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Sommario del 02/06/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all’Angelus: Gesù ci esorta a condividere senza chiusure. Appello per il rilascio dei rapiti in Siria
  • Il Papa: Dio piange per la pazzia della guerra, suicidio dell’umanità che uccide l’amore
  • Mons. Pelvi: il Papa invita tutti noi a costruire la pace, la guerra è una follia
  • Tweet del Papa: la logica mondana ci spinge verso il dominio, quella di Dio verso l'amore
  • Papa Francesco presiede l’Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale
  • Oggi in Primo Piano

  • Turchia: tensione a Istanbul, dopo le manifestazioni antigovernative
  • L'impegno della Chiesa per i migranti: testimonianza di una missionaria in Algeria
  • Congresso Mondiale di Oncologia: dati positivi, ma la crisi economica incide su prevenzione
  • Settimana sclerosi multipla: oltre 3 milioni di malati nel mondo
  • Le suore vincenziane di Roma al fianco degli anziani soli
  • "Oggi ho toccato il cielo": un libro dedicato alla figura di mons. Toppi, cappuccino e vescovo
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Siria: autobomba a Damasco con diversi morti, scontri oltre il confine libanese
  • Egitto: la Corte Costituzionale dichiara non valida l'elezione del Senato
  • Napolitano per il 2 giugno: Italia determinata a superare la crisi
  • “Povertà zero, dignità per tutti”: campagna della Caritas argentina in favore dei poveri
  • Zambia: aggrediti in una chiesa manifestanti contro carovita
  • Rete Pace per il Congo: i ribelli di M23 ostacolano le forze Onu
  • A Taiwan, terremoto di magnitudo 6.2: un morto e 9 feriti
  • Arabia Saudita: rischio espulsione per 120 mila lavoratori nepalesi
  • Al fianco di mamme e bambini: "Casa Betania" festeggia 20 anni
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all’Angelus: Gesù ci esorta a condividere senza chiusure. Appello per il rilascio dei rapiti in Siria

    ◊   “La festa del Corpus Domini ci chiede di convertirci”, affinché condividiamo il poco che abbiamo senza chiuderci in noi stessi. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco all’Angelus, in Piazza San Pietro, gremita di fedeli. Il Papa ha, quindi, rivolto un accorato appello per la liberazione delle persone sequestrate in Siria, assicurando la sua preghiera per la pace nel martoriato Paese. Infine, il Pontefice ha chiesto di pregare per la pace e la riconciliazione in America Latina e per i soldati italiani caduti in missioni di pace all'estero. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    All’Angelus, nella Festa del Corpus Domini, il pensiero del Papa va alla Siria, martoriata dalla guerra civile. Papa Francesco confida la sua “viva e sofferta” preoccupazione per il persistere del conflitto che colpisce soprattutto la “popolazione inerme che aspira ad una pace nella giustizia e nella comprensione”. Quindi, rivolge un accorato appello:

    “Questa tormentata situazione di guerra porta con sé tragiche conseguenze: morte, distruzione, ingenti danni economici e ambientali, come anche la piaga dei sequestri di persona. Nel deplorare questi fatti, desidero assicurare la mia preghiera e la mia solidarietà per le persone rapite e per i loro familiari, e faccio appello all’umanità dei sequestratori affinché liberino le vittime. Preghiamo sempre per la nostra amata Siria”.

    Nel mondo, ha aggiunto, “ci sono tante situazioni di conflitto, ma ci sono anche tanti segni di speranza”. Ed ha così incoraggiato “i recenti passi compiuti in vari Paesi dell’America Latina verso la riconciliazione e la pace”. Passi, ha aggiunto, che vanno accompagnati “con la nostra preghiera”. Prima degli appelli per la Siria e l’America Latina, Papa Francesco si era soffermato sul miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci narrato dal Vangelo domenicale. Il Papa ha messo in luce l’atteggiamento dei discepoli che cercano la “soluzione più realistica, che non crei troppi problemi”. Sia, dunque, “congedata la folla perché vada nei villaggi vicini per mangiare”:

    “L’atteggiamento di Gesù è nettamente diverso, ed è dettato dalla sua unione con il Padre e dalla compassione per la gente, quella pietà di Gesù verso tutti noi: Gesù sente i nostri problemi, sente le nostre debolezze, sente i nostri bisogni. Di fronte a quei cinque pani, Gesù pensa: ecco la provvidenza! Da questo poco, Dio può tirar fuori il necessario per tutti. Gesù si fida totalmente del Padre celeste, sa che a Lui tutto è possibile”.

    Ecco perché Gesù dice ai discepoli di “far sedere la gente a gruppi di cinquanta”. Questo, ha sottolineato, “non è casuale”. “Significa che non sono più una folla, ma diventano comunità, nutrite dal pane di Dio”. Gesù “prende poi i pani e i pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione” e così, ha aggiunto, “è chiaro il riferimento all’Eucaristia”. Quindi, pani e pesci vengono distribuiti senza che finiscano:

    “Ecco il miracolo: più che una moltiplicazione è una condivisione, animata dalla fede e dalla preghiera. Mangiarono tutti e ne avanzò: è il segno di Gesù, pane di Dio per l’umanità”.

    I discepoli, ha detto ancora il Papa, “videro, ma non colsero bene il messaggio. Furono presi, come la folla, dall’entusiasmo del successo”. Ancora una volta, dunque, “seguirono la logica umana e non quella di Dio, quella del servizio, dell’amore, della fede”.

    “La festa del Corpus Domini ci chiede di convertirci alla fede nella Provvidenza, di saper condividere il poco che siamo e che abbiamo, e non chiuderci mai in noi stessi. Chiediamo alla nostra Madre Maria di aiutarci in questa conversione, per seguire veramente, sempre di più, quel Gesù che adoriamo nell’Eucaristia”.

    Nella Festa della Repubblica italiana, salutando i fedeli, il Papa ha quindi chiesto una particolare preghiera, "in silenzio nel nostro cuore", per i caduti in operazioni di pace all’estero:

    “Questa mattina ho celebrato la Santa Messa con alcuni militari e con i parenti di alcuni caduti nelle missioni di pace che cercano di promuovere la riconciliazione e la pace in Paesi in cui si sparge ancora tanto sangue fraterno in guerre che sono sempre una follia! Tutto si perde con la guerra! Tutto si guadagna con la pace! Chiedo una preghiera per i caduti, i feriti e i loro familiari. (applausi)”.

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    Il Papa: Dio piange per la pazzia della guerra, suicidio dell’umanità che uccide l’amore

    ◊   “La guerra è il suicidio dell’umanità perché uccide il cuore e uccide l’amore”. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Papa Francesco nella Messa celebrata, stamani, alla Casa Santa Marta. Alla celebrazione, informa una nota della Sala stampa vaticana, ha partecipato un gruppo di 80 persone, composto da parenti di militari italiani caduti nelle missioni di pace negli ultimi 4-5 anni, in particolare in Afghanistan, e da alcuni militari feriti nel corso delle stesse missioni. I parenti dei caduti erano 55, in memoria di 24 militari; i feriti 13, accompagnati da alcuni loro parenti. Oggi, 2 giugno, in Italia si celebra la Festa della Repubblica, “un giorno significativo” - ha ricordato nel suo saluto mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia, che ha concelebrato con il Papa – nel quale il Paese esprime “un debito d’amore verso la famiglia militare”. Il servizio di Benedetta Capelli:

    “Il Signore sente la preghiera di tutti!”, quella di Salomone nel giorno della consacrazione del Tempio, ma anche la preghiera di ognuno di noi. Papa Francesco lo mette in luce, citando anche l’episodio evangelico del centurione che va da Gesù a chiedere la guarigione del suo servo. “Il nostro Dio è così - aggiunge - sente la preghiera di tutti”, tutti non come se fossero “anonimi” ma la preghiera “di tutti e di ciascuno”. “Il nostro Dio è il Dio del grande e il Dio del piccolo; il nostro Dio è personale”, ascolta tutti con il cuore e “ama con il cuore”:

    “Noi oggi siamo venuti a pregare per i nostri morti, per i nostri feriti, per le vittime di quella pazzia che è la guerra! E’ il suicidio dell’umanità, perché uccide il cuore, uccide proprio dov’è il messaggio del Signore: uccide l’amore! Perché la guerra viene dall’odio, dall’invidia, dalla voglia di potere, anche - tante volte lo vediamo - da quell’affanno di più potere”.

    E anche nella storia, constata Papa Francesco, "tante volte, abbiamo visto che i problemi locali, i problemi economici, le crisi economiche”, “i grandi della terra vogliono risolverli con una guerra”:

    “Perché? Perché i soldi sono più importanti delle persone per loro! E la guerra è proprio questo: è un atto di fede ai soldi, agli idoli, agli idoli dell’odio, all’idolo che ti porta ad uccidere il fratello, che porta ad uccidere l’amore. Mi viene in mente quella parola del nostro Padre Dio a Caino che, per invidia, aveva ucciso suo fratello: ‘Caino, dov’è tuo fratello?’. Oggi possiamo sentire questa voce: è il nostro Padre Dio che piange, che piange per questa nostra pazzia, che ci dice a tutti noi ‘Dov’è tuo fratello?’; che dice a tutti i potenti della Terra: ‘Dov’è vostro fratello? Cosa avete fatto!’”.

    Di qui l’esortazione del Pontefice a pregare il Signore perché “allontani da noi ogni male”, ripetendo questa preghiera “anche con le lacrime, con quelle lacrime del cuore”:

    “‘Volgiti a noi, Signore, e abbi misericordia di noi, perché siamo tristi, siamo angosciati. Vedi la nostra miseria e la nostra pena e perdona tutti i peccati’, perché dietro una guerra sempre ci sono i peccati: c’è il peccato dell’idolatria, il peccato di sfruttare gli uomini nell’altare del potere, sacrificarli. ‘Volgiti a noi, Signore, e abbi misericordia, perché siamo tristi e angosciati. Vedi la nostra miseria e la nostra pena’. Siamo sicuri che il Signore ci ascolterà e farà qualche cosa per darci lo spirito di consolazione. Così sia”.

    Al termine della Messa è stata recitata la “Preghiera per l’Italia”, composta dal Beato Giovanni Paolo II. Al Papa la comunità ecclesiale dell’Ordinariato militare ha offerto in dono un’opera di artigianato napoletano in terracotta realizzata dai maestri artigiani di Napoli, Raffaele, Salvatore ed Emanuele Scuotto. La composizione rappresenta San Giuseppe lavoratore che mostra gli strumenti da falegname al piccolo Gesù, il quale sorregge una cesta dove sono contenuti gli oggetti simbolo della Crocifissione: chiodi, martello, tenaglia.

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    Mons. Pelvi: il Papa invita tutti noi a costruire la pace, la guerra è una follia

    ◊   Nella ricorrenza del 2 giugno, Festa della Repubblica italiana, il Papa ha dunque pregato con i feriti e le famiglie dei caduti nelle missioni internazionali di pace all’estero. Al termine della Messa celebrata nella Casa Santa Marta, Luca Collodi ha intervistato mons. Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare per l’Italia:

    R. - Stare con il Papa assieme ai feriti e alle famiglie dei nostri ragazzi caduti arricchisce questa giornata che è la Festa della Repubblica. Il 2 Giugno è un atto di amore, un debito di amore, verso la famiglia militare. Una riflessione quella del Papa sulla guerra come follia. Una guerra dietro cui c’è sempre il peccato che definirei egoismo, orgoglio, presunzione, potere, affarismo. In questa giornata voglio guardare ai nostri militari che ricordiamo non tanto come vittime ma come amici, come persone a cui siamo legati con affetto e riconoscenza per il dono della pace che hanno seminato con le gocce appassionate del loro sangue anche in terra lontana. La Festa del 2 Giugno è oggi una giornata di grazia. L’Italia, tutta intera, può gustare la forza della preghiera che il Papa ha elevato al Signore per l’Italia. La nazione amata, diletta, la nazione su cui Francesco ha invocato una particolare protezione del Signore principe della pace.

    D. - Mons. Pelvi, nell’omelia il Papa ha sottolineato che la guerra “è un atto di fede per i soldi”, “voglia di potere”. Un richiamo forte per i potenti della Terra?

    R. - Mi ha colpito interiormente la determinazione e la chiarezza con cui il Santo Padre si è espresso sul tema della guerra. Non ha usato parole indirette. E’ andato al cuore di un dramma che percepiamo nella storia dei nostri giorni dove si continua a morire ed a uccidere. Dove le nazioni sono in agitazione e disarmonia costante. Il Papa ha suscitato in me, nei nostri militari, l’impegno di una responsabilità. Ognuno di noi, ogni italiano, nella festa di oggi, deve avvertire di essere custode della sicurezza degli altri. Non possiamo delegare la pace a dei momenti particolari della vita quotidiana. Non possiamo affidare l’impegno della pace solo ad una professione, come può essere la professione militare. Credo che la pace sia la responsabilità di ogni cittadino del mondo e allora, come accennava il presidente della Repubblica italiana Napolitano, non possiamo stare a guardare quello che avviene accanto a noi, proteggendoci nel privato, difendendoci dentro scelte di egoismo. Ognuno di noi deve fare la sua parte. La Festa della Repubblica, deve risvegliare questa concreta responsabilità. Ognuno deve cominciare a dare, donare, mettersi in gioco per quello che ha, per essere degno della sua umanità e per aiutare i popoli della terra, nel suo piccolo, ad avere pace, fiducia e speranza che talvolta gli egoismi, l’odio e la violenza rubano.

    D. - Il Papa ha celebrato la Festa della Repubblica con la preghiera per l’Italia. Che senso ha questa giornata nella vita civile e democratica di un Paese in crisi?

    R. - La festa dice come l’Italia e la democrazia camminano insieme. E’ impossibile pensare all’Italia, con radici cristiane, senza la libertà e senza salvaguardare i diritti del cittadino. Abbiamo bisogno di coesione, di riconoscerci in un patrimonio di storia, di valori che forse stiamo annebbiando con la nostra superficialità. Uniamo le forze buone, i gesti propositivi, uniamo quella risorsa che mai è mancata ad ogni italiano per portare avanti credo una storia ancora più bella. Possiamo, insieme, riuscire a superare la crisi economica, la mancanza di lavoro. L’importante, però, è che qualcuno paghi qualcosa. Se ognuno si impegna responsabilmente a dare se stesso ed a dare qualcosa di sé, credo che al di là delle discussioni, delle lamentele, delle aggressività verbali o scritte, possiamo dare un volto bello, luminoso all’Italia, terra seminata dalla bontà di Dio nella storia umana.

    D. - Guardando al bene comune, l’esperienza militare può essere un esempio per le nostre Istituzioni e la società italiana?

    R. - I militari con la loro vita sono un serbatoio di gratuità. Sono persone generose che non misurano il tempo del dono perché non ci sarà mai la misura dell’amore. Sono persone che ogni giorno hanno come riferimento, la sicurezza, la benevolenza, la fraternità. A me piace vedere i nostri militari come i costruttori di un’amicizia, sono coloro che si accostano alle persone provate, disagiate, sofferenti e che ci mettono la faccia. Ci mettono le loro energie più belle. Ci mettono anche la vita, pur di poter dire all’altro che vale la pena camminare insieme e che vale la pena essere italiani.

    D. - Nella Festa della Repubblica italiana il pensiero va anche ai due marò trattenuti in India…

    R. - I due marò sono nel cuore e nei pensieri di tutti gli italiani, unitamente alle loro famiglie. Il ponte di amicizia continua. Siamo certi che, con un po’ di pazienza, riusciremo ad avere presto i nostri marò nella normalità del servizio al Paese.

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    Tweet del Papa: la logica mondana ci spinge verso il dominio, quella di Dio verso l'amore

    ◊   "La logica mondana ci spinge verso il successo, il dominio, il denaro; la logica di Dio verso l’umiltà, il servizio e l’amore": è il testo del tweet pubblicato in tarda mattinata sull'account Twitter di Papa Francesco, @pontifex.

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    Papa Francesco presiede l’Adorazione Eucaristica in contemporanea mondiale

    ◊   Nella solennità del Corpus Domini e nel contesto dell’Anno della Fede, Papa Francesco presiederà oggi pomeriggio, a partire dalle ore 17 nella Basilica di San Pietro, una speciale Adorazione Eucaristica che si estenderà in contemporanea in tutto il mondo, coinvolgendo le cattedrali e le parrocchie di ogni diocesi. Per un'ora, dunque, tutto il mondo sarà unito in preghiera e in adorazione del Santissimo Sacramento. Su questo straordinario evento, Antonella Palermo ha intervistato don Alberto Pacini, rettore della Basilica di Sant'Anastasia al Palatino, dove da dodici anni si svolge l’adorazione perpetua:

    R. - Questa iniziativa è una gioiosa occasione, ma non una sorpresa perché è perfettamente in linea di continuità con il Magistero di Giovanni Paolo II, il quale diceva: “Le nostre comunità cristiane devono diventare scuole di preghiera” e Benedetto XVI che scrive, nella Sacramentum Caritatis, “Peccheremmo se non adorassimo Colui che andiamo a ricevere”. Quindi, questo senso di tornare all’Eucarestia da celebrare bene, sicuramente in sintonia con lo Spirito, ma anche da adorare perché è la viva presenza del Signore.

    D. – Che scaccia ogni forma di idolatria...

    R. - Che scaccia ogni forma di idolatria perché quando il nostro cuore non è preso da Dio, è preso da qualunque altra forma di idolatria.

    D. – Cosa significa “adorare”?

    R. – Adorare è un atto di amore. Quando nelle parrocchie andiamo a fare le Settimane eucaristiche chiediamo ai bambini: “Cosa vuol dire adorare?” e loro dicono “amare!”- perché nella terminologia corrente si usa in maniera un po’ equivoca: “Adoro questa cosa” - allora, spiego subito: “Si adora solo il Signore”! Però è vero, è un atto di amore: un cuore che si sintonizza con un altro cuore ed il nostro cuore è sintonizzato con il cuore di Dio.

    D. – Se non ci si educa a questa "scuola" del restare di fronte a Gesù, probabilmente non lo si riesce neanche a “gustare” nel momento in cui si fa la Comunione...

    R. – La nostra mentalità “fast food” – mordi e fuggi – ci porta a tempi affrettati, a tempi nei quali c’è poco silenzio ed invece è fondamentale questo stare nel silenzio. “Rimanete con me” e “rimani con noi”, come disse Giovanni Paolo II. “Rimani con noi o divino viandante, Mane nobiscum Domine - rimani con noi Signore perché si fa sera”, sono le parole dei pellegrini di Emmaus - Luca capitolo XXIV - cioè, questo stare con il Signore, perché noi senza di Lui non possiamo far nulla. Noi da questa esperienza dell’Adorazione Perpetua abbiamo sviluppato un ministero di ascolto, di confessione, di riconciliazione delle persone: vengono persone con le vite “frantumate”, vengono persone con la crisi dei valori più assurda, vengono persone che sono in cerca di un’identità e lì il Signore ci svela la nostra vera identità. Stando con il Signore riscopriamo la nostra chiamata. Allora: misericordia nell’accogliere le miserie, le povertà e quindi esperienza di una Chiesa Santa. Abbiamo purtroppo testimonianze della nostra non-santità come sacerdoti, ma l’Eucarestia ci ridà la vera identità: il perché io sono prete, perché io sono sposato, perché sono consacrato, o consacrata…

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    Oggi in Primo Piano



    Turchia: tensione a Istanbul, dopo le manifestazioni antigovernative

    ◊   In Turchia, atmosfera ancora tesa dopo le proteste, iniziate ad Istanbul e proseguite in tutto il Paese che hanno provocato, secondo Amnesty International, due morti e oltre mille feriti. Il bilancio ufficiale del governo, invece, riporta la cifra di 79 feriti e di oltre 900 persone arrestate, alcune poi rilasciate. Intanto la polizia ha abbandonato piazza Taksim, centro delle proteste di Istanbul, dove dovrebbe sorgere una caserma con il conseguente abbattimento di oltre 600 alberi: un progetto osteggiato dai manifestanti. Ma le proteste di piazza mettono a rischio la tenuta dell’esecutivo? Davide Maggiore lo ha chiesto a Fabio Grassi, ricercatore in Storia dell’Europa Orientale presso l’Università “La Sapienza” di Roma:

    R. - Non a breve termine: non è che abitualmente le proteste, per quanto imponenti, facciano cadere i governi. Certamente possono produrre - come mi sembra stia avvenendo - un certo ripensamento, una modifica di atteggiamento.

    D. - Qual è la natura di queste proteste? Si tratta di un movimento paragonabile alle primavere arabe che hanno attraversato altri Paesi della regione?

    R. - Non vedo una grande somiglianza con questi movimenti. Nel caso delle primavere arabe c’era una profonda spinta di insofferenza, di ribellione contro regimi elitari e spesso militari. Qui il segno è contrario: è una ribellione, è un segnale di forte insofferenza da parte della Turchia laica contro un governo, in cui la spinta verso certe forme di tradizionalismo si è fatta piuttosto forte. Ora la protesta è contro la riorganizzazione di una delle piazze più importanti di Istanbul, centro nevralgico della Istanbul più europea. Ma, pochi giorni fa, c’era stata una dichiarazione molto dura di Erdogan contro il consumo di alcolici…

    D. - Quindi quali sono le forze in gioco in questo confronto che, adesso, ha raggiunto le piazze?

    R. - Da una parte, il governo e il suo grande seguito popolare che, nell’Anatolia profonda, permane ampio, e - dall’altra - un'opposizione in cui confluiscono il vecchio gruppo sociale fortemente ancorato al kemalismo e uno strato di Turchia laica che - a suo tempo - aveva criticato l’autoritarismo kemalista.

    D. - E’ possibile che quanto sta accedendo ora abbia delle ripercussioni a livello elettorale? E’ ipotizzabile un arretramento del partito di Erdogan?

    R. - Una piccola flessione del partito di Erdogan è possibile, una sostanziale modifica dei rapporti di forza non mi sembra molto probabile.

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    L'impegno della Chiesa per i migranti: testimonianza di una missionaria in Algeria

    ◊   I migranti che arrivano in Nordafrica soprattutto dai Paesi a Sud del Sahara sono una questione a cui la Chiesa ha sempre prestato grande attenzione. Le comunità locali, in particolare, sono impegnate nell’assistenza diretta ma anche in un’indispensabile opera pastorale. Ascoltiamo, nell’intervista di Davide Maggiore, la testimonianza di suor Sandra Catapano, missionaria di Nostra Signora degli Apostoli, che descrive la situazione a Orano, in Algeria:

    R. – Inizialmente è piuttosto un lavoro di carità e d’urgenza a livello sanitario; diventa un servizio pastorale man mano che le persone si conoscono, man mano che s’instaura un rapporto. Queste persone allora chiedono anche di aiutarle a pregare e a ritrovare il Signore, che è una grande gioia, perché i problemi sono tanti. Lavoriamo in un'équipe e siamo otto: tre suore di differenti istituti, con il parroco, e quattro migranti camerunesi, che operano con noi e sono presenti sul territorio, nei quartieri, quando si visitano le famiglie che si trovano a disagio per i malati.

    D. – I problemi sono innanzitutto dei problemi di carattere umanitario...

    R. – La prima risposta è una risposta sanitaria. Vengono da noi per chiedere aiuto soprattutto le donne incinte e chi ha problemi di Aids. Man mano poi che l’amicizia cresce si avvicinano e frequentano la Chiesa. Oltretutto la nostra parrocchia non è composta solo di cattolici. Noi siamo una chiesa ecumenica veramente nei cuori. Quelli che desiderano frequentare, vengono alla Messa - e poi ci sono due momenti "extra" di preghiera, per gli evangelici, che continuano le loro preghiere in altri momenti.

    D. – Dal punto di vista spirituale dei migranti, qual è il messaggio che, come Chiesa, cercate di passare?

    R. – L’annuncio dell’amore di Dio, dell’amore misericordioso che li aiuta a ritrovare la luce, a ritrovare la gioia. Sono testimonianze molto belle di persone che hanno ritrovato proprio l’amore di Dio e che quindi, poi, si impegnano anche a livello spirituale e a livello umano. Quello che resta è più difficile. La migrazione mi ha messo di fronte ad un’Africa, che avevo conosciuto in Costa d’Avorio e in Nigeria, con i valori più belli della cultura tradizionale. Quando arrivano qua, dopo i viaggi nel deserto e tutte le difficoltà e le violenze subite, sono un’Africa che ha perduto i suoi valori.

    D. – Gli ultimi anni hanno visto due guerre attraversare Libia e Mali. Ci sono state delle ripercussioni per i migranti che sono in Algeria?

    R. – La prima sta nel fatto che le dogane e le frontiere sono chiuse e quindi c’è molta difficoltà a rientrare nei Paesi, per chi vuole rientrare. L’altra, che potremmo dire positiva, sta nel fatto che il governo e la polizia abbiano smesso i rimpatri e lascino vivere gli stranieri.

    D. – Pensando più in generale alla Chiesa in Algeria, si tratta di una Chiesa piccola e composta in gran parte di stranieri...

    R. – Da una decina d’anni, il volto della Chiesa si è modificato per questi "venti di migrazione". Non esiste solo la migrazione dei sub sahariani, ma c’è anche una migrazione ufficiale, per lavoro, a causa delle grandi industrie, e anche degli studenti universitari di tutte le culture, di tutte le confessioni. Il messaggio che si dà è sempre quello di un Dio che ci vuole un’unica famiglia e quello di cercare di vivere questo amore della prima comunità cristiana, per testimoniare ai nostri fratelli musulmani non con la parola, ma con la nostra vita.

    D. – Ci sono anche delle importanti esperienze di dialogo che voi portate avanti...

    R. – Il primo dialogo è quello con la vita quotidiana: l’aiuto dei più poveri, la collaborazione con le fasce benestanti, che vedono il nostro lavoro e collaborano con noi a livello sociale. Senza di loro non potremmo fare nulla. Grazie a loro possiamo operare bene. C’è, quindi, un dialogo della vita, che attraverso l’amicizia diventa poi un legame profondo umano e spirituale. Non è raro che le persone, le donne, condividendo le loro difficoltà, poi entrino in un legame con richieste di preghiere. Poi ci sono anche incontri, per esempio, con i gruppi dei sufi, mistici musulmani, che sono presenti anche a Orano.

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    Congresso Mondiale di Oncologia: dati positivi, ma la crisi economica incide su prevenzione

    ◊   Le ultime novità sulla medicina personalizzata, l'impegno sulla prevenzione, gli sforzi crescenti per assicurare una migliore qualità della vita ai malati. Di tutto questo si è parlato nella seconda giornata di lavori del Congresso Mondiale di Oncologia (Asco), in corso a Chicago. Cinquemila gli studi presentati dagli oltre 30 mila esperti arrivati negli Stati Uniti da tutto il mondo. Il servizio del nostro inviato a Chicago, Salvatore Sabatino:

    Il quadro che emerge dal Congresso Mondiale di Oncologia è chiaro: la strada per battere il cancro é ancora lunga, ma i passi avanti sono tanti, e sempre più frequenti. Un cauto ottimismo, insomma, quello espresso dai 30 mila esperti presenti a Chicago: cauto perché la battaglia non è affatto vinta. Eppure un dato più che positivo c’è: nel 2011 si è registrato negli Stati Uniti il nuovo record di malati che sopravvivono al tumore: 12 milioni, il 20% in più rispetto al 2001. Nel 1971, appena 3 milioni di americani sopravvivevano a una diagnosi di cancro. Questo grazie al miglioramento delle cure, che diventano sempre più mirate, soprattutto per i tumori del polmone e del seno, e che inoltre migliorano la qualità della vita. Ma i progressi dei farmaci dovrebbero accompagnarsi ad una migliore prevenzione; vuol dire screening di massa, divenuti troppo esosi in epoca di crisi economica. Questo potrebbe rallentare la strada della cura, ma non annientarla. Sul fronte europeo, è l’Italia ad ottenere risultati migliori: nonostante, infatti, investa meno risorse nella salute rispetto ad altri Paesi, riesce a ottenere risultati migliori, grazie all'uso appropriato delle terapie, a servizi territoriali diffusi e alle eccellenze ospedaliere. Si colloca infatti al 12.mo posto fra i 27 Paesi europei per il più basso indice di mortalità per tutti i tipi di cancro.

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    Settimana sclerosi multipla: oltre 3 milioni di malati nel mondo

    ◊   Si conclude oggi la Settimana nazionale dedicata alla sclerosi multipla. Nel mondo si contano circa 3 milioni di persone con questa malattia e in Italia sono circa 68 mila i malati. La sclerosi può comparire ad ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni. Eliana Astorri ha chiesto una definizione di questa malattia al prof. Massimiliano Mirabella, direttore del Day Hospital di Neurologia e dell’Unità Operativa Sclerosi multipla del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” di Roma:

    R. - La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria cronica del sistema nervoso centrale che produce demielinizzazione e danno assonale, provocando caratteristiche lesioni multifocali visibili sulla risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo spinale e una varietà di manifestazioni neurologiche.

    D. – Quali sono i primi sintomi con cui si manifesta questa malattia?

    R. - Per definizione, la malattia può colpire ogni parte dell’encefalo e del midollo spinale per cui è evidente che gli aspetti clinici sono estremamente vari. Si va da una perdita transitoria della vista, come una neurite ottica o uno sdoppiamento della vista, a disturbi motori, con debolezza, o anomalie della sensibilità sia con perdita di sensibilità che con parestesie, disestesie, quindi senso di formicolii, disturbi urinari. Più difficili da portare all’attenzione del medico sono invece quei disturbi, che possono manifestarsi anche in età abbastanza precoce di malattia, correlati a un’alterazione cognitiva o a un disturbo dell’umore. Ma il quadro tipico dell’attacco acuto di sclerosi multipla difficilmente può essere misconosciuto e richiede un approfondimento diagnostico completo che consente l’instaurazione di un trattamento specifico per la malattia.

    D. - Il momento della diagnosi è uno choc per il paziente, come aiutarlo a superare questo momento?

    R. – L’aspetto della comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla è un aspetto fondamentale. Da un lato, infatti, va comunicata e spiegata la malattia senza minimizzare e senza sottolineare soltanto la possibile benignità che purtroppo riguarda soltanto una percentuale minore delle forme della malattia; dall’altro lato, quello che i pazienti spesso rimarcano a noi clinici, anche a distanza di anni, è l’assenza di chiarezza nel messaggio che di solito viene veicolato in maniera sbrigativa alla diagnosi. Il paziente ha necessità sia di poter porre tutte le domande che meglio possono chiarire le cause della malattia e soprattutto il percorso che si trova di fronte. Inoltre, ha la necessità di sapere che un medico, ma meglio ancora un team multidisciplinare, lo prenderà in carico, si farà carico di tutti gli aspetti correlati alla sua malattia, e che la sua vita non finisce in quel giorno ma da quel giorno bisogna cominciare a prendersi carico di un aspetto nuovo della vita. Questo è fondamentale.

    D. - Sono importanti, secondo lei, le settimane dedicate alle varie patologie, le giornate mondiali… Cosa ne pensa?

    R. – Io credo che ogni iniziativa a carattere divulgativo, che possa aumentare la conoscenza di queste malattie, sia utile nel facilitare la raccolta, il fund raising, che serve a fare ricerca e a migliorare l’assistenza per i pazienti e le loro famiglie, perché aumenta la consapevolezza relativa a queste malattie e soprattutto contribuisce a sfatare falsi miti che poi pesano nel nostro immaginario individuale e collettivo e comportano anche grandi difficoltà nelle accettazioni di questa malattia.

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    Le suore vincenziane di Roma al fianco degli anziani soli

    ◊   L’Italia sta diventando sempre di più un Paese di anziani e uno su quattro vive da solo. Tra chi se ne prende cura, facendo un grande lavoro in sordina, vi sono le “Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli” di Roma: dieci suore che si occupano di un centinaio di persone anziane che necessitano di cure o piccole commissioni, instaurando con loro un rapporto di amicizia e fiducia. “Amate i poveri ma con la fatica delle braccia e il sudore della fronte”, sottolinea suor Amelia, al microfono di Elisa Sartarelli:

    R. – San Vincenzo voleva proprio che noi andassimo a domicilio a trovare le famiglie e le persone bisognose. In modo particolare, in questo momento, sono gli anziani ad avere bisogno, trovandosi spesso soli e non sapendo a chi rivolgersi. A volte non c’è grande fiducia nelle persone che vanno a trovarli. Quando vedono una suora, scatta un meccanismo e si sentono più fiduciosi, più sicuri.

    D. – Voi portate un aiuto sia materiale che spirituale...

    R. – C’è il discorso della solitudine, c’è il discorso che non possono andare alla Messa. Quindi noi portiamo, in accordo con il parroco, l’Eucaristia, stiamo un poco con loro, li ascoltiamo. Può esserci anche il problema della salute, trovandosi anziani, soli, magari anche solo dover fare una puntura... Si trovano facilmente infermieri che vanno a domicilio ma la spesa non sempre è quella che si possono permettere. Noi allora gratuitamente ci rendiamo disponibili quando qualcuno ci chiama, anche solo per misurare la pressione o per fare la spesa. Ultimamente, qualche nonnina anziana ci chiede addirittura di andare in banca, di riscuotere qualcosa. E’ un rapporto, dunque, di fiducia.

    D. – Ma le suore che assistono gli anziani sono loro stesse anziane...

    R. – C’è da dire anche questo: le sorelle che fanno questo servizio, e soprattutto in periferia, in questo momento, sono loro stesse anziane. Ho sorelle di 80 anni che partono al mattino e vanno dalle loro amiche. A volte con qualcuna si stabilisce anche l’orario.

    D. – Le persone assistite non sono quindi anziani completamente abbandonati a se stessi, ma persone che magari hanno bisogno di piccole cose, perché magari hanno la famiglia lontana...

    R. – Oppure anziani che non hanno avuto figli... Ci sono tanti casi diversi. A volte anche i figli hanno la loro famiglia, le loro difficoltà e quindi non riescono ad andargli incontro. C’è da dire poi che, nonostante questo, sono affezionati al loro ambiente e quindi fanno fatica a dire: “Vado in una casa di riposo”. Bisogna poi aggiungere che oggi poter pagare una casa di riposo, poterselo permettere, non è poi così facile, per chi ha una piccola pensione.

    D. – Molti anziani poi preferiscono restare a casa loro...

    R. – Il problema è che negli ospizi sono in compagnia e sono curati, ma sentono la mancanza dei loro affetti. Se hanno dei parenti che vanno continuamente a trovarli è diverso. Gli manca la loro vita, il potersi cucinare come vogliono, potersi alzare quando vogliono, potersi spostare la sedia come vogliono. Manca quindi quell’autonomia e quell’indipendenza che hanno vissuto fino ad 80 anni.

    D. – Molti anziani hanno una badante, ma quello che voi fate è un’altra cosa...

    R. – La badante ti copre alcune ore e qualche volta succede che ci sia un bel rapporto, altre volte invece non scatta il dire: “Ti racconto le mie cose e tu mi ascolti e mi capisci”.

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    "Oggi ho toccato il cielo": un libro dedicato alla figura di mons. Toppi, cappuccino e vescovo

    ◊   “Oggi ho toccato il cielo”. E’ questo il titolo del libro scritto da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, dedicato a mons. Francesco Saverio Toppi, cappuccino e già vescovo di Pompei, scomparso nel 2007. Recuperandone i diari, tenuti nascosti fino alla morte, mons. Sorrentino ha potuto indagare e testimoniare attraverso questo volume, l'esperienza spirituale e mistica del padre cappuccino che, immerso nella vita trinitaria, ne viveva pienamente il dialogo, facendosi guidare da Maria. Al microfono di Gea Finelli, mons. Domenico Sorrentino:

    R. – Io sono stato nominato vescovo a Pompei nel 2001, quando ormai lui era un vescovo emerito. Gli ho chiesto di rimanere con me e ne sono nati due anni di amicizia grande, di vera confidenza spirituale che mi ha consentito di entrare nel suo mondo. E’ stata una scoperta: sapevamo tutti della sua santità di vita, si parlava delle sue esperienze spirituali mistiche... Io ho potuto scoprirlo giorno per giorno in una maniera che mi ha veramente sorpreso, e ancor più poi sono rimasto sorpreso quando, dopo la sua morte, ho letto i suoi diari spirituali, nei quali egli rende conto – giorno per giorno – di ciò che gli accadeva. Quest’uomo veniva rapito, entrava nel mistero del Dio Trinità, condotto da Maria; si sentiva come un bambino nelle braccia della mamma, e la mamma lo trattava proprio come un bambino aprendogli tanti squarci sul Mistero di Dio.

    D. – Il libro si intitola: “Oggi ho toccato il cielo”: è un’espressione con la quale mons. Toppi spiegava una sua singolare esperienza spirituale …

    R. – E’ incredibile quello che egli prova. Quando si immerge nel Mistero di Dio, spesso testimonia di vivere una esperienza di gioia così grande che addirittura non riesce a contenerla e a sostenerla. Ci sono punti nel suo diario in cui dice: “Basta, basta! E’ gioia troppo grande, è paradiso!”. Lui vive anticipi di paradiso. Bisogna anche però dire che spesso queste rivelazioni su Dio lo portano anche dentro al mistero della Croce, e lì – ecco – è l’esperienza, poi, delle lacrime, dell’oscurità… quello che Gesù ha vissuto sulla Croce, il senso dell’abbandono del Padre, il senso dell’inferno …

    D. – Lei analizza la vita di mons. Toppi come teologia del vissuto: ci spiega questo particolare approccio?

    R. – Quando si pensa alla teologia, il pensiero va subito a libri, a tomi ponderosi, ad argomentazioni, ad una ricerca raffinata sotto il profilo concettuale … Ma questo è un aspetto soltanto. E, anzi, bisognerebbe dire, non è l’aspetto più importante, quello originario, perché la teologia cristiana è l’espressione di un Dio che si rivela nella storia, è una storia di salvezza. La prima teologia è un racconto, è un vissuto di cui si fa esperienza. I Santi sono quelli che sperimentano in maniera profonda il mistero di Dio, lo vivono dentro di sé … Quindi, la loro vita già è teologia vissuta.

    D. – La vita di mons. Toppi si intrecciò con quella di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Cosa avevano in comune queste due personalità?

    R. – Sicuramente fu un incontro provvidenziale. Lui era un francescano, un cappuccino e viveva molto profondamente la dimensione della fraternità, che è propria del francescanesimo. Da questa base egli conosce Chiara Lubich, che è la mistica dell’unità. Il suo carisma è profondamente un carisma che aiuta a sentire il Mistero di Gesù in mezzo a noi. Mons. Toppi sentì la profonda convergenza tra la sua esperienza di francescano e l’esperienza dell’unità di Chiara Lubich.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Siria: autobomba a Damasco con diversi morti, scontri oltre il confine libanese

    ◊   In Siria, almeno otto agenti della sicurezza sono morti nell’esplosione di un’autobomba a Damasco: lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra e legato all’opposizione. Altri attivisti anti-regime parlano inoltre di raid aerei, con numerose vittime, sulla cittadina di Qusayr. Nella località di Baalbek, oltre il confine libanese, gli scontri tra ribelli siriani e combattenti di Hezbollah avrebbero invece provocato almeno 15 morti. Sul piano diplomatico, infine, potrebbe svolgersi a luglio la conferenza di pace di Ginevra: lo ha dichiarato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. (D.M.)

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    Egitto: la Corte Costituzionale dichiara non valida l'elezione del Senato

    ◊   La Corte Costituzionale egiziana ha dichiarato oggi non valida l’elezione del Senato, l’unico ramo del Parlamento rimasto attivo dopo che un’analoga sentenza aveva portato, un anno fa, allo scioglimento della Camera. Sono stati dichiarati non validi anche i criteri di formazione dell’Assemblea costituente e la parte della carta fondamentale, approvata da un referendum nello scorso dicembre, che autorizza il presidente della Repubblica a promulgare una legge d’emergenza. I giudici hanno specificato che la loro sentenza dovrà essere applicata solo dopo nuove elezioni, ma la data di queste ultime resta incerta perché la stessa corte ha respinto, la scorsa settimana, una bozza della legge elettorale. (D.M.)

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    Napolitano per il 2 giugno: Italia determinata a superare la crisi

    ◊   Le celebrazioni della Festa della Repubblica hanno messo in luce un'Italia "determinata a superare l'attuale difficile contingenza", causata dalla crisi. Così il presidente italiano, Giorgio Napolitano, in un messaggio indirizzato al ministro della difesa Mario Mauro, in occasione della ricorrenza del 2 giugno. "La tradizionale parata militare - scrive inoltre Napolitano - ha consentito anche quest'anno di unire cittadini e istituzioni nella celebrazione della nascita della Repubblica". In un diverso messaggio - inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli - il presidente ha ricordato che nel contesto di oggi “le missioni di stabilizzazione intraprese dalle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte attiva costituiscono un contributo essenziale alla causa della pace, del progresso sociale e della collaborazione fra i popoli”. Napolitano ha rivolto il suo pensiero, in particolare, “alla memoria dei militari italiani che in ogni tempo e luogo hanno perso la vita al servizio della Patria: ieri, nel lungo e travagliato percorso che ha reso l'Italia una nazione libera e democratica; oggi, in Paesi attraversati da conflitti e devastazioni, in aiuto a popolazioni sofferenti che nella presenza delle Forze armate italiane trovano motivo di speranza e di fiducia”. Il prestigio dell'Italia tra le nazioni, ricorda Napolitano, “dipende in misura rilevante dall'operato sul campo – al servizio della comunità internazionale - dei nostri militari, cui sono unanimemente riconosciuti professionalità, impegno, umanità''. Il presidente ha poi lodato la radicale ed innovativa revisione dello strumento militare” avviata di recente, ricordando che uno dei suoi criteri deve essere “l’integrazione europea”, che – scrive ancora Napolitano – “può e deve concorrere all'auspicata unità politica del continente”. Le celebrazioni per la Festa della Repubblica hanno avuto ufficialmente inizio questa mattina con l'omaggio del capo dello Stato, alla tomba del Milite Ignoto al Vittoriano. (D.M.)

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    “Povertà zero, dignità per tutti”: campagna della Caritas argentina in favore dei poveri

    ◊   “Povertà zero, dignità per tutti”: è questo il titolo della nuova campagna della Caritas Argentina, lanciata dalla Conferenza episcopale del Paese. Mons. Oscar Vicente Ojea, vescovo di San Isidro e presidente della Commissione episcopale della Caritas nazionale ne ha spiegato significati e finalità all’agenzia Fides. “Dire ‘Povertà Zero’ – sottolinea il presule – risponde al desiderio umano più immediato: da quando siamo piccoli, vogliamo un mondo con più uguaglianza, più giustizia, desideriamo rimuovere le barriere in modo che ogni persona riesca a crescere e a svilupparsi nel modo migliore, per tirare fuori dal cuore il meglio di sé. Sappiamo che avremo sempre dei problemi, ma si cerca di costruire un mondo più equo, più umano, più giusto”. “Purtroppo – osserva mons. Ojea a Fides – abbiamo una percezione della dignità, quando la vita umana viene calpestata, quando è umiliata, quando si vede l'uomo in condizioni disumane. Cercare la dignità appare come una rivendicazione che è nel profondo del cuore di ogni uomo, in situazioni in cui è essa sfruttata o trascurata, nei cosiddetti nuovi scenari di povertà” come “la droga, la violenza, la distruzione dell'ambiente”. Su questi scenari si innesta l’opera della Caritas che, con la nuova campagna, esorta a “rinunciare a qualcosa per donare ai bisognosi, significa toccare con mano la realtà e non fuggire di essa”. (A.G.)

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    Zambia: aggrediti in una chiesa manifestanti contro carovita

    ◊   Grave aggressione in una chiesa della "Bible Gospel Church" nel quartiere Matero a Lusaka, nella Zambia. Decine di manifestanti – presumibilmente sostenitori del Patriotic Front – hanno fatto irruzione nell’edificio dove si stava tenendo una manifestazione contro il carovita, e in particolare contro l’aumento di prezzi di benzina e granturco, alla quale avrebbe dovuto seguire un corteo. Lo racconta alla Misna padre Bernard Makadani, direttore delle Pontificie opere missionarie nel Paese. Tra i feriti, inoltre, ci sarebbe anche John Mambo, un vescovo della "Bible Gospel Church" in Africa, che negli ultimi mesi era diventato apertamente critico nei confronti del governo. La manifestazione di protesta era rivolta alla revoca dei sussidi pubblici che avevano contribuito a tenere sotto controllo i prezzi di alcuni beni, decisione in merito alla quale il presidente Michael Sata non aveva fornito motivazioni convincenti. “Il carovita – ha concluso padre Makadani – sta colpendo la maggior parte della popolazione che già vive in stato di povertà”. (R.B.)

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    Rete Pace per il Congo: i ribelli di M23 ostacolano le forze Onu

    ◊   Un tentativo di condizionare i negoziati in corso a Kampala, in Uganda, tra il governo di Kinshasa e la dirigenza del movimento ribelle M23. Così può essere interpretata - spiega una nota inviata a Fides dalla Rete Pace per il Congo - la ripresa delle ostilità da parte dei ribelli, alla vigilia del dispiegamento della brigata d’intervento della Missione dell’ONU per la stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo (Monusco), che ha il compito di disarmare i vari gruppi armati ancora attivi nel Nord Kivu. Il documento spiega che lo stallo registrato a metà maggio dai negoziati non aveva provocato scontri significativi tra l’esercito congolese e l’M23, “anche se il livello di insicurezza rimaneva alto”. “La situazione - ricorda la nota - è radicalmente cambiata il 20 maggio, quando l’M23 ha ripreso le ostilità”. Tra i possibili obiettivi sono indicati la volontà di “ostacolare l’imminente dispiegamento della brigata d’intervento della Monusco, e “costringere il governo congolese a riprendere i negoziati di Kampala, in condizione di debolezza”. L’M23, secondo la Rete Pace per il Congo, può sfidare apertamente l’Onu perché dispone di appoggi nella regione. Se si vuole veramente porre fine all’instabilità del Nord Kivu, afferma la nota, occorre che la Monusco e l’esercito congolese collaborino effettivamente per disarmare e smobilitare i diversi gruppi armati presenti nella regione. Il governatore della provincia, Julien Paluku, nel suo discorso in occasione della visita a fine aprile dell’Inviato speciale delle Nazioni Unite per la regione dei Grandi Laghi, Mary Robinson, ha affermato che “attualmente, la provincia del Nord Kivu deve far fronte a due grandi minacce”. La prima è quella “delle forze negative straniere, tra cui le FDLR (arrivate dal Ruanda nel 1994) e l’ADF-NALU (giunte dall’Uganda nel 1986). Questi gruppi armati – ha ricordato Paluku - continuano a commettere saccheggi, stupri e massacri”. C’è poi “la minaccia dei gruppi armati locali, tra cui l’M23 e più di 15 altri gruppi in armi, noti come Mai-Mai, tra questi l’M23 è la minaccia maggiore”, ha concluso il governatore. (D.M.)

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    A Taiwan, terremoto di magnitudo 6.2: un morto e 9 feriti

    ◊   Un terremoto di magnitudo 6.2 della scal Richter ha colpito il centro dell’isola di Taiwan, causando l’esplosione di un deposito di gas e un’enorme frana che ha investito un’autostrada. L’unica vittima di cui finora si ha notizia è un uomo che, al momento del terremoto, stava guidando lungo una strada di montagna ed è stato travolto da frammenti di roccia. Il sisma è stato avvertito anche nella capitale Taipei e ad Hong Kong, che dista oltre 700 chilometri. In un diverso terremoto a sud delle Filippine, di magnitudo 5.7, almeno nove persone sono rimaste ferite. (D.M.)

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    Arabia Saudita: rischio espulsione per 120 mila lavoratori nepalesi

    ◊   I lavoratori migranti provenienti dal Nepal ed entrati illegalmente in Arabia Saudita avranno tempo fino al 3 luglio per lasciare il Paese. Come riporta Asianews, si prevede che l'ultimatum, rilasciato il 10 maggio scorso dalle autorità di Riyadh, riguardi circa 120 mila nepalesi che dovranno fare ritorno in patria. Da Kathmandu, il ministro degli Esteri nepalese, Arjun Karki, ha definito la situazione "preoccupante" e chiarito che da parte del suo governo c’è la volontà di iniziare una trattativa. "Le autorità nepalesi - ha dichiarato il ministro - stanno tentando di persuadere il governo saudita a riconsiderare la posizione dei migranti". Il ritorno in Nepal dei 120 mila lavoratori avrebbe conseguenze anche sull’economia di Kathmandu. "Non è realistico pensare che questa enorme manodopera possa essere assorbita dall'industria locale", ha spiegato il direttore generale del dipartimento per l'occupazione estera in Nepal. Secondo alcuni esperti, dunque, la sovrabbondanza di forza lavoro rischia di trascinare il Nepal in una dura crisi sociale ed economica, se si considera anche la totale dipendenza di molte famiglie dai contributi economici mensili dei lavoratori emigrati. Al momento, se ne contano più di 400mila tra Malaysia, Qatar e Arabia Saudita. Nel regno saudita, secondo le stime riportate da Asianews, due dei nove milioni di immigrati totali sono assunti in modo illegale. Nel giugno del 2011, il ministro del Lavoro di Riyadh ha lanciato una campagna per agevolare l'assunzione di giovani arabi, rimpiazzando una piccola percentuale di forza lavoro straniera. Anche il Qatar, secondo dopo la Malaysia per presenza di immigrati nepalesi, ha attuato una severa politica nei confronti dei lavoratori illegali, arrestandoli e inviandoli in campi di lavoro forzato. (D.M.)

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    Al fianco di mamme e bambini: "Casa Betania" festeggia 20 anni

    ◊   “Venti di passione”: è il titolo della festa per i 20 anni di Casa Betania, la casa famiglia fondata nel 1993 a Roma dai coniugi Dolfini per aiutare bambini abbandonati, donne sole e famiglie in difficoltà. La festa si svolgerà domenica 9 giugno nella struttura, a via delle Calasanziane. In questi 20 anni, si legge nel depliant per l’evento, sono stati accolti 277 bambini e 113 mamme con il desiderio e l’impegno di essere per loro famiglia e casa. Ben 900 i volontari che hanno reso possibile l'accoglienza con il loro generoso ed entusiasta contributo. “Casa Betania – spiega ad Avvenire, Marco Bellavitis, presidente della cooperativa sociale ‘L’Accoglienza’, onlus che gestisce la Casa – nasce come alternativa agli orfanotrofi di allora, da lì e dal gran cuore della famiglia Dolfini. All’inizio c’era solo la Casa – aggiunge – mentre oggi Betania è un piccolo mondo di accoglienza”. Negli ultimi 10 anni, infatti, sono state aperte altre quattro strutture per accogliere in particolare bambini con handicap e gravi disabilità. La passione che Casa Betania testimonia da 20 anni, si legge ancora nel depliant per la festa, è la “passione di Gesù con le sofferenze, fisiche e non solo, che in questi 20 anni ci sono state”, “passione degli ospiti, mamme e bambini, che non smettono di sognare, sperare e credere in una vita migliore, in una casa tutta loro, in una famiglia”. (A.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 153

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.