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Sommario del 07/06/2013
Papa Francesco ai giovani delle Scuole dei Gesuiti: abbiate un cuore grande, trovatelo in Gesù
◊ Il cuore aperto alla magnanimità orientata in Cristo, la ricerca di nuove forme di educazione non convenzionali, le sfide in politica per i cristiani, la povertà che avvicina a Gesù: questi i temi principali al centro dell’incontro di Papa Francesco, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, con circa 8mila studenti delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania. Tanto l’affetto e la gioia dei ragazzi che hanno sollecitato il Papa con le loro domande e Francesco, rompendo ogni schema, ha avviato un dialogo diretto con i giovani. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
“Ho preparato questo per dirvi … ma, sono cinque pagine! Un po’ noioso … Facciamo una cosa: io farò un piccolo riassunto e poi consegnerò questo, per iscritto, al padre provinciale, lo darò anche al padre Lombardi, perché tutti voi lo abbiate per iscritto. E poi, c’è la possibilità che alcuni di voi facciano una domanda, e possiamo fare un piccolo dialogo. Ci piace questo, o no? Sì? Bene. Andiamo su questa strada”.
Così il Papa oggi ha rotto ogni schema davanti all’affetto, gli applausi, le risate. Francesco, prima di iniziare a dialogare con i ragazzi, ha parlato della “magnanimità” che apre il cuore e forma la persona:
“Noi dobbiamo essere magnanimi, con il cuore grande, senza paura. Scommettere sempre sui grandi ideali. Ma anche magnanimità con le cose piccole, con le cose quotidiane. Il cuore largo, il cuore grande … E questa magnanimità è importante trovarla con Gesù, nella contemplazione di Gesù. Gesù è quello che ci apre le finestre all’orizzonte. Magnanimità significa camminare con Gesù, con il cuore attento a quello che Gesù ci dice”.
Agli educatori e ai genitori ha ribadito la centralità della libertà, la necessità di bilanciare quei passi che ha definito tra “la sicurezza e la zona di rischio” e li ha incoraggiati a cercare nuove forme di “educazione non convenzionali, secondo la necessità di luoghi, tempi e persone”. Poi le domande dei ragazzi, il primo Francesco:
“Io cerco di essere fedele. Però, ho delle difficoltà. Ti volevo chiedere qualche parola per sostenermi in questa crescita e sostenere tutti i ragazzi come me”.
“Camminare è proprio l’arte di guardare l’orizzonte - ha detto il Papa -, pensare dove io voglio andare ma anche sopportare la stanchezza del cammino” e restare fedele a questo. Quindi, Papa Francesco invita a non avere “paura dei fallimenti, non avere paura delle cadute”:
“Nell’arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere caduti. Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare. E questo è bello: questo è lavorare tutti i giorni, questo è camminare umanamente. Ma anche, è brutto camminare da soli: brutto e noioso. Camminare in comunità con gli amici, con quelli che ci vogliono bene, questo ci aiuta, ci aiuta ad arrivare proprio alla meta a cui noi dobbiamo arrivare”.
La piccola Sofia ha chiesto a Papa Francesco se vede ancora gli amici:
“Ma, io sono Papa da due mesi e mezzo … I miei amici sono a 14 ore di aereo da qui, sono lontani. Ma voglio dirti una cosa: sono venuti tre, di loro, a trovarmi e a salutarmi, e li vedo e mi scrivono e voglio loro tanto bene. Non si può vivere senza amici”.
In un’atmosfera divertita Teresa ha domandato: “Ma volevi fare il Papa?”
“Ma, tu sai che cosa significa che una persona non voglia tanto bene a se stessa? Una persona che vuole, che ha voglia di fare il Papa, non vuole bene a se stessa, eh?, Dio non lo benedice, eh? No, io non ho voluto fare il Papa…”.
Mi piaceva la missionarietà dei Gesuiti. Così ha replicato sul perché della scelta vocazionale, poi ancora domande sulla decisione di vivere a Santa Marta in Vaticano, più in povertà:
“Ma, credo che non è soltanto una cosa di ricchezza. Per me è un problema di personalità … Io ho necessità di vivere fra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene. Ma questa domanda me l’ha fatta un professore: ‘Ma perché lei non va ad abitare là?’. Io ho risposto: ‘Ma, mi senta, professore: per motivi psichiatrici’, eh? Perché, ma … è la mia personalità”.
Papa Francesco ha ribadito che la povertà nel mondo è uno scandalo, “un grido” in un mondo dove ci sono tante ricchezze, tante risorse” per “tutti”. “Non si può capire come ci siano tanti bambini affamati – ha stigmatizzato - ci siano tanti bambini senza educazione, tanti poveri”. “Tutti noi dobbiamo pensare se possiamo diventare un po’ più poveri”, “per assomigliare meglio a Gesù”. Dopo i ragazzi hanno chiesto se fosse stato difficile seguire la vocazione, lasciare tutto e tutti:
“Ci sono difficoltà. Ma è tanto bello seguire Gesù, andare sulla strada di Gesù, che tu poi bilanci e vai avanti. E poi arrivano momenti più belli. Ma nessuno deve pensare che nella vita non ci saranno le difficoltà. Anche io vorrei fare una domanda, adesso: come pensate voi di andare avanti con le difficoltà? Non è facile! Ma dobbiamo andare avanti con forza e con fiducia nel Signore: con il Signore, tutto si può”.
Il Santo Padre ha poi incoraggiato i giovani e parlando delle difficoltà che vive il mondo è tornando a sottolineare che “la crisi che in questo momento stiamo vivendo è una crisi della persona” perché “oggi non conta la persona”, ma “contano i soldi, conta il denaro”. E quindi è necessario “liberarci di queste strutture economiche e sociali che ci schiavizzano”. Il sorriso dei ragazzi è esploso quando il Papa, rispondendo alla curiosità di Francesco, ha spiegato che non è mai stato in Sicilia, “per ora”, ma che conosce la “bellissima regione” grazie al film Kaos ispirato a quattro racconti i Pirandello. Quindi sollecitato sul compito dei cristiani in politica, ha spiegato che è un dovere lavorare per il bene comune:
“Coinvolgersi nella politica è un obbligo, per un cristiano. Noi cristiani non possiamo giocare da Pilato, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo immischiarci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. Lei mi dirà: ‘Ma, non è facile’. Ma neppure facile è diventare prete. Non ci sono cose facili, nella vita: non è facile. La politica è troppo sporca, ma io mi domando: è sporca, perché? Perché i cristiani non si sono immischiati con lo spirito evangelico? … è facile dire ‘la colpa è di quello’. Ma io, cosa faccio? Ma, è un dovere! Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica”.
Dunque Francesco è tornato a parlare direttamente ai giovani e sollecitato più volte sui mali della società, ha alzato lo sguardo sul cuore dell’uomo:
“Non lasciatevi rubare la speranza. Per favore: non lasciatevela rubare. E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, l’orgoglio … tutte queste cose ti rubano la speranza. Dove trovo la speranza? In Gesù povero: Gesù che si è fatto povero per noi. E tu hai parlato di povertà. La povertà ci chiama a seminare speranza”.
Con forza ha rimarcato la centralità dell’esperienza:
“Non si può parlare di povertà, di povertà astratta: quella non esiste! La povertà è la carne di Gesù povero, in quel bambino che ha fame, in quello che è ammalato, in quelle strutture sociali che sono ingiuste … Andare, guardare laggiù la carne di Gesù. Ma non lasciatevi rubare la speranza dal benessere, dallo spirito del benessere che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? Nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C’è un collegamento tra i due”.
Poi ancora i canti, gli applausi, la commozione e la gioia, che hanno accolto Papa Francesco, lo hanno salutato al termine di questo incontro straordinario con i giovani delle Scuole dei Gesuiti in Italia e in Albania.
◊ Lasciarci amare dal Signore con tenerezza è difficile ma è quanto dobbiamo chiedere a Dio: è l’invito di Papa Francesco nella Messa di stamani a “Santa Marta”, parlando dell’odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Era presente il personale dell’Archivio Segreto Vaticano: a concelebrare l’archivista di Santa Romana Chiesa, mons. Jean-Louis Bruguès, e il prefetto, mons. Sergio Pagano. Il servizio di Benedetta Capelli:
Gesù ci ha amato tanto non con le parole ma con le opere e con la sua vita. Papa Francesco lo ripete più volte nell’omelia di oggi, nella solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù che lui stesso definisce “la festa dell’amore”, di un “cuore che ha amato tanto”. Un amore che, come ripeteva Sant’Ignazio, “si manifesta più nelle opere che nelle parole” e che è soprattutto “più dare che ricevere”. “Questi due criteri – evidenzia il Papa – sono come i pilastri del vero amore” ed è il Buon Pastore a rappresentare in tutto l’amore di Dio. Lui conosce una per una le sue pecorelle, “perché – aggiunge Papa Francesco – l’amore non è un amore astratto o generale: è l’amore verso ognuno”:
“Un Dio che si fa vicino per amore, cammina con il suo popolo e questo camminare arriva ad un punto che è inimmaginabile. Mai si può pensare che lo stesso Signore si fa uno di noi e cammina con noi, rimane con noi, rimane nella sua Chiesa, rimane nell’Eucarestia, rimane nella sua Parola, rimane nei poveri, rimane con noi camminando. E questa è vicinanza: il pastore vicino al suo gregge, vicino alle sue pecorelle, che conosce una ad una”.
Spiegando ancora un passaggio del Libro del profeta Ezechiele, il Papa mette in luce un altro aspetto dell’amore di Dio: la cura per la pecora smarrita e per quella ferita e malata:
“Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella scienza delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina – vicinanza – e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste due maniere dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con le cose anche più piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché vicinanza e tenerezza ci fanno vedere la fortezza dell’amore di Dio”.
“Ma amate voi come io vi ho amato?” è questa la domanda che Papa Francesco pone, sottolineando come l’amore debba “farsi vicino al prossimo”, debba essere “come quello del buon samaritano” e in particolare nel segno della “vicinanza e tenerezza”. Ma come restituire tutto questo amore al Signore? È l’altro punto sul quale il Pontefice si sofferma: senz’altro “amandolo”, farsi “vicini a Lui”, “teneri con Lui”, ma questo non basta:
“Questa può sembrare un’eresia, ma è la verità più grande! Più difficile che amare Dio è lasciarci amare da Lui! La maniera di ridare tanto amore è aprire il cuore e lasciarci amare. Lasciare che Lui si faccia vicino a noi e sentirlo vicino. Lasciare che Lui si faccia tenero, ci carezzi. Quello è tanto difficile: lasciarci amare da Lui. E questo è forse quello che dobbiamo chiedere oggi nella Messa: ‘Signore io voglio amarti, ma insegnami la difficile scienza, la difficile abitudine di lasciarmi amare da Te, di sentirti vicino e di sentirti tenero!’. Che il Signore ci dia questa grazia!”.
Tweet del Papa: sprecare il cibo è rubarlo agli affamati
◊ Nuovo tweet del Papa nella Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù: “Il consumismo – scrive Papa Francesco - ci ha indotto ad abituarci allo spreco. Ma il cibo che si butta via è come se fosse rubato ai poveri e agli affamati”. Sull'account @Pontifex in nove lingue i follower stanno raggiungendo i 7 milioni. In lingua italiana hanno superato gli 800mila. Questi i dati delle altre lingue: 2.574.000 circa (inglese); 2.545.100 (spagnolo); 372.400 (portoghese); 145.100 (francese); 109.300 (tedesco); 108.800 (latino); 91.200 (polacco); 63.400 (arabo).
◊ Il Papa ha ricevuto questa mattina in udienza anche Mikayel Minasyan, ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, e il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile. Nel pomeriggio riceve mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Cortile dei Gentili a Marsiglia: al centro del confronto l'ateo Camus e il filosofo Ricoeur
◊ Prosegue a Marsiglia la seconda tappa francese del “Cortile dei Gentili”, la struttura vaticana dedicata al dialogo con i non credenti gestita dal Pontificio Consiglio della Cultura. Dopo l’esordio parigino della primavera 2011, il Cortile, per iniziativa dell’arcidiocesi locale e dell’Istituto cattolico per il Mediterraneo, è sbarcato in uno dei maggiori porti del Mare nostrum, città nominata quest’anno Capitale europea della Cultura. Il servizio del nostro inviato, Fabio Colagrande:
I marsigliesi dai tratti magrebini guardano con curiosità e speranza il grande edificio avveniristico, frutto della fantasia dell’architetto Rudy Ricciotti, che sorge sul mare accanto al seicentesco forte Saint Jean, nel porto vecchio della città. Qui oggi si inaugura il “Mucem”, il primo museo al mondo dedicato alla cultura europea e del Mediterraneo, inaugurato martedì dal presidente Hollande. Uno dei frutti degli investimenti arrivati a Marsiglia dall’Unione Europea per questo anno speciale e una delle speranze di rinascita turistica per una città flagellata da criminalità e disoccupazione. Intanto, nella Basilica del Sacro Cuore, il nunzio, mons. Luigi Ventura, celebra la solennità omonima ricordando la consacrazione della città al Sacro Cuore di Gesù durante l’epidemia di peste del 1720. Due momenti diversi, ma che simboleggiano le speranze e le contraddizioni di una città multietnica e meticcia che cerca un riscatto spirituale anche in questo “Cortile del Cuore”, per mostrarsi luogo ideale di incontro e dialogo tra laici e credenti, sulle sponde del Mediterraneo, ma nel Paese della laïcité.
Le coordinate del confronto le ha ricordate stamane il card. Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero della cultura, inaugurando al Centro diocesano “Le Mistral”, un incontro dedicato a un inedito raffronto fra due grandi pensatori francesi nati un secolo fa: l’ateo Albert Camus e il filosofo dell’ermeneutica Paul Ricoeur. “Il dialogo si deve svolgere nella chiarezza – ha ricordato il porporato - non deve nascondere, ma piuttosto sottolineare l’identità specifica di ciascuno dei soggetti; deve infine svolgersi sull’unico terreno dove ci si può ritrovare, quello dell’umanità comune”. “L’apostolo Paolo – ha concluso Ravasi – diceva che Gesù Cristo è venuto per ‘abbattere i muri di separazione’ e fare ‘di due popoli uno solo’, è lo scopo anche di questo Parvis du Coeur marsigliese, che integra, le ragioni della ragione, con quelle del cuore”.
Alla figura di Camus, filosofo e scrittore franco-algerino, premio Nobel nel ’57, il card. Ravasi, aveva dedicato il suo intervento di ieri, nella moderna biblioteca cittadina de “L’Alcazar”. Ravasi lo ha definito “un ateo tutt’altro che agnostico e impermeabile alle questioni della fede”. “Spartisco con voi l’orrore per il male ma non spartisco la vostra speranza” diceva l’autore de “La Peste” di fronte a un uditorio cattolico. Ma nella sua opera – come ha illustrato Ravasi – si fa strada “la ricerca di una salvezza intrastorica, costruita sulla rivolta morale, sulla bellezza, sull’amore, che conserva brividi della trascendenza”. E proprio a partire dall’imperativo della “rivolta” per ridare dignità alla vita, la psicanalista Julia Kristeva - già ad Assisi con Benedetto XVI nell’ottobre 2011 – ha sottolineato l’urgenza di “costruire delle passerelle tra l’umanesimo laico e l’umanesimo cristiano per tornare a forme radicali, perché intime, basate sulla ricerca interiore, di rivolta”. Dal canto suo, il filosofo Jean-François Mattei, ha invece deprecato l’odierna distruzione dell’umanesimo, in un’epoca “funestata dal culto della neutralità che non ammette più la distinzione – cara a Camus – tra bene e male, e addirittura tra maschile e femminile”. Una conclusione laica che echeggia però la denuncia della dittatura del relativismo del più recente magistero pontificio. A conferma delle sorprese a cui può approdare il dialogo intrapreso dal Cortile.
L’odierna festa del Sacro Cuore assume un significato particolare a Marsiglia dove, ogni anno in questo giorno, si ripete l’atto di affidamento della città al Sacro Cuore di Gesù compiuto, per iniziativa delle autorità civili, durante l’epidemia di peste del 1720. Stamani, in una gremitissima Basilica del Sacro Cuore, la Santa Messa che rievoca quella consacrazione è stata celebrata dal nunzio apostolico in Francia, l’arcivescovo Luigi Ventura. Ascoltiamolo al microfono del nostro inviato Fabio Colagrande:
R. - E’ una celebrazione che si radica nella storia - come sempre - popolare. Una devozione che ha fatto nascere in Francia la devozione al Sacro Cuore, la prima festa del Sacro Cuore mondiale, che poi il Papa riceverà. Quindi la Festa del Sacro Cuore è una festa che viene da una sofferenza, da un momento di pena - la peste del 1720 - ma anche da una grande fede che si è conservata in questa diocesi di Marsiglia in modo particolare, con quei caratteri che sono del calore mediterraneo, di una fede che è espansiva sia per la Festa del Sacro Cuore come anche per la Madonna della Guardia che venerano con tanta devozione e che attira gente cattolica, cristiana, ma anche al di là del confine cristiano. Quindi una festa molto sentita che unisce anche le due anime: quella religiosa - il vescovo - e quella civile. Una volta erano gli assessori, le autorità pubbliche a venire e adesso è la Camera di Commercio che ha preso il testimone per consegnare ogni anno questo cero e rinnovare la consacrazione al Cuore di Gesù.
D. - Quindi anche un’occasione di dialogo e di incontro tra mondo civile e mondo ecclesiale, in un contesto sociale e politico come quello francese, che si dice spesso caratterizzato dalla laicità…
R. - Direi di sì. Confermo. Però ogni definizione in Francia va adattata e va letta nel contesto geografico. Credo che a Marsiglia abbia una lettura - direi - specifica di collaborazione e di dialogo, un confronto che è costante. Quest’anno, per le circostanze particolari - l’Anno della Cultura Europea in Marsiglia che è la città capitale della cultura - la diocesi, le aggregazioni diocesane ma anche le rappresentanze civili hanno supportato il “Parvis des Gentils”, con il cardinale Ravasi, e che continuerà ancora in varie espressioni e manifestazioni. Visto poi che si concentrano nei giorni di questa festa, è stato cambiato il nome a “Parvis des Gentils” ; “parvis” - cioè il cortile - del cuore, il Cortile del Sacro Cuore, ma anche del cuore umano, dell’incontro di uomini e di culture.
D. - Forse non è un caso che la Francia, di cui si parla sempre come di un contesto laico, abbia ospitato già il secondo Cortile dei Gentili: questo dimostra che c’è volontà di dialogo?
R. - A volte sono alcune manifestazioni che creano, che suscitano molta attenzione, ma c’è anche tanta iniziativa nel seno della Chiesa, tanto fervore, tanta intelligenza e - visto che siamo al Sacro Cuore - anche tanto cuore e tanta generosità.
Il cardinale Koch per la prima volta in Ucraina: "Una sfida per l'ecumenismo"
◊ Prosegue la visita in Ucraina del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il porporato sta incontrando la comunità greco-cattolica e quella ortodossa. Si tratta del suo primo viaggio in questo Paese: “E’ una sfida per l’ecumenismo”, ha detto ai microfoni della Radio Vaticana. Philippa Hitchen gli ha chiesto quali progressi spera di ottenere nel corso di questa visita:
R. – Ich glaube, in der Ökumene kommen wir nur weiter, wenn wir versuchen, …
Credo che nell’ecumenismo si possa progredire soltanto se proviamo a guardarci anche con gli occhi degli altri, se non ci limitiamo a considerare la nostra situazione ma anche quella degli altri, e poi cerchiamo di percorrere strade nuove. E io sono fiducioso perché penso che si possano trovare strade anche in questa situazione non facile.
D. – Quando era ancora in Argentina, Papa Francesco era vicino alla Chiesa ucraina: egli presenziava alle divine liturgie ed era ordinario per tutte le Chiese orientali. Come questo può, eventualmente, incidere su questo dialogo particolare?
R. – Papst Franziskus war verantwortlich, in Argentinien, für alle …
In Argentina, Papa Francesco era responsabile di tutte le Chiese cattoliche di rito orientale: egli conosce quelle tradizioni e quindi conosce anche la situazione ecumenica delle Chiese cattoliche orientali con le Chiese ortodosse ed orientali. Io sono sicuro che egli possa dare, in questo ambito, impulsi essenziali per approfondire questo dialogo, che è indispensabile.
Sinodi continentali, mons. Eterovic: "Riflessione sulla Chiesa pellegrina"
◊ “Una riflessione sulla Chiesa universale, pellegrina in tutti i continenti”: è quella che mons. Nikola Eterovic, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, ha voluto racchiudere nel suo volume “Sinodi continentali, i Consigli speciali del Sinodo dei Vescovi”, presentato all’istituto Augustinianum di Roma. Ce ne parla Davide Maggiore:
“Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Con questa esortazione, tratta dal Vangelo di Matteo, si apre il volume, che segue l’attività dei Consigli speciali continentali dal 2004 al 2012, anno in cui alcuni di essi hanno concluso la loro funzione. A spiegare l’importanza di questo riferimento evangelico è lo stesso mons. Nikola Eterovic:
“La finalità del Sinodo dei Vescovi è essenzialmente missionaria. Questo risulta anche nella sua prassi: i vescovi si riuniscono a Roma, intorno al Vescovo di Roma, pastore universale della Chiesa, per riflettere sulla realtà della Chiesa nei vari continenti, ma anche per ritornare poi nelle loro diocesi e nelle loro Chiese particolari con rinnovato dinamismo di evangelizzazione e anche di missione ad gentes. Nel nostro tempo la missione diventa un’opera urgente di tutte le Chiese, anche quelle di antica evangelizzazione”.
Le assemblee speciali, ricorda ancora l’arcivescovo “hanno messo in moto le comunità ecclesiali in tutti e cinque i continenti” e hanno dato loro “l’occasione di riscoprire la ricchezza della loro storia cristiana”. Questa, sottolinea mons. Eterovic, si inscrive all’interno di un orizzonte comune:
“Il denominatore comune è la Chiesa presente nei singoli continenti e l’unità, nella pluralità, che si vede anche dalla composizione dei Sinodi dei vescovi, riuniti intorno al Vescovo di Roma, che è segno di unità del Collegio episcopale e della Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”.
Allo stesso modo, sono diventati patrimonio della Chiesa universale i singoli frutti portati dai diversi Sinodi continentali. È quanto emerge anche dalle parole di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio, che – a proposito dell’Europa – si sofferma sull’elemento della speranza e sulla nuova evangelizzazione:
“Credo che il discorso della speranza sia il discorso attorno a cui nascono tutti i Sinodi. In Europa la Chiesa ha avuto speranza quando l’Europa era divisa in due: la speranza di Giovanni Paolo II. La nuova evangelizzazione è un tema caro a Benedetto XVI, che risale a Giovanni Paolo II proprio guardando l’Europa, una terra di antica evangelizzazione, in cui bisogna riproporre ai cristiani la fede, il Vangelo. Però la Chiesa non è straniera, il Vangelo non è straniero in Europa, in questa Europa in cui sono morti tanti martiri".
Per quanto riguarda le Americhe, il prof. Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, evidenzia il significato della decisione di convocare un unico Sinodo per il Nord e il Sud del Continente:
“Si trattava di mettere le Chiese dentro una prospettiva di intercomunicazione, davanti a nuovi scenari mondiali. Il continente americano sembrava essere un luogo decisivo per affrontare questa grave condizione di situazione di sviluppo molto diversificata, grandi asimmetrie di potere e gravissime disuguaglianze. Riecheggiando, certamente, quella voce profetica di Paolo VI, della Populorum Progressio, quando diceva: ‘il popolo della fame interpella le società dell’abbondanza’”.
A proposito dell’Africa ascoltiamo infine il card. Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, che sottolinea in particolare uno dei frutti del secondo Sinodo africano:
“Io vedo l’aspetto di ‘coscientizzazione’ della Chiesa in Africa sul suo contributo al servizio della giustizia, della riconciliazione e della pace. La giustizia, le relazioni tra le persone, le relazioni tra i governanti e il popolo, le relazioni nazionali e internazionali: la nostra fede in Cristo deve ispirare tutto questo”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ L’arte di camminare insieme: il Papa risponde alle inquietudini sul futuro manifestategli dai giovani allievi dei gesuiti.
La difficile scienza dell’amore: Messa del Pontefice a Santa Marta.
Salvare milioni di bambini dalla fame costa meno della pubblicità: in rilievo, nell’informazione internazionale, uno studio pubblicato dal “Lancet”.
Libertà, morte e fede: Dario Edoardo Viganò, direttore del Centro Televisivo Vaticano, su quando il cinema si confronta con le domande radicali.
Un articolo del vicedirettore dal titolo “I segreti di una dottrina ritrovata”: in un libro di Gianni Gennari la santità moderna di Teresa di Lisieux.
Nella mente di Leonardo con occhi orientali: Pier Francesco Fumagalli, vice prefetto della Biblioteca Ambrosiana, recensisce la mostra - che ha suscitato grande interesse a Tokyo - della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana sul genio di Vinci e la sua cerchia.
I mondi di Jack: Roberto Genovesi ricorda lo scrittore statunitense di fantascienza, John Holbrook Vance, scomparso all’età di novantasette anni.
Su famiglia e società un dialogo che continua: nell’informazione religiosa, a proposito del documento dei vescovi francesi in cui si auspica un dibattito costruttivo dopo il “mariage pour tous”.
Usa, scandalo intercettazioni: bufera su Obama
◊ Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e la sua amministrazione alle prese con lo scandalo delle intercettazioni telefoniche e dei controlli sulla rete web effettuati dall’Fbi. Un’attività, confermata dalle autorità, considerata necessaria – afferma il governo – per la sicurezza della Nazione americana, soprattutto a causa delle minacce terroristiche che il Paese continua a subire. Sulla scottante vicenda, evidenziata dal quotidiano britannico, The Guardian, e ripresa da New York Times, Giancarlo La Vella ha intervistato Tiziano Bonazzi, docente di Storia Americana all’Università di Bologna:
R. - Si tratta di un controllo di massa delle telefonate fatte dai cittadini americani fra di loro sugli Stati Uniti e verso l’estero. Soprattutto, il fatto che una delle grandi compagnie telefoniche americane, Verizon, sia stata costretta dall’agenzia di sicurezza - e quindi dal Governo - a fornire tutti i dati su tutte queste telefonate, mostra che questo è un caso di spionaggio sugli stessi cittadini americani, non in rapporto a qualche specifica indagine su determinate persone, ma si tratta un controllo di massa indiscriminato.
D. - Sono in conflitto due diritti, ambedue degni di tutela, quello dello Stato a difendere i suoi cittadini dal terrorismo e quello del privato di vedere tutelata la propria riservatezza …
R. - Lo Stato, secondo quelli che sono i canoni normativi in tutti i Paesi occidentali, può indagare sui propri cittadini in rapporto a questioni precise e quando ci sono sospetti su determinate persone. A Verizon, invece, è stato detto in questo modo: ”Vogliamo sapere, di tutti i cittadini americani, negli ultimi tre mesi, dove hanno telefonato, a chi hanno telefonato, dove erano quando telefonavano”. Insomma, siamo veramente al di là di uno Stato che, sappiamo benissimo, fin dal 1948 cioè dagli anni della Guerra Fredda, ha accentuato il controllo autoritario sui propri cittadini in modi spesso e volentieri che vanno al di là dei canoni normali di una democrazia. Quest’ultima cosa nasce dal famoso Patriot Act passato dal presidente Bush, subito dopo l’attacco alle Torri Gemelle, che il presidente Obama aveva detto di non voler più applicare. Invece, ha continuato ad applicarlo tranquillamente! Quindi sì, ovviamente Obama è il presidente di una super-potenza con un enorme bisogno di sicurezza, ma insomma, come si è soliti dire, est modus in rebus, soprattutto in una nazione molto legata al concetto di diritto e al concetto di diritti individuali.
In Asia sempre più testate nucleari: rapporto del Sipri
◊ Mentre Russia e Stati Uniti registrano tagli, aumentano le testate nucleari in Asia. E’ quanto emerge dall’annuale rapporto dello Stockholm International Peace Reserch Institute (Sipri). La Cina è arrivata al quarto posto nella lista delle potenze nucleari. India e Pakistan sono passati rispettivamente da 90 a 110 testate e da 100 a 120. Non ci sono dati sulle due possibili nuove potenze nucleari: Corea del Nord e Iran. E’ confermato però che Pyongyang prosegue con i test dei suoi missili balistici. Fausta Speranza ne ha parlato con Marco Lombardi, docente di politiche della Sicurezza all’Università Catolica del Sacro Cuore di Milano:
R. - Il problema delle testate nucleari è rilevante e sappiamo che c’è stato un taglio enorme dai tempi della Guerra Fredda: siamo scesi a 19 mila, diciamo più o meno 20 mila testate, rispetto a quando ne avevamo 80 mila nel mondo. Noi abbiamo visto alcune cose: un Paese come la Cina, di fatto, sta incrementando il numero e ci aspettiamo che aumenti ancora.
D. - Diciamo che è preoccupante che aumentino le testate nucleari in Asia, ma anche preoccupante il fatto che sfuggono anche al controllo delle agenzie internazionali: è così?
R. - Direi che l’espressione "sfuggono" è pesante. Diciamo che c’è sempre molta opacità, poca trasparenza rispetto alle richieste di rendere visibile quella che è la produzione del materiale fissile, dei processi di arricchimento di uranio, etc, etc… tanto più nel dichiarare ufficialmente di quanto si dispone: per esempio noi diciamo che questo è il numero delle testate a disposizione, perché facciamo delle ipotesi su quelli che sono i processi di produzione del materiale che serve per costruirle, ma non c’è una denuncia trasparente che dice: “sì, noi ne abbiamo tot” ... come, invece, fanno Stati Uniti, Russia e altri Paesi avendo sottoscritto, in particolare, un Trattato che vuole ridurre la diffusione delle armi nucleari, ridurre gli arsenali esistenti e indirizzare verso altri usi il nucleare.
D. - Emerge dal rapporto anche qualcosa sul sentire della gente? Corrisponde alle scelte dei governi?
R. - E’ interessante notare come in Cina, la maggior parte dei cinesi intervistati - circa il 60 per cento - chieda una riduzione dell’arsenale nucleare. La Cina ci ha spesso abituati a questo: c’è una sorta di strabismo, diciamo così, tra l’indirizzo strategico governativo e le attese della popolazione. Uno strabismo che rende problematico, come sempre incerto, capire qual è l’evoluzione della Cina. Dall’altra, un pochino più preoccupanti sono le altre due potenze: India e Pakistan. Qui ci attestiamo anche su un centinaio di testate nucleari per ciascun Paese e qui, invece, meno della metà della gente si schiera a favore della riduzione. Quindi, questi Paesi hanno anche un supporto popolare nel mantenimento e nell’incremento del loro arsenale. Sicuramente ciò è dovuto anche alle relazioni non facili proprio nell’area e anche le relazioni non facili proprio come sappiamo tra India e Pakistan. Ci sono antiche questioni, questioni sempre aperte. Su altri Paesi si può dire poco: Israele ha sempre detto e non detto, soprattutto non detto - si stima che abbia un’ottantina di testate. Ma anche qui contando i prodotti che possono costruirle, si può dedurre qualcosa. Lo stesso è la Corea del Nord che potrebbe averne 7-8 se guardiamo a quello che sta producendo per arricchirle. Quindi c’è grande incertezza, di fatto. C’è un mondo che è ancora quello che mantiene - sia chiaro - il maggior numero di testate nucleare, che è quello occidentale, Russia inclusa; c’è un mondo, che è quello soprattutto asiatico, che ha un numero relativamente basso di testate, ma che è costantemente - seppur lievemente - in incremento.
Dialogo e denuclearizzazione: intervista con l'ambasciatore coreano presso la Santa Sede
◊ Si è concluso ieri ad Hong Kong il Forum internazionale promosso dal Consiglio Mondiale delle Chiese sulla pace e sulla sicurezza in Asia. Si è parlato soprattutto della situazione coreana e di una possibile riconciliazione a sessanta anni dall’armistizio. Ce ne parla Davide Dionisi:
Nuovi negoziati e disarmo. Sono queste parole chiave che hanno caratterizzato i dibattiti del Forum di Hong Kong promosso dal Consiglio mondiale delle Chiese sulla sicurezza in Asia. Si è parlato soprattutto della crisi tra le due Coree e di un impegno volto alla riconciliazione. L’iniziativa del Consiglio ha fatto da apripista alla grande assemblea, promossa sempre dal World Council of Churches, che si terrà a Busan, in Corea del Sud, dal 30 ottobre all’8 novembre prossimo. Segnali di distensione, intanto, arrivano dalla penisola, perché la Corea del Nord ha annunciato il ripristino della “linea rossa” per le comunicazioni d'emergenza tra Nord e Sud, chiusa a marzo per le tensioni bilaterali ed è stato raggiunto un accordo per un vertice tra i due Paesi, in programma il 12 giugno a Seul. Ma quale ruolo può avere la comunità ecumenica internazionale per far sì che la pace venga assicurata in un Paese diviso come quello coreano. Lo abbiamo chiesto all’ambasciatore della Repubblica di Corea presso la Santa Sede, prof. Thomas Hong-Soon Han:
R. – Io direi che c'è un sostegno morale da parte delle religioni cristiane. Le religioni cristiane sono sempre un sostegno della pace, perché Cristo è la nostra pace. Si attende questo sostegno morale anche grazie alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale. Si tratta di un gesto concreto, che porti alla denuclearizzazione della penisola coreana. Senza la disposizione della denuclearizzazione da parte della Corea del Nord, non si può andare avanti nel processo volto alla realizzazione della pace nella penisola coreana. Oggi la penisola coreana è diventata il centro dell’interesse mondiale della pace.
D. – Qual è l'elemento che potrebbe accelarare il processo di pace?
R. – Soprattutto la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per far sì che le parti interessate – parlo soprattutto della Corea del Nord – mostrino, realizzino un gesto concreto verso la denuclearizzazione della penisola coreana. Poi, soprattutto, una preghiera per il Signore, che è il Principe della pace. La pace non si può garantire con le armi: la pace si deve garantire tramite il dialogo. Bisogna essere convinti che la pace è responsabilità di tutti, per tutti.
Mons. Vecerrica sulla crisi della Indesit: non si può creare disperazione
◊ Nelle Marche la produzione industriale nel primo trimestre 2013 ha segnato un calo del 2,8% rispetto a un anno fa. La disoccupazione è aumentata dell’1%. Una situazione quindi di pesante crisi, con tante imprese in sofferenza, come la Indesit. Oggi i lavoratori dell’azienda hanno indetto uno sciopero di quattro ore contro il piano di ristrutturazione che prevede 1425 esuberi. Già sono arrivate le lettere di licenziamento ad alcuni dirigenti. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo di Fabriano Matelica, mons. Giancarlo Vecerrica:
R. – La persona umana è in pericolo. Io ho detto: “Non potete fare un piano di drastica riduzione, senza tener conto delle persone che avete”. Anche perché nel nostro territorio, nelle aziende – dei Merloni soprattutto e di qualche altra – c’erano il padre, la madre e i figli. Quindi, d’improvviso, si trovano a perdere il lavoro tutti i componenti della famiglia. Cadendo in crisi la persona, cade in crisi la famiglia. Non si può fare un annuncio shock, mettendo in crisi la persona e quindi creando la disperazione. Sono venuti fuori degli scioperi improvvisati, in cui dominava proprio la disperazione.
D. – Ma lei sta vedendo, comunque, qualche effetto concreto di questa crisi industriale sul territorio marchigiano?
R. – Ancora noi non vediamo segni positivi. Ci sono tentativi da parte di qualche piccola azienda, di poter sopravvivere. La visione d’insieme, però, è ancora tenebrosa nelle nostre Marche. Il territorio ha dato molto a queste aziende: il territorio si è messo nelle loro mani, e loro hanno avuto aiuti da tutte le parti. Adesso non possono dire: “Vi saluto!”
D. – Ma lei teme qualche effetto negativo sulla tenuta del tessuto sociale? E qualche segnale in questo senso già c’è?
R. – Il problema è l’indotto, in quanto le grandi aziende possono avere almeno la cassa integrazione, mentre quelli dell’indotto non possono avere neanche quella. Per fortuna qui è molto considerata la Chiesa e le strutture di aiuto che sono qui. Molti sperano nella parola chiara del vescovo.
Presentata la 68.ma Sagra musicale umbra dal 15 al 25 settembre sul tema della Trasfigurazione
◊ E’ la Trasfigurazione, il tema conduttore della 68.ma Sagra Musicale umbra presentata oggi a Perugia e in programma dal 15 al 25 settembre nei luoghi d’arte e di fede più belli della regione, tra cui anche il Sacro Convento di Assisi. Saranno quattordici serate di musica prevalentemente sacra e due dedicate al cinema con la partecipazione anche della Filmoteca Vaticana. “Al centro del nostro percorso musicale c'è la dimensione spirituale del termine Trasfigurazione inteso come immersione nella luce e nel respiro dell’Assoluto”: commenta al microfono di Gabriella Ceraso, il Direttore artistico della Sagra, Alberto Batisti:
R. - La musica in particolare è trasfigurazione del reale, del sentimento e comunque un passaggio ad una condizione diversa. Questo è già un elemento caratterizzante. Poi il tema della trasfigurazione, se lo riportiamo all’accezione greca, è metamorfosi. L’accezione di trasfigurazione cambia per noi cristiani proprio per il Tabor, la manifestazione di Cristo nella sua divinità. Dice il testo greco: “Videro una grande luce”. Questa luce è proprio l’elemento che per me ha guidato la tensione della musica verso l’illuminazione spirituale.
D. - Ci saranno musiche scritte per l’episodio della Trasfigurazione, o musiche che hanno in sé qualcosa di trasfigurante che possa essere un elemento sonoro, un concetto…
R. - Ci sono entrambe le cose. Abbiamo un concerto dedicato interamente alla liturgia della Trasfigurazione con una messa di Palestrina, poi - giustamente - abbiamo anche l’altro aspetto, quello che rappresenta questo passaggio. Innanzi tutto in Wagner che noi celebriamo nel bicentenario, dove tutta la sua musica tende in una direzione di illuminazione, di “abbandono” dei vincoli corporei e della miseria dell’uomo.
D. - C’è anche molta musica di Benjamin Britten in questa Sagra,nel centenario della nascita, in particolare la Parabola da Chiesa. Che significato assume in quest’opera la Trasfigurazione?
R. - La trasfigurazione del dolore nella fede. È la fede che illumina il dolore della vita. Britten è un uomo che forse, pur non praticando la fede confessionale, aveva una profondissima spiritualità.
D. - Profondamente cattolico è invece il direttore e compositore Christoph Penderecki, 80 anni, sarà con voi il prossimo 21 settembre al Chiostro del convento di San Francesco. Questo è un appuntamento fondamentale…
R. - Diciamo che è la celebrazione di questo grande protagonista della musica del Novecento. È molto vicino alla sensibilità spirituale, innanzi tutto per la sua amicizia con Giovanni Paolo II, per il suo impegno diretto nella musica sacra. Abbiamo celebrato nel luogo che rappresenta in questo momento un particolare approdo per lo spirito e per la fede cristiana. Tornare, con un Papa che si chiama Francesco, nel Chiostro di San Francesco a fare musica con Christoph Penderecki è un abbracciare di nuovo le radici più profonde e la spiritualità che vede nella regione Umbria la culla di San Francesco, di San Benedetto. È anche un’importante pietra che noi mettiamo nella costruzione di questa candidatura di Perugia – Assisi come capitale della cultura europea del 2019.
D. - Fanno parte integrante del programma anche il concerto che - è vostra consuetudine - nel Complesso penitenziario di Capanne, e poi ancora, la collaborazione con la Filmoteca Vaticana che - lo vogliamo dire - porterà alla luce un capolavoro il Quo Vadis, giusto?
R. - Il Quo Vadis di Gabriellino D’Annunzio, il figlio di D’Annunzio, una rarità della quale noi siamo profondamente riconoscenti alla Filmoteca Vaticana sempre generosa e collaborativa, come del resto nelle edizioni precedenti. Questo è un aspetto collaterale della Sagra, che però ha avuto sempre un grande successo. Ci sono anche altri film che celebrano Britten: i suoi documentari postali, delle sperimentazioni dell’uso della musica da film, straordinariamente importanti per capire lo sviluppo della musica dello stesso Britten.
D. - E ancora quest'anno, ci sarà il lancio della seconda edizione del Concorso internazionale per la composizione di opera di musica sacra …
R. - Sì, questo riguarda l’anno prossimo, quando ritorneremo a valutare - appunto - composizioni sacre provenienti da tutto il mondo con la seconda edizione del premio "Francesco Siciliani" realizzato in collaborazione strettissima con il Pontificio Consiglio della Cultura, e in particolare con il cardinale Gianfranco Ravasi. Il porporato ha già dato il testo della composizione per il concorso dell’anno prossimo, cioè il Pater Noster, un testo che - curiosamente - ha ricevuto pochissima attenzione da parte dei grandi compositori del passato.
D. - Tornando all’episodio evangelico della Trasfigurazione … Lì, per ogni cristiano, c’è un messaggio di speranza e quella luce è la gloria del Figlio oltre la morte, oltre la passione. C’è un stesso messaggio di speranza anche in questa edizione della sagra?
R. - La Trasfigurazione ha questo fine in tutti i concerti. È un messaggio di speranza, di elevazione dalle miserie umane. Prendo l’ultimo verso dello Stabat Mater della sequenza di Iacopone da Todi, che torna - ad esempio - nel concerto in San Pietro a Perugia nella versione meravigliosa, amplissima di Haydn. Ecco, là, la trasfigurazione del dolore, del dolore di Maria, della Madre di tutte le madri finisce poi con questa meravigliosa aspirazione: “Quando corpus morietur, fac, ut animae donetur paradisi gloria" ( Quando il corpo morirà, all'anima fa' che sia donata la gloria del paradiso)....ecco la gloria del Paradiso, questa è la vera Trasfigurazione!
◊ Decine di persone hanno assaltato un seminario della diocesi di Dinajpur, nel nord del Bangladesh, ferendo il rettore e un gruppo di studenti presenti all'interno dell'edificio al momento dell'attacco. Lo ha confermato all'agenzia Fides il vescovo di Dinajpur, mons. Sebastian Tudu, che si dice “sconcertato”, perchè “non vi è alcun motivo per il gesto”. Il raid è avvenuto alle 3 del pomeriggio di ieri: circa 60 fanatici locali hanno divelto le porte del seminario di Jisu Niloy, facendo irruzione all'interno del compound. Obiettivo del gruppo il rettore padre Uzzal, sorpreso nella sua camera mentre stava riposando; gli assalitori hanno abbattuto la porta e hanno compiuto abusi su di lui e alcuni studenti presenti al momento dell'attacco. Nelle concitate fasi dell'assalto - riferisce l'agenzia AsiaNews - i fanatici hanno bloccato i giovani allievi del seminario e li hanno picchiati con violenza e brutalità. Il seminario di Jisu Niloy è situato a Bolakipur e fa riferimento alla parrocchia di Marimpur, nella diocesi di Dinajpur. In precedenza, sempre lo stesso gruppo aveva compiuto un raid nel vicino villaggio tribale - a maggioranza cattolica - di Tivipara e Bagja. L'assalto è avvenuto all'1.30 del pomeriggio; essi hanno depredato gli abitanti di 40 mucche, 50 capre, un pulmino, della frutta e molti altri oggetti e utensili. Prima di andarsene, gli assalitori hanno minacciato gli abitanti di tornare la notte successiva e bruciare le loro case. La maggior parte degli uomini ha abbandonato l'area, nel timore di nuovi attacchi; donne e bambini, invece, hanno trovato rifugio all'interno della missione cattolica, dove vi sono maggiori garanzie di sicurezza. I cattolici della zona appartengono alle popolazioni tribali Santals, Urao, Mundas, Kharias e Malos. Da giorni si susseguono assalti e violenze mirate contro la comunità cristiana in Bangladesh, nazione a larga maggioranza musulmana: il 5 giugno è stata la volta della parrocchia di Tumilia, finita nelle mire degli estremisti. Il parroco padre Abel è stato malmenato e derubato, assieme a un altro religioso. Il seminario “Jisu Dhyana Niloy” - precisa l'agenzia Fides - è un “istituto propedeutico” che propone un tempo di formazione e approfondimento vocazionale per gli studenti usciti dal Seminari minore, prima di continuare gli studi nel Seminario maggiore. Accoglie in media 20 studenti all’anno, da tutte le diocesi del Paese, che sono accompagnati in un cammino di maturazione umana, psicologica e spirituale. Negli anni scorsi ha ricevuto sussidi economici dalla Pontificia Opera di “San Pietro Apostolo” che finanzia l’attività di circa 900 seminari in tutto il mondo. (R.P.)
Iraq: entrato nel vivo il Sinodo della Chiesa caldea
◊ E' iniziato mercoledì scorso a Baghdad con una giornata di ritiro e preghiera il Sinodo della Chiesa caldea convocato dal Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako. All'inizio dei lavori ha preso parte anche l'arcivescovo Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Giordana e Iraq. Da ieri, con l'arrivo da Roma del vescovo di Aleppo Antoine Audo, tutti i vescovi caldei – tranne Sarhad Jammo, vescovo di San Pietro Apostolo di San Diego dei caldei (Usa) - sono radunati presso la Casa generalizia delle suore caldee figlie di Maria Immacolata, nel centro della capitale irachena, per affrontare i punti all'ordine del giorno della fitta agenda sinodale. Il Sinodo è chiamato a occuparsi delle nomine di vescovi nelle numerose sedi episcopali caldee rimaste vacanti, della formazione dei sacerdoti, della stesura definitiva di un “Diritto proprio” della Chiesa caldea, dell'aggiornamento e dell'uniformazione dei riti liturgici celebrati nelle diverse diocesi. Verranno delineate anche misure concrete per incoraggiare i cristiani caldei a rimanere nella propria terra d'origine o a farvi ritorno. In un comunicato emesso dal patriarcato di Babilonia dei caldei e pervenuto all'agenzia Fides, si invitano tutti “i figli e le figlie della Chiesa caldea” a pregare per il buon esito dell'Assemblea sinodale, ripetendo la preghiera per il Sinodo diffusa ai primi di maggio dal Patriarca Sako e che da più di un mese viene recitata nelle parrocchie e nei monasteri caldei di tutto il mondo. Nella supplica si chiede al Padre Onnipotente di essere aiutati “ad amare la nostra Chiesa caldea così come è, in tutte le sue varietà e differenze, nella sua grandezza come nella sua debolezza” e si invoca l'aiuto dello Spirito Santo davanti alle “tempeste” che “soffiano contro la barca in cui ci troviamo”. (R.P.)
Nepal: politici e leader indù con Papa Francesco per difendere uomo e ambiente
◊ Politici, leader indù e scienziati nepalesi accolgono e diffondono la parole di papa Francesco, che mercoledì, in occasione della Giornata Mondiale per l'Ambiente, ha invitato il mondo a promuovere una "cultura della solidarietà e dell'incontro", che "tenga alla persona umana che oggi è in pericolo". Umakanta Jha ministro nepalese per la Scienza, la tecnologia e l'ambiente, sottolinea che il "Papa ci insegna che il nostro dovere è custodire il creato. Le sue parole - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno un'importanza fondamentale per la cultura asiatica e nepalese, dove nonostante la grande povertà, sempre più persone in nome del denaro sprecano il cibo, senza curarsi delle famiglie che non hanno nulla da mangiare". Per il ministro, Papa Francesco è un modello da seguire. Secondo diversi scienziati e sociologi, in Nepal chi si è arricchito grazie allo sviluppo economico è orgoglioso di sprecare il cibo. Nel Paese a maggioranza indù, il capitalismo consumistico si è inserito nella cultura locale che per secoli ha diviso in caste la società, senza curarsi dei poveri. Tale situazione è evidente soprattutto nella capitale dove davanti ai palazzi sontuosi sostano folle di mendicanti provenienti dalle aree più povere del Paese. Rabinman Shrestha, responsabile per l'ambiente di Kathmandu, afferma che il Papa ha posto l'accento su uno dei più gravi problemi della nostra società: la prevalenza dell'economia e del denaro sull'uomo. "Il Pontefice - spiega Shresta - nota che non è l'uomo al centro delle nostre preoccupazioni, ma il denaro e le sue regole. È questa avidità che sta rovinando il creato", soprattutto in Asia. Anche le autorità indù invitano a seguire l'esempio di Papa Francesco. Damodar Sharma, importante leader religioso sottolinea: "Non importa quale sia la nostra fede. Tutti coloro che professano un credo, in particolare i loro leader, dovrebbero essere uniti nel preservare il creato, perché avere amore per esso è anche un modo per proteggere noi stessi". Sharma spiega che da diversi anni la comunità indù ha dato il via a programmi per l'ecologia in varie città del Paese, dove spesso l'inquinamento è una piaga per la popolazione, che convive con fumi maleodoranti ed enormi cumuli di spazzatura. (R.P.)
Assemblea Osa: per la lotta alle droghe gli Stati americani studiano 'nuovi approcci'
◊ “È fondamentale che continuiamo ad avanzare in modo coordinato nella ricerca di soluzioni effettive al problema mondiale delle droghe con un approccio integrale, rafforzato, equilibrato e multidisciplinare, con pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”: è un passaggio della dichiarazione finale della 43esima Assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), chiusa ieri ad Antigua Guatemala. Un vertice - riferisce l'agenzia Misna - che ha riunito i Paesi delle Americhe concentrato sull’esame di nuove strategie nella lotta alle droghe: una sfida che richiede “in base al principio della responsabilità comune, di rafforzare la cooperazione emisferica, mobilitando risorse in distinte modalità, riconoscendo i diversi impatti in ogni paese e utilizzando per questo meccanismi di interscambio di informazioni ed esperienze”. In concreto, i membri dell’Osa si sono accordati per “incorporare la sanità pubblica, l’istruzione e l’inclusione sociale ad azioni preventive per fare fronte alla criminalità transnazionale” e soprattutto a “incoraggiare nuovi approcci sul problema mondiale delle droghe nelle Americhe sulla base della conoscenza e delle prove scientifiche”. Sebbene gli Stati americani siano giunti alla conclusione che è necessario rivedere la strategia comune sulle droghe, persistono le divergenze tra coloro che intendono mantenere la lotta armata e quelli più propensi a una legalizzazione del consumo e delle droghe leggere, guidati dal Guatemala. L’Assemblea ha tra l’altro approvato, su proposta dell’Argentina, una dichiarazione sulla disputa con il Regno Unito sulla sovranità delle Malvinas/Falklands, esortando le parti a “riprendere quanto prima i negoziati per trovare una soluzione pacifica a questa prolungata controversia”. (R.P.)
Congo: l'’Onu denuncia nuove violenze contro i civili nel Nord Kivu
◊ Esecuzioni extragiudiziarie oltre che altre gravi violazioni dei diritti dell’uomo sono stati commessi nella località di Pinga e dintorni, nel Nord Kivu (nell’est della Repubblica Democratica del Congo). Lo denuncia un comunicato dalla Monusco (Missione di osservazione dell’Onu nella Repubblica Democratica del Congo) che accusa la milizia Mai-Mai Sheka e quelli dell’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano di aver commesso violazioni del diritti internazionale umanitario, nel corso dei loro combattimenti. Tra le vittime delle violenze vi sono pure diversi bambini. Il comunicato ricorda che dall’agosto 2010, Ntabo Ntaberi Sheka, leader del gruppo Mai-Mai che porta il suo nome, insieme ai suoi uomini, è stato colpito da un mandato di arresto emesso dalle autorità giudiziarie congolesi per crimini contro l’umanità, saccheggio e sequestri di persona. I combattenti di Sheka sarebbero implicati in stupri di massa e altre violazioni dei diritti dell’uomo commessi sull’asse Kibua-Mpofi, nel territorio di Walikale, tra il 30 luglio e il 2 agosto 2010. Nel Nord Kivu è in corso il dispiegamento della brigata d’intervento Onu di intervento rapido incaricata di fornire supporto alla Monusco per disarmare i diversi gruppi armati che agiscono nella regione. (R.P.)
Mali: Amnesty denuncia gravi violazioni dei diritti umani dopo l'intervento francese
◊ “Decine di persone, civili inclusi, sono state torturate e uccise o risultano scomparse da quando, cinque mesi fa, è iniziato l’intervento armato francese”. Lo denuncia Amnesty international in un nuovo documento pubblicato oggi, dopo una missione di quattro settimane in Mali, in vista del dispiegamento, il mese prossimo, della forza di peacekeeping delle Nazioni Unite. “Le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza del Mali a partire da gennaio sono semplicemente agghiaccianti. Continuano a violare i diritti umani senza timore di essere chiamati a risponderne”, ha dichiarato Gaetan Mootoo, ricercatore di Amnesty. Nel corso della missione sono stati documentati decine di casi di detenuti, arrestati per il sospetto di avere legami coi gruppi armati, sottoposti a maltrattamenti e torture. L’organizzazione per i diritti umani ha anche documentato oltre 20 casi di uccisioni extragiudiziali e sparizioni forzate. I delegati di Amnesty hanno potuto incontrare oltre 80 dei 200 uomini trattenuti nel Centro principale di detenzione della capitale Bamako, in buona parte accusati di terrorismo e di altri reati. Molti di loro hanno denunciato di essere stati sottoposti a maltrattamenti e torture e alcuni hanno riferito di non aver ricevuto cure mediche. C’erano anche diversi bambini soldato, alcuni di 13 anni. (R.P.)
Angola: oltre 52.000 congolesi espulsi in 3 settimane. Segnalati casi di violenza sessuale
◊ Sono 52.231 le persone che nelle ultime tre settimane hanno attraversato la frontiera tra Angola e Repubblica Democratica del Congo (Rdc), espulse a forza dalle autorità di Luanda. Lo riferisce l’Ong Médecins du Monde che denuncia che le espulsione avvengono spesso in condizioni violente. “All’inizio del mese di maggio - afferma un comunicato di Médecins du Monde - l’Angola ha lanciato un ultimatum ai congolesi in situazione irregolare. Attualmente, vi sono persone espulse che attraversano la frontiera e questo avviene in condizioni assai dolorose. Spesso le donne sono violentate”. I congolesi respinti si trovano ora in grandi difficoltà perché privi di assistenza e di vettovagliamento. Oltre che in Kasai Orientale, le persone espulse dall’Angola si trovano in altre regioni della Rdc. Lo scorso 22 maggio la società civile di Tembo, nel territorio Kasongo-Lunda, nella provincia di Bandundu, aveva lanciato un appello alle autorità di Kinshasa perché porti aiuti in vestiario e altro a 5.000 congolesi espulsi dall’Angola, arrivati la settimana precedente. Quattro giorni dopo l’amministratore del territorio di Kapanga, nella provincia del Katanga, aveva lanciato un appello per 200 altri congolesi espulsi che si trovano in condizioni precarie. Anche il territorio di Muanda (Bas-Congo) ne ha accolti altri. (R.P.)
La grande diga sul Nilo Azzurro: è tensione tra Egitto, Sudan ed Etiopia
◊ L’avvio della costruzione della diga Grande Rinascita” sul Nilo Azzurro sta creando tensione tra Egitto, Sudan ed Etiopia. Secondo un rapporto pubblicato da un comitato tripartito composto da esperti provenienti da Egitto, Sudan ed Etiopia, infatti, la diga costruita dall’Etiopia priverà gli egiziani di 12 miliardi di metri cubi di acqua all'anno. Ayman Ali, uno dei consiglieri del Presidente egiziano Mohamed Morsi ha ammonito che “è diritto dell'Egitto difendere i suoi interessi, come gli altri hanno diritto di difendere i loro” ed ha aggiunto che l’Etiopia deve dimostrare che la diga “non danneggi l’Egitto, altrimenti tutte le opzioni saranno sul tavolo”, implicando anche la possibilità di un attacco militare. Le possibili reazioni egiziane all’iniziativa etiopica erano state discusse in una riunione dei principali esponenti politici egiziani alla presenza del Presidente Morsi. L’incontro doveva rimanere riservato ma è stato trasmesso in diretta tv, suscitando imbarazzo nella Presidenza egiziana perché alcuni dei presenti hanno lanciato proposte bellicose (come ricorrere a sabotaggi o al finanziamento di movimenti di guerriglia etiopici) per bloccare la costruzione dell’opera, ed altri hanno espresso critiche nei confronti non solo dell’Etiopia ma anche del Sudan. Il governo di Khartoum (nelle cui vicinanze si congiungono il Nilo Azzurro e il Nilo Bianco) si è dichiarato infatti favorevole alla costruzione della diga. “Il nostro punto di vista non piacerà agli egiziani ma il Sudan trarrà grande beneficio dalla diga” ha affermato il Ministro sudanese della Comunicazione, Ahmed Bilal Osman. Il Sudan si aspetta infatti di aumentare le proprie riserve d’acqua, riducendo la propria dipendenza dalle piogge per soddisfare i suoi bisogni idrici. Secondo diversi giornali egiziani, per cercare di avvicinare le posizioni di Khartoum e del Cairo, è stato inviato in Sudan il capo dell’intelligence egiziana, Mohamed Raafat Shehata. La visita non è stata però confermata ufficialmente dai due governi. Nel frattempo secondo Maghreb intelligence, l’Etiopia ha intensificato i contatti militari con Israele in vista di un’eventuale crisi con l’Egitto. (R.P.)
Sud Sudan: due pastori presbiteriani detenuti illegalmente dal 19 maggio
◊ Due pastori della Chiesa presbiteriana sono detenuti dal 19 maggio dalle autorità del Sud Sudan, che impediscono ogni contatto con i famigliari degli arrestati e con i loro avvocati. Lo denuncia Amnesty International che teme pure che i due uomini, il rev. Idris Nalos Kida e il pastore tirocinante David Gayin, possono essere sottoposti a sevizie e torture. La nota di Amnesty International riporta la testimonianza di alcuni testimoni secondo i quali il 19 maggio alle 8 di sera la polizia è entrata con la forza nella casa del rev. Kida, sparando alcuni colpi in aria. Il reverendo sarebbe stato picchiato e poi arrestato. I poliziotti hanno sequestrato nell’abitazione telefoni cellulari, computer e documenti. Successivamente alle 22.00 della stessa giornata, la polizia ha sfondato la porta dell’abitazione del pastorale Gayin traendolo in arresto. Non si sa in base a quali accuse sono stati arrestati i due pastori né il luogo dove sono detenuti. La Costituzione provvisoria del Sud Sudan proibisce detenere una persona oltre le 24 ore senza il permesso di un tribunale. L’arresto e la custodia in carcere dei due religiosi è quindi del tutto illegale, afferma Amnesty International, che chiede alle autorità di Juba o di presentare un’accusa formale nei loro confronti oppure, in caso contrario, di rilasciarli immediatamente. La Chiesa presbiteriana è la terza comunità religiosa del Sud Sudan. Da tempo le forze di sicurezza del Sud Sudan sono accusate di arresti arbitrari di giornalisti, attivisti civili e di oppositori politici. (R.P.)
Europarlamento: libertà di religione da tutelare in tutto il mondo
◊ L’Unione Europea torna a condannare la violenza nei confronti delle comunità religiose legata a motivazioni politiche socio economiche o ideologiche che purtroppo continuano a esistere in varie regioni del mondo. L’Euro-assemblea torna a farsi sentire sull’argomento in materia di libertà di religione e opinione predisponendo per lunedì 10 giugno, in apertura della sessione plenaria a Strasburgo, la presentazione di un documento che prevede la promozione del diritto alla libertà di religione e la prevenzione della sua violazione come priorità politica dell’Ue. La relazione a cura dell’eurodeputata lituana del Ppe, Laima Liucija Andrikienė, è destinato al Consiglio dei ministri dell’Unione, al Servizio di azione esterna e alla Commissione. Il testo ricorda che “la libertà di religione o di opinione costituisce una libertà fondamentale per ciascun essere umano, strettamente correlata ad altri diritti dell’uomo e libertà fondamentali” e che il Parlamento “ha ripetutamente chiesto un ambizioso strumentario per far avanzare il diritto alla libertà di religione o di opinione in quanto parte della politica esterna Ue”. La relazione non nomina casi specifici, ma più volte l’Euro-assemblea è tornata, anche di recente, a far risuonare la propria voce rispetto alle discriminazioni e alle violenze subite dai cristiani in vari Stati del mondo, così come ha denunciato simili problemi per quanto attiene l’antisemitismo e l’islamofobia e la protezione delle minoranze. Necessario secondo l’Ue fissare chiari parametri misure e standard al fine di rafforzare la promozione della libertà di religione o di opinione”, con azioni volte alla prevenzione e protezione, alla tutela del diritto di culto e della “dimensione collettiva” delle fedi, del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, del diritto alla protezione della proprietà. Il Parlamento sottolinea infine la necessità di proteggere la libertà di religione nell’ambito dell’educazione, del diritto d’asilo, del diritto di famiglia e sociale dei Paesi terzi. (A cura di Federica Baioni)
India: nel Karnataka c'è più pace per i cristiani
◊ Il Global Council of Indian Christans (Gcic) lancia un appello al nuovo governo del Karnataka guidato dall'Indian National Congress per proteggere la piccola comunità cristiana e le minoranze religiose, per anni bersaglio degli estremisti indù. "Il nuovo esecutivo, dia ora giustizia ai cristiani dal 2008, vittime di una campagna di odio e violenza", afferma Sajan George, responsabile del Gcic. Nel 2008, in coincidenza con i pogrom anticristiani dell'Orissa, il Karnataka ha registrato attacchi contro le chiese locali e le comunità, e da tempo è uno degli Stati più "pericolosi" per la minoranza. Secondo un rapporto del Gcic - riporta l'agenzia AsiaNews - sui dati relativi alla persecuzione anticristiana, il Karnataka ha "primeggiato" anche nel 2012, con 41 casi di violenza su 135 attacchi in tutta l'India. L'elezione in maggio di Siddaramaiah, leader locale dell'Indian National Congress (partito laico guidato da Sonia Gandhi) come nuovo chief minister del Karnataka, ha dato nuova speranza ai cristiani, perseguitati durante tutti gli otto anni di governo del Bharatiya Janata Party (Bjp), partito nazionalista indù. Il capo del Gcic spiega che dopo "essere stata vittima di false accuse di proselitismo nella laica India, la comunità cristiana del Karnataka può pregare senza paura". Tuttavia, per Sajan George, il nuovo esecutivo deve compiere mosse concrete per assicurare alla giustizia le organizzazioni e i leader responsabili delle violenze. Per questo, gli chiede che il governo faccia le scuse ufficiali alla minoranza cristiana per le ingiustizia subite negli ultimi otto anni. "Anche se esso non ha responsabilità dirette - spiega - la macchina del governo è stata per anni complice degli estremisti indù, negando ai cristiani il diritto alla libertà religiosa garantito dalla costituzione". Per Sajan George, il chief minister in carica, deve anzitutto prendere le distanze dal "pretestuoso e falso" rapporto sulle violenze redatto in questi anni dalla Somsekhara Commission. Tale relazione ha scagionato i movimenti indù responsabili degli attacchi alle chiese del Karnataka nel 2008. (R.P.)
Argentina: la Caritas replica alla Presidente Kirchner sul tema della povertà
◊ "Si parla molto di povertà, ma stiamo poco con i poveri", ha denunciato mons. Oscar Ojea Quintana, vescovo di San Isidro e presidente della Caritas Argentina, rispondendo a una domanda dei giornalisti sull’affermazione della presidente argentina durante la sua recente visita ad Haiti secondo la quale è lì, nel Paese caraibico, e non in Argentina che c'è “la vera povertà”. Queste dichiarazioni - riporta l'agenzia Fides - hanno generato un profondo malessere nella Chiesa cattolica argentina. "La situazione ad Haiti è terribile, è dolorosa, estrema, conoscendo bene questa situazione perché ci siamo stati, ma dobbiamo ammettere che abbiamo molta povertà in Argentina", ha detto il vescovo in una conferenza stampa per la presentazione della campagna della Caritas che si svolge questo fine settimana in tutto il Paese, intitolata "Principale obiettivo: Povertà Zero". Mons. Ojea ha invitato anche "a non dimenticare" che l'Argentina "è uno dei Paesi con maggiore disuguaglianza sociale dell’America Latina." E ha aggiunto: "l'inflazione colpisce con forza gli strati più poveri della popolazione, perché lo stipendio è striminzito e non basta”. Secondo l'ultimo studio dell'Osservatorio Sociale dell'Università Cattolica Argentina, quasi 5 milioni di bambini sono poveri e 800 mila sono indigenti, cioè non hanno i mezzi per soddisfare i loro bisogni di base. (R.P.)
Terra Santa: in pellegrinaggio per ricordare il card. Martini
◊ Ebrei e Cristiani insieme in pellegrinaggio. Un’occasione di dialogo e confronto di rispetto e conoscenza reciproca tra cristianesimo ed ebraismo. L’evento - a quanto riporta l’agenzia Sir - si svolgerà dal 9 al 18 giugno, periodo durante il quale saranno piantati i primi alberi della foresta che, su idea di Giuseppe Laras già rabbino capo di Milano e presidente emerito e onorario dell‘Assemblea rabbinica italiana, il Fondo nazionale ebraico realizzerà nei pressi di Tiberiade, in Galilea, località simbolica sia per gli ebrei sia per i cristiani, per ricordare il cardinale scomparso nell‘estate del 2012. Il viaggio vuole essere anche un‘occasione di conoscenza del mondo ebraico e di Israele, dai luoghi antichi e carichi di significato cari al cardinale Martini a quelli più moderni. Il programma, infatti, prevede incontri a Tel Aviv, la visita comune al Muro del Pianto a Gerusalemme, le visite alla Knèsset (il Parlamento israeliano), allo Yad va-shem (il memoriale della Shoah), alla tomba del rabbino e filosofo Mosé Maimonide a Tiberiade, alla zona, infine, in cui si pianteranno i primi alberi in memoria del porporato. Non mancheranno le visite ai luoghi cristiani a Gerusalemme e in Galilea. Un cammino pensato per favorire il dialogo, il rispetto e la conoscenza tra le due religioni e i 50 anni di dialogo dall’indizione del Concilio Vaticano II. (F.B.)
Filippine: i vescovi consacrano a Dio il Paese "per combattere i mali della società"
◊ Consacrare le Filippine all'amore di Dio per rispondere a minacce sociali come le violenze sui minori, gli aborti e l'abuso di droghe "non è un gesto 'magico', ma un'ottima mossa per permettere al Signore di 'invadere' il nostro Paese e le nostre coscienze". Il gesuita Catalino Arevalo, uno dei più importanti mariologi dell'Asia, commenta così la decisione presa dalla Conferenza episcopale: domani mattina, 8 giugno, tutti i sacerdoti, vescovi e cardinali presenti nel Paese consacreranno le Filippine a Dio. Ovviamente, spiega il teologo, "la consacrazione è un modo per rispondere a queste minacce. Non è l'unico modo, ma è una parte importante dello sforzo per salvarci. Il cardinale Ricardo Vidal, che ha spinto per questa celebrazione comune, aveva in mente proprio le cosiddette 'leggi della morte' quando ha presentato le intenzioni più pressanti della consacrazione. Nel nostro Paese ci sono molti mali, e vanno affrontati". La grazia della consacrazione "è però collegata alle decisioni, collettive e individuali. È questo il senso della libertà umana: sta a noi decidere se vogliamo farci invadere dal potere di Dio. Questo potere è tutto intorno a noi, ma siamo noi a doverlo cogliere: è questo l'unico modo per farlo sviluppare nella società". (R.P.)
Incontro a Gerusalemme sulla pastorale dei migranti
◊ Come preparare i bambini e gli adulti ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, in che modo proseguire il lavoro per l’istituzione di un centro attività a Tel Aviv, quali iniziative pensare per la prossima Giornata Internazionale dei Migranti che si celebrerà a gennaio 2014: di questi e altri argomenti hanno parlato quanti sono impegnati nella pastorale dei migranti nel Patriarcato Latino di Gerusalemme, in Terra Santa. Filippini, indiani, eritrei, libanesi, rumeni si sono incontrati nella sede del patriarcato con il coordinatore della pastorale tra i migranti, padre David Neuhaus, vicario patriarcale per i cattolici di lingua ebraica, i parroci di Giaffa, Haifa e Eilat. Presenti anche quanti si occupano di pastorale nelle carceri. L’incontro, riferisce il portale www.lpj.org, è iniziato con un momento di riflessione sul discorso di Papa Francesco ai partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, lo scorso 24 maggio, quindi sono stati sviluppate varie tematiche. Una particolare preoccupazione è stata espressa per la minaccia incombente di deportazione in un Paese africano ancora sconosciuto dei richiedenti asilo eritrei in Israele. Quindi è stato fatto un bilancio sulle attività e le iniziative pastorali di quest’anno ed è stato presentato un documento che risponde alle domande dei migranti sul matrimonio nella Chiesa cattolica. Il prossimo incontro è stato fissato per il mese di settembre. (T.C.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 158