Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 12/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: il male c’è ma Dio è più forte, la Chiesa apra le porte a tutti con amore
  • Il Papa sul lavoro minorile: guai a chi soffoca la speranza e la serenità dei bambini
  • All'Udienza generale un gruppo di rabbini. Abraham Skorka racconta la sua amicizia col Papa
  • Il Papa: i cristiani vincano la tentazione di "andare indietro" e il "progressismo adolescente"
  • Presidenza Clar lamenta pubblicazione sintesi conversazione con il Papa
  • Tweet del Papa: dal rifiuto di Dio vengono tante povertà morali e materiali
  • Altre udienze e nomine episcopali di Papa Francesco
  • Il Papa nomina l'avv. Coppola Promotore di Giustizia della Corte d'Appello
  • Il card. Tauran nel Regno Unito. Mons. Mc Donald: rafforziamo dialogo con l'islam
  • Giordania, chiuso incontro dei media arabi cristiani "a servizio della pace"
  • Mons. Tomasi: bilanciare diritto alla proprietà intellettuale e esigenze sociali
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Calma apparente in Turchia. La preoccupazione delle cancellerie internazionali
  • Grecia: proteste per la chiusura della radio e tv pubblica, quasi tremila licenziati
  • Teatri del Sacro: in scena a Lucca, "Storie del Buon Dio" di Rilke
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria. Vescovo di Aleppo: la brutale uccisione di un bambino mostra il pericolo jihadista
  • Siria: i cristiani tornano ad al-Qusayr: uniti ai musulmani per la riconciliazione
  • Iraq: il patriarca Sako propone a leader religiosi e politici un comitato di dialogo
  • Argentina: documento dei vescovi per la Giornata contro la droga
  • Coree: accuse reciproche fra Seoul e Pyongyang, salta l’incontro di pace
  • Madrid: V Congresso mondiale sulla pena di morte ancora applicata in 58 Paesi
  • Congo, ong denuncia: ribelli e ufficiali dell’esercito uniti nel commercio illecito dei minerali
  • Campagna di “Help for Life” contro la siccità in Etiopia
  • Londra: convegno Caritas sulla risposta cattolica di fronte alla povertà
  • Svizzera: assegnato il Premio cattolico dei media 2013
  • Giappone: prestigioso premio al movimento Silsilah per la pace e il dialogo interreligioso
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: il male c’è ma Dio è più forte, la Chiesa apra le porte a tutti con amore

    ◊   La Chiesa apra le sue porte, perché chiunque si possa sentire amato e perdonato, e anche i lontani accolti con amore e rispetto. È il messaggio che Papa Francesco ha lanciato all’udienza generale di questa mattina, durante la quale ha spiegato la definizione data dal Concilio della Chiesa come “Popolo di Dio”. Il Papa ha instaurato con gli oltre 70 mila presenti in Piazza S. Pietro un vero e proprio dialogo, salutato da numerosi applausi. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

    Non un gruppo selezionato e impermeabile, ma un “Popolo di Dio” con le porte aperte sul mondo, che per legge ha quella dell’amore cristiano, che accoglie, rispetta, perdona, incoraggia. Questo intendevano i Padri conciliari quando affermarono che la Chiesa è “Popolo di Dio”. Papa Francesco lo ha ribadito con la “plasticità” tipica delle sue catechesi, coinvolgenti e dirette, che non si accontentano di un ascolto distratto ma sollecitano un’adesione reale. Anzitutto, ha esordito, essere “Popolo di Dio”...

    “...vuol dire che Dio non appartiene in modo proprio ad alcun popolo; perché è Lui che ci chiama, ci convoca, ci invita a fare parte del suo popolo, e questo invito è rivolto a tutti, senza distinzione, perché la misericordia di Dio ‘vuole la salvezza per tutti’ (…) Gesù non dice agli Apostoli e a noi di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di elite. (…) Vorrei dire anche a chi si sente lontano da Dio e dalla Chiesa, a chi è timoroso o indifferente, a chi pensa di non poter più cambiare: il Signore chiama anche te a far parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore”.

    Amore è la parola chiave, “amore a Dio e amore al prossimo”. Che “non è – chiarisce Papa Francesco – sterile sentimentalismo o qualcosa di vago”. È “riconoscere Dio come unico Signore della vita e, allo stesso tempo, l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi”:

    “Quando noi guardiamo sui giornali o sulla televisione, tante guerre fra cristiani, ma come può capitare questo? Dentro il popolo di Dio, quante guerre! Nei quartieri, nei posti di lavoro, quante guerre per invidia, gelosie! Anche nella stessa famiglia, quante guerre interne! Noi dobbiamo chiedere al Signore che ci faccia capire bene questa legge dell’amore. Quanto è bello amarci gli uni con gli altri come fratelli veri! Quanto è bello!”.

    A Papa Francesco non basta però limitarsi a constatare la bellezza del messaggio cristiano. Chiede un passo in più, un impegno che il Pastore propone con un sorriso e il gregge fa suo con entusiasmo:

    “Facciamo una cosa oggi. Forse tutti abbiamo simpatie e non simpatie; forse tanti di noi sono un po’ arrabbiati con qualcuno; allora diciamo al Signore: Signore, io sono arrabbiato con questo e con questa; io ti prego per lui e per lei. Pregare per coloro con i quali siamo arrabbiati è un bel passo in questa legge dell’amore. Lo facciamo? Facciamolo oggi!”.

    La legge dell’amore non deve regolare solo la vita del singolo cristiano, ma va annunciata. Chi segue Cristo, ricorda il Papa, è sale e lievito nel mondo, è luce. Come quella sfolgorante – osserva Papa Francesco tra nuovi applausi – che può illuminare lo Stadio Olimpico a Roma, o quello del San Lorenzo a Buenos Aires, quando in 70 mila accendono ciascuno la propria. Luce, ribadisce ancora, che sa illuminare anche “una realtà buia” e “segnata dal male”:

    “La presenza del male c’è, il Diavolo agisce. Ma vorrei dire a voce alta: Dio è più forte! Voi credete questo: che Dio è più forte? Ma lo diciamo insieme, lo diciamo insieme tutti: Dio è più forte. E sapete perché è più forte? Perché Lui è il Signore, è l’unico Signore!”.

    L’auspicio finale riporta il Papa al principio, ricapitolando la catechesi con la forza e il calore di un abbraccio che tutti fa sentire partecipi e in prima linea:

    “La Chiesa sia luogo della misericordia e della speranza di Dio, dove ognuno possa sentirsi accolto, amato, perdonato e incoraggiato a vivere secondo la vita buona del Vangelo. E per far sentire l'altro accolto, amato, perdonato e incoraggiato la Chiesa deve essere con le porte aperte, perché tutti possano entrare. E noi dobbiamo uscire da quelle porte e annunciare il Vangelo”.

    inizio pagina

    Il Papa sul lavoro minorile: guai a chi soffoca la speranza e la serenità dei bambini

    ◊   Al termine dell’udienza generale di stamattina, ricordando che oggi ricorre la Giornata contro il lavoro minorile, Papa Francesco si è soffermato su questo fenomeno. “È una piaga”, ha ricordato il Pontefice, facendo appello alla comunità internazionale. Ascoltiamo il servizio di Davide Maggiore:

    “Questa gente, invece di farli giocare, li fa schiavi!”: è un grido di dolore quello con cui Papa Francesco descrive chi sfrutta i bambini per il lavoro domestico, tema su cui si concentra quest’anno la Giornata contro il lavoro minorile. E rivolgendosi alle istituzioni internazionali, il Pontefice ricorda le proporzioni crescenti di questa piaga:

    “Questo è un deprecabile fenomeno in costante aumento, specialmente nei Paesi poveri. Sono milioni i minori, per lo più bambine, vittime di questa forma nascosta di sfruttamento che comporta spesso anche abusi, maltrattamenti e discriminazioni. E’ una vera schiavitù questa. Auspico vivamente che la comunità internazionale possa avviare provvedimenti ancora più efficaci per affrontare questa autentica piaga. Tutti i bambini devono poter giocare, studiare, pregare e crescere, nelle proprie famiglie…”

    Secondo i dati dell’Unicef, sono 150 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni coinvolti nelle varie forme di lavoro minorile. Per l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), 15 milioni e mezzo sono impiegati come domestici. Ascoltiamo in proposito Rossella Panuzzo, dell’organizzazione non governativa "Terre des Hommes", che descrive la situazione in Perù:

    “Nelle zone rurali delle Ande, vivono comunità indigene già stigmatizzate come cittadini di 'serie B'. Ci sono pochissime scuole, quindi anche per un’istruzione superiore i bambini debbono recarsi in città. Spesso, questo passaggio è pericoloso, in quanto le bambine vengono affidate a famiglie di conoscenti e finiscono per essere sfruttate nelle case: lavorano senza percepire alcun salario e non riescono ad andare a scuola, finiscono completamente isolate e spesso perdono anche qualsiasi contatto con la famiglia di origine”.

    È anche a fenomeni come questi che ha fatto riferimento il Santo Padre, lanciando il suo appello:

    "Una fanciullezza serena permette ai bambini di guardare con fiducia verso la vita e il domani. Guai a chi soffoca in loro lo slancio gioioso della speranza!".

    Un segno di speranza è ad esempio, la storia di Jennifer, che arriva dal Perù, di cui parla ancora Rossella Panuzzo:

    “Era rimasta orfana sia di padre che di madre. I nonni erano molto anziani, quindi non se ne occupavano minimamente. La bambina, dunque, viveva un po’ di carità, portava le pecore al pascolo ed era veramente preda di chiunque, anche di possibili abusi. Terre des Hommes ha chiesto a quello che rimaneva della famiglia di Jennifer se effettivamente non fosse stato meglio che fosse accolta nel centro a Cuzco e quindi mandata a scuola, in un ambiente che le assicurasse cure mediche, nutrimento e soprattutto istruzione”.

    Jennifer oggi ha 13 anni e attraverso lo studio può sperare di lasciarsi definitivamente alle spalle la storia di povertà e sfruttamento, che riguarda ancora troppi suoi coetanei in ogni parte del mondo.

    inizio pagina

    All'Udienza generale un gruppo di rabbini. Abraham Skorka racconta la sua amicizia col Papa

    ◊   Tra i presenti all’udienza generale di oggi, anche un gruppo di ebrei e cristiani che in questi giorni partecipano, a Castel Gandolfo, a un incontro per l’approfondimento della dimensione spirituale del dialogo, organizzato dal Movimento dei Focolari. Tra loro, anche il rabbino Abraham Skorka, responsabile del Seminario rabbinico latinoamericano di Buenos Aires. Adriana Masotti gli ha chiesto di raccontare qualcosa sull’amicizia che lo lega a Papa Francesco, un’amicizia nata fin da quando il Pontefice era arcivescovo della capitale argentina:

    R. – Es una amistad muy fuerte...
    E’ un’amicizia molto forte, è un’amicizia molto sincera, è un’amicizia dove, a livello personale, si vuole dare insieme, offrire un messaggio per la comunità di Buenos Aires e, in ultimo, per l’umanità in generale: un messaggio di dialogo, un messaggio di ricerca di conoscenza, di elevazione spirituale per il fatto di camminare insieme. Non è stata una casualità che abbiamo scritto un libro di dialogo insieme, né è stata una casualità che abbiamo registrato 30 programmi per il canale dell’arcivescovato. E’ stata la conseguenza di un avvicinamento dell’uno nei confronti dell’altro: è stata la conseguenza del profondo impegno che abbiamo nei confronti dei valori biblici, nei confronti delle parole dei nostri profeti - e dico “nostri”: i profeti ebraici, i profeti comuni. Tutto questo, tenendo ben presente che i sentimenti perdono di significato se restano semplicemente nelle parole e nelle intenzioni, perché la cosa più importante è trasformarli in azione: mostrare che uno realmente si sia impegnato con l’altro e con il prossimo, ossia con tutti quelli che ci circondano. Costantemente, quando ci riunivamo e parlavamo di cose personali, immediatamente sorgeva una domanda: qual è il nostro prossimo progetto? Che cosa possiamo fare per lasciare un’impronta nella vita? Quelle impronte che non si cancellano, quella che si dice “un’impronta indelebile”, un’impronta nello spirito, nello spirito della gente. E’ come se tutto quello che lui dice a livello di valori, in tutte le sue prediche, in tutti i suoi discorsi ed omelie, siano lezioni per dare corpo a questo desiderio. Questo è il percorso che facciamo assieme. Io l’ho invitato due volte al tempio della mia comunità, alla sinagoga, perché ci dia un suo messaggio prima dell’anno nuovo: l’anno nuovo ebraico. Lui mi ha invitato ad insegnare al seminario che forma i futuri sacerdoti, e tante altre cose…

    D. – Che cosa rappresenta per lei Papa Francesco per quanto riguarda il dialogo ebraico-cristiano?

    R. – Para mi, la figura de Bergoglio, de mi querido amigo…
    Per me, la figura di Bergoglio – del mio caro amico, perché mi ha dimostrato costantemente la sua fedele amicizia – è una sfida: la sfida è quella di cercare di comprendere più profondamente quel momento storico del popolo di Israele nel quale, da una parte, emerge il giudaismo rabbinico e, dall’altra parte, sta emergendo la prima comunità cristiana. Quando si analizzano le fonti talmudiche, nelle quali appaiono le storie e le circostanze del dialogo tra i saggi di Talmud e i leader della prima comunità cristiana, possiamo veder presenziare un dialogo molto, molto speciale. In qualche modo, deve - e io lo sento - ricrearsi con lui questo tipo di dialogo. Questa è la nostra sfida e questo per rispondere all’enorme momento di crisi spirituale che l’umanità sta attraversando oggi.

    inizio pagina

    Il Papa: i cristiani vincano la tentazione di "andare indietro" e il "progressismo adolescente"

    ◊   Non dobbiamo avere paura della libertà che ci dà lo Spirito Santo: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che in questo momento la Chiesa deve guardarsi da due tentazioni: quella di andare indietro e quella del “progressismo adolescente”. Alla Messa, concelebrata dal cardinale João Braz de Aviz, ha preso parte un gruppo di sacerdoti, religiosi e laici della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata. Tra i partecipanti alla Messa anche il cardinale Bernard Agré. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo da queste parole rivolte da Gesù ai discepoli e subito ha osservato che questo brano evangelico segue quello delle Beatitudini, “espressione della nuova legge” più esigente di quella di Mosé. Questa legge, ha aggiunto il Papa, è “frutto dell’Alleanza” e non si può capire senza di essa. “Questa Alleanza – ha detto – questa legge è sacra perché portava il popolo a Dio”. E ha paragonato la “maturità di questa legge” al “germoglio che scoppia e viene il fiore”. Gesù, ha affermato, “è l’espressione della maturità della legge” e ha soggiunto che Paolo ci parla di due tempi “senza tagliare la continuità” tra la legge della storia e la legge dello Spirito:

    “L’ora del compimento della legge, l’ora in cui la legge arriva alla sua maturità: è la legge dello Spirito. Questo andare avanti su questa strada è un po’ rischioso, ma è l’unica strada della maturità, per uscire dai tempi nei quali non siamo maturi. In questa strada verso la maturità della legge, che viene proprio con la predicazione di Gesù, c’è sempre timore, timore della libertà che ci dà lo Spirito. La legge dello Spirito ci fa liberi! Questa libertà ci dà un po’ di paura, perché abbiamo paura di confondere la libertà dello Spirito con un’altra libertà umana”.

    La legge dello Spirito, ha detto ancora il Papa, “ci porta su una strada di discernimento continuo per fare la volontà di Dio e questo” ci fa paura. Una paura, ha avvertito, che “ha due tentazioni”. La prima, è quella di “andare indietro”, di dire che “si può fino a qui, non si può di qua” e dunque alla fine “restiamo qui”. Questa, ha ammonito, “è un po’ la tentazione della paura della libertà, della paura dello Spirito Santo”. Una paura per cui “è meglio andare sul sicuro”. Il Papa ha quindi narrato di un superiore generale che, negli anni Trenta, aveva “raccolto tutte le prescrizioni anticarisma” per i suoi religiosi, “un lavoro di anni”. Quindi, era andato a trovare a Roma un abate benedettino che, al sentire quanto fatto, gli aveva detto che così alla fine aveva “ucciso il carisma della sua Congregazione”, “aveva ucciso la libertà”, giacché “questo carisma dà i frutti nella libertà e lui aveva fermato il carisma”:

    “Questa tentazione di andare indietro, perché siamo più ‘sicuri’ indietro: ma la sicurezza piena è nello Spirito Santo che ti porta avanti, che di dà questa fiducia - come dice Paolo - e questa fiducia lo Spirito, che è più esigente perché Gesù ci dice: ‘In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terrà, non passera un solo iota della legge’. E’ più esigente! Ma non ci dà quella sicurezza umana. Non possiamo controllare lo Spirito Santo: quello è il problema! Questa è una tentazione”.

    E poi, ha detto, c’è un’altra tentazione quella del “progressismo adolescente”, che ci fa “uscire dalla strada”. Vedere una cultura e “non essere tanto staccati” da essa:

    “Prendiamo di qua, prendiamo di là i valori di questa cultura… Vogliono fare questa legge? Avanti con questa legge. Vogliono andare avanti con quello? Allarghiamo un po’ la strada. Alla fine, come dico, non è un vero progressismo. E’ un progressismo adolescente: come gli adolescenti che vogliono avere tutto con l’entusiasmo e alla fine? Si scivola… E’ come quando la strada è col gelo e la macchina scivola e va fuori strada… E’ l’altra tentazione in questo momento! Noi, in questo momento della storia della Chiesa, non possiamo né andare indietro né andare fuori strada!”

    La strada, ha detto, “è quella della libertà nello Spirito Santo, che ci fa liberi, nel discernimento continuo sulla volontà di Dio per andare avanti su questa strada, senza andare indietro e senza cadere fuori strada”. Chiediamo al Signore, ha concluso, “la grazia che ci dia lo Spirito Santo per andare avanti”.

    inizio pagina

    Presidenza Clar lamenta pubblicazione sintesi conversazione con il Papa

    ◊   “L’incontro del Santo Padre con i membri della presidenza della Clar ("Conferenza latinoamericana dei religiosi" - ndr) era un incontro di carattere privato. Non ho quindi alcuna dichiarazione da fare sui contenuti della conversazione”. E’ quanto affermato ieri, oralmente, dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, a proposito della pubblicazione, su un sito web cileno, di un testo che riferisce della conversazione tra il Papa e alcuni membri della Clar, avvenuto lo scorso 6 giugno in Vaticano.

    Dal canto suo, la presidenza della Clar, in una nota, “lamenta profondamente” la pubblicazione di questo testo, aggiungendo che tale conversazione “si è sviluppata a partire da domande poste al Papa dai presenti”. In questa circostanza, si legge in un comunicato della Clar, “non è stata fatta nessuna registrazione della conversazione, ma poco dopo è stata elaborata una sintesi della medesima in base ai ricordi dei partecipanti”. Questa sintesi, che “non include le domande poste al Santo Padre”, viene evidenziato, “era destinata alla memoria personale dei partecipanti e per nessun motivo alla pubblicazione, per la quale infatti non era stata richiesta alcuna autorizzazione”. E' chiaro, afferma ancora la presidenza della Clar che, “su questa base non si possono attribuire al Santo Padre, con certezza, le espressioni singolari contenute nel testo, bensì solo il suo senso generale”. La presidenza della Clar, conclude la nota, “lamenta profondamente quanto è accaduto e la confusione che ha potuto provocare”. (A.G.)

    inizio pagina

    Tweet del Papa: dal rifiuto di Dio vengono tante povertà morali e materiali

    ◊   “Quante povertà morali e materiali oggi vengono dal rifiuto di Dio e dal mettere al suo posto tanti idoli!”: è il testo del tweet pubblicato in tarda mattinata sull’account Twitter di Papa Francesco, @Pontifex.

    inizio pagina

    Altre udienze e nomine episcopali di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco riceve questo pomeriggio in udienza mons. Pio Vito Pinto, Decano del Tribunale della Rota Romana.

    In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Abbazia territoriale di Montecassino, presentata dal Rev.mo P. Abate Pietro Vittorelli, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

    In Mozambico, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Pemba il Rev.do P. Luiz Fernando Lisboa, C.P., già missionario in Mozambico.

    In Germania, il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Freiburg im Breisgau il Rev.do Michael Gerber, Rettore del Seminario Arcivescovile Collegium Borromaeum a Freiburg, assegnandogli la sede titolare vescovile di Migirpa.

    inizio pagina

    Il Papa nomina l'avv. Coppola Promotore di Giustizia della Corte d'Appello

    ◊   Papa Francesco ha nominato Promotore di Giustizia della Corte d'Appello dello Stato della Città del Vaticano l'Illustrissimo Professore Avv. Raffaele Coppola, Docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Bari e Membro del Corpo degli Avvocati della Santa Sede per il Foro canonico e civile.

    inizio pagina

    Il card. Tauran nel Regno Unito. Mons. Mc Donald: rafforziamo dialogo con l'islam

    ◊   Affermare e rafforzare le buone relazioni interreligiose come presupposto per la pace: questo l’obiettivo della visita nel Regno Unito del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, che inizia oggi. Alla vigilia del suo incontro con il porporato, l’arcivescovo Kevin Mc Donald, responsabile per il Dialogo interreligioso per l'episcopato di Inghilterra e Galles, al microfono della collega del programma inglese, Philippa Hitchen, ha sottolineato come questa visita avvenga in un momento particolarmente teso per i rapporti tra le religioni nel Paese, in seguito all’uccisione di un soldato britannico:

    R. – Yes, it certainly does...
    Sì, sicuramente. Infatti, sono stato a Woolwich due settimane dopo quella tragedia. Ci hanno chiesto di venire in moschea, dove siamo andati alla fine della preghiera del venerdì. Abbiamo incontrato i fedeli con i quali ci siamo riuniti in una stanza all’interno della moschea. Poi, siamo andati tutti insieme nel luogo dove Lee Rigby è stato ucciso e vi abbiamo deposto una corona sulla quale c’era una sola parola: “pace”. È importante raccontare questo adesso, perché questo fatto avvenuto proprio poche settimane prima della visita del cardinale ha sollecitato un grande incontro di leader di differenti confessioni. Ne è risultato un forte bisogno, da parte dei leader religiosi, di essere uniti in solidarietà, nel rifiuto della violenza e nel loro impegno per la pace. E ho pensato: com’è strano che un evento così terribile abbia creato una cornice, un contesto all’evento interreligioso che avrà luogo, quando arriverà il cardinale Tauran.

    D. – Lei descrive l’impegno interreligioso come un qualcosa di cruciale e caratteristico nel cattolicesimo contemporaneo. Eppure, come lei ha detto, qualche volta ci vuole una tragedia o una situazione di emergenza per vedere in effetti i frutti di questo lavoro...

    R. – I think that’s true...
    Penso sia vero. Penso che quando ci si trovi di fronte a un evento come questo, allora le persone comprendono di avere bisogno di stare insieme. La difficoltà credo stia nel fatto che quando la memoria della tragedia viene meno, le persone tornano al loro modo di pensare. Quello che spero, e quello che penso che la visita del cardinale potrà contribuire a fare, è – se vogliamo – un diverso tipo di rapporto tra le religioni in questo Paese, in cui lo spirito dell’amicizia, della solidarietà e della causa comune non siano soltanto una sorta di manifestazione di cortesia, ma diventino in effetti una nuova cultura. È proprio di questo che abbiamo bisogno: ancora cerchiamo di capire come le diverse religioni possano coesistere nella società occidentale secolarizzata. Eventi come questo ci danno uno spunto, ma noi dobbiamo ancora afferrare questa opportunità e risponderle, se vogliamo veramente che le cose vadano avanti.

    D. – In questo momento in cui la Chiesa cattolica è tutta concentrata sull’evangelizzazione, come si può conciliare questa missione con l’aspetto cruciale del dialogo interconfessionale?

    R. – I think the two go hand in hand…
    Penso che le due cose vadano di pari passo. Ho lavorato a Roma per otto anni, quando c’era Papa Giovanni Paolo II. Guardando il suo straordinario ministero, una sua caratteristica notevole è stata la grande, imponente campagna di evangelizzazione. Era pienamente impegnato nel dialogo interreligioso. Dal suo ministero e dalla sua comprensione della natura e identità della Chiesa cattolica, traspariva come i due aspetti siano indissolubilmente collegati. Rappresentano modi di aprirsi all’altro, ma in entrambi i casi la Chiesa deve, sì, dire la verità per proclamare il Vangelo, ma deve anche ascoltare l’opera dello Spirito Santo, che viene dal prossimo. Quindi, non penso che i due aspetti siano in conflitto. Ritengo che la grande lezione di Papa Giovanni Paolo II sia stata nell’indissolubile legame tra i due aspetti, e credo dobbiamo continuare a imparare da questa lezione.

    inizio pagina

    Giordania, chiuso incontro dei media arabi cristiani "a servizio della pace"

    ◊   “I media arabi cristiani al servizio della giustizia, della pace e dei diritti umani”, è questo il tema che ha animato la due giorni di incontri e dibattiti organizzata ad Amman e conslusa ieri dal Media Catholic Center di Giordania, in collaborazione con il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Il seminario ha visto la partecipazione fra gli altri del presidente del dicastero pontificio, mons. Claudio Maria Celli, e del patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, e del ministro giordano per i Media e la comunicazione, Mohammad Momani. Il Servizio di Marco Guerra:

    Religiosi cristiani e musulmani, intellettuali e operatori dei media di diversi Paesi del Medio Oriente si sono confrontati sul ruolo svolto dalle tecnologie della comunicazione nei processi di cambiamento del mondo arabo e sui media al servizio della pace e dei valori dell’umanità sofferente nella regione. Sui risultati della due giorni di lavori, Antonella Palermo ha sentito padre Rifat Bader, direttore del Media Catholic Center di Amman:

    “Prima di tutto, è emersa la collaborazione tra il Consiglio e il Media Catholic Center, al servizio sempre della giustizia, della pace e dei diritti dell’uomo. A livello concreto, la collaborazione con i giornalisti e con tutti i media, locali e internazionali, anche con la presenza del Consiglio giordana e del Vaticano, per coprire le notizie che rispettano sempre la dignità umana. In futuro, auspichiamo di tenere congressi comuni, anche con i Centri musulmani”.

    I media arabi cristiani si offrono dunque come “spazio di comunicazione tra le Chiese” e strumento di dialogo interreligioso e non di conflitto con i musulmani. Su questo aspetto, l'opinione di padre Ramsine Hage Moussa, collaboratore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:

    “L’ambiente era molto positivo. Insisto sulla presenza dei giornalisti musulmani, perché – come sappiamo – qui la maggior parte dei giornalisti appartengono all’islam e hanno voluto partecipare a un Congresso sotto la guida dei media cristiani arabi e hanno inoltre espresso il loro desiderio di collaborare sempre con il Media Chatolic Center della Giordania per poter testimoniare questa pace e sostenere i diritti dell’uomo”.

    inizio pagina

    Mons. Tomasi: bilanciare diritto alla proprietà intellettuale e esigenze sociali

    ◊   Soddisfazione è stata espressa dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, per la proroga di otto anni concessa ai Paesi meno sviluppati in merito a determinati obblighi sui prodotti farmaceutici, anche in considerazione delle loro speciali necessità e del loro bisogno di flessibilità per crearsi una base tecnologica efficiente. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi:

    Un apprezzamento per aver tenuto conto della fondamentale “dimensione umanitaria ed etica” nella decisione di prorogare al 2021 il periodo transitorio riservato ai Paesi meno sviluppati, in merito a commercio e proprietà intellettuale, è stato manifestato ieri dall’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra, mons. Tomasi, nel suo discorso alle Nazioni Unite. La possibilità della proroga era prevista nell’accordo internazionale firmato dall’Organizzazione mondiale del Commercio nel 1994, volto a fissare standard minimi per la regolamentazione della proprietà intellettuale da applicare agli Stati membri dell’organizzazione. “Un ben progettato sistema di proprietà intellettuale – ha detto il presule – deve bilanciare i diritti privati dell’inventore con le esigenze pubbliche della società”. La protezione e il rispetto di tali diritti, dunque, deve contribuire al progresso e alla diffusione della tecnologia a vantaggio di tutti, pertanto la Santa Sede esorta gli Stati allo sviluppo di un sistema equo che tenga in particolar conto delle persone più povere e più vulnerabili, specialmente in materia di sanità, in cui troppo spesso, come ha ricordato il Papa “da parte dei Paesi ricchi ci sono forme eccessive di protezione della conoscenza”.

    Mons. Tomasi ha sottolineato poi come siano ben 49 i Paesi indicati come “meno sviluppati” dalle Nazioni Unite: in essi vive il 12% della popolazione mondiale, che rappresenta, però, meno del 2% del Pil mondiale. La crescita registrata in questi Paesi dal Duemila, non si è purtroppo tradotta in una migliore qualità della vita per la popolazione, che si è talmente impoverita, che nel 2007 il 59% di quella residente in Africa viveva con meno di un dollaro e qualcosa al giorno. Caratterizzati, quindi, da un basso livello di competenza tecnica e di capacità istituzionali, da reddito basso e mal distribuito e da scarsità di risorse finanziarie interne, i Paesi meno sviluppati si apprestano a vivere un lungo periodo d’incertezza, con una possibile escalation di tensioni finanziarie e di vera crisi economica. A questo si aggiunge la presenza di circa 9.7 milioni di persone che convivono con il virus dell’Hiv, ma delle quali solo due milioni e mezzo hanno accesso al trattamento con i farmaci antiretrovirali. “La proroga – ha concluso mons. Tomasi – consentirà a tali Paesi di superare le sfide strutturali che mirano a eliminare la povertà e a raggiungere gli obiettivi di sviluppo concordati a livello internazionale”.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Guai a chi soffoca la speranza dei bambini: all'udienza generale l'appello di Papa Francesco contro il lavoro e lo sfruttamento minorile.

    Quel progressismo adolescente: Messa del Pontefice a Santa Marta.

    Haiti alla fame: in rilievo, nell'informazione internazionale, la drammatica situazione di oltre un milione e mezzo di persone colpite da una grave insicurezza alimentare.

    In cultura, un articolo di Manlio Simonetti da titolo "Il vero editto di Milano": il 13 giugno 313 l'imperatore d'oriente Licinio pubblicò il rescritto di Nicomedia.

    Quel cantiere al Santo Sepolcro: Renata Salvarani sull'impatto di Costantino nella definizione della centralità devozionale di Gerusalemme.

    Una città in un quadro: Antonio Paolucci per la candidatura di Urbino a capitale europea della cultura 2019.

    Un articolo del vice direttore dal titolo "Più della religione serve l'amore": a 101 anni Arturo Paoli, piccolo fratello di Charles de Foucauld, parla della Chiesa.

    Lotta alla droga, compito di tutti: nell'informazione religiosa, il documento dell'episcopato argentino in cui si condanna la criminalizzazione dei tossicodipendenti.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Calma apparente in Turchia. La preoccupazione delle cancellerie internazionali

    ◊   Giornata di calma apparente in Turchia, dopo le repressioni di ieri a Istanbul e Ankara. Preoccupazione per quanto sta accadendo è stata espressa da tutti i Paesi occidentali, mentre è polemica sulle multe comminate nei confronti degli organi di stampa, che hanno seguito nei giorni scorsi le proteste. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

    “Moderazione, turbamento, preoccupazione”. Sono le parole più ricorrenti nelle cancellerie internazionali; perché quanto sta accadendo in Turchia viene monitorato ora per ora in tutto il mondo. Emblematica la presa di posizione di Onu e Casa Bianca, che puntano sul rispetto del diritto di espressione come unica garanzia per dare stabilità di lungo termine al Paese. Parole che pesano come macigni, in forte contrasto con la politica del pugno di ferro annunciata ieri dal premier Erdogan e messa subito in pratica con l’irruzione della polizia a Piazza Taskim. Un atto di forza durato ben otto ore e un bilancio finale di oltre 100 feriti. Stessa modalità e stesse scene anche nella capitale, Ankara, dove oltre 5mila persone sono state allontanate con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

    A preoccupare pure le azioni legali intraprese contro gli organi di stampa, rei di aver dato troppo spazio alle immagini della repressione. Arresti e multe che hanno fatto insorgere gli oppositori, i quali hanno denunciato il silenzio sulla protesta, su pressione del governo. Stesso silenzio che oggi ha causato una sorta di black out informativo. Nessuna notizia, infatti, è emersa fino a questo momento sull’atteso incontro, in programma per oggi, tra il premier Erdogan ed i rappresentanti dei manifestanti. Di contro ha, invece, parlato il presidente Gul: "tutti devono sapere - ha detto - che la Turchia è senza dubbio una societa' aperta dove i diritti democratici sono garantiti dalla legge e tutti li devono rispettare''.

    inizio pagina

    Grecia: proteste per la chiusura della radio e tv pubblica, quasi tremila licenziati

    ◊   Black out informativo in Grecia dopo la chiusura nella notte della televisione e radio pubblica Etr ed il licenziamento di 2.780 dipendenti. I giornalisti di tutto il Paese hanno scelto oggi di non lavorare in segno di protesta, mentre il governo ha annunciato la riapertura a breve di un nuovo ente. Settecento persone saranno mandate in pensione anticipata, ma non si sa quanti saranno riassunti e quanti saranno indennizzati. Etr, sovvenzionata dallo Stato e dal pagamento di un canone - con introiti pari a 300 milioni di euro all’anno - era composta da 5 stazioni televisive, 29 stazioni radio, siti web, un settimanale, oltre all'Orchestra Sinfonica nazionale e di Musica contemporanea. Spaccatura nella coalizione al potere; contrari alla chiusura Pasok e Sinistra Democratica ma – replica il premier Samaras – era la condizione necessaria per proseguire sulla strada intrapresa delle riforme. Intanto l’Unione Europea, in una nota, ha affermato di non aver chiesto tale misura che comunque “va vista nel contesto di modernizzazione dell'economia greca”. Grande lo sconforto nelle parole di Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia di Etr. L’intervista è di Benedetta Capelli:

    R. - Grande tristezza. Sono 30 anni che lavoro per questa emittente, una storia lunga ed una parte importante della mia vita. Sono triste.

    D. – Quali opzioni ci sono sul tavolo per il futuro, per te e per i tuoi colleghi?

    R. – Per me non credo che ci siano possibilità, non penso che ci siano possibilità per nessuno. In Grecia siamo già quasi al 30% dei disoccupati, quindi non c’è nessuna possibilità di riassorbimento. Chiudere e riaprire la sede radiotelevisiva, come ha annunciato il portavoce del governo, viene visto con grandissimo scetticismo perché non viene ritenuta una promessa seria. Quindi, abbiamo davanti un futuro di disoccupazione.

    D. – Questo ha generato anche una serie di proteste, ad esempio l’Unione Europea Radiotelevisiva ha affermato che i mezzi di comunicazione sono “garanzia di indipendenza, al centro di una società democratica”. Più in generale, una chiusura di questo tipo che significato ha?

    R. – Ha il significato di togliere alla vita democratica, alla vita politica del Paese una voce pluralista e per quanto possibile onesta e corretta. Questo vuol dire che il governo regala il monopolio dell’informazione alle emittenti private che appartengono tutte quante ad imprenditori i quali fanno affari con lo Stato. È una privatizzazione dell’informazione con tutte le conseguenze negative che questo può comportare.

    D. – Eravate stati avvisati?

    R. – No, nessun avviso. Ieri pomeriggio c’è stato quest’annuncio improvviso dal portavoce del governo, Simos Kedikoglou, il quale ha reso pubblica questa decisione del governo.

    D. – Secondo quanto riferisce l’esecutivo ci sarebbero stati un numero di dipendenti da tre ad otto volte superiore. Per la tua esperienza puoi confermare che qualcosa non funzionava, oppure no?

    R. – Dal 2010 la televisione pubblica è in attivo: ha ridotto di mille persone i lavoratori grazie a degli "scivoli" che sono stati sanciti in quel periodo e ha per tre volte abbassato gli stipendi. Sicuramente sì, ci sono stati sprechi, c’erano favoritismi, c’era clientelismo - ovviamente come succede spesso nelle emittenti pubbliche – però è strano che il ministro, portavoce del governo e competente sui mezzi di informazione pubblici, faccia questa denuncia dal momento che, nell’ultimo anno, era lui il responsabile per ogni provvedimento di risanamento.

    D. – C’è stata anche molta solidarietà da parte del popolo ellenico, questa è una cosa che vi conforta?

    R. – Sicuramente. Migliaia di persone ieri sera si sono radunate fuori dalla televisione, e questo ha di fatto impedito che la polizia facesse irruzione nella redazione per sequestrare tutto, per chiudere, per cacciare i giornalisti, sicuramente è stato un grande conforto. Anche adesso i colleghi continuano una trasmissione autogestita, via streaming e mi dicono che c’è un grande successo e tantissimi contatti. Questo è un grande segno di affetto e solidarietà.

    D. – L’esecutivo ha detto più volte che era una mossa necessaria per rispettare gli obblighi della Troika…

    R. – Se risanare le finanze della Grecia vuol dire chiude l’emittente radiotelevisiva "siamo alla frutta"!

    Ma il licenziamento di quasi tremila persone e la chiusura della tv e radio pubblica era l’unica misura possibile per il governo greco? Benedetta Capelli ha girato la domanda all’economista Francesco Carlà, presidente di “Finanzia World”, società di educazione finanziaria:

    R. - Non era certamente l’unica perché il sistema pubblico greco è molto ampio e comprende molti aspetti. Però se guardiamo all’obiettivo del governo per il 2013, che era quello di ridurre gli impiegati pubblici di 2 mila unità entro la fine dell’anno, praticamente l’obiettivo è stato quasi raggiunto tutto con la chiusura della tv pubblica “Ert”, perché questa tv ha più di 2.500 dipendenti al momento. C’è da dire una cosa: la tv pubblica greca riceve fondi, attraverso le bollette - e quindi non come si fa in Italia con il canone da pagare - collegate a quella dell’energia elettrica, si tratta di circa 300 milioni di euro l’anno dalle persone. Quindi i cittadini adesso non pagheranno più il canone e quindi probabilmente, da questo punto di vista, questa misura avrà un certo sostegno popolare.

    D. - L’Unione Europea, in una nota, afferma che Atene ha ampio margine di manovra, ma che gli obiettivi vanno rispettati. E’ un po’ un tacito consenso rispetto a quanto deciso?

    R. - L’idea è proprio quella di non ingerire più di tanto nel modo in cui Atene decide di ridurre gli impiegati pubblici, ma di pretendere che ciò avvenga. Quindi è una posizione nota, molto nota dell’Unione Europea.

    D. - Secondo lei, il piano di risanamento greco ha in sé degli errori, ad esempio obiettivi troppo ambiziosi e la sottostima e degli effetti recessivi?

    R. - Gli effetti recessivi stanno nel fatto che all’inizio del problema greco si è nettamente sottostimata l’esigenza finanziaria greca. In passato dissi che 40 miliardi non sarebbero assolutamente bastati e che, a quelli previsti, ne avrebbero dovuti aggiungere molti di più. Oggi gli impegni che la Grecia ha preso sono molto stringenti, vincolanti: la recessione si è già sviluppata ed è molto profonda. Quindi credo che ormai sia molto difficile tornare indietro da questo punto di vista. E’ chiaro che sarà necessario sempre di più, avere dei programmi di stimolo per l’economia greca e non soltanto dismissioni, privatizzazioni e riduzioni degli impiegati pubblici.

    inizio pagina

    Teatri del Sacro: in scena a Lucca, "Storie del Buon Dio" di Rilke

    ◊   Storie raccontate ai grandi perché le ripetano ai bambini: sono le “Storie del Buon Dio”, racconti scritti nel 1899 da Rainer Maria Rilke e messi in scena questa sera a Lucca nell’ambito del Festival "I Teatri del Sacro". Sul palco, un uomo e una donna danno vita a 5 dei 13 testi dell’autore boemo in un percorso poetico di comprensione e avvicinamento a Dio. Il perché della scelta di quest’opera, Gabriella Ceraso lo ha chiesto al giovane regista, il portoghese Amandio Pinheiro:

    R. - Per raccontare vari aspetti del rapporto tra uomo e Dio, per esempio la Creazione o la povertà: come Dio vede la povertà? O ancora: Dov’è Dio? In ogni racconto c’è una domanda che fa un bambino.

    D. - Cosa viene fuori?

    R. - I racconti sono veramente molto diversi. Abbiamo creato questa cosa, che penso sarà una bella sorpresa per il pubblico: abbiamo creato una specie di call center, dove i due personaggi in scena, nel rispondere alle domande del testo, mettono in scena piccoli spettacoli. Abbiamo cercato di trovare, per ognuno di questi racconti, una tecnica diversa: dal teatro d’ombre alle marionette, alla manipolazione di oggetti o alla semplice umoristica; una specie di tonalità per ognuno dei racconti, per ognuna delle domande, che sono difficilissime. Anche la risposta che Rilke dà, è poetica: quindi non è che diamo delle conclusioni, è un impegno a riflettere insieme su questi temi.

    D. - Come regista trova che gli spunti che vengono dal mondo del sacro siano spunti interessanti, vivi, ricchi anche di frutti?

    R. - Penso che, in modo più assoluto, il teatro è rituale e questo necessariamente lo spinge verso una dimensione spirituale.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria. Vescovo di Aleppo: la brutale uccisione di un bambino mostra il pericolo jihadista

    ◊   L'uccisione in pubblico di Muhammad al- Qatta, il giovane venditore di caffè brutalmente assassinato lo scorso 9 giugno da un gruppo di jihadisti di Aleppo con la presunta accusa di aver insultato Maometto, "è un fatto terribile che ha scioccato tutta la popolazione della città, musulmani e cristiani, che non vogliono uno Stato islamico in Siria". È quanto afferma all'agenzia AsiaNews mons. Jean Clement Jeanbart, arcivescovo melchita di Aleppo. Il prelato sottolinea che questo atto è l'ennesimo esempio della brutalità di alcuni gruppi di miliziani stranieri che combattono in Siria. "I cristiani - continua - sono terrorizzati da queste milizie e temono che in caso di una loro vittoria essi non potranno più professare la loro religione e saranno costretti ad abbandonare il Paese". Secondo mons. Jeanbart inviare altre armi nel Paese rischia di fomentare ancora di più questi casi di violenza. Denunciato dall'Osservatorio siriano per i diritti umani, organismo gestito dai ribelli in esilio, il caso di Muhammad al-Qatta ha fatto il giro del mondo. Il fatto è avvenuto lo scorso 9 giugno in uno dei quartieri della città controllati dai ribelli islamici. Il giovane stava lavorando nel suo chiosco, quando due uomini si sono avvicinati a lui pretendendo una tazza di caffè gratis. Il ragazzo avrebbe protestato, sostenendo che "anche Maometto in persona avrebbe fatto il buon gesto di pagare". Urtati dalla risposta i due guerriglieri hanno preso il piccolo Mohammed e dopo averlo picchiato lo hanno portato in piazza raccogliendo falsi testimoni che assicuravano che il ragazzo aveva insultato il profeta e l'Islam. Dopo la lettura della sentenza, l'adolescente è stato bendato e ucciso con due colpi alla nuca e alla schiena, davanti ai genitori e a una folla di oltre cento persone, costrette ad assistere all'esecuzione. La dinamica dei fatti è ancora da confermare. In un videomandato in onda su un sito gestito dagli stessi ribelli, una donna che dice di essere la madre di Mohammad, racconta la brutale uccisione del figlio che con il suo lavoro aiutava la famiglia. Questa mattina il tribunale islamico del "Califfato dell'Iraq e del levante", il nome con cui gli islamici chiamano i quartieri di Aleppo sotto il loro dominio, ha diffuso un documento in cui respinge le accuse, sostenendo di non aver mai autorizzato né l'esecuzione né il processo contro Muhammed al-Qatta. Mons. Jeanbart sostiene che quella dei tribunali islamici è una piaga che affligge la maggior parte delle aree controllate dalle milizie straniere affiliate ad al-Qaeda, osteggiate anche dalla popolazione locale filo-ribelle, non solo dai sostenitori di Bashar al-Assad. "Non appena giunti in città - racconta il vescovo - i guerriglieri islamici, quasi tutti provenienti dall'estero, hanno occupato le moschee. Ogni venerdì i loro imam lanciano messaggi di odio, invitando la popolazione a uccidere chiunque non professi la religione del profeta Maometto. Essi utilizzano i tribunali per formulare le accuse di blasfemia. Chi è contrario al loro pensiero paga con la vita". Il prelato invita tutti i cattolici a pregare per la Siria: "Rivolgiamoci a Dio per chiedere la fine del conflitto e delle violenze e la riconciliazione del nostro popolo". (R.P.)

    inizio pagina

    Siria: i cristiani tornano ad al-Qusayr: uniti ai musulmani per la riconciliazione

    ◊   Fuggiti nei villaggi limitrofi e nella capitale Damasco, i cristiani di al-Qusair ritornano nelle loro abitazioni dopo quasi due anni. Molti hanno perso tutto, altri hanno già iniziato a togliere le macerie dalle stanze, ricostruire i tetti, riportando alla vita una città che negli ultimi mesi aveva perso oltre il 90% della sua popolazione passando da 30mila abitanti a 500. Fonti dell'agenzia AsiaNews spiegano che nel 2011 oltre 3mila cristiani hanno abbandonato la città rifugiandosi da parenti e amici. In questi mesi gli unici abitanti non musulmani erano due anziani cattolici, marito e moglie. "La coppia - affermano - non sapeva dove fuggire. L'unica figlia è una religiosa melchita, che risiede all'estero. Essi sono stati aiutati dai loro vicini musulmani". Le notizie comparse sui media descrivono la Siria come un luogo devastato dal conflitto fra sciiti e sunniti che ha colpito anche i cristiani. Tuttavia, per le fonti il Paese è stato devastato da forze esterne, che hanno sfruttato l'instabilità e le rivolte pacifiche iniziate nel 2011 per portare avanti le loro agende politiche e ideologiche. Esse sono culminate con l'intervento di Hezbollah, movimento paramilitare sciita libanese, a fianco dell'esercito siriano. Situata al confine con il Libano, al-Qusair è stata una delle prime città a organizzare manifestazioni pro-democrazia contro il regime di Assad e in seguito a costituire un comitato cittadino per evitare lo scontro fra fazioni religiose. "Tali comitati - continuano le fonti di AsiaNews - hanno salvato diversi villaggi e città, preservandole dall'ondata di estremismo islamico che sta distruggendo in questi mesi Aleppo e altri centri del Paese". "Ad al-Qusair - spiegano - chiese e moschee sono state costruite l'una accanto all'altra". Un esempio è il santuario di S. Elia, profanato di recente dagli islamisti stranieri, dopo essere sopravvissuto allo scontro armato fra ribelli locali ed esercito, che hanno sempre avuto rispetto degli edifici di culto. Lo scempio compiuto dalle milizie di al-Nousra, che ha fra i suoi ranghi combattenti di 15 nazioni diverse, ha suscitato l'ira della popolazione. Intervistato da Reuters, Osama Hassan, impiegato statale musulmano afferma: "Per me è stato 'un grande shock' vedere profanato il santuario di S. Elia. Noi musulmani consideriamo le chiese un luogo sacro di cui bisogna avere rispetto". Hassan racconta che i ribelli hanno fatto saltare in aria anche il minareto della vicina moschea. Per gli abitanti sono i guerriglieri islamisti ad aver fomentato le differenze settarie fra la popolazione, composta da musulmani, sunniti e sciiti, e cristiani. Un residente sunnita afferma che anche il cimitero parla di questa condivisione e rispetto reciproco: "Le tombe di cristiani e musulmani sono situate le une di fronte alle altre. Noi siamo sempre stati uniti". (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq: il patriarca Sako propone a leader religiosi e politici un comitato di dialogo

    ◊   Rafforzare l'unità della nazione e favorire il dialogo fra i vari fronti, nel solco tracciato nei giorni scorsi da Ammar Al-Hakim, presidente del Consiglio supremo islamico dell'Iraq. Con questo spirito il patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako ha invitato a cena lunedì sera, in un albergo della Zona Verde di Baghdad, leader politici e religiosi fra i quali il Primo ministro sciita Nouri al-Maliki, "il primo" ad accettare l'invito di Sua Beatitudine. Nel contesto dell'iniziativa Mar Sako ha auspicato la nascita di un "comitato" per rafforzare l'opera del confronto e dell'incontro tra le diverse anime del Paese, sunnita, sciita, cristiana, araba, turcommana e curda. All'incontro conviviale - riferisce l'agenzia AsiaNews - erano inoltre presenti Salih Al-mutlaq, vice-premier, Roz Noori Shaois, anch'egli vice Primo minsitro e presidente della Commissione per gli affari economici, Hussein Al-Shahristani, vice-premier con delega all'Energia e altri importanti ministri del governo di Baghdad, oltre a rappresentanti delle minoranze religiose, membri del Parlamento e capi delle Chiese cristiane. Fra loro vi erano anche i Padri del Sinodo Caldeo che, lunedì pomeriggio, hanno concluso i lavori del primo sinodo della Chiesa caldea sotto la guida del nuovo Patriarca. Al termine dell'inno nazionale, Sua Beatitudine Sako ha tenuto un breve discorso, nel quale ha incoraggiato le iniziative della pace, invitando tutti i presenti alla virtù dell'amore. Come insegnano "tutte le religioni", egli ha suggerito di costituire un comitato per la pace e il dialogo, promuovendo un cammino per un vero riscatto della nazione. E ha assicurato la "preghiera" di tutti, a dispetto della fede, per una vera armonia interconfessionale. Ringraziando "a nome mio e dei miei confratelli vescovi caldei" quanti hanno aderito alla serata, "che sgorga dal nostro cuore e dal nostro patriottismo", mar Sako cita alcuni versi delle Sacre Scritture "sulla carità": essa è "paziente, serve, non manca di rispetto e non cerca il proprio interesse", inoltre "tutto sopporta e non avrà ma fine". Il patriarca caldeo auspica che, nel solco di queste parole, "i nostri leader camminino sulla via del dialogo, della coesione nazionale e per l'attivazione dei meccanismi" che facilitino questi rapporti in un'ottica di "unità e stabilità". Sua Beatitudine precisa che l'obiettivo della pace può essere raggiunto solo attraverso un dialogo "franco e coraggioso", che sappia "mettere fine alle divisioni". "Da questo punto di vista - continua - noi proponiamo la costituzione di un comitato per favorire il dialogo" che coinvolga "la Presidenza dei Ministri, la Presidenza del Consiglio dei rappresentanti, la presidenza della Regione del Kurdistan". Da parte nostra, aggiunge, vi "assicuriamo la nostra preghiera nelle nostre chiese e moschee, accompagnandovi con la nostra speranza". Infine un augurio di pronta guarigione al presidente della Repubblica irakena Jalal Al-Talibani. A conclusione dell'intervento, il coro della parrocchia dell'Assunzione di Maria a Baghdad, accompagnato da padre Robert Saeef, ha intonato canti e inni, invocando grazia e pace sull'Iraq. Commentando l'iniziativa, il Primo ministro al-Maliki ha dichiarato,rivolto al Patriarca: "Grazie davvero! Noi abbiamo bisogno del vostro ruolo, per costruire ponti fra tutti. Il dialogo è l'unica strada per risolvere i problemi". (R.P.)

    inizio pagina

    Argentina: documento dei vescovi per la Giornata contro la droga

    ◊   "Non criminalizzare i tossicodipendenti”: si intitola così il documento programmatico che la Conferenza episcopale argentina. Il testo – presentato in conferenza stampa, tra gli altri, da mons. Jorge Eduardo Lozano, vescovo di Gualeguaychú e presidente della Commissione episcopale della Pastorale Sociale, e da Horacio Reyser, coordinatore della Commissione per la Tossicodipendenza – è stato redatto in vista della Giornata contro la droga che ricorre il 26 giugno. Due i punti salienti evidenziati dai vescovi: la crescente "tolleranza sociale” della tossicodipendenza e il conseguente calo della “percezione del rischio”. Entrambi i fattori – notano i presuli – hanno provocato nella società disorientamento e confusione. Ricordando, poi, che la piaga della droga colpisce, per maggior parte, le persone più vulnerabili, come "i poveri e gli esclusi”, la Chiesa argentina insiste sulla necessità della prevenzione e del recupero – sociale, affettivo ed umano – dei tossicodipendenti come strumenti-chiave della soluzione al problema. "Non si può ridurre la questione della droga ad una dimensione economica, o sanitaria, giuridica o di sicurezza – scrivono i presuli – Dobbiamo, piuttosto, concentrarci sulle persone, sui sofferenti, sui poveri e gli emarginati, su coloro che sono abbandonati, ed aiutare anche coloro che, pur vivendo nell’abbondanza, hanno perso il senso della vita”. La Chiesa di Buenos Aires chiede, quindi, allo Stato e alla società civile di lavorare tutti insieme, "concentrando gli sforzi su azioni concrete”. Perciò, perplessità viene espressa dai presuli riguardo alla proposta – avanzata dai parlamentari – di depenalizzare il consumo delle droghe, definita dalla Chiesa "superficiale”. Al contrario, i vescovi sottolineano la necessità di "educare e prevenire” la tossicodipendenza, affinché coloro che si usano gli stupefacenti non li ritengano "sostanze innocue”. Infine, la Conferenza episcopale argentina ricorda quanto detto nel 2008 dall’allora card. Bergoglio, inaugurando un Centro di riabilitazione: "La società ignora le vittime della droga e ne fa degli scarti”. (A cura di Isabella Piro)

    inizio pagina

    Coree: accuse reciproche fra Seoul e Pyongyang, salta l’incontro di pace

    ◊   L'incontro di pace fra le due Coree che doveva tenersi questa mattina nella Freedom House della capitale sudcoreana è saltato all'ultimo momento a causa di "posizioni inconciliabili" sulla composizione delle delegazioni che avrebbero dovuto discutere della ripresa dei contatti diretti fra i due governi. Oggi - riferisce l'agenzia AsiaNews - Pyongyang non ha risposto alla quotidiana telefonata sulla "linea rossa", l'ultimo contatto rimasto fra i due lati della penisola coreana. Entrambi gli esecutivi si accusano a vicenda per l'annullamento dell'incontro, che doveva discutere la riapertura del complesso industriale congiunto di Kaeseong e la ripresa degli incontri delle famiglie divise dalla Guerra di Corea. Secondo Seoul, il Nord non ha voluto inviare come capo della sua delegazione il leader del Dipartimento del Fronte Unito del Partito dei Lavoratori (che ha il rango di ministro). Per questo Seoul ha proposto di far incontrare due vice ministri, ma Pyongyang ha definito l'idea "una provocazione" e ha annullato ogni contatto. Secondo alcuni analisti, il vero problema sta nel fatto che all'interno della delegazione nordcoreana originale non c'era alcun militare: se fosse stata confermata, avrebbe dimostrato un significativo alleggerimento del clima di tensione anche bellica fomentato nei mesi scorsi dal regime stalinista di Kim Jong-un. Questo avrebbe scatenato una lotta fra fazioni all'interno del Nord, che ha poi condotto a questa situazione. I rapporti intercoreani hanno vissuto momenti di altissima preoccupazione lo scorso marzo, quando le esercitazioni militari congiunte tra Washington e Seoul (annunciate con un anno di anticipo) sono state definite da Pyongyang "una provocazione e una prova generale di attacco contro di noi". Inoltre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato all'unanimità - quindi anche con il voto della Cina - una serie di risoluzioni economiche per punire il terzo test nucleare condotto dal regime il 12 febbraio. Le risoluzioni e l'isolamento sempre più acuto in cui si trova la Corea del Nord hanno distrutto la sua già fragile economia. Senza rapporti bilaterali con Pechino e con Seoul, il regime rischia il crollo totale dato che non ha più richieste di esportazioni e non ha modo di importare nulla dall'estero. (R.P.)

    inizio pagina

    Madrid: V Congresso mondiale sulla pena di morte ancora applicata in 58 Paesi

    ◊   Due sessioni plenarie, undici tavole rotonde, workshop e dibattiti: prende il via oggi a Madrid il 5° Congresso mondiale contro la pena di morte (Palacio Municipal de Congresos), promosso fino al 15 giugno da “Ensemble contre la Peine de Mort” in partnership con “World Coalition against the Death Penalty”. Obiettivo dell’evento, spiegano gli organizzatori, “svolgere un ruolo sempre più influente nella strategia politica internazionale, promuovendo la cooperazione tra Stati, organizzazioni internazionali e società civile in vista della completa abolizione della pena di morte”. A confronto esperti, rappresentanti della società civile, politici di tutti i continenti. Tra questi i ministri degli Esteri di Spagna, Francia, Svizzera, Norvegia, Benin, Mauritania. Ad oggi, informano gli organizzatori, “97 Paesi hanno abolito la pena di morte in tutte le circostanze, altri otto solo per reati comuni, mentre 35 hanno messo in atto una moratoria sulle esecuzioni da almeno 10 anni”. Tuttavia essa viene ancora applicata “in circa 58 Paesi o Territori” - Usa, Giappone, India e Paesi con regimi autoritari - mentre il 2011 ha visto 676 esecuzioni in 23 Paesi, “un aumento notevole rispetto alle 527 dell‘anno precedente”. In Europa non avvengono esecuzioni dal 1997: eccezione la Bielorussia, unico Stato del continente a non avere ancora aderito al Consiglio d’Europa. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo, ong denuncia: ribelli e ufficiali dell’esercito uniti nel commercio illecito dei minerali

    ◊   “Il redditizio commercio dello stagno, del tantalio, del tungsteno e dell’oro dell’est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) è controllato da circa 15 anni da gruppi armati violenti e da fazioni dell’esercito governativo” denuncia l’Organizzazione non governativa Global Witness, nel presentare il suo ultimo rapporto su come i commerci illeciti di minerali congolesi finanziano l’instabilità nell’est della Rdc. “Questi gruppi utilizzano i profitti generati dal commercio dei minerali per finanziare la loro lotta” afferma l’Ong. “Gli abitanti del Nord e del Sud Kivu sono i primi a fare le spese di un lungo conflitto contrassegnato da omicidi, saccheggi, stupri di massa e spostamenti forzati di popolazioni”. Il rapporto è frutto di ricerche condotte nelle province congolesi del Nord e del Sud Kivu, in Burundi e in Rwanda nel marzo e aprile 2013. Si è così scoperto ad esempio, che “dell’oro prodotto nell’est della Rdc profittano i ribelli e ufficiali di alto grado degli eserciti governativi congolese e burundese. L’oro è riciclato attraverso il settore aurifero burundese per essere in seguito esportato a Dubai. Né gli acquirenti locali della regione dei Grandi Laghi né i commercianti internazionali effettuano controlli adeguati sull’oro che comprano per accertarsi che non finanziano il conflitto o le violazioni dei diritti umani nell’est della Rdc”. Con percorsi simili vengono immessi sul mercato internazionale quantitativi significativi di stagno, tantalio e tungsteno illecitamente estratti ed esportati dell’est della Rdc. Per far cessare i commerci che finanziano la guerra congolese, Global Witness afferma che occorre continuare con decisione sulla strada intrapresa dagli Stati Uniti, con la legge Dodd Frank, che punisce le aziende che acquistano i “minerali di guerra”. Anche l’Unione Europea e la Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi stanno dibattendo l’adozione di provvedimenti per regolare i commerci dei minerali provenienti dalla Rdc. (R.P.)

    inizio pagina

    Campagna di “Help for Life” contro la siccità in Etiopia

    ◊   In Etiopia solo una persona su due ha accesso all'acqua potabile, mentre uno su 5 può disporre di servizi igienici adeguati. Questi dati, fonte Oms, aggravati dallo scarso livello di urbanizzazione e dalle frequenti siccità, fanno dell'Etiopia uno dei Paesi più poveri al mondo dove la speranza di vita si ferma ai 54 anni e più di un bambino su 10 muore prima di raggiungere il quinto anno di età. Migliorare le condizioni sociali e sanitarie della popolazione etiope, in particolare delle persone più svantaggiate che risiedono nei villaggi rurali delle regioni centro-meridionali di Gurage e Waliso, è l'obiettivo di Fondazione “Help for Life” che, a tale scopo, collabora dal 2010 con la locale diocesi di Embidir. In particolare, per garantire l'accesso all'acqua - elemento essenziale per la vita - fino al 23 giugno la Fondazione promuove una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi con Sms solidale al 45508. Il ricavato finanzierà la costruzione di un serbatoio per la raccolta dell'acqua piovana e di un sistema adeguato di tubature. (A.G.)

    inizio pagina

    Londra: convegno Caritas sulla risposta cattolica di fronte alla povertà

    ◊   “La risposta dei cattolici di Inghilterra e Galles all’invito di Papa Francesco ad essere una Chiesa che è povera e per i poveri”. Con queste parole il primate Vincent Nichols ha annunciato il convegno che riunirà a Londra, oggi e domani, i nomi più importanti del mondo cristiano e laico quando si parla di indigenza. Alla università di st. Mary’s, a Twickenham, dove anche Benedetto XVI è stato nel 2010, ministri del governo di David Cameron e di quello ombra di Ed Miliband, leader dei sindacati, lord, teologi e accademici discuteranno della “risposta cattolica alla crisi della povertà”, questo il titolo del convegno. Ad organizzare l’incontro è la Csan (Caritas Social Action Network). Nella rivoluzione sociale che sta cambiando la Gran Bretagna, mentre lo Stato ritira i propri sussidi ai più poveri (già oggi 1 ogni 4 bambini, 3,6 milioni vivono in povertà e il numero di inglesi che ricorrono alle banche del cibo è aumentato di 3 volte nell’ultimo anno), alle charities della Chiesa cattolica viene chiesto di fare di più. A Twickenham si parlerà di quanto la Chiesa può fare e di come deve scegliere che cosa fare. I dibattiti, preceduti da un intervento del vescovo di Salford e presidente della Csan Terence Brain, coinvolgeranno questo pomeriggio il ministro per il lavoro Mark Hoban e quello ombra Stephen Timms, insieme al segretario generale del Tuc, il sindacato inglese più importante. Nel suo intervento di domani, prima di celebrare la messa, il primate cattolico Nichols ricorderà ai partecipanti che “devono cercare i poveri perché essi sono, nelle parole del Papa, la carne stessa di Cristo”. Attraverso di essi “noi cristiani ci rendiamo conto della nostra stessa povertà davanti a Dio, cerchiamo la sua misericordia e diventiamo fratelli e sorelle di coloro la cui povertà è anche materiale e fisica”. “Senza questa consapevolezza radicale del nostro stesso bisogno avviciniamo le necessità degli altri come un problema tecnico da risolvere ma così essi diventano un oggetto e non fanno parte della nostra famiglia”, aggiungerà mons. Nichols sempre citando Francesco. Il leader dei cattolici di Inghilterra e Galles parlerà anche dell’importanza chiave del lavoro, “perché migliora la stima di noi stessi e il benessere emotivo personale e famigliare” sottolineando però come, ormai, nel Regno Unito “oltre 5 milioni di lavoratori portano a casa uno stipendio non sufficiente per le spese più essenziali, la maggior parte dei bambini poveri appartengono a famiglie dove si lavora e i dipendenti con uno stipendio basso formano il gruppo più importante tra coloro che devono ricorrere alle banche del cibo per i loro pasti”. Il primate cattolico parlerà anche della battaglia condotta dalla Chiesa perché i lavoratori possano contare su un “salario per la vita”. (R.P.)

    inizio pagina

    Svizzera: assegnato il Premio cattolico dei media 2013

    ◊   “Cronaca di una morte dimenticata”: si intitola così il documentario vincitore del Premio cattolico dei media 2013, assegnato dalla Conferenza episcopale svizzera. Il breve film, diretto da Pierre Morath, racconta la drammatica storia di Michel Christien, un uomo trovato morto nel 2005 nel suo appartamento, in avanzato stato di decomposizione. Nessuno – né la famiglia, né i vicini, né la società in generale – si era preoccupato della sua scomparsa. “Il film di Morath – si legge in una nota dei vescovi elvetici – chiama in causa ciascuno di noi e ci pone di fronte a delle domande difficili: come viviamo gli uni con gli altri? Fino a che punto abbiamo a cuore la sorte dei nostri concittadini? Viviamo gli uni accanto agli altri piuttosto che gli uni con gli altri?”. Secondo padre Willi Andreau, presidente della giuria assegnataria del Premio, il film vincitore va ancora più lontano, perché “pur non emettendo giudizi morali e senza giudicare nessuno, ci pone la domanda centrale contenuta nella parabola del Buon Samaritano, ovvero: ‘Chi è il mio prossimo?’”. Oltre al riconoscimento Media 2013, la giuria ha assegnato anche il Premio “Buone Notizie” che va a quelle persone o istituzioni che, nel 2012, hanno suscitato echi positivi nel mondo dell’informazione. A ricevere il riconoscimento sono stati: un reportage sul Congo, la pagina Facebook della diocesi di San Gallo e il monastero delle Clarisse a Cademario. (I.P.)

    inizio pagina

    Giappone: prestigioso premio al movimento Silsilah per la pace e il dialogo interreligioso

    ◊   Il Silsilah, movimento per il dialogo cristiano-islamico fondato nel 1986 da padre Sebastiano D'Ambra del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), ha vinto l'edizione 2013 del premio Goi Peace Award, assegnato nei giorni scorsi dalla Goi Peace Foundation. L'ente giapponese - fondato nel 1999 a Tokyo - è impegnato, come recita lo statuto, nella "promozione della pace, superando le barriere formate da razza, religione o credo politico". Per la vicinanza dei valori ispiratori e l'opera decennale sul campo in favore della pace, la giuria ha voluto insignire del prestigioso premio il movimento filippino. Per i promotori di Silsilah - riferisce l'agenzia AsiaNews - l'ambito riconoscimento è una conferma del lavoro svolto in tutti questi anni per il dialogo interreligioso. Nelle passate edizioni, il Goi Peace Award è andato a illustri personalità quali il filosofo e scienziato magiaro Ervin Laszlo, Oscar Arias presidente del Costa Rica e al medico di origini indiane Deepak Chopra. Fra le motivazioni del premio, vi è proprio il "riconoscimento dei moltissimi anni di incessante impegno a favore del dialogo per la pace e la solidarietà" fra cristiani e musulmani nelle Filippine, in particolare nelle regioni del sud. "I vostri sforzi - aggiungono i membri del comitato direttivo, nella lettera inviata a Silsilah - non hanno permesso solo di andare nella direzione della pace in seno alle vostre comunità, ma sono state anche fonte di ispirazione nel mondo, per un confronto basato sui valori spirituali". La cerimonia di assegnazione del premio si terrà il 27 novembre nella capitale nipponica, nel contesto del Goi Peace Foundation Forum in programma alla Nikkei Hall. Per i membri del Silsilah si tratta di un "riconoscimento" per gli sforzi fatti "da tutti i componenti" del gruppo, che con "generosità e impegno" si battono da anni per la pace a Mindanao. Fondato nel 1986, Silsilah propone da oltre 20 anni progetti e iniziative come la Conferenza dei vescovi e degli ulema (Bishop ulema forum) e corsi di formazione per giovani cristiani e musulmani. In questi anni il movimento è divenuto un punto di riferimento per la riconciliazione in atto fra governo filippino e ribelli islamici del Moro Islamic Liberation Front (Milf), che per 40 anni hanno combattuto una guerra costata oltre 100mila morti. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 163


    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.