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Sommario del 04/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa: l’ipocrisia è la lingua dei corrotti, il cristiano parla con amore e con verità
  • P. Zollner: il Papa incoraggia ad andare avanti nell'impegno per la protezione dei minori
  • Presto 95 nuovi Beati, martiri durante la Guerra civile spagnola: nessuna pietà per le donne
  • Papa Francesco a 50 anni dalla morte di Giovanni XXIII: ebbe l'intuizione profetica di convocare il Concilio
  • Tweet del Papa: Cristo ci spinge a uscire da noi stessi per servire gli altri
  • Il 14 giugno il primo incontro tra il Papa e il primate anglicano Welby
  • Il 15 giugno la Beatificazione di Focherini. Salvò più di 100 ebrei dalla deportazione
  • La situazione dei cristiani in Iraq ed Egitto al centro della Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Turchia, violenze e morti di piazza. La testimonianza: no autoritarismo politico
  • L'Onu denuncia: in Siria usate armi chimiche, Libano sempre più coinvolto nel conflitto
  • 24 anni fa l'orrore di Piazza Tiananmen. Veglia a Hong Kong per ricordare la strage
  • Rapporto Fao 2013: 870 milioni gli affamati, 1,4 miliardi in sovrappeso
  • 20.mo del Catechismo: la Risurrezione di Cristo, verità fondamentale della nostra fede
  • Torna la rassegna "I Teatri del Sacro": incontro tra fede e cultura
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Cina: cattolici uniti a Papa Francesco nell'adorazione eucaristica universale
  • India: oltre 19 milioni di cattolici pregano, uniti al Papa, per il rispetto della donna
  • Vietnam: i cattolici in preghiera con Papa Francesco
  • Emergenza maltempo: Caritas europee in prima linea per i soccorsi
  • Londra: il primate anglicano Welby ai Lord critica la legge sui matrimoni gay
  • Gran Bretagna: funzione ecumenica a marcia per le vie di Londra per il G8
  • Grecia: ad Atene il Patriarca ortodosso russo Kirill incontra l’arcivescovo Ieronymos
  • Pakistan: pressioni della polizia per salvare gli stupratori di una giovane cristiana
  • Centrafrica: violenta ostilità contro la Chiesa cattolica
  • Niger: assalto alla prigione di Niamey ad opera di un commando islamico
  • Al via la 43.ma Assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati Americani
  • Colombia: 250 mila sfollati interni solo nel 2012
  • La denutrizione provoca difficoltà di apprendimento
  • Lavoro minorile: bambini venduti come schiavi e vittime della tratta
  • Unione internazionale Superiore generali: gli orientamenti per la missione
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa: l’ipocrisia è la lingua dei corrotti, il cristiano parla con amore e con verità

    ◊   Un cristiano non usa un “linguaggio socialmente educato”, incline all’ipocrisia, ma si fa portavoce della verità del Vangelo con la stessa trasparenza dei bambini. È l’insegnamento che Papa Francesco ha offerto nell’omelia della Messa celebrata questa mattina a Casa Santa Marta. Con il Pontefice hanno concelebrato il patriarca dei cattolici armeni, Nerses Bedros XIX Tarmouni, mons. Fernando Vianney, vescovo di Kandy nello Sri Lanka, e mons. Jean Luis Brugues della Biblioteca Apostolica Vaticana, accompagnato da un gruppo di collaboratori della struttura. Presenti anche la presidente e il direttore generale della Rai, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, con i loro familiari. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    Dai corrotti alla loro lingua preferita: l’ipocrisia. La scena evangelica del tributo a Cesare, e della subdola richiesta dei farisei e degli erodiani a Cristo sulla legittimità di quel tributo, fornisce a Papa Francesco una riflessione in stretta continuità con l’omelia di ieri. L’intenzione con cui si avvicinano Gesù, afferma, è quella di farlo “cadere nella trappola”. La loro domanda se sia lecito o no pagare le tasse a Cesare viene posta – rileva il Papa – “con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate”. “Cercano – soggiunge – di mostrarsi amici”. Ma è tutto falso. Perché, spiega Papa Francesco, “questi non amano la verità” ma soltanto se stessi, “e così cercano di ingannare, di coinvolgere l’altro nella loro menzogna, nella loro bugia. Loro hanno il cuore bugiardo, non possono dire la verità”:

    “E’ proprio il linguaggio della corruzione, l’ipocrisia. E quando Gesù parla ai suoi discepoli, dice: ‘Ma il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’. L’ipocrisia non è un linguaggio di verità, perché la verità mai va da sola. Mai! Va sempre con l’amore! Non c’è verità senza amore. L’amore è la prima verità. Se non c’è amore, non c’è verità. Questi vogliono una verità schiava dei propri interessi. C’è un amore, possiamo dire: ma è l’amore di se stessi, l’amore a se stessi. Quell’idolatria narcisista che li porta a tradire gli altri, li porta agli abusi di fiducia”.

    Quello che sembra un “linguaggio persuasivo”, insiste Papa Francesco, porta invece “all’errore, alla menzogna”. E, sul filo dell’ironia, osserva che quelli che oggi avvicinano Gesù e “sembrano tanto amabili nel linguaggio, sono gli stessi che andranno giovedì, la sera, a prenderlo nell’Orto degli Ulivi, e venerdì lo porteranno da Pilato”. Invece, Gesù chiede esattamente il contrario a chi lo segue, una lingua “sì, sì, no, no”, una “parola di verità e con amore”:

    “E la mitezza che Gesù vuole da noi non ha niente, non ha niente di questa adulazione, con questo modo zuccherato di andare avanti. Niente! La mitezza è semplice; è come quella di un bambino. E un bambino non è ipocrita, perché non è corrotto. Quando Gesù ci dice: ‘Il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’ con anima di bambini, dice il contrario del parlare di questi”.

    L’ultima considerazione riguarda quella “certa debolezza interiore”, stimolata dalla “vanità”, per cui, constata Papa Francesco, “ci piace che dicano cose buone di noi”. Questo i “corrotti lo sanno” e "con questo linguaggio cercano di indebolirci”:

    “Pensiamo bene oggi: qual è la nostra lingua? Parliamo in verità, con amore, o parliamo un po’ con quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle, ma che non sentiamo? Che il nostro parlare sia evangelico, fratelli! Poi, questi ipocriti che cominciano con la lusinga, l’adulazione e tutto questo, finiscono, cercando falsi testimoni per accusare chi avevano lusingato. Chiediamo oggi al Signore che il nostro parlare sia il parlare dei semplici, parlare da bambino, parlare da figli di Dio, parlare in verità dall’amore”.

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    P. Zollner: il Papa incoraggia ad andare avanti nell'impegno per la protezione dei minori

    ◊   Alla Messa di Papa Francesco alla Casa Santa Marta hanno preso parte, stamani, anche i rappresentanti di alcuni Paesi del Committee for the protection of children and young people e padre Hans Zollner, responsabile del Centro per la protezione dell’Infanzia dell’Università Gregoriana, accompagnato da alcuni suoi collaboratori. Proprio a padre Zollner, Alessandro Gisotti ha chiesto di parlare dell’incontro con il Papa e dell'impegno del suo Centro per la tutela dell'infanzia:

    R. - Dopo la Messa, abbiamo avuto l’occasione di salutare il Papa: eravamo in tre del Centro per la protezione dei minori della Gregoriana. Abbiamo presentato brevemente il progetto al Papa. Con me c’erano il nostro rappresentante per la Polonia; e la persona che lavora qui con me anche per lo sviluppo delle unità di apprendimento canoniche e teologiche per questo programma a distanza che vogliamo distribuire in tutto il mondo e che vogliamo promuovere. Il Papa ha ascoltato molto attentamente e più di due-tre volte ha sottolineato che è un lavoro importante e che - cito - “dobbiamo andare avanti con questo impegno”.

    D. - Quindi parole di incoraggiamento: "andare avanti" nella linea voluta da Papa Benedetto evidentemente…

    R. - Senz’altro e questo era anche il messaggio che il Papa stesso aveva già indicato un mese fa, durante un Angelus - era il 5 maggio - invitandoci a lavorare per il bene dei più vulnerabili, dei minori. Questo è certamente nella linea di Papa Benedetto, al quale - quattro mesi fa - abbiamo potuto consegnare i nostri atti del Simposio, che abbiamo celebrato alla Gregoriana nel febbraio del 2012, radunando i rappresentanti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo per parlare proprio del prevenire il male nei confronti dei minori.

    D. - Papa Francesco, proprio nell’omelia di oggi, ha messo in guardia dal linguaggio dell’ipocrisia. Quindi, andare avanti senza alcuna ipocrisia, con coraggio…

    R. - Con coraggio e certamente con questo sforzo di credibilità! Ha richiamato la mia attenzione il fatto che - più di una volta nell’omelia - il Papa abbia menzionato che dobbiamo parlare come un bambino, dobbiamo comportarci come un bambino: certamente riferendosi al fatto che Gesù stesso ci parla dell’esempio dei bambini, i cui angeli stanno davanti al Signore e sono i privilegiati del Regno di Dio. Richiamare dunque la purezza e l’autenticità, la non ipocrisia di un bambino, ci richiama anche alla nostra sfida di vivere il nostro essere cristiani e il nostro essere testimoni di Gesù con autenticità e credibilità.

    D. - Come sta procedendo l’attività del Centro per la protezione dell’infanzia della Gregoriana?

    R. - Abbiamo una risposta veramente molto incoraggiante: abbiamo molte offerte di collaborazione. In questa fase di progetto, stiamo ancora lavorando solo con otto diocesi e con alcune province della Compagnia di Gesù, i Gesuiti in India e in Indonesia. Ma proprio in queste ultime settimane, stiamo anche cominciando a progettare il futuro, dopo il 2014 quando finirà il nostro progetto scientifico. Proprio in questi giorni stiamo definendo anche il piano su come possiamo inquadrare il Centro per la protezione della Gregoriana nell’ambito accademico più ampio. Vogliamo allargare la nostra presenza, come abbiamo già cominciato a fare - oltre che in Italia, in Germania, Ecuador, Argentina, Ghana, Kenya e come ho già detto India e Indonesia: siamo presenti adesso anche in Cile e in Polonia. Vogliamo non soltanto approfondire il nostro contributo e i nostri moduli di apprendimento, ma vogliamo cercare di raggiungere più persone. Adesso ci rendiamo conto che saranno necessari vari livelli di informazione ed anche altri livelli, come la formazione di insegnanti, la formazione di personale che opera nelle parrocchie. Poi certamente anche un approccio più prettamente scientifico al quale vogliamo collaborare, creando anche una rete di facoltà di psicologia, partendo certamente dalle Facoltà dei Gesuiti presenti in tutto il mondo.

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    Presto 95 nuovi Beati, martiri durante la Guerra civile spagnola: nessuna pietà per le donne

    ◊   La Chiesa avrà presto 95 nuovi Beati, sacerdoti, religiosi e laici uccisi in odio alla fede nel 1936, durante la Guerra civile in Spagna. Riconosciuti quattro nuovi Venerabili Servi di Dio. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i rispettivi Decreti sul riconoscimento del martirio e delle virtù eroiche. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Durante la Guerra civile spagnola furono almeno 10mila i martiri: sacerdoti, religiosi, seminaristi, laici, uccisi barbaramente in un’ondata di violenza anti-cattolica. Distrutte il 70% delle chiese. Tra i nuovi Beati figurano Crisanto e 67 compagni martiri, tra cui due laici, dei Piccoli Fratelli di Maria. Invano i suoi confratelli avevano cercato di convincerlo a nascondersi: “Ho dato la mia parola – disse fra Crisanto due giorni prima di morire – non fuggirò anche se vengono per uccidermi. E se mi uccidono sarà unicamente perché sono religioso marista e perché compio il mio dovere. Se capita così mi considero felice!”. Gli spararono a bruciapelo otto colpi di pistola. Tra i martiri Maristi della Guerra civile spagnola figurano non solo religiosi ma anche molti laici: cuochi, falegnami, muratori, semplici fedeli che hanno dato la vita per non rinnegare la fede e che restano sconosciuti alle cronache dei giornali. L’odio non risparmiò neanche le donne: tra le prossime Beate figurano anche suor Clementina Arambarri Fuente e tre compagne, suore professe delle Serve di Maria Ministre degli Infermi, che furono crudelmente assassinate. Il motto di suor Clementina era “Sono di Dio”. Tra i nuovi Venerabili invece figurano due italiani: don Nicola Mazza, sacerdote veronese del 1800 impegnato a istruire e avviare al lavoro ragazzi e ragazze sopraffatti dalla povertà. Don Nicola fu il primo nel 1850 a inviare in Africa come evangelizzatori sacerdoti africani da lui formati. E Venerabile è suor Maria Celeste Crostarosa, fondatrice dell’Ordine delle Suore del Santissimo Redentore, mistica napoletana del 1700. Superando numerose avversità spirituali e psicologiche, nonché ostilità ambientali, raggiunse la comunione con Cristo che definì Riposo amoroso tutto amabile”.


    Di seguito i prossimi Beati:

    I Servi di Dio Mauro (al secolo: Abele Angelo Palazuelos Maruri) e 17 Compagni, dell'Ordine di San Benedetto; uccisi in odio alla Fede in Spagna nel 1936;

    I Servi di Dio Giovanni di Gesù (al secolo: Giovanni Vilaregut Ferrer) e 3 Compagni, dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, nonché Paolo Segalá Solé, Sacerdote diocesano; uccisi in odio alla Fede in Spagna nel 1936;

    I Servi di Dio Crisanto, Aquilino, Cipriano Giuseppe e 63 Compagni, dell'Istituto dei Fratelli Maristi delle Scuole (Piccoli Fratelli di Maria), nonché 2 Laici; uccisi in odio alla Fede in Spagna tra il 1936 e il 1939;

    Le Serve di Dio Aurelia (al secolo: Clementina Arambarri Fuente) e 3 Compagne, Suore professe delle Serve di Maria Ministre degli Infermi; uccise in odio alla Fede in Spagna nel 1936;

    Questi i nuovi Venerabili servi di Dio:

    Il Servo di Dio Giovanni De Oliveira Matos Ferreira, Vescovo titolare di Aureliopolis e Ausiliare di Guarda, Fondatore dell'Associazione "Liga dos Servos de Jesus"; nato a Valverde (Portogallo) il 1° marzo 1879 e morto a Guarda (Portogallo) il 29 agosto 1962;

    Il Servo di Dio Nicola Mazza, Sacerdote diocesano, Fondatore di Istituti per l'educazione; nato a Verona (Italia) il 10 marzo 1790 e ivi morto il 2 agosto 1865;

    La Serva di Dio Maria Celeste (al secolo: Giulia Crostarosa), Monaca, Fondatrice dell'Ordine delle Suore del Ss.mo Redentore; nata a Napoli (Italia) il 31 ottobre 1696 e morta a Foggia (Italia) il 14 settembre 1755;

    La Serva di Dio Teresa di San Giuseppe (al secolo: Teresa Toda y Juncosa), Fondatrice della Congregazione delle Suore Carmelitane Teresiane di San Giuseppe; nata a Riudecanyes (Spagna) il 19 agosto 1826 e morta a Barcellona (Spagna) il 30 luglio 1898.

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    Papa Francesco a 50 anni dalla morte di Giovanni XXIII: ebbe l'intuizione profetica di convocare il Concilio

    ◊   “Custodite il suo spirito, imitate la sua santità e approfondite lo studio della sua vita”. E’ l’invito che Papa Francesco ha rivolto ai pellegrini della Diocesi di Bergamo nel 50.mo anniversario dalla morte del loro amato conterraneo Giovanni XXIII, natio di Sotto il Monte. Al termine della Messa celebrata in San Pietro dal vescovo mons Francesco Beschi che ha invitato il Pontefice a visitare Bergamo, Papa Francesco ha salutato affettuosamente i fedeli e nel suo discorso, ha ripercorso la vita e le esperienze del Beato Angelo Roncalli alla luce della sua obbedienza evangelica. Poco prima la breve sosta di preghiera davanti alla tomba del suo predecessore. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Erano quasi le 20 di 50 anni fa, quando il Beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo, dopo giorni di grande commozione e una Piazza San Pietro diventata un Santuario a cielo aperto. E’ Papa Francesco con queste parole a riportare alla mente dei fedeli riuniti nella Basilica di San Pietro, il 3 giugno del 1963, e a indicare di Giovanni XXIII l’essenza, racchiusa nelle due decisive parole del motto episcopale: Obbedienza e pace. L’una, la sua disposizione interiore, l’altra, una caratteristica esteriore che ne fecero, spiega Papa Francesco, “un pastore e un padre” per il mondo intero, capace di arrivare al cuore “di persone così diverse, persino di molti non cristiani”:

    "Angelo Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale; una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette il nome della bontà".

    "E' tanto bello trovare un prete buono" ha proseguito il Papa parlando a braccio e ricordando quanto Sant'Ignazio di Loyola diceva riguardo le qualità dei superiori dei Gesuiti:

    "E diceva: deve avere questo, questo, questo, questo … un elenco lungo di qualità. Ma alla fine dice questo: 'E se non ha queste virtù, almeno che abbia molta bontà'. E’ l’essenziale. E’ un padre, un prete con bontà".

    Bontà e pace, dunque, tratti distintivi della personalità di Angelo Roncalli, prosegue il Papa, che gli permisero nei tre decenni circa in cui fu nunzio apostolico, di costruire ovunque solide amicizie:

    "Proprio in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con cristiani di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini di buona volontà".

    Una pace, quella del Beato Giovanni XXIII, aggiunge Papa Francesco, che nasceva da un animo pacificato frutto di un lungo lavoro su se stesso, di una progressiva purificazione del cuore di cui resta traccia nel suo Giornale dell’Anima:

    "Lo vediamo, giorno per giorno, attento a riconoscere e mortificare i desideri che provengono dal proprio egoismo, a discernere le ispirazioni del Signore, lasciandosi guidare da saggi direttori spirituali e ispirare da maestri come san Francesco di Sales e san Carlo Borromeo. Leggendo quegli scritti assistiamo veramente al prendere forma di un’anima, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera nella sua Chiesa".

    Fu però l’obbedienza, disposizione interiore di Giovanni XXIII, ed eccoci alla seconda e decisiva parola, lo strumento per raggiungere la pace. Obbedienza intesa anzitutto in modo concreto, sottolinea il Pontefice, come lo svolgere nella Chiesa il servizio richiesto senza cercare nulla per sé; un “lasciarsi condurre come un bambino”:

    "Attraverso questa obbedienza, il sacerdote e vescovo Roncalli ha però vissuto anche una fedeltà più profonda, che potremmo definire, come lui avrebbe detto, abbandono alla divina Provvidenza. Egli ha costantemente riconosciuto, nella fede, che attraverso quel percorso di vita apparentemente guidato da altri, non condotto dai propri gusti o sulla base di una propria sensibilità spirituale, Dio andava disegnando un suo progetto. Era un uomo di governo, era un conduttore. Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo. Per l’obbedienza".

    E’ dunque nell’abbandono quotidiano alla volontà di Dio, che Papa Francesco definisce “obbedienza evangelica” che trova la radice la santità di Giovanni XXIII, la bontà e la pace che ha diffuso nel mondo e questo serve a ciascuno e alla Chiesa di oggi :

    "Se sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo per fare spazio all’amore del Signore e alla sua volontà, allora troveremo la pace, allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi. A cinquant’anni dalla sua morte, la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni, il suo amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento, l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della propria vita per la sua buona riuscita, restano come pietre miliari nella storia della Chiesa del XX secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende".

    Quindi l'ultimo accorato appello alla Diocesi di Bergamo, ancora una volta a braccio:

    "Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. Non abbiate paura dei rischi, come lui non ha avuto paura. Docilità allo Spirito, amore alla Chiesa e avanti. Il Signore farà tutto".

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    Tweet del Papa: Cristo ci spinge a uscire da noi stessi per servire gli altri

    ◊   Papa Francesco ha lanciato questa mattina un tweet dal suo account @Pontifex: “Cristo ci guida a uscire sempre di più da noi stessi, per donarci e servire gli altri”.

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    Il 14 giugno il primo incontro tra il Papa e il primate anglicano Welby

    ◊   Una visita “breve, di cortesia, non formale” ma “importante”. Saranno questi i caratteri dell’incontro che il 14 giugno prossimo vedrà per la prima volta di fronte, dall’inizio del Pontificato, Papa Francesco e il nuovo arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. La notizia ha la conferma del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, per il tramite di mons. Mark Langham, che nel dicastero ha l’incarico del dialogo con gli anglicani. Il primate anglicano era stato impossibilitato a prendere parte alla Messa di inizio Pontificato, lo scorso 19 marzo, perché impegnato nella propria cerimonia di intronizzazione come arcivescovo di Canterbury, in calendario due giorni dopo. L'incontro del 14 giugno servirà dunque sia al Pontefice che al capo della Comunione anglicana “per conoscersi meglio e più in profondità”, ha spiegato mons. Langham, secondo il quale l’arcivescovo Welby ha un grande desiderio di incontrare il Papa e di poter collaborare in tema di giustizia e di lotta alla povertà. Il giorno della visita in Vaticano, l’arcivescovo di Canterbury si fermerà, come da sua richiesta, in preghiera sulla tomba di Giovanni Paolo II, quindi – prima di incontrare il Papa – si intratterrà a colloquio con il cardinale Kurt Koch nella sede del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. Con Papa Francesco, l’arcivescovo Welby condividerà anche un momento di preghiera comune. Al termine, si fermerà a pranzo con il Pontefice a Casa Santa Marta prima di ripartire il giorno stesso per Londra. (A cura di Alessandro De Carolis)

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    Il 15 giugno la Beatificazione di Focherini. Salvò più di 100 ebrei dalla deportazione

    ◊   Marito, padre di sette figli, assicuratore, giornalista e amministratore del giornale L’Avvenire d’Italia, salvò più di 100 ebrei dalla deportazione. Muore nel 1944, a soli 37 anni, nel campo di concentramento di Hersbruck, in Germania, ucciso in odio alla fede cattolica. Odoardo Focherini, che è stato anche presidente dell’Azione Cattolica di Carpi, verrà Beatificato sabato 15 giugno a Carpi in una celebrazione presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Una vita, quella di Focherini, spesa per amore a Dio e al prossimo. Stamani, presso la sede della nostra emittente, è stata presentata la Beatificazione. C’era per noi, Debora Donnini:

    “Se tu avessi visto come io ho visto in questo carcere cosa fanno patire agli ebrei", rimpiangeresti di non "averne salvati in numero maggiore”. Queste parole racchiudono il cuore di Odoardo Focherini, il primo italiano ad essere Beatificato per aver salvato gli ebrei dalla persecuzione nazista. Nato a Carpi nel 1907, Focherini si impegna nell’Azione cattolica, sposa Maria Marchesi da cui ha sette figli e lavora come assicuratore. Collabora anche con L’Avvenire d’Italia e con L’Osservatore Romano. Una vita che prende una direzione inaspettata quando anche in Italia inizia la deportazione degli ebrei. Riesce a salvarne più di 100 ma nel marzo del 1944 viene arrestato e incarcerato Bologna, poi viene portato nei campi di concentramento di Fossoli e Gries e alla fine deportato in Germania a Hersbruck, dove muore il 27 dicembre dello stesso anno. Nel suo cuore e nelle lettere che riuscirà a mandare sempre forte l’amore per i figli e la moglie e la grande sofferenza affrontata con fede. Sentiamo uno dei suoi 15 nipoti, il giornalista Francesco Manicardi:

    R. – Sicuramente, la figura del nonno Odoardo Focherini, che ci è stata restituita soprattutto dalla memoria che sua moglie, Maria Marchesi, vedova per 45 anni, ci ha trasmesso – a noi e ai figli di Odoardo – è la figura di un uomo impegnato per il Vangelo a vivere il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”.

    D. – Suo nonno ha salvato dalla deportazione più di 100 ebrei e per fare questo ha falsificato anche dei documenti…

    R. – Sì. Odoardo Focherini nella rete logistica che lui e don Dante Sala, un sacerdote della diocesi di Carpi, avevano istituito insieme anche ad altri collaboratori, aveva il compito di preparare i documenti falsi che servivano agli ebrei nel viaggio che da Modena li portava all’espatrio in Svizzera, dove potevano trovare rifugio in sicurezza. Oltre 100 persone sono state salvate dalla rete di Focherini e di don Dante Sala. Ricordiamo anche persone normali come Silvio Borghi, che ha salvato e ha aiutato diversi ebrei nascondendoli in casa propria, in una stanza murata come Anna Frank, rischiando la vita propria e della famiglia come ha fatto Odoardo che ha ospitato per diversi giorni in casa, sia a Mirandola sia a Carpi, ebrei in attesa di espatrio.

    D. – E’ per questo è stato mandato poi in campo di prigionia o anche per la sua attività a L’Avvenire di Italia?

    R. – Odoardo Focherini era un personaggio di spicco del cattolicesimo del Nord Italia, in quanto giornalista prima e poi direttore amministrativo del giornale cattolico, il quotidiano bolognese L’Avvenire d’Italia. Attraverso l’amministrazione del giornale, Odoardo non dice ciò che le veline di regime impongono di dire: Odoardo Focherini arriva a sospendere la tiratura del giornale all’indomani dell’8 settembre, quando i nazifascisti occupanti a Bologna vogliono che il giornale esca. Odoardo Focherini, con vari escamotage – tra cui la beffa della carta – nasconde la carta da giornale del quotidiano e dice ai nazisti che non può uscire in stampa.

    D. – Dalle lettere che inviò dalla sua prigionia alla moglie, traspare un grande amore per lei e per i suoi sette figli e anche una fede profonda. L’ha colpita vedere con quanta fede e con quanto abbandono alla Provvidenza Odoardo Focherini abbia sacrificato la propria vita per salvare vite umane e fondamentalmente per amore a Gesù Cristo?

    R. – Sì, il nonno anche negli ultimi nove mesi di prigionia, in carcere, in campo di concentramento, ha avuto un’evoluzione spirituale eccezionale, che si può comprendere dal corpus di 166 lettere che ci ha lasciato. Inizialmente, conta davvero di ritornare a casa e cerca di rassicurare la moglie circa la sua salute e del fatto che tornerà presto a casa, perché non ci sono prove a suo carico. Poi, già dalla detenzione a Fossoli comprende che per lui non ci sarà ritorno. Allora, compie quel passo difficile e lo fa compiere anche a Maria: entrare in questo disegno misterioso, in cui la Provvidenza chiede loro un amore ancora più forte, anche se da lontano. C’è un episodio commovente: scrive ai suoi figlioli una lettera su carta quadrettata con grafia infantile in cui crea per loro un indovinello, cercando di far indovinare loro la città in cui si trova. E’ un momento intimo che Odoardo – carcerato, in pigiama, sottoposto ad angherie, soprusi, privazione del sonno e del cibo – riesce a ricavarsi per creare un momento di intimità con i figli.

    Medaglia d’oro al merito civile della Repubblica italiana, Odoardo Focherini è anche “Giusto tra le Nazioni” allo Yad Vashem di Gerusalemme. Ma per capire fino in fondo Odoardo Focherini bisogna risalire alla sua esperienza di Gesù Cristo come sottolinea mons. Francesco Cavina, vescovo di Carpi:

    “Senza Cristo, la vita di Odoardo Focherini sarebbe stata una vita probabilmente come tante altre, ma che non avrebbe avuto quella connotazione particolare che ha espresso. In fondo, Odoardo Focherni ha realizzato la vocazione di ogni uomo, per la quale viene al mondo, e la vocazione di ogni uomo è essere immagine di Cristo. Focherini lo è stato fino alle estreme conseguenze, fino cioè al martirio”.

    “Dichiaro di morire nella più pura fede cattolica apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio - dice nelle ultime parole riportate da testimoni - offrendo la mia vita in olocausto per la mia diocesi, per l’Azione cattolica, per L’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo. Vi prego di riferire a mia moglie che le sono sempre rimasto fedele, l’ho sempre pensata, e sempre intensamente amata”.

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    La situazione dei cristiani in Iraq ed Egitto al centro della Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali

    ◊   Si svolgerà in Vaticano dal 18 al 21 giugno e sarà concentrata in particolare sulle condizioni critiche vissute dai cristiani in Egitto e in Iraq la prossima Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), il comitato che riunisce periodicamente a Roma le Agenzie e le Opere attive in vari Paesi del mondo e coinvolte in diverse forme di sostegno finanziario a favore delle comunità cattoliche di rito orientale (costruzione di luoghi di culto, elargizione di borse di studio, stanziamento di fondi per istituzioni educative e socio-sanitarie). Come riferisce l’Agenzia Fides, quest'anno, tra i partecipanti al summit – che in quei giorni saranno anche ricevuti in udienza da Papa Francesco - figurano il Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako e quello di Alessandria dei copti cattolici Ibrahim Isaac Sidrak, ambedue insediatisi alla guida delle rispettive Chiese nel marzo 2013. Alla riunione – che si svolgerà sotto la presidenza del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Pontificia Congregazione per le Chiese Orientali - prenderanno parte tra gli altri anche rappresentanti delle comunità cristiane orientali della Siria e padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. L'incontro di lavoro, con relazioni concentrate su singoli temi specifici, offrirà l'occasione di studiare e acquisire informazioni dirette sulle tante sofferenze e difficoltà vissute dalle comunità cristiane nelle convulsioni stanno sconvolgendo gli scenari mediorientali.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Obbedienza e pace: Papa Francesco ricorda con i fedeli bergamaschi il cinquantesimo anniversario della morte di Giovanni XXIII; in cultura, Emilio Ranzato su scelte e limiti dei tre film su Roncalli.

    Priorità assoluta: in rilievo, nell’informazione internazionale, il rapporto della Fao sulla lotta alla fame.

    A casa del cardinale per parlare di America latina: Alver Metalli sul legame intellettuale tra il filosofo Alberto Methol Ferré e Jorge Mario Bergoglio.

    Con la pecora sulle spalle senza dimenticare la rete: Fabrizio Bisconti su pastori e pescatori nell’iconografia antica.

    Dal Gran Tour alle app: Rossella Fabiani descrive l’ultimo nato nel campo delle tecnologie al servizio della cultura.

    Anche Gesù ascoltava: Cristiana Dobner recensisce l’ultimo libro di Daniele Fortuna, interessante analisi sulla giudaicità del Nazareno.

    La solidarietà arriva dritta al cuore: nell’informazione religiosa, l’arcivescovo Mario Aurelio Poli ai giovani intervenuti alla celebrazione del Corpus Domini a Buenos Aires.

    Un impegno da proseguire: nell’informazione vaticana, il Pontefice sulla necessità di proteggere i minori.

    Un popolo nel cuore del Papa: intervista di Mario Ponzi a monsignor Giampietro Toso, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, sulla convocazione, in Vaticano, degli organismi caritativi impegnati in Siria.

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    Oggi in Primo Piano



    Turchia, violenze e morti di piazza. La testimonianza: no autoritarismo politico

    ◊   In Turchia, nella notte ci sono stati nuovi duri scontri fra manifestanti e polizia ad Ankara, Istanbul, Smirne e in altre città del Paese: ad Antiochia, vicino al confine con la Siria, un giovane è stato ucciso da una pallottola alla testa. La protesta è cominciata contro i lavori al parco Gezi, accanto a piazza Taksim dov’è in cantiere un centro commerciale, ma poi si è diretta contro il governo. In assenza di Erdogan, in visita ufficiale nel Maghreb, il vicepremier Arinc ha lanciato un appello alla calma. Il presidente Gul ha ammesso che le proteste iniziali erano “giuste e legittime” e si è scusato con i giovani “vittime di violenze”, mentre “manifestavano in difesa dell'ambiente”. Amnesty International conta oltre 2000 manifestanti feriti in diverse città, mentre secondo il governo tra i feriti ci sono 244 poliziotti e solo 64 manifestanti. Fausta Speranza ha raggiunto telefonicamente a Istanbul Giuseppe di Donna, in Turchia per motivi di studio:

    R. – Ieri, per piazza Taksim girava un comunicato con il quale si chiedeva che Gezi Park fosse lasciato intatto, non fosse toccato, perché sostanzialmente è stato l’origine di questa protesta. Ma si chiedevano anche le dimissioni del sindaco di Istanbul e dei rappresentanti del governo, che avevano dato ordine alla polizia di reagire in questa maniera e si chiedeva il rilascio incondizionato di tutti i manifestanti che sono stati fermati e arrestati in questo frangente. Quindi, in questo momento, diciamo che l’intento principale della protesta è arrivare al raggiungimento di questi obiettivi.

    D. – Quali sono le frasi che si sentono contro Erdogan?

    R. – Si chiedono anzitutto le dimissioni. Dappertutto, c’è questo urlo: dimissioni, dimissioni, dimissioni. E poi questa non è una protesta contro l’islam, non è una protesta di laici contro islamici. Si chiede al governo di abbandonare una politica considerata autoritaria. Si chiede al governo di avvicinarsi alla gente e soprattutto si fa presente al governo che non si può solamente contare sul fatto che siano state vinte le elezioni, perché aver vinto le elezioni non significa poter calpestare anche fisicamente i manifestanti. Si chiede l’abbandono di questa politica autoritaria, si grida contro l’autoritarismo e, si sentono tantissimi slogan contro il fascismo. La deriva di Erdogan viene vista come una deriva fascista. Questo è essenzialmente in nucleo degli slogan che si sentono.

    D. – Quindi, è più importante la parola democrazia che non la parola islamizzazione?

    R. – Sì, sì. Contro il fascismo, contro l’autoritarismo. Ieri, alcuni imam hanno aperto le moschee, tra cui una moschea molto importante. Alcuni imam hanno aperto le moschee dove hanno lasciato che alcuni medici allestissero ospedali e posso dire che, alla fine degli scontri, i manifestanti hanno ripulito completamente le moschee e ci sono stati anche baci e abbracci con gli imam, con i religiosi. Questo scontro tra islamici e religiosi io non l’ho visto, non lo vedo e continuo a non vederlo. Parlo di quello che ho visto con i miei occhi. Non parlo di analisi politiche. Parlo di quello che ho visto perché sono stato presente da venerdì fino a domenica notte e ieri sono anche tornato.

    Dell'attuale situazione di instabilità in Turchia, Olivier Tosseri ha ha parlato con il vescovo Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul:

    R. - Moi, je pense que la Turquie…
    Io penso che la Turchia non è “i Paesi arabi”, è molto differente. Evidentemente però si teme che possa andare a finire in modo simile. Sì, certo, potrebbe anche andare a finire così… Ma comunque non si tratta delle stesse rivendicazioni. Per il momento in Turchia la democrazia funziona, il governo attuale è stato eletto democraticamente. Si spera che il prossimo anno ci saranno elezioni democratiche, come la volta precedente.

    D. – Come reagiscono le comunità cristiane a questi episodi?

    R. – Les communautés chrétiennes sont très discrètes…
    Le comunità cristiane sono molto discrete e si tengono nell’ombra. Come opinione non esistono nel quadro politico del Paese. Ma soprattutto per noi - i cattolici latini - le nostre chiese sono riempite da stranieri e da immigrati, che non prendono certo posizione in merito a questi disordini.

    D. – Teme una radicalizzazione di musulmani in Turchia?

    R. – Pour le moment, on ne le voit trop…
    Per il momento non tanto. Questo governo attuale, questo partito, per poter raccogliere tutti ha voluto dare delle garanzie ai musulmani tradizionali. Questo partito è molto frammentato e ci sono certamente musulmani molto convinti, che vorrebbero veder trionfare le leggi islamiche… Ma è anche l’unico partito che, per il momento, ha saputo governare e riunire tanta gente. Ci sono persone di altri partiti tradizionali e che condividono completamente queste ideologie, ma che sono passate a questo partito per avere voce in capitolo, per raggiungere un equilibrio. In effetti, quindi, è un partito molto composito.

    D. – C’è un’alternativa a questo partito nella società?

    R. – Pour le moment, il n’y a pas d’alternatives…
    Per il momento, non ci sono alternative. E’ questo che è inquietante perché, così come chiedono i manifestanti, se si facesse cadere il governo – se si facesse cadere questo primo ministro che pure detiene il potere da più di 10 anni, e non è poco essere rimasto al governo per dieci annim e che finora ha dato più o meno soddisfazione – non ci sono alternative. L’opposizione al momento è molto debole. Il presidente della Repubblica è del suo partito e lui stesso richiama alla calma. Sembra che il primo ministro abbia detto che non intende cedere… Ecco, attualmente ci troviamo in un equilibrio di potere.

    D. – E lei è favorevole allo status quo?

    R. – Il faudrait une amélioration. On pense tous que ces événements...
    E’ necessario un miglioramento della situazione. Tutti pensiamo che questi avvenimenti possano essere un campanello d’allarme per chi guida il Paese. Io mi auguro che la democrazia continui, anche da parte degli eletti dal popolo che sono al potere.

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    L'Onu denuncia: in Siria usate armi chimiche, Libano sempre più coinvolto nel conflitto

    ◊   “Ci sono fondati motivi di ritenere che quantità limitate di sostanze tossiche siano state utilizzate” in quattro attacchi in Siria. Lo afferma oggi la Commissione Onu di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Siria. Intanto, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che il contratto con Damasco per la fornitura di missili S-300 “è stato firmato alcuni anni fa, ma per ora non è stato ancora attuato”. Sul terreno, gli scontri si concentrano intorno alla località di Qusayr, ma i combattimenti si spostano anche oltre confine, in Libano, dove si affrontano ribelli siriani e miliziani locali di Hezbollah: nella città di Tripoli sono morte ieri 3 persone. Sulla prospettiva di un allargamento del conflitto siriano Davide Maggiore ha raccolto il commento di Roger Bouchaïne, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:

    R. – I Paesi limitrofi alla Siria stanno subendo le conseguenze di quel conflitto. Per questo il conflitto siriano, secondo me, "infetterà" la zona in quanto è un conflitto di interessi di Paesi diversi, dall’Arabia Saudita all’Iran. C’è il Qatar che entra in gioco, che finanzia. C’è il Libano: dopo 30 anni di conflitto degli altri sulla sua terra, per la prima volta, i libanesi vanno a combattere tra di loro sul territorio degli altri, in questo caso la Siria... Chiaramente è un conflitto che si allargherà. Su questo, se si continua a sottovalutare e si va a cercare un capo dell’opposizione come un capo che rappresenta tutte le fazioni in Siria, "Ginevra 2" non avrà nessun successo.

    D. – Abbiamo parlato del Libano e del fatto che ormai il conflitto è arrivato in Libano: qual è la posta in gioco?

    R. – Purtroppo dopo 30 anni di conflitto e 30 anni di odio, questo conflitto in Siria - che in realtà "infetta" il Libano in pieno e porta i libanesi a combattere la loro guerra fredda che negli ultimi 10 anni è stata congelata - porta ad aprire verso un conflitto sunnita-sciita che potrebbe veramente fare del Libano l’inizio di una miccia tra sunniti e sciiti in tutto il Medio Oriente, nel mondo arabo.

    D. – Guardando al piano internazionale e della diplomazia c’è un attore che può risultare un mediatore di pace nella crisi siriana?

    R. – In questo momento non esiste una strada da prendere... A Qusayr, Hezbollah combatte per mille motivi: per difendere l’aria, per circondare i sunniti in Libano. Sono azioni militari molto studiate a tavolino. Una volta che quella battaglia avrà fine, dopo, possibilmente, si aprirà un dialogo: quando qualcuno dei due subirà una sconfitta importante. Ad oggi, sconfitte importanti non ci sono state.

    D. – Fatte queste premesse, cosa ci si può aspettare dalla conferenza di Ginevra di cui si sta parlando in questi giorni?

    R. – Secondo me, un “Ginevra 2” dovrebbe essere impostata da menti orientali, in un luogo orientale e non occidentale, in questo modo potrebbe cambiare il risultato, che secondo me è un flop già dall’inizio.

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    24 anni fa l'orrore di Piazza Tiananmen. Veglia a Hong Kong per ricordare la strage

    ◊   Il 4 giugno del 1989, 24 anni fa, il mondo assisteva imponente alla tragedia di Piazza Tiananmen, in Cina, quando l’esercito schiacciava nel sangue le pacifiche proteste studentesche. A scendere in strada erano stati studenti, operai, contadini, intellettuali: cittadini che si ribellarono a corruzione e nepotismo per chiedere democrazia e riforme. Imprecisato il numero delle vittime della repressione, di certo fu un vero massacro. La stima dei morti va dalle poche centinaia denunciate dal governo cinese agli oltre mille calcolati dalle organizzazioni come Amnesty International. Senza dimenticare la feroce caccia agli oppositori che si scatenò anche nei giorni successivi al 4 giugno e che portò ad arresti ed esili. Cosa resta di quanto accaduto nella memoria dei giovani cinesi di oggi? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Claudia Astarita, docente di politica cinese alla Luiss e alla John Cabot University:

    R. – Ci sono tanti giovani che, secondo me, ignorano davvero tutto quello che è successo. L’istruzione, la propaganda, hanno cancellato la memoria – quello era il loro obiettivo – e con le ultimissime generazioni lo hanno raggiunto. Quindi, c’è una "fetta" di Cina che non sa nulla. C’è però un’altra fetta di giovani che ha accesso ai giornali stranieri, che magari ha anche studiato all’estero, e che si è fatta venire qualche dubbio. Poi, ci sono anche i giovani a cui le famiglie hanno avuto il coraggio di raccontare quello che loro hanno visto, spesso sono i genitori stessi a nascondere la verità, proprio per evitare che anche i figli siano costretti a condividere questo fardello pesante della memoria. Pesante essenzialmente perché ricordare, in Cina, può essere pericoloso. Se consideriamo tutte le attività di repressione che il regime ancora mette in atto nei confronti di tutti quei temi, quegli argomenti, quelle situazioni che vengono considerati scomodi, proteggere un ragazzo con l’”ignoranza” spesso può rappresentare una soluzione utile. O almeno, questo pensano tanti genitori cinesi.

    D. – Quanto, quindi, potrebbe essere pericoloso ricordare Tiananmen nella Cina di oggi?

    R. – Considerando quanto si autocensurano le persone che hanno vissuto quel periodo, e che hanno vissuto sia la Rivoluzione culturale sia Tiananmen, secondo me tantissimo. Non è normale che oggi, o ieri, sui motori di ricerca cinesi non fosse possibile digitare o trovare qualcosa in corrispondenza di “64”, che è un modo che i cinesi hanno sempre usato per scrivere qualcosa in riferimento a Tiananmen: “64” sta per 4 giugno. Non è possibile che addirittura siano state censurate parole come ieri e domani, per evitare che chi scrivesse qualcosa in riferimento a questa giornata, un giorno prima o un giorno dopo, riuscisse a veicolare il messaggio. Quindi, il tema è molto caldo, e oggi è ancora più caldo perché c’è una parte della popolazione cinese che chiede riforme sociali e politiche. Ogni volta che si tira fuori questo tema, il collegamento diretto è con quello che è successo a Tiananmen 24 anni fa. Quindi, anche in questo caso meno se ne parla meglio è, secondo il Partito quantomeno.

    D. – Il silenzio ha sempre coperto il reale numero delle vittime e la sorte di molti giovani arrestati, così come quella dei dissidenti. Cosa ne è di loro?

    R. – Chi lo sa? C’è qualcuno che ha scritto, magari, qualche libro perché è riuscito ad arrivare all’estero, scappando. Ma noi di migliaia e migliaia di ragazzi non sappiamo proprio più niente. Noi ricordiamo il 4 giugno, ma nei giorni successivi venne dato l’ordine da Deng Xiaoping in persona di andare in tutti i campus della città di Pechino per cercare le persone che erano state in piazza. Nessuno ha mai confermato che cosa sia loro successo, informazioni non ce ne sono.

    D. – A Pechino, è stata censurata qualsiasi commemorazione: a scendere in piazza, invece, è Hong Kong, con una veglia alla quale dovrebbero partecipare oltre diecimila persone.

    R. – Finalmente riscende in piazza... Io ho abitato per tanti anni a Hong Kong ed è sempre stata, quella, una serata molto commovente. E a Hong Kong la veglia per Tiananmen è sempre stata particolarmente sentita. Negli ultimi anni no, purtroppo, e questo perché pure Hong Kong ha cercato – anche con la complicità di un governo più vicino alla Repubblica popolare – di mantenere un basso profilo anche per quanto riguarda la commemorazione di Tiananmen. Poi, a Hong Kong è cambiato qualcosa, la città si è resa conto che questa omologazione, o questo tentativo di rispondere sempre positivamente a quello che chiede Pechino, è sbagliato e non porta ai risultati che la città vorrebbe e questo, finalmente, ha riportato le persone a scendere di nuovo in piazza, a chiedere suffragio universale, maggiori diritti e, di nuovo, anche a ricordare quello che è successo nella notte del 4 giugno di 24 anni fa.

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    Rapporto Fao 2013: 870 milioni gli affamati, 1,4 miliardi in sovrappeso

    ◊   Il sistema alimentare per una migliore nutrizione”: il titolo del Rapporto annuale della Fao, presentato stamane a Roma nella sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Il servizio di Roberta Gisotti:

    “La malnutrizione, in tutte le sue forme – denutrizione, carenze di nutrienti, eccesso di peso e obesità – impone alti costi economici e sociali inaccettabili, in tutti i Paesi ad ogni livello di sviluppo”. Questa la premessa del Rapporto Fao 2013, che allarga la sua prospettiva di lotta alla fame nel mondo, che resta una priorità – ha sottolineato in un video messaggio il direttore generale José Graziano da Silva – cui affiancare il raggiungimento di obiettivi di benessere alimentare per tutti a beneficio dell’intera umanità, come ha evidenziato Kostas Stamoulis, direttore della Divisione economica sviluppo agricolo:

    R. – Nel mondo, le persone malnutrite sono diversi miliardi. Tra queste vi sono 870 milioni che mancano di sufficienti calorie e più di 2 miliardi che soffrono della carenza di vitamine e micronutrienti fondamentali e poi vi sono 1,4 miliardi di persone che sono sovrappeso, di cui 500 milioni sono obese.

    D. – Questo rapporto amplia un po’ la prospettiva fino a qui seguita per vincere la fame nel mondo e chiama in causa tutto il sistema dei consumi alimentari e delle produzioni agricole.....

    R. – Il Rapporto mette al centro del dibattito il sistema agroalimentare, dalla produzione primaria di prodotti agricoli fino ai consumatori. Questo sistema agroalimentare può fare molto di più per combattere la malnutrizione rispetto a ciò che sta facendo oggi. Si deve porre la nutrizione come un obiettivo fondamentale in tutti i settori e per tutti i governi.

    D. - Ci sono punti che la Fao, con la sua competenza, indica ai governi per partecipare a questo piano mondiale?

    R. – Sì, la Fao a questo punto chiama tutti a un partenariato per combattere il problema della malnutrizione perché non è soltanto un problema che si può affrontare con il sistema agroalimentare. Il sistema agroalimentare è fondamentale però il sistema della salute, della sanità, dell'acqua pulita devono essere messi insieme per combattere il problema.

    D. – Dal vostro osservatorio, potete valutare se è cresciuta la sensibilità dei governi verso il problema della fame nel mondo, visto che ci avviciniamo alla data del 2015, fissata negli obiettivi del millennio per garantire il diritto al cibo per tutti?

    R. – Sì, questo è un punto molto incoraggiante. Sia i governi dei Paesi più ricchi, sia quelli dei Paesi più poveri sono molto più sensibilizzati al problema della sicurezza alimentare, degli effetti della nutrizione e sono molto più determinati a combattere il problema. Forse, la crisi agroalimentare del 2007-2008 ha contribuito, perché ha messo in evidenza le debolezze del sistema globale e anche le debolezze dei sistemi nazionali nel settore cibo e alimentazione. Il fatto che la nutrizione sia il principale obiettivo del G8 o del G20 è un dato molto incoraggiante.

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    20.mo del Catechismo: la Risurrezione di Cristo, verità fondamentale della nostra fede

    ◊   Tutte le verità della fede cristiana trovano fondamento nella Risurrezione di Cristo: è quanto sottolinea il Catechismo della Chiesa cattolica, nelle pagine dedicate al Mistero della Risurrezione. Su di esse si sofferma la 29.ma puntata del ciclo di riflessioni del gesuita, padre Dariusz Kowalczyk, a 20 anni dalla pubblicazione del testo:

    La verità centrale della nostra fede è la risurrezione di Gesù. “Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati” (1Cor 15,17) – afferma chiaramente san Paolo. Nel suo primo discorso, dopo la Pentecoste, l’apostolo Pietro parla del Cristo risorto: “Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (At 2,32). Tutte le altre verità di fede cristiana trovano in questa testimonianza il loro fondamento. Tutte le feste cristiane scaturiscono dalla Pasqua. Se Gesù di Nazareth non fosse risorto e non avesse mandato ai suoi discepoli lo Spirito Santo, oggi soltanto gli specialisti della storia antica saprebbero qualcosa della sua esistenza.

    Il Catechismo afferma che la Risurrezione di Cristo è un avvenimento storico e allo stesso tempo trascendente. La Risurrezione supera la storia temporale e “nessuno è stato testimone oculare dell’avvenimento stesso […] e nessun evangelista lo descrive” (CCC, 647). C’erano però dei testimoni del sepolcro vuoto e soprattutto del Gesù Risorto: Pietro e i Dodici, ma anche le altre persone, uomini e donne, persone concrete, conosciute da altri primi cristiani. L’esperienza viva del Risorto ha dato agli apostoli la forza e il coraggio di predicare la Buona Novella fino al martirio.

    Il corpo risorto di Gesù porta i segni della crocifissione, ma possiede anche – come fa notare il Catechismo – “le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso […] può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole” (n. 645). La Risurrezione di Gesù non fu un ritorno alla vita terrena come nel caso di Lazzaro. Il suo corpo risuscitato è passato ad una vita nuova al di là del tempo e dello spazio che conosciamo noi.

    Se Gesù Cristo, vero Dio, ma anche vero uomo, risorge e vince la morte, questo significa che anche noi risorgeremo e riceveremo in Lui la vita eterna.

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    Torna la rassegna "I Teatri del Sacro": incontro tra fede e cultura

    ◊   Una grande avventura dello Spirito e una città come palcoscenico: è questo la rassegna I Teatri del Sacro, in programma a Lucca dal 10 al 16 giugno con la collaborazione della Cei. Anche in questa terza edizione, presentata oggi nella sede della nostra emittente, cultura e fede si incontrano. 22 gli spettacoli in cartellone, gratuiti e affidati a compagnie amatoriali al fianco di professionisti, che poi proseguiranno con le rappresentazioni a livello nazionale, nel corso dell'anno."Non è solo un festival ma un confronto libero e sincero con le domande dello Spirito": così, il direttore artistico Fabrizio Fiaschini, presidente di Federgat. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

    R. – Se dovessi trovare il filo conduttore di tutti gli spettacoli, sarebbe che la spiritualità è profondamente incarnata, cioè è un sacro che è una via di risposta a quelli che sono gli interrogativi che oggi l’uomo si pone nei confronti di un bisogno fondamentale: ritrovare un senso alla vita, alle cose. Pensiamo, per esempio, al tema della Passione, che è intesa come Passione di Cristo, letta come una sorta di icona per riflettere su passioni contemporanee; oppure il tema del pellegrinaggio, che non è visto, come una sorta di rievocazione medievale, ma come il cammino in una società che vive profonde contraddizioni. Quindi camminare, ritrovare il senso della lentezza, delle relazioni, diventa una chiave per capire meglio il presente.

    D. – La caratteristica di questa rassegna è lo sguardo ai giovani: sia ai giovani spettatori con numerosi laboratori che ai giovani protagonisti, perchè?

    R. – Perché oggi, secondo me, le nuove generazioni hanno molto da dire e spesso non trovano i canali per poterlo dire.

    D. – Anche sul sacro?

    R. – Certo. Noi abbiamo ricevuto oltre 250 domande di partecipazione e molte erano di giovani compagnie, che sono molto più libere di confrontarsi con il sacro, e che, quindi, si confrontano in maniera – ripeto – anche laica, anche da non credenti, ma in maniera molto autentica, sia come artisti, ma anche come spettatori, che sono molto attratti dalla riflessione su questo tema.

    D. – Ho visto nomi di grandi in programma: Hildegard von Bingen, ma anche Rilke e così via. Sono grandi, ma sono anche proposti in linguaggi nuovi...

    R. – Sì, sia Hildegard, piuttosto che Melville: il linguaggio teatrale contemporaneo rilegge la prospettiva tradizionale.

    D. – E serve?

    R. – Sì, assolutamente, perché ridà nuova linfa a questi testi e una nuova attualità.

    Ma la rassegna Teatri del Sacro ha anche un valore educativo intrinseco per la comunità cristiana, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Vittorio Sozzi responsabile del Servizio nazionale per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana:

    R. – Chi ha vissuto in passato nelle comunità cristiane sa che l’esperienza teatrale è stata sin dalla tenera età uno strumento importante per aiutare i bambini, poi i giovani e poi anche gli adulti, a lavorare insieme e a confrontarsi per la realizzazione di un obiettivo comune. Per questo il teatro in un progetto educativo, in un processo educativo è uno strumento formidabile. Io credo che questa esperienza de "I Teatri del Sacro" aiuti la comunità cristiana a rendersi conto che nella sua tradizione ha un’esperienza significativa che non va buttata via: va aggiornata, va rivista, ma va presa in considerazione. E nel decennio sull’educazione questo è un contributo molto importante.

    D. – L’altro punto: la creatività che in una rassegna incontra il sacro. Anche questo rappresenta uno spunto, uno stimolo per la comunità cristiana...

    R. – Sì, perché sempre le persone che sono alla ricerca di una risposta al Signore che le chiama, sprigionano esperienze e la ricchezza della vita. Il teatro aiuta a dare visibilità a questa ricerca, alla ricchezza di questa ricerca. Andare ad assistere ad una rappresentazione teatrale, in cui anche il dubbio viene messo in scena in questa prospettiva, permette di cogliere che ci sono diversi percorsi per aderire ad un’esperienza di fede.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Cina: cattolici uniti a Papa Francesco nell'adorazione eucaristica universale

    ◊   Decine di migliaia di cattolici cinesi hanno pregato insieme a Papa Francesco nell'adorazione eucaristica del 2 giugno scorso. L'appuntamento, programmato per l'Anno della fede, doveva esprimere l'unità della Chiesa universale attorno all'Eucaristia e l'unità con il Papa. L'ora di adorazione in Vaticano si è tenuta dalle 17 alle 18; dalle 23 a mezzanotte in Cina. In molte parrocchie cinesi - riferisce l'agenzia AsiaNews - essendo situate in luoghi difficili, nelle campagne, senza trasporti pubblici, i cattolici hanno fissato l'adorazione durante il giorno, o nelle prime ore della sera. Ma in molti altri luoghi, il momento di preghiera è avvenuto in contemporanea con la basilica di san Pietro, dalle 23 a mezzanotte. Anzi, in molte chiese l'adorazione si è protratta anche per 24 ore, durante tutta la notte. La preghiera si è svolta nel silenzio, con meditazioni, canti, letture della bibbia, pregando per le due intenzioni richieste da Papa Francesco, per la Chiesa e per coloro che soffrono per la schiavitù e la guerra, e per i bambini e le donne vittime di violenze. Per testimoniare la comunione con il Papa, mons. Lucas Li Jingfeng di Fengxiang (Shaanxi) ha guidato tutte le parrocchie della diocesi nella preghiera di fronte al Santissimo sacramento dalle 23 alla mezzanotte, concludendo con la benedizione eucaristica. Anche a Nanyang (Henan), la parrocchia di Zhengping ha tenuto la preghiera alle 23. Uno dei presenti, citato da Xinde, ha detto: " In questo momento sentiamo tutta la bellezza di essere in comunione con il Papa e con la Chiesa universale; sentiamo che la nostra Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica". Tianren, un sito internet della diocesi di Wenzhou (Zhejiang), riporta che più di 30mila cattolici, in otto parrocchie, hanno partecipato all'adorazione, seguendo le indicazioni del loro vescovo coadiutore, mons. Giacomo Shao Zhumin. Per il prelato, non riconosciuto dal governo, il gesto doveva essere una risposta alla chiamata di papa Francesco e un segno di unità con la Chiesa universale. Le otto parrocchie che vi hanno partecipato sono situate a Yongjia, Wenzhou, Pumen, Pingyang, Yongqiang, Rui'an, Jiangnan e Yueqing. A Yongqiang, 3mila fedeli hanno svolto l'adorazione per quattro ore, dalle 20 a mezzanotte. Il programma prevedeva due meditazioni su "Un solo Signore, una sola fede", sul significato dell'essere Chiesa, in comunione con il Pontefice. I cattolici hanno anche celebrato il varo di un gruppo per l'adorazione del Santissimo sacramento, promuovendo le 24 ore di questa pratica. Durante la preghiera, alcuni parrocchiani hanno condiviso con gli altri la loro testimonianza di fede. La comunità ha anche cantato inni e recitato il rosario, coi misteri della luce. A mezzanotte il tutto si è concluso con la benedizione eucaristica. Nella diocesi di Zhouzhi (Shaanxi) sebbene il vescovo, mons. Peter Wu Qinjing sia agli arresti domiciliari a Xian, la parrocchia di Xinping ha celebrato la messa del Corpus Domini, seguita dall'adorazione eucaristica nella prima serata. Nella sua omelia, padre Zong Guangyang ha spiegato ai fedeli il senso delle due intenzioni volute da Papa Francesco per l'occasione. Sempre nello Shaanxi, nella parrocchia di Tongyuan (diocesi di Sanyuan), centinaia di fedeli si sono radunati per l'adorazione intorno a mezzanotte. I fedeli hanno letto passi della bibbia, cantato e pregato per i bisogni dell'umanità secondo le intenzioni del Papa. "Molti - racconta uno dei presenti - erano commossi fino alle lacrime". (R.P.)

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    India: oltre 19 milioni di cattolici pregano, uniti al Papa, per il rispetto della donna

    ◊   Oltre 19 milioni di fedeli cattolici in India si sono uniti al Santo Padre nella solenne adorazione eucaristica del 2 giugno, sparsi in parrocchie, conventi e in altre istituzioni religiose in tutta l'India. Si è pregato anche nella chiese dell’Orissa, dove si sono verificati i massacri anticristiani nel 2008. Lo riferisce, in una nota inviata all’agenzia Fides, il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci). L’arcivescovo, che ha presieduto l’adorazione nella cattedrale di Bombay, racconta: “Uniti al successore di Pietro nell’adorare Gesù vivo, in molti luoghi dell'India, migliaia di persone, tra cui molti giovani, hanno testimoniato l'immenso amore di Cristo e le ricchezze di questo Anno della Fede”. Il cardinale prosegue: “Abbiamo sperimentato una comunione profonda con Papa Francesco e con la Chiesa universale”. Nell’adorazione si è condivisa anche “la preoccupazione per i problemi dell'India, per una missione che sia più efficace contro la povertà, per la dignità delle donne e contro la violenza, questioni calde nel nostro Paese. Le nostre donne subiscono violenze domestiche indicibili. Feticidio femminile e infanticidio femminile continuano. Pregando per queste intenzioni, abbiamo sentito Papa Francesco molto vicino alle sofferenze del popolo dell'India”, ricorda la nota del card. Gracias. “La Chiesa cattolica – prosegue – è all'avanguardia nella promozione dell'uguaglianza di genere, attraverso un servizio instancabile e disinteressato ai più poveri, attraverso servizi sociali, assistenziali ed educativi. Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga: la mentalità patriarcale deve cambiare, urge fermare la discriminazione di genere e dare pari dignità alle donne”. L’arcivescovo cita anche “lo stupro di suor Meena Barwa (avvenuto durante i massacri in Orissa nel 2008, ndr), ancora impunito, che tocca una corda profonda per noi”. L’adorazione - informa - “si è svolta anche nel Centro pastorale Dibyajyoti, nel distretto di Kandhamal, in Orissa, dove la violenza sessuale si è scatenata su molte donne durante i pogrom anti-cristiani”. La nota conclude indicando “il Vangelo come garanzia di unità della famiglia umana” e il Cristo come “nostro cibo per il viaggio, che ci permette di diventare testimoni di speranza e di amore sulla via della vera giustizia”. (R.P.)

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    Vietnam: i cattolici in preghiera con Papa Francesco

    ◊   I cattolici vietnamiti hanno risposto all'invito lanciato da Papa Francesco, raccogliendosi in preghiera nell'ora di adorazione eucaristica che si è tenuta in tutto il mondo il 2 giugno scorso. I fedeli - riferisce l'agenzia AsiaNews - hanno gremito cattedrali, parrocchie e conventi del Paese col desiderio di "diventare tutt'uno in Cristo", partecipare all'Eucaristia con le altre famiglie come "fratelli e sorelle", per dare un segnale di "unità e vicinanza spirituale". Tutte le parrocchie del Vietnam hanno pregato per la comunione della Chiesa, dedicando un pensiero particolare per quanti soffrono a causa della guerra, della schiavitù sul luogo di lavoro, alle vittime del traffico di vite umane e per una soluzione alla crisi economica. Il 2 giugno scorso l'adorazione eucaristica mondiale è iniziata alle 5 del pomeriggio ora di Roma e si è conclusa alle 6. In Vietnam erano le 22, ma a dispetto dell'ora tarda cattedrali e chiese erano gremite di persone. Nella diocesi di Lang Son, nord del Vietnam nei pressi del confine con la Cina, il vescovo Joseph Dang Duc Ngan ha inviato una lettera pastorale ai sacerdoti, ai religiosi e a tutta la comunità dei fedeli, chiedendo loro di partecipare con devozione alla preghiera in cattedrale. Poiché molti fedeli vivono in zone montagnose e remote della diocesi, i sacerdoti in alcuni casi hanno deciso di anticipare - rispetto alle 22 - l'orario delle celebrazioni. Tuttavia, il sentimento di comunione e lo spirito di partecipazione all'evento hanno accompagnato le intenzioni dei molti fedeli presenti, che hanno rivolto uno "speciale ringraziamento" a Papa Francesco. Fra le varie intenzioni è emersa anche la richiesta di "unità" e di "crescita" della fede per tutti i cattolici vietnamiti, in un contesto in cui vige ancora l'ateismo di Stato e non mancano discriminazioni o episodi di violenza contro le religioni. (R.P.)

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    Emergenza maltempo: Caritas europee in prima linea per i soccorsi

    ◊   Caritas Italiana, insieme alla rete delle Caritas nazionali europee e delle Chiese locali, si stringe in soccorso delle popolazioni dell’Europa centrale, colpite da una gravissima ondata di maltempo. In particolare in Repubblica Ceca - riferisce l'agenzia Sir - si registrano gravissimi danni, con allagamenti, morti e dispersi, ma anche in Germania, Austria, Svizzera la situazione è particolarmente allarmante. L’Ufficio emergenze della Caritas della Repubblica Ceca ha attivato una raccolta di generi di prima necessità e fondi, stanziando anche aiuti finanziari per più di 60 mila euro, destinati ai primi interventi. Nella città di Praga la Caritas diocesana ha attivato la struttura di via Londra, dove mons. David Flak sta coordinando i volontari sul campo, impegnati nell’assistenza alle vittime, nella raccolta e distribuzione di generi di prima necessità. In prima linea stanno lavorando le Caritas diocesane di tutto il Paese. "Stiamo per inviare nelle zone colpite - dice Luke Curylo, direttore della Caritas Ceca, 30 squadre che aiuteranno le persone non solo per la pulizia e sistemazione, ma anche per il primo soccorso psicologico e il monitoraggio dei bisogni". Caritas Italiana fa sapere in un comunicato che chi vuole sostenere gli interventi può versare il proprio contributo (causale: “Emergenza Europa Centrale”) con donazioni on line sul sito: www.caritasitaliana.it. (R.P.)

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    Londra: il primate anglicano Welby ai Lord critica la legge sui matrimoni gay

    ◊   È la prima volta che il leader della Chiesa di Inghilterra, l’arcivescovo Justin Welby, si pronuncia con forza contro la legge che dà il via libera ai matrimoni gay. Durante il dibattito di ieri, nella Camera dei Lord - riferisce l'agenzia Sir - il primate anglicano ha detto di voler difendere il matrimonio non perché è una questione di fede ma perché pensa che esso sia fondamentale per l’esistenza della società. Secondo l’arcivescovo la legge crea confusione: parte da “un legittimo desiderio di uguaglianza” che non necessariamente però “deve significare uniformità, non riuscendo quindi a capire che due cose possono essere uguali ma diverse”. “Il risultato - ha proseguito Welby - è confusione”. Il matrimonio ne esce “abolito, ridefinito e ricreato” e “la famiglia, nella sua definizione normale, che precede lo Stato ed è base della nostra società, è indebolita”. “Per questi e molti altri motivi”, ha spiegato l’arcivescovo anglicano, membri delle Chiese cristiane e appartenenti a gruppi religiosi si sono definiti “estremamente titubanti” nei confronti della legge, “perché pensiamo che il matrimonio tradizionale è una pietra angolare della società” ma questo Bill “indebolisce l‘esistente e la sostituisce con una opzione che non è né pari né efficace”. Questo non è “un problema di fede”, ha tenuto a sottolineare Welby: è per “il bene sociale generale”. Welby si è detto però anche critico del tentativo, portato avanti da Lord Dear, di bloccare una legge che è già stata approvata dalla Camera dei comuni. Poiché una parte dei Lord non sono eletti, non è previsto che possano bocciare una legislazione alla quale hanno già detto sì i parlamentari dei Comuni e, se questo dovesse avvenire, il primo ministro David Cameron sarebbe costretto a intervenire imponendo ai pari del Regno di dire di sì. I vescovi cattolici hanno proposto emendamenti per proteggere la libertà religiosa. Sulla legge la Chiesa di Inghilterra, che ha diritto ad inviare alla Camera dei Lord 26 dei suoi vescovi, rimane divisa. Nel dibattito di ieri l’ex vescovo di Oxford, Lord Harries, si è detto a favore dei matrimoni tra omosessuali mentre il vescovo di Leicester, Tim Stevens, ha detto che si asterrà. (R.P.)

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    Gran Bretagna: funzione ecumenica a marcia per le vie di Londra per il G8

    ◊   È in programma sabato 8 giugno, nella Westminster central hall, l’imponente edificio metodista a pochi passi dal parlamento britannico, una funzione ecumenica guidata dal Primate cattolico Vincent Nichols durante la quale verrà letto un messaggio dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. A seguire - riporta l'agenzia Sir - una marcia di testimonianza nelle vie di Londra che terminerà ad Hyde Park con musica e attività per tutta la famiglia. Con questa iniziativa la campagna “If” (Enough food for everyone - Cibo sufficiente per tutti), che raccoglie 200 charities e organizzazioni religiose, vuole invitare i grandi riuniti nel summit del G8, che si terrà quest’anno a Fermanagh, in nord Irlanda (17-18 giugno), a intervenire per fermare la fame che colpisce 1 persona ogni 8 in tutto il mondo. Con lo stesso scopo diversi vescovi della Chiesa di Inghilterra hanno aderito a un digiuno, giovedì 6 giugno, che coinvolgerà migliaia di persone in tutto il Paese. “È un oltraggio che il mondo produca sufficiente cibo per ciascuno ma che non tutti abbiano abbastanza da mangiare”, ha dichiarato il vescovo anglicano John Pritchard, in un comunicato pubblicato dalla Chiesa di Inghilterra. Alla manifestazione di Hyde Park si attendono circa 3mila persone: tra le richieste quella rivolta alle diverse nazioni perché mantengano le promesse fatte per i Paesi in via di sviluppo. (R.P.)

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    Grecia: ad Atene il Patriarca ortodosso russo Kirill incontra l’arcivescovo Ieronymos

    ◊   I fedeli ortodossi sono chiamati a essere sale della terra, luce del mondo, lievito per l’intera umanità. Oggi «i popoli di molti Paesi con un’antica storia cristiana sono di fronte a un’impegnativa scelta di civiltà, tra costruire la propria vita con Dio o senza Dio, accettare l’assenza di restrizioni morali come norma o essere guidati dalla responsabilità, data da Dio, per le nostre parole e azioni, per le leggi da adottare, per la vita in generale». Lo ha detto il Patriarca di Mosca, Kirill, durante la divina liturgia celebrata assieme all’arcivescovo di Atene, Ieronymos, nella chiesa del santo martire e taumaturgo Panteleimon, uno dei momenti centrali della visita che il primate della Chiesa ortodossa russa sta effettuando in Grecia. Il viaggio - riferisce L'Osservatore Romano - coincide con un periodo di grave crisi economica nel Paese. Kirill lo ha ricordato nel suo discorso sottolineando il servizio sociale prestato dalla Chiesa ortodossa ellenica, la quale, «di fronte alle difficoltà di molte persone, ha dato loro il suo aiuto misericordioso. La sofferenza dei fratelli greci è risuonata nei nostri cuori e, nonostante il fatto che molti dei nostri parrocchiani non siano ricchi, hanno offerto il loro modesto contributo per dare sollievo alle necessità di misericordia della Chiesa di Grecia». Il Patriarca di Mosca ha inoltre ribadito che entrambe le Chiese, al di là delle differenze nella lingua, nei particolari e nei riti, «sono unite da qualcosa di più grande, qualcosa di più importante: l’amore di Dio, la vita conforme alla fede, la comune prospettiva di eternità, che ci danno forza nella nostra lotta spirituale e che guida le nostre attività». E sabato, nel palazzo arcivescovile, si è detto convinto che la Chiesa ortodossa ellenica «saprà affrontare i problemi che le si porranno innanzi», affidandola alle preghiere e ai pensieri della Chiesa russa. Ieronymos, dal canto suo, ha detto che la Chiesa esiste per unire le persone, «perché tutti siano una sola cosa». Nonostante la separazione da un punto di vista amministrativo, «gli ortodossi continuano a condividere una fede comune, lo stesso legame di pace e di amore con Cristo». Sabato, nella chiesa del santo martire Dionigi l’Areopagita, l’arcivescovo di Atene aveva definito la visita di Kirill «una forte testimonianza della nostra unità in Cristo e del fatto che le nostre Chiese si muovono sul medesimo percorso». Kirill ha già visitato anche la chiesa in costruzione del tempio della Madre di Dio di Sumela (per la comunità di lingua russa di Atene) alla quale ha donato una particella delle reliquie di san Serafino di Sarov. (R.P.)

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    Pakistan: pressioni della polizia per salvare gli stupratori di una giovane cristiana

    ◊   Si sono mossi settori dell’apparato di polizia per salvare i violentatori di una ragazza cristiana, Fouzia Bibi, 15enne del distretto di Kasur, in Punjab, stuprata brutalmente dai due uomini musulmani Shabir Ali e Sher Mohammed, lavoratori nella stessa azienda agricola dove è impiegata la famiglia di Fouzia. Fouzia Bibi è stata sequestrata e stuprata ripetutamente. Dopo la denuncia della famiglia, Shabir Ali era stato arrestato per la violenza (Sher Mohammed resta a piede libero), ma la polizia aveva cercato di chiudere il caso, dichiarandolo innocente per mancanza di prove. I legali dell’uomo, ancora in carcere, hanno ora depositato una richiesta di cauzione all’Alta Corte di Lahore per chiedere la libertà provvisoria. Intanto il cugino di Fouzia Bibi, Ashiq Alam, che sta aiutando la famiglia di Fouzia nel caso legale, è stato a sua volta accusato falsamente di stupro, con l'aiuto di alcuni funzionari di Polizia della città di Muridkey. Come riferito all'agenzia Fides dall’avvocato cristiano Mushtaq Gill, che sta seguendo il caso, si tratta di un atto intimidatorio trasversale, per spingere il padre di Fouzia a ritirare la denuncia. La violenza sessuale ai danni di ragazze cristiane è una pratica che colpisce in Pakistan centinaia di ragazze ogni anno: nella generale condizione di subalternità della donna nel Paese, le ragazze cristiane sono le più vulnerabili e indifese, in quanto appartenenti alle minoranze religiose. Come dicono fonti di Fides, “spesso sono considerate ‘merce’ dai potenti musulmani” che ne dispongono a loro piacimento, spesso godendo di impunità. (R.P.)

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    Centrafrica: violenta ostilità contro la Chiesa cattolica

    ◊   Esecuzioni sommarie, stupri, centinaia di case incendiate, chiese e cappelle profanate, gente che fugge in Congo, furti di automobili, motociclette e computer che dimostrano “una violenta ostilità contro la Chiesa cattolica” da parte dei ribelli della coalizione Seleka, che hanno preso il potere nella Repubblica Centroafricana con il colpo di Stato del 24 marzo scorso. A fare il punto della situazione, dopo due mesi, è il vescovo di Bangassou monsignor Juan Josè Aguirre, in una intervista ad Aiuto alla Chiesa che soffre, diffusa in inglese sul sito internazionale. “Quando sono arrivato nella mia diocesi ho trovato solo il caos - racconta mons. Aguirre -. Le persone fuggivano. Alcuni sono stati uccisi dopo processi sommari; ci sono stati stupri, furti e saccheggi nelle missioni. Veri e propri atti di guerra. In un villaggio vicino Bangassou è stata completamente distrutta la missione, con le abitazioni dei religiosi e delle religiose. Circa 400 case sono state incendiate e nove persone uccise. Almeno la metà dei beni della diocesi sono stati rubati. Hanno dato fuoco alla clinica infantile, all’internet center, alla farmacia e al garage, come pure agli uffici amministrativi di alcune Ong e di altre Chiese. Hanno attaccato le denominazioni cristiane ed in particolare la Chiesa cattolica con ferocia. Almeno tre chiese sono state saccheggiate e profanate. Hanno aperto il tabernacolo e preso le ostie consacrate”. Per fortuna “non ci sono vittime tra preti, suore o catechisti cattolici - prosegue il vescovo di Bangassou - ma fuori Bangassou ci sono state esecuzioni sommarie. Adulti e bambini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. Da quando i Seleka sono arrivati in Centrafrica non c’è stato altro che distruzione”. Mons. Aguirre teme che il nuovo governo voglia prima o poi instaurare una Repubblica islamica: “Ne abbiamo conferma giorno dopo giorno. Recentemente hanno introdotto una festività pubblica per celebrare la nascita di Maometto”. Secondo il vescovo “la Francia comincia a capire ora che è stato un grande errore permettere ai Seleka di impossessarsi del Paese. Spero che l’Unione europea prenda una decisione. Ci dicono che circa 2.000 soldati da sei o sette Paesi africani verranno inviati per pacificare il Paese, si pensa che rimarranno fino al 2016, quando si terranno elezioni democratiche per decidere quale sarà il prossimo presidente”. Il vescovo di Bangassou - che è costretto a spostarsi a piedi dopo il furto delle automobili - chiede aiuti per la sua diocesi: “abbiamo bisogno di auto e moto”, ma anche “tavoli, sedie, zanzariere, lenzuola, tazze, piatti, coltelli, lampade, pannelli solari, batterie, medicine e farmaci antiretrovirali per i malati di Aids, materiali scolastici” e, non ultima, “la connessione internet” per rimanere in contatto con il resto del mondo. (R.P.)

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    Niger: assalto alla prigione di Niamey ad opera di un commando islamico

    ◊   Mano islamica dietro l’assalto alla prigione di Niamey in Niger. Secondo l’agenzia Fides infatti ad operare è stato un commando della setta islamica nigeriana Boko Haram. Ad affermarlo il Ministro della Giustizia del Niger che ha rilevato che tra i 22 detenuti evasi vi è anche un esponente di Al Qaida nel Maghreb Islamico, uno dei tre gruppi jihadisti attaccati dalle truppe francesi dell’operazione Serval nel nord del Mali. A quanto ha riferito all’agenzia Fides padre Mauro Armanino, missionario della Società delle Missioni Africane, pare che ci siano delle connivenze accertate tra Mujao e Boko Haram riferendosi ad un altro dei gruppi jihadisti attivi nel nord del Mali, il Movimento per l’Unicità e la Jihad nell’Africa Occidentale (Mujao). Su un’ipotesi che il Niger rischia ore quindi di diventare il trait-d’union tra i gruppi jihadisti che operano nella fascia sahelo-sahariana (Mali, sud dell’Algeria e della Libia, Niger del nord) e il movimento nigeriano Boko Haram, padre Armanino risponde che si tratta di un pericolo reale anche perché una parte della popolazione Houssa si trova in Niger ed un’altra in Nigeria. "I Boko Haram sono presenti anche da questa parte del confine", sottolinea il missionario che spiega che il governo del Niger, che è un Paese islamico al 98%, ha fatto una scelta di campo, inviando truppe a combattere in Mali ed accogliendo militari francesi e droni americani sul suo territorio. Scelte complicate, afferma padre Armanino che non sono foriere di pericoli e reazioni del genere. Secondo il missionario inoltre la popolazione è preoccupata e si sta ancora cercando di ricostruire le dinamiche dell’assalto alla prigione. Non mancano intanto le polemiche. Un giornale locale titola che l’evasione svela le carenze del sistema. (F.B.)

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    Al via la 43.ma Assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati Americani

    ◊   Lotta al narcotraffico e al consumo di stupefacenti al centro del dibattito della 43 esima Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) che apre oggi in Guatemala. La prima vera occasione di dibattito continentale sul dossier droghe da quando - proprio sul presidente del paese ospitante, Otto Pérez Molina - è entrata in agenda l'ipotesi di discutere forme di legalizzazione. Lavori cui gli Stati Uniti tornano a partecipare con una delegazione di alto livello, guidata dal segretario di Stato John Kerry. Un dibattito che prenderà le mosse dal rapporto elaborato a maggio dal gruppo di esperti nominati dal segretario generale José Miguel Insulza ma che, stando alle tante fonti diplomatiche rilanciate dai media locali, non si tradurrà in nessuna decisione stringente. A febbraio del 2012, il capo di Stato guatemalteco aveva lanciato il dibattito cercando di trovare, con i partner centroamericani, una posizione condivisa da mettere a confronto con l'impostazione tradizionale, di repressione del traffico, portata avanti in primis dagli Stati Uniti. Tra aperture e passi indietro, il dibattito arrivava a Paesi cruciali come Messico e Colombia, per poi approdare alla segreteria dell'Osa che si sarebbe incaricata di preparare un rapporto approfondito sul tema. Nel documento si invita a considerare quello della droga non solo come un tema di sicurezza ma anche di salute pubblica e si concedono spazi di analisi a ipotesi di progressiva depenalizzazione di alcune sostanze. (F.B.)

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    Colombia: 250 mila sfollati interni solo nel 2012

    ◊   Arrivare a un accordo di pace è l’unico modo per risolvere il problema dei ‘desplazados’, gli sfollati a causa della violenza che solo lo scorso anno in Colombia sono stati almeno 250.000: lo afferma la Codhes, organizzazione che dagli anni ‘80 si occupa degli sfollati, fornendone un numero complessivo decisamente più alto di quello di riferimento dell’Onu che conta fra i 3 e i 4 milioni. Per Codhes sono 5,7 milioni. La Codhes - riporta l'agenzia Misna - ha osservato che nel 2012 c’è stato un lieve calo rispetto al 2011, anno in cui se ne sono registrati 280.00. In un rapporto di 163 pagine, l’organizzazione afferma che “la pace, frutto del dialogo e del riconoscimento dei diritti delle vittime, è l’unico modo di risolvere la crisi dello spostamento”. Il direttore di Codhes, Marco Romero, ha detto in una conferenza stampa a Bogotá che alle persone che si spostano nel territorio nazionale lasciando le loro case e trasferendosi in altre località, ne vanno aggiunte almeno altre 400.00 riparate in Ecuador, Venezuela, Costa Rica, Panamá e altri Paesi. Il governo di Juan Manuel Santos e la guerriglia delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) sono stati esortati a porre l’attenzione su “accordi umanitari” ‘ad hoc’ in vista di un’intesa per la pace. (R.P.)

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    La denutrizione provoca difficoltà di apprendimento

    ◊   La malnutrizione è la causa di gravi conseguenze nel campo dell’alfabetizzazione oltre a costituire un grande ostacolo per il progresso contro la mortalità infantile nei paesi più poveri del mondo ma anche in quelli in via di sviluppo. A delinearlo secondo l’agenzia Fides il recente studio curato dai Programmi Internazionali dell’Ong Save the Children. A causa della denutrizione cronica, un quarto dei bambini di tutto il mondo ha problemi di apprendimento scolastico. Secondo la Ong che tutela i diritti dell’infanzia, i minori malnutriti subiscono un danno irreversibile, crescono di meno, sono più deboli e il loro sviluppo cerebrale non è totale. In più i piccoli che sono vittime di denutrizione hanno un 20% in meno di possibilità di imparare a leggere e scrivere rispetto a quelli che seguono una dieta alimentare corretta. Secondo la ricerca, una dieta povera pregiudica pesantemente la capacità di bambini di leggere una frase o rispondere correttamente a semplici domande di matematica, indipendentemente dal livello di istruzione ricevuto. (F.B.)

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    Lavoro minorile: bambini venduti come schiavi e vittime della tratta

    ◊   Oltre un milione di bambini in tutto il mondo vittime della tratta e altri nove milioni venduti come schiavi. Il prossimo 12 giugno si celebra la Giornata contro il lavoro minorile. Per questa occasione le Missioni salesiane spagnole, nella loro campagna “No estoy en venta”, denunciano che nell’Africa Occidentale oltre 300 mila bambini, bambine e giovani vengono venduti e finiscono tra le file della mafia che a sua volta li rivende per farli lavorare come domestici, nei campi, nelle miniere, nei mercati o per farli prostituire. Secondo la fonte dell’agenzia Fides infatti, e nonostante i Paesi della zona: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gabon, Mali, Nigeria, Senegal, Sierra Leone e Togo, abbiano firmato le convenzioni internazionali a tutela dei minori, gli Stati non investono i fondi necessari, ed è così più facile per le bande criminali riuscire a pagare un bambino poco meno di 50,00 euro promettendo alla famiglia una vita migliore, istruzione e denaro. Tra le cause principali che aggravano il fenomeno, la povertà, la richiesta di mano d’opera economica, le famiglie sgretolate, i conflitti, la tradizione o le disparità di genere. A questi i missionari salesiani cercano di far fronte con case di accoglienza, osservatori alle frontiere, unità mobili, linee telefoniche dedicate ai minori e non ultimo il reinserimento nelle famiglie. (F.B.)

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    Unione internazionale Superiore generali: gli orientamenti per la missione

    ◊   “Come Religiose chiamate al servizio dell’autorità, desideriamo vivere: come Gesù di Nazareth, il Servo sofferente, che ha lavato i piedi dei suoi discepoli, insegnandoci che il vero significato dell’autorità è il servizio e che ci ha dato l‘esempio di un amore che si dona fino alle ultime conseguenze”. Questo è il primo punto degli “Orientamenti per la missione 2013-2016”, frutto del lavoro della Plenaria 2013 dell’Uisg (Unione Internazionale Superiore Generali). Ancora le superiori vogliono vivere “come servizio alla vita che ci chiede di ascoltare con il cuore la realtà, in noi stesse, nella nostra Congregazione, nel mondo e in tutto il creato e di vivere questo in uno spirito di costante discernimento, attente alla storia e in comunione con la Chiesa”, ma anche “spezzando le Scritture per comprendere il vero servizio dell’autorità, promuovendo una vita di profonda preghiera e contemplazione e servendo gli altri”. Ancora “riconoscendo l‘autorità suprema di Dio”, “riconoscendo e accettando la forza della nostra debolezza, della nostra fragilità e vulnerabilità, e la necessità di promuovere 'comunità adulte’ e costruendo relazioni di qualità che generano la comunione basata sull‘amore Trinitario attraverso il rispetto reciproco, la partecipazione e il dialogo e condividendo la leadership con gli altri”. Le Superiore vogliono poi vivere alla “ricerca del bene” nelle persone e negli eventi e seguire “un percorso libero dagli abusi di potere e aperto al potere che accende e rilascia energia al servizio del Vangelo”. Ed anche vivere come “compagne di grazia”, “leader che generano, che condividono visioni, che suscitano nuove energie, aprono orizzonti, offrono sfide e sono capaci di rischiare coraggiosamente come i fondatori e le fondatrici delle nostre congregazioni, rinnovando così i nostri carismi in questo tempo di nuovi inizi”. C’è inoltre l’opzione per “l’autorità di coloro che soffrono” , con la “mistica degli occhi aperti”. Le Superiore si propongono ancora tre obiettivi. Il primo è “vivere la nostra fecondità per generare una nuova vita e nuove direzioni, sviluppando le qualità personali per la missione, affrontando la sfida della interculturalità e preparando i futuri leader”. Il secondo “creare spazi di solidarietà globale e di lavoro di rete, con donne e uomini, religiosi e laici, in una collaborazione paritaria, unendo le voci a favore della giustizia e di coloro che soffrono”. Il terzo: “Come Maria, coraggiosa donna di fede, che ha saputo dare la vita, alimentare la vita in ogni situazione e lasciarla andare al momento giusto, per accettare e realizzare il sogno di Dio nel nostro tempo”. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 155

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.