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Sommario del 06/06/2013
◊ “Il carrierismo è una lebbra”: sono le parole forti di Papa Francesco che oggi, in Vaticano, ha ricevuto la comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Si tratta dell’istituzione in cui si formano i sacerdoti che si preparano a far parte del servizio diplomatico della Santa Sede. Il servizio di Benedetta Capelli:
“Una grande libertà interiore”: è questa la peculiarità, secondo Papa Francesco, per chi si prepara a diventare un futuro nunzio apostolico. Pertanto alla comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica chiede di vivere gli anni della formazione con “impegno, generosità e grandezza d’animo” in modo che la libertà prenda forma all’interno di ognuno:
“Che cosa significa avere libertà interiore? Anzitutto significa essere liberi da progetti personali: da alcune delle modalità concrete con le quali forse, un giorno, avevate pensato di vivere il vostro sacerdozio, dalla possibilità di programmare il futuro; dalla prospettiva di permanere a lungo in un ‘vostro’ luogo di azione pastorale”.
Libertà – aggiunge il Papa – vuol dire anche essere lontani dalla mentalità del nostro tempo, “non per dimenticarla e tanto meno per rinnegarla, ma per aprirvi – soggiunge - nella carità, alla comprensione di culture diverse e all’incontro con uomini appartenenti a mondi anche molto lontani dal vostro”:
“Soprattutto, significa vigilare per essere liberi da ambizioni o mire personali, che tanto male possono procurare alla Chiesa, avendo cura di mettere sempre al primo posto non la vostra realizzazione, o il riconoscimento che potreste ricevere dentro e fuori la comunità ecclesiale, ma il bene superiore della causa del Vangelo e il compimento della missione che vi sarà affidata”.
Ed è qui il passaggio forte che Papa Francesco aggiunge, parlando a braccio:
“E questo essere liberi da ambizioni o mire personali per me è importante, è importante. Il carrierismo è una lebbra, una lebbra. Per favore: niente carrierismo”.
Poi il Pontefice indica la necessità di una sintesi, un’integrazione tra la propria “visione di Chiesa”, comunque “legittima”, “nell’orizzonte dello sguardo di Pietro e della sua peculiare missione al servizio della comunione e dell’unità del gregge di Cristo”. Una carità pastorale che – prosegue Papa Francesco - abbraccia il mondo intero e che, anche grazie all’azione delle Rappresentanze Pontificie, “vuole rendersi presente soprattutto in quei luoghi, spesso dimenticati, dove maggiori sono le necessità della Chiesa e dell’umanità”:
“In una parola, il ministero al quale vi preparate - perché voi vi preparate ad un ministero! Non a una professione, a un ministero - questo ministero vi chiede un uscire da voi stessi, un distacco da sé che può essere raggiunto unicamente attraverso un intenso cammino spirituale e una seria unificazione della vita attorno al mistero dell’amore di Dio e all’imperscrutabile disegno della sua chiamata”.
Con la fede, è quindi possibile vivere la libertà dai propri progetti e dalla propria volontà “non come motivo di frustrazione o di svuotamento” ma come “apertura al dono sovrabbondante di Dio, che rende fecondo il sacerdozio”. Un servizio che potrà anche apparire “esigente” ma permetterà – assicura il Papa - “di essere e respirare nel cuore della Chiesa, della sua cattolicità”. Ma per essere liberi interiormente è necessario avere una “grande cura della vita spirituale”, perché “senza preghiera non c’è libertà interiore”.
Infine Papa Francesco ricorda, a 50 anni dalla sua scomparsa, l’esempio del Beato Giovanni XXIII che fu rappresentante pontificio, un ambito nel quale “la sua santità – sottolinea - prese forma”. Rileggendo uno scritto di Papa Roncalli, il Pontefice evidenzia che “per un ecclesiastico la diplomazia così detta deve sempre essere permeata di spirito pastorale; diversamente non conta nulla, e volge al ridicolo una missione santa”. Poi un nuovo invito ai futuri diplomatici:
“Ma questo è importante. Sentite bene: quando in nunziatura c’è un segretario o un nunzio che non va per la via della santità e si lascia coinvolgere nelle tante forme, nelle tante maniere di mondanità spirituale si rende ridicolo e tutti ridono di lui. Per favore, non rendetevi ridicoli: o santi o tornate in diocesi a fare il parroco; ma non siate ridicoli nella vita diplomatica, dove per un sacerdote vi sono tanti pericoli per la vita spirituale”.
Al termine dell’udienza, Papa Francesco rivolge un pensiero al personale laico ma anche alle suore, “buone madri” che accompagnano con la preghiera, la fedeltà e l’amore l’intera comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica. “Presenze nascoste” ma importanti per vivere con serenità e impegno la propria missione.
Papa Francesco: smascheriamo gli idoli che ci impediscono di amare Dio
◊ Ognuno di noi vive di piccole o grandi idolatrie, ma la strada che porta a Dio passa per un amore esclusivo a Lui, come ci ha insegnato Gesù. Lo ha affermato Papa Francesco nella Messa di questa mattina a Casa Santa Marta. A concelebrare col Papa vi erano tre presuli – l’arcivescovo di Curitiba in Brasile, José Vitti, di Ibiza in Spagna, Juan Segura, e di Sagar in India, Chirayath Anthony. Presenti anche dei collaboratori della Biblioteca Apostolica Vaticana, accompagnati dal viceprefetto Ambrogio Paizzoni, e un gruppo del personale laico dell’Università Lateranense, accompagnati dal prorettore, mons. Patrick Valdrini. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Quando lo scriba avvicina Gesù per chiedergli quale sia, secondo Lui, “il primo di tutti i comandamenti” è probabile che la sua intenzione non fosse tanto innocente. Papa Francesco comincia l’omelia valutando il comportamento dell’uomo che, nel racconto evangelico della liturgia odierna, si rivolge a Cristo dando l’impressione di “metterlo alla prova”, se non proprio di “farlo cadere nella trappola”. E quando – alla citazione biblica di Gesù: “Ascolta, Israele. Il Signore è nostro Dio, è l’unico Signore” – lo scriba replica approvando, il Papa richiama l’attenzione sul commento di Cristo: “Non sei lontano dal Regno di Dio”. In sostanza, spiega Papa Francesco, con quel "non sei lontano" Gesù ha voluto dire allo scriba: “Tu sai bene la teoria”, ma “ancora ti manca una distanza dal Regno di Dio”, cioè devi camminare per trasformare in “realtà questo comandamento”, giacché “la confessione di Dio” si fa nel “cammino della vita”:
“Non basta dire: ‘Ma io credo in Dio, Dio è l’unico Dio’. Va tutto bene, ma come vivi tu questo nella strada della vita? Perché noi possiamo dire: ‘Il Signore è l’unico Dio, soltanto, non ce ne è un altro’, ma vivere come se Lui non fosse l’unico Dio e avere altre divinità a nostra disposizione… C’è il pericolo dell’idolatria: l’idolatria che è portata a noi con lo spirito del mondo. E Gesù, in questo, era chiaro: lo spirito del mondo, no. E chiede al Padre che ci difenda dallo spirito del mondo, Gesù, nell’ultima cena, perché lo spirito del mondo ci porta all’idolatria”.
“L’idolatria – prosegue Papa Francesco – è sottile”, tutti “noi abbiamo i nostri idoli nascosti” e “la strada della vita per arrivare, per non essere lontano dal Regno di Dio” comporta lo “scoprire gli idoli nascosti”. Un comportamento rintracciabile già nella Bibbia – ricorda il Papa – nell’episodio in cui Rachele, moglie di Giacobbe, finge di non avere con sé gli idoli che invece ha portato via dalla casa di suo padre e nascosto dietro la sua cavalcatura. Anche noi, afferma Papa Francesco, “li abbiamo nascosti in una cavalcatura, nostra… Ma dobbiamo cercarli e dobbiamo distruggerli”, perché per seguire Dio l’unica strada è quella di un amore fondato sulla “fedeltà”:
“E la fedeltà ci chiede di cacciare via gli idoli, scoprirli: sono nascosti nella nostra personalità, nel nostro modo di vivere. Ma questi idoli nascosti fanno che noi non siamo fedeli nell’amore. L’Apostolo Giacomo, quando dice 'Chi è amico del mondo, è nemico di Dio', incomincia dicendo: 'Adulteri!'. Ci rimprovera, ma con quell'aggettivo: adulteri. Perché? Perché chi è 'amico' del mondo è un idolatra, non è fedele all’amore di Dio! La strada per non essere lontano, per avanzare, per andare avanti nel Regno di Dio, è una strada di fedeltà che assomiglia a quella dell’amore nuziale”.
Pur “con le piccole o non tanto piccole idolatrie che abbiamo”, com’è possibile – si chiede in conclusione Papa Francesco – non essere fedeli “a un amore tanto grande?”. Per farlo, occorre confidare in Cristo, che è “fedeltà piena” e che “ci ama tanto”:
“Possiamo chiedere oggi a Gesù: ‘Signore, tu sei tanto buono, insegnami questa strada per essere ogni giorno meno lontano dal Regno di Dio, questa strada per cacciare via tutti gli idoli’. E’ difficile, ma dobbiamo incominciare… Gli idoli nascosti nelle tante cavalcature, che noi abbiamo nella nostra personalità, nel modo di vivere: cacciare via l’idolo della mondanità, che ci porta a diventare nemici di Dio. Chiediamo questa grazia a Gesù, oggi”.
Negoziati Israele-Santa Sede: "Progressi significativi"
◊ Si sono registrati “progressi significativi” nei negoziati Israele-Santa Sede svoltisi ieri in Vaticano: è quanto riferisce un comunicato congiunto della Commissione bilaterale permanente di lavoro riunita in sessione plenaria per continuare i colloqui in base all’Articolo 10 §2 dell’Accordo Fondamentale relativo alle questioni economiche e fiscali che riguardano la Chiesa cattolica in Terra Santa. I negoziati si sono svolti “in un’atmosfera riflessiva e costruttiva”. Le parti “si sono impegnate ad accelerare i negoziati sulle questioni rimaste auspicando una rapida conclusione in un futuro prossimo”. Hanno quindi concordato i passi futuri e di tenere la prossima riunione plenaria nel dicembre 2013 a Gerusalemme. L’incontro è stato presieduto da mons. Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, e da Zeev Elkin, vice-ministro degli Affari Esteri dallo Stato d’Israele. La Commissione ha dato il benvenuto ai due nuovi capi delegazione e ha riconosciuto il contributo dell’ambasciatore Bahij Mansour, augurandogli successo nel suo nuovo incarico.
Il Papa intende restare a Santa Marta anche per il periodo estivo
◊ Il Papa intende continuare a risiedere presso la Casa di Santa Marta anche durante il periodo estivo: è quanto ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi. Inoltre, si prevede che dall'8 luglio termineranno le Messe del mattino celebrate a Santa Marta con i vari gruppi.
Da parte sua, la Prefettura della Casa Pontificia ha reso noto che durante il periodo estivo restano sospese tutte le udienze private e speciali. Nel mese di luglio le udienze generali dei mercoledì 3, 10, 17, e 31 sono annullate. Le udienze generali riprenderanno da mercoledì 7 agosto in Vaticano. Papa Francesco si recherà a Castelgandolfo il 14 luglio per la recita dell'Angelus domenicale. Da lunedì 22 a lunedì 29 luglio il Pontefice sarà in Brasile per la 28.ma Giornata mondiale della gioventù.
In udienza dal Papa il nuovo ambasciatore dell'Iran presso la Santa Sede
◊ Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze l’ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran, Mohamed Taher Rabbani, per la presentazione delle Lettere Credenziali, membri della presidenza della Confederazione Latino-americana dei Religiosi (C.L.A.R.) e l’arcivescovo Beniamino Stella, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica.
In Lituania, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Panevėžys, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Jonas Kauneckas. Al suo posto, il Pontefice ha nominato il padre gesuita, Lionginas Virbalas, rettore del Pontificio Collegio Russo di Santa Teresa del Bambino Gesù in Roma. Mons. Lionginas Virbalas è nato il 6 luglio 1961 a Biržai, nella diocesi di Panevėžys. Nel 1979 ha concluso la scuola secondaria a Biržai e nei due anni successivi ha studiato nell’Istituto di Ingegneria a Vilnius. Dal 1981 al 1983 ha svolto il servizio militare nell’esercito sovietico. Dopo un periodo trascorso in un Seminario clandestino a causa dell’opposizione delle autorità sovietiche, solo nel 1986 è riuscito ad entrare nel Seminario Interdiocesano di Kaunas. Nel 1989 è entrato nella Compagnia di Gesù. È stato ordinato sacerdote il 30 maggio 1991 ed ha emesso la Professione perpetua nella Compagnia di Gesù il 27 settembre 2003. Dal 1992 al 1994 ha studiato Teologia Spirituale, presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendo la Licenza. Dal 1994 al 1995 è stato assistente del Maestro dei novizi in Austria, frequentando allo stesso tempo i Corsi di Sacra Scrittura presso la Facoltà di Teologia cattolica all’Università di Innsbruck. Dopo due anni di ministero pastorale come Rettore della Chiesa dei Gesuiti a Kaunas e come docente di Sacra Scrittura presso la locale Facoltà di Teologia. Dal 1997 al 1998 ha svolto l’ultima tappa di formazione per i Gesuiti a Salamanca (Spagna). E’ stato inviato a Vilnius, divenendo Rettore della Chiesa di San Casimiro ( 1997-2005) e Docente di Teologia Spirituale nel Seminario Maggiore ( 1999-2004). Dal 2001 al 2003 è stato membro della Commissione per la vita dei sacerdoti e la promozione delle vocazioni della Conferenza Episcopale Lituana. Nel 2003 è stato nominato Consultore della Curia Provinciale dei Gesuiti di Lituania e Direttore di una Casa per Esercizi Spirituali. Dal 2005 al 2009 è stato Segretario generale Aggiunto della Conferenza Episcopale Lituana. Dal 2009 è divenuto nuovamente parroco di “San Casimiro” a Vilnius fino al 2010, anno in cui è stato nominato Rettore del Pontificio Collegio Russo di Santa Teresa del Bambino Gesù in Roma.
Santa Sede: 100 milioni di esuli chiedono risposte da governi e società civile
◊ “Accogliere Cristo nei rifugiati e nelle persone forzatamente sradicate”, il titolo degli documento presentato stamane in Sala Stampa vaticana per delineare i nuovi orientamenti pastorali della Chiesa al fine di fronteggiare le necessità degli accresciuti e mutati flussi migratori. L’incontro con i giornalisti è stato presieduto dai cardinali Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, e Robert Sarah, presidente di Cor Unum. I due dicasteri hanno infatti redatto congiuntamente l’interessante studio, che invita alla riflessione e all’azione. Il servizio di Roberta Gisotti:
Decine di milioni di persone nel mondo attendevano questo documento che aggiorna la mappa delle migrazioni forzate, sollecita risposte urgenti, denuncia l’ignavia e l’inefficacia di politiche migratorie improntate sul respingimento e sulla difesa delle frontiere inculcando paura per lo straniero, invece di guardare alle persone e ai loro bisogni, ha rimarcato il cardinale Antonio Maria Vegliò:
“Sono molto diverse le ragioni che costringono uomini e donne a lasciare le loro case. A ciò corrisponde l’inasprimento di molti governi in tale materia e, non di rado, anche un certo irrigidimento dell’opinione pubblica”.
Non ci sono statistiche del tutto affidabili, ha aggiunto il porporato, ma si stima che almeno 100 milioni di persone abbiano lasciato a malincuore le loro case o siano costrette a rimanere in esilio; 16 milioni sono i rifugiati all’estero, oltre 28 milioni gli sfollati in patria a causa di conflitti e altri 15 milioni per lasciare posto a progetti di sviluppo, come ad esempio la costruzione di una diga, 12 milioni gli apolidi senza alcuna cittadinanza e diritto garantito. Tra i drammi più diffusi è la tratta delle persone:
"Il traffico di esseri umani è una piaga vergognosa, che deve essere condannata con fermezza e debellata da società che vogliono dirsi civili".
“Donne, uomini e bambini” “ignobilmente sfruttati e privati di ogni decisione sul loro destino e sulla loro vita”:
“Oltre alla cosiddetta 'industria del sesso', dobbiamo menzionare almeno il lavoro forzato in vari settori, il traffico per il trapianto d’organi, la riduzione in schiavitù per l’accattonaggio e il reclutamento di bambini nei conflitti armati”.
“E’ quanto mai urgente e opportuna – ha concluso il presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti – la sinergia di sforzi concertati” per offrire ogni possibile aiuto” “alle persone forzosamente sradicate”. E nei tanti fratelli e sorelle, in molte parti del Pianeta, colpiti dal dramma dell’allontanamento forzato, come sta accadendo in Siria per la guerra, il cardinale Robert Sarah ha invitato a scorgere il volto di Cristo:
"E’ il volto dei 4 milioni di sfollati interni siriani che, oltre a vivere il dramma di aver perso tutto, rischiano di essere stranieri nel loro stesso Paese; quello del milione di rifugiati nei vari Paesi limitrofi, che continuano ad aumentare e che sempre più spesso decidono di affrontare il pericolo di un viaggio della speranza verso l’Europa".
Letterine e disegni: i ragazzi delle Scuole dei Gesuiti si preparano a incontrare il Papa
◊ Verranno in nave o in pullman, da tutta l’Italia e dall’Albania, le migliaia di studenti delle Scuole dei Gesuiti di questi due Paesi, che domani saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco. Ad affollare l’Aula Paolo VI 9mila persone, fra ragazzi, ex-alunni, famiglie e personale scolastico assieme a membri dei movimenti giovanili ignaziani e delle scuole Fe y Alegria, la rete di scuole popolari al fianco degli immigrati. L’incontro con il primo Papa gesuita della storia sarà preceduto da un momento di animazione. L’evento è stato presentato stamani presso la nostra emittente. A seguirlo, Debora Donnini:
Musica, video, testimonianze di alunni, ex-alunni e docenti, per raccontare come l’educazione dei Gesuiti abbia cambiato loro la vita. Vedrà tutto questo il momento di animazione che precederà l’arrivo del Papa in Aula Paolo VI. Saranno presenti Staffan de Mistura, Luigi Abete e Giovanni Minoli: solo per citare alcune delle persone più note che hanno studiato nelle Scuole della Compagnia di Gesù. Quando arriverà il Papa, alcuni studenti leggeranno domande e riflessioni. Sei collegi italiani e uno di Scutari, in Albania, hanno infatti preparato disegni, lettere e alcuni regali per il Santo Padre e daranno vita anche a un grande coro di circa 200 persone. Ma cosa significa questo incontro per i Gesuiti e per gli alunni delle Scuole da loro gestite? Ci risponde padre Vitangelo Denora, delegato per le scuole della Provincia d’Italia della Compagnia di Gesù:
R. – Innanzitutto, credo sia una festa, un bell’incontro fra i giovani, i bambini, i ragazzi e una persona che dimostra di voler loro bene, di essere attenta a loro. Certamente, per i nostri professori, per il personale e le nostre famiglie, ci aspettiamo che ci possa rafforzare nella missione che viene compiuta attraverso una scuola al servizio dei giovani.
D. – I bambini si sono preparati, scrivendo delle letterine per il Papa, facendo dei disegni. Cosa gli diranno domani?
R. – Abbiamo raccolto alcuni pensieri tratti dalle diverse scuole. Ci saranno i pensierini della scuola primaria, quindi dei più piccoli, dai 6 ai 10 anni, che sono anche quelli più spontanei: “Cosa fai tu tutto il giorno?”. Poi, quelli degli adolescenti, delle scuole medie, che è un’età in cui spesso i ragazzi non hanno molta fiducia in loro stessi. E chiedono al Papa: “Ma come si fa a prendersi delle responsabilità nella vita?”. Hanno il senso dell’amicizia e quindi chiedono: “Ma tu hai amici? Quanti amici hai?”. I più grandi, quelli del liceo, che questo Papa ha interrogato nella ricerca della realizzazione della propria vita, si interrogano sui valori veri, su cosa conti, e chiedono rispetto alla fede come sia stato il suo percorso oppure come pensa il futuro dei giovani, come pensa di rapportarsi a loro. Sono molto carini. Sono stato molto toccato ed emozionato nel leggerli, avendoli selezionati.
D. – Qual è il tratto distintivo delle scuole dei Gesuiti?
R. – Formare uomini e donne per gli altri, cioè persone che hanno coscienza dei propri talenti e che crescono nel desiderio di metterli a disposizione degli altri. Come dice Papa Francesco poter dire a un bambino: non sei fatto per piccole cose, ma sei fatto per grandi cose. Credici e costruisci su questo la tua vita.
Crisi siriana. "Cor Unum": le Chiese dell'area aiutano 400 mila persone
◊ La Chiesa siriana e quelle della regione circostante sostengono “regolarmente”, dal marzo 2011, 400 mila persone per una spesa complessiva di 15 milioni di euro: è questo il contributo di solidarietà offerto dalle istituzioni ecclesiali, coordinate dal Pontificio Consiglio Cor Unum, alle vittime del conflitto in Siria. Le cifre sono contenute in un comunicato del dicastero, reso noto all’indomani dell’udienza concessa da Papa Francesco ai rappresentanti degli organismi caritativi impegnati nell’area e al termine della riunione di coordinamento umanitario sulla crisi, svoltasi in Vaticano il 4 e 5 giugno, cui hanno partecipato circa 25 rappresentanti delle Chiese locali, di organismi caritativi attivi sul posto, donatori istituzionali del mondo cattolico, della Santa Sede, oltre al nunzio apostolico in Siria. La nota fa anche il punto della massa di persone costretta alla fuga dalla violenza della crisi. Si tratta di quasi 7 milioni di persone “bisognose di assistenza umanitaria”, e di più di 4 milioni e mezzo di sfollati interni, mentre – sottolinea la nota – “sempre più persone cercano sicurezza fuori dei confini del Paese, in Libano, Giordania, Turchia e Iraq, che hanno già accolto oltre 2 milioni di rifugiati siriani.
Una caratteristica dell’accoglienza organizzata dalle strutture ecclesiali è di essere aperta a tutti “senza discriminazioni”. Un aspetto rilevato ieri anche dal Papa: “Aiutare la popolazione siriana, al di là delle appartenenze etniche o religiose, è il modo più diretto – ha affermato – per offrire un contributo alla pacificazione e alla edificazione di una società aperta a tutte le diverse componenti”. Tuttavia, data la crudezza del conflitto, la sfida umanitaria richiede uno sforzo che il dicastero di Cor Unum definisce “maggiore e sempre più complesso”. “Un’analisi più attenta dei bisogni sul campo – si legge nel comunicato – ha messo in evidenza che, col sopraggiungere dell’estate, aumenteranno certamente i rischi di epidemie, di mancanza di medicinali e di assistenza per la popolazione colpita, in particolare per le donne incinte e per i bambini, per anziani e disabili”. Dunque, prosegue, “il quadro complessivo della logistica, della sicurezza, della protezione umanitaria, resta allarmante, e si aggraverà se non si troverà il modo di garantire il rispetto del diritto umanitario in generale, e, in particolare l’accesso umanitario sicuro per gli aiuti, e soprattutto se non si arriverà ad una tregua o almeno ad un cessate il fuoco”.
Dal Pontificio Consiglio, viene levato un “appello” a sostenere “anche finanziariamente gli sforzi di assistenza umanitaria e di ricerca di pace, in vista della auspicata ricostruzione di un Paese lacerato e distrutto”. Un appello diretto all’intera comunità internazionale, perché fornisca, si afferma, “più sostegno ai Paesi che accolgono i rifugiati e alle operazioni umanitarie”, in modo da “rispondere alle loro crescenti necessità”. Inoltre – facendo eco alla domanda di Papa Francesco: “Quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?” – la nota sollecita un più incisivo “impegno di mediazione” internazionale, che “sebbene più deciso rispetto ai mesi precedenti”, viene ritenuto “ancora insufficiente”. In questo modo, conclude Cor Unum, “aumentano sempre più i rischi che in Siria si generi un’altra guerra infinita, in cui le prime vittime sono i civili inermi, trattati come bersagli e spesso come vittime dirette ed indirette delle continue violenze, “un’inutile strage”. (A cura di Alessandro De Carolis)
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Nell'incontro con gli alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica il Papa chiede libertà dalle ambizioni personali e spirito di servizio per la Chiesa.
Nell'informazione internazionale, in primo piano la situazione nella penisola coreana: riparte il dialogo tra il Nord e il Sud dopo mesi di aspre tensioni.
In cultura, l'intervento di Lucetta Scaraffia al Festival biblico a Vicenza sull'episodio evangelico dell'incontro al pozzo tra Cristo e la samaritana.
La verità è un diamante: la relazione introduttiva del cardinale Gianfranco Ravasi all’incontro «L’homme en débat: Paul Ricœur et Albert Camus».
I diversi significati della ribellione: stralci dall'intervento di Julia Kristeva alla conferenza «Humanismes et Religions».
La moltiplicazione delle empanadas: in anteprima l'epilogo della biografia di Bergoglio scritta da Evangelina Himitian e appena pubblicata in traduzione italiana.
La grandezza è nelle differenze: aperto a Baghdad il Sinodo della Chiesa caldea cattolica.
Siria, De Mistura: sì al negoziato, no a una soluzione militare
◊ Non cessa la violenza in Siria. Combattimenti tra oppositori del regime e soldati sono in corso in varie parti del Paese. L’Onu ha confermato scontri anche al valico di Quneitra tra Israele e Damasco. E mentre l'Austria fa sapere che ritirerà i propri caschi blu dalla missione Onu in Golan, secondo fonti locali, il presidente Bashar al-Assad terrà presto un discorso alla nazione in cui si congratulerà con il suo esercito per la conquista della città di Qusayr, dopo 17 giorni di scontri con i ribelli. Sul fronte diplomatico, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, chiede di non strumentalizzare la questione dell’utilizzo delle armi chimiche al fine di giustificare un intervento armato internazionale. Il politico russo ha poi confermato che sarà il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem, a rappresentare Damasco alla Conferenza internazionale sulla crisi, in programma il mese prossimo, la cosiddetta ''Ginevra 2''. Sulla situazione in Siria, Antonella Palermo ha raccolto il commento di Staffan De Mistura, diplomatico e sottosegretario agli Esteri del governo italiano:
R. – La situazione in Siria è una vera tragedia. In un momento in cui ci siamo detti "mai più Sebrenica", "mai più Vukovar", "mai più Rwanda", ci troviamo a vedere una comunità internazionale divisa, che non è in condizioni di trovare una formula per chiudere la crisi. Io sono, però, moderatamente – perché bisogna essere cauti – ottimista sulla proposta russa-americana, sostenuta dall’inviato dell’Onu, Brahimi, che guarda alla Conferenza a Ginevra. Queste conferenze a volte possono deludere, possono durare a lungo, ma è positivo il fatto che soprattutto Stati Uniti e Russia la sostengano – loro che sono bene o male le due forti controparti. L’Europa, come abbiamo visto, purtroppo ha dimostrato ancora una volta di essere divisa. Una Conferenza che speriamo produca effetti se non altro sul fronte degli aiuti umanitari, perché qui abbiamo un’enorme quantità di persone che sono toccate dagli effetti secondari di questa guerra. E’ chiaro che qui una soluzione militare non c’è. E la prova è che ci sono avanzate e ritirate continue. Bisogna lavorare sulla soluzione politica.
Cina-Usa. Attesa per il bilaterale tra Xi Jinping e Obama
◊ Cresce l’attesa per il vertice bilaterale tra il presidente cinese, Xi Jinping, e il capo della Casa Bianca, Barack Obama, domani in California. Incontro definito informale, che chiude il tour americano dell’uomo forte di Pechino, dopo le tappe nei Paesi latini e gli importanti accordi di cooperazione e sviluppo siglati, ad esempio, con il Messico e il Costa Rica. Tante le questioni sul tavolo, come conferma Roberto Peruzzi, docente di Relazioni internazionali alla Ca’ Foscari di Venezia ed esperto di Cina. Cecilia Seppia lo ha intervistato:
R. - Le questioni concrete sul tavolo riguardano soprattutto la crescita esponenziale degli investimenti cinesi negli Stati Uniti, cosa che da un lato è molto utile perché sostiene evidentemente l’economia americana, ma che dall’altro lato richiama il timore dell’invasione asiatica, così come era stato con i giapponesi negli Anni '80. Dal punto di vista politico, non credo che affronteranno la questione delle isole contese nel Mar della Cina. Mentre per quanto riguarda la questione coreana, credo che l’affronteranno perché in questo momento c’è un evidente convergenza di punti di vista. Sulla Siria, credo non ci siano grandi variazioni, nel senso che la posizione cinese è sempre stata la stessa - che si trattasse di Siria, di Iran - cioè nessun intervento unilaterale da parte di Stati terzi in questioni interne. Se l’intervento ci deve essere, deve essere mediato attraverso le Nazioni Unite.
D. – Xi Jinping ha iniziato questo viaggio dai Paesi latinoamericani dove, tra l’altro, sono stati siglati diversi accordi di cooperazione. Qui, senz’altro si palesano gli interessi economici della Cina …
R. – Sì, ma anche le debolezze degli Stati Uniti. Il vantaggio che hanno i cinesi rispetto agli americani è che dispongono di una consistente liquidità e quindi possono investire direttamente o possono intervenire a sostenere il debito di alcuni Stati, comprandone appunto i titoli di Stato. L’altro vantaggio si trova nel modo di stare sui mercati, nel senso che le condizioni che pongono i cinesi per i loro prestiti o investimenti sono estremamente più vantaggiose rispetto a quelli offerti dagli Stati Uniti, dagli Stati europei o dal Fondo monetario internazionale, in quanto la Cina non chiede contropartite sul piano politico o particolari programmi economici: presta soldi quindi, ma non chiede politiche di austerità in cambio.
D. – Possiamo dire che questo viaggio ha una duplice connotazione: da un lato, sembrano un po’ le prove generali della Cina per divenire a tutti gli effetti una potenza globale e quindi porsi così sulla scena internazionale. Dall’altro, c'è la volontà di rafforzare i rapporti bilaterali con gli Stati Uniti. Possiamo parlare di continuità o di cambiamento rispetto al predecessore di Xi – Jinping, ovvero Hu Jintao…
R. – Sicuramente, la Cina sta cercando di rafforzare i rapporti bilaterali. La questione della prospettiva globale preoccupa molto i cinesi, nel senso che loro non riescono ancora ad elaborare una vera politica globale. Rispetto alla continuità invece, in questo momento penso ci sia ancora una situazione di incertezza su quali siano le linee future della politica estera cinese. È una linea anche segnata da timori, rispetto a questa futura assunzione di un rilievo globale della Cina.
D. – Sul tavolo ci sarà anche la questione dei diritti umani. Ieri, il presidente cinese ha ribadito che la priorità del governo è abbattere la piaga della povertà e della fame. Su questo in fondo c’è convergenza anche con la politica di Obama?
R. – Il tema della lotta alla povertà, dal punto di vista del governo cinese, ha due valenze. Una è chiaramente quella propagandistica, vale a dire: “Noi facciamo tutta una serie di cose che magari in ambito internazionale vengono contestate, ma questo perché noi abbiamo ancora il problema della povertà e la nostra priorità è combattere questo problema”. L’altro aspetto è il fatto che una delle auto-rappresentazioni della Cina, rispetto alla propria politica estera, è quella di mostrarsi non come il primo, o uno dei primi, Paesi industriali e sviluppati al mondo, ma di presentarsi come il primo dei Paesi in via di sviluppo, quindi il primo dei Paesi poveri, il che oggi è chiaramente un paradosso.
Guatemala: al via la 43.ma assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani
◊ La 43.ma assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani si apre in Guatemala. Dopo la cerimonia d’inaugurazione, José Miguel Insulza, segretario generale dell’Osa, ha incontrato il segretario di Stato degli Stati Uniti, John Kerry, passando in rassegna i principali temi in agenda e puntando l’attenzione sulla “politica globale contro il problema mondiale della droga nelle Americhe”. Salvatore Sabatino ha intervistato il collega Luis Badilla:
R. - Con il presidente Obama, è cambiata un po’ la politica per quanto riguarda i Paesi che in America Latina sono coinvolti direttamente nella produzione e nel traffico di droga. Sono soprattutto gli Stati Uniti che subiscono gli effetti di questo traffico. Quindi, negli ultimi anni, in questa materia, si è stabilita una più intensa ed efficace collaborazione tra gli Stati Uniti e il resto dell’America Latina.
D. - Altro tema assolutamente di primo piano è l’integrazione economica e i diversi patti regionali in America Latina…
R. - Questo è un tema molto importante, perché la valutazione sull’andamento dei patti bilaterali, multilaterali, per quanto riguarda lo sviluppo economico e la crescita, va rivista alla luce della crisi economica finanziaria internazionale. Molti di questi patti purtroppo non si possono portare a compimento come previsto, perché sono cambiate radicalmente le condizioni dell’economia planetaria. Quindi, occorre rivedere l’insieme di questi accordi per trovare il modo di mantenere la loro vigenza, però consentendo il mantenimento dell’impegno affinchè i Paesi possano dedicare risorse alla crescita interna, senza dover spendere troppo o tutto negli impegni regionali o sub-regionali.
D. - Alcuni Paesi vogliono inserire discussioni ufficiali su temi molto sensibili, come aborto e unioni gay. Da questo punto di vista, però, ci sono frizioni interne all’Osa…
R. - C’è un po’ di agitazione da parte di numerosi Paesi dell’America Latina, direi la maggioranza, perché nei documenti, che questa assemblea prepara, sono stati inseriti almeno tre testi ufficiali della commissione interamericana dei diritti umani. Secondo questi documenti, tra l’altro, l’aborto sarebbe un “diritto umano”, così come le unioni gay. Quindi, c’è un tentativo da parte di alcuni governi di inserire queste discussioni all’interno del dibattito dell’assemblea. Già, per esempio, il Guatemala, che è il Paese dove si realizza questa assemblea, ha dichiarato ufficialmente che non accetterà neanche che si discuta. Gli altri Paesi hanno detto che se per caso si discute diranno di no. Il problema fondamentale è questo, per dirlo in poche parole: c’è un tentativo maldestro di far passare alcune questioni interne dell’Osa come se fossero risoluzioni che devono avere valore in tutti i Paesi, dimenticando che il patto sul quale è stata fondata l’Osa a Montevideo, in Uruguay, è un patto che riguarda il rispetto, il rafforzamento, il consolidamento della democrazia all’interno dell’emisfero e non riguarda nessun altro tipo di materia.
D. - Volendo fare un bilancio, anche vedendo quali sono i temi in discussione all’Osa, l’America Latina dove sta andando?
R. - L’America Latina sicuramente sta subendo tutte le conseguenze della crisi internazionale a livello finanziario ed economico. Tuttavia, da quanto risulta dalle statistiche delle istituzioni economiche specializzate, sta reagendo bene per due motivi. Il primo, è che prima della crisi i livelli di crescita, il famoso pil latinoamericano, era piuttosto alto. Il secondo motivo che gli consente di reagire piuttosto bene riguarda il fatto che l’America Latina, con il ritorno delle democrazie, con l’applicazione di un modello economico più moderno, ha diversificato moltissimo le sue esportazioni. Non è più dipendente solo dagli Stati Uniti o dall’Europa, ha creato mercati anche in Asia e in Africa. C’è da aggiungere un ultimo elemento che nella discussione è molto importante, che è forse la cosa più delicata per l’America Latina, e riguarda l’iniquità sociale: è il continente al mondo dove c’è la più alta iniquità sociale. Quindi, il problema fondamentale in America Latina, in parte, è la crescita, lo sviluppo, ma soprattutto è la distribuzione della ricchezza o, come si dice adesso, il come governare la ricchezza.
Myanmar. Aung San Suu Kyi pronta a candidarsi alle presidenziali del 2015
◊ In Myanmar, il Premio Nobel per la Pace e leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi ha annunciato l’intenzione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2015. Ventilata anche la possibilità di revisione della Costituzione, visto che la giunta militare, attualmente al potere, che non ha bloccato l'apertura di un processo esplorativo in tal senso. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
E’ dal World Economic Forum di Naypyidaw, capitale del Myanmar, che la leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi, ha confermato che sarà in lizza per le presidenziali del 2015. “Desidero correre per la presidenza. Se avessi detto che non lo volevo, non sarei stata onesta", ha detto sorridente davanti ai delegati. Poi, l’auspicio per il “cambiamento della Costituzione”. La decisione della popolare leader della Lega Nazionale per la Democrazia era attesa. Quando scadrà il mandato dell'attuale presidente, Thein Sein, il Premio Nobel per la Pace avrà 70 anni. Dopo aver boicottato il voto del 2010, il partito di Aung Suu Kyi ha conquistato 43 seggi nelle elezioni suppletive dell'aprile 2012, esito che ha consentito alla leader di entrare in parlamento. Una svolta avvenuta dopo 15 anni di detenzione decisi dalla Giunta militare, che ha progressivamente aperto al processo di democratizzazione. In questa direzione, anche la decisione delle divise, tutt’ora la potere nel Paese, di non porre il veto sul cambiamento della Carta costituzionale imposta nel 2008. Lo scorso marzo, infatti, il parlamento ha approvato l'apertura di un processo esplorativo di revisione della Carta fondamentale, anche grazie al sostegno dei militari che occupano di diritto un quarto dei seggi.
Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Maria Teresa Sivieri, esperta dell’area e autrice del libro “Viaggio in Myanmar. La Birmania dal feudalesimo alla dittatura attraverso il colonialismo” edito da Cleup:
R. – Penso che Aung San Suu Kyi abbia agito bene. Lei ha 43 seggi in parlamento, mentre il partito del governo ne ha più 400. Il 25% dei seggi sono occupati dai militari, che non sono stati eletti ma nominati dal capo dello Stato Maggiore. Però, se le urne saranno libere, non ci saranno brogli, tutti sono convinti che lei vincerà.
D. – Comunque, una parabola straordinaria quella di Aung San Suu Kyi: la Giunta l’ha tenuta 15 anni agli arresti, poi l’apertura al processo democratico…
R. – Questo è un segnale sicuramente positivo, indubbiamente la dittatura ha ceduto perché ha intuito i vantaggi e perché non poteva mettersi contro tutto il mondo, ormai la cosa durava da molto tempo. Aung San Suu Kyi è stata veramente straordinaria, se pensiamo che non è riuscita neppure ad andare al funerale di suo marito, che ai figli non era permesso di incontrarla… Ha sofferto veramente tanto questa donna, che è stata aiutata – come diceva lei stessa – dal suo credo e da quello che aveva fatto suo padre, ucciso quando lei aveva solamente due anni. Il padre aveva condotto il Paese verso la democrazia, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e Aung San Suu Kyi non lo ha mai dimenticato e si è impegnata in prima persona nella stessa direzione.
D. – Quali sono i problemi principali che sta affrontando il Paese?
R. – Prima di tutto, quello delle etnie, che sono tantissime e sono in lotta fra di loro. Poi i problemi inerenti alla povertà, perché il Myanmar è un Paese povero, ma ricchissimo di risorse naturali – gas, pietre prezioso, oro – e si trova incastonato fra l’India, la Cina e il Sudest Asiatico, nel cuore della regione più dinamica dell’economia mondiale.
D. – Quindi, deve trovare un po’ anche la strada per riuscire ad affrancarsi e sfruttare le proprie risorse?
R. – Si, ma senza essere sfruttato ancora di più di quanto sia stato sfruttato finora dalla Cina e dall’India.
D. – Ma, secondo lei, qual è il volto oggi del Myanmar?
R. – Adesso c’è più libertà, però in certe aree, nello Stato Shan, per esempio, al Nord, o nello Stato Kachin e quelli confinanti con la Thailandia, i problemi sono ancora tanti. Ci sono i contadini che chiedono che vengano restituiti i terreni che gli erano stati tolti. Ci sono i proprietari delle fabbriche che chiedono, anche loro, quello che era stato confiscato dai militari. Non dobbiamo dimenticare i cinesi, che stanno operando con grossissimi progetti, firmati e accordati dai militari nel passato, ma senza una reale trasparenza.
Italia. Save tehe Children: bambini più vulnerabili con la crisi
◊ Il 32,3 % dei minori in Italia è a rischio povertà, e continuano a diminuire le risorse destinate alle politiche per l'infanzia e l'adolescenza. E’ il dato che emerge dal 6° Rapporto Crc, organizzazione che si occupa di infanzia, cui hanno contribuito 113 operatori di 82 associazioni, coordinate da Save the Children. Alessandro Guarasci:
La crisi colpisce più duramente i bambini rispetto agli adulti e l’Italia ne risente maggiormente. Oltre il 32 % dei bambini infatti rischia di scivolare nella povertà, contro un dato europeo del 27%. Un fenomeno che si acuisce al Sud e nella famiglie con più di tre minori. Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini:
“Bisogna investire per la tutela dei minori, perché non riuscire a fare questo tipo di tutela può produrre effetti a lungo termine. Il Ministero vuole prendere degli impegni: impegni non solo per un monitoraggio più attento, non solo per l’identificazione dei casi più meritevoli di impegno, ma anche maggiori finanziamenti e coordinamento delle politiche in questo settore”.
Nel 2011, erano 2 milioni 782 mila le famiglie in condizione di povertà relativa (l'11,1%), per un totale di 8 milioni 173 mila di individui poveri, il 13,6% dell'intera popolazione. Diego Cipriani, della Caritas italiana, fa precise richieste al governo:
“Definire - anche consultando le organizzazioni del terzo settore - di concerto con le Regioni, e quindi con il parlamento, un piano straordinario nazionale di contrasto alla povertà minorile, tenendo conto della priorità della strategia Europa 2020”.
E poi, c’è il problema delle risorse. I fondi risorse destinati all'infanzia e all'adolescenza nelle principali 15 città sono passate dai 43,9 milioni del 2008 ai 39,6 del 2013.
Colonia. Al Congresso eucaristico tedesco è la giornata dei giovani
◊ Con una Messa a cielo aperto è stato inaugurato mercoledì sera il Congresso Eucaristico Nazionale a Colonia. I circa 5.000 partecipanti – tra loro 40 vescovi da tutte le parti della Germania – si sono incontrati sulle rive del fiume Reno, attualmente gonfio di acqua, sottolineando che diverse parti della Germania, in particolare la zona orientale, sono alle prese con un serio allagamento, ricordato anche nelle preghiere durante le celebrazioni al Congresso. La Messa è stata concelebrata dall’arcivescovo di Colonia, il cardinale Joachim Meisner, e dal presidente della Conferenza episcopale tedesca, l’arcivescovo Robert Zollitsch. Entrambi hanno espresso la speranza che l’incontro possa veder ripartire i partecipanti più felici di quanto non fossero al loro arrivo a Colonia, che ospita il primo Congresso eucaristico sul suolo tedesco da più di 60 anni. Ognuno – ha affermato mons. Zollitsch nella sua omelia – si senta esortato a lasciare le pareti sicure della propria “comoda” esistenza cristiana per portare il messaggio di Cristo nel mondo moderno. Accanto all’altare è stata eretta una croce alta 20 metri, che sarà illuminata durante la notte e che rappresenta il simbolo del Congresso, un ideale “saluto” al Duomo di Colonia che si trova dall’altra parte del fiume. Dopo a Messa, tutti i partecipanti si sono recati in solenne processione al Duomo, accompagnati dal sonoro benvenuto delle campane. Culmine della festa della fede, mercoledì sera, con l’allestimento di fari colorati all’interno del Duomo, accompagnato da canti e suoni dell’organo. Migliaia di fedeli hanno goduto del particolare spettacolo sulle pareti di pietra arenaria, dove in corrispondenza con la musica si delineavano immagini di pesci e spighe rampicanti, ma anche di elementi che richiamavano particolarità architettoniche del Simbolo indiscusso della città di Colonia. Un’ora circa la durata dello spettacolo, vissuta dai presenti in un intenso silenzio, protratto per qualche secondo anche dopo la fine delle musica e delle proiezioni e poi interrotto da applausi frenetici. L’evento si ripeterà ogni sera per tutta la durata del Congresso. Giovedì, invece è la giornata sotto il segno della gioventù: catechesi e celebrazioni sparse per la città, tenute dai vescovi tedeschi, sono rivolte agli studenti che popolano numerosi il centro di Colonia. Circa 6.000 giovani sono attesi durante la giornata, che include anche una processione dopo la Messa con il Cardinal Meisner e, nel pomeriggio, la premiazione degli studenti che hanno elaborato, nel corso di una gara a livello nazionale, progetti inerenti alla prima apparizione di Gesù ai suoi discepoli. La giornata si conclude con i Vespri ecumenici, celebrati nel Duomo, che vedono la partecipazione di rappresentanti delle più importanti cristiane chiese tedesche – tra loro luterani e ortodossi – e di associazioni ecumeniche. (A cura di Christine Seuss)
Pakistan. Rilasciati estremisti che bruciarono il quartiere cristiano
◊ In Pakistan, sono stati rilasciati su cauzione 31 uomini che erano stati arrestati per aver dato alle fiamme nel marzo scorso il quartiere cristiano di Lahore “Joseph Colony. Restano in carcere circa 50 persone, mentre le centinaia che avevano partecipato ai saccheggi rimangono tuttora totalmente impuniti. D’altro canto Sawan Masih – riferisce l’Agenzia Fides – “il fedele cristiano falsamente accusato di aver insultato il Maometto – il caso che fornì il pretesto per scatenare la violenza di massa alla Joseph Colony – sarà invece processato in carcere per blasfemia”. “Si dibatte in questa palese contraddizione – rileva l’agenzia missionaria vaticana - l’eclatante caso giudiziario che per mesi ha occupato l’opinione pubblica in Pakistan, sollevando sdegno e proteste della Chiesa, della società civile, di settori della politica. Sawan Masih fu accusato di blasfemia e, in seguito all’accusa, il 9 marzo scorso una folla di circa tremila musulmani attaccò l’intero quartiere dove questi viveva, bruciando due chiese e circa 178 case di famiglie cristiane. Nei mesi scorsi il governo del Punjab si è impegnato a risarcire le famiglie e a ricostruire le case, ma la questione dell’impunità resta una ferita aperta. “La maggior parte delle persone che furono fermate dopo l'attacco è stata dichiarata innocente dalla polizia e subito rilasciata, per corruzione o per pressioni politiche. Le indagini proseguono e 31 arrestati hanno avuto la libertà su cauzione”, spiega a Fides Naeem Shakir, avvocato cristiano di Lahore. Intanto è stato inoltrato ricorso contro il provvedimento di “libertà provvisoria”, disposto dall’Alta Corte di Lahore. Shakir è nel collegio difensivo di Sawan Masih, che sarà processato in carcere per motivi di sicurezza: si teme infatti una esecuzione extragiudiziale, come avvenuto in molti altri casi di supposta blasfemia in Pakistan. “Masih è del tutto innocente. Il processo è appena agli inizi e avremo la prossima udienza il 12 giugno”, spiega l’avvocato. Il collegio dei difensori ha ritirato la richiesta di libertà su cauzione, a causa delle minacce giunte contro Masih, preferendo che l’uomo resti e sia processato in carcere. “Sono due casi differenti: il primo è basato sulla legge anti-terrorismo, l’altro sulla blasfemia. Ma sono un segno del funzionamento cattivo e discriminatorio del sistema giudiziario in Pakistan”, nota l’avvocato Shakir. Secondo la denuncia registrata, il musulmano Shahid Imran ha sentito Sawan usare un linguaggio dispregiativo su Maometto. Per questo Masih è accusato in base all’articolo 295c del Codice Penale Pakistano (uno degli articoli chiamati “legge di blasfemia”) che prevede anche la pena di morte.
Centrafrica: regnano insicurezza e violenze, la testimonianza di un missionario
◊ Nella Repubblica Centrafricana, a due mesi dal colpo di Stato della coalizione di ribelli Seleka “non si vede nessun miglioramento. Non c’è niente che funzioni a livello di amministrazione, non ci sono forze dell’ordine, continuano gli abusi, le scuole statali sono ancora tutte chiuse”. A parlare, in una intervista al Sir, è padre Aurelio Gazzera, 51 anni, di Cuneo, missionario dei Carmelitani Scalzi. Dal 1992 vive in Centrafrica, dal 2003 dirige una missione a Bozoum, una cittadina a 400 km dalla capitale Bangui. I ribelli, racconta padre Gazzera, usano la forza in maniera arbitraria: “C’è sempre paura che succeda qualcosa. La gente si muove poco. Continuano i furti. La settimana scorsa hanno torturato una persona, poi hanno arrestato un parrocchiano che lavora alla Caritas. Quando sono andato a parlare con i ribelli per farlo rilasciare c’erano una decina di persone agli arresti”. “Psicologicamente è dura - prosegue - perché siamo indifesi. Possono fare quello che vogliono: pretendere soldi, picchiare o arrestare. Per entrare in città dobbiamo pagarli. Infieriscono sulle persone solo perché qualcuno fa la spia. Per loro è un affare redditizio. È gente abituata a far la guerra, ad attaccare i più deboli. Noi cerchiamo di aiutare la gente a capire cosa sta succedendo. Forse dovremo abituarci ad un periodo in cui saranno in giro per il Paese e diventeranno dei banditi”. Riguardo alle violenze contro i cristiani e ai rischi di una “islamizzazione” del Paese, padre Gazzera ammette che “oggettivamente ci sono degli elementi che parlano di islamizzazione. Ma è bene che non si creino ulteriori problemi”. “È oggettivo che nel governo più della metà dei ministri sono musulmani - osserva -, nonostante tra la popolazione non arrivino al 15%. Il presidente continua a smentire e a dire che la priorità è la sicurezza, però non è molto credibile. Bisogna essere cauti perché c’è il rischio della reazione contraria, che potrebbe essere molto pericolosa. Già qualcuno comincia ad aizzare contro i musulmani. A Bangui devono proteggere chi va a pregare nella moschea. Questo non è bello. È anche il frutto di problemi creati dai ribelli e da musulmani che hanno approfittato della situazione. Ma non dobbiamo esasperare i toni”. Il missionario invita ad “avere molto rispetto per le comunità musulmane, per non innescare una reazione contro l’islam”. E annuncia che l’arcidiocesi di Bangui inizierà una serie di incontri formativi rivolti alle autorità di diverse religioni, “per aiutare chi è chiamato a fare opera di mediazione con i ribelli. È già una risposta”. La comunità internazionale, da parte sua, può tenere accesi i riflettori sul Centrafrica: “Parlarne può già aiutare, anche a livello di scelte internazionali. Siamo in un Paese piccolo, che non interessa nessuno. Da solo non può farcela”.
Brasile. I vescovi: l’ingiustizia contro gli indios del Mato Grosso genera violenza
◊ “L'ingiustizia genera sempre violenza!”: è quanto affermano i vescovi della Regione Ovest (Mato Grosso do Sul), in una dichiarazione pubblicata il 5 giugno sulla recrudescenza dello scontro fondiario in quest’area. Gli indigeni del Mato Grosso chiedono la restituzione delle terre appartenute ai loro antenati, ma si scontrano con gli interessi di chi le ha acquistate e vi produce la soia. La protesta in questi giorni, che si ormai estesa in 3 Stati, è degenerata in violenze che hanno provocato almeno un morto e diversi feriti. Il governo federale ha deciso l’invio di soldati nell’area. “Il doloroso conflitto che da decenni oppone agricoltori ed indigeni, provoca ogni anno vittime da entrambe le parti” afferma il documento inviato a Fides."Ci siamo resi conto da tempo (con una dichiarazione pubblicata nel 2009) che non si può prolungare questo stato di cose, che ci umilia davanti all'opinione pubblica mondiale, perché è una tremenda ingiustizia quella che viene commessa contro un gran numero di brasiliani. E l'ingiustizia genera sempre violenza!". I vescovi ricordano inoltre che “come tutto il territorio brasiliano, anche il Mato Grosso do Sul è terra indigena. Quindi è un dovere che coinvolge tutta la società - rappresentata dal suo governo- fornire ai popoli indigeni le condizioni che li rendono soggetti e protagonisti del loro sviluppo, piuttosto che tenerli in dipendenza economica e sociale che denigra la loro dignità di esseri umani.” “Pertanto, mentre chiediamo alle autorità civili, giudiziarie e militari di essere guidati dalla giustizia e saggezza nell’adottare con urgenza misure concrete, chiediamo a tutte le persone di buona volontà - indigeni, contadini e membri degli organismi coinvolti nel conflitto - di dialogare per risolvere il problema, e non continuare a macchiare con sangue il suolo del nostro Stato”. Il documento conclude chiedendo di “trovare una soluzione giusta e duratura della questione indigena nel Mato Grosso do Sul, rispettando il diritto e il benessere di tutti. Se le occupazioni delle terre generano un clima di incertezza giuridica e sociale, lo status quo è una polveriera che minaccia continuamente di esplodere".
Sipri: Cina, India e Pakistan aumentano le testate nucleari
◊ Mentre le principali potenze nucleari riducono i loro arsenali, Cina, India e Pakistan aumentano le loro testate atomiche. A rivelarlo è l'annuale rapporto dello Stockholm International Peace Reserch Institute (Sipri), istituto svedese per la pace. Secondo il documento – citato da AsiaNews - Pechino ha accresciuto il suo potenziale atomico di 10 unità, passando da 240 nel 2011 a 250 a fine 2012, piazzandosi al quarto posto nella lista delle potenze nucleari. New Delhi e Islamabad aggiungono invece al proprio arsenale 20 testate ciascuno: da 90 a 110 per l'India e da 100 a 120 per il Pakistan. Il Sipri nota che la corsa alle armi di distruzione di massa dei tre colossi asiatici, mina la già fragile stabilità del continente. Il Medio Oriente è sconvolto dalla guerra in Siria; in Asia del sud continua invece il confronto fra India e Pakistan sul territorio conteso del Kashmir; nella Asia del'Est la Corea del Nord prosegue con i test dei suoi missili balistici, che fanno paura ai Paesi confinanti; nel Mar Cinese meridionale crescono le dispute sulle acque territoriali fra Cina, Giappone, Taiwan, Vietman e Filippine. Solo le due vecchie superpotenze hanno tagliato le loro testate: la Russia ha ridotto i suoi missili balistici di 1500 unità, passando da 10mila a 8.500; quelle degli Stati Uniti calano invece di 1300 unità, da 8mila a 7.700. La Francia non fa registrare variazioni, restando ferma a 300 testate. Stabili anche la Gran Bretagna, con 225, e Israele con 80. Il rapporto del Sipri non tiene conto delle due possibili nuove potenze nucleari: Corea del Nord e Iran. Per l'istituto i loro programmi sono ancora nelle fasi iniziali e quindi non quantificabili. Dal documento emergono altri dati allarmanti. Se da un lato Stati Uniti e Russia hanno distrutto i propri arsenali chimici, dall'altro vi sono sospetti sull'utilizzo di gas sarin in Siria. Il Sipri denuncia che la lotta fra sunniti e sciiti in corso in Siria, sta avendo effetti devastanti anche in Libano e Iraq. Altro dato relativo all'Asia è la crescita del traffico internazionale di armi, con la Cina che ha superato la Gran Bretagna, diventando il quinto esportatore al mondo dopo Stati Uniti, Russia, Germania e Francia.
Rapporto Fao-Ocse: nei prossimi 10 anni calerà la produzione agricola
◊ Nel prossimo decennio la produzione agricola globale crescerà in media dell'1,5% l'anno, a fronte di una crescita annua del 2,1% registrata tra il 2003 e il 2012. Limitata espansione della terra coltivata, aumento dei costi di produzione, pressione crescente sulle risorse e sull'ambiente, sono i principali fattori alla base di questa tendenza. Tuttavia, l’offerta di materie agricole dovrà tenere il passo con la domanda globale. Progressi notevoli per la Cina che quintuplicherà la produzione e sarà in grado di migliorare notevolmente la situazione sul fronte della fame. Con una crescita del reddito elevata e un settore agroalimentare in rapida espansione, il Paese asiatico avrà una grande influenza sui mercati mondiali, senza escludere però un rallentamento della produzione a causa della crescente pressione sulle risorse idriche e sulla manodopera rurale. Questo quanto emerge dal nuovo rapporto congiunto Fao-Ocse per il prossimo decennio. Secondo il rapporto inoltre i Paesi in via di sviluppo giocheranno un ruolo molto particolare nei prossimi anni sia in termini di commercio mondiale che di produzione. Nello specifico, il 57% dell’aumento produttivo di cereali giungerà per esempio dalle economie in via di sviluppo dove si stanno anche facendo importanti investimenti per efficientare le rese. Un dato importante è che sempre i Paesi emergenti conteranno per l’80% della produzione di carne. Carne e pesce infatti registreranno nei prossimi anni maggiori aumenti di prezzo, mentre per i generi agricoli lo scenario sarà più rassicurante. Le prospettive per l’agricoltura globale, come sottolinea il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, sono positive, con una forte domanda, un'espansione del commercio e prezzi elevati. Questo quadro presuppone però una ripresa economica duratura, anche se - sottolinea Gurria - nel caso di una mancata svolta all'economia globale, gli investimenti e la crescita in agricoltura ne soffriranno e la sicurezza alimentare potrebbe esserne compromessa. In ultima battuta, il segretario generale dell’Ocse aggiunge che il ruolo chiave è rivolto ai governi che devono creare un ambiente favorevole sia per la crescita che per il commercio. (A cura di Federica Baioni)
La Chiesa plaude ai nuovi negoziati tra Nord e Sud Corea
◊ La disponibilità a riaprire l’area industriale congiunta di Kaesong è un passo avanti che potrà dare il via a un processo di disgelo e riavvicinamento fra Nord e Sud Corea. E’ l’auspicio della Chiesa coreana, alla notizia che Corea del Nord e del Sud hanno ufficialmente, deciso di riprendere negoziati ufficiali per riavviare le attività produttive nel parco industriale di Kaesong, al confine fra le due Coree, chiuso lo scorso aprile. I mesi di forti tensioni fra Nord e Sud Corea hanno infatti avuto ripercussioni negative sul piano economico in entrambi i paesi. In una nota inviata a Fides dall’ufficio australiano della Fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”, il sacerdote coreano padre Lee Eun-Hyung, segretario generale della “Commissione per la Riconciliazione del popolo coreano”, in seno alla Conferenza Episcopale della Corea, spiega: “In questa situazione di tensione la carestia tra la popolazione della Corea del Nord è destinata a peggiorare, e anche in Corea del Sud l'economia sta vivendo svantaggi. La via d'uscita giusta è il dialogo e gli accordi, la collaborazione e lo scambio”. La Commissione porta avanti dal 1999 un costante sforzo di comunione e collaborazione con il Nord. Nei tre viaggi compiuti oltre “cortina di bambù” (l’ultimo nel 2011) p. Lee ha parlato con i rappresentanti della “Catholic Association Joseon”, unica associazione di fedeli cattolici ufficialmente riconosciuta dalle autorità nordcoreane. Grazie a questa associazione, racconta “siamo stati in grado di fornire aiuti umanitari alla Corea del Nord, come cibo e carbone per il riscaldamento”. I fedeli cristiani in Corea del Nord restano in una situazione di grande sofferenza: non si sa quanti siano, né se vi siano sacerdoti. L’unica chiesa riconosciuta si trova a Pyongyang e probabilmente molti altre edifici ecclesiali sono stati distrutti o riutilizzati per scopi diversi. Secondo le autorità nordcoreane vi sono 3.000 cattolici nel paese, ma è noto che nel 1945 ce n’erano circa 50mila. “Abbiamo il sospetto che, dopo il lungo periodo di persecuzione, ci siano ancora circa 10.000 persone che professano nel loro cuore la fede cattolica e la praticano in segreto”, dice p. Lee. “Alcuni rifugiati scappati dal Nord raccontano di donne anziane che, sedute in cerchio, contano i fagioli mentre mormorano qualcosa a bassa voce. Forse stanno pregando il Rosario”, conclude.
Sudan: decine di migliaia di sfollati dopo battaglia ad Abu Kershola
◊ Sono state circa 63.000 le persone costrette a lasciare le loro case dai combattimenti culminati nella riconquista da parte dell’esercito del Sudan di Abu Kershola, una cittadina strategica al confine tra le regioni del Sud e del Nord Kordofan: lo ha annunciato Ocha, l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria. Secondo l’ente delle Nazioni Unite – riferisce l’Agenzia Misna - 10.000 degli sfollati si trovano in Sud Kordofan, 44.000 hanno attraversato il confine con il Nord Kordofan e altri 8000 hanno raggiunto addirittura la regione di Khartoum. Abu Kershola è stata sottratta al controllo di gruppi ribelli parte del Fronte rivoluzionario del Sudan (Srf) alla fine di maggio, dopo un assedio durato un mese. Secondo le radio cattoliche del Sud Sudan, testimonianze giunte da Abu Kershola accreditano l’ipotesi che “centinaia di persone” siano state uccise dai militari dopo la caduta della città. Le stesse fonti avrebbero riferito di bombardamenti dell’aviazione sudanese tuttora in corso, in particolare nell’area dei villaggi di Kalenj, Amkitera e Shamsheka. Di una situazione ancora “tesa e incerta” riferisce anche il quotidiano Sudan Tribune. Secondo il giornale, i ribelli hanno già annunciato una controffensiva prevista nei prossimi giorni.
Vescovi spagnoli e portoghesi: reti sociali, nuova opportunità di evangelizzazione
◊ “Le reti sociali implicano una nuova opportunità per la comunicazione del Vangelo. La Chiesa deve realizzare lo sforzo di trasmettere il messaggio di Gesù Cristo nel linguaggio della nuova cultura della comunicazione che questi strumenti hanno creato”. Lo scrivono i vescovi della Commissione per la comunicazione delle Conferenze episcopali di Spagna e Portogallo, riuniti a La Seu d’Urgell (Spagna), per riflettere sulla loro missione “nell’ambito della pastorale delle comunicazioni”. L’incontro – riferisce l’Agenzia Sir - si è sviluppato sotto il titolo “Reti sociali, nuovi mezzi per la nuova evangelizzazione”, “con il desiderio di arricchire il dibattito sulla presenza della Chiesa nell’ambiente digitale”. “La necessaria presenza della Chiesa nel contesto digitale - evidenziano i vescovi - è un’occasione che permette alle comunità cristiane di riflettere sulla propria identità e sul servizio che offrono alla società. A partire da questa riflessione si può costruire una comunità virtuale”, che va incontro a “coloro che abitano in questo continente digitale”. Per i presuli, “questa virtualizzazione della comunità sarà preziosa nella misura in cui contribuirà allo sviluppo e al dinamismo della comunità reale”, che resta il luogo più propizio per “pregare, celebrare i sacramenti e vivere la carità”. I vescovi spagnoli e portoghesi ricordano che “i criteri che la infoetica (l’etica dell’informazione) richiede per qualsiasi comunicazione, anche nell’ambito digitale, sono la verità, l’autenticità, il rispetto degli altri, il bene comune e l’amore per il prossimo”. Osservando poi “la ricca varietà dei progetti esistenti per far presente l’esperienza cristiana nel mondo digitale”, i presuli invitano “le persone e le istituzioni della Chiesa al lavoro comune. È opportuno stabilire canali di collaborazione che permettano di lavorare efficacemente in questo contesto per rendere più attraente la presenza di Cristo e del Vangelo nelle reti sociali e avvalersi vicendevolmente dei risultati con spirito di comunione”. I vescovi, infine, non dimenticano “il lavoro di tanti professionisti impegnati seriamente” per servire la verità e “danneggiati da una crisi economica che ha colpito gravemente questa professione”. Di qui la preghiera conclusiva: “Il Signore, che è la Verità, illumini tutti noi per riacquistare la vitalità dei mezzi di comunicazione, essenziali per la Sua conoscenza, comprensione e diffusione. Così avrà compimento il desiderio del decreto conciliare Inter Mirifica, del quale celebreremo prossimamente il 50° anniversario, che chiedeva ai media il loro contributo efficace per propagare e rafforzare il Regno di Dio”.
Mons. Moraglia consegna al Papa una lettera sulla difficile situazione dei lavoratori del Veneto
◊ Il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, ha partecipato ieri in Piazza San Pietro all’udienza generale tenuta da Papa Francesco, accompagnando il pellegrinaggio sostenuto dalla Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi composto da quasi un centinaio di lavoratori ed esponenti di varie realtà imprenditoriali del territorio veneziano e veneto alle prese con le difficoltà dell’attuale persistente crisi economica. Il patriarca di Venezia ha avuto l’opportunità di presentare direttamente la situazione di tali aziende al Papa sia nel breve colloquio avuto al termine dell’udienza generale sia, in modo più dettagliato, attraverso una lettera lasciata al Santo Padre nella quale gli ha, in particolare, espresso il “ringraziamento personale e quello dell’intero patriarcato di Venezia per l’attenzione rivolta a lavoratori, sindacalisti e rappresentanti del mondo imprenditoriale del territorio veneziano e veneto così provato dalla perdurante crisi”. Nella stessa circostanza, inoltre, mons. Moraglia ha voluto consegnare al Santo Padre una copia del libro - appena edito da Marcianum Press e destinato ai bambini - dal titolo “Papa Francesco. La preghiera della mano” che riprende – con la prefazione dello stesso patriarca e le illustrazioni di Maria Gianola - il testo di una preghiera, molto semplice e popolare, composta dall’allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio e da recitare “sulla punta delle dita”.
San Raffaele di Milano: per la prima volta ricostruita funzione pancreas nel midollo osseo
◊ Una equipe del San Raffaele di Milano ha ricostruito nel midollo osseo una parte della funzione del pancreas dopo l'asportazione completa dello stesso per malattia. L'intervento è stato condotto per la prima volta al mondo su quattro pazienti e lo studio è stato pubblicato su Diabetes, rivista di diabetologia. Il punto di partenza è stato il trapianto di isole pancreatiche che permette di curare il diabete e che viene eseguito in chi soffre di diabete mellito di tipo 1, refrattario alla normale terapia, e di diabete di tipo 3c. I ricercatori hanno recuperato dal pancreas prelevato chirurgicamente le cellule endocrine ''ricostruendolo'' nel midollo delle ossa dello stesso paziente, a livello del bacino e ottenendo una sorta di ''organo puzzle'' che ha attecchito e funzionato per quasi 3 anni. ''L'approccio utilizzato in questi pazienti è innovativo. E' un risultato straordinario e potrebbe aprire in generale scenari inaspettati nel campo della medicina rigenerativa'', ha spiegato Lorenzo Piemonti, responsabile del programma di trapianto di isole pancreatiche e dell'Unità della Biologia delle Beta Cellule al Diabetes Research Institute (DRI) del San Raffaele, che ha realizzato assieme allo staff di Fabio Ciceri, responsabile di ematologia e trapianto cellule staminali, lo studio clinico finanziato dal ministero della Salute e da fondi Ue. ''Prevenire l'insorgenza del diabete post-chirurgico mediante l'uso del tessuto autologo è un concetto innovativo che offre una nuova prospettiva terapeutica ai pazienti con malattie del pancreas'', dichiarano Gianpaolo Balzano e Paola Maffi primi autori dello studio. ''Normalmente, nella pratica clinica, fino ad oggi il midollo osseo - ha aggiunto Ciceri - è stato utilizzato per accogliere trapianti di cellule staminali ematopoietiche in pazienti con malattie come la leucemia. E' straordinario vedere come in realtà questo ambiente sia in grado di accogliere anche altri tipi di tessuti''. Il diabete di tipo 3c colpisce i pazienti a cui viene asportato chirurgicamente il pancreas perché ovviamente perdono la funzione dell'organo, di cui la più importante è la regolazione del metabolismo degli zuccheri, che dipende dalla produzione di ormoni come l'insulina e il glucagone. E' una malattia difficile da controllare anche con le più avanzate terapie insuliniche. Le conseguenze per il paziente sono il peggioramento della qualità di vita e il rischio di complicanze, anche gravi, come il possibile coma ipoglicemico.
Milano: apre al pubblico un nuovo percorso archeologico nelle Tombe paleocristiane di Sant’Eustorgio
◊ Prima tappa del progetto “Milano Archaeologia per Expo 2015” è la riqualificazione e apertura al pubblico delle Tombe paleocristiane della basilica di Sant’Eustorgio, capofila del progetto di riqualificazione del patrimonio cittadino antico e spesso ancora sommerso. “Questi beni, prima ancora di essere beni culturali e perciò, secondo la Costituzione italiana ‘patrimonio della nazione’ sono testimoni vivi della catena di fede che ci ha generati” ha sottolineato mons. Luca Bressan, vicario episcopale dell’Arcidiocesi di Milano nel messaggio che ha inviato in occasione della presentazione del progetto, avvenuta nella sala capitolare della Basilica. Come riferisce l’Agenzia Sir, il materiale epigrafico del cimitero situato sotto la Basilica documenta l’esistenza di un’area sepolcrale prima pagana e poi cristiana. Un primo recupero risale agli anni ’50 e successivamente in occasione del Giubileo è stata incrementata la fruibilità. Ora, grazie all’attuale progetto, sono stati migliorati gli impianti di illuminazione, aerazione, sicurezza e il sito è stato dotato di pannelli esplicativi che saranno ulteriormente arricchiti della versione digitale. Il recupero dell’area archeologica comprende anche il fonte battesimale attribuito a San Barnaba, fondatore della chiesa milanese che battezzò lì i primi cristiani ambrosiani.
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 157