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Sommario del 26/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla Rota Romana: la carenza di fede può ferire la validità del matrimonio
  • Benedetto XVI: avanzare nell'ecumenismo con coraggio. Appello per i cristiani in India: no alle discriminazioni
  • Pregare per l’unità: editoriale di padre Lombardi
  • Mons. Becciu: cattolici impegnati in prima linea per la pace e la giustizia
  • L'omaggio della Polonia al cardinale Glemp. Il ricordo di mons. Migliore
  • Altre udienze e nomine
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Scontri in Egitto: almeno 27 morti nelle proteste alla sentenza sulle violenze di Port Said
  • Siria. Allarme profughi: 30 mila solo in Giordania
  • Giornata per la Giustizia in India. Il card. Gracias: basta con la violenza contro le donne!
  • Marcia per la vita: in migliaia sfilano a Washington
  • Osservatorio Van Thuân: ideologia gender snatura l'uomo. Mons. Crepaldi: cattolici non possono tacere
  • Giornata della Memoria. La testimonianza di Sami Modiano, scampato al nazismo "per miracolo"
  • Il principio della fraternità nel diritto al centro del Congresso nazionale promosso dai Focolari in Brasile
  • Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Vescovi peruviani contro la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minori
  • Libano: giornata di preghiera e solidarietà per i profughi siriani
  • Cuba. La Chiesa recupera dallo Stato proprietà confiscate negli anni Sessanta
  • Punjab: una preghiera comune per la prosperità e la pace
  • Rapporto Unicef: in molti conflitti, prime vittime sono i bambini
  • Arance dell'Airc in più di 2000 piazze italiane per finanziare la ricerca
  • Presto on line gli archivi archeologici di Israele
  • Senegal: nel Kaolack parte il progetto per due depuratori d’acqua
  • Nel Tamil Nadu, casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice per orfane e bambine sfruttate
  • A Hong Kong celebrata la Giornata del Volontariato
  • Venezuela, rivolta in carcere: almeno 54 morti
  • A Caserta, il Premio "Buone Notizie", promosso dall'Ucsi
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla Rota Romana: la carenza di fede può ferire la validità del matrimonio

    ◊   La carenza di fede può ferire i beni del matrimonio: procreatività, fedeltà coniugale e indissolubilità. E’ quanto affermato, stamani, da Benedetto XVI nel discorso ai componenti del Tribunale della Rota Romana ricevuti in udienza per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Il Papa ha ribadito che l’attuale crisi di fede porta con sé una crisi dell'unione coniugale e ha sottolineato che il rifiuto della proposta divina conduce a uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    La cultura contemporanea, afferma il Papa, pone alla famiglia “pressanti sfide” a causa del suo “accentuato soggettivismo e relativismo etico e religioso”. In particolare, osserva, c’è chi pone in contrasto la libertà della persona con “la capacità stessa dell’essere umano di legarsi” per tutta la vita. C’è, infatti, una “mentalità diffusa” che porta a pensare che la persona “diventi se stessa rimanendo ‘autonoma’ ed entrando in contatto con l’altro solo mediante relazioni che si possono interrompere in ogni momento”:

    “A nessuno sfugge come sulla scelta dell’essere umano di legarsi con un vincolo che duri tutta la vita influisca la prospettiva di base di ciascuno, a seconda cioè che sia ancorata a un piano meramente umano, oppure si schiuda alla luce della fede nel Signore”.

    “Solo aprendosi alla verità di Dio, infatti – aggiunge - è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo”. Il Papa rivolge, così, il pensiero alla indissolubilità del patto tra un uomo e una donna. Un patto, constata, che “non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi”. Ciò che si richiede, “come condizione minima necessaria – sottolinea – è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa”:

    “Ma se è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei contraenti, non è tuttavia possibile separarli totalmente”.

    Al riguardo, il Papa cita un documento del 1977 della Commissione teologica internazionale, nel quale si evidenziava che, qualora “non si avverta alcuna traccia della fede in quanto tale” si pone “il problema di sapere” se “l’intenzione generale e veramente sacramentale” sia “presente o no, e se il matrimonio è contratto validamente o no”. Di qui, si sofferma a riflettere sul bene coniugale e sul suo elemento essenziale. Il Papa cita Sant’Agostino che parla di tre beni: procreatività, fedeltà coniugale e indissolubilità. E avverte che non si deve prescindere “dalla considerazione che possano darsi dei casi nei quali proprio per l’assenza di fede, il bene dei coniugi risulti compromesso e cioè escluso dal consenso stesso”:

    “Con le presenti considerazioni, non intendo certamente suggerire alcun facile automatismo tra carenza di fede e invalidità dell’unione matrimoniale, ma piuttosto evidenziare come tale carenza possa, benché non necessariamente, ferire anche i beni del matrimonio, dal momento che il riferimento all’ordine naturale voluto da Dio è inerente al patto coniugale”.

    Il Papa non manca di riconoscere le difficoltà “da un punto di vista giuridico e pratico, di enucleare l’elemento essenziale” del bene coniugale. Al contempo, evidenzia che sulla problematica della validità del matrimonio, “soprattutto nel contesto attuale, occorrerà promuovere ulteriori riflessioni”. Il Papa ricorda così quei Santi che hanno vissuto l’unione matrimoniale, “nella prospettiva cristiana”, e così sono riusciti “a superare anche le situazioni più avverse, conseguendo talora la santificazione del coniuge e dei figli con un amore sempre rafforzato da una solida fiducia in Dio”:

    “Proprio queste esperienze, contrassegnate dalla fede, fanno comprendere come, ancor oggi, sia prezioso il sacrificio offerto dal coniuge abbandonato o che abbia subito, se – riconoscendo l’indissolubilità del vincolo matrimoniale valido – riesce a non lasciarsi ‘coinvolgere in una nuova unione… In tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza cristiana assume un particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e alla Chiesa’(Familiaris Consortio)”.

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    Benedetto XVI: avanzare nell'ecumenismo con coraggio. Appello per i cristiani in India: no alle discriminazioni

    ◊   L’attuale società, spesso dimentica del Vangelo, ha bisogno di un esempio di comunione tra i cristiani che superi ogni divisione. Così Benedetto XVI ieri pomeriggio nella Basilica Ostiense durante i Secondi Vespri nella solennità della Conversione di San Paolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: un dono di Dio – ha detto - che necessita di gesti concreti per guarire ricordi e rapporti. Il pensiero del Papa è andato ai cristiani dell’India, “chiamati a volte a rendere testimonianza della fede in condizioni difficili”. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    L’unità dei cristiani, mezzo privilegiato, presupposto per annunciare in modo credibile la fede a chi non conosce Cristo o a chi pur avendo già ricevuto il dono prezioso del Vangelo lo ha dimenticato. Parla così il Papa celebrando i Vespri con i rappresentanti di altre confessioni cristiane intorno alla tomba dell’apostolo Paolo, nel giorno in cui si ricorda la sua conversione. L’unità tra cristiani – spiega il Santo Padre – è prima che frutto di sforzi umani, opera e dono dello Spirito Santo. La preghiera, l'ecumenismo spirituale è cuore dell’impegno ecumenico, che senza la fede, si ridurrebbe ad una forma di contratto cui aderire per un interesse comune. Premessa per una mutua fraternità è quindi la comunione con il Padre:

    "La nostra ricerca di unità nella verità e nell’amore, infine, non deve mai perdere di vista la percezione che l’unità dei cristiani è opera e dono dello Spirito Santo e va ben oltre i nostri sforzi. Il dialogo, quando riflette la priorità della fede, permette di aprirsi all’azione di Dio con la ferma fiducia che da soli non possiamo costruire l’unità, ma è lo Spirito Santo che ci guida verso la piena comunione, e fa cogliere la ricchezza spirituale presente nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali".

    Di fronte ad una società come quella attuale in cui sembra che il Vangelo incida sempre meno, ma bisognosa di riconciliazione, dialogo e comprensione reciproca, le Chiese e le Comunità ecclesiali sono chiamate a raccogliere la sfida di annunciare insieme Cristo offrendo al mondo un luminoso esempio nella ricerca della comunione:

    "Mentre siamo in cammino verso la piena unità, è necessario allora perseguire una collaborazione concreta tra i discepoli di Cristo per la causa della trasmissione della fede al mondo contemporaneo".

    Tuttavia – ha aggiunto il Papa – le questioni dottrinali che ancora ci dividono, non devono essere trascurate o minimizzate: vanno affrontate con coraggio, in spirito di fraternità e rispetto reciproco. L’ecumenismo – ha proseguito – non darà frutti duraturi se non sarà accompagnato da gesti concreti di conversione che favoriscano la guarigione dei ricordi e dei rapporti.

    Il dono divino dell’unità, è inseparabile da quello della fede e la fede è inseparabile dalla santità personale, così come dalla ricerca della giustizia. Pensando ai cristiani dell’India che hanno preparato i sussidi per la riflessione nella settimana di preghiera appena conclusa sul tema “Quel che il Signore esige da noi”, tratto dal profeta Michea, il Pontefice ha ricordato le condizioni difficili in cui essi sono a volte chiamati a rendere testimonianza:

    "«Camminare umilmente con Dio» significa anzitutto camminare nella radicalità della fede, come Abramo, fidandosi di Dio, anzi riponendo in Lui ogni nostra speranza e aspirazione, ma significa anche camminare oltre le barriere, oltre l’odio, il razzismo e la discriminazione sociale e religiosa che dividono e danneggiano l’intera società".

    Hanno partecipato alla preghiera i rappresentanti del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, della Comunione anglicana, delle Chiese ortodosse, delle Chiese ortodosse orientali e delle diverse e comunità ecclesiali. A nome di tutti ha portato il saluto al Successore di Pietro il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

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    Pregare per l’unità: editoriale di padre Lombardi

    ◊   Ieri, dunque, si è conclusa la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che quest’anno si è svolta su un tema ispirato a un passo del Libro del profeta Michea: “Quel che esige il Signore da noi”, ovvero “praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente” con Dio. Ascoltiamo in proposito il nostro direttore, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per Octava Dies, il Settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

    L’appuntamento annuale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è il momento forte di quell’ecumenismo “spirituale” che dà senso e alimento a tutte le altre iniziative ecumeniche di diversa importanza e carattere, siano esse di dialogo teologico o culturale, o di impegno caritativo e sociale, e così via. Tutte necessarie e preziose, ma solo a partire da un’anima più profonda che le ispiri tutte e le ricolleghi direttamente alla grande preghiera di Gesù per l’unione di coloro che crederanno in lui.

    L’immagine recente più espressiva dell’esercizio di questo ecumenismo spirituale ci sembra senza dubbio la Veglia di preghiera dello scorso 29 dicembre, quando le decine di migliaia di giovani convenuti a Roma per il 35° incontro europeo animato dalla Comunità di Taizé si sono riuniti intorno al Papa in Piazza San Pietro. Ascolto della Parola di Dio, canto meditativo, silenzio prolungato: straordinario intenso silenzio! “Animato dal fuoco di un ecumenismo della santità, Fratel Roger ha incoraggiato tutti coloro che passano per Taizé a diventare dei cercatori di comunione… Dovremmo ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre …verso un ecumenismo veramente interiorizzato e spiritualizzato”. Così il Papa ricordava l’origine del dono di grazia che in quella sera si manifestava in modo così convincente e impressionante, inondando di luci e di palpabile presenza dello Spirito l’immensa Piazza. Chi si preoccupava quella sera di quale fosse la confessione di appartenenza di ognuno di quei giovani? Appartenevano tutti allo Spirito donato da Cristo ed erano in cammino insieme verso Cristo per intraprendere, come diceva Fratel Roger, “un pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. Continuiamo a pregare e a sperare l’unità.

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    Mons. Becciu: cattolici impegnati in prima linea per la pace e la giustizia

    ◊   I numerosi conflitti in corso nel mondo, i contrasti latenti e la negazione diffusa delle libertà e dei diritti umani “rendono estremamente attuale la chiamata alla preghiera e all’impegno in favore della pace”. Così mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, ha aperto oggi il suo intervento al Seminario di studio sul Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2013. Promosso dall’Azione cattolica italiana e dall’Istituto di Diritto internazionale della pace “G. Toniolo”, l’incontro ha visto la partecipazione fra gli altri di Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis. C’era per noi Claudia Di Lorenzi:

    “Come la purezza della luce è composta dai colori dell’iride, così la pace è un’esperienza integrale, che esige di inverarsi in tutte le dimensioni fondamentali dell’esistenza umana”. Nel suo discorso di apertura del seminario dedicato allo studio del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace, mons. Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato della Santa Sede, sottolinea come l’impegno per la pace chiami l’uomo ad offrire un contributo coerente in ogni ambito della propria vita. Un impegno che muove anzitutto dalla ricerca di una pace interiore. Ascoltiamo mons. Giovanni Angelo Becciu:

    “Facendo nostro l’appello del Papa, significa prima di tutto essere in Dio e con Dio, perché hai già la pace nella tua anima, e con la pace della tua anima puoi essere diffusore di voglia di vivere nel bene, voglia di vivere nella pace e nella solidarietà con gli altri”.

    Il presule ha quindi esortato a percorrere due vie fondamentali per la causa della pace: la prima promuove un umanesimo aperto alla trascendenza, l’altra un umanesimo integrale. Ancora Mons. Becciu:

    “Umanesimo aperto alla trascendenza significa che l’uomo senza la dimensione che lo porta a superare se stesso, ad aprirsi all’Altro – cioè a Dio – non è vero uomo. E inoltre, l’umanesimo integrale significa che possiede la fede, la vive in pieno e nello stesso tempo questa fede ti aiuta a sfruttare al massimo anche il senso della ragione: una ragione che però, come dice il Papa, ti aiuta anche a purificare le espressioni del tuo vivere come cristiano”.

    Ma promuovere la pace significa anche favorire il rispetto della libertà religiosa, giacché – osserva il sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato - l’uomo che non può esprimere il proprio credo è soffocato nelle proprie potenzialità e nella capacità di operare per il bene comune:

    “E’ una delle condizioni fondamentali, il diritto alla libertà religiosa, alla libertà di poter operare, alla libertà di poter prodigarsi per il bene altrui. E questo è un diritto fondamentale che nessun’altra motivazione ideologica può assolutamente sopprimere né negare”.

    E un contributo importante per la pace viene anche dalle politiche dei singoli governi e degli organismi internazionali, nel cui ambito i cattolici sono chiamati a promuovere la coerenza con i principi di pace, giustizia e solidarietà:

    “I cattolici, in prima linea, devono essere forti assertori di questi diritti: mi pare che l’accenno che ultimamente ha fatto anche il cardinale Bagnasco, al fatto che i cattolici si impegnino nel sociale sia un imperativo assoluto; e questo impegno deve essere tra i primi impegni di un cattolico, proprio perché è un derivato della sua fede, del suo impegno per il bene dei più poveri”.

    Ma portare la pace – osserva poi Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis - significa anche avere a cuore il bene di tutti i popoli, soprattutto di quelli più poveri:

    “Il Santo Padre ci parla delle ingiustizie del sistema attuale che è in crisi e che crea violenza, e dell’importanza di lavorare per trasformare questo mondo, affinché sia più giusto per evitare i conflitti e la violenza”.

    Prioritario, conclude Michel Roy, è quindi elaborare modelli di sviluppo alternativi, sia in ambito economico che sul fronte della cooperazione, che mettano al centro la persona e promuovano la condivisione, la solidarietà, la partecipazione al bene dell’altro.

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    L'omaggio della Polonia al cardinale Glemp. Il ricordo di mons. Migliore

    ◊   La Polonia si prepara a dare l’ultimo saluto al cardinale Józef Glemp: l’arcivescovo emerito di Varsavia si è spento mercoledì sera, in un ospedale della capitale polacca, all’età di 83 anni. Domani i fedeli potranno rendere omaggio al feretro del porporato nella Basilica della Santa Croce. I funerali solenni si svolgeranno lunedì prossimo alle 11.00 nella Cattedrale di Varsavia. Roberto Piermarini ha raccolto la testimonianza del nunzio apostolico in Polonia, mons. Celestino Migliore, che domenica scorsa si era recato a visitare il cardinale Glemp:

    R. – Domenica scorsa ero stato a fargli visita, e vedendo che aveva la corona sul tavolino gli ho chiesto una preghiera, e lui mi ha detto: “Sì, sto pregando molto. Non posso più fare altro, ma prego perché il Signore sia Lui a lavorare per il bene della Chiesa e della società in Polonia”. E poi, ha aggiunto: “Non mi sono mai sentito così utile per la mia gente”.

    D. – Lei conosceva il cardinale Glemp già dal 1989. Che ricordo ha del porporato?

    R. – Era anzitutto un uomo capace di grande empatia, di rapporti umani profondi, costruttivi con tutti, ma in particolare con i confratelli vescovi e i sacerdoti. Era dotato di un sottile senso dell’humour, con un’intelligenza vivace, intuitiva, grande pazienza e zelo pastorale per tutte le fasce della società polacca.

    D. – Durante il regime comunista del generale Jaruzelski, quale ruolo ha svolto il cardinale Glemp?

    R. – E’ stato soprattutto un pastore: pastore della Chiesa e pastore del popolo polacco. Ovviamente, ha svolto un lavoro di mediazione, di facilitazione ma sempre come vescovo, e quindi con una preoccupazione non solamente politica-sociale, ma guardava alle persone nella loro interezza, partendo dalla loro anima.

    D. – Qual è stato il rapporto tra il cardinale Glemp e Giovanni Paolo II?

    R. – E’ stato un rapporto intensissimo. Intanto, è stato Giovanni Paolo II che lo nominò arcivescovo di Gniezno e Varsavia e questa nomina comportava il titolo di Primate di Polonia. Poi, c’era stata un’intesa molto, molto proficua per la Chiesa e per la società in Polonia.

    D. – Cosa lascia il cardinale Glemp alla Chiesa polacca?

    R. – Credo che lasci soprattutto la fedeltà a se stessi, cioè la fedeltà al fatto che siamo cristiani, cattolici e allo stesso tempo, fedeltà alla società, alla persona umana … Lui ha sempre unito molto bene in se stesso questa doppia fedeltà, ed è una doppia fedeltà che lascia in eredità alla comunità cattolica e alla società in Polonia.

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    Altre udienze e nomine

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e mons. Pio Vito Pinto, decano del Tribunale della Rota Romana.

    Il Santo Padre ha nominato Vescovo della diocesi di Choluteca (Honduras) il Rev.do P. Guy Charbonneau, P.M.E., finora Superiore Generale della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec. Il Rev.do P. Guy Charbonneau, P.M.E., è nato il 13 gennaio 1946 a Montréal, Canada. Ha seguito i corsi filosofici presso il Collège André Grasset a Montréal e quelli teologici presso la Facoltà di Teologia dell'Università di Montréal. Ha conseguito la Licenza in Teologia presso l’Università di Montréal e il Diploma Superiore in Studi Biblici presso l’Istituto Cattolico di Parigi. Il 28 agosto 1965 è entrato nella casa di formazione della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec, della quale è diventato membro definitivo il 24 maggio 1969. Il 16 maggio 1970 è stato ordinato sacerdote, incardinato nell'arcidiocesi di Montréal. Dal 1970 al 2003 è stato in Honduras dove ha ricoperto i seguenti incarichi pastorali: nella diocesi di Choluteca: Vicario a "San Marcos de Colón", Direttore Spirituale del Seminario Minore, Responsabile della pastorale della comunità "San Francisco", Incaricato diocesano per la Pastorale Giovanile e coordinatore dell'equipe diocesana per la Pastorale Vocazionale; nell’arcidiocesi di Tegucigalpa: Vicario Parrocchiale; Professore, Direttore Spirituale e Rettore del Seminario Minore; Professore, Assistente Spirituale e Rettore del Seminario Maggiore. A livello nazionale in Honduras è stato Responsabile della formazione missionaria Ad Gentes, Responsabile del Centro di Formazione e Animazione Missionaria e Direttore delle Pontificie Opere Missionarie. Inoltre, è stato primo Assistente Regionale della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec e, dal 2002 al 2003, Superiore Regionale. Nell’aprile 2003 è ritornato in Canada per partecipare alla XI Assemblea Generale della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec, che l'ha eletto Vicario Generale per il periodo 2003-2008. Dal 2008 è Superiore Generale della Società per le Missioni Estere della Provincia di Québec.

    Il Papa ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Niamey (Niger) il Rev.do Djalwana Laurent Lompo, finora Vicario Generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Buffada. Il Rev.do Djalwana Laurent Lompo è nato il 1° gennaio 1967 a Koulbou, parrocchia di Saint François d’Assise di Makalondi, nell’arcidiocesi di Niamey. Ha studiato Filosofia e Teologia in Burkina Faso, rispettivamente nel Seminario Maggiore St Jean-Baptiste di Ouagadougou e in quello di St Pierre Claver a Bobo-Dioulasso. Ha conseguito un Diploma in educazione presso l’Institut de Formation des Educateurs du Clergé, a Parigi. È stato ordinato sacerdote il 21 settembre 1997 ed incardinato nell’arcidiocesi di Niamey. Ha poi ricoperto i seguenti incarichi: 1997-2000: Vicario parrocchiale della Parrocchia St Gabriel a Niamey e Responsabile del Foyer Samuel per le vocazioni; 2001-2002: Formazione nell’accompagnamento spirituale all’Institut de Formation des Educateurs du Clergé, a Parigi; 2002-2003: Responsabile del Foyer Samuel per le vocazioni; dal 2003: Vicario Generale.
    Il Santo Padre ha nominato Vice Direttore della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano il Rev.do Sacerdote Rafael García de la Serrana Villalobos, del clero della Prelatura Personale dell’Opus Dei.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il matrimonio tra fede e ordine naturale: Benedetto XVI per l'inaugurazione dell'anno giudiziario del tribunale della Rota Romana.

    Nel giorno che ricorda le vittime della Shoah, in prima pagina, un editoriale di Cristiana Dobner sul "dovere della memoria".

    In cultura, un articolo di Anna Foa dal titolo "Perché non diventi un guscio vuoto" e Gaetano Vallini sulla persecuzione nazifascista dell'infanzia ebraica in Italia.

    Davanti al mondo ma dietro a un vetro, come in un acquario: Silvia Guidi sul dibattito tra l'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, e il giornalista Enrico Mentana, dedicato all'informazione e al difficile accesso dei giovani al lavoro.

    Nell'informazione religiosa, sulla Giornata di solidarietà per la giustizia, la sensibilità e l'uguaglianza, un articolo dal titolo "L'India punta sull'educazione contro la violenza sulle donne".

    Una politica irresponsabile: la registrazione in Slovacchia di due farmaci abortivi.

    L'ecumenismo esige gesti concreti di conversione: nell'informazione vaticana, Benedetto XVI conclude la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

    L'arcivescovo Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, al seminario "Beati gli operatori di pace" organizzato, a Roma, dall'Azione cattolica italiana e dall'Istituto di diritto internazionale della pace "Giuseppe Toniolo".

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    Oggi in Primo Piano



    Scontri in Egitto: almeno 27 morti nelle proteste alla sentenza sulle violenze di Port Said

    ◊   Non si spegne la tensione in Egitto. Dopo i disordini di ieri, a due anni dalla caduta dell’ex presidente Mubarak, oggi ad infiammare la folla è arrivata la sentenza sugli scontri tra tifosi avvenuti a febbraio scorso a Port Said. 27 le vittime delle violenze scattate dopo le 21 condanne a morte per la strage di tifosi nello stadio locale. Bendetta Capelli ne ha parlato con Luciano Ardesi, esperto di nord Africa:

    R. - In questo momento, qualsiasi occasione non può che accentuare la tensione, già piuttosto alta in questi ultimi mesi. Quindi, il secondo anniversario della cacciata di Mubarak ed il malessere diffuso sul piano economico e sociale, stanno creando una miscela esplosiva, e quello che sta succedendo a Piazza Tahrir, a Port Said ed anche nelle altre città e località egiziane, sono lo specchio di questa realtà.

    D. - Nel mirino dei manifestanti c’è soprattutto la polizia, perché si ritiene che gli incidenti di un anno fa siano stati pianificati proprio per ritorsione…

    R. - Non è mai stata fatta chiarezza su quello che è successo nello stadio, però sicuramente i manifestanti hanno avuto un interesse ad accentuare questa interpretazione. Ma, io credo che ci sia, in fondo a tutto questo, un’insoddisfazione generale, che sta scatenando una violenza da parte dei manifestanti. Violenza di per sé non giustificata, ma la protesta è sicuramente sacrosanta; poi il governo di Morsi non ha affatto mantenuto le promesse. Tra l’altro, siamo già entrati in campagna elettorale, con le elezioni del prossimo Parlamento in aprile e con una Costituzione, approvata attraverso un referendum non sempre trasparente, sulla quale non c’è stata la possibilità di un vero dialogo.

    D. - L’Egitto, Paese non pacificato. Abbiamo detto che a livello politico c’è molta incertezza, ma è anche un Paese che a livello economico - possiamo dire - è sul baratro. Sono questi i due elementi che pesano e che fanno, a questo punto, infiammare la rabbia dei manifestanti?

    R. - Sì, esatto. Proprio questi due elementi non si vede come possano essere cambiati nel breve periodo. Morsi, ripeto, ha dato dimostrazione di non essere capace di governare la crisi economica e sociale del Paese, che non è nuova, non nasce certamente oggi, anzi nasce come una delle cause della rivolta e della rivoluzione egiziana. Questa incapacità si è manifestata più volte, anche per mancanza di volontà di mediazione politica, che certamente avrebbe posto l’opinione pubblica egiziana e i movimenti di protesta su un altro piano; avrebbe incanalato la protesta in ambiti diversi. Oggi, non rimane che la protesta, con tutte le conseguenze che questo può comportare.

    D. - Quali sono le anime che potrebbero emergere in questa fase politica? Piazza Tahrir, in un certo senso, è stata una prova generale per i Fratelli Musulmani; adesso, a due anni di distanza, quali forze si stanno mettendo in evidenza?

    R. - Questo è il dramma forse più grande dell’Egitto in questo momento. Non ci sono forze organizzate, in grado di contrapporsi in maniera efficace e continuativa. Il pericolo è che la protesta si manifesti con violenze ripetute, magari anche in diverse parti del Paese, però questa protesta rischia di restare ancora una volta senza un’organizzazione, senza una struttura che dia coerenza e continuità. Quindi, il rischio è che la repressione, che il presidente sta mettendo in pratica senza economie, potrebbe innescare una spirale di violenze dalle conseguenze imprevedibili. Non credo che l’orizzonte dell’opposizione riesca ad aprirsi, per fare un fronte unito contro l’islam politico.

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    Siria. Allarme profughi: 30 mila solo in Giordania

    ◊   In Siria sono almeno 65 le vittime registrate nel Paese nelle ultime 24 ore, secondo i Comitati di coordinamento locale. La maggior parte dei morti a Damasco, Daraa ed Homs. Dura l’offensiva dei ribelli ad Idlib dove gli oppositori hanno liberato circa 300 detenuti dal carcere della città. Resta alta l’emergenza profughi: a lanciare l’allarme l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) che parla di 30 mila persone al confine con la Giordania, 162 mila in Turchia. Di oggi anche la denuncia di Save the Children secondo cui in un solo giorno 10 mila bambini sarebbero in fuga dai bombardamenti. Cecilia Seppia ha sentito il direttore della Ong in Italia Valerio Neri:

    R. - Stiamo denunciando la situazione ormai – purtroppo - da mesi, e nulla sta cambiando in senso positivo per i bambini della Siria e le loro famiglie. La situazione è resa ancora più grave dalle condizioni atmosferiche, però la cosa veramente drammatica è ciò che sta succedendo all’interno del Paese, perché i rifugiati che arrivano nei campi parlano sempre più spesso di violenze e di torture che vedono coinvolte purtroppo anche bambini.

    D. - Nel campo di Zaatari, che si trova ai confini con la Giordania, arrivano ogni ora pullman stracarichi di persone, secondo le vostre fonti... I bambini sono le prime vittime di questa guerra. Il vostro appello è di nuovo per loro...

    R. - Il nostro appello si rivolge al mondo, nell’interesse di questi bambini e ragazzi che hanno visto la loro vita sradicata dal loro stesso territorio, e - ad oggi - totalmente stravolta senza nessuna speranza reale per il futuro.

    D. - Com’è la vita nei campi, e quali sono le condizioni delle persone che arrivano da voi?

    R. - È una situazione drammatica. Nei campi mancano spesso addirittura le coperte, perché il grande afflusso ha un po’ sorpreso anche le Nazioni Unite e il governo giordano. Quindi noi di Save the Children stiamo cercando di far affluire altri aiuti, ma la situazione sta diventando veramente molto preoccupante riguardo la sostenibilità futura di questi campi stessi. La popolazione arriva sguarnita di ogni cosa, perché appena le truppe arrivano nei villaggi, le persone fuggono così come si trovano, semplicemente perché sanno che altrimenti potrebbero venire non solo uccise, ma facilmente torturate perché confessino cosa hanno visto, se hanno partecipato alla fazione governativa… Quindi è veramente una situazione drammatica. La gente è terrorizzata.

    D. - C’è bisogno di un intervento concreto della comunità internazionale perché queste persone non vengano lasciate sole. Anche l’Onu sta pensando di mandare del personale proprio alle frontiere per gestire questo flusso quotidiano di profughi. Potrebbe essere una soluzione?

    R. - Non è una soluzione. È una cosa che comunque va fatta nel senso umanitario del termine: bisogna dare a queste persone degli aiuti importanti e immediati. Quindi l’Onu e le nazioni più ricche devono disporre di maggiori fondi per aiutare i governi della Giordania, della Turchia ad accogliere queste persone in maniera migliore. Questo è quello che si deve fare subito. Poi, purtroppo c’è il problema della soluzione politica della guerra civile in Siria, dove non si sta facendo sostanzialmente nulla di risolutivo, e dove alcuni governi hanno più responsabilità di altri nel tenere la popolazione civile in ostaggio di guerre geopolitiche che hanno degli interessi geopolitici di ben altra natura.

    D. - Voi siete lì, non soltanto in questo campo vicino alla Giordania, ma anche in altri luoghi. Qual è la percezione che la gente ha di questo conflitto e della comunità internazionale? La gente si sente delusa, lasciata sola?

    R. - Ovviamente la gente si sente lasciata sola perché non è sempre consapevole, non sempre ha letto i giornali internazionali o sa di geopolitica internazionale, e quindi degli interessi che la Russia può avere in Siria. La gente semplicemente soffre, ed è questo quello che i genitori e i ragazzi ci dicono quando arrivano nei campi.

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    Giornata per la Giustizia in India. Il card. Gracias: basta con la violenza contro le donne!

    ◊   Si celebra, domani, nell’arcidiocesi di Mumbai, in India, la “Giornata di solidarietà per la Giustizia, la sensibilizzazione e l'uguaglianza tra sessi”, voluta dal cardinale Oswald Gracias, arcivescovo e presidente della Conferenza episcopale indiana. L’iniziativa vuole mobilitare le coscienze dopo il caso di stupro avvenuto a New Delhi, che ha riacceso il dibattito sulla violenza contro le donne. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

    Per 24 ore, la comunità cattolica dell'arcidiocesi di Mumbai darà vita a incontri, seminari e iniziative di vario genere. Inoltre, in ogni parrocchia, convento, seminario si terrà un'ora di preghiera, dalle 18 alle 19 di sera. In occasione di questa iniziativa, la Conferenza episcopale indiana ha ribadito che “le violenze contro donne e bambini sbricioleranno i pilastri della società indiana e saranno un ostacolo sul cammino verso la pace e la prosperità”. Per sconfiggere queste piaghe - dicono i vescovi - è fondamentale la "formazione totale della persona, a cui devono contribuire genitori, insegnanti, anziani, leader spirituali e autorità", mentre sono inutili "provvedimenti disumanizzanti come la pena di morte o la castrazione chimica". Il desiderio di vendetta "deve lasciare il posto al perdono", ricordando che "la vita umana è dono prezioso di Dio, che nessuno ha il diritto di portare via". Anche l’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, Navi Pillay, esprimendo giudizi positivi su un recente rapporto, che ha fatto luce sulle reali dimensioni del fenomeno nella realtà sociale indiana, ha esortato a promuovere l’uguaglianza e a combattere qualsiasi discriminazione. E sul caso di stupro, punta dell’iceberg di quella che è una drammatica emergenza, Susy Hodges ha intervistato il card. Oswald Gracias:

    R. – Yes: that’s been absolutely horrific, this case which happened, it rose the …
    Sì, è stato veramente orrendo, questo caso che ha sollevato le coscienze del Paese intero: la brutalità, il modo in cui è stata perpetrata la violenza su questa ragazza ha scosso il Paese, ci sono state tante manifestazioni di protesta, anche da parte della Chiesa. Nella Messa di Natale ho parlato, ovviamente, della Venuta di Gesù; ho detto che il rifiuto di Gesù porta ad atti di questo genere e ho detto anche che questo problema riguarda tutti. Una delle conseguenze della vicenda è stata la creazione di una Commissione, nell’ambito della mia arcidiocesi, per parlare di questo terribile atto. Quali sono le cause? Perché ci sono tante manifestazioni di violenza nei riguardi delle donne, di mancanza di rispetto nei riguardi delle donne? Perché le donne sono trattate come oggetti? Siamo giunti alla conclusione che siano necessarie misure protettive per ottenere rispetto per la persona e quindi rispetto per la donna e, ancora, rispetto della legge. Per questo abbiamo scelto domani per la nostra campagna di preghiera, che si svolgerà sostanzialmente nell’arcidiocesi di Mumbai: però, abbiamo invitato chiunque voglia ad unirsi a noi. In ogni chiesa si terrà un’ora di preghiera o un confronto, una processione silenziosa, per sensibilizzare tutti sul fatto che si tratta di un argomento importante che ci riguarda tutti. Credo che l’iniziativa avrà un grande impatto.

    D. – Come lei ha detto, quel brutale stupro di gruppo ha galvanizzato le coscienze dell’India e quelle del mondo. Ma ci vuole tempo per cambiare i comportamenti e la mentalità della gente … Lei non teme che si possa tornare a considerare “normale” che gli uomini possano trattare le donne come esseri inferiori, una volta svanito il ricordo di questi casi un po’ “speciali”?

    R. - Exactly! I’m afraid that will happen, and that’s why I thought we should use …
    E’ proprio così. Temo che possa accadere, ed è per questo che ho pensato che dobbiamo usare questa occasione per cercare di cambiare l’impostazione mentale delle persone: questo è fondamentale. Cambiare la mentalità della gente. Io credo che le nostre istituzioni, le nostre scuole abbiano un grande ruolo da svolgere. Io ho chiesto alle nostre scuole e alle nostre parrocchie di formare i nostri bambini e di insegnare alle famiglie il rispetto per la bambina, per la donna fin dalla sua vita in casa, ad ottenere per lei il rispetto della società. Spero che possano esserci risultati. Ovviamente, la nostra attenzione cade prima di tutto sulle nostre comunità cattoliche nell’arcidiocesi di Mumbai e sulla comunità cattolica in India. Confidiamo che, attraverso le nostre scuole, le nostre pubblicazioni e attraverso il contesto che noi viviamo, possiamo influenzare anche l’altra parte della società civile, in modo tale che sia pur gradualmente, la città di Bombay si possa trasformare, l’India possa trasformarsi e che possiamo, quindi, fare la differenza!

    D. – La famiglia della ragazza che ha subito lo stupro di gruppo e che è morta in seguito alle ferite riportate, ha chiesto la pena di morte per coloro che hanno ucciso la loro figlia. Ma, ovviamente, la Chiesa non approva la pena di morte...

    R. – Yes. I am happy you asked this question, because everybody is angry about …
    Sì: le sono grato di aver posto proprio questa domanda, perché tutti sono molto scossi per quanto è accaduto, e quindi reagiscono istintivamente: chiedono il massimo della pena, perché hanno ucciso e quindi - dicono - a loro volta devono morire. Ma non si dovrebbero nutrire sentimenti di vendetta: io comprendo i genitori che sono sconvolti e feriti, ma dobbiamo riuscire a guardare le cose in modo non istintivo. Questa situazione deve cambiare. Sicuramente, la Chiesa non approva la pena di morte: noi riteniamo che la pena capitale non sia appropriata. Solo Dio può dare la vita, e solo Dio può riprenderla; inoltre, la pena capitale non ha effetto deterrente sulle persone. La Chiesa – io l’ho detto – è sicuramente contraria.

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    Marcia per la vita: in migliaia sfilano a Washington

    ◊   “Mi unisco a quanti marciano per la vita e prego affinché i leader politici proteggano i bambini non nati e promuovano una cultura della vita”: con questo tweet, Benedetto XVI ha dato ieri il suo sostegno alla Marcia per la vita promossa a Washington. L'evento si è svolto nel 40.mo anniversario della sentenza della Corte Suprema “Roe vs Wade” che ha legalizzato l’aborto negli Stati Uniti. Una sentenza a cui il presidente Barack Obama ha ribadito il suo appoggio, in questi giorni. La cronaca dell'evento nel servizio di Francesca Baronio:

    In migliaia di persone hanno sfilato ieri nelle strade di Washington, a sostegno della Marcia per la vita, il tradizionale appuntamento promosso dalla Chiesa cattolica americana, nell'anniversario della sentenza della Corte Suprema che nel '73 legalizzò l'aborto negli Stati Uniti. La manifestazione, tradizionalmente si svolge il 22 di gennaio, ma per l’accavallarsi con la cerimonia di inaugurazione dell’insediamento del presidente Barack Obama la marcia è stata spostata. L’evento è iniziato con la celebrazione della Messa al Verizon Centre di China Town a cui hanno partecipato 22 mila giovani. Poi la processione si è riversata nella spianata del Mall per finire di fronte alla Corte Suprema Americana dove sono stati deposti 3mila e 300 fiori per ricordare il numero di aborti praticati quotidianamente negli Stati Uniti. Jeanne Monahan, presidente della Marcia per la vita, ha evidenziato che, negli ultimi 40 anni, sono state spezzate le vite di 55 milioni di bambini. All’evento ha partecipato anche il cardinale Timothy Dolan, presidente della Conferenza episcopale americana, che in un sentito editoriale sul "New York Catholic", rivolgenosi agli adolescenti e ai giovani adulti, ha sottolineato: “Il diritto alla vita di tutti i bambini innocenti nel ventre materno sarà una battaglia vinta dai giovani”. Alla manifestazione hanno aderito numerose personalità politiche come lo speaker della Camera John Bohener, che ha inviato un messaggio, o l’ex candidato repubblicano alle presidenziali Rick Santorum che ha tenuto un discorso sul rispetto della vita ricordando la storia di sua figlia affetta da una rara malattia genetica.

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    Osservatorio Van Thuân: ideologia gender snatura l'uomo. Mons. Crepaldi: cattolici non possono tacere

    ◊   Le nostre società stanno "congedando" la natura umana promuovendo, attraverso leggi, mass media e grandi risorse economiche, un concetto di identità da costruirsi senza riferimenti al sesso come dato antropologico, ma alla sessualità come scelta o comportamento. E’ la denuncia del quarto rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa, curato dall’Osservatorio Internazionale Van Thuân e presentato questa mattina a Trieste. Di fronte a questa sfida - si denuncia - i cristiani non possono tacere o conformarsi alle mode dominanti. Il servizio è di Paolo Ondarza:

    Una frontiera prioritaria per la dottrina sociale della Chiesa, non meno grave e urgente di emergenze quali povertà e sfruttamento: è quella che il quarto rapporto dell’Osservatorio Van Thuân definisce la “colonizzazione della natura umana”. Si tratta di un fenomeno che si sta imponendo su vasta scala attraverso enormi pressioni internazionali con l’intento di snaturare il concetto di uomo su cui si fondano le società. Lo studio cita l’esempio dell’Argentina, Paese di tradizione cristiana, in cui nel solo 2011, sono entrati in vigore provvedimenti su procreazione artificiale, riconoscimento dell’“identità di genere” e “utero in affitto”. Leggi che aggrediscono la società per decostruirla e formarne un’altra completamente diversa, ispirata all’ideologia del genere. Tale ideologia è “finanziata da potenti lobbies e promossa da organismi internazionali”, come “dalle agenzie dell’Onu”, “insegnata ormai nelle scuole” e “diffusa senza l’opposizione dei poteri pubblici”. L"Ue è la principale finanziatrice dell’aborto nel mondo" – denuncia il rapporto – e “negli Stati in cui le coppie di fatto o unioni gay vengono riconosciute segue la riforma del diritto di famiglia”. L’impossibilità di contrastare certe proposte del mondo omosessuale “per non rischiare di essere accusati di omofobia, compromette la libera espressione delle idee, l’educazione dei figli e la possibilità di proporre pubblicamente il modello di famiglia eterosessuale”, mentre le “nuove famiglie” vengono “promosse dai media senza possibilità di contraddittorio”. Ma nonostante la gravità della situazione, più volte denunciata da Benedetto XVI, spesso non sia realmente percepita dai cristiani, chi crede non può tacere e “ad una concezione sbagliata della natura occorre rispondere con una battaglia culturale all’altezza della sfida in atto”.

    Per un commento sui contenuti del rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa, Paolo Ondarza ha intervistato mons. Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân:

    R. – E’ un’emergenza che è stata sottolineata con grande forza dal nostro Santo Padre: va nella direzione, purtroppo, di mettere da parte la natura, il creato e quindi il Creatore, per andare verso altri lidi.

    D. – Si parla di un’ideologia che è sostenuta da un’imponente mobilitazione mediatica e dall’impiego di grandi risorse. Ma perché sta prendendo piede? Cosa c’è dietro?

    R. – Ci dovremmo rifare, qui, a quell’analisi straordinaria che era stata fatta da Giovanni Paolo II nella Centesimusm annus: quando si perde il riferimento a Dio – e in questo nostro caso specifico, per le materie di cui stiamo parlando – al Creatore, si rischia di perdere anche il senso dell’umano. Ormai, non è più questione – anche per il mondo cattolico – di difendere la vita o di difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; ma ancora dobbiamo spostare le lancette dell’orologio, difendere l’umano in quanto umano! Questo è il grande, vero problema.

    D. – Chi crede, non può tacere …

    R. – Il grande merito di aver allertato il mondo cattolico su questo fronte, lo troviamo nella Caritas in veritate, che è il grande documento sociale di Benedetto XVI, dove lui dice che la questione sociale – che è sempre stata l’oggetto della Dottrina sociale della Chiesa – è diventata ormai radicalmente questione antropologica. Vuol dire che la vera questione sociale, oggi, è l’uomo ed è l’umano. Mi pare che sia stata quella la pagina in un certo senso “profetica” di Benedetto XVI, che indica anche una direzione su cui devono impegnarsi e devono fare anche una qualche sana battaglia culturale, i cattolici.

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    Giornata della Memoria. La testimonianza di Sami Modiano, scampato al nazismo "per miracolo"

    ◊   A Birkenau, a soli 13 anni, perse tutti gli affetti. Sami Modiano, ebreo di Rodi, all’epoca colonia italiana, si dice sopravvissuto “per miracolo” al nazismo. Da alcuni anni, spende ogni energia per far conoscere ai ragazzi nelle scuole la sua esperienza affrontando per loro la fatica e il dolore di tornare ad Auschwitz. In occasione della Giornata della Memoria che ricorre domani, Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Quando sono stato deportato, avevo appena 13 anni e mezzo. I miei occhi hanno visto cose orrende …

    D. – Voi siete arrivati a Birkenau nell’agosto 1944 e siete stati liberati il 27 gennaio 1945: solo pochi mesi, ma da 2.500 che eravate siete tornati in pochissimi …

    R. – Eravamo 2.500 persone: lo sa quanti sono tornati indietro, dei 2.500, in quei pochi mesi? Sono tornati indietro soltanto 31 uomini e 120 donne. Presi a Rodi il 18 luglio 1944, arrivati nella rampa della morte il 16 agosto 1944: il viaggio è durato quasi un mese, in condizioni igieniche disumane che non si potrà mai e poi mai immaginare! Dunque, già il viaggio era stato una tortura enorme. Neanche un animale viaggia come abbiamo viaggiato noi. Se i russi avessero tardato di poco con la liberazione, di quei 2.500 non ne sarebbe rimasto più nessuno. Poi, arrivati alla rampa della morte c’è stata la selezione da parte di un ufficiale tedesco: ha selezionato chi sarebbe dovuto andare a morire e chi – provvisoriamente – sarebbe dovuto rimanere in vita.

    D. – Lo ha fatto con un semplice sguardo, un gesto di un dito …

    R. - … un semplice sguardo, un gesto di un dito: ignoravamo assolutamente che cosa significassero quei gesti, in quel momento! Seguivamo questi gesti senza capire …

    D. – Immediatamente lei fu separato dalle donne, e quindi da sua sorella …

    R. – Sì, da mia sorella Lucia. E grazie a Dio, sono stato insieme a mio papà, mio papà Giacobbe. In quei primi giorni, io ho avuto la fortuna di avere vicino papà. Per quanto riguarda mia sorella – anche lei era stata scelta tra coloro che avrebbero dovuto lavorare provvisoriamente nei lavori forzati.

    D. – Sami Modiano, il suo destino sarebbe stato quello della morte nella camera a gas, ma intervenne suo padre …

    R. – Sì, grazie ad una spinta di mio papà, inizialmente selezionato tra coloro che dovevano morire, passai dalla parte dei lavoratori. Io avevo cugini, parenti che avevano 15, 16 anni, erano più grandi di me, che sono andati a finire direttamente, il giorno stesso, alle camere a gas e ai forni crematori.

    D. – Lei non ebbe più notizie di sua sorella …

    R. – No. Ho avuto un contatto con lei per qualche giorno, a distanza, da lontano. Ci vedevamo a distanza dal lager A nel quale eravamo noi uomini al lager B, nel quale erano le donne. Ma a distanza, con gesti, ma questo ci confortava.

    D. – Cioè, avevate la speranza che sarebbe finita, prima o poi?

    R. – Avevamo la speranza… Poi, ad un certo momento, quando stai in quell’inferno, ti rendi conto che da Birkenau non c’era nessun’altra via di uscita che la morte. E di fatto, molti si rendevano conto di questo e decidevano di farla finita: si buttavano contro i fili spinati nei quali passava l’alta tensione, e morivano fulminati …

    D. – Suo padre non resse alla notizia della morte di sua sorella …

    R. - … no, non ha retto, poverino. Mia sorella Lucia era la cocca di papà …

    D. – Era più grande di lei?

    R. – Aveva tre anni più di me. Era una ragazza bellissima. Sai, io ho perso mamma quando avevo 11 anni e lei si era presa l’impegno di farmi da mamma e da sorella. Quando l’ho persa, ho perso la persona più cara che avessi al mondo, purtroppo. E subito dopo, mio papà, anche lui si è abbandonato a se stesso, non ha voluto continuare e ha deciso di farla finita. E l’ha fatto in un altro modo: quello di andare a presentarsi in ambulatorio, dicendo che si sentiva male. E purtroppo, noi sapevamo molto bene che quando uno si presentava all’ambulatorio decideva di consegnarsi alle camere a gas o ai forni crematori. Mio padre aveva scelto questa strada, nonostante avesse tentato di consolarmi dicendo: “Non mi uccideranno, vedrai: mi cureranno”. Ma non era vero, e lui lo sapeva: lo sapeva bene, lo sapeva bene!

    D. – Incalzati dall’arrivo dei russi, i nazisti vi condussero nella “marcia della morte”, da Birkenau ad Auschwitz. Lei era allo stremo, condannato a finire i suoi giorni in quell’inferno. Ma avvenne l’inatteso, l’imprevisto …

    R. – Non sarebbe dovuto rimanere in vita nessuno, nessuno a testimoniare ai russi di quello che avevamo visto e di quello che avevamo sopportato. Ma c’è stato il miracolo: mi accasciai a terra perché non ce la facevo più a tenermi in piedi – ero diventato uno scheletro, un morto vivente, ero più dall’altra parte che da questa, quando avvenne il miracolo. Io ce l’ho fatta. Non so spiegarmi come. Due persone, due prigionieri, hanno fatto una cosa che non ha una spiegazione: si sono inchinati. Io non mi aspettavo nessun aiuto – ma non per cattiveria e nemmeno per egoismo. In quei casi ognuno di noi, cercava di salvare la propria pelle; nessuno aveva la possibilità di aiutare il prossimo. Io non mi aspettavo nessun aiuto, eppure l’hanno fatto ugualmente. Mi hanno tirato su, mi hanno trascinato per quegli ultimi metri che mi mancavano per arrivare ad Auschwitz e poi si sono accorti che non avrebbero più potuto continuare a trascinarmi, e mi hanno abbandonato là, in un angolo, dove c’erano altri cadaveri. E là sono rimasto fino a quando sono entrati i russi. Non conoscevo quei due uomini, non li avevo mai visti. Non ho avuto neanche il tempo di ringraziarli, questi due prigionieri che io ho chiamato angeli custodi! I tedeschi credevano che io fossi un cadavere come tutti gli altri, là, per terra, perché avevo perso i sensi: hanno visto che nessuno si muoveva e hanno lasciato Birkenau proseguendo la “marcia della morte”.

    D. – Lei, poi, si rifugiò in una casa dove trovò altri superstiti …

    R. - … sì, mi sono rifugiato in uno dei fabbricati di Auschwitz per non rimanere tutta la notte, con una temperatura di 20-25 gradi sotto zero. Là sono stato preso in cura da una dottoressa russa.

    D. – Quanto tempo – se il tempo può bastare – ci vuole per tornare ad essere un uomo?

    R. – Io ho una piaga che non si chiuderà mai più. Ho i miei silenzi, i miei incubi, le mie depressioni. Continuo ancora a soffrire. Specialmente quando incontro i ragazzi e devo spiegare tutto questo: per me è un dolore enorme, ma lo faccio. Lo faccio perché ho capito che il Padre Eterno mi ha scelto per trasmettere a questi ragazzi, che fanno parte di questa nuova generazione la memoria di ciò che ho vissuto, perché non si ripeta. Perché ultimamente accadono cose che mi distruggono: esistono oggi persone che negano, e lei deve comprendere che questo per un sopravvissuto è un dolore enorme. Ma quello che mi fa rabbia è che se a negare sono persone “ignoranti”, passo oltre; ma quello che mi distrugge è quando a negare la storia sono persone di grandissima cultura: questo, veramente, mi porta indietro. Mi porta indietro … io avevo 14 anni quando sono uscito vivo da quell’inferno, ed avevo detto a me stesso, rimasto solo al mondo: “Spero di aver pagato abbastanza, affinché questo non succeda mia più!”. Mi sono sbagliato! Mi sono sbagliato, e questo mi rammarica. Vorrei chiedere a questi uomini il motivo per cui negano: io non capisco il motivo di questo negazionismo …

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    Il principio della fraternità nel diritto al centro del Congresso nazionale promosso dai Focolari in Brasile

    ◊   Il principio della fraternità nel diritto: strumento di trasformazione sociale. E' il tema al centro del II Congresso Nazionale promosso dai Focolari nei pressi di San Paolo, in Brasile. Il servizio di Carla Cotignoli:

    Violenza, corruzione, conflitti sociali, impongono un rinnovamento del diritto. Un’esigenza che sta emergendo non solo in Brasile, ma nel mondo. Ma come possono teoria e pratica giuridiche rispondere a queste sfide? Il congresso aperto nella cittadella dei Focolari che sorge nei pressi di San Paolo in Brasile, sin dalle prime battute apre nuove prospettive. La parola chiave è “fraternità” coniugata col diritto. L’auditorium è affollato da magistrati, avvocati, docenti universitari dei vari rami del diritto, studenti provenienti da tutto il Brasile. La “funzione del diritto come regola dei rapporti sociali è riletto alla luce della fraternità, centrale nella spiritualità dell’unità” – come evidenzia nel suo messaggio la presidente dei Focolari, l’avvocato Maria Voce. La fraternità è iscritta nel primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. “Una società fraterna e pluralista” è proclamata nel preambolo della Costituzione brasiliana. Viene richiamato in apertura. Il Congresso è poi entrato nel vivo proponendo “Il principio della fraternità nel diritto come strumento di trasformazione sociale”. Nel suo intervento il giudice portoghese, Pedro Vaz Patto, riconosce che non si può certo codificare la fraternità, ma il diritto “può favorire”, “può aprire le porte” a un nuovo agire nell’ambito della giustizia che favorisca e non ostacoli rieducazione e integrazione sociale. Cita varie sue esperienze a contatto quotidiano con fatti di omicidio, traffico di droga, violenza domestica, ponendo come primo punto il “mettersi nella pelle dell’altro” sia delle vittime che del colpevole. Formazione degli operatori del diritto, diritto ambientale, diritto alla vita tra i temi al centro delle sessioni che si concluderanno questa domenica.

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    Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica

    ◊   Nella terza Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo di Luca in cui Gesù legge, nella Sinagoga di Nazaret, il rotolo del profeta Isaìa dove è scritto: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione”. Gesù, sotto lo sguardo di tutti, dice:

    «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

    Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

    I primi versetti del Vangelo riportano l'incipit solenne del Vangelo di Luca, e parlano della ricerca accurata, del racconto ordinato e di solide prove su quanto Gesù stesso ha detto e fatto, riprendendolo da testimoni oculari e ministri della Parola. C'è fondamento sicuro su quanto Luca narrerà di Gesù: ma la vera finalità è quella di suscitare fede e sequela. Si salta poi al capitolo quarto: e troviamo Gesù nell'atto solenne di dare inizio alla sua predicazione. Nella sinagoga di Nazaret, in giorno di sabato, c'era stato tante volte, e nessuno aveva notato nulla di strano. Ma questa volta alla ritualità celebrativa, Gesù aggiunge, nel breve commento, una autorevolezza che sorprende i paesani. Si fa interprete di una attualizzazione che sconcerta tutti: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". Domenica prossima sentiremo come hanno reagito. Per ora notiamo questi occhi fissi su Gesù, che manifestano sorpresa e attesa. Sorpresa per quello stile sicuro e solenne, e l'invito a passare da un ascolto rituale, alla scoperta di un mondo nuovo che comincia, proprio lì fra loro. Una novità per tutti, una occasione attesa da secoli, un sogno ripetuto distrattamente anche a Nazaret, che ora però diventa vero, reale. La profezia di Isaia ormai è un oggi definitivo, anche per noi. Oggi di liberazione e di libertà, di grazia e di speranza. Ne abbiamo proprio bisogno!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Vescovi peruviani contro la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minori

    ◊   “La sentenza del Tribunale Costituzionale lascia indifesi gli adolescenti di fronte ai loro aggressori”. Questa la dura presa di posizione della Conferenza episcopale peruviana contro la sentenza che depenalizza i rapporti sessuali con adolescenti perché “lascia aperta la possibilità che siano vittime di sfruttamento sessuale, prostituzione infantile, pederasti, gravidanze non desiderate e aborti, ma anche indifesi nei confronti di adulti che possono manipolarli con facilità per guadagnarsi il loro consenso”. In un comunicato, la Plenaria dell’episcopato conclusa, ieri, a Lima, denuncia che la nuova normativa costituisce una violazione dell’articolo 4 della Costituzione che stabilisce l’obbligo dello Stato di proteggere il bambino e l’adolescente. Allo stesso modo, la sentenza contravviene l’articolo 6 che riconosce il dovere e il diritto dei genitori di educare in sicurezza i propri figli, perche “la liberalizzazione dei rapporti sessuali con e tra gli adolescenti limita e indebolisce il loro compito di preparare adeguatamente i ragazzi affinché possano formare la propria famiglia nei valori fondamentali per la costruzione di una società veramente umana”. I vescovi peruviani ricordano che Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2013 afferma che non “è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano minacciano il diritto fondamentale alla vita”. In tal senso, aggiunge l’episcopato, bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli in primo luogo nell’ambito morale e religioso. In conclusione, la Chiesa peruviana esorta le autorità del Tribunale Costituzionale e i poteri dello Stato a fare un passo indietro con questa modifica che viola la Costituzione e danneggia gravemente la persona umana, i giovani e il bene comune di tutto il Paese. (A cura di Alina Tufani)

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    Libano: giornata di preghiera e solidarietà per i profughi siriani

    ◊   Il Patriarca d’Antiochia dei Maroniti, Bechara Boutros Rai, ha indetto per domani una speciale giornata di preghiera per la Siria e tutti i Paesi arabi e una raccolta fondi in collaborazione con "Caritas Libano" in favore dei profughi siriani presenti nel Paese, che secondo i dati dell’Onu sono circa 220 mila, ma potrebbero essere molti di più, come spiega all'agenzia Fides il presidente di "Caritas Libano", padre Simon Faddoul: “Probabilmente hanno superato la cifra dei 400mila – ha detto – Caritas già assiste direttamente oltre 50mila sfollati siriani con cibo, vestiti, medicine, prodotti per l’igiene e stufe”. Nella domenica di solidarietà si pregherà anche per i profughi: il Patriarca, che celebrerà la Messa nella sede patriarcale di Bkerké, ricorda le parole di Gesù riportate dall’evengelista Matteo, “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, carcerato e siete venuti a trovarmi… quando lo avete fatto anche per l’ultimo dei miei fratelli lo avete fatto per me”. Per i cristiani, dunque, l’aiuto da offrire ai fratelli non è solo un nobile sentimento umano, ma un invito fatto da Gesù stesso. Infine nel suo appello, il Patriarca esorta a pregare per la pace “in Libano, in Siria e in tutti i Paesi arabi” e auspica che il Signore ispiri i responsabili internazionali a cercare vie pacifiche di soluzione alle guerre che affliggono il mondo. (R.B.)

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    Cuba. La Chiesa recupera dallo Stato proprietà confiscate negli anni Sessanta

    ◊   Un antico convento, una cappella e altre proprietà confiscate alla Chiesa circa 50 anni fa sono state restituite dallo Stato cubano nel sudest dell’isola. Il Consiglio dell’Amministrazione provinciale di Granma, infatti, ha approvato la consegna delle proprietà di un antico collegio cattolico, una cappella e due terreni per la costruzione di due edifici di culto nella diocesi del Santissimo Salvatore di Bayamo-Manzanillo. La notizia, riportata nella pagina web della Conferenza episcopale del Paese, riferisce che l’accordo, firmato il 19 dicembre scorso, stabilisce la restituzione, “in una prima tappa”, del locale che attualmente occupa la scuola elementare Manuel Ascunde Domenech. In questo luogo, nel secolo XVI, si trovavano la chiesa di Nostra Signora degli Angeli e il convento di San Francesco, e in seguito il collegio della Divina Pastora, fino all’1 maggio di 1961. La cappella, che sarà restituita, era stata dedicata a San Tarcisio e costruita negli anni ’50. Invece, secondo l’accordo raggiunto dalla diocesi di Bayamo- Manzanillo con la provincia, in uno dei terreni sarà costruita una cappella, mentre nell’altro sarà ricostruita la chiesa del municipio Rio Cauto, nello stesso luogo dove era in passato. (A cura di Alina Tufani)

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    Punjab: una preghiera comune per la prosperità e la pace

    ◊   Un giovane eroe ribelle del passato che rubava ai ricchi e aiutava le ragazze in difficoltà. È Dulla Bhatti, figura pakistana su cui è incentrata ogni anno la festa del Lohri, che nel Punjab segna la fine dell’inverno e la rinascita della terra. Con l’arrivo della stagione del raccolto, periodo “di pace, abbondanza, felicità e fertilità” nei campi e nelle famiglie i musulmani, i cristiani, gli indù e i sikh pakistani hanno festeggiato insieme l’elemento culturale come fattore di unione. Come dichiarato all’agenzia AsiaNews dall’ex parlamentare George Clement, “il festival è caratteristico della cultura Punjabi e non è legato ad alcuna religione, setta o etnia. La cultura è un elemento di unione e può costituire la base per un rinnovato processo di pace, trasformando la natura in cultura di coesistenza”. Punto saliente del festival è stato il grande falò del 19 gennaio a Faisalabad, dove sono stati gettati chicchi di mais nel fuoco per scacciare l’odio e le divisioni passate e intorno al quale sono stati organizzati balli e canti oltre a preghiere comuni per raccolti abbondanti e prosperità. (L.P.)

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    Rapporto Unicef: in molti conflitti, prime vittime sono i bambini

    ◊   È stato presentato, ieri, dall’Unicef il rapporto Humanitarian Action for children 2013 che fa il punto sulle azioni intraprese fino a oggi nelle aree del mondo in cui i bambini sono a rischio. Nell'occasione, l'Unicef lancia un appello per 1.4 miliardi di dollari: la cifra necessaria per mandare avanti i progetti avviati nel 2012 in ben 45 aree di crisi. Oltre ai Paesi che ogni giorno sono sotto i riflettori dei media di tutto il mondo, come la Siria, il Mali e la Repubblica centrafricana – precisa l’organizzazione – ce ne sono molti altri in cui conflitti e povertà mettono in pericolo la sopravvivenza e la salute dei bambini, quali il Ciad, l’Etiopia, le Filippine, la Somalia e lo Yemen. In particolare, i fondi serviranno per migliorare la capacità di risposta alle calamità e ridurre al minimo l’impatto di eventuali nuovi disastri. Infine, l’Unicef fornisce i dati sui risultati positivi raggiunti nell’anno appena concluso: 38.3 milioni di bambini vaccinati; 12.4 milioni di persone hanno avuto accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari; 3 milioni di bambini sono andati a scuola; 2.4 milioni di piccoli hanno potuto usufruire di servizi di protezione dell’infanzia; un milione di persone ha fatto il test per l’Hiv e ha potuto avere consulenza medica e cure. (R.B.)

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    Arance dell'Airc in più di 2000 piazze italiane per finanziare la ricerca

    ◊   Ventimila volontari, duemila piazze e più di 600 scuole: tutti insieme per “mettere il cancro all’angolo”, come recita lo slogan scelto dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc). In tutto il Paese verranno distribuite le arance della salute insieme alla pubblicazione speciale “Il cibo che allena il tuo corpo”: un manuale di otto meccanismi chiave con cui il cibo interagisce con le nostre cellule. Tema della giornata è, quindi, l’alimentazione e la conoscenza dei processi che fanno sì che un determinato cibo favorisca o inibisca la comparsa della malattia. Il 30 per cento dei tumori nasce, infatti, a tavola ed è sempre più importante porre attenzione a ciò che si mangia e a come lo si fa. L’associazione punta a raccogliere tre milioni e 300mila euro per garantire la continuità dei 505 progetti di ricerca triennali attivati nelle più qualificate istituzioni di ricerca italiane. (L.P.)

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    Presto on line gli archivi archeologici di Israele

    ◊   Entro la fine del mese saranno a disposizione su internet gli archivi archeologici israeliani: lo ha comunicato l’Autorità israeliana per le antichità (Iaa). Migliaia di documenti relativi alle scoperte archeologiche in Israele negli ultimi cento anni, dunque, potranno essere consultati in rete. La Iaa, riferisce il portale terrasanta.net, ha utilizzato speciali scanner per salvaguardare mappe, lettere, progetti e altri documenti conservati a Gerusalemme e ad Acri e risalenti a periodi precedenti il Mandato britannico (1919-1948). Sul portale sarà possibile consultare, ad esempio, le planimetrie della Basilica del Santo Sepolcro dopo il terremoto del 1927, mappe dello spionaggio britannico risalenti alla Prima Guerra Mondiale e progetti risalenti al 1870 relativi a edifici sul Monte del Tempio (la Spianata delle Moschee). Il patrimonio documentale cui gli utenti potranno accedere è custodito nel Museo Rockefeller di Gerusalemme, che si trova in prossimità della Porta Nuova, appena fuori il perimetro murario della città vecchia. Il museo, un tempo, è stato sede dell’Autorità per i beni archeologici del Mandato Britannico, prima di diventare sede dell’omologo dipartimento israeliano. “L’Autorità per le antichità - ha detto Uzi Dahari, vicedirettore dell’organismo - ha deciso di trasferire gli archivi su piattaforma digitale per diffondere nel mondo le informazioni che essi contengono”. (T.C.)

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    Senegal: nel Kaolack parte il progetto per due depuratori d’acqua

    ◊   Due unità di potabilizzazione della quale beneficeranno direttamente 1800 persone del Kaolack, in Senegal. È l’ultimo dei progetti avviati dall’organizzazione cattolica spagnola “Manos Unidas La Salud, derechos de todos: Actua!”, in prima linea in varie parti del mondo nella lotta alle malattie che colpiscono le popolazioni più povere. Dopo essersi occupata delle emergenze di lebbra, Aids, tubercolosi, parti prematuri e disabilità, Manos Unidas termina la propria campagna nella missione di Keur Mariama, dove da oltre 7 anni operano i Carmelitani Scalzi per cercare soluzioni all’annoso problema idrico che affligge la regione. Come riportato dall’agenzia Fides, l’attività dei due depuratori andrà a vantaggio di tutta la popolazione, che basa il proprio sostentamento sull’agricoltura e la pastorizia. (L.P.)

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    Nel Tamil Nadu, casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice per orfane e bambine sfruttate

    ◊   Un luogo dove ragazze orfane, vittime di abusi o di sfruttamento minorile trovano accoglienza, cibo, cure e educazione. È la St. Joseph’s Special Care Home di Chennai, nel Tamil Nadu, dove otto suore Figlie di Maria Ausiliatrice si prendono cura di circa 150 giovani tra i 4 e i 18 anni. Una struttura d’accoglienza riconosciuta dal governo, in cui le bambine e le ragazze vengono aiutate nei compiti a casa e partecipano a corsi di formazione sui diritti umani, il traffico minorile e la violenza sessuale. Uno sforzo volto a regalare alle donne indiane il miglior futuro possibile, garantendo educazione negli istituti vicini alla struttura e assistendo le ospiti con l’acquisto di uniformi, zaini e materiali di cancelleria. “Più di ogni altra cosa, chi viene qui riceve l’amore e le cure che merita”, ha detto Suor Clara, una delle religiose del St. Joseph intervistata dall’agenzia AsiaNews. (L.P.)

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    A Hong Kong celebrata la Giornata del Volontariato

    ◊   È stata celebrata in questi giorni a Hong Kong la Giornata del Volontariato promossa dalla commissione diocesana per la Pastorale ospedaliera alla quale hanno partecipato 300 persone tra operatori e volontari che hanno riflettuto, in occasione dell’Anno della Fede, sul tema “Eccomi Signore, mandami”. Come precisa l’agenzia Fides, il programma della giornata ha previsto la celebrazione del vescovo di Hong Kong, cardinale John Tong Hon, la premiazione dei tre volontari che più si sono distinti per il loro impegno verso il prossimo, mentre 113 nuovi hanno ricevuto il diploma di formazione pastorale ospedaliera, e la presentazione del manuale dei volontari. La commissione per la Pastorale ospedaliera nacque in seno alla diocesi nel 1991, quando ci si rese conto che ai malati non potevano bastare le cure fisiche, ma necessitavano anche di un accompagnamento spirituale e morale nel viaggio della malattia, specie quando questo si concludeva con la morte. Oggi la commissione può contare su 353 operatori e volontari registrati ufficialmente che lavorano in 30 strutture del territorio gestite attraverso un apposito dipartimento presente in ogni ospedale. (R.B.)

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    Venezuela, rivolta in carcere: almeno 54 morti

    ◊   È di almeno 54 morti e una novantina di feriti il bilancio di una tremenda rivolta che ha insanguinato nella giornata di ieri il carcere venezuelano noto come Uribana, nello Stato di Lara, nel nord-ovest del Paese. Secondo le prime ricostruzioni, questa la dinamica dei fatti, confermata anche dal governo, nella persona del ministro per il Servizio penitenziario, Iris Varela: i detenuti si sono ribellati a una perquisizione straordinaria delle celle alla ricerca di armi nascoste, attaccando la Guardia nazionale, che ha aperto il fuoco. Secondo fonti mediche, la maggior parte delle vittime si contano tra i reclusi, ma ci sarebbe anche almeno un agente e un pastore evangelico. Purtroppo il Venezuela non è nuovo a episodi di questo genere: nello scorso mese di agosto un’altra rivolta, nel carcere di Yare vicino Caracas, aveva causato 25 morti e 43 feriti. Anche le condizioni delle carceri venezuelane sono deprecabili, come conferma il direttore dell’Osservatorio locale delle prigioni, Humberto Prado, che punta il dito contro il governo e denuncia il fenomeno di sovraffollamento: secondo i dati, i detenuti sarebbero circa 50mila in tutto il Paese, a fronte di una capienza di circa 14mila posti. Il carcere di Uribana in particolare, che nel 2006 ricevette un avvertimento dalla Corte interamericana dei Diritti umani proprio per la sua situazione, è stato progettato per 850 persone, ma ne ospita circa 2500. Proprio per affrontare questo problema specifico, nel luglio 2011 il governo venezuelano istituì il Ministero del Servizio penitenziario. (R.B.)

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    A Caserta, il Premio "Buone Notizie", promosso dall'Ucsi

    ◊   Si svolgerà, oggi pomeriggio a partire dalle ore 16, nella Biblioteca del Seminario vescovile di Caserta, la consegna del premio Buone Notizie-Civitas casertana, giunto nel 2013 alla quinta edizione. Il riconoscimento, promosso dalla sede locale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) con Assostampa e l’Ufficio Comunicazioni sociali della diocesi, intende segnalare ogni anno all’opinione pubblica i giornalisti che, nella loro carriera, hanno fatto prevalere con intelligenza e professionalità la notizia nella sua completezza, senza cadere in fin troppo semplici sensazionalismi e promuovendo, al tempo stesso, le piccole “buone notizie” di cui è fatta la vita quotidiana. Quest’anno a ricevere il premio – una statuetta di bronzo opera dell’artista Battista Marello – saranno: Angelo Scelzo, neovicedirettore della Sala Stampa Vaticana e primo laico italiano a ricoprire la carica di sottosegretario presso il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali; Pippo Corigliano, portavoce per oltre 40 anni della Prelatura dell’Opus Dei in Italia; Sarah Varetto, direttore di Sky Tg24; Aldo Cazzullo del Corriere della Sera. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 26

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.