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Sommario del 11/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: una Chiesa ricca è una Chiesa che invecchia, il Vangelo si annuncia con gratuità
  • Il Papa all’Unione Italiana Ciechi: favorire la partecipazione attiva dei disabili nella società
  • Tweet del Papa: non avere paura della solidarietà e di essere a disposizione di Dio
  • Udienza e nomina episcopale di Papa Francesco
  • Viêt Nam-Santa Sede: incontro in Vaticano del gruppo di lavoro
  • Firmato Accordo Santa Sede-Capo Verde su status giuridico della Chiesa
  • Ucraina, il card. Koch chiude domani visita all’insegna dell’ecumenismo
  • Il card. Filoni in visita negli Emirati Arabi. Consacrerà la nuova chiesa di Sant'Antonio
  • Mons. Tomasi: gli Stati facilitino l'accesso ai farmaci per le popolazioni povere
  • 20.mo del Catechismo: l'Ascensione, momento in cui l'umano redento si unisce al divino
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Turchia: piazza Taskim, a Istanbul, sotto il controllo della polizia. Due i feriti
  • Siria, Caracciolo: massacro insensato in attesa di un compromesso politico
  • Mons. Nichols: importanti le parole del Papa sullo spreco di cibo, il prossimo G8 ne tenga conto
  • Save the Children e Associazione Bruno Trentin: in Italia 260 mila minori lavoratori
  • Lampedusa, al Festival di fine giugno nell'isola si parla di turismo responsabile
  • Festival Francescano 2013: più di 100 iniziative per rifettere sul cammino dell'uomo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Iraq: la “svolta pastorale” del Sinodo caldeo
  • Turchia: la Festa di Sant’Antonio Istanbul, fra i disordini di piazza Taksim
  • Turchia: per i giudici il delitto di mons. Padovese fu un gesto non legato a gruppi estremisti
  • Centrafrica: a Bangui il dibattito interconfessionale su conflitto e mediazione
  • Nigeria: emergenza alimentare per oltre 10 milioni di bambini
  • Senegal: i giovani cattolici di tutto il Paese per la pace nella Casamance
  • Sierra Leone: la tratta di esseri umani causa migliaia di bambini di strada
  • Brasile: in aumento la violenza contro i popoli indigeni
  • Messico. Campagna disarmo: recuperate oltre 5 mila armi
  • Sri Lanka. I vescovi al governo: “Decentramento e una nuova Costituzione”
  • Sri Lanka. Il card. Ranjith: vandalismo contro una chiesa cattolica non è di stampo anti-religioso
  • Vietnam: la Caritas contro l'aborto
  • Napoli. Card. Sede: "La disoccupazione è la vera malattia mortale"
  • A Roma i funerali del soldato italiano ucciso in Afghanistan
  • Vicenza: il Festival Biblico si chiude con 45 mila visitatori
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: una Chiesa ricca è una Chiesa che invecchia, il Vangelo si annuncia con gratuità

    ◊   Il Vangelo va annunciato con semplicità e gratuità: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha inoltre ribadito che, nella Chiesa, la testimonianza della povertà ci salva dal diventare dei meri organizzatori di opere. Ed ha avvertito che quando vogliamo fare una “Chiesa ricca”, la Chiesa “invecchia”, “non ha vita”. Alla Messa – concelebrata, tra gli altri, dall’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller – hanno preso parte i sacerdoti e collaboratori della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia partendo dall’esortazione rivolta da Gesù agli Apostoli inviati ad annunciare il Regno di Dio. Un annuncio, ha detto, che il Signore “vuole che si faccia con semplicità”. Quella semplicità “che lascia posto al potere della Parola di Dio”, perché se gli Apostoli non avessero avuto “fiducia nella Parola di Dio”, “forse avrebbero fatto un’altra cosa”. Papa Francesco ha dunque indicato la “parola-chiave” delle consegne date da Gesù: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Tutto è grazia, ha soggiunto, e “quando noi vogliamo fare in una modalità dove la grazia” viene “un po’ lasciata da parte, il Vangelo non ha efficacia”:

    “La predicazione evangelica nasce dalla gratuità, dallo stupore della salvezza che viene e quello che io ho ricevuto gratuitamente, devo darlo gratuitamente. E dall’inizio erano così, questi. San Pietro non aveva un conto in banca e quando ha dovuto pagare le tasse il Signore lo ha mandato al mare a pescare un pesce e trovare la moneta dentro al pesce, per pagare. Filippo, quando ha trovato il ministro dell’economia della regina Candace, non ha pensato: ‘Ah, bene, facciamo un’organizzazione per sostenere il Vangelo…’ No! Non ha fatto un ‘negozio’ con lui: ha annunziato, ha battezzato e se n’è andato”.

    Il Regno di Dio, ha proseguito, “è un dono gratuito”. E ha rilevato che, sin dalle origini della comunità cristiana, questo atteggiamento è stato soggetto a tentazione. C’è, ha detto, “la tentazione di cercare forza" altrove che nella gratuità, mentre la “nostra forza è la gratuità del Vangelo”. Ancora, ha rilevato che “sempre, nella Chiesa, c’è stata questa tentazione". E questo crea “un po’ una confusione”, ha avvertito, giacché così “l’annuncio sembra proselitismo, e per quella strada non si va”. Il Signore, ha aggiunto, “ci ha invitato ad annunciare, non a fare proseliti”. Citando Benedetto XVI, ha così sottolineato che “la Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione”. E questa attrazione, ha proseguito, viene dalla testimonianza di “quelli che dalla gratuità annunziano la gratuità della salvezza”:

    “Tutto è grazia. Tutto. E quali sono i segni di quando un apostolo vive questa gratuità? Ce ne sono tanti, ma ne sottolineo due soltanto: primo, la povertà. L’annunzio del Vangelo deve andare per la strada della povertà. La testimonianza di questa povertà: non ho ricchezze, la mia ricchezza è soltanto il dono che ho ricevuto, Dio. Questa gratuità: questa è la nostra ricchezza! E questa povertà ci salva dal diventare organizzatori, imprenditori… Si devono portare avanti le opere della Chiesa, e alcune sono un po’ complesse; ma con cuore di povertà, non con cuore di investimento o di un imprenditore, no?”

    “La Chiesa – ha aggiunto - non è una ong: è un’altra cosa, più importante, e nasce da questa gratuità. Ricevuta e annunziata”. La povertà, ha quindi ribadito, “è uno dei segni di questa gratuità”. L’altro segno, ha aggiunto Papa Francesco, “è la capacità di lode: quando un apostolo non vive questa gratuità, perde la capacità di lodare il Signore”. Lodare il Signore, infatti, “è essenzialmente gratuito, è un’orazione gratuita: non chiediamo, soltanto lodiamo”:

    “Questi due sono i segni del fatto che un apostolo vive questa gratuità: la povertà e la capacità di lodare il Signore. E quando troviamo apostoli che vogliono fare una Chiesa ricca e una Chiesa senza la gratuità della lode, la Chiesa invecchia, la Chiesa diventa una ong, la Chiesa non ha vita. Chiediamo oggi al Signore la grazia di riconoscere questa gratuità: ‘Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’. Riconoscere questa gratuità, quel dono di Dio. E anche noi andare avanti nella predicazione evangelica con questa gratuità”.

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    Il Papa all’Unione Italiana Ciechi: favorire la partecipazione attiva dei disabili nella società

    ◊   “Nel vostro spirito ci sia sempre la luce di Dio”. E’ quanto afferma Papa Francesco in un audiomessaggio inviato all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Il messaggio è stato indirizzato in particolare ad un gruppo di circa 75 persone non vedenti, in maggioranza anziane, riunite in un soggiorno estivo a Tirrenia, in Toscana. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    “Grazie alla tecnica moderna posso venire io da voi”. Papa Francesco saluta così, in un audio-messaggio, il gruppo di anziani non vedenti riuniti a Tirrenia per un soggiorno estivo. E li ringrazia per la stima, l’affetto e le preghiere. Quindi, sottolinea che Gesù ha avuto “un’attenzione particolare per i ciechi”, osservando che la guarigione della persona priva della vista, “ha un particolare significato simbolico: rappresenta il dono della fede”. E questo, ha aggiunto, “è un segno che riguarda tutti, perché tutti abbiamo bisogno della luce della fede per camminare nella strada della vita”:

    “Chiedo al Signore di rinnovare in ciascuno di voi il dono della fede, perché nel vostro spirito ci sia sempre la luce di Dio, la luce dell’amore, che dà senso alla nostra vita, la illumina, ci dà la speranza, e ci fa essere buoni e disponibili verso i nostri fratelli”.

    Quindi, ha rivolto un particolare augurio all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti:

    “Diffondete sempre la cultura dell’incontro, della solidarietà, dell’accoglienza verso le persone con disabilità, non solo chiedendo le giuste previdenze, ma favorendo la loro partecipazione attiva alla vita della società”.

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    Tweet del Papa: non avere paura della solidarietà e di essere a disposizione di Dio

    ◊   Nuovo tweet di Papa Francesco, lanciato oggi dal suo account @Pontifex: “Non dobbiamo avere paura della solidarietà, di sapere mettere ciò che siamo e che abbiamo a disposizione di Dio”.

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    Udienza e nomina episcopale di Papa Francesco

    ◊   Papa Francesco ha ricevuto in udienza il cardinale E. Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

    In Inghilterra, Papa Francesco ha nominato Vescovo di East Anglia mons. Alan Stephen Hopes, finora Vescovo titolare di Cuncacestre ed Ausiliare di Westminster.

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    Viêt Nam-Santa Sede: incontro in Vaticano del gruppo di lavoro

    ◊   Come è stato concordato durante il terzo incontro del Gruppo congiunto di lavoro Viêt Nam-Santa Sede, svoltosi ad Hà Nôi nel febbraio 2012, si terrà in Vaticano, nei giorni 13-14 giugno corrente, il quarto incontro del medesimo Gruppo di lavoro. E’ quanto informa una nota della Sala Stampa vaticana. La riunione, si legge nel comunicato, “servirà ad approfondire e sviluppare le relazioni bilaterali tra il Viêt Nam e la Santa Sede”.

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    Firmato Accordo Santa Sede-Capo Verde su status giuridico della Chiesa

    ◊   E’ stato sottoscritto oggi nel Palazzo del Governo della Repubblica di Capo Verde, a Praia, l’Accordo tra la Santa Sede e il Paese sullo statuto giuridico della Chiesa Cattolica in Capo Verde. Hanno firmato: per la Santa Sede, mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, e per la Repubblica di Capo Verde Jorge Alberto da Silva Borges, ministro degli Affari Esteri. L’Accordo, informa una nota della Sala Stampa vaticana, "prendendo atto delle buone relazioni che si sono sviluppate tra la Santa Sede e la Repubblica di Capo Verde negli ultimi 37 anni", definisce e garantisce lo statuto giuridico della Chiesa cattolica e regola vari ambiti. Tra questi, “il matrimonio canonico, i luoghi di culto, le istituzioni cattoliche di istruzione e di educazione, l’insegnamento della religione nelle scuole, l’attività assistenziale-caritativa della Chiesa, la cura pastorale nelle forze armate e nelle istituzioni penitenziarie ed ospedaliere, e il regime patrimoniale e fiscale”. L’Accordo, che consiste di un Preambolo e di 30 Articoli, conclude la nota, “entrerà in vigore nel trentesimo giorno dalla data di scambio degli strumenti di ratifica”.

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    Ucraina, il card. Koch chiude domani visita all’insegna dell’ecumenismo

    ◊   Ha toccato diverse città il viaggio di otto giorni in Ucraina del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. Durante la visita, il porporato ha incontrato diversi esponenti delle Chiese del Paese, da quella ortodossa a quella latina, da quella greco-ortodossa a quella greco-cattolica. Alla vigilia del ritorno, il cardinale si è soffermato con il collega del programma ucraino, Konstantin Chavaga, per spiegare le ragioni che l’hanno portato in questo Paese:

    R. - In primo luogo, sono responsabile per l’ecumenismo e di cercare l’unità tra i cristiani. Questo Paese è un Paese multiconfessionale: ci sono molte Chiese ortodosse, greco-cattoliche, latine, armene. Per me è molto importante vedere questa situazione, questa realtà e vedere come possiamo approfondire buone relazioni. Trovo questa idea molto buona perché è una grande memoria della visita del Santo Padre Giovanni Paolo II, in Ucraina nel 2001. Avere questa memoria e approfondire questa memoria la trovo una bellissima idea.

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    Il card. Filoni in visita negli Emirati Arabi. Consacrerà la nuova chiesa di Sant'Antonio

    ◊   Saranno cinque giorni intensi quelli che vedranno la visita negli Emirati Arabi del card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il porporato, in partenza oggi, resterà nel Paese fino a sabato 15 giugno. Nel corso della sua permanenza nel Paese, il card. Filoni incontrerà il Nunzio Apostolico, mons. Peter Rajic, il Vicario apostolico d'Arabia, mons. Paul Hinder, nonché sacerdoti, religiosi e fedeli locali. In particolare - riferisce l'agenzia Fides - domani il cardinale visiterà la Grande Moschea “Sheikh Zayed” di Abu Dhabi e la St. Joseph’s School, punto di eccellenza dell’opera di istruzione portata avanti dalla Chiesa cattolica. Il giorno successivo incontrerà le suore comboniane e i religiosi che svolgono servizio pastorale nel Vicariato, mentre il 14 giugno a Ras Al Khaimah si terrà l’evento centrale del viaggio, ovvero la solenne celebrazione con la consacrazione della nuova chiesa dedicata a Sant'Antonio di Padova. “La visita del card. Filoni e la consacrazione di una nuova chiesa è un evento molto importante per la nostra Chiesa locale, fatta di fedeli tutti stranieri, soprattutto asiatici, spesso umili lavoratori, ma con una fede profonda - afferma mons. Hinder - Il terreno per la nuova chiesa è stato messo a disposizione gratuitamente dall’Emiro, per le diverse comunità cristiane. Il Vicariato, negli ultimi due anni, ha edificato la struttura, grazie alla solidarietà dei fedeli da tutto il mondo”. La nuova Chiesa cattolica di Sant’Antonio include un grande Centro pastorale che potrà ospitare oltre mille persone, per incontri e attività pastorali di giovani o di fedeli adulti. Da ricordare che, con la costruzione e la consacrazione ufficiale della nuova chiesa, sale a otto il numero dei luoghi di culto cattolici nei sette stati della federazione degli Emirati. Il Vicariato dell’Arabia del Sud comprende circa 2,5 milioni di fedeli cattolici di oltre 90 nazionalità, soprattutto asiatiche, in prevalenza da Filippine, India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan. Le relazioni diplomatiche fra la Santa Sede e gli Emirati Arabi Uniti sono state allacciate nel 2007. (I.P.)

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    Mons. Tomasi: gli Stati facilitino l'accesso ai farmaci per le popolazioni povere

    ◊   Per garantire l’accesso ai farmaci alle popolazioni povere è necessario un approccio basato più sulla solidarietà che solo su valutazioni di tipo normativo. È la sostanza del recente intervento dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, nell’ambito della 23.ma Sessione ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo lo afferma con chiarezza: ogni individuo in qualsiasi condizioni di precarietà – per mancanza di lavoro, malattia, vecchiaia o altro – ha “diritto” alla “sicurezza”. Un diritto che si applica quindi anche a chi ha bisogno di cure e non ha i mezzi per procurarsele. La realtà è ben diversa, purtroppo. Mons. Tomasi lo ha rilevato quando nel suo intervento a Ginevra ha notato che al mondo vi sono “milioni di persone” che, a causa di “realtà sociali e politiche” che ostacolano l’accesso ai farmaci, sono private “della possibilità di godere del più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale”. La posizione della Santa Sede nei confronti del Rapporto presentato a Ginevra sul tema è stata piuttosto critica. Sei i criteri per usufruire dei farmaci necessari sono disponibilità, accessibilità, accettabilità e qualità, la “mia Delegazione – ha osservato mons. Tomasi –
    ritiene che il Rapporto non abbia dedicato sufficiente attenzione” ad alcuni dei fattori-chiave, a cominciare proprio dall’accesso alle medicine, che non può essere questione valutabile sono dal punto di vista “legale”. Prima dello sguardo della legge, c’è bisogno – ha affermato il rappresentante vaticano – di uno sguardo umano, di solidarietà in grado di favorire “una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate”.

    Il Rapporto, ha notato poi mons. Tomasi, “fa spesso riferimento all’obbligo degli Stati di creare le condizioni per l’accesso ai farmaci”. Ma, ha proseguito, “mentre l’adempimento di tale responsabilità da parte dei governi è un requisito chiaro, sarebbe stato opportuno riconoscere anche il forte impegno da parte delle organizzazioni non governative e religiose nel fornire sia farmaci, sia una vasta gamma di trattamenti e di misure preventive al fine di assicurare il pieno godimento del diritto alla salute”. In questo, ha ricordato il presule, con i suoi 5.305 ospedali e 18.179 cliniche (dati del 2012), la Chiesa fornisce un servizio capillare arrivando ai “settori più poveri della società, molti dei quali si trovano in aree rurali e isolate o in zone di conflitto, dove spesso i sistemi sanitari governativi non arrivano”. Emblematico il caso dell’Africa dove secondo l’Organizzazione mondiale della sanità dal 30 al 70% delle infrastrutture sanitarie “sono di proprietà di organizzazioni confessionali”. Dunque, ha concluso mons. Tomasi, pur essendo “un impegno complesso”, l’agevolazione “ottimale dell’accesso ai farmaci merita un’analisi comprensiva e il riconoscimento di tutti i fattori che contribuiscono alla sua promozione, piuttosto che un’analisi più limitata dei quadri legali, economici e politici”.

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    20.mo del Catechismo: l'Ascensione, momento in cui l'umano redento si unisce al divino

    ◊   La transizione verso l'eternità, il ritorno glorioso alla casa del Padre che unisce il divino all'umano ormai redento. Questo rappresenta per Cristo il momento dell'Ascensione. Il Catechismo della Chiesa cattolica dedica un'ampia pagina all'episodio che chiude la parabola terrena di Gesù. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk vi si sofferma nella 30.ma puntata del ciclo di riflessione sul Catechismo, a 20 anni dalla sua pubblicazione:

    La penultima frase del Vangelo di Marco dice: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (16,19). L’Ascensione – come ci spiega il Catechismo – segna il passaggio dalla gloria di Cristo risorto a quella di Cristo esaltato alla destra del Padre (CCC, 660). Possiamo dire che l’ascensione è l’ultimo episodio della vita terrena di Gesù. Esso però si compie al di là del nostro orizzonte temporale – porta, infatti, all’eternità del Padre.

    L’Ascensione è legata alla discesa del Figlio dal cielo. “Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo” (Gv 3,13) – afferma evangelista Giovanni. Qual'è il significato del movimento dal cielo, e al cielo? Perché la seconda persona della Trinità scende, umilia se stesso, a poi ritorna alla gloria che gode da sempre? E necessario notare che in quel movimento il divino si unisce definitivamente all’umano – il Figlio non torna al Padre da solo, ma torna con la propria umanità. Gesù, vero Dio, non cessa di essere vero uomo. Rimane incarnato – con la natura umana glorificata.

    Il Catechismo spiega: “Lasciata alle forze naturali, l’umanità non ha accesso alla Casa del Padre. Soltanto Cristo ha potuto aprire all’uomo questo accesso…” (n. 661). Nell'orazione dell’ufficio delle letture della solennità dell’Ascensione leggiamo: “Signore, in Cristo asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te”. Gesù Cristo ci precede dunque nel Regno glorioso del Padre (cf. CCC, 666).

    La formula “siede alla destra del Padre” significa che il Figlio è perfettamente uguale al Padre nella sua divinità, che formano la stessa, unica divinità. Il Figlio – come vero Dio e vero uomo – intercede per noi quale unico mediatore. Possiamo sperare pertanto “di essere un giorno eternamente con lui” (CCC, 667).

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Una tragedia ai margini: in prima pagina, l’arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve, Gualtiero Bassetti, sul fenomeno dei rifugiati.

    Nell’informazione internazionale, in rilievo il Medio Oriente: difficile la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi.

    Il Governo italiano rinfrancato dall’esito delle amministrative: Marco Bellizi sulla vittoria del centrosinistra.

    Poveri ma onesti: in cultura, Stephen Fox e Massimo Pomponi sulla lezione dell’imperatore Publio Elvio Pertinace.

    La vera sfida: Paolo Pecorari sul senso della crescita economica.

    Le ardite di via del Guarlone: Giovanni Preziosi sulla storia dei bambini ebrei salvati nel 1944 dalle Suore del Redentore a Firenze.

    Carità in mostra: Pietro Petraroia illustra il senso di un’iniziativa del Museo dei beni culturali cappuccini a Milano.

    Tappa romena per ortodossi e luterani: nel servizio religioso, la riunione della Commissione teologica mista a Sibiu.

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    Oggi in Primo Piano



    Turchia: piazza Taskim, a Istanbul, sotto il controllo della polizia. Due i feriti

    ◊   Turchia nel caos. Stamattina, la polizia ha fatto irruzione in Piazza Taskim, a Istanbul, e ne ha preso il controllo. Almeno due i feriti, uno dei quali verserebbe in gravi condizioni. Il governatore della città, Huseyin Avni Mutlu, ha scritto su Twitter che l'obiettivo della polizia antisommossa era solo quello di rimuovere striscioni e cartelli e ha invitato i giovani che da due settimane occupano la piazza a "evitare provocazioni". La situazione, però, è subito degenerata: molti manifestanti hanno raccontato di aver subito violenze, denunciando l'uso di proiettili di gomma da parte degli agenti. Una mossa a sorpresa, quella dell’esercito, che riconferma la posizione dura di Erdogan nei confronti dei manifestanti. Eppure, domani ci sarà l’atteso incontro tra il premier e una delegazione di contestatori. I fatti di oggi avranno delle ripercussioni su questo faccia a faccia? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al collega turco Dundar Kesapli:

    R. – Erdogan ha mostrato che non è un uomo del sistema dittatoriale, perché comunque ha dato un segno e ha mostrato la volontà di premiare i manifestanti, ascoltandoli. Quindi, domani, li incontrerà e dopo vedremo il risultato che ne uscirà fuori.

    D. – Il premier Erdogan e il presidente Gul si sono mostrati molto divisi – duro il primo, dialogante il secondo – segno che c’è una spaccatura in atto a livello istituzionale...

    R. – Può sembrare ma, d’altro canto, come in ogni Paese i diversi leader hanno diversi pareri, uno diverso dall’altro. Alla fine, però, qui c’è una realtà: sia il presidente Gul che il presidente del Consiglio, Erdogan, hanno il dovere, come istituzioni che rappresentano la Turchia, di trovare una soluzione e il miglior modo per uscire fuori dalla situazione prima che si aggravi, come è accaduto in altri Paesi del Mediterraneo.

    D. – La Turchia è in questi giorni sotto la lente d’ingrandimento internazionale. Quanto tutto questo avrà delle conseguenze sulla credibilità che il Paese si è faticosamente costruito in questi anni?

    R. – Il presidente Erdogan sicuramente ha fatto molte cose importanti per la Turchia e per la popolazione, ma non si può dire che sia perfetto. In nessun Paese del mondo si può pretendere che le istituzioni e il governo siano perfetti. Sicuramente, manca qualcosa. Soprattutto, non è stato molto leggero l’intervento della polizia turca. E questo bisogna sottolinearlo. Hanno sbagliato e quando sbagliano anche loro pagano. Istituzione o no, la realtà è che ci sono in atto degli scontri e che l’atmosfera che si vive in Turchia non è certo serena.

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    Siria, Caracciolo: massacro insensato in attesa di un compromesso politico

    ◊   Due nuovi attentati stamane nel centro di Damasco hanno causato almeno 14 morti e 31 feriti. Un bollettino di guerra che registra dall’inizio del conflitto civile in Siria più due anni fa circa 60 mila vittime, 3 mila morti solo nel maggio scorso, di cui quasi 350 minori. Ma a che punto sono le trattative o semplicemente i tentativi per fermare la guerra? O la soluzione arriverà solo dal più forte sul campo di battaglia? Roberta Gisotti ha intervistato Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”.

    D. – Anzitutto, ci sono novità da parte degli Stati Uniti? Sembra che sia vicina la decisione di inviare i cosiddetti “aiuti letali”, ovvero armi ai ribelli…

    R. – Pare che nei prossimi giorni si prenderà una decisione in questo senso. Il rischio enorme è che queste armi finiscano in braccia poco amiche degli Stati Uniti, in particolare a jihadisti come quelli di Annusra. Quindi, gli americani pensano anzitutto di non mandare armi proprie, ma di fare in modo che armi da loro controllate vadano all’esercito siriano libero. Il problema è che l’esercito siriano libero è ormai un’entità relativamente minore sul campo di battaglia ed è estremamente frammentato al suo interno.

    D. – Sul terreno, che dire della rimonta del presidente Assad, che dopo la conquista della città di Qusayr ha lanciato l’offensiva ad Aleppo?

    R. – Sì, Aleppo non è mai stata pienamente in mano ai ribelli: è una città contesa ormai da mesi, una città chiave lungo l’asse che poi da Aleppo, scendendo per Hama e Homs, porta a Damasco. Quell’asse dove potrebbe decidersi da un punto di vista militare la guerra, anche se francamente non credo che nessuna delle parti abbia le capacità di prevalere sull’altra. Quindi, a un certo punto, o la guerra si esaurirà semplicemente per stanchezza dei combattenti – ma mi pare difficile – oppure un qualche compromesso politico dovrà essere inventato.

    D. – C’è stato il rinvio di "Ginevra 2", la Conferenza prevista a maggio. Qualcuno ha commentato “il regime non ha fretta e neanche i ribelli”…

    R. – Il regime non ha mai fretta perché, negli ultimi mesi, sul campo di battaglia sta raccogliendo notevoli successi, a cominciare da quello di Qusayr. I ribelli non hanno fretta perché, dal loro punto di vista, basta resistere e non perdere. A un certo punto, però, se non vorranno continuare in questo massacro piuttosto insensato, dovranno trovare il modo di parlarsi direttamente o indirettamente, anche perché ormai della Siria resta pochino.

    D. – Ecco, lei ha sottolineato un “massacro insensato”. In più, nei tempi di oggi, questi massacri insensati sono sotto gli occhi di tutti, quotidianamente. Insomma, che cosa dire dal suo osservatorio?

    R. – Che non necessariamente la politica, tantomeno la guerra, come sua continuazione devono avere un senso. Molto spesso gli avvenimenti partono nella speranza di indirizzarli in un modo, poi improvvisamente scartano e nessuno è più in grado di controllarli davvero. In questa vicenda, si nota da una parte l’interferenza, dall’altra l’impotenza delle maggiori potenze regionali e non solo. Pensiamo a cosa sta succedendo in Turchia, dove dopo avere spiegato ad Assad che bisognava dialogare con i dimostranti, Erdogan dimostra di non avere nessuna intenzione di farlo con i propri. Speriamo solamente che non finisca come sta finendo in Siria.

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    Mons. Nichols: importanti le parole del Papa sullo spreco di cibo, il prossimo G8 ne tenga conto

    ◊   “Cibo sufficiente per tutti”: è questo il cuore della Campagna “If” da tempo in atto in Gran Bretagna, che lo scorso sabato ha mobilitato ad Hyde Park, a Londra, 45 mila persone, tra cui personaggi famosi come Bill Gates. La Campagna vuole inviare un messaggio di tipo etico al G8 del 17 e 18 giugno prossimi, in programma in Nord Irlanda. A parlarne, al microfono di Philippa Hitchen, è il primate cattolico britannico, l’arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Nichols, che sabato scorso ha partecipato alla funzione ecumenica alla quale ha mandato un messaggio anche il capo della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby:

    R. – Well, I think that what is important is that the goals can be used to bring…
    Penso che ciò che conta sia che gli obiettivi prefissati possano essere usati, ad esempio, per sostenere il governo britannico, che ha già delineato delle strategie in vista del vertice del G8, laddove alcune di queste strategie sono sulla stessa linea di alcuni dei traguardi che si è posta la campagna. Ad esempio, uno di essi riguarda la maggiore trasparenza nel modo di agire dei governi e delle grandi aziende, in particolare per le aziende che si occupano dell’estrazione di risorse naturali nei diversi Paesi. E il governo britannico ha assunto già una posizione molto severa nei riguardi di ciò, con un piano denominato “Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive” (The Extractive Industries Transparency Initiative, Eiti). Ci sono altri punti sui quali il governo si è impegnato, come l’evasione fiscale e l’elusione fiscale aggressiva. Credo ci siano grandi ragioni di sperare che questa Campagna sappia rafforzare l’azione del governo. E, in fin dei conti, questo è esattamente ciò che una Campagna popolare di questo genere dovrebbe impegnarsi a ottenere.

    D. – Abbiamo sentito anche Papa Francesco esprimersi in termini molto decisi circa alcuni aspetti economici, a livello globale. Lei pensa che le sue parole possano avere un impatto particolare in tale contesto? Crede possano indurre i leader mondiali a fermarsi ad ascoltare un po’ di più?

    R. – Yes, I do: I really do! And, for example, his recent comments about…
    Si, ne sono convinto. Ad esempio, le sue più recenti affermazioni su quanto sia scorretto sprecare il cibo sono molto, molto importanti. Lei sa che quasi la metà del cibo prodotto nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Europa a un certo punto della catena alimentare finisce sprecato. La metà di questo spreco basterebbe per nutrire gli affamati del mondo. Quasi il 20% del cibo che la gente si porta a casa, in questo Paese, finisce per essere gettato. Sono dati che sorprendono, ma questo significa anche che il primo passo per alleviare la fame nel mondo deve partire dalle nostre stesse case.

    D. – Per quanto riguarda i gruppi religiosi coinvolti in questa campagna, si tratta di una vasta rete di gruppi cristiani, e quello che lei sta svolgendo è un ampio servizio ecumenico. Pensa che azioni di questo genere possano rafforzare l’impegno ecumenico nel Regno Unito?

    R. – Oh, I think it does: there’s no doubt about that…
    Penso proprio di sì, non ci sono dubbi. Che si tratti di parrocchie che lavorano per far fronte alla povertà che ci circonda, la maggior parte del lavoro si svolge in ambito ecumenico e a volte perfino su base interreligiosa. Non c’è nulla di inusuale né di sorprendente nel fatto che questo tempo di preghiera e di riflessione sia un’iniziativa fondata su un’ampia base cristiano-ecumenica: questo, per noi, in realtà è normale.

    D. – Questo contributo caratterizzato da una particolare connotazione cristiana dovrebbe distinguersi: in che modo questa visione si differenzia da quella di altri uomini di buona volontà, impegnati nella stessa causa?

    R. – Well, again I would take a lead from some of the things…
    Prenderei ancora spunto da alcune parole di Papa Francesco: ad esempio, quando riconosciamo la nostra povertà di fronte a Dio e la nostra dipendenza dalla sua misericordia, solo allora iniziamo a riconoscere in coloro che sono poveri materialmente i nostri fratelli e le nostre sorelle, e non semplicemente persone lontane che possono avere bisogno della nostra carità. Credo che la prospettiva cristiana approfondisca il senso della solidarietà tra i figli di Dio, e quel senso è che nei poveri è Cristo che bussa alla nostra porta, così che possiamo essere salvati dal nostro altruismo.

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    Save the Children e Associazione Bruno Trentin: in Italia 260 mila minori lavoratori

    ◊   Il lavoro minorile in Italia: una piaga nascosta e da troppi anni non monitorata. A distanza di 11 anni dall’ultima indagine Istat, Save the Children e l’Associazione “Bruno Trentin” hanno presentato a Roma i nuovi dati su questo triste fenomeno, alla vigilia della Giornata mondiale contro il lavoro minorile 2013. Il servizio è di Francesca Sabatinelli:

    Fanno i muratori, sollevano sacchi di 10-15 kg, camminano su impalcature a oltre venti metri di altezza senza casco e senza funi. E hanno nove anni o poco più. Sono un esercito i minori sotto i 16 anni che lavorano in Italia: 260 mila, uno su venti. Di questi, la maggior parte hanno tra i 14 e i 15 anni e sono soprattutto concentrati nel Mezzogiorno. Tre ragazzi su quattro lavorano a supporto dell’attività di famiglia e la crisi economica ha aggravato questo dato. Li troviamo nella ristorazione, nella vendita come ambulanti, in agricoltura o nei cantieri. Ma anche a casa, impegnati nell’aiuto domestico, nel lavoro di cura. Lasciano la scuola a causa delle condizioni familiari, per disaffezione scolastica, in 30 mila sono a rischio sfruttamento, dediti a lavori pericolosi per la loro sicurezza, per la loro integrità morale, per la loro salute, se pensiamo a ragazzini che dalle 4 e mezzo di mattina alle 3 di pomeriggio stanno con le mani nel ghiaccio, impiegati dai pescivendoli per neanche 60 euro a settimana. Nelle famiglie, inoltre, esiste una visione deviata del valore del lavoro, che per questi minori è spesso duro e violento e che nel futuro non porterà a nessuna opportunità positiva: saranno adulti con scarsa qualifica lavorativa. Si tratta di un fenomeno non monitorato, denuncia Save the Children, e per questo soggetto a stereotipi, ma il lavoro minorile è una questione sociale. E ciò che avviene in Italia, dato ancor più grave, non è tanto distante dal resto d’Europa. Save the Children e l'Associazione Bruno Trentin chiedono che si proceda subito all’adozione di un piano nazionale sul lavoro minorile, che monitorizzi e prevenga questo fenomeno. E che supporti ragazzi come Marco Riccio, 21 anni di Napoli, che ha aiutato i ricercatori a intervistare i minori coinvolti nella ricerca:

    "Io ero un ragazzo come loro: ero un ragazzo di strada, mi piaceva stare in strada… Poi, invece, in questo progetto – ora sto in una cooperativa sociale – ho fatto il facilitatore, cioè facilitavo ai ricercatori tutto il lavoro delle interviste. Parlavo un po’ con il ragazzo, prima di fare l’intervista, e alcune risposte date in queste interviste sono state veramente molto toccanti, molto forti, come non se n’erano mai sentite, neanch'io le avevo mai sentite. Quindi, incoraggiavo il ragazzo a parlare, dicendogli: 'Può servire per noi ragazzi, non solo per te che lo stai dicendo. Facciamolo sentire a tutti, quello che stai dicendo!'. Quando un ragazzo di 15 anni ti dice: 'Io non ho una carta d’identità, ho mia mamma e mio padre in carcere e lavoro per portare a loro dei soldi per mantenerli: e me, chi mi mantiene? Ho la mia fidanzata che sta con me, ha 18 anni, è più grande di me, ed è lei che mi sta accudendo…'. Negli occhi dei ragazzi si vede semplicemente il vuoto, si vedono occhi bui… Non credono più nella speranza di un futuro, non hanno più sogni: è questo quello che si vede, guardando negli occhi i ragazzi di oggi. Ma parlo di ragazzi piccoli, non grandi. Ragazzi che dovrebbero vivere la loro infanzia in un cinema, in un pub, in un divertimento, in uno svago. Ma non ce l’hanno, questo. Quindi, è questo che bisogna dare ai bambini, ai ragazzi, per farli crescere con un futuro decente. Io cerco di aiutarli perché io l’ho trovato tardi l’aiuto per me: allora dico, meglio prevenire, meglio aiutarli ora che sono piccoli, piuttosto che quando saranno grandi".

    Tutti d’accordo che contro il lavoro minorile occorra più scuola, più formazione e una riforma del mercato di lavoro, così come indicato dalla leader della Cgil, Susanna Camusso. Tre, quindi, i settori sui quali intervenire subito, li spiega Katia Scannavini, ricercatrice di Save the Children Italia: famiglia, scuola – affrontando l’aumento della dispersione scolastica, tenendo presente che in Italia l’abbandono scolastico è uno dei più elevati d’Europa – e territorio, se dal territorio non giungono stimoli, è molto difficile fare scelte positive:

    R. – Sono numeri drammatici, se pensiamo che sono numeri di un Paese come l’Italia. In realtà, il fenomeno del lavoro minorile è un fenomeno che è sempre stato “sottobosco”, è sempre stato presente negli ultimi anni. Con questa ricerca abbiamo voluto evidenziare e mettere in luce un fenomeno che i territori conoscono, ma che poi non è preso abbastanza in considerazione dalle istituzioni e dall’opinione pubblica. I dati sono dati concreti, che denunciano delle difficoltà assolutamente molto gravi.

    D. – Questi 260 mila minori sono figli della crisi economica, però non soltanto di questo. Si parla della povertà economica, e di cos’altro?

    R. – Sono figli sicuramente della crisi economica, da certi punti di vista, ma non solo. Sono figli, in realtà, di una povertà culturale, di una povertà delle istituzioni all’interno dei territori, una povertà che, quindi, tocca sicuramente il livello economico, ma anche quello culturale ed esperienziale dei minori.

    D. – Voi avete messo in luce la tipologia di lavoro, le fasce d’età. Una cosa che sorprende è che avete inserito, volutamente e con molta attenzione, anche il dato del lavoro casalingo. Perché diventa un allarme?

    R. – Diventa un allarme nel momento in cui il minore viene assorbito totalmente dalle attività casalinghe, tanto da impedire al minore stesso di poter andare a scuola o di svolgere altre attività fondamentali per la sua crescita psicologica e anche culturale. Quindi, anche il contatto con i pari, il divertimento, l’uscita e così via.

    D. – Voi avete parlato con questi ragazzi e avete collaborato a stretto contatto con loro. Cosa vi hanno detto?

    R. – Ci hanno detto, come frase forse più significativa, che vedono “il futuro ucciso e messo in croce”. Hanno paura del loro futuro, perché vedono che non hanno le possibilità che hanno avuto i loro genitori, ovvero di avere una famiglia. Non chiedono di più: vogliono avere una famiglia. Non vedono l’opportunità di essere delle persone che possano vivere con dei desideri minimi.

    D. – Per quanto questo sia un dato nazionale, però, la suddivisione delle zone più a rischio è evidente. C’è un Centro-nord abbastanza integro e un Meridione che è completamente sotto scacco del lavoro minorile...

    R. – Esatto. Il Mezzogiorno sicuramente è l’area più colpita, ma per molti motivi. Il lavoro minorile tocca, taglia trasversalmente tante dimensioni. Quindi, per questo chiaramente sono più a rischio i minori che abitano in un certo territorio, piuttosto che in un altro. Non dimentichiamoci però che abbiamo anche altre zone fortemente a rischio, come la zona del Nordest, ma anche tante città: pensiamo a Prato, ad alcune città della Liguria.

    D. – Save the Children e l’Associazione Bruno Trentin daranno le loro indicazioni. A vostro giudizio, cosa serve davvero?

    R. – Serve, per quanto riguarda il lavoro minorile, un piano nazionale che prenda in considerazione questo fenomeno e che soprattutto volga le sue prime azioni a sostegno delle famiglie e quindi a contrasto della povertà economica e culturale del nostro Paese.

    Al ministro del lavoro Giovannini, così come a tutte le istituzioni, vengono quindi chieste costanti rilevazioni del fenomeno, e la costituzione di un osservatorio del Ministero del Lavoro e di altri dicasteri interessati, affinché si proceda a efficaci azioni di contrasto al lavoro minorile.

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    Lampedusa, al Festival di fine giugno nell'isola si parla di turismo responsabile

    ◊   Proseguono gli sbarchi di immigrati in Calabria, mentre anche Lampedusa si prepara a possibili nuovi arrivi, confermando la volontà di offrire un primo soccorso ai migranti accanto alla tradizionale accoglienza ai turisti. Messaggio ribadito dalla manifestazione: “Lampedusa, piacere di conoscerci. Festa del turismo responsabile e dei diritti umani”, promossa da Amnesty International Italia e dall’Associazione Italiana Turismo Responsabile che si svolgerà dal 22 al 29 giugno. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ne parla nell’intervista di Elisa Sartarelli.

    R. – Questa è una caratteristica della popolazione di Lampedusa, spesso ignorata dai grandi mezzi di informazione, che danno l’idea di un luogo di ostilità, di scontro. Lampedusa ha mostrato in tanti anni di poter assolvere a quella sua funzione, che è quella di stare nel centro del Mediterraneo e deve essere anche un luogo di diritti. Le associazioni che prendono parte a questa iniziativa hanno proprio l’obiettivo di valorizzare l’esperienza lampedusana di accoglienza e di confermare e promuovere un’idea di turismo responsabile che un posto così bello merita.

    D. – Con l’arrivo dell’estate e del bel tempo, potrebbero tornare a essere numerosi gli sbarchi dei migranti. Come si può gestire al meglio la situazione in un’isola piccola come Lampedusa che offre soccorso ai migranti e allo stesso tempo accoglie i turisti?

    R. – Per molti anni prima della crisi del 2011 – che fu una crisi largamente legata alla disorganizzazione da parte delle autorità centrali – Lampedusa era un modello, un modello di accoglienza e di verifica molto rapida della situazione delle persone che arrivavano, dell’individuazione dei casi meritevoli di assistenza immediata. E poi, c’era un sistema molto efficiente di trasferimento dei migranti, dei richiedenti asilo verso altri luoghi dell’Italia, proprio per evitare che Lampedusa diventasse una sorta di "tappo" e un luogo nel quale si ritrovassero contemporaneamente migliaia di abitanti, centinaia di turisti e centinaia di persone approdate da altri Paesi. Questo è il modello che va ripristinato e siamo convinti anche che l’amministrazione locale di Lampedusa abbia la sensibilità per gestire al meglio eventuali flussi che dovessero arrivare. Voglio ribadire che la responsabilità dell’accoglienza e della gestione non può essere affidata a una piccola isola, ma deve essere una responsabilità delle autorità italiane e deve essere condivisa dall’Unione Europea.

    D. – Partner dell’iniziativa saranno diverse associazioni. Quali eventi organizzerete?

    R. – Le associazioni che prendono parte a “Lampedusa, piacere di conoscerci” organizzeranno una serie di iniziative non soltanto di carattere convegnistico, ognuna sulle sue specificità, ma anche con l’obiettivo di incontrare la popolazione e coinvolgerla, com’è nello stile di Amnesty International e di altre associazioni. Il calendario sarà reso pubblico in questi giorni. Sarà una settimana di incontri con la popolazione, non staremo chiusi in un luogo inaccessibile a parlare tra di noi. L’obiettivo è quello di presentare iniziative per la promozione del turismo responsabile, per la promozione dei diritti umani, per la tutela delle categorie più vulnerabili, per la promozione di un modo di conoscere Lampedusa valorizzandone gli aspetti ambientali, anche gli aspetti letterari. Il nostro impegno è quello di far arrivare a Lampedusa un turismo diverso e più maturo, che sia in grado di apprezzare le bellezze dell’isola, goderle fino in fondo, ma che abbia un occhio sensibile per il ruolo che la storia ha affidato a quest’isola.

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    Festival Francescano 2013: più di 100 iniziative per rifettere sul cammino dell'uomo

    ◊   E’ dedicata al tema del viaggio la quinta edizione del Festival dei Francescani, in programma dal 27 al 29 settembre prossimo a Rimini. Una tre giorni di conferenze, spettacoli, mostre e workshop: occasioni di incontro e di dialogo perché i valori francescani della fraternità, della giustizia, della pace, del rispetto del creato e dell’essenzialità possano arrivare anche ai più distanti. La presentazione dell’evento oggi nella sede della nostra emittente. C’era per noi Gabriella Ceraso:

    Lo spunto tematico viene dal “camminatore” Francesco, che nel maggio del 1213 si è fermato, nella sua missione evangelizzatrice, nel borgo romagnolo di San Leo dove accolse in dono il Monte della Verna, luogo poi delle stimmate. E’ dunque Francesco il modello del Festival anche nel suo stile di vita: l’apertura al dialogo e l’annuncio del Vangelo a tutti. Fra Matteo Ghisini è il presidente del Movimento francescano dell’Emilia Romagna:

    "Francesco trovava nelle piazze un habitat naturale, dove c’è l’ambito della festa, dove c’è l’ambito dell’incontro. Quindi, abbiamo pensato di ritornare in piazza. Molta gente oggi desidera scoprire un senso bello della vita, un senso profondo. Noi desideriamo scambiare due chiacchiere con loro, annunciare che il Signore ci vuol bene".

    Oltre 100 gli appuntamenti previsti nel cuore di Rimini. Coinvolte tutte le età: i bambini con l’animazione, le scuole con progetti didattici, gli adulti con approfondimenti e ospiti internazionali, per esempio sul tema dell’ospitalità nelle religioni monoteiste o delle migrazioni, fino agli spettacoli con il concerto di Francesco De Gregori, intitolato 'Sulla strada', o la serata con Moni Ovadia sul tema biblico dell’Esodo. Tanti aspetti di uno stesso tema. Il direttore del Festival, fra Giordano Ferri:

    "A noi, quello che interessa è incontrare e metterci in dialogo con gli altri. Disponibili anche ad accogliere e lo facciamo sempre, nello scegliere anche i relatori e chi la pensa diversamente da noi. Quello che le persone portano a casa non sono i singoli eventi, ma è il clima creato dalle nostre iniziative anche dalla presenza di tanti Francescani, frati, suore, laici francescani. Un clima di fraternità e di pace".

    Una sfida in più è per il Festival la scelta di Rimini terra di divertimenti e turismo per eccellenza, ma anche in questo senso, da San Francesco, può venire un modello interessante specie per i giovani. Ancora fra Matteo Ghisini:

    "A me piace molto San Francesco, perché è un Santo simpatico e molto umano. Ha cercato di conciliare l’altissima spiritualità con l’umanità, che vuol dire anche saper godere delle cose della vita. Questo intreccio, a mio avviso, oggi è molto importante e noi forse dobbiamo annunciarlo. È possibile essere felici, pienamente in Dio e pienamente nel mondo. Un giovane credo che rimanga affascinato da questo Francesco 'giullare' che amava il canto, amava gli amici, amava i sogni e 'sognare alla grande', e a un certo punto diventa Santo. Ma le caratteristiche del Francesco prima della conversione non vengono umiliate: l’umanità cioè non viene umiliata, ma viene fatta sbocciare".

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Iraq: la “svolta pastorale” del Sinodo caldeo

    ◊   Si è concluso ieri a Baghdad, il primo Sinodo della Chiesa caldea convocato dopo l'elezione del nuovo Patriarca Luis Raphael I Sako, avvenuta lo scorso 31 gennaio. In un comunicato finale, pervenuto all'agenzia Fides, il patriarca e i 14 vescovi caldei hanno riassunto in nove punti le questioni affrontate nei giorni dell'Assemblea sinodale, iniziata il 5 giugno e ospitata nella Casa generalizia delle suore caldee di Maria Immacolata, al centro della capitale irachena. Molte delle indicazioni venute dal Sinodo appaiono in sintonia con la sollecitudine pastorale che sta segnando i primi mesi del ministero patriarcale di mons. Sako. I vescovi caldei invocano la ripresa del cammino ecumenico con tutte le altre Chiese e comunità cristiane, a partire dalla Chiesa assira, con la quale auspicano di veder ristabilita “l'unità della Chiesa d'Oriente”. Ribadiscono la necessità di continuare il dialogo con l'Islam in tutte le sue articolazioni e di porre massima attenzione nella gestione trasparente delle risorse economiche delle diocesi, avendo come criterio le necessità concrete delle parrocchie. Nel comunicato finale si riferisce che durante la riunione sinodale sono stati eletti i vescovi per diverse eparchie caldee rimaste vacanti, senza specificarne i nomi. Si insiste sulla necessità di curare la formazione dei candidati al sacerdozio, evitando di mandare tutti gli aspiranti sacerdoti a studiare all'estero e evitando anche di confondere la pastorale vocazionale con le campagne d'arruolamento per riempire spazi vuoti. Per por freno a un malcostume diffusosi negli ultimi anni, si ribadisce che nessun sacerdote può spostare la sua residenza da una diocesi all'altra senza il consenso di ambedue i vescovi. Con lo sguardo rivolto alla crisi politica e sociale che attanaglia il Paese, i vescovi caldei suggeriscono di creare una commissione di laici e sacerdoti per cercare risposte concrete al problema del lavoro e favorire investimenti in Iraq che aiutino a frenare anche la diaspora dei cristiani iracheni. Si è anche ribadito che la politica rimane un campo affidato alla responsabilità specifica dei laici cristiani, e sul quale i vescovi e i sacerdoti non devono esercitare nessun intervento diretto. Gli ultimi passaggi del comunicato richiamano tutti alla preghiera per i due vescovi di Aleppo – il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi - dal 22 aprile scorso nelle mani di ignoti rapitori. Ieri sera, a conclusione del Sinodo della Chiesa caldea, numerosi leader politici e religiosi iracheni hanno preso parte a un ricevimento presso l'Hotel Rashid promosso dal patriarca Sako come momento simbolico di riconciliazione nazionale. Nel suo intervento di saluto il patriarca Sako, dopo aver letto alcuni passi dell'inno di San Paolo alla carità, ha invitato tutte le parti politiche a non abbandonare o pregiudicare la via dialogo e della “coesione nazionale”. (R.P.)

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    Turchia: la Festa di Sant’Antonio Istanbul, fra i disordini di piazza Taksim

    ◊   “Molti giovani cha che vanno a piazza Taksim passano per la nostra chiesa, accendono un cero a Sant’Antonio, poi vanno a manifestare. Sono persone di ogni classe sociale, tutti musulmani. Come frati francescani, in questo momento delicato per il Paese, preghiamo, per intercessione di Sant’Antonio, per il bene e la pace nella nazione”: è quanto racconta all’agenzia Fides padre Anton Bulai, parroco della Chiesa di Sant’Antonio a Istanbul, che si trova nel bel mezzo della città, non lontano da piazza Taksim. La comunità locale dei sei frati francescani conventuali sta preparando la festa di Sant’Antonio, il 13 giugno, una celebrazione dalle radici antiche, e una festa che accoglierà fedeli cristiani di tutte le confessioni e anche molti non cristiani, devoti al Santo. “E’ una festa che coinvolge tutta la Chiesa locale: ci stringeremo al nostro vescovo, mons. Louis Pelatre che celebrerà la Santa Messa. Ma è anche una festa ecumenica, aperta a tutti: vengono leader religiosi e fedeli di tutte le altre comunità”, spiega fra Anton. Non mancheranno un rappresentante del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e fedeli non cristiani. Antonio è un santo conosciuto e amato in Turchia soprattutto per l’iniziativa del “Pane dei poveri” che da oltre 60 anni beneficia persone indigenti, senza distinzione di religione o etnia. Padre Bulai spiega: “Ogni martedì, fin dai tempi del delegato apostolico Angelo Roncalli, che frequentava la nostra chiesa, al nostro convento si prega e si distribuisce pane per le persone affamate o bisognose”. Negli ultimi anni “una speciale benedizione e doni per i bambini” hanno poi segnato la festa del 13 giugno. La festa oggi si trova nel bel mezzo di un’ondata di protesta che, nota il parroco, “in qualche modo potrebbe scoraggiare la partecipazione della gente”, dato il timore di disordini o di violenza. Dalla Chiesa di Sant’Antonio “giungerà sempre un parola di pace, di bene e di riconciliazione”. “La nostra Chiesa e la nostra testimonianza francescana in Turchia va avanti: siamo un convento con le porte sempre aperte all’accoglienza, siamo frati sempre pronti e pregare, benedire, accogliere chiunque si avvicini ed entri per accendere un cero al Santo: e le persone che ogni giorno lo fanno sono davvero moltissime, di ogni classe sociale e religione”, nota padre Bulai. (R.P.)

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    Turchia: per i giudici il delitto di mons. Padovese fu un gesto non legato a gruppi estremisti

    ◊   A poco più di tre anni dalla sua tragica morte, mons. Luigi Padovcese, barbaramente accoltellato dal suo autista, Murat Altun, il 3 giugno del 2010, è ben lontano dal ricevere giustizia. Ieri la seconda Corte penale di Iskenderun ha reso note le motivazioni della sentenza con la quale, nelle scorse settimane, ha condannato a 15 anni di carcere l'assassinio del prelato. Secondo i giudici - riferisce il quotidiano Avvenire - il giovane che lavorava per il vicariato apostolico da 5 anni, avrebbe agito da solo. L'omicidio non avrebbe quindi mandanti morali e, anche questa volta, sarebbe da addebitare al solito gesto isolato di un pazzo, come già avvenuto anche per l'uccisione di don Andrea Santoro o dei tre presbiteri di Malatya. In tutti i casi fu preso subito l'esecutore materiale del delitto, ma chi ha commissariato è sempre rimasto impunito. Il governo turco dopo l'uccisione aveva promesso un'indagine rapida e trasparente per individuare tutte le responsabilità. Anche in questo caso quindi, il tribunale di Iskenderum ha escluso che l'omicidio sia legato all'appartenenza di Altun a gruppi di alcun tipo o alla sua adesione a un culto religioso con matrice eversiva. Le ragioni per le quali avrebbe agito rimangono "indefinibili con certezza". (R.P.)

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    Centrafrica: a Bangui il dibattito interconfessionale su conflitto e mediazione

    ◊   Una due giorni di riflessione e confronto tra le varie confessioni iniziata ieri nella cattedrale di Bangui nell’Africa centrale. ‘Conflitto e mediazione’ è il tema del dibattito secondo quanto hanno riferito all’agenzia Misna fonti della diocesi di Bangui, la capitale, precisando che l’iniziativa è stata organizzata dall’Ong internazionale ‘Mercy Corps’. Il dibattito interreligioso si svolge in un contesto molto instabile, dopo mesi di crisi politico-militare che lo scorso 24 marzo ha portato la ribellione Seleka al potere con un colpo di stato, destituendo l’ex presidente François Bozizé. Da allora si sono moltiplicati attacchi e saccheggi ai danni di chiese, missioni e beni di proprietà di non musulmani, mentre i leader della Chiesa cattolica e di quelle protestanti ed evangeliche hanno espresso dubbi sulle intenzioni del nuovo potere. “Preti, missionari e suore delle diocesi di Bangassou, Alindoa, Bambari e Bossangoa sono stati vittime di questi fatti preoccupanti” ha dichiarato l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, poco prima dell’apertura del dibattito interconfessionale. “L’impunità deve cessare e le nuove autorità devono intervenire in questo senso, ha sottolineato l’arcivescovo. I capi religiosi di ogni confessione auspicano che nessuno possa strumentalizzare la fede con secondi fini. I politici devono distinguere la loro sfera da quella religiosa anche perché il Centrafrica è un Paese laico, ha sottolineato mons. Dieudonné Nzapalainga. Il mese scorso il nuovo uomo forte di Bangui, l’ex capo ribelle nominato presidente Michel Djotodia, ha avuto colloqui con dirigenti della Chiesa cattolica e di quelle evangeliche e protestanti, respingendo le accuse mosse nei confronti dei combattenti della coalizione Seleka (alleanza in lingua sango). Dopo aver assicurato che il Centrafrica è “un Paese laico”, Djotodia, primo presidente musulmano nella storia dell’ex colonia francese a maggioranza cattolica, ha anche annunciato l’apertura di inchieste sui beni saccheggiati nelle chiese per punire i colpevoli e si è impegnato a versare risarcimenti. (F.B.)

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    Nigeria: emergenza alimentare per oltre 10 milioni di bambini

    ◊   Sono quasi undici milioni i bambini con meno di cinque anni che soffrono di disturbi della crescita causati da un’alimentazione insufficiente. Secondo quanto riporta l’agenzia Misna i dati sono stati diffusi dalla Nutrition Society of Nigeria, un’organizzazione non governativa radicata sul territorio del Paese più popoloso dell’Africa. Un’emergenza tra le più gravi nel mondo inferiore solo per intensità a quella in corso in India. Secondo quanto ha sottolineato in una conferenza stampa il presidente della Nutrition Society of Nigeria circa 10 milioni e 900.000 bambini con meno di cinque anni soffrono di disturbi della crescita a causa della malnutrizione, un problema che ne compromette lo sviluppo fisico e cognitivo. Secondo gli esperti dell’organizzazione, in Nigeria un bambino su tre muore a causa di un’alimentazione insufficiente. Il presidente dell'Organizzazione umanitaria nigeriana d’altra parte, ha sottolineato che il problema è allo stesso tempo umanitario ed economico. Infatti la malnutrizione minaccia di ridurre del 20% il reddito pro capite e determina una contrazione del Prodotto interno lordo di almeno il 3%”. La Nigeria ha una popolazione di 160 milioni di abitanti. Dopo il Sudafrica, è la prima potenza economica dell’area sub-sahariana. (F.B.)

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    Senegal: i giovani cattolici di tutto il Paese per la pace nella Casamance

    ◊   La Jeunesse Etudiante Catholique (Jec) del Senegal si impegna per la pace nella Casamance, la regione senegalese incuneata tra Gambia e Guinea Bissau, da decenni in preda ad una guerra secessionista “a bassa intensità”. La Jec ha creato il Réseau National des Jeunes pour la Paix en Casamance (Renapec) al quale partecipano i giovani delle 14 regioni del Paese. L’obiettivo è quello di coinvolgere tutti i giovani del Senegal, in collaborazione con i leader religiosi e politici, le autorità locali e le Ong, per riportare la pace nella regione. Il coordinatore del Renapec ha affermato che tutti i senegalesi devono essere coinvolti nel processo di pace, non solo coloro che vivono nella Casamance. “La nostra è una rete d’azione. I punti focali installati nei diversi dipartimenti del Paese devono iniziare delle azioni a favore della pace in Casamance”. L’Amministratore generale del gruppo Avenir Communication, Madiambal Diagne, ha sottolineato che “coloro che si battono nella guerriglia, sia dal lato dei ribelli sia da quello dei militari governativi, sono tutti giovani. Dunque nessuno è in grado più di altri giovani di persuaderli a deporre le armi”. L’iniziativa nasce dalle riflessioni scaturite nel Forum dei leader studenteschi e delle donne della Casamance che si è tenuto all’Università di Ziguinchor lo scorso luglio. (R.P.)

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    Sierra Leone: la tratta di esseri umani causa migliaia di bambini di strada

    ◊   Una delle cause principali per le quali tanti piccoli vivono in strada in Sierra Leone è la tratta. Dopo essere stati maltrattati, abusati, molti non hanno altra alternativa che la fuga. Migliaia si trovano a vivere per le strade dopo che i rispettivi genitori li affidano a conoscenti sotto promessa di offrire loro una buona istruzione. Alcuni trafficanti sono gli stessi familiari - riferisce l'agenzia Fides - altri sono estranei o amici. Vanno nei villaggi e chiedono che vengano consegnati loro i bambini, promettono una migliore vita in città e istruzione. Purtroppo però, dopo averli portati in città, invece di adempiere alla loro promessa li costringono a lavorare, li obbligano a prostituirsi o li usano anche per rituali. A notte fonda, per le strade della capitale, è molto diffuso intravedere forme umane immobili appoggiate sulle porte di alcune case o sdraiate sui marciapiedi. Nonostante i grandi passi avanti fatti dopo la fine della guerra civile nel 2002, questo Paese dell’Africa occidentale continua ad essere uno dei meno sviluppati del mondo, dove numerose famiglie rurali non sono in grado né di assistere né di educare i propri figli. Secondo uno studio del 2010, circa 2.500 piccoli dormono ogni notte per le strade di Freetown. Non mancano i delitti contro questi minori che però non vengono nè perseguiti e molto spesso sono causati dalla stessa polizia. Solo alcune organizzazioni non governative si impegnano per ridurre questo grave fenomeno in Sierra Leone e per riunire le vittime ai rispettivi familiari. Una di queste è la Faith Alliance Against Slavery and Trafficking (Faast) che si occupa di creare consapevolezza sul problema e di integrare il tema nei programmi di formazione delle forze di polizia. L’Ong ha di recente inaugurato un rifugio per i piccoli vittime della tratta. Anche la Don Bosco Fambul ha aperto varie case di accoglienza e sostiene diversi programmi per i piccoli senza fissa dimora. (R.P.)

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    Brasile: in aumento la violenza contro i popoli indigeni

    ◊   Aumenta il numero degli indigeni assassinati in Brasile, in larga parte perché difendono le loro terre ancestrali e la sopravvivenza delle loro comunità, aumenta costantemente ormai dal 2002. Secondo quanto riferisce l’agenzia Misna, questa è la denuncia del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi), organismo della Chiesa cattolica che documenta le violazioni di cui continuano ad essere vittime i nativi nella settima potenza economica mondiale. Secondo i dati del Cimi, fra il 2000 e il 2010 si sono contati 452 indigeni uccisi; fra il 1995 e il 2002 erano stati 167. Un netto aumento dovuto, a detta dell’organismo, all’annoso ritardo del governo nel demarcare, ovvero delimitare e assegnare ufficialmente, i territori dei popoli autoctoni. La denuncia giunge peraltro a ridosso delle dimissioni della direttrice dell’agenzia federale per le questioni indigene, la Funai (Fondazione nazionale dell’indio), Marta Maria do Amaral Azevedo, nel pieno di nuove tensioni fra indigeni e agricoltori nella regione centro-occidentale del paese. All’inizio della scorsa settimana, soldati della forza nazionale di elite sono stati inviati a Sidrolandia, nello Stato del Mato Grosso do Sul, dove centinaia di indigeni del popolo Terena hanno occupato la ‘fazenda’ (latifondo) Burití, rivendicandobe la proprietà perché situata all’interno di un’area delimitata ben 13 anni fa come territorio indigeno dalla stessa Funai. La Funai rischia tra l’altro di essere ancor più delegittimata da un progetto di riforma costituzionale promosso dai ‘ruralistas’, i rappresentanti dei grandi produttori agricoli al Congresso. (F.B.)

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    Messico. Campagna disarmo: recuperate oltre 5 mila armi

    ◊   Lotta alle armi in Messico. Nei primi cinque mesi del 2013, il governo del Distretto Federale ha raccolto, in 15 delle 16 delegazioni della città più di 5MILA armi da fuoco. Un dato importante che come sottolinea l’agenzia Fides conferma il buon esito della campagna al disarmo grazie all’aiuto della Chiesa Cattolica. Nell’insieme dei quattro anni precedenti le armi recuperate sono state 5.433. Il successo del programma è dovuto al cambio di strategia, afferma Rosa Isela Rodriguez, segretario del programma di sviluppo sociale, in una nota inviata all'agenzia Fides. Le armi sono cedute attraverso una sorta di baratto per il quale sono stati stanziati 7 milioni di pesos: chi consegna un’arma può ricevere in cambio una somma di denaro oppure pezzi di mobilio, apparecchiature elettroniche e generi alimentari. Fra le armi raccolte 3.903 sono armi corte (pistole) 1.259 lunghe (fucili). Vi sono poi 356 granate e 44.448 cartucce, scambiate con biciclette, generi alimentari, elettrodomestici, tablet e laptop. Un supporto incredibile quello dato alla campagna dalla Chiesa Cattolica entusiaste le autorità locali che fanno sapere che la gente si fida completamente della parola data dai sacerdoti e vescovi anche perché lo scambio si effettua davanti le chiese e con avvisi durante le Messe. Nell'atrio della cattedrale metropolitana di Città del Messico, parlando davanti al capo del governo della città, Miguel Angel Mancera, il cardinale Norberto Rivera ha detto che oltre al disarmo della popolazione sono necessarie misure per rafforzare l'unità familiare e al fine di fare delle famiglie uno spazio di armonia, pace e tolleranza. Il cardinale ha infine sottolineato che la campagna "Per la tua Famiglia un disarmo volontario", è quella che ha ottenuto i migliori risultati, tanto che si prevede di superare le 6mila armi consegnate. (F.B)

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    Sri Lanka. I vescovi al governo: “Decentramento e una nuova Costituzione”

    ◊   I vescovi cattolici dello Sri Lanka hanno chiesto al governo di non abolire il sistema di decentramento amministrativo che dà un riconoscimento alla minoranza tamil e di pensare al progetto di una nuova Carta costituzionale. In un comunicato della Conferenza episcopale dello Sri Lanka, inviato all’agenzia Fides, si chiede di non procedere alla modifica o all’abrogazione del 13° emendamento della Costituzione L’emendamento, approvato nel 1987, prevede l’istituzione dei Consigli Provinciali e rende il “tamil” lingua ufficiale, con l’inglese lingua ponte fra le due comunità singalese e tamil. La proposta di abolire l’emendamento è al centro di un vivace dibattito politico e sociale che ha visto anche la Chiesa dare il suo contributo. Secondo i vescovi, è bene “discuterne con tutte le parti interessate”, sulla base di un progetto di revisione complessiva della Carta Costituzionale, che sia rispettoso dei diritti e della giustizia, per tutte le comunità compongono la società srilankese. Quello previsto dal 13° emendamento, nota la Chiesa, “è un sistema che consente una maggiore partecipazione delle persone in materia di governance”, ed è quindi un giusto principio per la vita democratica. Abolirlo potrebbe portare “maggiore centralizzazione dell'autorità” e attirare critiche dalla comunità internazionale, “in un momento in cui lo Sri Lanka si sta impegnando per rendere permanenti le faticose conquiste ottenute con la pace”, dopo una guerra civile durata trent’anni e conclusasi solo nel 2009. I vescovi invitano il governo a considerare “la questione del Nord” (l’area dove vive la minoranza tamil) come “questione nazionale”, e cercare una soluzione tramite il dialogo fra la leadership locale e quella nazionale. Per questo si suggerisce la creazione di un apposito “Comitato ristretto parlamentare” che possa elaborare la bozza di una nuova Costituzione che garantisca “giustizia, pace e prosperità per tutti i cittadini del Paese, indipendentemente dalle loro differenze etniche, religiose o sociali”. La proposta di abolire il 13 ° emendamento, per togliere i poteri alle Province, è stata lanciata dal partito nazionalista singalese “Jathika Hela Urumaya”, parte della coalizione attualmente al governo. Il partito musulmano più importante dello Sri Lanka, lo “Sri Lanka Muslim Congress” ha dichiarato la sua “totale opposizione”. Anche la “Tamil National Alliance” ha insistito sull’urgenza di una “piena devoluzione del potere alle autonomie provinciali”. (R.P.)

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    Sri Lanka. Il card. Ranjith: vandalismo contro una chiesa cattolica non è di stampo anti-religioso

    ◊   L’arcivescovo di Colombo, il card. Ranjith, ha smentito che l’attacco alla chiesa cattolica St. Francis Xavier ad Angulana, nell'arcidiocesi di Colombo, sia stato di natura anti-cristiana. I vandali – secondo quanto riportato dall'agenzia AsiaNews - hanno distrutto un'antica statua della Vergine, per poi accanirsi sul tabernacolo: lo hanno staccato dall'altare tentando di dare fuoco all'eucarestia. Il fatto è avvenuto il 5 giugno scorso intorno alle 10 di sera. L’arcivescovo di Colombo ha affermato che gli autori del gesto erano 4 ragazzi ubriachi: due buddhisti e due cattolici che hanno chiesto scuse e perdono, dopo il loro arresto, a lui e al parroco. In un primo tempo si era pensato ad un gesto contro la chiesa perché da diversi mesi in Sri Lanka avvengono attacchi contro le minoranze religiose, in particolare cristiana e islamica. In genere si tratta di aggressioni architettate da gruppi di estremisti buddisti (il Bodu Bala Sena o il Sinhala Ravaya), che lottano per proteggere la popolazione maggioritaria buddista e singalese e la sua religione. Tra i fedeli dell'arcidiocesi che hanno accolto la notizia con molto dolore, ha destato sconcerto il fatto che sebbene il tabernacolo sia stato trovato del tutto imbevuto di cherosene, le ostie consacrate non hanno preso fuoco e sono rimaste intatte. (R.P.)

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    Vietnam: la Caritas contro l'aborto

    ◊   Proteggere la vita, educare alla salute e tutelare il nascituro. Sono questi i temi rilanciati dagli attivisti cattolici in Vietnam. In un periodo in cui il fenomeno delle interruzioni di gravidanza prende sempre più piede, soprattutto fra i giovani asiatici, Caritas Vietnam rafforza l'impegno per la tutela della vita sin dal suo concepimento istituendo dei corsi e delle consulenze mediche e psicologiche tra i più giovani. Cresce infatti la pratica dell’interruzione volontaria della gravidanza. La conferma arriva da uno dei volontari dell'ente cattolico a Saigon, che a quanto riporta l’agenzia AsiaNews spiega che per arginare il fenomeno la Caritas ha lanciato dei corsi con la finalità di educare alla salute in tema di sessualità a livello di comunità e parrocchia coinvolgendo nel progetto anche i catechisti e i catecumeni. Dal 2004 anche i Redentoristi di Ho Chi Minh City hanno voluto aderire all'iniziativa - a fine 2012 presente in 17 diocesi del Paese - promuovendo attività specifiche a favore delle madri e dei bambini. Attivisti e movimenti cattolici pro-vita presentano dati statistici allarmanti: negli ultimi cinque anni, infatti, il Vietnam - nazione per decenni fondata sulla famiglia e i valori tradizionali - è diventato uno dei tre Paesi al mondo con il maggior numero di aborti, appena alle spalle della Cina. Ogni anno si registrano almeno 1,7 milioni di interruzioni volontarie della gravidanza; sono circa 300mila i giovani che si rivolgono alle strutture pubbliche per praticare l'aborto. Secondo AsiaNews il dato diventa preoccupante soprattutto perché a questo si aggiunge anche un cambiamento nei costumi, che ha portato a una maggiore commercializzazione e mercificazione del sesso. Molti studenti per racimolare denaro per continuare a studiare si riducono a vendere il proprio corpo dietro compenso, per garantirsi i soldi necessari allo studio. Da qui l’intervento della Caritas vietnamita per proteggere questa categoria a rischio. (F.B.)

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    Napoli. Card. Sede: "La disoccupazione è la vera malattia mortale"

    ◊   “Come vescovo e pastore di queste anime ho modo di toccare con mano quanta e quanto preoccupante sia la sofferenza della gente che troppo spesso, per pudore e per dignità, si chiude nelle proprie case, senza avere neppure la forza di reagire al proprio destino e si rivolge alla Caritas e alle Parrocchie quando proprio non riesce a sopravvivere”. Lo ha detto il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, intervenendo al convegno organizzato dalla segreteria regionale della Cgil su “Solitudini, povertà, nuove speranze: i mille volti della crisi”, che si è tenuto domenica presso il Museo diocesano di Napoli. “Si finisce così nella solitudine - ha proseguito il porporato -, che è fuga dal contesto sociale, visto come estraneo se non nemico; solitudine che è abbandono e rinuncia; solitudine psicologica e morale”. Per il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - “la disoccupazione è la vera malattia mortale della nostra società”. La conseguenza è la “tanta, troppa povertà”, che “riscontriamo nelle nostre comunità. Per la maggior parte si tratta di povertà causata dalla crisi economica e occupazionale, ma spesso è anche povertà di affetti, di amicizie, di valori, di prospettive e, cosa altrettanto grave, è povertà di idee e di responsabilità”. Povertà che “non possono essere considerate marginali rispetto alle grandi questioni che impegnano i protagonisti della scena nazionale”. Povertà, ha aggiunto, che “restano centrali dal punto di vista cristiano e umanitario, ai fini dello sviluppo integrale della persona”. Occorre, ha avvertito il cardinal Sepe, “una rinnovata presa di coscienza da parte dei governanti per un diverso approccio a questa realtà che sta assumendo la connotazione di una vera e propria questione umanitaria”. Bisogna partire dalla consapevolezza che “la vita di tutti gli esseri umani è sacra e che l’umanità non si salverà se non c’è solidarietà e se non si mette l’economia al servizio dell’uomo”. Per l’arcivescovo, “non basta la pura assistenza perché occorrono interventi organici di politica del lavoro, politica di sostegno alla famiglia, politica per gli anziani, soprattutto politica per l’inserimento dei giovani nel mondo della ricerca, delle professioni, del lavoro”. Si tratta di “diritti disattesi o negati, che comunque sono propri della persona umana per la quale si sente fortemente impegnata tutta la Chiesa, questa Chiesa di Napoli, e possiamo dire le forze sindacali, per smuovere le coscienze e riorganizzare la speranza”. “Vogliamo essere costruttori, con gli altri - ha concluso -, di un percorso di speranza, che non è immaginazione, illusione o sogno, ma è impostazione, sin da oggi, di un futuro diverso, fatto di giustizia e di pace, cui ciascuna persona ha il diritto di tendere, in nome del diritto alla vita, che è sacro e irrinunciabile”. (R.P.)

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    A Roma i funerali del soldato italiano ucciso in Afghanistan

    ◊   “Un ragazzo determinato e generoso, motivato e sensibile, attento ai più deboli e bisognosi, fiero e orgoglioso della sua professione, che gli permetteva di amare chi non è amato e di sperare l’insperabile. Il suo era un amore pieno, attivo, solidale, preoccupato, che non attende di essere ricambiato per donarsi. Egli sapeva bene che amare può portare a morire per l’altro”. Con queste parole - riferisce l'agenzia Sir - l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, ha ricordato il capitano dei Bersaglieri Giuseppe La Rosa, ucciso in Afghanistan l’8 giugno e del quale ieri, a Roma, si sono celebrati i funerali di Stato. “Caro Giuseppe - ha detto il vescovo castrense - l’Italia tutta, particolarmente chi ti ha voluto bene e che tu hai tanto amato, coloro che ti sono stati vicini e continuano il tuo impegno umanitario, ti dicono grazie per aver reso noi più capaci di sperare nell’unità della famiglia umana”. Il pensiero di mons. Pelvi è poi andato ai militari italiani impegnati nei teatri operativi, “anche per salvaguardare il significativo ruolo internazionale dell’Italia”, ai quali “va manifestato doverosa riconoscenza e concreta vicinanza. Chi, pagando di persona, con le lacrime e il sangue, costruisce nell’infermo afghano il futuro sereno della popolazione non è certo aiutato né dalle nostre sensibilità altalenanti, né da interessi di parte, né da parole e comportamenti egoistici. Eppure - ha sottolineato mons. Pelvi - i nostri giovani militari cercano di promuovere la riconciliazione e la pace in Paesi in cui si sparge ancora tanto sangue in guerre che sono sempre una follia. Non possiamo tirarci indietro, proprio nelle situazioni di maggiore dolore. Sosteniamo, invece, ogni tentativo che può condurre alla sicurezza e alla pace dei popoli, bisognosi di cooperazione e solidarietà”. (R.P.)

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    Vicenza: il Festival Biblico si chiude con 45 mila visitatori

    ◊   Si è chiusa con un bilancio (ancora provvisorio) di circa 45mila presenze la IX edizione del Festival Biblico. La rassegna dedicata alle Sacre Scritture - riporta l'agenzia Sir - si è svolta dal 31 maggio al 9 giugno a Vicenza e in numerosi centri della provincia berica, Verona e, per la prima volta, Padova, per un totale di 15 sedi diverse. Ricchissimo il calendario del 2013, con 10 giorni di eventi e oltre 170 ospiti, tra biblisti, filosofi, artisti, scrittori, storici, archeologi, esegeti, educatori e rappresentanti di religioni diverse. Quest’anno il Festival ha scelto di riflettere sul tema “Se conoscessi il dono di Dio (Gv 4,10a). Fede e libertà secondo le Scritture”. “Anche questa edizione si è chiusa ed è con viva soddisfazione che vediamo rinnovata ogni anno la promessa del Festival - spiega mons. Roberto Tommasi, presidente del Festival Biblico per la diocesi di Vicenza - ovvero il rinnovarsi di una sinfonia di voci, espressioni e presenze che partono dalla Parola. Di anno in anno questa manifestazione cresce e si allarga, e assieme a lei cresce e si allarga anche la capacità delle persone che gli si accostano, persone credenti ma anche persone in ricerca, che si pensavano al di fuori di un contesto di pensiero spirituale, o che semplicemente non avevano mai preso in considerazione la Bibbia come grande codice culturale”. L’appuntamento è per fine maggio del 2014, decennale per il Festival Biblico. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 162

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