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Sommario del 11/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • In udienza dal Papa il presidente della Regione Lazio Polverini e il sindaco di Roma Alemanno
  • Domenica Giornata mondiale del Migrante. Il Papa: regola d'oro è la solidarietà
  • Conclusa la visita del card. Sandri in Egitto: libertà, sicurezza e dignità per i popoli del Medio Oriente
  • Mons. Fisichella: questioni etiche e giustizia sociale nell'agenda dei cattolici
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Pakistan. Raffica di attentati, oltre 110 morti. Attacchi contro la comunità sciita
  • Siria: scontri e morti. Grave l'emergenza umanitaria: servono medicine e ambulanze
  • Rehn: ripresa nell’Eurozona solo dal 2014. Becchetti: eccessive misure di austerity nell'Ue
  • Repubblica Ceca alle urne per le presidenziali. Le prime a elezione diretta
  • Il dramma delle spose-bambine, 10 milioni nel mondo ogni anno
  • Sostenere i cristiani del Medio Oriente: l'impegno dell'associazione americana Cnewa
  • Istat, ancora in calo i prezzi delle case nel 2012. Cause: crisi e difficile accesso al credito
  • L’Aja: inaugurato Centro contro i reati on line promosso dall’Ue
  • L'Aiart su Guzzanti: no ai bavagli alla satira ma rispettare i sentimenti religiosi dei credenti
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Mons. Sako: un Iraq diviso e violento è un “inverno arabo” per cristiani e musulmani
  • Egitto: con il Patriarca Tawadros più vicino un Consiglio delle Chiese cristiane
  • Vietnam: il monastero carmelitano di Hanoi sotto le ruspe del governo. Appello dei cattolici
  • Mali: Onu esorta dispiegamento della missione internazionale contro i ribelli
  • Centrafrica: i ribelli accettano la tregua. I vescovi denunciano le violenze
  • Panama: i vescovi stigmatizzano la “crescente delusione sociale”
  • Messico: diocesi di Zamora in preghiera per il sacerdote scomparso a dicembre
  • Iran: a fine mese riprendono i negoziati del 5+1 sul nucleare
  • Yemen. L’Unhcr lancia l’allarme contro la tratta delle donne abusate sessualmente
  • Sud Corea: Lettera pastorale dei vescovi sull'evangelizzazione
  • Card. Ruini: no a "riduzione della ragione a dominio della natura"
  • Slovacchia: i vescovi chiedono la revoca della registrazione della pillola abortiva
  • Austria: nel 2012 in calo i fedeli usciti dalla Chiesa
  • Svizzera: campagna ecumenica di Quaresima sulla tutela delle terre agricole
  • Le reliquie di Don Bosco in pellegrinaggio in Gran Bretagna
  • Il Papa e la Santa Sede



    In udienza dal Papa il presidente della Regione Lazio Polverini e il sindaco di Roma Alemanno

    ◊   Fitta agenda di udienze per Benedetto XVI, che questa mattina ha ricevuto il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. L'on. Nicola Zingaretti non è stato invitato quest'anno all'udienza in quanto ufficialmente non più presidente della Provincia dal 28 dicembre 2012, giorno di scadenza del suo mandato.

    Benedetto XVI ha poi ricevuto il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, vicario generale di Sua Santità per la città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro.

    Nel pomeriggio alle 18, sarà la volta del tradizionale incontro del Papa con gli ufficiali e i membri del Corpo della Gendarmeria Vaticana.

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    Domenica Giornata mondiale del Migrante. Il Papa: regola d'oro è la solidarietà

    ◊   Domenica prossima, si celebra la Giornata mondiale del Migrante e del rifugiato: alcuni giorni fa è stato pubblicato il Messaggio che Benedetto XVI ha dedicato a questo appuntamento. “Migrazioni: pellegrinaggio di fede e di speranza” recita il titolo del Messaggio: un augurio che il Papa rivolge a tutti coloro che cambiano Paese in cerca di migliori condizioni, ma anche alle nazioni di approdo perché aprano le porte in segno di solidarietà. Alessandro De Carolis ripropone alcune considerazioni di Benedetto XVI su questo tema:

    Come si accoglie un immigrato? Con il massimo dell’indifferenza, o il minimo di considerazione: per la sua persona, la sua famiglia, per i fantasmi che si porta dentro... Sono molto diffusi questi due sentimenti. Ha visto la morte in faccia rimbalzando di notte su uno scafo a pelo d’acqua? È arrivato in un container rovente a 50 gradi, con i figli morti accanto? Questo ha importanza per chi – forze dell’ordine, medici, infermieri, volontari – prova a restituire un brandello di dignità a chi ha negli occhi i riflessi dell’inferno che ha appena vissuto. Ma un senso di inerzia e di generale fastidio – che talvolta si spinge fino a ciechi rigurgiti di odio – distingue la reazione di tanta gente, che con più o meno volontà fa il deserto intorno a sventurati che forse lo hanno appena attraversato. Per voi però, ha detto mille volte Benedetto XVI ai cristiani, non sia così:

    “Nella sua azione di accoglienza e di dialogo con i migranti e gli itineranti, la comunità cristiana ha, come punto di riferimento costante, la persona di Cristo nostro Signore. Egli ha lasciato ai suoi discepoli una regola d’oro secondo cui impostare la propria vita: il comandamento nuovo dell’amore”. (Udienza al Pontificio Consiglio dei Migranti, 15 maggio 2008).

    Perché allora nel bagaglio di coloro che emigrano da situazioni difficili non vi sia solo un calvario assicurato dal viaggio e un futuro indecifrabile ma “fede e speranza” – come auspica il Papa nel Messaggio per la Giornata dei Migranti – bisogna compiere un netto salto di civiltà. E il cristianesimo aiuta a cambiare visione:

    “Le migrazioni invitano a mettere in luce l’unità della famiglia umana, il valore dell’accoglienza, dell’ospitalità e dell’amore per il prossimo. Ciò va però tradotto in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine verso gli altri, specialmente verso i bisognosi (...) Ecco perché la Chiesa invita i fedeli ad aprire il cuore ai migranti e alle loro famiglie, sapendo che essi non sono solo un ‘problema’, ma costituiscono una ‘risorsa’”. (Congresso mondiale dei migranti, 9 novembre 2009).

    Risorsa perché per la Chiesa – e Benedetto XVI lo ribadisce anche nel Messaggio di quest’anno – “migranti e rifugiati possono contribuire al benessere dei Paesi di arrivo con le loro competenze”. E se il diritto a emigrare è uno di quei pilastri fondamentali della libertà individuale, lo è anche – scrive il Papa nel Messaggio – quello dello Stato “di regolare i flussi migratori”.

    “L’emergenza in cui si è trasformata nei nostri tempi (...) ci interpella e, mentre sollecita la nostra solidarietà, impone, nello stesso tempo, efficaci risposte politiche (...) Senso di responsabilità devono mostrare anche i Paesi di origine, non solo perché si tratta di loro concittadini, ma anche per rimuovere le cause di migrazione irregolare, come pure per stroncare, alle radici, tutte le forme di criminalità ad essa collegate”.

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    Conclusa la visita del card. Sandri in Egitto: libertà, sicurezza e dignità per i popoli del Medio Oriente

    ◊   “Ti ringraziamo Signore, perché ci hai donato di poter edificare questo spazio. L’inaugurazione di una nuova Chiesa sottolinea il legame tra liturgia e vita”. Si è concluso così, ieri sera, con la celebrazione della Messa nella nuova Chiesa dedicata alla Madonna della Pace a Sharm-El-Sheik, il viaggio in Egitto del cardinale Leonardo Sandri, iniziato il 6 gennaio scorso. Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, citando l’annuncio del profeta Isaia – “In quel giorno…anche gli Egiziani riconosceranno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte… ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo alla terra d’Egitto” – ha chiesto ai fedeli di non smettere di sperare, di verificare se “veramente confidiamo nella fedeltà di Dio”. “Colui che fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era posto nel mezzo” come è scritto nella lettera agli Efesini, “oggi ci consente nella terra di Egitto di benedire l’altare perché si possa celebrare il culto a Lui gradito”. Al termine dell’omelia, il cardinale Sandri ha ricordato “insieme ai profughi siriani, coloro che ovunque e purtroppo non lontano da noi vengono fatti transitare come schiavi o prigionieri provenienti dall’Eritrea, dall’Etiopia, o da altre zone dell’Africa”, affidando alla Madonna della Pace “la preghiera per tutti i cristiani che soffrono e per tutti i popoli vittime delle guerre, sempre insensate. A tutti ottenga – ha detto - come Madre del Principe della Pace, libertà (anche religiosa), sicurezza e dignità”. Il cardinale Sandri rientra oggi al Cairo per far poi ritorno a Roma (L.P.)

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    Mons. Fisichella: questioni etiche e giustizia sociale nell'agenda dei cattolici

    ◊   Si fa sempre più intenso il dibattito elettorale in Italia, che vede una rinnovata presenza dei cattolici nei vari schieramenti. A risultare tuttavia quasi del tutto assenti dal confronto politico sono soprattutto i temi etici: lo rileva l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, intervistato da Luca Collodi:

    R. – E’ una scelta che è comprensibile, ma non è politicamente corretta. Perché se un politico è cattolico, è cosa ovvia che abbia ad esprimere nel suo impegno politico ciò che è consequenziale alla sua scelta di fede. Questo non vuol dire che poi si facciano delle scelte confessionali in alternativa a delle scelte laiche: questo significa che il parlamentare deve cercare di esprimere al meglio la sua consapevolezza, ben sapendo che anche persone che non hanno fede, e che vivono in una dimensione differente, convergono su questioni e principi etici fondamentali.

    D. – C’è anche una situazione di crisi economica che sta attraversando l’Italia ma anche l’Europa e il mondo. In questa fase, secondo lei, non sarebbe meglio concentrarsi sullo spread sociale, come ultimamente ha ricordato anche il Papa, per ridurlo, allentando un po’ la morsa del rigore finanziario seguito fino a qui dall’Unione Europea?

    R. – Il Papa volutamente ha trovato questa bella espressione di uno “spread sociale”, che indica già l’orientamento. In una crisi economica così forte e così troppo, troppo lunga come quella che si sta vivendo a livello internazionale – e alcuni Paesi la vivono in maniera ancora più drammatica – non si deve e non si può neppure dimenticare mai che l’economia è al servizio della persona e del bene comune, non l’opposto. Cioè, non è la persona al servizio dell’economia: per noi vale l’opposto. L’economia è al servizio della persona e l’economia deve trovare tutte quelle forme che sono da adoperare perché venga raggiunto il bene comune. Questo, ovviamente, deve avvenire nel rispetto della giustizia sociale.

    D. – Si è parlato molto di rinnovamento della politica anche nelle assisi cattoliche. Lei vede qualcosa di nuovo che sta avanzando nel campo della politica italiana?

    R. – Io ho forte timore che la frammentazione della presenza cattolica abbia a portare a una irrilevanza della presenza dei cattolici. Sono convinto che la presenza pluralistica dei cattolici in diversi partiti permanga come una ricchezza, perché è pur sempre un seme che viene messo in diverse realtà e ha lo scopo di animare le diverse realtà, anche in presenza di concezioni differenti della società e della vita. Però, questa ricchezza non può diventare irrilevante. Ed ecco perché spetterà proprio ai singoli parlamentari il dover mantenere sempre attenta, vigile e costante questa loro responsabilità.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale del priore fratel Alois dal titolo “Quel silenzio in Piazza San Pietro”: l'incontro europeo di Taizè a Roma.

    In rilievo, nell’informazione internazionale, le violenze in Pakistan che ieri hanno provocato più di cento morti.

    In cultura, un articolo di Silvia Guidi dal titolo “E’ ‘glaucops’ il gemello latino del Petit Nicolas”: grande successo di vendite per “Pullus Nicolellus”, la traduzione nella lingua di Cicerone di un libro amatissimo dai bambini francesi, che sarebbe piaciuto a Sant'Agostino.

    Uno starec non fugge dal mondo: Rossella Fabiani sul monastero di Optina Pustyn’, a duecento chilometri da Mosca.

    Oddone Camerana recensisce il romanzo di Paolo Toso “La verità di carta. Romanzo a Palazzo di Giustizia”.

    Umili splendori della devozione: Antonio Paolucci su una mostra, a Castelfiorentino, su manufatti in carta e paglia del XVII e XVIII secolo.

    Alle origini del documentario: Claudia Di Giovanni su Martin e Osa Johnson, i pionieri del film etnografico sul grande schermo, tra esplorazione e spettacolo.

    Le ragioni di chi manifesta: nell’informazione religiosa, il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, e Jérome Vignon, presidente delle Settimane sociali di Francia, sul “matrimonio per tutti”.

    Integrazione e rispetto per vincere la paura dell’altro: nell’informazione vaticana, intervista di Nicola Gori al cardinale Antonio Maria Vegliò, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.

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    Oggi in Primo Piano



    Pakistan. Raffica di attentati, oltre 110 morti. Attacchi contro la comunità sciita

    ◊   Resta tesa la situazione in Pakistan. Sono oltre 115 le persone che hanno perso la vita ieri nell’ennesima giornata di violenza nel Paese. Una raffica di attentati, rivendicati da un gruppo legato ad Al Qaeda, che ha preso di mira la comunità sciita. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Gli attacchi violenti avvenuti a Quetta, ma anche in altre parti del Paese, hanno spinto i leader sciiti pakistani a chiedere all’esercito di prendere il controllo della città per proteggere la comunità. Secondo l’ultimo rapporto di Human Right Watch, il 2012 è stato l’anno più sanguinoso per gli sciiti, con oltre 400 morti. Ieri, l’attacco più devastante è avvenuto in una sala biliardo, in un quartiere a maggioranza sciita, con un kamikaze che si è fatto saltare in aria. All’arrivo dei soccorsi poi una bomba azionata a distanza ha di nuovo seminato morte. A rivendicare le azioni il gruppo estremista sunnita Lashkar-e-Jhangvi, legato ad al-Qaeda e ai talebani pakistani, coinvolto in passato nel rapimento e nell'uccisione del giornalista americano Daniel Pearl, decapitato nel gennaio 2002. E ieri, attacchi si sono verificati anche nella valle dello Swat e nel Waziristan, al confine con l’Afganistan, riaccendendo così la guerra settaria tra sciiti e sunniti.

    Come spiegare questa escalation di violenza? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Stefano Vecchia, giornalista esperto di questioni asiatiche:

    R. - Bisogna partire, anzitutto, dalla constatazione che il Pakistan è un Paese estremamente complesso con una serie di componenti religiose, etnico-linguistiche e sociali che ne fanno veramente una realtà particolare e di difficile comprensione. Dal punto di vista religioso, la maggioranza della popolazione è musulmana sunnita: gli sciiti sono tra il 15 ed il 20% degli abitanti del Paese, una minoranza concentrata in particolare in alcune aree dove già esistono problemi come il tribalismo. Una situazione che toglie di fatto queste aree – penso al Waziristan o parte del Balucistan – dal controllo governativo, quindi controllano i capi tribali che sono in maggioranza sunnita e che però vanno a controllare una popolazione sciita e questo provoca delle tensioni. Oppure, il fatto che questi gruppi – parlo in particolare di Lashkar-e-Jhangvi – sono fondamentalmente dei gruppi jihadisti, che colpiscono quelli che sono i loro vicini più immediati: in parte le minoranze religiose – come quella cristiana, induista e buddista – ma poi, soprattutto, gli “avversari storici” ovvero gli sciiti.

    D. – Qual è l’obiettivo al quale questi gruppi ribelli vogliono arrivare?

    R. – Sostanzialmente, il caos perché, in una situazione di destabilizzazione, il Pakistan esploderebbe creando un’instabilità profonda in tutta la regione. Il contagio dall’Afghanistan ha raggiunto il Pakistan già da parecchio tempo e questi gruppi oltranzisti – di matrice jihadista, o in qualche modo collegata ad Al Qaeda – stanno provocando situazioni di caos. Le esplosioni sono ormai un fatto quotidiano. In questo particolare momento, colpiscono soprattutto gli sciiti, ma ricordo che hanno colpito con almeno 30 mila morti, solo lo scorso anno, tutto il Paese. Quindi, è uno “sparare nel mucchio”, che va soltanto a favorire una confusione e una destabilizzazione da cui questi gruppi radicali pensano di trarre profitto, per imporre un islamismo puro di matrice jihadista con la speranza che questo porti alla destabilizzazione dell’Afghanistan dopo il 2014, in una situazione veramente grave e per certi aspetti incontrollabile.

    D. – L’Afghanistan: proprio di questo argomento, oggi, si discuterà alla Casa Bianca nell'incontro tra il presidente americano, Obama, e quello afghano, Karzai. È possibile, secondo te – visto che ci sono delle azioni continue e costanti da parte dei droni americani, nel Waziristan – che si arrivi ad una fine di questi raid?

    R. – Non direi. Il problema è che la partenza degli americani lascerà aperti molti, molti problemi. Certamente, i talebani non scompariranno da un giorno all’altro e manterranno le loro roccaforti all’interno del territorio pakistano. Di conseguenza, la tensione resterà alta e, comunque, gli americani – ma in generale la comunità internazionale – dovranno prenderne atto ed operare. Dovranno farlo con delle azioni belliche selettive, dovranno farlo assolutamente con una fortissima pressione diplomatica e anche alimentando, permettendo e consentendo lo sviluppo in queste regioni. Sviluppo che deve essere economico, ma deve anche essere sociale e socio-culturale.

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    Siria: scontri e morti. Grave l'emergenza umanitaria: servono medicine e ambulanze

    ◊   In Siria, prosegue senza sosta lo scontro tra esercito e insorti. L'aeroporto militare di Taftanaz, nella provincia settentrionale di Idlib, è stato conquistato oggi da forze dell'opposizione e successivamente bombardato dai lealisti. Sul fronte diplomatico, oggi a Ginevra l’incontro tra il mediatore di Onu e Lega Araba, Brahimi, e i viceministri degli Esteri di Russia e Stati Uniti. Intanto, a causa delle violenze e del freddo intenso, è sempre più grave l’emergenza umanitaria per le decine di migliaia di profughi siriani in fuga dalla guerra civile, sia all’interno, che fuori del territorio nazionale. Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza del medico italo-siriano, Mohamed Nour Dachan, delegato per l’Italia del Consiglio nazionale dell’opposizione, appena rientrato dalla Siria:

    R. – Mi si permetta di non parlare di "guerra civile", perché i civili non si stanno combattendo. Infatti, i morti di questo conflitto sono sinora oltre 61 mila e l’80% sono civili.

    D. – Lei ha parlato del dolore che ha letto nello sguardo dei bambini, cioè coloro che sono i più indifesi…

    R. – Sicuramente. Quando si vedono i bambini nel freddo, nell’umidità, quasi nudi, a piedi scalzi, che chiedono l’elemosina per mangiare, veramente il dolore è immenso.

    D. – Quali organizzazioni stanno intervenendo per alleviare le sofferenze della popolazione civile?

    R. – Le organizzazioni sono quasi tutte di volontariato. Poi c’è, in particolare, il governo italiano che si è adoperato subito per intervenire. Altre iniziative sul terreno siriano non ci sono. Ieri, il presidente della Coalizione nazionale siriana per l’opposizione ha rivolto un appello molto toccante, chiedendo a chi ha un camper o una casa prefabbricata, o tende che mantengano il caldo, di mettere tutto questo a disposizione dei profughi. Io stesso chiedo a tutte le organizzazioni umanitarie di fornirci tutto quello che ci possa aiutare a superare questo inverno. All’interno della Siria, abbiamo tre milioni di sfollati. Per loro, oltre al problema rappresentato dall’inverno, c’è la questione del cibo e dell’igiene. Per questo motivo, nel mio ultimo appello ho chiesto di intervenire anche con poco: 15 euro per un kit di igiene personale o 35 euro per un pacco alimentare che sfama una famiglia per un mese.

    D. – Nella sua ultima visita in Siria, lei, come medico, invece, quali emergenze sanitarie ha rilevato?

    R. – Intanto, c’è un gravissimo deficit di medicinali e di strumenti, soprattutto strumenti diagnostici da destinare agli ospedali di fortuna allestiti nelle case, negli scantinati. Queste strutture improvvisate richiedono un intervento urgente. Se non si vede con i propri occhi, non si riesce a percepire la gravità della situazione. E mi permetto di chiedere a tutte le Associazioni di volontariato che hanno ambulanze da rottamare di darcele: anche dietro pagamento. L’importante è che siano funzionanti.

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    Rehn: ripresa nell’Eurozona solo dal 2014. Becchetti: eccessive misure di austerity nell'Ue

    ◊   L'economia dell'Eurozona è ancora debole la ripresa ci sarà solo a partire dal 2014. Così il commissario europeo Olli Rehn. Parlando dell’Italia, che oggi ha collocato 3,5 miliari di btp a 3 anni, ha detto che “è molto più stabile e sicura”, e che con gli “spread dimezzati risparmia circa 3 miliardi”. Intanto il Giappone vara un piano da 226,5 miliardi di dollari. Massimiliano Menichetti:

    Le nebbie sull’Europa non si diraderanno prima del 2014, ne è convinto il commissario europeo Olli Rehn, che oggi è tornato a ribadire che “i cittadini” del Vecchio continente “dovranno fronteggiare ancora mesi difficili e che si continuerà a sentire l'impatto della crisi”. Un pessimismo che ridimensiona, in un certo senso, le previsioni di ieri del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che aveva parlato di graduale ripresa da quest’anno, nonostante “l’allarme disoccupazione” lanciato dal presidente dell’Eurogruppo Juncker. Comunque Rehn guardando all’Italia ha precisato che già dal 2011 sono state “avviate misure di consolidamento coerenti”. Intanto anche l’Asia fa i conti con la crisi, il Giappone ha approvato un pacchetto di stimoli fiscali per l'economia del valore di 20 trilioni di yen, circa 226 miliardi di dollari. Le misure comprendono una serie di progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture e provvedimenti per favorire gli investimenti e generare la creazione di 600mila posti di lavoro.

    Per un commento sulla situazione economica, Massimiliano Menichetti ha intervistato l’economista Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica all’Università di Roma “Tor Vergata”:

    R. – L’Europa deve cambiare e deve diventare molto più aggressiva nelle sue politiche macroeconomiche. Gli altri Paesi usano il tasso di cambio, gli Stati Uniti, con la Banca Centrale, hanno ribadito che ormai l’obiettivo è quello dell'occupazione e non solo della moneta. Ci sono Paesi che hanno politiche molto più espansive: Giappone e Stati Uniti in primis. L’Europa deve andare in questa direzione. Ci sono varie strade per farlo e una è quella di approvare un bilancio comunitario serio, che preveda investimenti forti nelle infrastrutture digitali e non, perseguire la politica della “golden rule” (lo scorporo degli investimenti pubblici produttivi dal
    calcolo del deficit). Questo va accompagnato anche ad una politica sociale più importante, in questo senso è stato molto rilevante il fatto che, a livello europeo, si sia parlato di salario minimo garantito.

    D. – Per contrastare la crisi, la parola d’ordine è stata “austerity”, ma anche Olivier Blanchard del Fondo monetario internazionale, pur parlando a titolo personale, si è unito a molti premi Nobel per l’economia, ribadendo che questa strada non è in fin dei conti del tutto positiva…

    R. – L’Europa ha esagerato da questo punto di vista. Ovviamente deve stare attenta anche al rigore, alla disciplina di bilancio, ma deve creare una macroeconomia molto più al servizio della persona di quella che abbiamo adesso.

    D. – “Austerity” in sostanza viene tradotta in questo momento come taglio allo Stato sociale?

    R. – Senz’altro. Bisogna anche modificare proprio la strategia della tassazione. Bisogna tassare ciò che produce effetti sociali negativi: penso al gioco, penso all’inquinamento ambientale, all’inquinamento finanziario, modificare il rapporto tra finanza e impresa. Questa è una strada per evitare i tagli allo Stato sociale, che ho proposto per l’Italia, ma vale anche per l’Europa. Oggi abbiamo gli strumenti tecnologici per azzerare l’evasione, se vogliamo. Azzerare l’evasione vuol dire far pagare tutti, e usare questi soldi per ridurre la pressione fiscale, in questo modo c’è spazio per una riduzione delle tasse fino al 20 per cento. Ci sono, quindi, tutta una serie di possibilità per conciliare la sostenibilità del debito e lo sviluppo. Se si vuole – ripeto – le strategie per trovare le risorse, per riequilibrare l’economia al servizio dell’economia reale e delle persone, ci sono.

    D. – Nelle nazioni colpite da “austerity”, il debito pubblico continua a salire…

    R. – Continua a salire perché il pil non riparte. Se non c’è crescita, non ci sono entrate per lo Stato capaci di compensare le uscite.

    D. – Junker rilancia l’allarme disoccupazione. Politiche di “austerity” e “disoccupazione” in fondo sono legate. Se non riparte l’economia, anche la disoccupazione aumenta.

    R. – Certamente. Bisogna puntare a far ripartire l’occupazione, soprattutto quella giovanile, ma senza avere l’illusione che a far ripartire l’occupazione è la mera riforma del mercato del lavoro. Il discorso dell’occupazione dipende anche dal tenore generale delle politiche monetarie, fiscali, dipende dalla loro espansività, dall’investimento.

    D. – Una precisazione: non bisogna confondere “austerity” con rigore…

    R. – No, assolutamente. L’equilibrio dei conti è necessario, perché altrimenti finiamo in situazioni come quella della Grecia. Ci sono, però, modi e modi per perseguire questo equilibrio. All’interno poi di un saldo complessivo, che deve essere equilibrato, che non deve far aumentare il debito, si possono scegliere tante opzioni diverse. Ed è su questo che si discute.

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    Repubblica Ceca alle urne per le presidenziali. Le prime a elezione diretta

    ◊   Urne aperte oggi e domani nella Repubblica Ceca per le presidenziali. Gli elettori sono chiamati ad eleggere il successore dell'attuale capo di Stato, Vaclav Klaus. Otto i candidati in lizza tra i quali spiccano l’ex premier socialdemocratico, Milos Zeman, e Jan Fischer, premier del governo tecnico del 2009. Si tratta della prima elezione presidenziale diretta, mentre l'eventuale secondo turno è previsto tra due settimane. Massimiliano Menichetti ha intervistato Angela Di Gregorio, docente di Diritto pubblico comparato dei Paesi Europei all’Università statale di Milano:

    R. – La Repubblica Ceca tradizionalmente si ispira alle idee del parlamentarismo. Il passaggio all’elezione diretta non ha mutato a livello costituzionale le prerogative del capo dello Stato. Certamente, l’investitura diretta darà un surplus di legittimazione, però le motivazioni del passaggio a questo tipo di elezione del Capo dello Stato sono alquanto oscure ai costituzionalisti. Si potrebbe pensare ad una difficoltà di per via parlamentare, così come è avvenuto per esempio nel ’99 in Slovacchia, dove si passò all’elezione diretta solo perché non si riusciva a coagulare una maggioranza.

    D. - L’indipendenza del 1993, a causa della scissione dalla Cecoslovacchia, e poi l’adesione all’Unione Europea nel 2004: come si presenta nel 2013 la Repubblica Ceca?

    R. - E’ uno dei Paesi dalla democrazia più riuscita tra i Paesi ex comunisti: si riaggancia alle tradizioni di democrazia che aveva vissuto la Cecoslovacchia negli anni Venti del Novecento. Anche l’attuale Costituzione è largamente ispirata al testo del 1920, che fino al 1939 rappresentò una costituzione modello in tutta Europa, nonostante il continente fosse attraversato dagli autoritarismi. Dopo l’89, con la transizione alla democrazia, e ancor più dopo il 2004, la democrazia si è perfettamente consolidata. E’ chiaro però che la crisi economica, e anche politica, europea si fa sentire in tutti i Paesi membri dell’Unione.

    D. - Ricordiamo poi che sul fronte economico, la Repubblica Ceca non aderisce all’Unione monetaria, in sostanza non c’è l’Euro…

    R. - In effetti, la Repubblica Ceca, assieme anche alla Gran Bretagna, sono gli unici due Paesi dell’Unione a non aver ratificato neanche il fiscal compact. Quindi, ha sempre avuto, da un certo punto di vista, una vena di euroscetticismo. Paradossalmente, la Repubblica è stretta tra il modello tedesco e quello britannico. Sotto molteplici profili, la Repubblica Ceca, anche dal punto di vista costituzionale, si ispira molto alla vicina Germania, alla quale è molto legata.

    D. – L’attuale presidente Klaus è sulla china dell’euroscetticismo. Tra i favoriti per queste elezioni spicca il socialdemocratico euro convinto, Zeman…

    R. – Zeman dimostra di avere un atteggiamento più europeista. Se fosse eletto, però, il problema è che dovrà convivere con un governo di un altro colore politico e quindi si creerebbe una sorta di coabitazione.

    D. – Una delle caratteristiche della politica interna della Repubblica Ceca è la litigiosità dei partiti. Secondo lei che conseguenze avrà l’elezione diretta del capo dello Stato, in questa situazione?

    R. – Potrebbe rappresentare un elemento di disturbo venendo a inserire un’ulteriore personalità attiva politicamente. E questo accadrebbe in un quadro politico che è già abbastanza frazionato e anche instabile. Un po’ come l’Italia, qui la situazione è caratterizzata da grande frazionismo politico tra i partiti, trasformismo e frequenti scissioni dei movimenti politici.

    D. – Un ruolo, quello del capo dello Stato, che dovrebbe essere costituzionalmente "super partes", ma nella storia del Paese non è stato sempre così…

    R. – I capi di Stato – sia negli anni ’20 sia dopo l’89 – sono sempre stati politicamente personalità di un certo rilievo, come l’ex dissidente Václav Havel, morto un anno fa, che è considerato un po’ il padre della nuova Repubblica Ceca, ma anche Klaus, ex primo ministro, che aveva guidato gli anni della transizione. Quindi, finora, i capi di Stato pur essendo eletti dal parlamento sono stati anche personalità eccellente e incisive.

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    Il dramma delle spose-bambine, 10 milioni nel mondo ogni anno

    ◊   Nel mondo, continua l’allarme delle "spose-bambine". La percentuale più alta delle giovani date in matrimonio prima dei 15 anni si registra in alcuni Paesi africani come il Niger, il Chad, seguiti dal Bangladesh, dal Mali, dall’Etiopia, dalla Guinea. Sono 10 milioni l’anno le bambine che si sposano prima dei 18 anni: è la cifra fornita da "Plan International", ong che dopo tanti anni è tornata ad operare in Italia e che da anni si occupa della questione, cercando di convincere le famiglie a far studiare le giovani anziché darle in matrimonio, il più delle volte per ragioni economiche. Come conferma al microfono di Francesca Sabatinelli, Tiziana Fattori, direttore nazionale di Plan international Italia:

    R. – Le famiglie povere vedono nel matrimonio della bambina prima di tutto la soluzione al problema di sfamare troppe bocche. Quindi, una bambina data in sposa elimina l’incombenza della famiglia di doversi occupare di lei. Purtroppo, però, la sposa viene anche concessa in matrimonio ad un creditore. Poiché le bambine e le donne sono considerate esseri inferiori, privi degli stessi diritti che hanno i maschi, vengono anche date in sposa a un creditore della comunità, magari molto più anziano della bambina. Ci sono casi di bambine di 8-10 anni date in sposa a uomini che hanno 50-55 anni, per risolvere o ripagare un debito.

    D. – Questo fenomeno delle spose-bambine prescinde dalla religione: questo voi lo avete accertato …

    R. – Sì, prescinde dalla religione. In alcuni dei Paesi coinvolti, è diffusa la religione musulmana, in altri la religione cristiana. Magari sono comunità rurali, lontane, che vivono seguendo le tradizioni, gli usi e i costumi locali in cui è accettato, ad esempio, ripagare il debito dando in sposa la propria figlia. Spesso, è il padre che prende questa decisione. Non viene visto il vantaggio economico di tenere la bambina in famiglia e di mandarla a scuola, e questa è la principale battaglia che affronta Plan International in tutti i Paesi in cui lavora. Abbiamo la dimostrazione che, nei Paesi in cui alla famiglia viene offerta la possibilità di educare la propria figlia, la percentuale dei matrimoni precoci diminuisce. Confortati da questo dato, noi vogliamo offrire la possibilità di studiare alle bambine, presentando al padre il vantaggio economico di mandare la figlia a scuola, perché una volta che avrà studiato la bambina potrà avere la possibilità di lavorare e quindi di produrre un reddito che viene ad arricchire la famiglia. Il padre vedrà quindi nell’educazione della figlia un buon investimento e sicuramente non la darà in sposa da bambina.

    D. – Il dato sconvolgente è che si sposa una bimba ogni tre secondi, in alcuni casi la sposa ha addirittura cinque anni. Dunque, considerando anche la differenza di età enorme che c’è tra le bambine e i mariti scelti per loro, gli effetti quali sono?

    R. – Le conseguenze negative sono soprattutto sulla loro salute, perché avranno gravidanze difficili. I nostri dati sono sconvolgenti: le bambine tra 15 e 19 anni hanno il doppio di probabilità di morire di parto delle ragazze che hanno compiuto 20 anni. Non solo: i neonati nati da madre che ha meno di 18 anni hanno purtroppo il 60% di probabilità in più di morire durante il primo anno di vita e, se sopravvivono, comunque hanno problemi gravi di malnutrizione e di ritardi cognitivi.

    D. – Non sono ma mancati inoltre gravi episodi di violenza sessuale su queste bimbe, stupri veri e propri…

    R. – Sì, subiscono violenze quotidianamente da parte del marito. In alcune interviste, la bambina dice: “Sono stata data in sposa quando avevo 8-9 anni ad un uomo che ne aveva 40-45, in realtà mi ha cresciuta lui!”. C’è, quindi, questo rapporto malsano con un marito che diventa anche padre e che diviene quindi il controllore della vita di queste bambine che se – ad esempio – non svolgono tutte le faccende domestiche, secondo i criteri stabiliti dal marito, subiscono quotidianamente violenze e soprusi.

    D. – Una delle conseguenze di questi matrimoni forzati è il suicidio. Voi avete riscontrato che molte di queste bambine purtroppo si sono tolte la vita…

    R. – Purtroppo sì, a causa del peso di una vita che non ha prospettive, c’è soprattutto, secondo noi, anche il dolore di avere dovuto rinunciare a dei sogni. Diciamo che il dolore per questa decisione che è imposta loro porta molte alla decisione di togliersi la vita, che rappresenta il culmine di una situazione inaccettabile per la comunità mondiale.

    D. – In realtà, questi Paesi hanno delle norme per cercare di tutelare i minori, le bambine così piccole: sono leggi disattese o in alcuni casi non esistono proprio?

    R. – In molti casi, le leggi ci sono, vengono però aggirate con stratagemmi. Un esempio: viene falsata l’età della bambina per poterla sposare. Se in un certo Paese la legge prevede che a 15 anni la bambina può essere data in sposa, ecco che a bambine che hanno 10-12 anni vengono aggiunti tre, quattro anni, per raggiungere l’età minima. Plan International è tornata in Italia due mesi fa, dopo 50 anni, e abbiamo aperto la nostra sede a Milano, perché vogliamo coinvolgere gli italiani soprattutto, e in particolare le donne italiane, nella nostra campagna che vuole, nei prossimi cinque anni, offrire ad almeno quattro milioni di bambine la possibilità di studiare.

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    Sostenere i cristiani del Medio Oriente: l'impegno dell'associazione americana Cnewa

    ◊   La Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), associazione cattolica con sede a New York di aiuto per i cristiani del Medio Oriente, promuove un evento a Roma per accrescere la consapevolezza dei fedeli sulla ricchezza dei riti orientali della Chiesa. L'assocazione, che è stata fondata nel 1926 da Pio XI, è particolarmente impegnata nell'aiuto spirituale e materiale dei cattolici in Medio Oriente e nell'Est Europa. All'appuntamento, che si terrà la prossima settimana, parteciperà tra gli altri anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Tracey McClure ha intervistato il presidente della Cnewa, mons. John Kozar, che si è soffermato, in particolare, sull'aiuto che la sua associazione offre ai cristiani della regione mediorientale:

    R. – E’ difficile rispondere alle necessità come vogliamo per venire incontro a tutte le esigenze che ci sono. Forse, in piccola maniera, anche se importante, possiamo condividere solidarietà, speranza e gioia di Cristo. Con la presenza di sacerdoti e suore, noi possiamo aiutare quelle comunità in difficoltà, condividendo il cibo, l’abbigliamento, le piccole cose. Ma, soprattutto, possiamo aiutare attraverso la nostra presenza.

    D. – Siete attivi soprattutto in Siria. E’ una realtà veramente drammatica…

    R. – Sì, oggi è una situazione davvero drammatica! Lì facciamo quanto possiamo ed è molto importante, perché sanno che la Chiesa ama tutti senza distinzioni. Sì, Cristo ama tutti!

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    Istat, ancora in calo i prezzi delle case nel 2012. Cause: crisi e difficile accesso al credito

    ◊   In continuo calo i prezzi delle abitazioni in Italia. Lo segnala l’Istat. Secondo le stime preliminari, l’indice dei prezzi diminuisce dell’1,1% rispetto al trimestre precedente e del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2011. Il trend negativo continua anche nell’anno appena iniziato, effetto della crisi e anche delle difficoltà sempre crescenti di accedere ai mutui e di far fronte ai consumi. Il servizio di Gabriella Ceraso:

    Il dato significativo è che, per il terzo trimestre consecutivo, il 2012 ha visto calare i prezzi della abitazioni e in modo crescente rispetto all’anno precedente. Federico Polidoro è il dirigente servizio prezzi al consumo Istat:

    "Il primo trimestre abbiamo registrato un calo dello 0,2%, nel secondo dello 2,1, nel terzo trimestre del 3,2. Quindi, non c’è solo un calo, ma anche una tendenza all’accentuarsi di questo calo".

    Una discesa globale dunque, seppur, ripete l’Istat, frutto di andamenti divaricati tra prezzi delle case nuove, in continua crescita, anche se contenuta, e prezzi di case esistenti, le più determinanti, che precipitano del 5,4%:

    "Nelle abitazioni nuove ci sono alcuni costi, manodopera, materiali… che difficilmente sono comprimibili e la cui dinamica si riverbera anche sul prezzo finale che le famiglie sostengono. Per le abitazioni esistenti, ovviamente il discorso è parzialmente diverso, in quanto risentono maggiormente di una crisi di domanda generale. Ricordo che le compravendite di abitazioni hanno registrato nel secondo trimestre del 2012, rispetto al 2011, un calo del 23,6%".

    Forse, leggere in questi dati che la casa non è più il bene "rifugio" degli italiani è eccessivo, però qualcosa è cambiato. Ancora Federico Polidoro:

    "Si tende a rimandare ovviamente una spesa così importante in un momento di così grande difficoltà, considerando che c’è anche un problema, non di poco conto, relativo all’erogazione dei mutui".

    È comunque vero che chi ha denaro oggi o preferisce tenerlo o attingere ai risparmi per far fronte ai consumi inevitabili e ai prezzi crescenti. Le tasse, ad esempio, hanno gravato sul trend negativo segnalato dall’Istat? E l’eliminazione dell’Imu potrebbe far cambiare le cose?

    "Sarebbe una valutazione azzardata. Abbiamo dei dati troppo recenti e una vigenza dell’Imu, soprattutto relativamente alla prima casa, ancora limitata nel tempo per poter dare una valutazione di questo tipo. Anche se, ovviamente, in linea teorica non se ne può escludere l’influenza".

    Le tendenza a decrescere dei prezzi delle case continuerà anche nel 2013, da quanto segnala l’Istat, nonostante l’Italia sembri fuori dal rischio della bolla immobiliare che ha colpito la Spagna:

    "I segnali che ci sono, sono sì di una tendenza a una contrazione dei prezzi, ma a una contrazione che ancora non segue in maniera così marcata le difficoltà che sta incontrando il mercato delle case".

    Questo ci fa pensare positivamente per il futuro?

    "Diciamo che non ci fa pensare negativamente".

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    L’Aja: inaugurato Centro contro i reati on line promosso dall’Ue

    ◊   Oggi, a L’Aja, presso la sede dell’Europool, si è svolta l’inaugurazione del Centro Europeo contro i reati on line, una struttura voluta dall’Ue per combattere crimini virtuali come frodi bancarie e pedofilia. Il compito principale dello staff, composto da una quarantina di persone, è monitorare il web 24 ore al giorno, al fine di stimolare la condivisione delle informazioni da parte degli organi di polizia dei singoli stati membri. Sul valore dell’iniziativa, Eugenio Bonanata ha intervistato Gildo Campesato, direttore del quotidiano on line Corriere delle Comunicazioni:

    R. - Mi pare che in realtà abbia un doppio valore. Un valore “pratico” perché, effettivamente, il Centro sarà molto efficace nel controllo e nella risposta a eventuali attacchi informatici o di "cyber-crime" nella Rete. Contemporaneamente, ha anche un valore simbolico che indica la necessità di agire insieme: tutti gli Stati devono attrezzarsi e organizzarsi in un unico disegno, un unico piano, per rispondere ad attacchi che nella Rete sono globali. In Internet, non esistono i confini.

    D. - Il problema della sicurezza è sentito da circa il 90% degli europei che, ad esempio, temono di subire furti di vario genere. Quanto questa paura ostacola il pieno decollo di servizi on line?

    R. - Non si tratta soltanto della difesa dei propri dati, ma anche della sicurezza generale delle reti. Durante l’uragano Sandy negli Stati Uniti, a Boston l’elettricità ha funzionato benissimo. Sono saltate le linee telefoniche. Il risultato - se vogliamo - è stato banale: la gente poteva uscire di casa tranquillamente, andava a far benzina, questa veniva erogata e al momento del pagamento la transazione non poteva essere effettuata perché non funzionava il sistema delle carte di credito. Viviamo in un mondo estremamente integrato in cui oggi nessun servizio è fornito senza il supporto di infrastrutture critiche fondamentali, anche quelle più banali. Quindi, una delle cose più importanti è proprio garantire la sicurezza e l’integrazione di queste infrastrutture. Ovviamente, anche la sicurezza dell’e-commerce è una parte fondamentale di questo aspetto.

    D. - Il giro d’affari è enorme. Solo per le carte di credito si parla di frodi per oltre un miliardo e mezzo di euro all’anno in Europa...

    R. - Non c’è dubbio. Ovviamente, il problema non si risolverà da un giorno all’altro, perché esistono tuttora i furti negli appartamenti o le rapine in banca, nonostante le misure che si riescono a frapporre alla criminalità. Però, è anche vero che siamo ancora molto poco attrezzati. Ci sono ancora forse troppi poliziotti e guardie davanti agli sportelli bancari, e forse troppo poca attenzione ancora alla sicurezza delle transazioni on line. Su questo bisognerà spingere di più. Dovranno spingere le aziende, per le quali la sicurezza è un costo, ma dovranno rendersi conto che è un costo molto più utile - è un investimento e non un costo - perché quel che spenderanno oggi sarà un guadagno domani. Dovranno rendersene conto i cittadini, che devono stare attenti quando fanno delle transazioni o nel modo in cui custodiscono le password. Dovranno fare attenzione anche gli Stati, che devono venirsi incontro e spingere con il proprio esempio ed impegno, le imprese, i cittadini e sé stessi ad adottare comportamenti virtuosi.

    D. - Cosa succede negli Stati Uniti che - sebbene per altri motivi - sono storicamente contrari alla creazione di organismi sovranazionali per il controllo della rete?

    R. - Credo che gli stessi Stati Uniti si renderanno conto che questi organismi internazionali saranno necessari, anzi già se ne stanno rendendo conto. Ovviamente, i termini sono diversi: un discorso è quello che riguarda Internet e quello che riguarda i contenuti che passano nella rete, un altro discorso sono le strutture di sicurezza. Per fare un esempio, la Nato è nata proprio dal fatto che i singoli Sati occidentali non erano in grado di fronteggiare la minaccia sovietica. Questo non significa che poi all’interno della Nato, oppure fra Paesi Nato ed altri Paesi sovietici, non ci fossero scambi anche legati al fatto di passare con il passaporto da un Paese all’altro. Per quanto riguarda Internet, è un po’ lo stesso discorso: un discorso sono i contenuti che girano in Rete, che né gli stati Uniti né l’Europa a dire il vero intendono controllare - di fatto nella recente conferenza di Dubai è risultata minoritaria e non vincente la posizione di chi voleva adottare per un governo sul controllo della rete - un altro discorso è invece la sicurezza della Rete che il mercato da solo non è assolutamente in grado di garantire.

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    L'Aiart su Guzzanti: no ai bavagli alla satira ma rispettare i sentimenti religiosi dei credenti

    ◊   Offesa al sentimento religioso. E’ con questa motivazione che l’associazione di telespettatori Aiart ha denunciato alla Procura di Roma l’emittente La7 per il programma “Di e con Guzzanti” del 4 gennaio. L’Aiart chiederà al Consiglio Nazionale Utenti di presentare un esposto all'Agcom perché accerti violazioni e sanzioni questo programma. Alessandro Guarasci ha sentito Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart:

    R. - Noi abbiamo solamente rilevato che La7 ha mandato in onda un programma che viola il diritto dell’utente nei media ad essere rispettato nella sua identità culturale, etnica e religiosa.

    D. - Non pensate che però in questo modo si metta “un bavaglio” alla satira, alla possibilità di criticare? Così dice chi vi critica…

    R. - Sarebbe opportuno - prima di criticare l’Aiart e valutare la vicenda “ La7 - Guzzanti” - vedere il video in modo che la gente possa giudicare. La satira, che comunque è un’attività importante sul piano letterario, spettacolare, non può essere svolta prescindendo dalle leggi, dalla Costituzione, dal quadro normativo: chi fa satira non gode di una sorta di immunità per cui non deve rispettare le leggi. Qui parliamo di leggi che hanno un profilo costituzionale, di leggi penali, che sono valide per tutti i cittadini.

    D. - Per voi viene svilito anche il concetto di religione…

    R. - Noi abbiamo ricevuto una serie di segnalazioni di indignazione, da parte di ascoltatori che hanno visto ironizzare in modo becero sugli elementi fondanti della religione. Si è preso in giro un vescovo che dimostrava che non sapeva fare nemmeno la benedizione … e soprattutto attribuendo alla Chiesa intenti e disegni che la Chiesa non ha mai avuto; si è ironizzato sulla Trinità, sulla Madonna di Fatima, sui Vangeli. Ma la nostra Costituzione garantisce il rispetto di tutte le confessioni religiose.

    D. – Molti media cattolici si sono schierati al vostro fianco. Sul fronte opposto contro la vostra denuncia sono state raccolte migliaia di firme. Sappiamo che vi stanno arrivando e-mail e telefonate piuttosto pesanti…

    R. - Per la verità è singolare che nel chiedere - perché petizione significa chiedere - da parte di molti si utilizzi un linguaggio offensivo, volgare, intimidatorio: tutta una serie di contumelie che ci descrivono come ridicoli, fondamentalisti, capziosi, ipocriti, fascisti, squallidi, maledetti… Mi limito a rilevare che - pur essendoci molte richieste formulate in modo corretto - ce ne sono invece tante altre che sono certamente molto preoccupanti, perché anch’esse violano norme del Codice penale con insulti, offese, minacce che sono assolutamente inaccettabili. Non è lecito a nessuno insultare e dileggiare il sentimento religioso.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Mons. Sako: un Iraq diviso e violento è un “inverno arabo” per cristiani e musulmani

    ◊   In Iraq la religione riveste un "ruolo essenziale" ed è "sfruttata per finalità politiche". Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein ha preso piede "una mentalità settaria" nella quale "l'identità individuale vale più dell'unità nazionale". È quanto sottolinea all'agenzia AsiaNews mons. Louis Sako, in una lunga intervista in cui analizza la storia recente del Paese, del Medio oriente e della vita dei cristiani. Sono ormai trascorsi circa 10 anni dall'invasione internazionale (marzo 2003) che ha determinato la cacciata del rais; tuttavia, secondo l'arcivescovo di Kirkuk - nel nord del Paese, centro nevralgico in cui si gioca la sfida per il petrolio fra governo centrale e indipendentisti curdi - democrazia, pari diritti e libertà "restano un sogno" e la gente è "delusa". Nei giorni scorsi le violenze hanno colpito anche la minoranza cristiana: il 7 gennaio la morte di una donna, sgozzata durante una rapina; il giorno seguente l'esplosione di un'autobomba, che ha ucciso uno studente universitario laureando in medicina. Episodi legati al clima tensione che si respira in tutto il Paese, teatro di una lotta confessionale fra sunniti e sciiti e di uno scontro di potere che ha per protagonisti arabi, curdi e turcomanni. Gli intellettuali musulmani e i cristiani vivono un inverno arabo", aggiunge il prelato, che vede nel nuovo patriarca (che verrà eletto a Roma a fine gennaio) una figura chiave "padre e pastore", chiamato a "prendere iniziative e promuovere riforme". (R.P.)

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    Egitto: con il Patriarca Tawadros più vicino un Consiglio delle Chiese cristiane

    ◊   Il nuovo clima di apertura e collaborazione che si è registrato negli ultimi mesi tra le diverse comunità cristiane egiziane potrebbe portare presto alla istituzione di un Consiglio delle Chiese cristiane in Egitto. Lo riferisce all'agenzia Fides il vescovo ausiliare di Alessandria dei copti cattolici, Botros Fahim Awad Hanna, aggiungendo che tale intento condiviso potrebbe essere delineato in occasione della imminente Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, in programma dal 18 al 25 gennaio. “Nei tempi recenti, anche per aiutare un discernimento comune dei fatti e dei fenomeni legati alla Primavera araba” spiega a Fides Anba Botros “si sono svolti più di dieci incontri tra i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane. Ora si tratta di stendere degli statuti di un organismo che esprima una posizione condivisa dei cristiani egiziani soprattutto sul terreno delle questioni politiche e sociali”. Al nuovo clima di dialogo e di prossimità tra i cristiani ha dato un contributo decisivo la figura di Tawadros II, patriarca della Chiesa copta ortodossa dallo scorso 4 novembre. Martedì scorso Tawadros ha accolto il cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, nel quadro della visita realizzata dal porporato in Egitto. A dicembre, in occasione delle festività natalizie, il patriarca copto ortodosso aveva voluto rendere personalmente omaggio con una visita a tutti i capi delle Chiese cristiane presenti in Egitto che seguono il calendario gregoriano. “In quell'occasione” riferisce il vescovo Hanna “ha espresso il desiderio di incontrarci almeno una volta al mese. Il nuovo Patriarca Tawadros si mostra consapevole della importanza cruciale del cammino ecumenico, e allo stesso tempo rivela il suo profilo di pastore. Ha detto: le questioni dottrinali dobbiamo lasciarle ai teologi. Noi, come pastori, dobbiamo esprimere davanti a tutti il nostro affetto fraterno, nella carità reciproca. Va ricordato che il suo motto è la frase della prima Lettera di San Paolo ai Corinzi: la carità non avrà mai fine”. (R.P.)

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    Vietnam: il monastero carmelitano di Hanoi sotto le ruspe del governo. Appello dei cattolici

    ◊   Le autorità della capitale vietnamita hanno iniziato l'opera di demolizione della chiesa e del centenario monastero Carmelitano di Hanoi, edificio storico al centro di una lunga battaglia fra governo e vertici ecclesiastici per la proprietà dei terreni. L'amministrazione locale - riferisce l'agenzia AsiaNews - intende cancellare ogni traccia degli edifici - l'opera di abbattimento ha preso il via lo scorso 3 gennaio - e costruire al loro posto un ospedale di cinque piani. Tuttavia, fonti cattoliche dell'arcidiocesi parlano di "progetti segreti" che interesserebbero la zona, "ben diversi" dalla realizzazione di un nosocomio al servizio della città. Chiesa e monastero si trovano al numero 72 di via Nguyễn Thái Học, ad Hanoi, e sono presenti da oltre cento anni. Nel tentativo di fermare questo nuovo attacco contro la comunità cattolica, dopo la recentecondanna di giovani attivisti, l'arcivescovo mons. Peter Nguyen Van Nhon ha subito inviato un appello urgente al Primo Ministro Nguyễn Tấn Dũng. Si tratta della quinta petizione rivolta ai vertici di governo, sebbene finora non hanno fornito gli esiti sperati. Al tempo stesso, il prelato ha spedito un appello alle autorità della capitale; anche in questo caso, la "legittima" richiesta dei cattolici è stata "ignorata" di proposito. Secondo le autorità di Hanoi, le rivendicazioni di mons. Nguyen Van Nhon sono prive di fondamento perché il possesso dei terreni è di pertinenza dello Stato. La curia avrebbe "affidato i terreni" all'amministrazione cittadina, la quale ha poi deciso di devolvere l'area al Dipartimento della sanità per la costruzione dell'ospedale di Xanh-Pôn. Di contro, dai documenti emerge in modo chiaro che la proprietà dei terreni - sui quali sorge il monastero Carmelitano - è da oltre cent'anni dell'arcidiocesi di Hanoi. E la curia non ha "mai" girato o affidato l'uso e il possesso della zona alle autorità di Hanoi: si è trattato infatti di un caso di esproprio forzato, perpetrato con l'uso della forza e in violazione al diritto. L'arcivescovo di Hanoi ha inviato lettere a sacerdoti, religiosi e laici chiedendo loro preghiere per la Chiesa, per la giustizia e la pace in Vietnam, per una piena libertà religiosa nel Paese. Interpellato da AsiaNews p. Hùng invita i cattolici vietnamiti a "mantenere spirito saldo" e a "proteggere le chiese locali". Non possiamo ignorare, afferma il prete, i luoghi vittime di "incidenti, difficoltà, discriminazioni, dove non si rispettano i diritti umani di base e la struttura sociale". (R.P.)

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    Mali: Onu esorta dispiegamento della missione internazionale contro i ribelli

    ◊   Una condanna unanime degli ultimi combattimenti, un monito ai ribelli a non proseguire l’avanzata verso sud, un’esortazione ai Paesi africani ad accelerare il dispiegamento della Missione internazionale di sostegno al Mali e a garantire un “sostegno diretto alle autorità” di Bamako. È quanto sostenuto nella dichiarazione approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito d’urgenza nella serata di ieri su richiesta della Francia. Poche ore prima nella capitale maliana, si era svolta una manifestazione a sostegno alle truppe governative, mentre le autorità maliane hanno lanciato una nuova richiesta di “aiuto militare” formalizzata dal presidente ad interim Dioncounda Traoré con una lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e al presidente francese François Hollande. “La natura della risposta a questa lettera verrà annunciata nelle prossime ore” ha dichiarato l’ambasciatore francese presso le Nazioni Unite, Gérard Araud, aggiungendo che “se i terroristi non dovessero ascoltare il nostro messaggio, il Consiglio di sicurezza potrebbe reagire in tempi brevi con maggior fermezza”. Sale quindi l’attesa per il discorso che in serata il capo di Stato maliano pronuncerà alla nazione alla luce del deteriorarsi della situazione sul terreno. Intanto dal fronte giungono notizie confuse e incerte in merito al proseguire dell’avanzata dei ribelli verso la città di Sévaré e il capoluogo di Mopti, nella zona ancora controllata dalle truppe governative. La stampa maliana, citata dalla Misna, ha confermato che a Kona gli scontri sono stati “particolarmente intensi” e sono durati “diverse ore”. Alcune agenzie di stampa internazionali hanno riferito di un “pesante bilancio” nell’assalto dei gruppi armati islamici senza però fornire dati su eventuali vittime o danni. All’offensiva lanciata nei giorni scorsi contro alcune località del centro del Mali prendono parte membri del Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao), di Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) e di Ansar Al Din, gruppi che nove mesi fa hanno assunto il controllo delle vaste regioni settentrionali del Mali. Testimoni locali hanno raccontato dell’arrivo a Sévaré (15 chilometri a ovest da Mopti) di un numero imprecisato di cargo C-160, aerei militari che trasportavano armi e soldati. Secondo un impiegato dell’aeroporto, alcuni dei militari “erano bianchi”. Nei giorni scorsi l’Unione Europea (Ue) aveva confermato il prossimo dispiegamento a febbraio di 400 elementi incaricati di addestrare e riorganizzare le truppe maliane. Dal vicino Niger, il comandante delle Forze statunitensi contro il terrorismo in Africa (Africom), il generale Carter Ham, ha dichiarato che “l’opzione militare non è la cosa migliore ma dobbiamo prepararci lo stesso”. Il responsabile di Africom ha ribadito che per un intervento efficace della Misma “serve un piano preciso e ben finalizzato” da parte della Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao) e dell’Unione Africana (Ua). Il generale ha aggiunto che “purtroppo ad oggi non abbiamo ancora ricevuto domande precise in questo senso né richieste sul tipo di sostegno che dovremo fornire”. (M.G.)

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    Centrafrica: i ribelli accettano la tregua. I vescovi denunciano le violenze

    ◊   I ribelli della coalizione Seleka hanno accettato l’accordo di principio per un cessate il fuoco di una settimana. L’annuncio è stato fatto a Libreville, capitale del Gabon, dove si tengono i colloqui di pace tra le autorità della Repubblica Centrafricana e i ribelli. Questi ultimi sembrano aver rinunciato a chiedere le dimissioni del Presidente François Bozizé come condizione preliminare per la trattativa. Nei giorni scorsi - riferisce l'agenzia Fides - i rappresentanti di Seleka avevano pure chiesto che Bozizé venisse incriminato dalla Corte Penale Internazionale “per crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. I negoziati dovrebbero continuare nella capitale gabonese alla presenza di alcuni Capi di Stato che fanno parte della Comunità degli Stati dell’Africa Centrale, l’organizzazione regionale che media nella crisi e che ha schierato in Centrafrica una forza di interposizione per separare i due contendenti. I ribelli chiedono, in cambio del cessate il fuoco, la partenza di quelli che definiscono “mercenari sudafricani” (il Sudafrica ha inviato 400 militari in aiuto a Bozizé) e la liberazione dei prigioni politici. Nel frattempo, in un messaggio alla nazione, i vescovi centrafricani denunciano le violenze sui civili nelle zone conquistate dai ribelli di Seleka (compreso il reclutamento forzato dei bambini come soldati) e gli arresti arbitrari commessi nella capitale, Bangui, da parte delle forze di sicurezza. I vescovi chiedono una tregua immediata, l’apertura di corridoi umanitari per portare aiuti alle popolazioni delle aree conquistate dai ribelli e la risoluzione del conflitto attraverso il dialogo. (R.P.)

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    Panama: i vescovi stigmatizzano la “crescente delusione sociale”

    ◊   I vescovi del Panama hanno espresso le loro preoccupazioni sulla “crescente delusione sociale, conseguenza dell'aumento dello stress, dell'aggressività, della paura, della tensione politica e di una perdita di valore della vita": queste le parole del comunicato dell'Assemblea annuale della Conferenza episcopale del Panama (Cep), riunita a Panama dal 7 gennaio e che si concluderà oggi. Il documento, pervenuto all'agenzia Fides, è diviso in 2 parti. La prima è dedicata alla realtà ecclesiale, e vi si presenta la nuova direzione della Cep e la cornice in cui si svolgono le due grandi celebrazioni dell'Anno della Fede e dell'Anno Giubilare per i 500 anni della prima diocesi nel continente. La seconda parte, sulla realtà nazionale, presenta lo sviluppo economico del paese, associato, purtroppo, a "decisioni poco sagge, alla mancanza di dialogo che ha portato gravi conseguenze, alle promesse non mantenute, alla mancanza di credibilità, alla mancanza di valori e alla corruzione nella società". Dinanzi alla nuova esperienza politica che vivrà il Paese (nel 2013 si terranno le primarie dei partiti), i vescovi ricordano che "la firma del Patto Etico Elettorale… richiede ai candidati la presentazione di piani e programmi di governo, di essere calmi nelle discussioni, sempre nel rispetto delle persone e delle loro idee. Inoltre coinvolge tutti i cittadini e le organizzazioni della società civile ad esercitare responsabilmente la loro partecipazione civica". I vescovi infine suggeriscono di mettere la pubblica istruzione alla base di qualsiasi programma sociale e prioritario per lo Stato, perché "l'istruzione è lo strumento migliore per realizzare uno sviluppo reale e per superare le lacune sociali e culturali che ancora separano i panamensi". (R.P.)

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    Messico: diocesi di Zamora in preghiera per il sacerdote scomparso a dicembre

    ◊   Unirsi in preghiera per il ritrovamento di padre Santiago, scomparso dal 27 dicembre scorso. E’ l’appello lanciato dalla diocesi messicana di Zamora per il suo sacerdote, di cui non si sa più nulla dopo che lo stesso era andato a celebrare una Messa a Jacona, vicino Jiquilpan. Al termine della celebrazione il giovane padre Santiago Álvarez Figueroa, 27 anni, aveva telefonato a casa dei genitori per avvertire che li avrebbe raggiunti immediatamente, ma non vi è mai arrivato. La polizia ha perlustrato il percorso fatto dall'automobile del sacerdote, scartando la possibilità di un incidente. Nel comunicato della diocesi citato dall'agenzia Fides si legge: “Le autorità competenti hanno fatto il loro lavoro di ricerca dal 29 dicembre, data in cui è stata depositata la denuncia alla procura di Zamora, ma finora tutto è stato inutile: non si sa nulla”. “A coloro che sono responsabili della scomparsa di padre Santiago – prosegue il testo - chiediamo: per amore del cielo, restituiscano sano un figlio a sua madre, un fratello ai suoi fratelli, un sacerdote alla comunità, un amico ai giovani!”. Padre Santiago, sacerdote della diocesi di Zamora, è stato ordinato sacerdote il 16 dicembre 2011. E’ uno dei tre sacerdoti che si dedicano alla promozione delle vocazioni sacerdotali nelle famiglie e negli ambienti frequentati da giovani e adolescenti. Zamora, Michoacán si trova in una zona molto coinvolta nel conflitto tra i “cartelli” in Messico. Proprio il paesino di Jacona è al confine fra Michoacán e Jalisco, dove il Cartello di Jalisco Nueva Generación (CJNG) si contende il potere con Los Caballeros Templarios. Questo conflitto ha causato la morte di tanta gente coinvolta nelle bande, ma anche di tante persone innocenti, oltre a centinaia di “desaparecidos” di cui neanche le forze dell’ordine riescono a definire il numero. (M.G.)

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    Iran: a fine mese riprendono i negoziati del 5+1 sul nucleare

    ◊   Riprenderanno a fine gennaio a Istanbul i negoziati tra il gruppo di mediatori internazionali 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia e Gb, più la Germania) e Teheran sul dossier nucleare iraniano. Lo riferisce l'agenzia Ria Novosti citando una fonte vicina al dossier. I colloqui erano stati interrotti in giugno a Mosca. Nel frattempo, il 16 gennaio si terrà l’incontro a Teheran tra i rappresentanti dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) e le autorità della Repubblica Islamica. Il direttore dell'Aiea, Yukiya Amano, parlando con la stampa a Tokyo si è detto pessimista riguardo a questo nuovo appuntamento. L'Aiea punta sul vertice per ottenere l'accesso dei propri ispettori alla base militare di Parchin, dove si sospetta si possano essersi svolti test per realizzare armi atomiche. Teheran, dal canto suo, ha annunciato che non accetterà imposizioni. (M.G.)

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    Yemen. L’Unhcr lancia l’allarme contro la tratta delle donne abusate sessualmente

    ◊   Vendute e comprate, sfruttate, violentate e malmenate fino alla morte. È il destino a cui vanno incontro migliaia di immigrante, ma anche di tante giovanissime yemenite, che per scappare dalla povertà incappano nel fenomeno della tratta di esseri umani sempre più diffuso nello Yemen. A lanciare l’allarme è l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), secondo cui “tra il 2011 e il 2012 è stato registrato un aumento notevole nel traffico, nel contrabbando e nei casi di violenza tra le donne immigrate nel Paese”. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, le donne migranti, prevalentemente etiopi e somale, cercano di sfuggire alla povertà del paese di origine e alle loro famiglie. Pagano centinaia di dollari per arrivare in punti di transito di Gibuti o del Puntland, avventurandosi anche in viaggi di giorni a bordo di sovraffollate e pericolosissime barche con l’obiettivo di raggiungere gli stati del Golfo dove poter trovare un lavoro. Nel corso del viaggio vengono spesso stuprate, soffocate per il sovraffollamento, gettate in mare dagli stessi contrabbandieri o anche prese in ostaggio dai trafficanti una volta raggiunto il suolo yemenita. Secondo il rapporto Desperate Choices, condotto dal Danish Refugee Council (DRC) e dal Regional Mixed Migration Secretariat (RMMS), le reti criminali si estendono attraverso l’Etiopia, lo Yemen, Gibuti e l’Arabia Saudita. Ma non tutte le donne abusate nello Yemen sono migranti. Contribuisce ad aggravare il fenomeno il cosiddetto turismo sessuale che vede coinvolte piccole yemenite di famiglie povere in matrimoni lampo con visitatori degli stati del Golfo, che dopo aver abusato di queste giovani vittime le abbandonano per strada. (M.G.)

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    Sud Corea: Lettera pastorale dei vescovi sull'evangelizzazione

    ◊   L’Anno della Fede come occasione per confermare la testimonianza del Vangelo e tornare a evangelizzare la Chiesa. È quanto scrivono i presuli della Corea del Sud nelle Lettere pastorali inviate a tutte le diocesi del Paese asiatico. Il testo, di cui riferisce AsiaNews, sarà letto nelle parrocchie il prossimo 13 gennaio, la domenica in cui si celebra il Battesimo di Gesù. I vescovi esortano quindi a “rinnovare in maniera attiva le promesse compiute durante il battesimo e confermate dalla cresima”. “Dobbiamo ritrovare l'ardore, il metodo e l'espressione per rilanciare l'evangelizzazione del Paese – si afferma nel testo- . Non bisogna dimenticare che quello appena passato è stato l'anno del 50esimo anniversario dell'apertura del Concilio vaticano II, così come il 20esimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa". Le piccole comunità cristiane, scrivono ancora i vescovi, "vanno rinvigorite. Serve un'evangelizzazione sociale che sia basata sulla cura pastorale della famiglia e dei giovani, ma che poggi sempre sulla Dottrina sociale della Chiesa. In questo senso, le piccole comunità possono divenire un avamposto per la fede". Il riferimento è a quei piccoli centri rurali meno frequentati "ma anche meno colpiti dai mali del nostro tempo". L'arcivescovo di Seoul, mons. Andrea Yeom Soo-jung, rilancia nella sua lettera cinque "motti" incentrati sull'Anno della Fede: "La fede - scrive il presule - parte con la Parola, cresce con la preghiera, si conferma con gli insegnamenti della Chiesa, unifica nella celebrazione della messa, porta con sé i frutti dell'amore". Il vescovo di Daejeon, mons. Lazzaro You Heung-sik, conclude invece il suo testo con un invito a tutti i fedeli: "Ripartiamo dai giovani. I giovani sono il nuovo punto di vista sulla fede e sulla società e per questo vanno protetti; ma allo stesso tempo devono divenire protagonisti non solo della loro vita, ma anche della cura pastorale". (M.G.)

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    Card. Ruini: no a "riduzione della ragione a dominio della natura"

    ◊   “La ragione è la forma della vita, e la riduzione, come vuole il positivismo, della ragione a mero dominio della natura impoverisce la vita stessa e ci mostra come tale dominio non possa mai essere l’unico e più alto fine dell’uomo”. Così il card. Camillo Ruini, presidente del Comitato Cei per il Progetto culturale, ha sintetizzato il pensiero di Spaemann, così come emerge dal suo libro “Fini naturali”, la cui edizione in italiano (per i tipi di Ares) è stata presentata ieri pomeriggio a Roma. “Il positivismo, nelle sue varie forme - ha esordito il card. Ruini ripreso dall'agenzia Sir - resta il vero antecedente storico che ci consente di comprendere i maggiori temi del nostro tempo, una sorta di premessa indispensabile per afferrare le coordinate essenziali della discussione contemporanea”. “Per la critica della ragione positivista”: potrebbe essere questo, secondo il relatore, il “titolo ideale” dell’opera del filosofo tedesco, in cui si dimostra che la “città degli scienziati” non è che un’ennesima “metamorfosi” della “città di Dio”. “Proprio la scienza, quando cerca di farsi legame sociale, alla fine è costretta a riscoprire la religione”, ha detto il cardinale, ricordando che “fu il cristianesimo, grazie alla sintesi tra aristotelismo e dottrina della creazione operata da Tommaso, a raggiungere il compimento di una visione teleologica del mondo”. Tra le concezioni dominate da un “antiteologismo radicale”, Speamann nel suo libro prende in considerazione il darwinismo biologico, per dimostrare come “anche in biologia il tentativo di rinunciare a concetti teleologici si rivela fallimentare”. “Spiegazione causale, sistema, informazione, materia e regole del gioco, caso e necessità, libertà, vita, coscienza, moralità”: questi i concetti principali del “programma evoluzionista”, che privati però di un principio finalistico, secondo la ricostruzione di Spaemann, “perdono determinazione e significato”. Di qui la necessità della “riscoperta della teleologia”, a partire “dalla consapevolezza, oggi ormai molto diffusa, di che cosa significhi riduzione della natura alla sua spiegazione causale, e cioè alla volontà di dominare la natura”. In un “dialogo serrato con la cultura contemporanea”, ha concluso il card. Ruini citando le ultime parti del volume, Spaemann mette in evidenza “le conseguenze di questa progressiva de-teologizzazione del dominio della natura, la quale non può che ricadere sulla natura stessa, ridotta a mero oggetto manipolabile, e divenire autodistruttiva”. (R.P.)

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    Slovacchia: i vescovi chiedono la revoca della registrazione della pillola abortiva

    ◊   “L’uccisione intenzionale di un bambino non nato nel grembo della madre è sempre stato e resterà sempre un omicidio intenzionale. È per questo motivo che la recente diffusione di sostanze chimiche abortive a base di mifepristone e di misoprostolo è un fatto grave e triste, con conseguenze estremamente distruttive su tutta la società e in particolare sui soggetti direttamente coinvolti”. Con queste parole - riferisce l'agenzia Sir - mons. Stanislav Zvolenský, presidente della Conferenza episcopale della Slovacchia - si rivolge ai rappresentanti delle autorità governative e statali competenti, chiedendo loro di revocare la registrazione della pillola abortiva (RU-486) nel Paese e di intraprendere misure per garantire la protezione di ogni vita umana dopo il concepimento. Mons. Zvolenský scrive dell’impatto morale, culturale, sanitario, sociale ed economico dell’uso di tali sostanze. “Ricerche scientifiche note testimoniano che queste pillole abortive chimiche arrecano gravi rischi e conseguenze nuove sulla salute e sulla vita di una donna, la madre del bambino non nato, che, in conseguenza di una decisione spesso disperata, diventa un’altra vittima diretta dell’aborto farmacologico”, conclude l’arcivescovo. La Chiesa cattolica e le organizzazioni in sostegno della vita sono rimaste deluse alla notizia della recente registrazione ufficiale delle pillole abortive in Slovacchia, senza alcuna discussione a livello politico o sociale. (R.P.)

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    Austria: nel 2012 in calo i fedeli usciti dalla Chiesa

    ◊   Sono sempre meno i fedeli austriaci che abbandonano la Chiesa: i dati del 2012 registrano, infatti, un decremento dell’11% rispetto al 2011. Stabile, inoltre, il numero dei cattolici - 5,36 milioni – grazie alle oltre 4mila persone che, sempre nel 2012, si sono convertite al cattolicesimo o hanno deciso di tornare in Chiesa. Ne dà notizia la Conferenza episcopale austriaca. “L’Austria resta un Paese impregnato di fede cristiana - afferma il card. Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna – Certo, ogni abbandono è doloroso per la Chiesa, ma ciò non rappresenta affatto l’intera realtà cristiana dell’Austria”. Quindi, il porporato ricorda un sondaggio del 2011, secondo il quale l’80% degli austriaci auspicava che il Paese restasse di cultura cristiana. Interessante, inoltre, un altro fenomeno indicato dall’arcivescovo, ovvero il fatto che “numerosi genitori usciti dalla Chiesa chiedono il sacramento del battesimo per i loro figli”. Dal suo canto, Paul Wuthe, responsabile della comunicazione per i vescovi austriaci, afferma: “Il decremento delle uscite dalla Chiesa può essere visto come un segnale positivo, a dimostrazione del fatto che la Chiesa può ritrovare la fiducia e la credibilità perdute”, soprattutto dopo il 2010, anno in cui lo scandalo degli abusi sui minori ha allontanato più di 85mila fedeli austriaci. “I dati del 2012 – continua Wuthe – dimostrano chiaramente che le misure messe in atto dalla Chiesa dopo il 2010 sono state efficaci e sono state considerate in modo positivo dalla maggioranza della popolazione”. Infine, il portavoce dei presuli austriaci considera la Chiesa locale “sulla via della guarigione”, anche perché “è in aumento il numero dei fedeli fuoriusciti che vogliono rientrare nella Chiesa”. (I.P.)

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    Svizzera: campagna ecumenica di Quaresima sulla tutela delle terre agricole

    ◊   “Senza terra, niente pane!” è lo slogan della campagna di Quaresima 2013 che avrà inizio in Svizzera il 13 febbraio, mercoledì delle Ceneri, e sarà dedicata alla tutela delle terre coltivabili. L’iniziativa, nata 44 anni fa, ha carattere ecumenico ed è promossa da tre organizzazioni cristiane: “Action de Carème” (Adc), “Pain pour le prochain” (Ppp) e “Etre partenaires” (Ep). “I terreni agricoli, base di sussistenza – sottolinea Adc – vengono sempre più venduti od affittati a basso costo a scopi finanziari, derubando così i poveri che non riescono più a nutrire le proprie famiglie”. In particolare, le tre organizzazioni citano l’esempio dell’Africa, dove “le terre coltivabili sono oggetto di speculazione e di investimento da parte delle imprese occidentali”, ed il Brasile, il Madagascar e l’india, in cui “la terra viene accaparrata dai grandi possidenti e sottratta alle famiglie che vi vivono da generazioni”. Ribadendo, quindi, la necessità di “lottare per la sovranità alimentare delle popolazioni del sud del mondo”, le tre organizzazioni cristiane di aiuto allo sviluppo concludono: “La nostra indignazione per la situazione attuale, la nostra preghiera ed il nostro impegno nella ricerca di soluzioni saranno al centro della Quaresima, periodo privilegiato dell’anno che invita a riflettere per agire nel modo migliore in nome della giustizia”. (I.P.)

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    Le reliquie di Don Bosco in pellegrinaggio in Gran Bretagna

    ◊   Un grande seguito di fedeli sta animando le varie tappe della peregrinazione delle reliquie di Don Bosco in Gran Bretagna. Il pellegrinaggio, come riferisce l’agenzia salesiana Ans, ha avuto ufficialmente inizio il 3 gennaio in Scozia nella Cattedrale metropolitana di Sant’Andrea a Glasgow, dove oltre 1800 persone si sono ritrovate per conoscere meglio Don Bosco, il suo carisma, lo stile educativo e la sua proposta di santità. I pellegrini hanno iniziato ad arrivare circa un’ora prima della cerimonia, riempiendo per intero la chiesa. L’Eucaristia è stata presieduta da mons. Philip Tartaglia, arcivescovo di Glasgow, accompagnato da mons. Joseph Anthony Toal, vescovo di Argyll e delle Isole; una vera e propria celebrazione della vita di Don Bosco e del suo contributo all’educazione e evangelizzazione dei giovani. L’arcivescovo, riconoscendo come a volte la Chiesa abbia smarrito il contatto con i giovani, ha invitato i presenti a seguire l’esempio di Don Bosco e il suo originale approccio educativo. Tra i presenti, adulti e giovani, rappresentanti della Famiglia Salesiana, molte persone hanno sentito parlare di Don Bosco per la prima volta e sono stati travolti dall’entusiasmo. Sabato 5 gennaio il pellegrinaggio delle reliquie del santo ha raggiunto il santuario nazionale della Scozia di Carfin, a Motherwell. Il piccolo santuario, gremito da circa 600 fedeli, ha favorito un bel clima di preghiera, riflessione, pensiero, pace e celebrazione. Il vescovo di Motherwell, mons. Joseph Devine, ha presieduto l’Eucarestia, mentre don Martin Coyle, Ispettore della Gran Bretagna, ha tenuto l’omelia soffermandosi sull’importanza che Don Bosco ha nel cuore dei cattolici scozzesi, in particolare per gli insegnanti e gli educatori, e ha fatto riferimento all’ormai consolidata associazione degli insegnanti di Don Bosco. Dopo le tappe scozzesi, il pellegrinaggio sta continuando in Inghilterra per concludersi lunedì 14 gennaio presso la St George’s Metropolitan Cathedral a Southwark. (M.G.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 11

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