Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 17/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa alla delegazione ecumenica finlandese: il Vangelo illumini le società sulle questioni morali
  • Il vescovo dell'Aquila in Vaticano: nelle preoccupazioni del Papa, i giovani, le famiglie, il lavoro
  • Il Papa twitta in latino: "Tuus adventus optatissimus est"
  • Il card. Sarah all’assemblea di "Cor Unum": aiutare l’uomo con beni materiali e spirituali
  • Festa S. Antonio. Il card. Comastri agli allevatori: vita e famiglia al centro della tradizione contadina
  • Nomina
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Algeria. Raid contro Al Qaeda: morti 35 ostaggi e 15 rapitori
  • Somalia: gli Shabab uccidono l'ostaggio francese, dopo il fallimento del blitz militare
  • Pakistan. La Corte suprema: Rimsha è innocente. Bhatti: sotto accusa per blasfemia più di 400 persone
  • Filippine: in vigore legge su controllo nascite. Il card. Sgreccia: aprirsi alla vita è una ricchezza
  • La famiglia fondata sul matrimonio al centro della Giornata del dialogo ebraico-cattolico
  • Elezioni in Italia. Appello Forum Famiglie ai candidati: "Tutelare la famiglia, futuro dell'Italia"
  • Baggio: cattolici dei movimenti ecclesiali in politica senza strumentalizzazioni
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Aiuto alla Chiesa che Soffre ricorda il centenario del suo fondatore: il padre Werenfried van Straaten
  • Terra Santa: le Chiese cristiane si preparano alla Settimana per l'Unità dei cristiani
  • Siria: appello dalla popolazione della Mesopotamia abbandonata a se stessa
  • Siria: la testimonianza dei francescani sulle esplosioni all'università di Aleppo
  • Appello di Caritas Libano per i profughi siriani
  • Egitto: no alla proposta di garantire seggi “riservati” ai cristiani nelle prossime elezioni
  • Iraq: da Nord a Sud di Baghdad un'altra giornata di attentati
  • Card. Sandri: le Chiese d'Oriente ci insegnano la solidarietà e ci fanno riscoprire la fede
  • Mali. L'arcivescovo di Bamako: aiutateci a proteggere i civili
  • Congo: dubbi sul cessate il fuoco unilaterale annunciato dall’M23
  • Aids in Africa: progressi e speranze nel rapporto Onu
  • Sudafrica: Conferenza dei vescovi sul ruolo della Chiesa contro l'Aids
  • Alluvioni in Niger: sfollati, infezioni e danni all’agricoltura
  • Colombia. Ancora violenze: assassinato un sacerdote
  • Libertà religiosa: i vescovi inglesi sulla sentenza della Corte Europea
  • Francia. I vescovi: sui matrimoni gay si rischia una spaccatura profonda
  • Repubblica Ceca: i vescovi cattolici sulle elezioni presidenziali
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa alla delegazione ecumenica finlandese: il Vangelo illumini le società sulle questioni morali

    ◊   Benedetto XVI ha ricevuto, stamani in Vaticano, la delegazione ecumenica della Finlandia, in occasione della festa di Sant'Enrico, Patrono del Paese. Alla vigilia dell’inizio della Settimana per l’Unità dei Cristiani, il Papa ha dunque colto l’occasione dell’udienza per mettere l’accento sull’importanza del cammino ecumenico. Un percorso, ha detto, che va intrapreso innanzitutto con umiltà. Il Papa ha poi esortato i cristiani ad essere uniti nel portare la luce del Vangelo sulle grandi questioni morali che le società devono oggi affrontare. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Camminare con umiltà, alla presenza del Signore, per raggiungere il traguardo dell’unità. E’ questo, ha sottolineato Benedetto XVI, lo spirito che deve contraddistinguere gli sforzi ecumenici. Il Papa si rivolge a una delegazione finlandese ma è a tutto il mondo che guarda, quando invoca l’unità dei cristiani affinché diventino “un faro di gioia e speranza” per quanti cercano un approdo sicuro “in un mondo che cambia velocemente”:

    “To advance in the ways of ecumenical communion…”
    “Avanzare sulle vie della comunione ecumenica – ha affermato – richiede dunque che diventiamo sempre più uniti nella preghiera, sempre più impegnati nel perseguimento della santità e più coinvolti nella ricerca teologica e nella cooperazione” al servizio di una società “giusta e fraterna”. Ed ha aggiunto: “Siamo chiamati ad avanzare insieme lungo la strada stretta della fedeltà alla volontà di Dio nell’affrontare qualsiasi difficoltà ed ostacolo che possiamo incontrare”. Il Papa ha, quindi, auspicato che la visita della delegazione finlandese a Roma possa rafforzare le relazioni tra tutti i cristiani del Paese scandinavo:

    “Let u spray that the Spirit of truth…”
    Preghiamo, è stata la sua invocazione, che lo Spirito della verità guidi i cristiani finlandesi verso una maggiore unità tra loro, affinché possano portare la luce del Vangelo sulle “grandi questioni morali che le nostre società sono oggi chiamate ad affrontare”.

    inizio pagina

    Il vescovo dell'Aquila in Vaticano: nelle preoccupazioni del Papa, i giovani, le famiglie, il lavoro

    ◊   Il Papa, nell’ambito della visita “ad Limina” dei vescovi italiani, ha ricevuto stamani il secondo gruppo di presuli della Conferenza Episcopale di Abruzzo e Molise. A colloquio con Benedetto XVI c’era anche mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell’Aquila. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

    R. – E’ stato un incontro molto bello. Eravamo sei vescovi. Il Papa ci ha accolti, ha fatto una foto con noi e con i segretari. Siamo stati tutti nel suo studio, per un colloquio molto famigliare e molto bello. Lui ha fatto delle domande e ognuno di noi ha esposto la situazione della diocesi e, in generale, della regione. Il Papa ha ascoltato con molta, molta attenzione e, soprattutto, ci ha ricordato che siamo nell’Anno della fede e il ruolo fondamentale della fede. Dalla fede nasce la carità, dalla fede nasce la speranza, nasce la forza per andare avanti. Ci ha detto che i problemi sono molti, è vero, ma non sono tutto: il Signore è più grande dei nostri problemi. Poi ha parlato molto del lavoro, della famiglia e dei giovani. Siccome apparteniamo alle diocesi del cratere, dove è avvenuto il sisma del 2009, ha chiesto notizie dell’Aquila, di Avezzano, di Teramo, di Pescara, di Sulmona. Ha ascoltato con tanta paterna attenzione e quello che ci ha detto è veramente una conferma per la nostra fede e un aiuto forte per la nostra speranza.

    D. – A che punto è la ricostruzione dopo il terremoto?

    R. – Nella periferia dell’Aquila la ricostruzione delle case sembra che si muova più celermente. Nell’anno 2009-2010, grazie alla Protezione Civile, ad un accordo fra Protezione Civile e Cei, 43 chiese sono state rese agibili e messe in sicurezza. Purtroppo solo una delle chiese più antiche, quelle del centro storico, è stata ricostruita, la parrocchia universitaria, la chiesa di San Biagio d’Amiterno, ora chiamata chiesa di San Giuseppe Artigiano. La Chiesa di Santa Maria del Suffragio, che usiamo ogni tanto, è parzialmente agibile, come pure Collemaggio. Siamo fiduciosi. Dobbiamo ricordare che la Caritas ci ha aiutato a costruire sette centri comunitari, che servono anche per le celebrazioni liturgiche, e sei locali parrocchiali, spazi per le parrocchie, che aiutano molto. Ci sono poi in progetto altri centri comunitari. Abbiamo detto comunque al Santo Padre che non ci scoraggiamo e tutti quanti auspichiamo che la politica, la burocrazia, lo Stato, si muovano con un po’ più di celerità. E’ forte da noi soprattutto il problema di chi vorrebbe vedere ricostruita la propria casa, ma è soprattutto drammatico il problema della mancanza di lavoro.

    D. – Quale sarà il destino dell’Aquila, della sua città?

    R. – Io mi auguro che sia un bel destino. Tutti gli aquilani sognano che sia un bel destino. L’Aquila ha avuto tante prove, tanti terremoti, tanti drammi segnati dal terremoto, ma è rinata sempre. E’ riuscita sempre a ricostruirsi, ad andare avanti, e sono sicuro che anche questa volta L’Aquila supererà tutte le difficoltà. Noi perciò preghiamo ed io lancio l’appello a tutta la comunità diocesana di continuare a pregare, perché il Signore a noi cristiani dia la forza di guardare avanti con fiducia, con speranza, e a chi ha responsabilità nella vita politica, amministrativa, dia non solo la luce per capire la strada da seguire, ma anche la forza, l’impegno per fare quello che c’è da fare.

    inizio pagina

    Il Papa twitta in latino: "Tuus adventus optatissimus est"

    ◊   Il Papa ha lanciato su Twitter il suo account in latino (@Pontifex_ln): si tratta della nona lingua dopo inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, portoghese, polacco e arabo. Benedetto XVI in latino definisce Twitter “Pagina Publica breviloquentis”. Nel tweet di benvenuto si legge: “Tuus adventus in paginam publicam Summi Pontificis Benedicti XVI breviloquentis optatissimus est”, ovvero: “Il tuo ingresso nella pagina Twitter ufficiale del Sommo Pontefice Benedetto XVI è graditissimo”. Il Papa ha superato i 2 milioni e mezzo di followers.

    inizio pagina

    Il card. Sarah all’assemblea di "Cor Unum": aiutare l’uomo con beni materiali e spirituali

    ◊   “Discernimento” e “vigilanza” sono indispensabili nell’opera di carità della Chiesa sempre illuminata dalla fede. Lo ha sottolineato il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", in apertura dell’Assemblea plenaria dell’organismo, ospitata oggi e domani a Villa Aurelia a Roma e dedicata al tema “Carità, antropologia cristiana e nuova etica globale”. Roberta Gisotti ha intervistato il porporato:

    D. – Carità cristiana, solidarietà umana ed etica: quali punti di contatto e quali rischi di sovrapposizione e anche di fraintendimento?

    R. – Non dobbiamo dimenticare che tutto viene dalla carità, da Dio che è amore. Se dimentichiamo l’amore non c’è veramente solidarietà e possiamo anche concepire le nostre attività di carità solo come umanesimo. Noi, come struttura della Chiesa, dobbiamo ricordare che tutto è dono di Dio e ciò che noi facciamo, lo facciamo in nome di Dio. Comunichiamo la sorgente d’amore che viene da Dio. Questo non viene ricordato. Un uomo che ha bisogno di un aiuto non ha soltanto bisogno di un aiuto materiale, ma di una consolazione interiore. Questo è il nostro lavoro: cioè, la solidarietà e la carità devono nascere da Colui che vuole essere solidale con l’uomo, che è Dio.

    D. - Sul piano operativo quali questioni più urgenti si pongono all’attività di "Cor unum" che si trova ad operare in contesti politici, sociali, culturali, religiosi, tanto diversi?

    R. – Oggi, la sfida che abbiamo è di notare che c’è una crisi profonda su chi è l’uomo che vogliamo aiutare. Se questo si è perso, "Cor Unum" deve ricordare che l’uomo è un’immagine di Dio e non dobbiamo distruggerlo. Oggi la carità vera è aiutare l’uomo perché non sia distrutto, perché la famiglia non sia distrutta, perché il matrimonio non sia distrutto, perché l’identità dell’uomo sia conservata come una parte di Dio. L’urgenza oggi è di proteggere l’uomo, di salvare l’uomo, non soltanto materialmente. Abbiamo troppi beni materiali ma ci mancano i beni spirituali e "Cor Unum" deve portare questo. Io penso che la nostra sfida, oggi, è anche la sfida del Santo Padre. Benedetto XVI ne ha parlato lungamente, durante il Natale, anche ultimamente, nella Messa dell’Epifania. Dobbiamo affrontare queste deviazioni che distruggono il mondo. E' vero che la crisi economica distrugge oggi tante persone che perdono tutto, il lavoro... e questo è vero, perché è distrutta anche la concezione dell’uomo, e se vediamo veramente che l’uomo è una persona che dobbiamo aiutare, dobbiamo creare una struttura economica che lo aiuti. Dunque, per me ciò che è veramente importante è di ritrovare la Rivelazione. Non imponiamo a nessuno la fede cattolica, non è questo lo scopo, ma vogliamo che l’uomo scopra che non è solo, perché Dio l’ha creato e Dio non può abbandonarlo, sta con lui sempre. Noi dobbiamo essere come la mano di Dio che manifesta la presenza di Dio, l’aiuto di Dio, la compassione di Dio. Così vedo il mio lavoro a "Cor Unum" e il lavoro di tutte le Caritas del mondo: essere una presenza dimenticata, la presenza di Dio.

    inizio pagina

    Festa S. Antonio. Il card. Comastri agli allevatori: vita e famiglia al centro della tradizione contadina

    ◊   I valori fondamentali della vita e della famiglia al centro della tradizione contadina: così, il cardinale Angelo Comastri, presidente della Fabbrica di San Pietro e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, che oggi, dopo la Messa celebrata nella Basilica vaticana, ha benedetto in Piazza San Pietro gli animali portati dalla Associazione italiana allevatori (Aia), nella festa liturgica di San’Antonio Abate, patrono degli allevatori e protettore degli animali. Il servizio di Fausta Speranza:

    Per il sesto anno, negli spazi adiacenti la Basilica di San Pietro tanti animali: mucche, pecore, galline, conigli e cavalli. In particolare, i cavalli sfilano lungo via della Conciliazione. Il cardinale Angelo Comastri ricorda Sant'Antonio Abate, protettore degli animali e padre del monachesimo. Ma in particolare parla di Papa Giovanni XIII, morto 50 anni fa. Del Papa rimasto alla storia come il “Papa buono” ricorda il continuo riferirsi alla sua famiglia che era “una semplice famiglia di contadini”, di cui andava molto fiero per tutti i valori che gli aveva insegnato:

    “Papa Giovanni diceva che la sua formazione fondamentale l’aveva ricevuta nella famiglia contadina, dove aveva imparato l’onestà, la semplicità, l’umiltà, la serenità, l’abbandono in Dio”.

    Valori fondamentali e sguardo all’oggi: il cardinale Comastri, rivolgendosi ai tanti agricoltori e contadini giunti nella festa di Sant’Antonio Abate, parla di tempi difficili:

    “I tempi che viviamo sono difficili, lo sappiamo bene, per cui adesso abbiamo bisogno di maggiore fede, di coraggio, di solidarietà, di impegno per poter meritare l’aiuto di Dio in questo frangente difficile della storia del mondo e non solo della storia dell’Italia. Apriamogli il cuore”.

    La voce di un agricoltore:

    “Sono Luigi Pasqualetti, vice presidente dell’ Anacli, Associazione nazionale delle razze bovine Limousine e Charolais. Non dimentichiamoci che l’80 percento di noi proviene dalla campagna; tutti i valori vengono sempre dalla terra, dal duro lavoro che si fa qui. Come tutti stiamo attraversando un momento molto difficile. Speriamo che il Padre Eterno ci faccia una grazia affinché illumini i nostri governanti futuri a vedere le cose in modo un po’ più concreto e non affidarsi solamente a questa finanza molto fluttuante, la quale ci ha portato a questo disastro, e inoltre che vedano la realtà del Paese attraverso una visione un po' diversa rispetto a quella degli ultimi anni”.

    Resta da dire che tutti gli animali sono giunti da allevamenti vicini alla capitale, dalle province di Cerveteri, Bracciano, Anguillara, Rieti Cittareale, Borgovelino. Anche 4 unità a cavallo e unità cinofile del Corpo forestale dello Stato.

    inizio pagina

    Nomina

    ◊   Benedetto XVI ha nominato Nunzio Apostolico in Kenya ed Osservatore Permanente presso gli Organismi delle Nazioni Unite per l'Ambiente e gli Insediamenti Umani (U.N.E.P., UN-Habitat) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Charles Daniel Balvo, Arcivescovo titolare di Castello, finora Nunzio Apostolico in Nuova Zelanda, Isole Cook, Fiji, Isole Marshall, Kiribati, Nauru, Palau, Samoa, Stati Federati di Micronesia, Tonga, Vanuatu e Delegato Apostolico nell'Oceano Pacifico.

    inizio pagina

    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Il breviloquium di Benedetto: domenica il primo Tweet in latino.

    Un articolo di Giuseppe Orlandi dal titolo "Provini per predicare": nel Settecento i missionari redentoristi erano scelti anche in base alle doti vocali.

    Wikipedia e i canoni letterari: Enrico Reggiani su due traduzioni italiane di "The Necromancers" di Robert Hugh Benson.

    Ma la storia non si fa solo con le rivendicazioni: in cultura, Lucetta Scaraffia su donne e Vaticano II in un libro promosso dal Coordinamento teologhe italiane, con un articolo di Gilles Routhier dal titolo "Quant'è difficile essere bravi eredi": dal rapporto col tomismo nella prima metà del Novecento all'attuale recezione del Concilio.

    Ripartiamo dall'indice per una rilettura della "Lumen gentium": Silvia Guidi su un ciclo di letture teologiche dedicate ai documenti del Vaticano II.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, il drammatico epilogo del sequestro di una quarantina di ostaggi stranieri da parte di un commando jihadista nel Sahara algerino.

    Nell'informazione religiosa, un articolo del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, dal titolo "Senza la ricerca dell'unità, la fede rinuncerebbe a se stessa": il Concilio Vaticano II intende l'impegno ecumenico come parte essenziale della missione della Chiesa.

    Insieme per una società giusta e fraterna: nell'informazione vaticana, il Papa a una delegazione ecumenica della Finlandia.

    Identikit del diplomatico pontificio: intervista di Mario Ponzi all'arcivescovo Beniamino Stella, presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Algeria. Raid contro Al Qaeda: morti 35 ostaggi e 15 rapitori

    ◊   Algeria. Trentacinque ostaggi stranieri e quindici rapitori tra cui il capo del commando jihadista sono stati uccisi nell'impianto per l'estrazione di petrolio di In Amenas, nell'Est del Paese, teatro da ieri di un maxi-sequestro da parte di Al Qaeda nel Maghreb islamico. Secondo l'emittente panaraba Al-Jazeera, l'esercito algerino ha attaccato i terroristi, bombardando l’area, mentre stavano trasferendo gli ostaggi in un altro luogo. L'attacco delle forze speciali algerine sarebbe avvenuto con l'appoggio di elicotteri. Sette ostaggi sarebbero sopravvissuti al raid e ora sarebbero liberi. Secondo gli esperti, la presa d’ostaggi in Algeria sarebbe una rappresaglia del terrorismo islamico per l’intervento militare francese in Mali. Per un’analisi della situazione Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Luigi Serra, docente universitario, già preside della Facoltà di Studi arabo-islamici all’Università di Napoli “L’Orientale”:

    R. – La situazione complessiva è allarmante e disorientante al tempo stesso. E’ difficile immaginare quali siano veramente le forze in campo sotto una connotazione ideologica o prettamente in prospettiva politica. Certo è che alla dimensione Mali si affianca con non poca sorpresa la dimensione Algeria. Mali e Algeria si trovano, come fondamento politico, connesse in quanto Stato e nazione e luogo africano in un dinamismo di evoluzione storica delle problematiche interne, sia come aspetto politico locale sia come aspetto politico di riverbero sull’azione delle potenze occidentali. Al riguardo, non è senza preoccupazione la formula interventista rapida della Francia, la quale è vero che ora gode di un appoggio di consenso Onu, è vero tutto: ma è pur vero che la Francia non ha preliminarmente aspettato un impegnato consenso documentato di altre forze internazionali.

    D. – Un generale consenso: l’opposizione più diretta è stata quella dell’Egitto …

    R. – L’Egitto esce da un momento terribile di confronto sulla piazza della sua gente, divisa in fazioni diverse. Credo che questa lacerazione abbia indotto l’Egitto ad assumere la posizione che ha dichiarato a fronte di un sommovimento in Mali che può significare l’apertura di scontri allineati sul filo del fondamentalismo religioso e conseguentemente di un ancor più pericoloso momento di terrorismo dettato non solo e non unicamente da fatti prettamente politici ed economici.

    D. – Quali altri passaggi avrebbero dovuto esserci, secondo lei?

    R. – Secondo me, avrebbe dovuto esserci una riunione degli Stati Africani a dibattere sulla base di una sollecitazione chiara ed esplicita, oltre che trasparente, dell’Occidente a prendere coscienza, atto e prospettiva della questione maliana. La stessa Unione degli Stati Africani appare a tutt’oggi superata da una linea di intervento e, ancora prima, da una linea di analisi politica prettamente occidentale di quello che accadeva in Mali.

    D. – L’Occidente che viene visto come interventista, può fare da catalizzatore per le forze estremiste islamiche?

    R. – Ha ragione ed è il male e il rischio più profondo. Stranamente, l’Occidente è puntuale, pesante con i suoi interventi laddove si addensano nubi in un Paese africano o asiatico; stranamente l’Occidente, con le sue bombe prima, con i militari a terra dopo, è puntuale in quei territori.

    D. – Qual è il suo auspicio?

    R. – Il mio auspicio è che le due componenti al momento contrapposte in Mali siano, sotto l’egida di una forza garante politica e diplomatica innanzitutto, invitate a breve termine e con paletti di comportamento ben chiari e definiti, a incontrarsi, colloquiare e individuare quali siano i veri e reali interessi delle popolazioni maliane, viste al di là della contrapposizione ideologica-religiosa, e lavorare per un miglioramento delle situazioni locali sotto il profilo culturale, civile e della difesa dei diritti umani e nel rispetto di una gestione interna delle risorse, forti e significative, di quello stesso Paese da parte delle autorità locali.

    inizio pagina

    Somalia: gli Shabab uccidono l'ostaggio francese, dopo il fallimento del blitz militare

    ◊   Sempre più critica la situazione in Somalia. I militanti Shabab hanno annunciato di aver ucciso l'ostaggio francese Denis Allex, dopo che sabato scorso è fallito un blitz militare per liberarlo. L'annuncio è arrivato con un “tweet” dei rapitori, in cui si spiega che l'esecuzione dell'agente dei servizi segreti francesi è avvenuta ieri. Le autorità di Parigi davano, invece, Allex per morto nel blitz di sabato. Salvatore Sabatino ne ha parlato con mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico a Mogadiscio:

    R. - Ci sono ancora luoghi che sfuggono alla nascente, nuova, autorità somala. Dunque, questo tragico avvenimento sta appunto a significare che una resistenza da parte degli shabab è ancora presente.

    D. - Lei più volte ha definito la Somalia “un buco nero in balia di una terribile anarchia”. Qual è la situazione attualmente nel Paese?

    R. – Ci sono sempre questi tre tronconi. Il primo è il Somaliland con una relativa sicurezza. Il secondo è il Puntland dove ultimamente sembra esserci una rinnovata presenza di shabab. E il terzo è la parte centro-sud che ha visto forti progressi in senso politico e istituzionale. Ma bisogna ammettere che l’autorità non si è ancora imposta in tutte le zone. Rimangono le zone rurali dove la presenza islamista continua a essere presente.

    inizio pagina

    Pakistan. La Corte suprema: Rimsha è innocente. Bhatti: sotto accusa per blasfemia più di 400 persone

    ◊   “Sono sollevato”: così Paul Bhatti, consigliere del ministro per l’Armonia nazionale in Pakistan sulla decisione della Corte suprema di respingere il ricorso contro Rimsha Masih, confermando così la sua innocenza. La 14enne cristiana, affetta da un disturbo mentale, era stata accusata in base alla legge sulla blasfemia. Debora Donnini ha raccolto il commento dello stesso Paul Bhatti:

    R. - Mi sento sollevato perché non pensavo che le persone che hanno accusato la ragazza facessero ricorso alla Corte suprema. Quando il ricorso ci è stato notificato, mi sono un po’ preoccupato perché le cose in Pakistan non stanno andando molto bene.

    D. - Rimsha era stata accusata in base alla legge sulla blasfemia…

    R. - Quando ho appreso la notizia che era stata accusata mi sono subito preoccupato e abbiamo valutato immediatamente che la ragazza era completamente innocente: tra l'altro, è molto, molto povera. Per questo ho deciso di difenderla attraverso tutti i canali possibili. Sono stato molto contento che in questo caso ho avuto anche l’appoggio dei leader religiosi musulmani.

    D. - Rimsha era stata accusata di aver bruciato pagine con frasi del Corano...

    R. - Sì. In seguito, abbiamo fatto esaminare questa cenere e abbiamo verificato che era cenere di legno perché ho inviato personalmente in busta chiusa, con una sorveglianza particolare, questa cenere al laboratorio che ha detto che era cenere di legno bruciato. Inoltre hanno riscontrato che dentro la cenere c’erano rami di erba fresca. Questo significa che qualcuno li aveva presi da fuori e li aveva messi nella busta. Abbiamo sottoposto anche questo fatto al giudice perché questo non poteva essere: se lei avesse bruciato (le pagine, ndr) in casa, come mai c’erano dentro rami di erba fresca? Quindi abbiamo provato che questa accusa era falsa.

    D. - In base alla legge sulla blasfemia sono sotto processo centinaia di persone in Pakistan, è così?

    R. - Questa legge è stata applicata maggiormente dopo il 1985. Prima del 1985, dopo l’indipendenza, c’era stato un caso di blasfemia. Dal 1985 ad oggi sono state accusate quasi quattromila persone. Attualmente sono sotto accusa quasi più di 400 persone, tra queste la maggioranza sono musulmani e sono in attesa della sentenza da parte del giudice a vari livelli.

    inizio pagina

    Filippine: in vigore legge su controllo nascite. Il card. Sgreccia: aprirsi alla vita è una ricchezza

    ◊   Nelle Filippine, in vigore da oggi la controversa legge sul controllo delle nascite, che metterà a disposizione delle classi meno abbienti metodi anticoncezionali e abortivi. Alla Chiesa locale, da sempre schierata per la salvaguardia della vita nascente e che ha impugnato la normativa per anticostituzionalità, il governo di Manila risponde che l’obiettivo della legge è quello di creare nella popolazione maggior benessere. Su questo equivoco, Giancarlo La Vella ha intervistato il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. – E’ un equivoco che può anche determinare un inganno sulle popolazioni, perché in realtà la diminuzione programmata e controllata delle nascite e quindi della popolazione – a parte il fatto illecito che questa sia imposta dall’esterno e non lasciata alla responsabilità dei genitori – a lungo termine comporta un danno economico fondamentale. Molti stanno pensando proprio che occorre un alto livello – un proporzionato livello – di nascite perché il livello economico possa essere in attivo e in ripresa.

    D. – Perché è difficile promuovere questi valori?

    R. – Sono valori di coscienza che bisogna far passare, perché l’apprezzamento della vita deve venire ancor prima di sposarsi: quella di essere aperti alla vita va considerata una ricchezza. I figli sono una risposta alla vita con la vita, e questo anche come prospettiva di avvenire temporale, oltre che di ricchezza pedagogica, psicologica e familiare. Questo richiede una formazione delle coscienze a lungo termine e un’educazione alla responsabilità e alla verità.

    inizio pagina

    La famiglia fondata sul matrimonio al centro della Giornata del dialogo ebraico-cattolico

    ◊   Si celebra oggi in tutt’Italia la 24.ma Giornata per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei dedicata quest’anno a una riflessione sulla ‘settima’ delle ‘Dieci parole’, secondo il computo ebraico: ‘Non commettere adulterio’. Nel sussidio preparato per l’evento il vescovo di Pistoia, Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, e il rabbino Elia Enrico Richetti, presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, invitano a riflettere sul rapporto sponsale fra uomo e donna, inserito nell’istituto familiare, come riflesso dell’alleanza tra uomo e Dio. Ascoltiamo mons. Bianchi, al microfono di Fabio Colagrande:

    R. – Nel vincolo che lega l’uomo alla donna è riconoscibile quella che potremmo chiamare la struttura naturale di questo rapporto ma anche, insieme, la rivelazione del volto e della santità di Dio per l’uomo, che è data nel vincolo dell’Alleanza e si realizza in una sua forma alta nell’alleanza nuziale tra l’uomo e la donna. Ritengo anche che questo impegno a riconoscere e a promuovere l’attenzione verso il vincolo nuziale nel nostro tempo ci aiuti e ci impegni, in un certo senso, ad opporci a quella banalizzazione e a quel qualunquismo che si stanno un po’ addensando intorno all’amore nuziale, intorno allo statuto familiare, così caratteristici di certe stratificazioni della cultura del nostro tempo.

    D. - La famiglia fondata sul matrimonio è in pericolo, secondo lei?

    R. - Ritengo che sia minacciata dalla cultura attuale perché la struttura familiare viene svuotata dei suoi contenuti specifici e riempita di una tipologia di altri rapporti, di altre convivenze, che non hanno molto a che fare con il progetto di Dio sulla famiglia umana così come si rivela nella struttura delle persone e anche come si rivela nella Rivelazione biblica.

    D. – Vogliamo ricordare che esiste un documento della Pontificia commissione biblica, che porta la firma dell’allora cardinale Ratzinger, del 2001, che ci chiede un impegno costante di rilettura dell’ebraismo e della sua tradizione esegetica. Questo è un impegno che a volte si dimentica un po’…

    R. – Questo è verissimo ed è un documento prezioso perché non solo indica punti stabili di affidamento e realizzazione ma anche perché chiama a cambiare un atteggiamento mentale tante volte soggiacente nelle persone, cioè quello di pensare all’ebraismo come ad un evento del passato mentre il documento evidenzia con molta chiarezza come le Scritture, anche nella fase della prima Alleanza, sono la radice della nostra identità, e che noi stessi non riusciremmo a riconoscerci, secondo la nostra specificità cristiana, prescindendo da quelle Scritture che ci rendono fratelli dell’ebraismo. Ma poi, ancora, ci aiuta a capire che l’ebraismo è un filone ricchissimo che si snoda in sintonia col cammino della storia ed è una tradizione ricchissima di spiritualità, di cultura, di esperienza liturgica, che in questo senso accompagna certamente il cammino dell’Italia ma ancora più ampiamente il cammino dell’Europa, il cammino dell’umanità.


    Nella riflessione sul "settimo comandamento", al centro di questa giornata del dialogo fra cattolici ed ebrei, entra anche il concetto di ‘santificazione’ della vita matrimoniale, 'Kedushà' in ebraico. Ascoltiamo il rabbino Elia Enrico Richetti, sempre al microfono di Fabio Colagrande:

    R. - Il concetto ebraico di kedushà ha a che fare con il portare i momenti della vita quotidiana e naturale della persona, ad un livello di consapevolezza superiore, quindi al livello di rendersi come ogni cosa è voluta da Dio in un certo modo. La santificazione della vita matrimoniale consiste proprio nel non viver questa vita come un fatto puramente fisico, ma come un momento di un disegno maggiore che serve a mantenere in vita l’universo.

    D. - Da questo comandamento possiamo trarre anche un importante insegnamento per quanto riguarda il ruolo della famiglia nella società…

    R. - Certamente. Proprio perché nell’ottica della tradizione ebraica la famiglia è il primo nucleo della società. La società è vista in quanto esiste qualcuno che porta avanti l’esistenza umana, cioè la coppia.

    D. - Dal punto di vista proprio dell’opinione pubblica della cultura attuale, lei vede che il modello di famiglia - quello appunto fondato dal matrimonio tra un uomo e una donna - è in qualche modo in pericolo in questo momento?

    R. - Diciamo che c’è una parte della società umana che rischia di dimenticarsi che la società nasce attraverso l’unione di un uomo e di una donna. Non penso che ci sia un rischio che ciò venga a cessare. So che i matrimoni diminuiscono, ma non cesseranno mai, grazie a Dio, perché esiste sempre qualcuno che sente in sé questa necessità cosmica della verità.

    D. - Nel sussidio per questa Giornata del dialogo voi scrivete parole molto forti: uno dei problemi del dialogo ebraico - cristiano è l’oggi, cioè la consapevolezza, da parte cristiana, che l’ebraismo non è finito...

    R. - Al giorno d’oggi abbiamo molti segnali che indicano che ci sono ancora molte sacche di odio, di contrapposizione nei confronti del modo ebraico. Io credo che soltanto la conoscenza e il dialogo possono far conoscere la realtà, e quindi contribuire a far cessare l’odio, perché l’odio è figlio dell’ignoranza.

    D. - Con quale atteggiamento vivere questa 24.ma Giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei?

    R. - Direi che se la giornata deve essere veramente uno spunto per questo incontro, per questa conoscenza, per porre queste basi e per il comune sentire, il mondo cristiano troverà sempre disponibilità totale da parte dei rabbini.

    inizio pagina

    Elezioni in Italia. Appello Forum Famiglie ai candidati: "Tutelare la famiglia, futuro dell'Italia"

    ◊   Dopo mesi di assenza dai dibattiti politici, il tema della famiglia torna in primo piano. Ha iniziato il premier dimissionario Mario Monti che, ieri sera, nel corso di un'intervista in tv, si è detto convinto che la famiglia debba "essere costituita da un uomo ed una donna" e che i figli debbano crescere "con una madre ed un padre". Diverse le dichiarazioni nel merito da parte degli esponenti dei vari schieramenti in corsa. A tutti, sabato prossimo Francesco Belletti, presidente del Forum delle Famiglie, chiederà di sottoscrivere una serie di impegni a tutela di questo istituto fondante della società. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

    R. – Quello che deve riscoprire il Paese, dopo aver attraversato questi cinque lunghi anni di crisi che sono ancora in corso, è l’idea che la famiglia, quella definita dalla Costituzione, che si fonda sul matrimonio, su un progetto d’amore tra un uomo e una donna, ha tenuto insieme le relazioni, la solidarietà e anche il tessuto sociale del Paese. Quindi, è importante che in questa campagna elettorale l’identità della famiglia venga esplicitata. Un conto è difendere i diritti individuali delle persone e un altro è avere politiche familiari finalmente eque, finalmente di promozione. Noi valuteremo i programmi elettorali su questa base.

    D. – E’ grazie alle famiglie che tanti giovani non hanno ceduto alla disperazione in questo momento di crisi...

    R. – Sì, la famiglia si è trovata unico soggetto a cui è rimasto il cerino in mano. Di fronte alla grande criticità dell’economia, alla crisi della politica, all’emergenza dei vari sistemi economici, la solidarietà della famiglia ha fatto da ammortizzatore sociale. Ma questo è sbagliato, è inaccettabile pensare che la società scarichi sulle famiglie queste responsabilità. D’altra parte, senza famiglie avremo milioni di giovani privi di qualunque sostegno. Adesso occorrono politiche di sviluppo, di ripresa, e anche di alleggerimento fiscale proprio per le famiglie.

    D. - Quanto potrà reggere la "colonna" famiglia di fronte al peso delle tasse?

    R. – Il paradosso di un sistema avanzato, come pretendiamo di essere, è che soprattutto il terzo figlio spesso colloca la famiglia sotto la soglia di povertà. A me pare veramente folle che la politica non abbia ancora messo a tema questo nodo con un deciso alleggerimento della pressione fiscale. La cosa più urgente che ci aspettiamo nei primi cento giorni di governo è un’esplicita assunzione dell’equità fiscale per le famiglie. Non ci interessa un indistinto alleggerimento della pressione fiscale. Se sentiamo proposte del tipo “un punto in meno di Irpef”, noi chiediamo che questo punto in meno sia selettivo, che sostenga soprattutto le famiglie con figli.

    D. – La richiesta di impegno a tutela della famiglia che sottoporrete sabato alla politica è rivolta ai leader di tutte le coalizioni?

    R. - Ci aspettiamo che la politica prenda decisioni serie. Altrimenti correremo grandissimi rischi, perché occorre dare anche un grande segnale di allarme. Tutte le ricerche dicono che cresce l’indice di indebitamento delle famiglie, la percentuale di famiglie sotto la soglia di povertà, e quindi è tempo di riscoprire la priorità vera del sistema Paese. E’ attorno alla famiglia che si gioca oggi il futuro del Paese.

    D. – Chiederete ai politici di prendere un impegno concreto. Come far sì che questo non diventi solo una promessa non mantenuta?

    R. – Chiederemo conto di questo impegno. Andando poi a verificare dopo pochi mesi quanto è stato fatto, rispetto a quanto promesso. Cinque anni di mandato sono lunghi, si potrebbe davvero cambiare questo Paese ma per cambiarlo occorre anche ascoltarlo e noi ci faremo sentire.

    inizio pagina

    Baggio: cattolici dei movimenti ecclesiali in politica senza strumentalizzazioni

    ◊   In Italia, il dibattito politico si fa sempre più acceso in vista delle elezioni del 24 e 25 febbraio. Tra gli altri temi sul tappeto c’è anche la questione del ruolo dei cattolici in questo delicato passaggio storico del Paese. Luca Collodi ha intervistato, in proposito, il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Università Sophia di Loppiano, fondata dal Movimento dei Focolari:

    R. – L’idea di base è che il cristiano porta in politica la sua capacità di amare. Tutto ciò che egli fa, quindi, deve essere amore, come viene chiamato da molti “amore sociale”, prima di tutto da Sant’Agostino. Benedetto XVI ha sottolineato tante volte questa scelta importante che il cristianesimo ha fatto nella storia, cioè di non voler dare una interpretazione religiosa al diritto, cioè di avere voluto sempre organizzare il sociale, basandosi sulla natura umana e sulla ragione. Questa essenzialità del cristiano, quindi, che porta in politica la sua capacità di amare, che si costruisce anche nella famiglia, nella Chiesa, e la porta in società, assume poi un linguaggio che non è più un linguaggio ecclesiale o un linguaggio confessionale, ma è il linguaggio della ragione universale.

    D. – Oggi molti cattolici di movimenti e associazioni ecclesiali entrano in politica...

    R. – Noi continuiamo sempre a ripetere, perché è vero storicamente, che dalla Chiesa viene un nutrimento per la società sia come idee, che come testimonianze e come persone preparate. Quindi, il passaggio da un impegno sociale, dove le persone maturano, ad un impegno politico nelle istituzioni, è naturale. Bisogna naturalmente presidiare ambedue gli spazi. Questi passaggi dal sociale al politico, che sono logici e naturali, e sono la salute stessa della dimensione politica, delle istituzioni - quindi vanno fatti - vanno fatti bene però. Anzitutto, vanno fatti in piena autonomia e come scelta personale di colui che li fa. Bisogna evitare in tutti i modi di dare l’impressione che una persona che opera in un movimento, in una realtà ecclesiale, se la porti dietro entrando in politica. C’è stata in queste settimane la formazione delle liste e molti sono stati contattati dai partiti, perché volevano a tutti i costi che dentro la loro lista ci fosse, che so, il rappresentante del Movimento dei Focolari o dell’Azione Cattolica o degli Scout ecc… Questo è un modo perverso di ragionare, perché nessuno dei cattolici può entrare in politica pensando di rappresentare una realtà ecclesiale. Non è quello il ruolo, infatti: non è la Chiesa che entra in politica, sono le persone che riportano quello che loro hanno e sono. Quindi, bisogna guardarsi bene dall’entrare in politica, dando questa falsa impressione, che ci sia una “ecclesialità” che entra in politica. Non è così. Si entri pure in politica, allora, però – attenzione - avendo cura di non farsi strumentalizzare.

    inizio pagina

    Nella Chiesa e nel mondo



    Aiuto alla Chiesa che Soffre ricorda il centenario del suo fondatore: il padre Werenfried van Straaten

    ◊   «Insigne apostolo della carità». Così Giovanni Paolo II ha definito padre Werenfried van Straaten, fondatore di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs). Il Papa polacco ed il monaco olandese - riporta l'agenzia Zenit - erano legati da una profonda e duratura amicizia, nata quando Wojtyla era ancora arcivescovo di Cracovia. Ed è a Werenfried che, dopo il crollo del comunismo, il Pontefice affidò il compito di «restaurare l’amore» attraverso il sostegno alla sorella Chiesa ortodossa. Oggi, 17 gennaio, Aiuto alla Chiesa che Soffre festeggia il centenario della nascita del suo fondatore. Scomparso il 31 gennaio 2003, appena due settimane dopo il suo novantesimo compleanno, “il più grande mendicante del Novecento” lascia in eredità alla sua Opera l’esempio vibrante di oltre mezzo secolo di apostolato originale e coraggioso e il suo storico berretto nero, il “cappello dei milioni”, compagno instancabile di elemosine, «sempre assetato di offerte». «Il cappello è logoro e bucato – ironizzava – quindi mettete banconote e non monete. Altrimenti cadono!». Nella sua vita ha raccolto oltre tre miliardi di dollari per la Chiesa nel bisogno, spronato dalla convinzione che «gli uomini sono molto migliori di quanto si pensi. Attendono soltanto la parola ardente che infiammi i loro cuori». Una capacità non certo avulsa al suo immenso carisma e al vigore della sua carità. «Il nostro budget è fatto da promesse» ripeteva il monaco premostratense ricordando le innumerevoli volte in cui aveva promesso aiuto senza disporre delle risorse necessarie. «E tutto quello che abbiamo promesso, sempre abbiamo ricevuto, sempre, sempre. Dio non ha mai deluso la nostra fiducia». Quando a 21 anni entrò in abbazia a Tongerlo, Philippus van Straaten scelse il nome Werenfried, che significa «combattente per la pace». Quel nome diverrà il senso e l’espressione di una vita interamente dedicata ai «fratelli perseguitati» che ha sempre considerato «l’élite della nostra Chiesa». «Dio piange in tutti gli oppressi e i sofferenti del nostro tempo. E non possiamo amarLo senza asciugare le sue lacrime. Per questo ho cominciato a peregrinare attraverso i deserti di macerie e i campi di baracche della Germania sconfitta, attraverso i campi profughi in Europa e in Asia, in America Latina. Dovunque Dio piange». È questa la missione che ha affidato alla sua Opera, Aiuto alla Chiesa che Soffre, onorata dapprima con il sostegno ai rifugiati tedeschi in fuga dalla Germania orientale, poi nel dare voce alla Chiesa del silenzio aldilà della Cortina di ferro e in seguito oltre nuove “cortine” accanto a tutti i martiri della fede. Combattendo l’ateismo del comunismo materialista con la stessa tenacia con cui aveva combattuto il comunismo ateo. Dalla raccolta di lardo ai camion trasformati in “cappelle volanti”, dalla Bibbia illustrata per bambini fino ai “battelli-cappella” che diffondevano la parola di Dio lungo il Volga. Testimone del suo tempo, attraverso la sua geniale inventiva padre Werenfried ha saputo rispondere a bisogni materiali e soprattutto spirituali, sostenendo la pastorale della Chiesa che soffre. «La vostra opera è essenzialmente pastorale» scrisse Giovanni Paolo II nel 1987 e la dimensione pastorale si riflette nelle priorità dell’Opera, tra cui emergono il sostentamento a sacerdoti e religiosi e gli aiuti alla loro formazione. Padre Werenfried stesso faceva notare la natura essenzialmente sacerdotale del suo lavoro. «Non sono stato incaricato di risanare l’economia ma la vita di Cristo nel cuore degli uomini. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto da sacerdote, figlio della Chiesa cattolica». (R.P.)

    inizio pagina

    Terra Santa: le Chiese cristiane si preparano alla Settimana per l'Unità dei cristiani

    ◊   Sale l’attesa a Gerusalemme per la prossima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio). Un richiamo, quello all’unità, che urge particolarmente in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente, in questo periodo dominato da divisioni e persecuzioni. “Quel che il Signore esige da noi”, dal libro del profeta Michea, è il tema di quest'anno, proposto dai cristiani dell’India (Movimento Cristiano degli studenti in India), dal Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per l’unita dei cristiani, che si riferisce alla questione delle discriminazioni sia nella società indiana sia in tutto il mondo. Come tradizione - riferisce l'agenzia Sir - ogni giorno della settimana, i cristiani appartenenti alle diverse comunità locali della Città santa, si riuniranno nelle Chiese delle altre confessioni per pregare insieme. Si comincia sabato 19 gennaio nella Chiesa del Santo Sepolcro, al Calvario con l’Ufficio della chiesa greco ortodossa per proseguire nei giorni seguenti nella cattedrale anglicana di San Giorgio, in quella armena di San Giacomo, nella chiesa luterana del Redentore. Mercoledì, 23 gennaio, sarà la Custodia di Terra Santa a ospitare la preghiera nella chiesa di San Salvatore. Siro-ortodossi, etiopi-ortodossi e greco-ortodossi chiuderanno la settimana ospitando le altre comunità nelle rispettive chiese. (R.P.)

    inizio pagina

    Siria: appello dalla popolazione della Mesopotamia abbandonata a se stessa

    ◊   Hassakè, capoluogo della Mesopotamia (Siria Orientale), è una città fantasma, isolata dal resto del mondo. La popolazione soffre il freddo, non ha carburante, l'acqua scarseggia, c'è solo un'ora di elettricità al giorno. Oltre 25mila cristiani (siro-ortodossi, siro-cattolici, caldei, armeni) assiepati nella città, molti dei quali rifugiati dalle aree circostanti, lanciano un allarme per la sopravvivenza tramite alcuni messaggi pervenuti all'agenzia Fides. Dopo l’appello diffuso due mesi fa dai tre vescovi della regione, che “lanciavano un Sos per evitare la catastrofe”, “nulla è stato fatto: nessuno si cura della popolazione stremata di Hassake, che ha urgente bisogno di aiuti umanitari”, ribadiscono i presuli. I vescovi, come il siro-cattolico mons. Jacques Behnan Hindo e il siro-ortodosso mons. Matta Roham, stanno intensificando i contatti con gli altri leader cristiani siriani e con le organizzazioni umanitarie, ma la risposta che ricevono non lascia spiragli: “E’ impossibile portare aiuti ad Hassakè perchè è troppo pericoloso e mancano le minime condizioni di sicurezza”. Dopo la città di Tall Tamr, la regione è infestata da gruppi islamisti e terroristi che impongono numerosi posti di blocco sulle strade. Si tratta dei militanti di “Jubhat el Nosra”, fazione salafita che anche gli Stati Uniti hanno di recente inserito nela lista nera dei “gruppi terroristi”. A loro si aggiungono banditi comuni che compiono rapine, razzie, sequestri, saccheggi, anche in città. La popolazione “sta morendo lentamente, abbandonata a se stessa”, nota a Fides padre Ibrahim, prete cristiano residente ad Hassakè. “La popolazione soffre la fame e vive nel terrore” racconta. “Ogni giorno, alle 3 del pomeriggio, scatta una sorta di coprifuoco, perchè per le strade scorrazzano gruppi armati. Si susseguono i sequestri, a volte con richiesta di riscatto, a volte no. Nei giorni scorsi due fratelli della famiglia Bashr e due giovani della famiglia Fram sono stati uccisi a bruciapelo per strada. I giovani cristiani sono minacciati e terrorizzati, al 90% sono fuggiti dalla città. Se i giovani se ne vanno, a cosa serviranno le nostre chiese?”, dice sconsolato. Secondo quanto racconta all’agenzia Fides Georgius, studente universitario cristiano che ha la famiglia ad Hassakè e che da pochi giorni si è rifugiato in Libano, “i miliziani con le bandiere nere del gruppo Jubhat el Nosra hanno preso di mira tutti i giovani nati fa il 1990 e il 1992. Li cercano, li accusano di essere militari in servizio di leva, li uccidono a sangue freddo. Vogliono terrorizzare i giovani per impedire di arruolarsi”. La popolazione di Hassakè, allo stremo delle forze, riferisce Georgius, “teme l'assalto finale alla città che potrebbe causare l' esodo definitivo dei cristiani da Hassakè”. (R.P.)

    inizio pagina

    Siria: la testimonianza dei francescani sulle esplosioni all'università di Aleppo

    ◊   “All’una abbiamo sentito una grande esplosione e una pioggia di pietre e polvere; pochi minuti dopo un’altra esplosione, entrambe a non più di cento metri dall’episcopio, nel bivio che porta al vescovado e dalle Carmelitane e nella casa dello studente dell’università d’Aleppo adiacente”. È la testimonianza diretta dei frati francescani di Aleppo dell’attentato che martedì ha devastato alcune facoltà dell’università locale, provocando 82 morti e dando vita al solito balletto delle responsabilità tra i lealisti di Assad e i ribelli dell’opposizione. I frati, secondo quanto riferito dalla Custodia di Terra Santa, martedì scorso erano in chiesa per celebrare il secondo anniversario della consacrazione della cattedrale. “Le vetrate della chiesa e dell’episcopio sono andate in frantumi; le auto del collegio danneggiate dalle pietre; una studentessa che pregava in chiesa è stata colpita da un scheggia nella spalla. Il vicino ricovero delle suore indiane di Madre Teresa ha tutti i vetri rotti e depositi d’acqua danneggiati. La situazione più grave è dalle suore dorotee, poiché le più vicine al luogo delle esplosioni. Una suora, suor Rima Nasri, che tornava a casa in quel momento, sembra sia stata colpita in pieno e di lei si sono perse le tracce”. Per il resto i frati riferiscono che nei villaggi intorno al Aleppo la situazione non è facile ma stanno bene. A Yacoubieh c’è l’esercito, mentre i ribelli si trovano a Kenaye. (R.P.)

    inizio pagina

    Appello di Caritas Libano per i profughi siriani

    ◊   Fuggiti dalla guerra, oltre 400mila profughi siriani rischiano ora di morire di freddo, fame e malattie. Le recenti nevicate e alluvioni hanno allagato tende e baracche, privandoli anche degli indumenti e dei pochi viveri messi a disposizione dalle organizzazioni umanitarie. Alcuni non hanno nemmeno le scarpe per poter camminare nella neve e nel fango. "La situazione dei rifugiati siriani in Libano è sempre più drammatica", afferma all'agenzia AsiaNews, padre Simon Faddoul presidente di Caritas Libano. "I media - continua - si limitano a fornire numeri, ma dietro le fredde cifre si nascondono storie di sofferenza indescrivibili, nomi e volti di persone che hanno lasciato in patria mariti e figli, che forse non rivedranno mai più". Il sacerdote spiega che la guerra e la violenza di questi mesi hanno colpito ogni comunità religiosa, etnica, persone pro-regime e ribelli. Le agenzie umanitarie presenti al confine con la Siria non riescono a far fronte a questa emergenza. "Ogni giorno - spiega - si contano i viveri da dare a quelli già sistemati in tende o in rifugi di fortuna, ma non si ha nulla da dare ai nuovi arrivati, che hanno bisogno di tutto". Da quando è iniziata l'emergenza profughi in Libano la Caritas ha aiutato oltre 50mila fra donne, anziani e bambini, questi ultimi sono oltre 16mila. "Ormai - afferma padre Faddoul - abbiamo smesso di contare quante persone attraversano il confine. Nella valle della Bekaa nessuno conosce il loro numero preciso, ma si parla di centinaia di migliaia. In tutta sincerità non sappiamo quanto potremo resistere". Il responsabile Caritas dichiara che "ci sono giorni in cui il numero di persone è così alto che non troviamo il modo di soddisfare i loro bisogni, anche minimi. Con questo freddo servono coperte, pasti caldi, indumenti adeguati, ma purtroppo non abbiamo abbastanza risorse per trovarli e distribuirli fra la gente". Padre Faddoul lancia un appello a tutti i cattolici e invita a ogni uomo, donna di questo mondo "a fare in fretta e dare il suo contributo ai fratelli e le sorelle di Siria fuggite in Libano. La situazione di miseria stringe il cuore". "Il vostro aiuto - afferma - è necessario. Un piccolo contributo può alleviare le sofferenze di molti profughi". (R.P.)

    inizio pagina

    Egitto: no alla proposta di garantire seggi “riservati” ai cristiani nelle prossime elezioni

    ◊   La proposta di riservare quote ai copti nelle liste che entreranno in competizione nelle prossime elezioni parlamentari suscita reazioni negative in seno alle comunità cristiane in Egitto. L'idea era stata lanciata nei giorni scorsi dall'attivista per i diritti civili Naguib Gabriel, leader dell'Unione egiziana delle organizzazioni per i diritti umani (Euhro), che l'aveva presentata come una misura necessaria per contrastare l'irrilevanza politica dei cristiani nell'Egitto governato dai Fratelli Musulmani. Decine di noti leader e militanti politici di fede copta hanno espresso la loro contrarietà alla proposta in una dichiarazione rilanciata dalla stampa egiziana. Tra i firmatari del comunicato figurano anche figure autorevoli, come l'ex ministro del turismo Mounir Fakhry Abdel-Nour e George Ishak, leader di Kifaya, il movimento d'opposizione al regime di Mubarak fondato nel 2004. Nel loro intervento, i leader copti contrari alla proposta descrivono l'idea dei posti in lista garantiti come una rottura rispetto alla linea tradizionale seguita dai copti sul terreno politico."Noi - scrivono nel loro pronunciamento - ci rifiutiamo di dividere la nazione su base religiosa, attraverso ogni tipo di proposta legale”. Contattato dall'agenzia Fides, anche il vescovo ausiliare di Alessandria dei copti cattolici, Botros Fahim Awad Hanna, esprime le proprie perplessità rispetto all'idea di garantire per statuto seggi o posti in lista ai cristiani: “Il principio stesso di riservare ai cristiani in quanto tali un trattamento politico particolare mi sembra fuori luogo. Si favorisce il disegno di dividere il Paese secondo categorie religiose, o morali, o di condizione, scegliendo i rappresentanti politici sulla base di queste divisioni. Io preferisco, per il bene di tutti, che a governare siano i più competenti, a qualsiasi confessione religiosa, sesso, età e status sociale appartengano. Il sistema delle quote” aggiunge Anba Botros “finisce per esasperare le spinte settarie e consacra la condizione di emarginazione dei gruppi minoritari. Siamo tutti cittadini egiziani. Abbiamo tutti gli stessi diritti e doveri, da esercitare nel contesto di un Paese che pur nelle differenze deve rimanere unito. (R.P.)

    inizio pagina

    Iraq: da Nord a Sud di Baghdad un'altra giornata di attentati

    ◊   Almeno 14 persone uccise e altre 65 ferite: è il bilancio di una nuova giornata di attentati che hanno colpito diverse zone del Paese, inserendosi in un contesto di crescente insicurezza. Secondo fonti sanitarie locali l’attacco più pesante è stato messo a segno ad al Dujail, 60 chilometri a nord di Bagdhad, dove due autobombe sono esplose contemporaneamente uccidendo sette persone. A Hilla, 100 chilometri a sud della capitale, un altro attentato ha mietuto cinque vittime. Nei pressi della città santa di Kerbala - riferisce l'agenzia Misna - un ordigno magnetico collocato sotto un autobus ha ferito 17 persone, fra cui otto pellegrini sciiti originari dal Pakistan. Infine nel quartiere a maggioranza sciita di Husseiniyah, a nord-est di Bagdhad, due civili sono rimasti uccisi nell’esplosione di una bomba nascosta sul ciglio della strada. Gli attacchi odierni si sono verificati all’indomani di una pesante ondata di attentati che hanno causato 42 morti e 245 ai quattro angoli dell’Iraq, ma i fatti più gravi hanno avuto come bersagli le città settentrionali di Kirkuk e Tuz Khurmatu, in una zona che si trova al centro di una disputa tra autorità irachene e governanti della regione autonoma del Kurdistan iracheno. Media e osservatori hanno ricollegato le crescenti violenze che si manifestano in più provincie dell’instabile Paese alla crisi politica: attentati e proteste popolari degli ultimi mesi hanno preso una connotazione settaria, con i sunniti che accusano il capo del governo Nouri al Maliki (sciita) di emarginarli. (R.P.)

    inizio pagina

    Card. Sandri: le Chiese d'Oriente ci insegnano la solidarietà e ci fanno riscoprire la fede

    ◊   L'Oriente, vicino e lontano, "ha un impulso apostolico e missionario ammirevole, che aiuta l'Occidente a riscoprire la fede cristiana e i valori della solidarietà e dell'ospitalità. Anche nelle difficoltà che derivano dalla guerra e dalle necessità più stringenti, ripartono sempre dai valori cristiani. Sono un esempio". A parlare è il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali. Il porporato, ha partecipato ieri alla presentazione in Italia della Cnewa (la Catholic Near East Welfare Association), l'agenzia nordamericana con sede a New York - la presiede il cardinale Timothy Dolan - che venne fondata nel 1926 da Pio XI e si occupa di sostenere il "Vicino Oriente cristiano", dal Medio Oriente all'Africa del Nordest passando per l'India. Parlando all'agenzia AsiaNews il cardinale afferma che: "l'ospitalità è la qualità principale che caratterizza i popoli di rito orientale, una qualità che qui in Occidente dovremmo valorizzare di più. Lo dimostrano l'accoglienza e l'amore che si vedono nei campi profughi. Ma soprattutto, vedendo questa miriade di profughi ed esiliati che deve fuggire dalle guerre - penso soprattutto a quella siriana - colpisce in maniera positiva la solidarietà che viene loro espressa anche da quei fratelli che hanno davvero poco da offrire". Ma l'opera della Congregazione e della Cnewa non si limita al Medio Oriente: "Voglio mandare un messaggio di ammirazione alla Chiesa indiana, una Chiesa che non si restringe nei suoi tanti limiti ma che ha un impulso apostolico molto forte. Si spingono ad andare oltre tutte le difficoltà per annunciare il messaggio cristiano. Adesso si sta studiando un modo per aiutarli dal punto di vista pastorale, perché la diaspora indiana è una realtà con cui fare i conti. La Chiesa ha come obiettivo quello di essere vicina a tutte queste comunità, in modo che possano mantenere la fede che hanno ricevuto e che portano in Occidente. Per aiutarli in maniera concreta - conclude il presule - che cosa possiamo fare? Di certo non bastano le parole di commiserazione e vicinanza, per quanto sincere possano essere. Ci sono gesti concreti che si possono fare in maniera semplice, come donazioni e volontariato, attraverso tante istituzioni cattoliche che operano da tempo per il loro benessere. In questo senso voglio ringraziare AsiaNews per tutte le notizie che fornisce e che rendono conto della situazione in Medio Oriente, ma anche per la sua opera di sensibilizzazione nei confronti dei nostri fratelli qui in Italia". (R.P.)

    inizio pagina

    Mali. L'arcivescovo di Bamako: aiutateci a proteggere i civili

    ◊   “La crisi cominciata un anno fa è entrata da alcuni giorni in una fase particolarmente critica. Si apre un nuovo periodo di sofferenza per il popolo maliano, già messo a dura prova. Dalle organizzazioni caritatevoli internazionali, a cominciare dalla Caritas, ci auguriamo un sostegno generoso per aiutarci a dare assistenza al numero crescente di sfollati e rifugiati, curare i feriti e chi combatte al fronte”: è l’appello dell’arcivescovo di Bamako, mons. Jean Zerbo, raccolto dall'agenzia Misna nel sesto giorno di raid aerei francesi e nel primo di un’offensiva di terra avviata dai soldati di Parigi e di Bamako. “Il bisogno di cibo, acqua potabile, kit igienici, medicinali anti-malarici e beni di prima necessità andrà crescendo nelle prossime settimane, anche perché siamo nella stagione fredda e umida, il che complica non poco l’intervento umanitario. Poi siamo in guerra e non sappiamo quanto durerà” prosegue l’arcivescovo, che è anche presidente di Caritas Mali. Mons. Zerbo, contattato nella capitale, auspica “l’apertura di corridoi umanitari nel più breve tempo possibile”. Ma il presule guarda oltre la fase del conflitto e la conseguente emergenza umanitaria. “Speriamo in un esito felice che porti al respingimento fuori dal territorio maliano di forze islamiche che da un anno a questa parte hanno purtroppo alterato profondamente l’umanesimo africano e la cultura dei maliani fatta di tolleranza, dialogo e serena convivenza interreligiosa” dice l’arcivescovo di Bamako, insistendo sulla necessità di “cominciare un lavoro di educazione delle coscienze per estirpare i semi piantati dal fondamentalismo religioso e da individui che hanno strumentalizzato l’Islam”. Dal terreno, il responsabile della comunicazione di Caritas Mali, Gaston Goro, riferisce che gli interventi degli operatori sono “per il momento resi impossibili dalle difficili condizioni di sicurezza”, dovute alle operazioni militari in corso “che bloccano le strade e ci obbligano a essere prudenti”. A Mopti e Bamako gli addetti della Caritas maliana hanno già prestato cure e assistenza ai feriti. Ma per le strade del Paese si sono messi in viaggio migliaia di civili in fuga dagli epicentri dell’offensiva – Konna, Diabali e Douentza al centro, Gao e Timbuctù al nord – o per mettersi al riparo da futuri scontri, varcando i confini con i vicini Niger, Mauritania e Burkina Faso. Da Niamey, Amadou Tidjani, della Croce Rossa locale, conferma che a oggi 60.000 rifugiati maliani si trovano in territorio nigerino. Ma dall’inizio dell’offensiva militare, aggiunge il responsabile, “non abbiamo ancora registrato arrivi di massa che crediamo possano verificarsi nelle prossime settimane”. Tidjani pensa in particolare ai cinque campi allestiti da tempo nelle regioni settentrionali, come Tillabéry. “Dall’inizio della crisi nel gennaio 2012 assieme al Programma Alimentare Mondiale distribuiamo cibo a chi è scappato in condizioni molto precarie dal nord del Mali. In tempi brevi prevediamo che la richiesta di aiuti aumenti man mano che entreranno nuovi rifugiati” dice ancora l’operatore umanitario, sottolineando che “negli ultimi tempi alcuni di loro hanno cercato di raggiungere parenti e amici che erano scappati in altri Paesi della regione”. Secondo gli ultimi bilanci forniti dall’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha), i civili costretti a trovare riparo nei Paesi vicini sono saliti a circa 150.000: 54.100 si trovano in Mauritania, 50.000 in Niger, 38.800 in Burkina Faso e 1500 in Algeria. Il numero degli sfollati interni si attesta sui 230.000. Per rispondere all’emergenza il Pam ha calcolato di aver bisogno di aiuti per almeno 129 milioni di dollari. (R.P.)

    inizio pagina

    Congo: dubbi sul cessate il fuoco unilaterale annunciato dall’M23

    ◊   L’8 gennaio, l’M23, il movimento armato protagonista di una guerra nel Nord Kivu, ad est della Repubblica Democratica del Congo (Rdc) ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale, nel corso delle trattative con il governo di Kinshasa, che si tengono in Uganda. “Perché questo cambiamento repentino da parte dell’M23?” si chiede una nota inviata all’agenzia Fides dalla Rete Pace per il Congo. Secondo la Rete “Due ipotesi sembrano probabili. O l’M23 ha parzialmente ceduto di fronte alla pressione esercitata su di esso da parte della comunità internazionale (vedi le ultime sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu nei confronti di alcuni suoi dirigenti) o è Kinshasa che ha ceduto a certe richieste dell’M23. Alcune fonti fanno capire che la grande concessione che il governo ha fatto all’M23 sarebbe la promessa di dirigere, entro breve tempo, la Banca Centrale del Congo (Bcc)”. “Nel caso in cui tali informazioni fossero confermate, gli alleati dell’M23, cioè il Rwanda e l’Uganda, potrebbero avere pieno accesso ad uno dei principali simboli della sovranità della Rdc: la banca. Avendo il controllo sulla Bcc, potranno influire sul funzionamento dello Stato e spingere il governo a cedere continuamente di fronte alle loro richieste. In tal caso, il trasferimento di valute liquide dalla Bcc a qualsiasi banca di Kigali e di Kampala potrebbe effettuarsi con tutta facilità. Così ciò che perderanno con il tramonto del saccheggio delle risorse naturali, se lo riprenderanno attingendo al tesoro pubblico congolese. Secondo l’opinione di alcuni specialisti dei Grandi Laghi, si tratterrebbe di una delle ultime operazioni per completare la realizzazione del progetto di frammentazione della Rdc” conclude la nota. (R.P.)

    inizio pagina

    Aids in Africa: progressi e speranze nel rapporto Onu

    ◊   Il numero dei nuovi contagi da virus dell’hiv è diminuito in modo significativo negli ultimi sei anni, addirittura del 73% in Malawi e di oltre il 40% in Botswana, Namibia, Zambia, Zimbabwe e Sudafrica: lo rivela uno studio sull’Africa di Unaids, l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto all’Aids. Secondo la ricerca, pubblicata questa settimana e ripresa dall'agenzia Misna, i progressi hanno consentito una riduzione di un terzo del numero delle persone uccise della malattia. Passi avanti sono stati compiuti anche in Swaziland, il Paese con il tasso di diffusione dell’hiv più elevato al mondo, dove le nuove infezioni sono diminuite del 37%. Nello studio di Unaids si sottolinea l’importanza del contributo dei programmi di assistenza fondati sui farmaci antiretrovirali. Programmi che, evidenziano gli esperti, sono stati accompagnati da una netta riduzione dei casi di trasmissione del virus da madre a figlio. In sei Paesi, Burundi, Kenya, Namibia, Sudafrica, Togo e Zambia, il numero dei neonati portatori del virus è diminuito tra il 2009 e il 2011 di oltre il 40%. Il rapporto di Unaids è stato rilanciato in Africa da molti mezzi di informazione. In diversi articoli di stampa la soddisfazione per i progressi ottenuti si intreccia alla consapevolezza delle difficoltà ancora da affrontare. Come ha sottolineato il direttore di Unaids, Michel Sidibé, “stiamo passando dalla disperazione alla speranza”. (R.P.)

    inizio pagina

    Sudafrica: Conferenza dei vescovi sul ruolo della Chiesa contro l'Aids

    ◊   La Conferenza si terrà dal 20 al 22 gennaio presso l’Istituto teologico St. Joseph, a Cedara. I lavori saranno introdotti dal card. Wilfrid Cardinal Napier, arcivescovo di Durban. Prenderà quindi la parola padre Michael Czerny, del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace che svolgerà una relazione introduttiva sul tema centrale dell’incontro. Seguirà, al termine della prima giornata, l’intervento di padre Agbonkhianmeghe Orobator, esponente dell’Hekima College del Kenya, il quale si soffermerà sul contesto africano. Tre i relatori principali della seconda giornata: suor Alison Munro, che parlerà della "Risposta della Chiesa cattolica all’Aids dalla prospettiva dell’Ufficio per l’Aids della Sacbc"; di nuovo il card. Wilfrid Napier che interverrà sul tema “Risposte della Chiesa nel contesto urbano” locale, e di mons. Kevin Dowling, vescovo di Rustenburg, che invece affronterà la questione “nel contesto rurale”. Ulteriori aspetti teologici e etici saranno affrontati nel corso della stessa giornata di domenica e lunedì. (L.Z.)

    inizio pagina

    Alluvioni in Niger: sfollati, infezioni e danni all’agricoltura

    ◊   A seguito dell’inondazione delle zone costiere del fiume Niger, circa 800 famiglie nigerine sono state costrette al trasferimento in aree più sicure del paese. A Séno, località all’interno di uno dei cinque distretti di Niamey, tra gli altri aiuti, come la distribuzione di farina, zucchero e coperte, è stata anche allestita una clinica mobile al fine di dare assistenza alla popolazione proveniente dalle rive del fiume. Si cerca di far fronte alle infezioni più frequenti come malaria, diarrea e malattie respiratorie, che colpiscono soprattutto i bambini. Il governo, inoltre - riferisce l'agenzia Fides - ha affermato che provvederà alla bonifica di circa 70 ettari di territorio per dare accoglienza alle famiglie colpite dalle inondazioni. Già nei mesi precedenti, tra agosto e settembre 2012, le alluvioni avevano provocato seri danni: più di 500 mila gli sfollati, 80 i morti e migliaia le risaie allagate. In queste ore, mentre da un lato, si contano, dunque, ingenti danni all’agricoltura, dall’altro le piogge hanno favorito i raccolti e i pascoli in diverse zone del paese, registrando perciò un segnale positivo per il miglioramento della sicurezza alimentare. (R.C.)


    inizio pagina

    Colombia. Ancora violenze: assassinato un sacerdote

    ◊   Il sacerdote diocesano don José Francisco Vélez Echeverri, 55 anni, è stato trovato morto ieri, con ferite di arma da taglio, nel cortile della sua casa nel quartiere El Albergue, a sud di Buga, a circa 250 chilometri dalla capitale Bogotà, in Colombia. Secondo la nota inviata all’agenzia Fides, i vicini di casa hanno riferito di aver visto una persona allontanarsi in bicicletta dall'abitazione del sacerdote qualche ora prima del ritrovamento del corpo senza vita. Dalle prime ipotesi formulate dalle autorità sembra si tratti di un furto finito in tragedia. Don José era molto impegnato nel sociale e non aveva, secondo le testimonianze dei fedeli, nessun nemico. L'omicidio ha causato costernazione e profondo dolore in tutta la diocesi di Buga, guidata da mons. José Roberto Ospina Leongómez. Don José Francisco, ordinato sacerdote il 20 gennaio 1990, per due anni è stato parroco nella parrocchia Niño Jesús de Praga (Bambino Gesù di Praga), nel Comune di Tuluà. Ha collaborato anche nelle parrocchie di Alto Bonito e San Vicente de Paul, a Buga, e nelle parrocchie del Sacro Cuore di Gesù e della Sacra Famiglia, a Sevilla. Secondo il conteggio realizzato annualmente dall’agenzia Fides, nel 2012, per la quarta volta consecutiva, l’America ha registrato il numero più alto di operatori pastorali uccisi rispetto agli altri continenti. In Colombia nel 2012 è stato ucciso un sacerdote; nel 2011 sono stati uccisi 6 sacerdoti e un laico; nel 2010 hanno trovato la morte 3 sacerdoti ed un religioso; nel 2009 sono morti violentemente 5 sacerdoti ed un laico. (R.P.)

    inizio pagina

    Libertà religiosa: i vescovi inglesi sulla sentenza della Corte Europea

    ◊   Per la Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles la sentenza della Corte europea dei diritti umani sui casi dei quattro dipendenti che erano entrati in conflitto col datore di lavoro perché volevano manifestare la propria religione, hanno aspetti sia positivi sia negativi. In un commento diffuso ieri e ripreso dall'agenzia Sir, i vescovi commentano in modo positivo il caso di Nadia Eweida, una dipendente della “British Airways”, alla quale la corte di Strasburgo ha riconosciuto il diritto di portare la croce sul posto di lavoro. Si dicono “delusi” negli altri tre casi, quello di Lillian Ladele, una dipendente pubblica che non aveva voluto celebrare unioni civili, Gary McFarlane, un counsellor, che non ha voluto aiutare, con terapie sessuali, una coppia gay, e Shirley Chaplin alla quale il datore ha impedito d’indossare una croce. La Corte non avrebbe voluto riconoscere, con queste sentenze, secondo i vescovi, che “la religione costituisce una parte fondamentale dell’identità di un individuo”. “Bisogna dare il benvenuto alla sentenza a favore della signora Eweida perché riconosce che, nel negarle la richiesta d’indossare una croce, i suoi dipendenti interferivano con i diritti dell’articolo 9 della legge sui diritti umani che si occupa di libertà di esprimere la propria religione e speriamo che questa decisione allarghi l’obbiettivo di protezione dell’articolo 9 in casi come questo”. Nei casi, invece, di Ladele, McFarlane e Chaplain, “la sentenza della Corte, è deludente”, dicono i vescovi. “Religione e coscienza costituiscono aspetti fondamentali dell’identità di un individuo. C’è da sperare che, in casi futuri, le Corti daranno più peso a questo quando giudicano richieste riguardanti libertà e discriminazioni religiose sulla base della convenzione dei diritti umani”. “La Chiesa incoraggia con forza la risoluzione di dispute di questo tipo senza ricorso ai Tribunali”, si legge ancora nel comunicato dei vescovi. “In molti casi applicare il buon senso dovrebbe consentire di trovare un accordo ragionevole tra diversi diritti in conflitto. Ma, in un ambiente complesso e, a volte, contestato, questo non è sempre possibile. È essenziale che coloro che si vedono ristretto l’esercizio di libertà religiose legittime o si ritrovino vittime di discriminazione religiosa possano essere sicuri che i Tribunali europei e nazionali considerano la violazione della Convenzione dei diritti umani grave quanto quella di altri diritti protetti dalla legge”. (R.P.)

    inizio pagina

    Francia. I vescovi: sui matrimoni gay si rischia una spaccatura profonda

    ◊   In vista del dibattito parlamentare in programma in Francia a fine mese sul progetto di legge che apre matrimonio e adozione alle coppie omosessuali (“mariage pour tous”), i politici non possono ignorare l’opinione espressa domenica scorsa dai cittadini francesi, perché altrimenti rischiano di “recare un danno al buon funzionamento della democrazia”. Questa l’opinione espressa ieri in una nota dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale francese, che dunque per la prima volta si pronuncia in maniera ufficiale sulla manifestazione del 13 gennaio e sulle prospettive del progetto di legge che andrà in discussione all’Assemblea nazionale il 29 gennaio. “Da molti mesi - si legge nella nota firmata in primis dal cardinale presidente André Vingt-Trois - abbiamo allertato il governo e l’opinione pubblica sul rischio di una spaccatura profonda che rappresentava all’interno della società francese, il disegno di legge che consente il matrimonio e l’adozione alle persone dello stesso sesso. Questa spaccatura è tanto più deplorevole quanto più il nostro Paese sta vivendo un periodo di forti difficoltà economiche e sociali che dovrebbe portare i responsabili politici a unire il Paese. L’ampiezza eccezionale della manifestazione di domenica - proseguono i vescovi - dimostra, se ce n’è bisogno, che questa allerta era fondata”. L’episcopato sottolinea, nella nota, che a scendere in piazza nei tre cordoni, convergenti verso Champ de Mars, sono state “persone di tutte le regioni di Francia, giovani e anziani, famiglie con i loro bambini”. Gente di “tutte le opinioni, religioni o senza credo religioso”. Hanno sfilato “con convinzione e senza aggressività”. “In questa grande diversità - prosegue la nota - il denominatore comune era il riconoscimento della famiglia, l’interesse superiore dei bambini e il rispetto della filiazione”. Da qui il richiamo ai responsabili politici affinché non ignorino l’opinione di tutti questi cittadini proseguendo in quello che definiscono una “riforma di civiltà”. E aggiungono: “La missione della politica è fornire il quadro di un’autentica riflessione sociale sulle questioni sociali che sono la trasmissione della vita e la natura dei rapporti umani. Ecco perché auspichiamo che, in occasione del dibattito parlamentare, gli eletti e i politici propongano soluzioni e formulazione che siano rispettose del carattere eterosessuale del matrimonio, della filiazione e delle persone omosessuali. Da parte nostra, come vescovi, invitiamo la comunità cattolica a proseguire la riflessione su questi temi fondamentali”. (R.P.)

    inizio pagina

    Repubblica Ceca: i vescovi cattolici sulle elezioni presidenziali

    ◊   “I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali mostrano che i nostri cittadini hanno raccolto questa sfida con la massima serietà e responsabilità dando il loro voto a personalità che hanno già dimostrato di avere esperienza alla guida della nazione”. Lo hanno scritto i membri del Consiglio permanente della Conferenza episcopale ceca in occasione delle prime elezioni presidenziali della storia della Repubblica Ceca in un comunicato firmato il 15 gennaio dal card. Dominik Duka, arcivescovo di Praga, mons. Jan Graubner, arcivescovo di Olomouc, mons. Frantisek Lobkowicz, vescovo di Ostrava-Opava, e mons. Frantisek Radkovský, vescovo di Pilsen. “Ci auguriamo che l’approccio al secondo turno delle elezioni abbia lo stesso livello di serietà e che i nostri voti vadano a un candidato che - come rappresentante dello Stato - saprà essere responsabile per il Paese e rappresentare con lealtà la nostra cultura ispirandosi ai principi morali”, concludono i vescovi. Il secondo turno delle elezioni presidenziali si terrà dal 25 al 26 gennaio con due candidati: Milos Zeman, ex primo ministro, e Karel Schwarzenberg, leader del partito Top09 ed ex ministro degli affari esteri. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 17

    inizio pagina
    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.