso si fa pressione sull’eutanasia, specialmente l’eutanasia neonatale: uccidere cioè il bambino quando si scopre che esso non è sano o prima della nascita, con un uso scorretto della diagnosi. Quindi, siamo in una situazione in cui la vita è circondata da una selva di delitti di ogni specie. Per questo la preghiera, la fede e il coraggio della Chiesa, prima di tutto esemplare e forte, sono una consolazione e per me una gioia. In questo momento, sono ricoverato e offro quella che è la mia parte di disagio, affinché vi sia una pronta risposta dei fedeli a questo messaggio che è l’"Evangelium Vitae".

    Tante le sfide ancora in atto, come sottolinea la microfono di Federico Piana, il presidente del Movimento per la vita italiano, Carlo Casini:

    R. - All’orizzonte del mondo, vediamo che le aggressioni elencate dal Papa nel ’95 si sono moltiplicate. Basti pensare all’aggressione contro la famiglia, alla sperimentazione sull’embrione, alle aggressioni anche di questi giorni contro l’obiezione di coscienza del personale sanitario... Ma non ci dobbiamo scoraggiare, perché in effetti questa virulenza delle aggressioni dimostra che in realtà il tema centrale oggi – culturale, politico, educativo – è proprio quello della vita umana. E questo dice il Papa, rivolgendosi a tutte le categorie: insegnanti, vescovi, sacerdoti, intellettuali, medici, volontari. E' proprio un appello universale che termina con queste parole: “Urge una mobilitazione generale in vista di una nuova cultura della vita”. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita, nessuno si deve sentire escluso. Quindi, questa Giornata dell’"Evangelium Vitae" spero che risvegli le coscienze, le mobiliti. Ed in questo momento è anche offerta una possibilità straordinaria a livello europeo per far vedere la coscienza dei popoli. Questa iniziativa è la raccolta firme a tutela dell’embrione “Uno di noi”, basta compilare una scheda cartacea, oppure connettersi ai siti Internet come "www.firmaunodinoi.it", "www.oneofus.eu", per poter dare un contributo a far sentire che si è schierati dalla parte della vita. Da qui bisogna ripartire.

    D. – Secondo lei, la Chiesa non dovrebbe in qualche modo riproporre questa Enciclica con forza, chiedere ai laici proprio di impegnarsi per approfondirla meglio?

    R. – Dopo la Rerum Novarum, secondo me, è la più grande Enciclica sociale. Questo documento cambia la società e si mette dalla parte dei poveri. Bisogna che diventi un testo di insegnamento, di approfondimento nelle università, nei seminari, nelle parrocchie e nella preghiera. Dovremmo ricordarci ogni domenica di avere un pilastro in difesa della vita, cambieremmo la mentalità, difenderemmo e salveremmo molte vite umane. Bisogna sempre parlare anche al cuore delle donne, delle donne che hanno abortito in particolare: non si tratta di respingerle, di condannarle, ma si tratta di richiamarle al servizio alla vita che anch’esse possono continuare a svolgere perché il Signore le attende. Questo dice l’Enciclica al punto 99.

    D. – C’è un punto dell’Enciclica "Evangelium Vitae" che tratta dell’eutanasia…

    R. – Secondo me, il tema dell’eutanasia è tutto compreso nel tema dell’aborto: se noi accettiamo questo, come potremmo non accettare di dare la morte alla persona morente, o malata? Il senso della vita non è soltanto l’utile per gli altri.

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    Il Papa: il cristiano non pensa alla sua pace, ma va sulle strade ad annunciare quella di Cristo

    ◊   Vita cristiana non è “stare in pace fino al Cielo”, ma andare per il mondo ad annunciare Gesù che “si è fatto peccato” per riconciliare gli uomini con il Padre. Lo ha ribadito Papa Francesco all’omelia della Messa di questa mattina in casa S. Marta. Sull’altare col Papa hanno concelebrato il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, il nunzio apostolico Justo Mullor, e i vescovi Luc Van Looy di Gent, in Belgio, Enzo Dieci, ausiliare emerito di Roma, e Antonio Santarsiero di Huacho, in Perù. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La vita cristiana non è stare in un angolo a ritagliarsi una strada che porta comodamente in cielo, ma è un dinamismo che spinge a stare “sulla strada” ad annunciare che Cristo ci ha riconciliati con Dio, facendosi peccato per noi. Con il consueto argomentare profondo e diretto, Papa Francesco si sofferma sul brano della Lettera ai Corinzi, proposto dalla liturgia di oggi, nel quale in poche righe un San Paolo insistente, quasi “di fretta”, usa per ben cinque volte il termine “riconciliazione”. E lo fa, osserva il Papa, alternando “forza” e “tenerezza”, prima esortando e poi quasi in ginocchio, “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”:

    “Ma cosa è la riconciliazione? Prendere uno da questa parte, prenderne un altro e farli uniti: no, questa è parte ma non è… La vera riconciliazione è che Dio, in Cristo, ha preso i nostri peccati e Lui si è fatto peccato per noi. E quando noi andiamo a confessarci, per esempio, non è che diciamo il peccato e Dio ci perdona. No, non è quello! Noi troviamo Gesù Cristo e gli diciamo: ‘Questo è tuo e io ti faccio peccato un’altra volta’. E a Lui piace quello, perché è stata la sua missione: farsi peccato per noi, per liberare a noi”.

    È la bellezza e lo “scandalo” della redenzione operata da Gesù. Èd è anche il “mistero, afferma Papa Francesco, da cui Paolo trae lo “zelo” che lo sprona ad “andare avanti” e a ripetere a tutti “una cosa tanto meravigliosa”, l’amore di un Dio “che ha consegnato suo Figlio alla morte per me”. Eppure, ha constatato Papa Francesco, esiste il rischio di non arrivare “mai a questa verità” nel momento in cui “noi un po’ svalutiamo la vita cristiana”, riducendola a un elenco di cose da osservare e smarrendo così l’ardore, la forza dell’“amore che è dentro” di essa:

    “Ma i filosofi dicono che la pace è una certa tranquillità nell’ordine: tutto ordinato e tranquillo… Quella non è la pace cristiana! La pace cristiana è una pace inquieta, non è una pace tranquilla: è una pace inquieta, che va avanti per portare avanti questo messaggio di riconciliazione. La pace cristiana ci spinge ad andare avanti. Questo è l’inizio, la radice dello zelo apostolico. Lo zelo apostolico non è andare avanti per fare proseliti e fare statistiche: quest’anno sono cresciuti i cristiani in tal Paese, in tal movimenti… Le statistiche sono buone, aiutano, ma non è quello che Dio vuole da noi, fare proseliti… Quello che il Signore vuole da noi è proprio l’annunzio di questa riconciliazione, che è il nucleo proprio del suo messaggio”.

    Le ultime parole dell’omelia ricalcano l’ansia interiore di Paolo. Papa Francesco ripete in modo incalzante quello che definisce il “pilastro” della vita cristiana, e cioè che “Cristo si è fatto peccato per me! E i miei peccati sono là, nel suo Corpo, nella sua Anima! Questo – esclama il Papa – è da pazzi, ma è bello, è la verità! Questo è lo scandalo della Croce!”:

    “Chiediamo al Signore che ci dia questa premura per annunziare Gesù, ci dia un po’ quella saggezza cristiana che nacque proprio dal Suo fianco trafitto per amore. Anche ci convinca un poco che la vita cristiana non è una terapia terminale: stare in pace fino al Cielo… No, la vita cristiana è sulla strada, nella vita, con questa premura di Paolo. L’amore di Cristo ci possiede, ma ci spinge, ci preme, con questa emozione che si sente quando uno vede che Dio ci ama. Chiediamo questa grazia”.

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    Il Papa al presidente della Commissione Ue Barroso: troppo dura la crisi per famiglie e giovani

    ◊   La crisi e le sue “gravissime” ricadute sulla vita delle famiglie e dei giovani soprattutto è stato il principale argomento della conversazione che questa mattina Papa Francesco ha avuto in Vaticano con il presidente della Commissione Europea, José Manuel Durão Barroso. “I cordiali colloqui – precisa una nota della sala Stampa vaticana – hanno permesso un utile scambio di opinioni sulla situazione internazionale con particolare attenzione al processo di integrazione europea, come pure alla perdurante crisi economica che ha conseguenze gravissime sull’occupazione, soprattutto giovanile, e riflessi negativi sulla vita delle famiglie”. Inoltre, prosegue la nota, “ci si è soffermati sul contributo positivo che la Chiesa cattolica può offrire nell’attuale congiuntura per il benessere materiale e spirituale dell’Europa. Infine, particolare attenzione è stata data alla promozione dei diritti umani, in special modo alla libertà religiosa, e alla tutela delle minoranze cristiane nel mondo”.

    Dopo l’incontro con il Papa, il presidente Barroso si è intrattenuto a colloquio con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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    Nominato il nuovo prelato "ad interim" dello Ior: mons. Battista Mario Salvatore Ricca

    ◊   Mons. Battista Mario Salvatore Ricca è il nuovo prelato ad interim dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. La nomina, resa nota oggi, è opera della Commissione cardinalizia di vigilanza dell’Istituto, con l’approvazione di Papa Francesco. “In tale funzione – ha dichiarato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana – mons. Ricca svolgerà il ruolo di segretario degli incontri della Commissione cardinalizia e assisterà agli incontri del Consiglio di Sovrintendenza, secondo gli Statuti dell’Istituto”.

    Mons. Battista Ricca è nato nel 1956 a Offlaga in provincia di Brescia, fa parte del Servizio Diplomatico in servizio presso la Prima Sezione della Segreteria di Stato ed è direttore della “Domus Sanctae Marthae”, della “Domus Internationalis Paulus VI”, della “Domus Romana Sacerdotalis” e della “Casa San Benedetto”. Come si ricorderà, precisa padre Lombardi, “il precedente Prelato era Mons. Piero Pioppo, attualmente nunzio in Camerun e Guinea Equatoriale, che aveva occupato tale funzione dal 2006 al 2010”. Con la nomina di Ernst von Freyberg come Presidente e di Mons. Battista Ricca come Prelato, conclude padre Lombardi, “la Commissione cardinalizia ha occupato le due importanti posizioni previste dagli Statuti dello Ior, che erano rimaste vacanti per diverso tempo. La nomina di Mons. Ricca ha effetto immediato”.

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    Il Papa nomina due inviati speciali a celebrazioni in Salvador e Ucraina

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata in udienza il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi

    Papa Francesco ha nominato il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo di San Cristóbal de La Habana, come suo inviato speciale alla celebrazione conclusiva del primo centenario dell’elevazione ad arcidiocesi metropolitana di San Salvador e dell’erezione delle Diocesi di Santa Ana e di San Miguel, nonché alla cerimonia di chiusura del Congresso Eucaristico nazionale di El Salvador, in programma l’11agosto 2013.

    Il Papa ha nominato il cardinale Audrys Juozas Bačkis, arcivescovo emerito di Vilnius, suo inviato speciale alle celebrazioni del 1025.mo anniversario del “battesimo”della Rus’ (Ucraina), previste a Kyiv nei giorni 17-18 agosto 2013.

    In Vietnam, il Pontefice ha nominato ausiliare della diocesi di Vinh il sacerdote Pierre Nguyen Van Vien, vicario generale della diocesi di Vinh. Il nuovo presule è nato l’8 gennaio 1965 a Huong Phuong, Provincia di Quang Binh, Diocesi di Vinh. Dopo gli studi elementari e superiori, ha frequentato l’Università di Hué, conseguendo la Licenza in scienze economiche (1987-1992). Nel 1984 ha svolto il servizio militare. Nel 1993 è entrato nel Seminario Maggiore di Vinh Thanh ed è stato ordinato sacerdote il 3 ottobre 1999, incardinato nella Diocesi di Vinh. Dopo l’Ordinazione sacerdotale ha svolto i seguenti incarichi: (2000-2009) Studi presso l’Istituto Cattolico di Sydney, in Australia, conseguendo il Dottorato in Teologia e prestandosi per il servizio pastorale della comunità vietnamita in Sydney. Dal 2009 è vicerettore e Professore di Dogmatica nel Seminario Maggiore di Vinh Thanh. Dal 2010, è Vicario Generale della Diocesi di Vinh.

    Sempre in Vietnam, Papa Francesco ha nominato ausiliare della diocesi di Hung Hoa padre Alphonse Nguyen Huu Long, dei Padri Sulpiziani, attualmente rettore del Seminario Maggiore di Hué. Mons. Nguyen Huu Long è nato ad Hanoi il 25 gennaio 1953. Ha ricevuto la formazione sacerdotale, dal 1965 al 1972, nel Seminario Minore San Giovanni di Da Nang, e successivamente, dal 1972 al 1978, nel Seminario Maggiore Hoa Binh, della medesima Diocesi. Dal 1978 al 1982 ha prestato il servizio civile nella provincia di Quang Nam. È stato ordinato sacerdote il 29 dicembre 1990, incardinato nella Diocesi di Da Nang, ed è entrato a far parte della Compagnia dei Sacerdoti di S. Sulpizio. Dopo l’Ordinazione sacerdotale, ha svolto i seguenti incarichi: (1990-1994) vicario parrocchiale di Tam Ky, Diocesi di Da Nang; (1994-1998) Studi per la Licenza in Diritto Canonico presso l’Institut Catholique di Parigi, Francia; (1999-2001) Parroco di Hà Lam, Diocesi di Da Nang; (2001-2003) Parroco di Trà Kieu, Diocesi di Da Nang; (2003-2011) Direttore Spirituale e Professore di Diritto Canonico, di Storia della Chiesa e di Catechesi al Seminario Maggiore di Hué. Dal 2011 è rettore del Seminario Maggiore di Hué.

    Nello Zimbabwe, il Papa ha nominato vescovo della diocesi di Gweru mons. Xavier Munyongani, del clero di Masvingo, attuale cappellano della Comunità Cattolica Zimbabwena a Londra. Mons. Xavier Munyongani è nato il 1° gennaio 1950 a Mutero Mission, nel distretto di Gutu, Diocesi di Masvingo. Dopo aver completato le scuole primarie del distretto di Gutu, ha compiuto gli studi secondari nel Seminario Minore di Gweru, e ha frequentato successivamente il Seminario Maggiore di Chishawasha, per la Filosofia e la Teologia. È stato ordinato sacerdote il 20 agosto 1977, incardinato prima nella Diocesi di Gweru e passato poi alla Sede di Masvingo nel 1999, al momento della creazione di tale nuova Circoscrizione. Dopo l’Ordinazione ha ricoperto i seguenti incarichi: (1977-1981) Vicario parrocchiale della St. Anthony’s Mission a Zaka; (1982 -1983) Parroco di St. Alois Mission; (1983 -1985) Direttore Spirituale della Società dei St. Paul Brothers a Serima; (1985 -1989) Studi a Roma per la Licenza in Liturgia, conseguita presso l’Istituto di Sant’Anselmo; (1990 – 1998) Professore nel Seminario Maggiore Regionale di Chishawasha; (1998 – 2004) Vice-Rettore del medesimo Seminario Maggiore; (2005 – 2006) Promotore e Direttore Spirituale della St. Joseph Association, nella Diocesi di Masvingo; (2006 – 2007) Direttore della St. Anne’s Association e Vicario Parrocchiale della Missione Silveira. Dal 2007 è cappellano della Comunità Cattolica Zimbabwena a Londra.

    La Diocesi di Gweru (1955), suffraganea dell'Arcidiocesi di Bulawayo, ha una superficie di 29.158 kmq e una popolazione di 2.313.000 abitanti, di cui 368.000 sono cattolici. Ci sono 32 parrocchie servite da 54 sacerdoti (49 diocesani, 5 religiosi), 38 fratelli religiosi, 178 suore e 27 seminaristi maggiori. La Diocesi di Gweru, è vacante dall’aprile 2012, a seguito delle dimissioni dell’Ordinario, S.E. Mons. Martin Munyanyi.

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    Il primate anglicano, Welby: col Papa condividiamo il desiderio di un mondo più giusto

    ◊   Le sfide della contemporaneità, specie quelle a carattere sociale ed etico, hanno caratterizzato ieri il primo incontro tra Papa Francesco e il primate della Comune anglicana, l’arcivescovo Justin Welby. Il colloquio fra entrambi, seguito da una preghiera comune, si è svolto in un clima di assoluta familiarità, come racconta lo stesso arcivescovo di Canterbury al microfono di Philippa Hitchen:

    R. – We started off by just laughing …
    Abbiamo iniziato ridendo…

    D. - … l’abbiamo sentito…

    R. - …you could hear the laughter: we just laughed, for a moment…
    …sì, l’avete sentito: abbiamo riso, per un momento. Lui ha scherzato e mi ha detto: “Io sono stato eletto due giorni prima di lei”. E io ho risposto: “Beh, più o meno siamo gemelli!”. E su questo abbiamo riso. E’ stata una conversazione molto distesa su argomenti quali la preghiera e la spiritualità personale, il nostro cammino con Gesù Cristo come suoi discepoli. E’ stata una conversazione profondamente personale.

    D. – Ha potuto parlare con Papa Francesco di un altro argomento che preoccupa tutti e due, la giustizia economica? Entrambi vi siete espressi in maniera piuttosto decisa in materia…

    R. – Yes, we did talk about that, because that works its way out into a number…
    Sì, ne abbiamo parlato, perché questo va a riflettersi su un certo numero di aspetti diversi. Abbiamo parlato della globalizzazione e di alcuni suoi aspetti oscuri, abbiamo parlato di ciò che possa rendere giusti i sistemi economici e sociali e abbiamo convenuto che al centro c’è la necessità della conversione del cuore dell’uomo: perché le norme possono fare una parte, ma è il cuore dell’uomo che deve essere toccato. Questo è un punto sul quale le Chiese possono lavorare insieme con grande forza.

    D. – Quando ci siamo incontrati, in occasione della sua intronizzazione a Canterbury, lei mi parlò di segni di una “primavera ecumenica”: dove li riconosce?

    R. – I think where I see a great deal of hope is that there is just a...
    La grande fiducia mi viene dal fatto che percepisco l’insorgere della consapevolezza crescente che non possiamo più tollerare con compiacenza di vivere separati …

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    Beatificato oggi a Carpi Odoardo Focherini, lo Schindler italiano

    ◊   Con una solenne celebrazione questa mattina a Carpi, presieduta dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi cardinale Angelo Amato, in rappresentanza del Santo Padre, è salito agli onori degli altari Odoardo Focherini. Primo Beato giornalista, secondo tra le file dell’Azione cattolica, morì da martire in un campo di sterminio tedesco, dopo aver salvato oltre centro ebrei dalle mani naziste. Ci racconta la sua storia Roberta Barbi:

    “Se tu avessi visto, come ho visto io, in questo carcere, come trattano gli ebrei, saresti pentito solo di non averne salvati di più”. Così nella prigione di S. Giovanni in Monte a Bologna, Odoardo Focherini raccontava la sua esperienza di eroe umile e di difensore della vera umanità che si prende in carico degli oppressi e dei perseguitati, che nella sua contemporaneità di un’Europa dilaniata dal nazismo erano il popolo ebraico. Iniziò quasi per caso, con un gruppo che gli venne affidato dall’arcivescovo di Genova, poi proseguì fino a salvarne 105, ma l’ultimo gli fu fatale: l’11 marzo 1944 fu arrestato e condotto in carcere. Da lì il passo fino al campo di concentramento di Fossoli fu breve; poi la deportazione in Germania. Dal lager di Hersbruck scrisse 166 amorevoli lettere a casa, in cui affermava che avrebbe rifatto tutto da capo, fedele all’insegnamento di Cristo di amare il prossimo come se stessi, come ha sottolineato oggi nell’omelia il cardinale Angelo Amato:

    “Nella sua Lettera apostolica, Papa Francesco lo chiama 'esemplare testimone' del Vangelo. Il Beato Odoardo, infatti, non esitò ad anteporre il bene dei fratelli all’offerta della propria vita”.

    Nel campo di sterminio morì pochi mesi dopo “ex aerumnis carceris et exilii”, come recita la formula canonica, cioè a causa dell’esilio forzato e delle torture. In punto di morte, offrì la sua vita per la sua diocesi, per l’Azione cattolica, per il Papa e per la pace del mondo. Fu una morte da martire, quella del Focherini, che ha molto da insegnare agli uomini di oggi, come ha evidenziato il cardinale Amato illustrando le lezioni che il Beato ci ha lasciato:

    “La prima è quella della carità: l’impegno di mettere in salvo dalla persecuzione nazista famiglie e perseguitati; l’operosità nell’Azione Cattolica, l’attività giornalistica presso l’Avvenire di Italia, la fedeltà alla sua identità battesimale; l’adesione piena alla volontà divina fino ad accettare l’umiliazione e la sofferenza dei campi di concentramento sono i tratti eroici della carità di questo 37.enne laico cattolico, sposo devoto e padre di sette figli. Una seconda lezione impartita dal nostro Beato è quella della sua coerenza alla fede battesimale e al fondamentale codice umano, divino del Decalogo”.

    Dedito alla preghiera, al sacrificio e all’azione, la straordinarietà del Focherini è riconosciuta universalmente: nel 1969 fu proclamato Giusto tra le Nazioni e in occasione della sua Beatificazione il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane ha esaltato il suo indimenticabile amore per la vita, fonte d’ispirazione per le generazioni future. Così ne riassumeva le virtù eroiche il cardinale Amato al microfono di Roberto Piermarini:

    “Il Focherini fu un laico, che prese sul serio il suo battesimo, vivendo intensamente di fede, di carità e di speranza. A proposito della speranza, concludo con una testimonianza rilasciata da una signora ebrea di Ferrara. Questa signora confessa di aver avuto la forza di sopravvivere, per le parole che le disse un giorno il nostro Beato: ‘Avrei già fatto il mio dovere se pensassi solo ai miei sette figli, ma sento che non posso abbandonarvi, che Dio non me lo permette’”.

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    Emirati Arabi: conclusa la visita del card. Filoni. Consacrata la Chiesa di Sant'Antonio

    ◊   “Oggi consacriamo a Dio questo nuovo tempio dedicato a sant’Antonio di Padova, che avete costruito con il vostro Pastore, immagine del tempio di Dio che siete voi. Voi, infatti, costituite le pietre del tempio spirituale della Chiesa, pietre che si sostengono le une con le altre e che formano il grande edificio della Chiesa, il cui primo architetto è il Signore. In questo edificio ciascuno ha il suo posto, è unico e prezioso”: è quanto ha detto ieri il card. Fernando Filoni nell’omelia della Santa Messa per la consacrazione della nuova Chiesa intitolata a Sant’Antonio da Padova a Ras Al Khaimah, località alla periferia di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. La benedizione del nuovo luogo di culto cattolico – l’ottavo negli Emirati Arabi – è l’evento centrale della visita del Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli nella Federazione (11-15 giugno) e rappresenta un momento molto importante per la Chiesa locale, nell’Anno della Fede. Come riferito all'agenzia Fides, il cardinale ha ringraziato le autorità religiose e civili presenti, portando il saluto di Papa Francesco, assicurando “il suo paterno affetto e la sua preghiera”. Ai cattolici presenti, che negli Emirati sono tutti stranieri, provenienti soprattutto da Paesi asiatici, il Prefetto ha detto: “Voi provenite da diversi Paesi, ma formate l’unico popolo di Dio La varietà delle vostre culture testimonia la multiforme ricchezza delle vostre origini, ma, in misura altrettanto significativa, l’armonia delle vostre voci esprime l’unità della vostra fede. In voi vive il mistero della Chiesa”. Il cardinale ha poi affidato ai fedeli un mandato: “A ognuno di voi chiedo di essere una pietra viva. Edificati su Cristo risorto, pietra angolare, abbiamo la possibilità di trasformare il mondo. Ovunque vivete con pienezza e gioia e si irradi attorno a voi il profumo della vostra vita cristiana”. E, ricordato l’importanza della testimonianza cristiana in un contesto come quello della penisola arabica, ha rimarcato: “Qui siete chiamati ad essere come il lievito nella pasta. E in un contesto complesso, riscontro fiducia e speranza: fiducia per il lavoro che sostiene il vostro futuro e le vostre famiglie, speranza per la vostra vita spirituale. La testimonianza della fede, la preghiera quotidiana, la misericordia siano i vostri fedeli compagni. La testimonianza della fede – ha proseguito – facilita anche il dialogo tra le religioni; la preghiera quotidiana rende familiare il rapporto tra il Padre misericordioso e le sue creature; la misericordia apre il cuore alla solidarietà e diventa riverbero della carità di Dio. Siate icona dell'amore di Dio per gli uomini e le donne del nostro tempo”, ha continuato e “chiedete a Sant’Antonio di Padova di accompagnarvi nelle vostre fatiche quotidiane”. “A Maria Santissima, Nostra Signora d’Arabia, proclamata il 16 gennaio 2011 Patrona dei due Vicariati Apostolici del Golfo – ha concluso il card. Filoni – affido le vostre pene e i vostri propositi”. Il Prefetto di Propaganda Fide ha concluso la sua visita ieri pomeriggio con la Messa alla St. Mary's church di Dubai e questa mattina rientra a Roma. Il vicariato dell’Arabia del Sud comprende circa 2,5 milioni di fedeli cattolici di oltre 90 nazionalità, soprattutto asiatiche, in prevalenza da Filippine, India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan. Le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e gli Emirati Arabi Uniti sono state allacciate nel 2007. (A cura di Roberto Piermarini)

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    Birmingham: incontro del card. Tauran con i sikh

    ◊   “Il servizio e la pace sono interconnessi: servire significa raggiungere qualcuno, il bisognoso e rinunciare, con amore, ai propri interessi e comodità personali”. Sono le parole con cui il card. Jean-Louis Tauran si è rivolto stamani alla comunità Sikh di Birmingham. Dal 12 giugno, e fino a domani, infatti, il presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso si trova nel Regno Unito, in visita ufficiale, per “affermare e rafforzare le buone relazioni interreligiose in questo Paese” e “dimostrare che l’amicizia tra le religioni è di per sé un presupposto per la costruzione della pace”. Dopo aver incontrato, nei giorni scorsi a Londra, la comunità induista e quella giainista, stamani dunque il porporato ha incontrato i sikh e nel suo discorso, intitolato “Cattolici e Sikh: il servizio all’umanità come contributo alla pace”, ha sottolineato “la gioia di donare il proprio tempo, la propria energia, il proprio talento per il bene e la felicità degli altri”. Tuttavia – ha continuato il card. Tauran – nel mondo attuale si riscontrano “materialismo e consumismo, avidità, egoismo sfrenato” che provocano “disuguaglianza, ingiustizia ed ogni genere di sfruttamento e discriminazione tra i poveri, gli esclusi”. Di qui l’invito comune a cattolici e sikh affinché collaborino ad una “giusta ridistribuzione delle ricchezze, delle risorse naturali e delle opportunità”, così da contribuire alla costruzione di “una società giusta, raggiungendo i poveri ed i bisognosi e lavorando per la pace”. Il card. Tauran ha messo, poi, in luce che il legame tra cattolici e sikh è basato proprio sulla priorità data al servizio: per i primi, infatti, esso è “un atto di amore, amore per Dio e per gli altri” e trova “un modello perfetto in Gesù che è venuto ‘non per essere servito, ma per servire’ “. Lo stesso si può dire per i sikh, per i quali “il servizio disinteressato reso per il beneficio dell’altro è un concetto primario”. Per questo, il presidente del dicastero vaticano ha auspicato che entrambe le comunità possano “dare testimonianza, sia individualmente che collettivamente, del nobile valore del servizio attraverso le parole ed i fatti”, perché “se ci impegniamo in prima persona nel servire i bisognosi, attraverso il dialogo, e se contribuiamo alla promozione della pace”, ha concluso il card. Tauran, “andremo avanti nel cammino verso la verità”. Nel pomeriggio di oggi, nella Cattedrale di Birmingham, intitolata a San Ceadda, il porporato celebrerà i Vespri, mentre in serata rientrerà a Londra. (A cura di Isabella Piro)

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    Gmg Rio 2013. Il cardinale Scherer: “Un pellegrinaggio per incontrare Cristo”

    ◊   Giovedì scorso il Papa ha incontrato i membri del XIII Consiglio ordinario della segreteria generale del Sinodo dei vescovi che stanno organizzando la prossima assemblea ordinaria prevista per il 2015. Tra loro anche l’arcivescovo di San Paolo, cardinale Odilo Scherer, che al microfono del collega del programma portoghese Silvonei Protz, racconta come stanno procedendo i lavori, ma anche come il suo Paese, il Brasile, si sta preparando a un appuntamento più vicino, quello della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Rio il mese prossimo:

    R. - In questi giorni abbiamo discusso anzitutto riguardo al tema da suggerire al Santo Padre per la prossima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà nel 2015. Il nostro compito era quello di ricevere e di analizzare le proposte venute dai molti organismi della Chiesa. Abbiamo cercato di individuare tre gruppi tematici, che naturalmente riguardano la vita e la missione della Chiesa in questo momento.

    D. - Il Santo Padre ha lasciato da parte il discorso preparato e ha parlato a braccio con voi …

    R. - Sì. Si è intrattenuto, con qualcuno più a lungo, molto familiarmente e poi ha voluto sapere da noi quali fossero i temi venuti fuori. È stato un momento - anche quello - sinodale, direi un momento collegiale bellissimo. Naturalmente il Papa aveva un discorso preparato, non lo ha letto, ma ha fatto una riflessione sul Sinodo, sull’organismo sinodale e sulla necessità di coltivare in modo più approfondito la collegialità. Il Papa non vuole governare da solo, come all’inizio della vita della Chiesa: anche se tutti avevano come riferimento Pietro, c’erano anche gli altri Apostoli e tutti avevano sollecitudine per tutta la Chiesa.

    D. - Il Papa ha annunciato anche che sarà conclusa l’Enciclica sulla fede - come lui stesso ha detto - a “quattro mani” con Benedetto XVI…

    R. - Ha detto che sarà pubblicata nell’Anno della Fede, che vivremo fino al novembre prossimo.

    D. - Fra poco più di un mese il Santo Padre arriverà a Rio de Janeiro per la Giornata Mondiale della Gioventù. Prima di questo, però, arriveranno i giovani: l’arcidiocesi di San Paolo ospiterà i giovani provenienti da più di 50 Paesi per la Settimana missionaria. Come si vive, in questo momento, in Brasile l’attesa di questi giovani e poi del Papa?

    R. - Il Brasile vive con grande attesa quest’arrivo dei giovani e poi l’arrivo del Papa per la Giornata Mondiale della Gioventù. È un pellegrinaggio per incontrare Cristo: simbolicamente abbiamo a Rio il Cristo Redentore, simbolo della città e conosciuto internazionalmente. Anche il Santo Padre va da pellegrino, ma radunandosi con i giovani: è la Chiesa giovane, dove Cristo è presente. La mistica del pellegrinaggio è presente anche nella preparazione. Ci sono, infatti, due momenti: la pre-Giornata che noi in Brasile chiamiamo la “Settimana missionaria” e che precede la Giornata; e poi la Giornata Mondiale della Gioventù dal 23 al 28 luglio. Nella pre-giornata saranno i giovani locali che riceveranno i giovani in molte città, per fare con loro uno scambio. Ci stiamo preparando a San Paolo per ricevere molti giovani: siamo pronti per ricevere addirittura circa 30mila giovani; abbiamo preparato un bel programma per intrattenere i giovani. Poi ci sarà la Giornata a Rio: sarà senz’altro un momento molto bello con la presenza di Papa Francesco, che è atteso con grande gioia. Questo è il primo viaggio internazionale che compie e sarà, quindi, un momento di grande bellezza e anche di grande profondità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Un’anima per le leggi: Papa Francesco ai parlamentari della Repubblica francese.

    La fretta del cristiano: messa del Pontefice a Santa Marta.

    Nell’informazione internazionale, la cronaca della visita a Capo Verde dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Quella pioggerellina autunnale che spiegava tutto: la presentazione di Inos Biffi al suo libro "Giovanni Colombo. Il Concilio Vaticano II. Discorsi e scritti” e stralci di testi attinti dall’“Archivio cardinale Colombo”.

    La semina di Beppe: Marco Roncalli su Giuseppe Camadini e il ricordo tributatogli dalla città di Brescia.

    Impressionista avant la lettre: Sandro Barbagallo recensisce la retrospettiva che Parigi, per la prima volta, dedica a Eugène Boudin.

    Come merce difettosa: Il “Corriere della Sera” sull'eutanasia dei bambini.

    Ogni vita è bella: i vescovi irlandesi contrari alla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza.

    Quelle continue minacce alla dignità della persona: intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, alla vigilia della celebrazione per l’“Evangelium vitae”.

    L’annuncio del numero speciale a cinquant'anni dall'elezione di Paolo VI. Il 21 giugno sarà disponibile un inserto di cento pagine a colori.

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    Oggi in Primo Piano



    Iran: il candidato moderato-riformista Hassan Rohani verso la vittoria

    ◊   Il candidato moderato-riformista, Hassan Rohani, verso la vittoria nelle presidenziali iraniane. Secondo gli ultimi dati ufficiali, infatti, ha sfondato il tetto del 50% dei consensi, quando sono stati scrutinati oltre il 25% dei voti. “Le elezioni presidenziali sono un voto di fiducia nella Repubblica Islamica – ha detto la Guida suprema Ayatollah Ali Khamenei – che uscirà vincitrice da questa undicesima tornata elettorale, indipendentemente da quale sarà l'esito delle urne”. Salvatore Sabatino ha chiesto un’analisi della situazione a Farian Sabahi, docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università di Torino e autrice dell’E-book “Donne di Teheran”, dei Corsivi del Corriere della Sera:

    R. – Hassan Rohani rappresenta la rivincita del clero sciita rispetto alle teorie devianti del presidente uscente, Ahmadinejad, che in questi anni era entrato in conflitto con il clero sciita. Rohani sembra aver vinto e vincenti sono state le sue dichiarazioni a favore dei diritti sociali delle donne – diritti sociali e non diritti legali – e contro quello stato di polizia che tanto ha intimidito i giovani in questi anni, soprattutto i giovani universitari.

    D. – L’affluenza alle urne è stata molto alta, intorno all’80%, eppure si temeva il contrario. Quanto ha influito questo sulla crescita dei riformisti?

    R. – L’affluenza è stata alta per due motivi: il voto è l’unico modo per cambiare le cose – se non ci sono i brogli – ma anche un modo per esibire al mondo il fatto di essere cittadini di un Paese che gode di pessima fama. Gli iraniani si sentono in un angolo, sono schiacciati dalle sanzioni internazionali dovute a un controverso programma nucleare, ma sono anche nell’impossibilità di mandare soldi all’estero – per esempio ai figli che studiano in università straniere – perché le sanzioni colpiscono anche il settore bancario. Non bisogna poi sottovalutare la fierezza di un popolo che non sempre condivide le scelte dei suoi leader, ma di fronte a questa estrema pressione occidentale non ha alternativa se non far fronte comune con i suoi leader.

    D. – I conservatori presentavano in queste elezioni cinque candidati su sei, eppure nessuno di loro ha convinto le masse. Perché?

    D. – Queste elezioni ricordano un po’ quelle del 1997, in cui aveva vinto il riformatore Mohammad Khatami, mentre tutti davano invece per vincente il conservatore Nateq-Nouri, il quale in campagna elettorale aveva osato dire di voler mettere il velo alle bambine prima della pubertà. A giocare un ruolo importante questa volta sono state indubbiamente le dichiarazioni del candidato riformatore Rohani, che poi era l’unico candidato in grado di coagulare il consenso di centristi e moderati. Non aveva rivali, non c’erano alternative e di certo è servito il sostegno di due ex presidenti Khatami e Rafsanjani: uno non si è presentato a questa corsa elettorale e l’altro invece è stato escluso.

    D. – Il difficilissimo rapporto tra la guida suprema e i riformisti potrà migliorare ed essere meno teso dopo questo risulto elettorale? Credo che questo rapporto dovrà essere rivisto…

    R. – Credo che se Rohani ha partecipato a questa corsa elettorale è perché lo ha voluto il leader supremo, non dimentichiamo il “pedigree” impeccabile di Rohani: ha 64 anni, è un membro del clero con il turbante bianco, è di fatto un uomo di regime che negli anni ’60 aveva criticato lo Scià ed era stato in carcere. Per 20 anni, è stato deputato della Repubblica islamica. Dal 1999, è membro dell’Assemblea degli esperti ed è stato poi negoziatore sul nucleare. Non offre soluzioni concrete ai problemi del Paese, soprattutto ai problemi economici e non dimentichiamo poi il fatto che suo fratello Hassan Rohani è un esponente di punta dei servizi segreti iraniani. Quindi, è di fatto un uomo di sistema.

    D. – Quindi, molto lontano comunque da una personalità come Khatami per esempio…

    R. – Sì. Indubbiamente, Khatami era più interessato alle questioni economiche – era stato il ministro alla cultura – ma non dimentichiamo che anche in momenti importanti, come le proteste studentesche del luglio 1999, Khatami non aveva preso veramente posizione a fianco degli studenti, ma aveva fatto un passo indietro. Quindi, non dimentichiamo che queste persone sono comunque imparentate con il leader supremo, o godono del suo appoggio, altrimenti non potrebbero nemmeno presentarsi.

    D. – Quali sono le prime sfide che dovrà affrontare il nuovo presidente?

    R. – I problemi principali dell’Iran sono l’isolamento internazionale e le sanzioni dovute al controverso programma nucleare. Politica estera e politica nucleare sono però prerogative del leader supremo e non del presidente della Repubblica. Il prossimo presidente dovrà occuparsi in primis della situazione economica. C’è una grave crisi: la valuta locale, il Riyāl, ha perso il 40% del suo valore contro il dollaro, inflazione e disoccupazione sono alle stelle, il potere di acquisto degli iraniani è crollato e questo sfavorisce lo scontento. Per migliorare l’economia, il prossimo presidente dovrà però collaborare con il leader supremo in politica estera e politica nucleare. Bisognerà cercare di dare l’immagine di un Paese che diventa un po’ più moderato, un po’ meno estremista, perché questo è indispensabile anche all’economia del Paese. Poi, bisognerà fare anche molta attenzione alla politica economica e a come vengono usati i “fondi accantonati per progetto speciale”, perché uno dei problemi che c’era stato con Ahmadinejad era stato proprio quello: aveva usato dei fondi accantonati per erogare denaro e tutta una serie di facilitazioni ai suoi fan ed ai suoi devoti.

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    Turchia: i manifestanti di Gezi Park continuano la protesta

    ◊   In Turchia, non si ferma la protesta partita dal Gezi Park di Istanbul, che ha provocato finora 4 morti. I movimenti della società civile che occupano il parco hanno giudicato insufficienti le concessioni del primo ministro Erdogan, tra cui la promessa di un referendum sul progetto edilizio che ha dato inizio alle contestazioni. Sull’argomento si attende anche una sentenza della magistratura. Ascoltiamo, nell’intervista di Davide Maggiore, l’analisi di Claudio Loiacono, direttore della rivista “Oriente moderno”:

    R. - Erdogan ha, in qualche modo, dovuto accettare quella che è la realtà. Se la magistratura, in qualche modo, darà una mano all’opinione pubblica dei più giovani e se effettivamente Erdogan insisterà in una posizione di forza, questo gli giocherà contro a livello europeo, a livello internazionale, anche se varie minoranze turche all’estero si identificano in lui per ribadire la propria identità culturale: penso alle manifestazioni in Macedonia della minoranza turca, che si è espressa a favore di Erdogan.

    D. - Negli ultimi giorni si è visto come la posizione di Erdogan, però, non sia l’unica neanche all’interno del suo partito. Quali sono le correnti che si sono formate?

    R. - Non c’è dubbio che questo partito, che ha vinto chiaramente tutte le ultime elezioni, ora è di fronte alla sfida della votazione per la nuova Costituzione. Lo stesso presidente della Repubblica, Abdullah Gül, sta cercando un suo spazio, come lo stesso Erdogan: perché probabilmente, se la trasformazione della Turchia avverrà in senso presidenzialista più marcato di quanto non sia oggi, Erdogan vorrà avere il suo posto di eccellenza. E questo forse non piace anche ad alcuni compagni di strada, oltre che a una parte del Paese che è chiaramente diventata molto più aperta agli stimoli dell’Occidente più vicino e parlo proprio dell’Europa centromeridionale.

    D. - Tra queste varie componenti della società turca, si può già capire chi è in una maggiore posizione di forza?

    R. - Io credo che rimanga sempre Erdogan, che ha un cospicuo seguito. Tutto dipenderà dalla votazione per la modifica della Costituzione: se avverrà un cambiamento nel senso auspicato dal partito al potere, forse allora certi malumori potranno emergere nel momento in cui si dovrà concorrere al nuovo mandato presidenziale. Per il momento io vedo lui ancora come unico importante punto di riferimento della politica turca.

    D. - Erdogan ha parlato di un referendum su Gezy Park, ma ci sarà comunque una sentenza della Magistratura. Sono quindi coinvolte a vario livello le istituzioni turche. Il sistema politico turco ha la capacità di reggere a questa sfida?

    R. - Penso di sì. La Turchia ha un forte orgoglio nazionale e ha anche la necessità - assolutamente - di aprirsi ancora di più nei confronti dell’Occidente, che è il suo partner principale - questo è evidente - senza abbandonare naturalmente quelle che sono le sue ambizioni a più ampio raggio, che coinvolgono l’area caspica o l’area addirittura centroasiatica. La Turchia ha molteplici capacità. L’importante è che le sue modificazioni costituzionali non facciano precipitare il Paese in una sorta di autocrazia, che è assolutamente incompatibile con gli standard che detta la Comunità europea, che - per quanto in crisi - è un fortissimo partner a livello planetario e senza il quale non si può sperare di sopravvivere in modo isolato, come è sempre stato fatto finora da parte di un certo numero di Paesi. La Turchia è filo-occidentale profondamente nelle sue strutture militari, nelle sua economia e ora anche nelle sue istituzioni, purché eviti questi passi indietro che sono nocivi per la Turchia stessa. Erdogan deve averlo capito e questa sua apertura io credo sia abbastanza sincera: non potrà che far giungere a una soluzione, in qualche modo, accettabile da parte di tutti.

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    Grecia: Samaras per la parziale riapertura della radio-tv di Stato. Lunedì vertice di maggioranza

    ◊   In Grecia parziale marcia indietro del governo sulla chiusura della radio-tv pubblica Ert, annunciata martedì. In queste ore il premier conservatore Samaras ha parlato della possibilità di richiamare un piccolo numero di impiegati per far ripartire immediatamente le trasmissioni. Restano critici i due partiti di sinistra che sostengono l’esecutivo di unità nazionale, i quali chiedono la riapertura della società del servizio pubblico. Lunedì è in programma un vertice della coalizione di governo organizzato proprio nel tentativo di trovare una posizione comune. Sulle prospettive dell’incontro Eugenio Bonanata ha intervistato Giacomo Mazzone, Responsabile delle Relazioni Istituzionali dell’Ebu, l’European Broadcasting Union:

    R. – Speriamo vivamente che in sede di questo appuntamento della maggioranza greca prevalga la ragione e prevalgano le opinioni che noi abbiamo ascoltato da parte dei rappresentanti dei due partiti di minoranza del governo, perché, invece, la posizione del partito di maggioranza del governo, cioè di Nuova Democrazia - che detiene le cariche fondamentali tra cui quella di primo ministro, di ministro delle finanze, quella di ministro dell’informazione, che sono le tre responsabilità che hanno preso questa decisione da sole senza consultare il resto del governo – possano essere riviste ed in qualche maniera aggiornate. Noi auspichiamo soprattutto che ci possa essere la decisione di mantenere almeno una delle reti della televisione greca ed una rete radiofonica in funzione.

    D. – Questo risultato è raggiungibile realisticamente secondo lei?

    R. – Quando il nostro presidente e la nostra direttrice generale hanno incontrato il ministro delle finanze ad Atene hanno avuto l’impressione netta che i greci avessero completamente sottovalutato l’impatto in sede europea ed in sede internazionale della loro decisione. Si tratta di tecnici - è un governo più o meno come era il governo Monti – che hanno visto solo gli aspetti procedurali e concreti ma non hanno visto la ricaduta di immagine e la ricaduta in termini di diritti civili che questa decisione comportava. Quindi, abbiamo buone speranze che di fronte all’ampio fronte che si è creato possano tornare indietro almeno su una parte della loro decisione.

    D. – Qual è la ragione di questo ampio fronte critico nei confronti della decisione di Atene?

    R. – C’è stato un grande equivoco, anche nella stampa e nei media italiani e di altri Paesi: non è messo in discussione, da parte di chi ha protestato, il problema di ristrutturare la televisione. Negli ultimi anni sono state ristrutturate nella stessa maniera – anzi forse in maniera più pesante e profonda di quanto non si voglia fare in Grecia – in Spagna, in Portogallo, è accaduto in diversi Paesi dell’Est, in Ungheria, è accaduto ovunque; abbiamo avuto numerosi casi di questo tipo in cui la televisione e la radio pubblica sono state ristrutturate per renderle più efficienti. Questo però è stato fatto mano nella mano fra il governo, il parlamento ed i sindacati perché quando si tratta di televisione e radio pubblica stiamo parlando di qualcosa che tocca la vita della democrazia e la vita dei cittadini. Quindi, un processo che non può essere deciso da tre persone soltanto, come è accaduto in Grecia.

    D. – Tra l’altro l’Ebu ha messo a disposizione lo streaming per consentire le trasmissioni della tv greca sul web…

    R. – Non solo via web, il segnale è disponibile anche via satellite. L’Uer – ovvero l’Ebu che in italiano si dice Uer, Unione Europea della Radio-televisione – come dice il suo nome, è una struttura di servizio a disposizione di tutte le radio e le televisioni europee, tra cui anche Radio Vaticana. Quando un nostro membro chiede una connessione via satellite, o un servizio via internet, noi lo forniamo. Quindi, è naturale che quello che stiamo facendo, che non è altro che quello che facciamo tutti i giorni per tutti i nostri membri. Nel caso specifico è che in questo momento non è chiaro chi è che prende le decisioni per la televisione greca - visto lo stato giuridico di “vacuum” che si è venuto a creare - ma in ogni caso abbiamo ritenuto che non ci potesse essere nemmeno un giorno in Grecia in cui una voce indipendente e pluralista come quella del servizio pubblico potesse venire a mancare. Questa è stata la ragione di fondo della scelta dell’Uer, che è stata naturalmente una scelta difficile perché questo servizio non verrà pagato probabilmente da nessuno, ma verrà pagato da tutti i membri collettivamente pro-quota. Il problema è che per una questione di diritto fondamentale la voce del servizio pubblico non può cessare neanche un giorno. Tra l’altro, il problema è che il governo dice che farà questa legge ma - come tutti sanno - quando una legge entra in parlamento possono passare dei mesi prima che venga approvata, a volte anche un anno e se non ci fosse un accordo cosa succede? Il servizio pubblico non ci sarà mai più in Grecia? Quindi, la scelta di sospendere il servizio per dire che poi rinascerà ‘più bello e più forte di prima’ è una scelta rischiosissima che non ha precedenti e che non può essere accettata.

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    Roma, la lunga marcia contro le mafie per vedere ciò che spesso viene negato

    ◊   La lunga marcia della memoria quest’anno si svolge a Roma, città "che finge di non vedere" le infiltrazioni, gli interessi, la penetrazione mafiosa: è la denuncia dell’Associazione antimafie "daSud", che dal 2007 organizza l’iniziativa che per la prima volta viene portata nella capitale. E’ qui che si svolgono tutte le tappe della marcia, ad eccezione dell’ultima che, come da tradizione, sarà in Aspromonte. Per due settimane, quindi, Roma con i suoi quartieri più periferici – come Ostia e Tor Bella Monaca, ma anche zone come il centro storico – ospita incontri, assemblee, film, documentari, musica dal vivo, “per far luce su una realtà troppo a lungo ignorata”, spiega Luca Salici, portavoce di “daSud”. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

    R. – Roma non è più una città che possiamo dire sia a rischio infiltrazioni: la mafia, le mafie sono radicatissime nel tessuto sociale e economico della capitale. E' un grosso epicentro di interessi di ‘ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra, più appunto la criminalità organizzata territoriale. Si aggiungono criminali locali, ma anche mafie straniere. Poi, c’è questa tradizione decennale della Banda della Magliana. Insomma, Roma è stata in questi decenni, nell’indifferenza generale, trasformata in una sorta di enorme "lavatrice", per ripulire denaro sporco, con la complicità anche di tantissimi professioni. Ci sono dei numeri: 335 immobili confiscati alle mafie in città, più di 5 mila segnalazioni di operazioni finanziarie sospette nel 2011. E’ una città in cui adesso si spara… Sono 40 i morti ammazzati dal 2011, che possiamo ricondurre al controllo sia del territorio che del mercato delle droghe, che anche al racket. Non tutti sanno che nel salotto buono della città, a Piazza Bologna, c’è chi da 20 anni paga il pizzo per stare più tranquillo. Ci sono territori sotto scacco, come ad esempio Ostia: ci sono delle ritorsioni contro i commercianti, contro chi ha uno stabilimento balneare.

    D. – Dire “capitale che finge di non vedere”, a chi si riferisce?

    R. – Lo riferiamo a tutti. Principalmente alla politica, che ha cancellato quasi questa parola del suo lessico: pensare che quasi tutti i candidati non hanno parlato di mafia in occasione delle elezioni per il nuovo sindaco e per il Campidoglio. E’ stato rimosso questo tema dalla politica ed è rimosso anche dal governo nazionale. Ma invece è una consapevolezza dei cittadini, dei romani e delle romane, che devono anche capire come resistere a questa ondata di criminalità organizzata, perché Roma probabilmente somiglia molto alla Palermo degli anni Ottanta, alla Catania del finire degli anni Ottanta… Sono quelle città in cui si nega che ci sia il controllo del territorio, si negano le violenze, si nega che ci sia il riciclaggio e l’aiuto dei professionisti per lo sviluppo di una economica parallela che è quella dei clan.

    D. – La lunga marcia della memoria, dal 15 al 29 giugno: Ostia punto di partenza e poi diversi quartieri della capitale, compreso il centro. Ma che cosa vi proponete di fare? Come si spera, con queste manifestazioni, di far passare un messaggio che sembra quasi far comodo tenere nascosto?

    R. – Si spera con la costruzione di una nuova resistenza, di una nuova rete. Tante persone, che conosceremo e che conosciamo nei municipi e nei quartieri di Roma, stanno facendo un lavoro culturale importante e che molto spesso non ci accorgiamo è anche un lavoro di antimafia: i ragazzi che occupano una ex bisca a Ostia e ne fanno un centro culturale è un grandissimo segnale antimafia. Bisogna sostenere anche gli sportelli antiracket, che sono tanti a Roma ma a cui poca gente si rivolge. Bisogna, insomma, creare una rete.

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    Il commento al Vangelo dell.11.ma Domenica del tempo ordinario

    ◊   Nell’11.ma Domenica “per annum”, la liturgia proclama il Vangelo della peccatrice perdonata:

    "Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato".

    Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di Don Ezechiele Pasotti, Prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

    Il Vangelo di oggi si conclude con la notazione dell’evangelista Luca che Gesù “se ne andava per città e villaggi predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio”. Proprio questa buona notizia ha raggiunto il cuore della “peccatrice” della città, dove Gesù si trova invitato a pranzo da un fariseo. Vi si reca anche la donna, con un vaso di profumo. E compie su Gesù due gesti di amore e di accoglienza che il fariseo, nella sua arroganza, si è ben guardato dal compiere: piangendo bagna i piedi del Signore e glieli asciuga con i suoi capelli, poi glieli profuma e bacia. Il gesto turba il fariseo che finalmente rivela ciò che ha nel cuore: il giudizio. “Se fosse un profeta saprebbe bene chi è la donna che lo tocca”.

    Gesù, che è venuto per i peccatori – e quindi anche per il fariseo – lo mette nella verità. Narra una breve parabola su due debitori a cui è stato condonato il debito e fa dire a Simone – ora viene detto il nome del fariseo – che il debitore a cui maggiormente si perdona, ama di più. Quell’acqua che lui, fariseo osservante della Legge, non ha saputo, o voluto, porgere, e quel bacio di accoglienza che non ha offerto all’ospite, questi il Signore li ha ricevuti da un cuore di donna che ama, perché molto le è stato perdonato. Ora la peccatrice se ne va rinnovata, riconciliata, mentre di Simone non sappiamo nulla: forse, nella sua pretesa di giustizia, non ha bisogno di grande perdono e, per questo, semplicemente non ama. Il Vangelo interpella anche noi oggi: dove siamo? Nel giudizio, senza amore, o con il cuore grato, per il perdono ricevuto? L’Eucaristia è sempre esultazione gioiosa per la salvezza che ci è donata.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Oasis: benefici e rischi della secolarizzazione nel campo cristiano-islamico

    ◊   Le ambiguità della secolarizzazione e le sue ricadute sul rapporto fra cristiani e musulmani, ma anche i ripensamenti che essa provoca nelle società orientali e occidentali: è la pista su cui quest'anno si incontra il Comitato scientifico di Oasis, la rivista fondata 10 anni fa dal card. Angelo Scola, allora patriarca di Venezia e ora arcivescovo di Milano. Il Comitato si incontra quest'anno proprio a Milano, il 17 e il 18 giugno, con un programma ricco di testimonianze e riflessioni dall'Arabia saudita al Marocco e alla Turchia; dall'Egitto, all'Iran, alla Nigeria. Nella due-giorni, nella sede dell'Università statale di Milano - riferisce l'agenzia AsiaNews - si dibatterà il tema: "Sul crinale. Cristiani e musulmani tra secolarismo e ideologia". Con la presidenza del card. Scola, i circa 70 ospiti da tutto il mondo parleranno del modo in cui la secolarizzazione sta trasformando Oriente e Occidente. Soprattutto con le "primavere arabe" sta emergendo fra i musulmani una concezione della laicità della società che mette in secondo piano l'appartenenza religiosa e apre alla convivenza con le altre religioni, coi cristiani in particolare. Allo stesso tempo, sta venendo alla luce una secolarizzazione spinta, in reazione all'integrismo islamico guerriero che spesso produce vittime anche fra i musulmani moderati. In occidente il laicismo muove le comunità religiose ad esigere spazio nella società e provoca un sussulto di fondamentalismo anche fra i musulmani che bollano tale laicismo come "ateo". Questo alimentarsi reciproco degli estremi impone un ripensamento e un equilibrio. A questo proposito, nel primo giorno del convegno, il card. Scola terrà una relazione su "Fare sintesi: la missione dell'Europa". Fra le personalità musulmane più in vista, vi sono: Sayyid Jawad al-Khoei, assistente del Segretario generale, al-Khoei Foundation, Najaf (Iraq); Muhammad Muhanna, direttore dell'Accademia sufi e professore di diritto all'Università di al-Azhar (Il Cairo, Egitto); Sami Angawi, presidente dell'Istituzione Al-Makkiyah Al-Madaniyah, (Jedda, Arabia Saudita). Per il mondo cristiano sono invitati molti vescovi e sacerdoti del mondo arabo e nordafricano, dall'India e dalla Nigeria. Per il mondo occidentale, saranno presenti molte personalità accademiche da Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia. Oasis è nata nel 2004. Il comitato si riunisce ogni anno nel mese di giugno per approfondire un tema che diviene poi la traccia per il lavoro annuale della Fondazione e dei suoi strumenti: la rivista semestrale plurilingue (4 edizioni: in italiano, inglese-arabo, francese-arabo, inglese-urdu), la newsletter quindicinale (in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo), i libri, il sito internet. (R.P.)

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    Dubai. Mons. Hinder: la visita del card. Filoni un forte sostegno alla Chiesa locale

    ◊   “La visita del card. Filoni è stata un incoraggiamento molto forte per tutta la nostra Chiesa locale e una fonte di grande conforto per me, vescovo, e per i fedeli”: è quanto dichiara all’agenzia Fides mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Araba del Sud, tracciando un bilancio della visita del card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ripartito alla volta di Roma, dopo un soggiorno negli Emirati Arabi Uniti, dall’11 al 15 giugno. Il vicario apostolico riferisce a Fides che l’evento centrale della visita, cioè la consacrazione della nuova Chiesa di Sant’Antonio da Padova a Ras Al Khaimah, periferica di Dubai, avvenuta ieri, è stata un momento di grande impatto spirituale: “Vi hanno partecipato circa 10mila fedeli, non ce lo aspettavamo. La chiesa era gremita, l’auditorium sottostante era stracolmo e migliaia di fedeli hanno solo ascoltato la celebrazione, all’esterno della Chiesa. Tutta la comunità cattolica, fatta di gente povera, di umili lavoratori immigrati, che vivono precarietà e insicurezza, ha ricevuto un grande incoraggiamento nel suo cammino di fede. Abbiamo ricevuto la benedizione e avvertito la presenza amorevole di Papa Francesco”. In un contesto sociale non facile, spiega il vescovo, “la visita del card. Filoni è stata un segno di attenzione della Chiesa in Roma che avrà frutti positivi in seno alla comunità locale”. Il cardinale ha incontrato anche l’emiro Saud Bin Saqr al Qasimi che ha donato il terreno di Ras Al Khaimah per la Chiesa di Sant’Antonio, intrattenendo con lui un colloquio molto cordiale. Mons. Hinder informa che la chiesa di Sant’Antonio è l’ottavo luogo di culto cattolico negli Emirati e che il 29 giugno prossimo presiederà la posa della prima pietra per un’altra nuova chiesa, che sarà intitolata a San Paolo e sorgerà ad Abu Dhabi: “Sarà la seconda chiesa ad Abu Dhabi, e sorgerà sulla terraferma, dato che il territorio dell’Emirato è in parte un’isola. Contiamo di edificarla in due anni. E’ segno che la nostra missione prosegue, ringraziamo il Signore”. (R.P.)

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    Centrafrica: appello per impedire che il Paese diventi una nuova Somalia

    ◊   Esecuzioni sommarie, violenze sessuali, attacchi mirati in base all’appartenenza religiosa ed etnica, arresti di sostenitori dell’opposizione e dei loro familiari, torture, sparizioni, reclutamento di bambini soldato, saccheggi su vasta scala. Sono questi i crimini commessi nella Repubblica Centrafricana denunciati in un appello sottoscritto da una serie di gruppi della società civile, tra cui Secours Catholique/Caritas France. Da quando la coalizione Seleka ha cacciato l’ex Presidente François Bozizé, “la popolazione, principale vittima del gioco politico-militare, da mesi è in sofferenza” afferma il comunicato. “Alcuni organismi delle Nazioni Unite, qualche Ong e le Chiese cercano di far fronte alla sofferenza della popolazione che manca di tutto: cure mediche, alimentazione….in tutto il Paese, le scuole sono chiuse. Bangassou nell’est del Paese, riceve rifornimenti solo grazie ai voli umanitari: non c’è acqua, né carburante, dunque niente elettricità”. L’instabilità nella quale è sprofondato il Paese è così profonda che ci si chiede se “il Centrafrica diventerà la Somalia dell’Africa centrale. Questa “no man’s land” istituzionale potrebbe attirare i terroristi della Nigeria e del Mali, o l’Esercito di Resistenza del Signore (Lra), che troverebbero facilmente rifugio in questo Paese di 4.5 milioni di abitanti distribuiti su 650mila Km2”. Di conseguenze i sottoscrittori dell’appello chiedono “alla Francia e ai Paesi europei ed africani di rivedere la loro posizione. È urgente portare aiuto umanitario a una popolazione in pericolo e favorire allo stesso tempo il ristabilimento del processo democratico. È necessario inoltre che le nuove autorità centrafricane prendano provvedimento per restaurare la sicurezza e per ristabilire il funzionamento dell’amministrazione e dei servizi sociali di base”. (R.P.)

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    Mali. Appello Caritas: tutelare i diritti delle popolazioni e promuovere la pace

    ◊   Il 12 giugno, in occasione della presentazione del rapporto sulla situazione dei diritti umani in Mali presentato dall’Alto commissario per i diritti umani alla 23° sessione del Consiglio per Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, Caritas internationalis ha chiesto che “al più presto si tutelino i diritti della popolazione del Mali e si creino le condizioni per una pace duratura nel Paese”. Il rapporto mette in evidenza come la situazione sia ancora molto precaria con diffuse violazioni dei diritti fondamentali, insicurezza, scontri armati e inaccessibilità in alcune importanti aree del Nord (Kidal), violenze sommarie da parte delle forze armate di ogni fazione. Caritas internationalis chiede “la tutela della popolazione rifugiata e sfollata affinché questa possa ritornare rapidamente e in sicurezza nei propri villaggi e città”. Sollecita inoltre “la stabilizzazione politica e sociale del Paese”, soprattutto nelle aree “di forti tensioni”. E auspica lo svolgimento di “elezioni inclusive, serene e trasparenti”. Caritas lancia un appello a “tutte le istituzioni nazionali e internazionali per la costruzione di una pace duratura fondata sul rispetto dei diritti umani e lo sviluppo umano e non sulle armi”. Caritas italiana si unisce all‘appello di Caritas internationalis, continuando a sostenere gli interventi in Mali. (R.P.)

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    Tibet. Il Dala Lama ai tibetani: basta con le auto-immolazioni

    ◊   Le auto-immolazioni in Tibet "sono un fenomeno doloroso che mi rattrista molto. E mi chiedo quanto effetto possano avere azioni così drastiche. Si tratta di una questione politica molto sensibile, ma chiedo a tutti i tibetani di non sacrificare la propria vita". Lo ha dichiarato il Dalai Lama durante un incontro in Australia: il leader del buddismo tibetano passerà 11 giorni nel Paese durante i quali terrà incontri di preghiera e conferenze. Lo scorso 11 giugno - riporta l'agenzia AsiaNews - una monaca buddista si è data fuoco a Tawu - nella regione orientale tibetana di Kham - per protestare contro la presenza cinese in Tibet e chiedere il ritorno a casa del Dalai Lama. Questa morte ha portato a 120 il numero totale delle auto-immolazioni nella zona dal 2009. Il Dalai Lama ha ceduto il potere politico nel 2011, quando i tibetani hanno eletto un primo ministro "laico". Il governo tibetano in esilio a Dharamsala considera i suicidi in maniera ambigua: da una parte chiede ai fedeli di "ascoltare il Dalai Lama", che si è già espresso a favore della "vita a ogni costo", ma punta anche il dito contro Pechino e chiede alla comunità internazionale di fare pressioni sulla Cina affinché smetta la repressione dell'etnia. Una fonte tibetana di AsiaNews spiega: "Anche nel governo c'è chi non ascolta il nostro leader. Usano queste auto-immolazioni come strumento politico e calamita per le donazioni internazionali senza pensare troppo al bene della popolazione. Il Dalai Lama ha fatto bene a ricordare i veri valori del buddismo, che a volte Dharamsala mette in secondo piano". Il leader spirituale, sempre da Sydney, ha aggiunto: "Credo che questa forma di protesta sia causata dalla situazione, e per questo i funzionari cinesi dovrebbero investigarne le cause. Ma non serve puntare il dito contro qualcuno, Dalai Lama compreso: serve il dialogo, il più possibile aperto a ogni soluzione. In ogni caso ricordo a tutti che la nostra fede insegna il rispetto e la salvaguardia della vita a ogni costo". (R.P.)

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    India: nel Maharashtra esplode il fondamentalismo anticristiano

    ◊   Famiglie cristiane cacciate dai villaggi; progetti per la costruzione di chiese bloccati; luoghi di culto e assemblee di preghiera attaccati: accade in alcune zone del Maharashtra, uno degli Stati più ricchi e avanzati dell'India, dove ha sede Mumbai, metropoli cosmopolita e capitale finanziaria del Paese. "Un trend in crescita e preoccupante" denuncia all'agenzia AsiaNews il Global Council of Indian Christians (Gcic), che da oltre due mesi raccoglie le richieste d'aiuto di alcuni gruppi cristiani, in particolare nel distretto di Yavatmal, presi di mira dalle comunità indù locali. La notizia stupisce perché è raro sentire di aggressioni contro la comunità cristiana e cattolica nello Stato. Il villaggio di Pandahrewani è uno dei più colpiti. Da circa due mesi alcuni abitanti indù hanno vietato ai concittadini cristiani di praticare la loro religione dentro il villaggio, impedendo loro di costruire una piccola chiesa e invitandoli ad abbandonare la zona. Secondo testimonianze rese al Gcic, a fomentare l'odio interreligioso sono gruppi locali di fondamentalisti indù. Per aver cercato più volte di costruire la propria casa, questi militanti indù hanno denunciato il cristiano Suresh Athram alla polizia locale e aggredito sua moglie. Gli agenti hanno cercato di risolvere la controversia facendo sottoscrivere alle parti un compromesso, che non è stato però seguito. In occasione dell'Hanuman Jayanthi (una festa indù caduta il 25 aprile scorso, ndr), centinaia di indù hanno distrutto una chiesa locale, riempiendola con idoli induisti e praticando una cerimonia in segno di sfregio. Nella stessa zona il 6 giugno scorso Bapurai Dhadange, un indù, ha occupato con altre 20 persone il terreno di alcuni cristiani. I fedeli hanno tentato di denunciare l'accaduto alla polizia, ma l'uomo e i suoi seguaci hanno risposto denunciando a loro volta i cristiani, accusandoli di praticare conversioni forzate. Le forze dell'ordine hanno estorto loro dei soldi per non arrestarli. (R.P.)

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    India. Blasfemia a Bollywood: protesta dei cristiani

    ◊   Una modella che, in pose seduttive, sfoggia un Rosario al collo; un film su Gesù in lingua malayam che rinnega la divinità di Cristo: sono gli ultimi due esempi della “Bollywood blasfema” che hanno generato le proteste della comunità cristiana in India. Come riferito all’agenzia Fides dalla Ong “Catholic Secular Forum” (Csf), non è a prima volta che produttori e registi della grande industria cinematografica indiana “giocano con i sentimenti religiosi dei cristiani”. L’Ong, che accoglie fedeli cattolici e cristiani di altre confessioni, ha scritto ai produttori del film e al Consigli per la Censura protestando contro le immagini e le pose della modella Kavitta Verma, che interpreta il film “Policegiri”. Nella pellicola e nel video di una omonima canzone, la giovane appare seminuda con un Rosario al collo e con la croce che scende sul ventre. “E’ del tutto inaccettabile questo uso improprio dei simboli religiosi cristiani, dato che il Rosario è un oggetto sacro per i fedeli cattolici, con cui pregano la Vergine Maria e ricordano la vita di Gesù Cristo”, dice a Fides Joseph Dias, responsabile del Csf. I cristiani chiedono agli organi di controllo preposti e al governo di intervenire eliminando le scene che risultano offensive. Un altro caso sta suscitando sconcerto è l’ennesimo film su Gesù che racconta la storia di Cristo come uomo, negandole la divinità. Come riferito a Fides, il film, che è in lingua malayalam (la lingua dello stato del Kerlaa), si intitola “Pithavinum Puthranum” (“Nel nome del Padre e del Figlio”) ed è opera del regista T. Deepesh. Nel film si narra anche una storia d’amore e passione all’interno di un convento di suore. Secondo i fedeli, contiene “atteggiamenti offensivi e immagini dispregiative verso il cristianesimo e non va diffuso”. Nei giorni scorsi il Consiglio per la censura, organismo che analizza e monitora i film in India prima della loro diffusione al pubblico, ha dato ragione ai cristiani, non rilasciando l’autorizzazione necessaria. Secondo T. Madhukumar, membro del Consiglio, nonostante alcuni tagli già operati sulla pellicola, “il film contiene tuttora violazioni alle disposizione vigenti”, che tutelano la morale, la cultura e la religione. (R.P.)

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    Pakistan: nel Punjab cristiani vessati da abusi e strozzinaggio

    ◊   Un cristiano vittima di violenti strozzini musulmani; un altro sequestrato e torturato per una intera notte: sono le due ultime “storie ordinarie di abusi” segnalate all’agenzia Fides dai cristiani del Punjab. Entrambi gli episodi sono avvenuti nei giorni scorsi a Lahore, capitale della provincia, attualmente governata dalla “Pakistan Muslim League-N” e guidata dal Primo Ministro della provincia Shahbaz Sharif, fratello del nuovo Premier pakistano Nawaz Sharif. Come appreso da Fides, nei giorni scorsi Aftkhar Masih, giovane cristiano di professione spazzino, è stato sequestrato in pieno giorno, mentre stava svolgendo il suo lavoro, da alcuni musulmani armati, e da due funzionari di polizia. Masih è stato tenuto in isolamento, percosso e torturato per un giorno e una notte, poi identificato dalla polizia e rilasciato. Il giovane, che ora ha gravi problemi ai reni per le percosse subite, ha avuto la forza di sporgere una denuncia ufficiale per gli abusi subiti. Secondo la ricostruzione dell’Ong “Lead” (“Legal Evangelical Association Development”), l’episodio è una vendetta privata da parte di alcuni giovani musulmani per passate liti personali con il giovane. Il secondo episodio riguarda Riaz Masih, cittadino cristiano di Lahore , impiegato nel campo della sanità. Riaz, padre di famiglia con cinque figli, aveva acquistato nel 2009 un televisore e altra merce da un negozio del musulmano Asghar Ali Rubani, per un valore di 44.000 rupie (circa 440 dollari Usa). Pur avendo pagato l’intero importo entro il termine prescritto, Riaz è stato costretto con minacce e intimidazioni a pagare interressi di circa 200.000 rupie (circa 2.000 dollari). La vicenda non si è conclusa: nelle scorse settimane un gruppo di musulmani ha fatto irruzione nella sua casa e percosso lui, sua moglie e i suoi figli, pretendendo altre 400.000 rupie (circa 4.000 dollari). Riaz si è rivolto alla polizia, che non ha intrapreso alcuna azione nei riguardi degli strozzini. Inoltre il negoziante ha denunciato Riaz per calunnia e uno dei suoi figli è stato perfino arrestato. I cristiani chiedono “di punire i colpevoli e di fare giustizia a una famiglia cristiana innocente”. “Non c’è dubbio che i cristiani sono vittime di tali episodi a causa della loro fede e perché sono ritenuti poveri e indifesi, quindi vulnerabili a ogni tipo di oltraggio”, scrive l’Ong “Lead”, in una nota inviata a Fides. (R.P.)

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    Il governo prende tempo sulle misure per il lavoro. Bonanni: Letta non faccia blitz

    ◊   Servirà ancora qualche giorno per le misure sul lavoro. Lo ha detto il ministro del Welfare, Enrico Giovannini, convinto che sia necessario “definire meglio le coperture” e “portare avanti il dialogo con le parti sociali” per arrivare a “misure condivise ed efficaci”. Dal Congresso della Cisl, Raffaele Bonanni ha annunciato che ci sarà un incontro la prossima settimana tra i sindacati. I temi al centro dell’incontro saranno fisco e lavoro. Bonanni ha però messo in guardia il governo e lo stesso premier Letta da “interventi autoritari”. “A Letta – ha affermato Bonanni – non giova ripetere ciò che hanno fatto altri governi sulle materie del lavoro e soprattutto andare a toccare i diritti dei lavoratori. Meglio affidare alle parti sociali il percorso sulle regole del mercato del lavoro”. Per Bonanni, poi, è necessario rimettere al centro dell’azione della politica il fisco, favorendo in primo luogo famiglie e pensionati. Temi questi che saranno al centro anche della manifestazione del 22 giugno a Roma, che vedrà sullo stesso palco Cgil, Cisl e Uil. La leader della Cgil, Susanna Camusso, ha affermato che bisognare “bloccare l'aumento dell'Iva”, trovando le risorse necessarie dalla rimodulazione dell'Imu, “in modo da difendere i più deboli e di fare una progressiva tassazione dei patrimoni, come dice la nostra Costituzione”. (A cura di Alessandro Guarasci)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 166

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    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.