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Sommario del 06/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Epifania. Il Papa ai nuovi vescovi: siate coraggiosi e miti dinanzi ai dogmi intolleranti dell'agnosticismo
  • Giornata dell'infanzia missionaria. Il Papa ai bambini: portate a tutti l'amore di Dio!
  • Nuovo tweet del Papa: "gli uomini sapienti seguirono la stella e arrivarono a Gesù"
  • Il Papa incontra il Corpo diplomatico. Giovagnoli: diplomazia vaticana al servizio dell’uomo
  • Oggi in Primo Piano

  • Natale nelle Chiese orientali. Il vescovo di Giza: festa di speranza, ma clima pesante in Egitto
  • Siria. Assad: nessun negoziato con i ribelli. L'Ue: si dimetta
  • Afghanistan: domani a Washington faccia a faccia tra Obama e Karzai
  • Scuola di pace. Il prof. Moro: tutelare lavoro e diritti della persona
  • "Calcio sociale", una proposta educativa per i ragazzi delle periferie delle grandi città
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Nord e Sud Sudan: i due presidenti raggiungono l'accordo per una zona smilitarizzata
  • Obama: alzare il tetto del debito Usa o sarà catastrofe
  • Nuova sparatoria ad Aurora nello Stato Usa del Colorado: quattro morti
  • India. Un uomo stupra 4 bambine, la folla tenta di linciarlo
  • Egitto: nuovi ministri giurano davanti al presidente Morsi
  • Avanza il dialogo tra Chiesa ortodossa russa e Chiesa cattolica polacca
  • Pakistan: a Faisalabad 25.mo della parrocchia dell'Assunta, costruita grazie anche ai musulmani
  • Continuano le ricerche del bimotore scomparso in Venezuela: a bordo 4 italiani
  • India: non raggiunti Obiettivi del Millennio su fame e povertà; bene l’educazione
  • Onu: migliaia di rifugiati politici fuggono dallo Sri Lanka
  • Liberia: concluso dall'Onu il programma di rimpatrio degli esuli
  • Brasile: l'accesso al Cristo Redentore 24 ore su 24 durante la Gmg
  • Il Papa e la Santa Sede



    Epifania. Il Papa ai nuovi vescovi: siate coraggiosi e miti dinanzi ai dogmi intolleranti dell'agnosticismo

    ◊   L’Epifania è la manifestazione “della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini”: è quanto ha affermato il Papa nella Messa da lui presieduta nella Basilica di San Pietro per l’odierna solennità. Durante il rito, si è svolta l’ordinazione di quattro nuovi vescovi: mons. Georg Gänswein, segretario particolare di Benedetto XVI e prefetto della Casa Pontificia, mons. Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e i nunzi apostolici mons. Fortunatus Nwachukwu e mons. Nicolas Thevenin. Il servizio di Sergio Centofanti:

    Nell’omelia, il Papa invita i vescovi ad imitare i Magi, “uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo” che “non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande”, volevano sapere se Dio esiste, se si cura di noi e come possiamo incontrarlo. “Erano ricercatori di Dio”. Così il vescovo “non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere”:

    “Egli deve essere soprattutto un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini. Potremmo dirlo anche inversamente: un vescovo dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo”.

    Questa inquietudine – afferma il Papa – non deve dar pace al vescovo, che è chiamato ad avere il coraggio e l’umiltà della fede: come i Magi, che - probabilmente derisi per il loro viaggiare verso l’ignoto, guidati da una stella - potevano apparire ridicoli: ma erano toccati interiormente da Dio e per loro la ricerca della verità era “più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente”. Così, anche il vescovo oggi “si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro”:

    “L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo”.

    Il vescovo – aggiunge il Papa - “dev’essere valoroso”:

    “E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. ‘Chi teme il Signore non ha paura di nulla’, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!”.

    Come è accaduto agli apostoli – ha proseguito il Papa – così i vescovi, loro successori, “devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo”. Naturalmente – precisa – i vescovi non sono chiamati a provocare, ma al contrario a invitare tutti a entrare nella gioia della verità, indicandone la strada come “stelle che brillano nel cielo della storia”:

    “L’approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo”.

    Al termine della Messa il Papa ha presieduto l’Angelus dalla finestra del suo studio privato. Il tradizionale appuntamento domenicale è iniziato con circa 15 minuti di ritardo e Benedetto XVI si è scusato per questo con i tanti i pellegrini radunati in Piazza San Pietro, in una stupenda giornata di sole, accanto al Presepe e all’Albero di Natale offerti quest’anno dalla Basilicata e dal Molise. Il Papa ha rivolto il suo “più cordiale augurio di pace, con uno speciale ricordo nella preghiera” alle numerose Chiese Orientali che domani, secondo il calendario Giuliano, festeggiano il Natale, mentre altri celebrano l’Epifania:

    “Questa leggera differenza, che fa sovrapporre i due momenti, fa risaltare che quel Bambino, nato nell’umiltà della grotta di Betlemme, è la luce del mondo, che orienta il cammino di tutti i popoli”.

    E’ una luce che “si rivela agli umili”:

    “E la luce di Cristo è così limpida e forte che rende intelligibile sia il linguaggio del cosmo, sia quello delle Scritture, così che tutti coloro che, come i Magi, sono aperti alla verità possono riconoscerla e giungere a contemplare il Salvatore del mondo”.

    Infine, il Papa ha salutato nelle varie lingue i fedeli che hanno accompagnato i nuovi vescovi e l’associazione Famiglie Libere Associate d’Europa che ha dato vita al corteo storico-folcloristico, ispirato quest’anno alle tradizioni della città di Arezzo e del suo territorio.

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    Giornata dell'infanzia missionaria. Il Papa ai bambini: portate a tutti l'amore di Dio!

    ◊   Si celebra oggi la Giornata dell’infanzia missionaria, dedicata ai bambini che si impegnano per la diffusione del Vangelo e per aiutare concretamente i coetanei che ne hanno più bisogno. Il Papa lo ha ricordato all’Angelus incoraggiando i bambini a portare “a tutti l’amore di Dio”. Il tema della Giornata di quest’anno è: “Con Gesù imparo a credere”. Alessandro Filippelli ne ha parlato con Pablo Sartori, scrittore del mensile comboniano “Il Piccolo Missionario":

    R. - Io penso che il tema vada di pari passo con la presenza nel mondo delle giovani generazioni, in quanto essere cristiani comporta questa dimensione di apertura. Nella misura in cui un giovane, un ragazzo, o anche un bambino, apre la propria vita all’esistenza, alla vita, in questo modo impara da Gesù, che si è aperto agli altri, in un atteggiamento di donazione, anche cosa significhi veramente il valore della fede, che è proprio quello di mettersi al servizio degli altri.

    D. – Il motto dell'Infanzia Missionaria è “I bambini aiutano i bambini”: quanto è importante questa ricorrenza per far accrescere nei bambini e nei ragazzi il valore della solidarietà come membri attivi della vita della Chiesa e del mondo…

    R. – Mi è capitato molte volte, grazie anche alla mia esperienza in Perù, di fare da ponte tra l’esperienza, ad esempio, di questi bambini lavoratori o di altri che vivono in situazioni di disagio, con i bambini e i ragazzi italiani. I ragazzi italiani, grazie alla testimonianza di questi bambini meno fortunati, riescono a capire che anche nelle condizioni più disagiate della vita si possono avere ideali, sogni, e anche mettersi in cammino per realizzarli. In questo senso, credo che lo slogan sia veritiero, sia verissimo: i bambini possono aiutare altri bambini, i ragazzi possono aiutare altri ragazzi, più di quanto possano fare gli adulti, ad esempio.

    D. – Come può un bambino dare la sua testimonianza ed essere missionario nella vita di tutti i giorni?

    R. - Io credo che un diverso modo di relazionarsi con gli altri è già una prima testimonianza missionaria. Quindi vedere l’altra persona, una persona che magari proviene da un’altra cultura, non come un antagonista o un rivale, ma come un fratello, non solo nella fede ma anche nella vita. Questo atteggiamento di apertura, secondo me, è veramente un atteggiamento cardine dell’atteggiamento missionario. In secondo luogo, direi quello di mettersi all’ascolto della persona e migliorare le proprie relazioni, dando più importanza alle relazioni dell’essere. Noi viviamo in una società dove il consumo, soprattutto in questi giorni, va per la maggiore, quindi penso che avere il tempo per stare con le persone e meno con le cose, stare più con la famiglia, con gli altri, sia un atteggiamento veramente cristiano sul modello di Gesù che ha preferito le persone, sempre. Bisognerebbe accompagnare sempre più questi ragazzi e fa scoprire loro qual è il senso vero di queste celebrazioni perché il rischio è quello di distrarre; i nostri ragazzi sono distratti da tante cose e quindi fanno fatica a capire che il centro del Vangelo di Gesù va da tutt’altra parte. Se, però, i nostri ragazzi sono aiutati da “fratelli maggiori”, dai compagni, dagli amici, che vivono in un certo modo, ma soprattutto dalla famiglia riescono a rompere questo assedio e anche a creare vere alternative per un’esperienza di vita cristiana e di vita di fede abbastanza importante e profonda.

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    Nuovo tweet del Papa: "gli uomini sapienti seguirono la stella e arrivarono a Gesù"

    ◊   Il Papa ha lanciato nella solennità dell’Epifania un nuovo tweet: “Gli uomini sapienti – scrive - seguirono la stella e arrivarono a Gesù, la grande luce che illumina tutta l’umanità”. Si tratta del 17.mo tweet di Benedetto XVI. Nelle 8 lingue dell'account @pontifex, il Papa ha superato i 2 milioni e 400mila follower, ossia persone che lo seguono. In lingua inglese i follower superano il milione e 390mila, in lingua spagnola i 558mila, in italiano i 250mila.

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    Il Papa incontra il Corpo diplomatico. Giovagnoli: diplomazia vaticana al servizio dell’uomo

    ◊   C’è grande attesa per l’udienza del Papa, domani mattina, al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Attualmente, la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche piene con 179 Stati ed è presente in numerose Organizzazioni internazionali a partire dall’Onu, dove è “Stato osservatore”. Sull’importanza della diplomazia vaticana, innanzitutto al servizio della pace, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento dello storico dell’Università Cattolica di Milano, Agostino Giovagnoli:

    R. – Certamente, questo alto numero di Stati che vogliono avere rapporti con il più piccolo Stato del mondo è molto significativo del prestigio morale di cui gode la Santa Sede e naturalmente il Papa, in particolare. Mi pare che sia il punto di arrivo di una lunga storia. Una storia che è iniziata in età moderna quando la figura del Papa è stata definita sempre più frequentemente la figura del “padre comune”: padre comune perché interessato alle sorti di tutti i popoli e non a quelli di qualcuno contro altri. E proprio sulla figura del padre comune si è cominciato a sviluppare quella diplomazia della Santa Sede che è stata fin dalle origini, questo è interessante, una diplomazia di pace. Il Papa cioè interveniva nelle lotte fra gli Stati per cercare di favorire la pace. Questo ruolo si è poi ampliato quando il Papa ha perso il potere temporale e da questo punto di vista è stato un grande vantaggio, perché paradossalmente la perdita del potere temporale ha accresciuto di molto il prestigio morale del Papa. Quindi, anche questa diplomazia è del tutto singolare perché non è a difesa di interessi politici ed economici di uno Stato ma in realtà è nell’interesse del mondo intero e questa è la sua originalità.

    D. – Chiaramente c’è poi una forte richiesta di intrecciare rapporti diplomatici anche come riconoscimento dell’attività della Chiesa nelle diverse aree del mondo…

    R. - Certamente le rappresentanze diplomatiche della Santa Sede sono anche presenze che sostengono la realtà della Chiesa cattolica nei vari Paesi. Direi che la loro funzione è anche più ampia. Non a caso si estende su terreni che sono quelli della sanità, delle iniziative sociali, della pace. Questo in armonia con questa convinzione che ci sia un legame molto forte tra la Chiesa cattolica, che di per sé è appunto "cattolica", cioè universale, e quella che il Magistero dei Papi nel ’900, ma non solo, ha definito più volte la “famiglia umana”, come se fosse impegno diretto della Santa Sede sostenere la famiglia umana nelle sue varie articolazioni. Questo è ben avvertito dai popoli, i quali hanno in questo senso un particolare apprezzamento per questa diplomazia.

    D. - E questo lo si vede soprattutto nelle organizzazioni internazionali... Lo Stato Vaticano non ha ovviamente un esercito, non è certo una super potenza economica, però poi nei consessi internazionali, dove la Santa Sede è "Stato osservatore" in realtà riesce a dare un contributo specifico altissimo rispetto alla sua piccolezza come Stato…

    R. – La qualifica di osservatore è sembrata inizialmente una qualifica riduttiva. In realtà, oggi, anche dal punto di vista della Santa Sede, la qualifica di osservatore è estremamente vantaggiosa perché permette alla Santa Sede di intervenire su molte questioni importanti negli organismi internazionali senza doversi assumere responsabilità improprie come potrebbero essere e come sono a volte anche le responsabilità, per esempio, delle Nazioni Unite riguardo a interventi militari o simili. In questo si evidenzia ancora di più il ruolo di pace che svolge questa diplomazia.

    D. - Sono 179 i Paesi con cui la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici. Manca ancora la Repubblica popolare cinese; al riguardo pochi giorni fa nel messaggio Urbi et orbi di Natale il Papa ha rivolto un messaggio augurale alla nuova leadership cinese. Un inedito, se vogliamo, e anche un auspicio particolare…

    R. – Certamente si tratta di una novità di grande interesse. Generalmente i Pontefici negli ultimi decenni si sono ovviamente rivolti ai cattolici in Cina, molto spesso si sono rivolti al popolo cinese, ma non si registrano messaggi diretti alla dirigenza, all’autorità della Repubblica popolare cinese, tanto più in un momento così importante come il messaggio Urbi et orbi di Natale. E non è un fatto isolato. Qualche mese fa, infatti, il cardinale Filoni ha scritto un articolo sulla opportunità di rapporti diretti tra la Santa Sede e il governo cinese, quantomeno in via preliminare. Anche in questo campo si assiste a un’offensiva diplomatica della Santa Sede e del Papa stesso, offensiva naturalmente in senso buono, per sviluppare anche in questa direzione i rapporti di reciproco rispetto e di collaborazione.

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    Oggi in Primo Piano



    Natale nelle Chiese orientali. Il vescovo di Giza: festa di speranza, ma clima pesante in Egitto

    ◊   Nonostante l’incertezza politica, in Egitto le Chiese ortodosse e le Chiese cattoliche di rito orientale che seguono il calendario giuliano si apprestano - come ha ricordato il Papa all'Angelus - a celebrare, domani, il Natale con fede e speranza nel futuro, anche se non mancano i timori. Del clima che si respira nelle comunità locali alla vigilia, Roberta Barbi ha parlato con il vescovo di Giza, mons. Antonios Aziz Mina:

    R. – Per il Natale, dobbiamo avere fede, dobbiamo avere speranza, anche se la situazione è pesante: comunque Natale rimane Natale, la felicità è nel cuore e non nella situazione politica. Noi abbiamo sempre fiducia di poter uscire dall’impasse per poter arrivare un giorno alla pace vera e propria, non solo per il nostro Paese ma per i Paesi di tutto il mondo.

    D. – Ci sono leader islamici estremisti, però, che minacciano i musulmani che faranno gli auguri di Natale ai cristiani, bollandoli come traditori, mentre il Natale – come diceva lei – è una festa di pace …

    R. – Sono estremisti, hanno questa chiusura mentale ed è questo che ha spaccato il popolo di Egitto in due fazioni: gli islamisti, che credono di essere i veri credenti, e tutti gli altri – i musulmani moderati, i cristiani o qualsiasi altra fazione, non soltanto religiosa – sono ritenuti da loro miscredenti.

    D. – E’ cambiata la situazione dopo la vittoria del “sì” al referendum, che inserisce la Sharìa tra le fonti di diritto nella Costituzione egiziana?

    R. – La situazione è diventata più tranquilla perché non ci sono più manifestazioni. Tutti si preparano per le elezioni parlamentari. Spero che possano prepararsi bene per una battaglia che sia una battaglia corretta e giusta, per arrivare a vedere chi prenderà in mano la guida di questo Paese.

    D. – Dunque, che tipo di Natale si festeggia quest’anno in Egitto? Qual è la testimonianza che la Chiesa locale può dare al mondo?

    R. – Quest’anno è pieno di ricorrenze: è l’Anno della fede, è l’Anno della nuova evangelizzazione, è l’anno in cui abbiamo ricevuto dalle mani del Santo Padre l’Esortazione apostolica del Sinodo per il Medio Oriente del 2010, il cui titolo era: “La Chiesa, comunione e testimonianza”. E non si può fare né comunione né testimonianza senza fede, e la fede ci spinge ad evangelizzare, a testimoniare, a dare testimonianza della nostra fede. Questa è la nostra fede: per piccoli che siamo – piccoli di numero, certamente – siamo però grandi di spirito, grandi perché Cristo ci sostiene, è Lui che opera attraverso noi, attraverso la sua Chiesa.

    D. – Quale augurio vuole fare alla sua comunità?

    R. – Lo faccio non solo alla mia comunità, ma a tutto il mondo: un augurio di pace. Soprattutto interiore: che siamo riconciliati con noi stessi, con i nostri vicini, con chi abita con noi, con quelli più lontani, cioè con tutto il mondo, e con Dio, che è l’essenziale. Essere riconciliati con Dio: questo è il significato del Natale. Lui si è incarnato, è diventato uomo, per realizzare la riconciliazione fra il Cielo e la Terra.

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    Siria. Assad: nessun negoziato con i ribelli. L'Ue: si dimetta

    ◊   “No a negoziati con chi usa la violenza e cerca di smembrare la Siria”. Lo ha detto il presidente Assad nel suo discorso alla nazione, trasmesso in diretta televisiva. Il leader di Damasco ha esortato la popolazione ad una mobilitazione di massa per difendere il Paese e ribadito il no a qualsiasi intervento straniero. Poi, la proposta di un piano di pace. Dal canto suo il capo della diplomazia europea Ashton ribadisce: Assad deve dimettersi. Sul terreno ancora vittime, 24 secondo gli attivisti; bombardamenti si registrano a Daraa e Aleppo, colpi di mortaio su un quartiere cristiano della capitale. Il servizio di Cecilia Seppia:

    A sette mesi dal precedente discorso e a due dall’ultima intervista televisiva, il presidente Assad torna a parlare alla nazione. Si scaglia contro i cosiddetti terroristi ed estremisti che cercano di rovesciare il potere: non negozieremo mai – ha ammonito il leder siriano- "con chi usa la violenza e con quelli che sono dietro questi fantocci"; poi ha invitato la sua gente a mobilitarsi per difendere il Paese. “Non possiamo aspettare che altri trovino la soluzione al conflitto che - ha dichiarato Assad non è tra governo e opposizione, ma tra nazione e nemici della nazione”. Quindi la denuncia contro tutti i governi confinanti che mirano ad uno smembramento del territorio, sostenendo i ribelli con le armi e il grazie a chi, come Russia Cina e Iran, continua a stare con il regime. Il leader di Damasco invoca quindi il dialogo nazionale come unica soluzione e avanza la sua proposta per uscire dal conflitto: una conferenza di riconciliazione per redigere una nuova Costituzione da sottoporre a referendum, seguita dalla formazione di un nuovo esecutivo e da una amnistia. Dura la replica del ministro degli Esteri britannico William Hague: da Assad solo vuote promesse, è lui l’artefice di morti e violenze che divorano la Siria. Questo discorso demolisce qualsiasi sforzo diplomatico per mettere fine alla guerra civile. Questo il commento della coalizione all’opposizione. Sul terreno la guerra continua: i ribelli si sono scontrati con le truppe dell’esercito a Daraa, raid su Aleppo dove si concentra il maggior numero di vittime. Colpi di mortaio invece sui sobborghi di Damasco, compreso quello cristiano.

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    Afghanistan: domani a Washington faccia a faccia tra Obama e Karzai

    ◊   Tensione in Afghanistan: in mattinata 2 kamikaze si sono fatti esplodere durante una riunione di leader tribali nella provincia di Kandahar: 4 i morti, 15 i feriti. Intanto il governo di Kabul ha dato via libera ad un vertice trilaterale con Iran e India per lavorare alla stabilizzazione dell’area. Domani, invece in vista del ritiro delle truppe internazionali, in programma per il 2014, il presidente Karzai incontrerà a Washington il capo della Casa Bianca Obama per discutere di un accordo di cooperazione strategica da attuare a partire dall’anno prossimo. In merito Eugenio Bonanata ha intervistato Marco Lombardi dell'Università Sacro Cuore di Milano, esperto di politiche di sicurezza:

    R. – Al centro dei dibattiti c’è l’accordo sul ritiro americano. Apparentemente il discorso è su quante truppe resteranno in Afghanistan – una cifra che oscilla da seimila a ventimila a fronte delle sessantaseimila attuali. Ma dietro c’è una questione politica rilevante che riguarda la sovranità dell’Afghanistan: qual è l’immunità degli americani che restano sul campo? A chi rispondono delle azioni che fanno, agli americani o al governo afghano? Sicuramente resteranno sul campo per fare operazioni antiterrorismo: ma i prigionieri afghani accusati di terrorismo da chi saranno detenuti e controllati, dagli americani o dagli afghani? Questo è cruciale per Karzai per dimostrare che è lui che governa l’Afghanistan.

    D. - Qual è la posizione di Karzai a riguardo?

    R. – La posizione di Karzai è di un uomo in bilico. L’Afghanistan, nel futuro, deve necessariamente negoziare con quelle parti che noi consideriamo ancora estremiste sebbene non necessariamente terroriste. Con i radicali si parla, con i terroristi no. Questa è una posizione che ormai dobbiamo assumere. Karzai lo sa e quindi deve restare bilanciato tra le pressioni americane e occidentali e le pressioni interne che saranno sempre più forti, dopo il ritiro delle truppe, da parte di quelli che chiamiamo oggi “insurgents” e che entreranno a far parte del “governo” afghano.

    D. – Sembra che il Pentagono non voglia ritirarsi completamente dall’Afghanistan…

    R. – No, non può essere. Obama sembrerebbe intenzionato a lasciare sul terreno intorno a diecimila. Fu lo stesso con l’Iraq nel 2011 quando si parlava di tremila soldati, ma anche lì, ci si incastrò sulla questione della sovranità. Sicuramente l’Afghanistan non sarà lasciato solo, almeno su questi tre punti che sono lotta al terrorismo, training delle truppe, e qualche joint operation. A seconda di quale di queste tre azioni si punterà, si determinerà il numero e la qualità delle truppe lasciate alle spalle.

    D. - Il motivo principale è che le forze locali hanno bisogno di appoggio per garantire la sicurezza nel Paese a fronte dei talebani che sono sempre attivi…

    R. - Sì ma non solo i talebani. Il Paese è squassato da un’incapacità di governo evidente e lo è sempre stato. Il Paese tornerà ad essere polverizzato in decine di tribù autonome. Questo è un dato di fatto dell’Afghanistan. Non pensiamo che si debba restare per far la lotta al terrorismo, che è un’invenzione del tutto nostra. Certo, perché diventi un Paese più moderno, seppur nel contesto delle speciali relazioni in cui si trova in quel centro Asia, ha bisogno di avere truppe trainate che rispondano a un governo legittimo. E questo forse è il compito principale.

    D. – Intanto i talebani continuano a minacciare gli americani e le forze straniere. Come valutare la loro strategia?

    R. – Non hanno vinto. Si ritrovano in mano un terreno che è stato abbandonato - e io dico troppo tardi - dalle truppe internazionali. E’ ovvio che rispondono in maniera propagandistica dando come vittoria qualche cosa che gli è capitato in mano. Ma questa è una lettura. D’altro canto c’è anche quella di che cosa accadrà dopo. E necessariamente succederà che Karzai dovrà fare i conti con questa gente, che sono afghani legittimati a parlare con le istituzioni.

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    Scuola di pace. Il prof. Moro: tutelare lavoro e diritti della persona

    ◊   Si è conclusa ieri a Roma, la "Scuola di Pace" promossa a Roma dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa, incentrata sul Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace del 2013. All’evento, ha preso parte anche l’economista dell’Università Statale di Milano, Riccardo Moro, che al microfono di Alessandro Gisotti si sofferma sulla sintesi tra sviluppo sociale e la pace, sottolineata dal documento del Papa per la pace:

    R. – Credo che un elemento interessante del Messaggio sia questa visione integrale e globale dell’uomo. In qualche modo torniamo alla Popolorum progressio, dove si richiama questo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutto l’uomo. Non possiamo parlare di pace e di diritti in modo frammentario, prendendone in considerazione solo alcuni. La pace esiste quando c’è una pienezza di vita in cui le persone possono vivere con serenità e guardare con serenità al proprio orizzonte futuro, costruire relazioni autentiche fra di loro. Questo c’è quando ognuno non dipende dalla discrezionalità degli altri, vale a dire quando uno dispone di un lavoro attraverso il quale può mantenere con dignità la propria famiglia. Ci sono pesanti questioni legate alla sufficienza alimentare, alla sostenibilità ambientale, al mercato finanziario che regola le materie prime sia in campo alimentare sia in campo energetico e, dunque, ambientale. Se noi non troviamo gli strumenti per regolare in modo equilibrato queste dinamiche sarà molto difficile avere come risultato la pace.

    D. – Sempre più nel dibattito politico ed economico ci siamo abituati ad ascoltare il riferimento alla formula “bene comune”. Forse, però, non sempre si ha chiara la natura di questo bene comune che, invece, viene ben spiegata in questo documento…

    R. – Io onestamente credo che ci sia una gran confusione sul significato di queste parole. Il documento, da questo punto di vista, aiuta a coglierne i fondamenti. Credo che se c’è un lavoro da fare, e viene detto anche nel documento nella parte finale, è un lavoro anche educativo, pedagogico: cioè, se il messaggio è un messaggio legato alla pace, la pace si costruisce anche attraverso un’educazione, un’azione educativa, che aiuta a leggere come diceva il Concilio i “segni dei tempi”, ma aiuta anche a proporre categorie interpretative. Questa del bene comune è a fondamento ed è quasi abusata nel linguaggio ma probabilmente dovrebbe essere riscoperta.

    D. – Il documento si riferisce, potremmo dire naturalmente, anche alla Pacem in terris di cui proprio quest’anno ricorre il 50.mo anniversario. Quanto questo documento straordinario è ancora attuale in un tempo così diverso con crisi, soprattutto a causa della globalizzazione, così diverse e forse anche più complesse di quelle precedenti?

    R. – Io credo che sia attualissimo. In pochi anni noi abbiamo avuto la produzione di due documenti straordinari da questo punto di vista: la Pacem in terris e la Popolorum progressio, in cui prima Giovanni XXIII in qualche modo dà i canoni che sono validissimi attuali tuttora per parlare di pace a livello internazionale di convivenza e successivamente, nella Popolorum progressio, Paolo VI offre strumenti per fare una lettura più integrale e più globale di questa convivenza, cioè la questione dello sviluppo, nuovo nome della pace. Su quei binari in qualche modo si è sviluppato il Magistero di Giovanni Paolo II e si sviluppa oggi il Magistero di Benedetto XVI. I quattro pilastri, per tornare alla Pacem in terris: giustizia, solidarietà-amore, libertà e democrazia, sono ancora le questioni fondamentali per il pianeta.

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    "Calcio sociale", una proposta educativa per i ragazzi delle periferie delle grandi città

    ◊   Una proposta educativa che contrasti devianze criminali e sociali nelle periferie e promuova condivisione e solidarietà. Questo è “Calcio sociale”, nato nel 2005 da un’idea di Massimo Vallati e già attivo in tre città italiane. A Roma la sede del progetto è nella periferia sud ovest, a Corviale, si chiama Campo dei Miracoli ed è una struttura polivalente ancora in costruzione grazie ad una raccolta fondi. Intanto la stagione prosegue con due tornei e 12 squadre, ma con regole del tutto particolari, come spiega l’ideatore Massimo Vallati al microfono di Gabriella Ceraso:

    R. – Il calcio, in questo momento, purtroppo sta diventando uno strumento di corruzione, di illegalità, di doping … Quindi, praticamente, la risposta al calcio moderno è il “calcio sociale”, il calcio dell’accoglienza, dell’integrazione, della legalità.

    D. – Che regole hanno le vostre squadre?

    R. – Regole diverse, per far diventare la squadra una famiglia. Una famiglia per fare un percorso insieme, per superare insieme le difficoltà.

    D. – E infatti, le squadre sono del tutto omogenee, i rigori sono battuti da chi ha meno dimestichezza con il pallone, non ci sono riserve perché sono tutti titolari … Un’idea di partecipazione, un’idea di eguaglianza e di rispetto reciproci …

    R. – Sì, certamente. Ogni regola del calcio sociale parte dal campo ma va dentro la società. Per esempio, si fanno squadre dello stesso coefficiente tecnico. Non ci sono presidenti miliardari che possono avere quattro-cinque squadre che sole possono vincere il torneo, ma ogni squadra ha lo stesso coefficiente, perché tutti quanti nella società dovremmo avere i mezzi per raggiungere i nostri sogni.

    D. – Quindi, come sono costituite queste vostre 12 squadre?

    R. – Ci puoi trovare il papà, la mamma; lo studente universitario, il ragazzo con problemi fisici, il ragazzo con problemi psichici … La differenza è la vera identità del calcio sociale: si vince insieme. Quindi, dopo aver fatto tre gol perché sono bravo, perché sono veramente portato, devo far provare quella sensazione, quella gioia anche ai miei compagni.

    D. – Voi siete ad Arezzo, a Scampia, nella periferia di Cagliari … Però, il vostro progetto è arrivato anche a livello europeo e piace …

    R. – A marzo abbiamo presentato il progetto alla Comunità europea e alla Commissione sport e cultura, ed è stato il progetto più applaudito. E dopo che è partito il primo centro di calcio sociale a Roma, ci auguriamo veramente che tantissimi operatori, tantissime associazioni culturali che in Europa operano nel sociale e che fanno volontariato, possano venire a Roma per capire come sia possibile strutturare un’esperienza di calcio sociale e portarla successivamente nella propria città.

    D. – Quali sono i frutti più belli che state raccogliendo dopo tanti anni di lavoro?

    R. – Sono i miracoli. Noi abbiamo visto tanti ragazzi e tante ragazze cambiare direzione. Quindi dalla tristezza, da problemi di droga, da problemi psicologici, familiari nasce la forza, l’energia per sollevarsi e quindi trasformare le difficoltà in risorse.

    D. – Cosa vi chiedono quelli che vengono a proporsi per queste selezioni che voi fate, all’inizio dell’anno?

    R. – Purtroppo siamo stati costretti a ridurre le squadre e i partecipanti per problemi economici. Per costruire il centro servono veramente tantissimi soldi. Infatti, colgo l’occasione per rivolgere un appello alla buona volontà delle persone affinché ci diano una mano: oggi è possibile comprare un metro quadrato del Campo dei miracoli con 60 euro, e la gente ci chiede di partecipare! La gente vuole essere ascoltata. Mancano progetti di attenzione, di accoglienza reale …

    D. – Parallelamente al percorso del calcio, fate degli itinerari di discussione, di confronto e di dibattito. Quali sono gli argomenti che trattate?

    R. – C’è tantissima sete di legalità e c’è anche tanta voglia di spiritualità, di curare l’anima. E di farlo anche con grandi personaggi che noi siamo riusciti, negli anni, a portare al Campo dei miracoli …

    D. – Quindi c’è sete anche di modelli di giustizia, di equità, di bene? Modelli positivi …

    R. – Dobbiamo fare una grande battaglia, un grande sforzo per cercare di costruire piccoli pezzetti di giustizia e di uguaglianza. Ma non dobbiamo mai arrenderci!

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Nord e Sud Sudan: i due presidenti raggiungono l'accordo per una zona smilitarizzata

    ◊   I presidenti di Nord e Sud Sudan hanno convenuto durante un vertice, ieri, ad Addis Abeba di istituire al più presto una zona smilitarizzata lungo la loro frontiera contesa, una delle condizioni per la ripresa della produzione di petrolio, bloccata dall'inizio dell'anno per i contrasti fra i due Stati. Lo ha reso noto un mediatore dell'Unione Africana (Ua). Omar Hassan el Bashir del Nord Sudan e Salva Kiir del Sud Sudan hanno tenuto due giorni di colloqui nella capitale dell'Etiopia, sede dell'Ua, per tentare di disinnescare le tensioni che li hanno portati vicino ad una guerra nell'aprile scorso e che hanno bloccato la produzione di petrolio nel Sud, esportato attraverso gli oleodotti del Nord. I due leader a settembre avevano posto fine alle ostilità impegnandosi a creare una zona smilitarizzata sulla frontiera contesa, ma non avevano poi attuato l'impegno. "I presidenti - ha detto il mediatore dell'Ua, Thabo Mbeki, al termine del vertice - hanno convenuto che devono essere compiute azioni al più presto possibile per dare attuazione incondizionata a tutti gli accordi esistenti".

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    Obama: alzare il tetto del debito Usa o sarà catastrofe

    ◊   ''Non farò alcun compromesso'' sull'aumento del tetto del debito pubblico Usa: ''se il Congresso non concederà agli Stati Uniti la capacità di pagare i propri conti in tempo, le conseguenze per l'economia globale saranno catastrofiche''. Usa toni durissimi, Barack Obama, rivolgendosi ai parlamentari di Capitol Hill, nel suo primo messaggio settimanale del 2013, il primo dopo l'accordo bipartisan raggiunto in extremis per evitare il precipizio fiscale. Come aveva fatto a caldo, nei minuti successivi al quel voto, Barack Obama ribadisce che la lotta per rilanciare l'economia è ancora all'inizio. Quello che argina il fiscal cliff, il baratro fiscale che avrebbe mandato in tilt l'economia con aumenti delle tasse e senza riduzioni della spesa, disse parlando alla Casa Bianca, era solo ''il primo passo'', certamente non risolutivo. E i fatti confermano il suo pessimismo: malgrado i dati sull'occupazione siano leggermente promettenti, la crescita americana si conferma al rallentatore. E rimarrà così se non si affronta il nodo centrale del risanamento dei conti pubblici. Per ripartire, incalza l'inquilino della Casa Bianca, serve uno sforzo di tutti. Con queste premesse Obama lancia l'ennesimo appello bipartisan: ''Dobbiamo lavorare insieme per far crescere la nostra economia e ridurre il deficit e il debito'', afferma, rivolgendosi al nuovo Congresso in vista del confronto per l'aumento del tetto del debito e i tagli alle spese. ''Se ci concentriamo sugli interessi del Paese - aggiunge - sono convinto che possiamo tagliare la spesa e aumentare le entrate tutelando la classe media, non possiamo permetterci che l'incertezza continui ancora per molto: gli scontri e le divisioni a Capitol Hill hanno finora provocato una crisi di fiducia tra gli imprenditori e i consumatori''. Un messaggio largamente incentrato sui temi dell'economia, che però tocca anche i due punti che Obama vuole imporre come priorità ai lavori del Congresso, già entro questo mese di gennaio: riformare l'immigrazione e proteggere i bambini dall'orrore della violenza delle armi da fuoco con leggi più restrittive. Saranno questi i punti principali dell'agenda del suo secondo mandato, che dettaglierà a fine mese nel discorso dello 'Stato dell'Unione', il tradizionale appuntamento di inizio anno, in cui ogni presidente di fronte alle Camere riunite in seduta comune e ai giudici della Corte Suprema fa il punto sul programma e su come intende affrontarlo.

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    Nuova sparatoria ad Aurora nello Stato Usa del Colorado: quattro morti

    ◊   Ancora una strage in America legata all’uso civile delle armi da fuoco. E’ accaduto ad Aurora, la cittadina del Colorado a due passi da Denver, dove lo scorso luglio un ventenne uccise dodici persone alla prima dell’ultimo film di Batman. Questa volta le vittime sono quattro, ma la dinamica non è ancora chiara. Secondo le prime ricostruzioni, il responsabile dopo aver sequestrato per ore alcuni familiari, ne ha uccisi tre, prima di essere colpito a morte dagli agenti durante l’irruzione delle forze speciali di polizia. Proprio ieri il presidente americano, Barack Obama, nel tradizionale messaggio del fine settimana alle famiglie, ha ribadito come una delle priorità assolute del suo secondo mandato sarà quella di un maggiore controllo sulle armi, soprattutto per proteggere i più piccoli, vittime innocenti anche dell’ultimo massacro in una scuola elementare di Newtown, in Connecticut. (C.S.)

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    India. Un uomo stupra 4 bambine, la folla tenta di linciarlo

    ◊   Nuovo caso di violenza sessuale in India. Le vittime questa volta, 4 bambine di età compresa tra i 5 e i 10 anni. Lo ha riferito l’emittente Ndtv, spiegando che i fatti sono avvenuti il 3 gennaio nel distretto di Bankura e che il presunto responsabile, un uomo di 40 anni proprietario di un negozio di alimentari, è stato arrestato nella notte dalla polizia che ha poi disperso una manifestazione di protesta di alcune centinaia di persone che hanno tentato il linciaggio dell’accusato. Le piccole sarebbero entrate nell’alimentari per acquistare una torta. Intanto per contrastare i recenti casi di stupri e più in generale la violenza sulle donne nel Paese, il governo dell’ex territorio francese di Pondicherry ha deciso di introdurre, fra varie misure, anche l’uso obbligatorio per le studentesse di un soprabito. La stampa, ricordando che la temperatura media di Pondicherry‚ è superiore ai 30 gradi per la maggior parte dell’anno, sottolinea che “aggiungere un ulteriore capo di abbigliamento alla divisa scolastica è una misura assurda”. Contraria anche l’All India Democratic Women’s Association. (C.S.)

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    Egitto: nuovi ministri giurano davanti al presidente Morsi

    ◊   I nuovi ministri del governo egiziano hanno prestato giuramento questa mattina davanti al presidente Mohammed Morsi. Lo ha reso noto l’agenzia stampa ufficiale Mena. Ieri era stato annunciato un rimpasto, con la nomina di dieci nuovi capi di dicastero. Tra i ruoli chiave quello di Mohamed Ibrahim agli Interni, e di al-Sayed Hegazi alle Finanze, vicino ai fratelli Musulmani, il partito del presidente. Cambio di poltrona anche per le Comunicazioni, i Rapporti con il Parlamento, i Trasporti, l’Elettricità, lo Sviluppo locale, l’Aviazione civile e l’Ambiente. Il titolare delle Finanze, nelle sue prime dichiarazioni, ha detto di esser pronto a completare i negoziati con il Fondo monetario internazionale per un prestito di 4,8 miliardi di dollari per far fronte alla crisi economica del paese. Domani è atteso l'arrivo al Cairo del responsabile dell'Fmi per il Medio Oriente e l'Asia centrale Masood Ahmed. (C.S.)

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    Avanza il dialogo tra Chiesa ortodossa russa e Chiesa cattolica polacca

    ◊   In una intervista all’agenzia di stampa Interfax-Religion il metropolita Hilarion, presidente del dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha indicato la firma del messaggio comune tra polacchi e russi avvenuto a Varsavia nel mese di agosto 2012, come l'evento più importante dell’anno. Nel corso dell'intervista - riferisce l'agenzia Zenit - il metropolita Hilarion ha sollevato la questione della necessità dell’insegnamento della teologia presso le università. Il metropolita ha comunicato che nel mese di dicembre 2012, il Santo Sinodo della Chiesa Russa ha istituito un gruppo di lavoro per l'insegnamento della teologia nelle università. Hilarion ha sottolineato l'importanza di coordinare l'insegnamento della teologia tra le istituzioni religiose e le facoltà universitarie. Quale passo per la continuazione del dialogo russo-polacco, è stata organizzata una conferenza internazionale sul tema "Il futuro del cristianesimo in Europa. Il ruolo delle chiese e dei popoli polacco e russo ", che si terrà il 17-19 giugno 2013 a Varsavia. La conferenza è stata organizzata da Kai (Cattolica Agenzia delle Informazioni in Polonia) in collaborazione con il dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca e l'Istituto per Europa centrale e orientale di Lublino. Bisogna sottolineare che l'Istituto è nato per mostrare la storia e culturale dell’Europa centrale e orientale. L'attività principale dell'Istituto è quello di condurre la ricerca scientifica, in particolare nell’analisi, culturale e sociale dell’Europa dopo il 1989. Il dialogo e le buone relazioni tra Chiesa cattolica polacca e chiesa Ortodossa russa hanno subito una svolta decisiva lo scorso 16 agosto 2012 a Varsavia, quando per la prima volta nella storia della Polonia, il patriarca Kirill capo della Chiesa ortodossa russa ha incontrato le autorità cattoliche. In quell’occasione il presidente della Conferenza episcopale polacca l’arcivescovo Jozef Michalik ha sottolineato che la Signora di Jasna Gora è la “Patrona del dialogo avviato tra la Chiesa cattolica in Polonia e la Chiesa ortodossa russa.” Inoltre la Chiesa della Risurrezione di Cristo a Katyn è stata costruita su iniziativa di Kirill. Il 15 luglio 2012 Kirill, 17.mo patriarca di Mosca e tutte le Russie, capo della Chiesa ortodossa russa, ha benedetto questa chiesa che si trova alle porte del Cimitero memoriale, parte dello stesso cimitero dove sono stati sepolti gli ufficiali polacchi uccisi dalla polizia segreta sovietica Nkdv. Sopra uno degli altari laterali della nuova chiesa sarà posta l'immagine di Nostra Signora di Czestochowa. Dopo la liturgia celebrata lo scorso 15 luglio nel luogo dove all’inizio del secondo conflitto mondiale, si consumò il tragico eccidio, il patriarca Kirill ha dichiarato che: "da oggi può iniziare una nuova era nelle relazioni tra le due nazioni”. Il 3 novembre 2012 il metropolita Hilarion ha ribadito l'importanza dell’accordo tra il Patriarcato di Mosca e la Conferenza episcopale polacca. In questo contesto è interessante ricordare che già nell’agosto del 1991, nel corso della VI Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Jasna Góra, su invito di Giovanni Paolo II, ci fu la partecipazione per la prima volta dei giovani dall’Europa Orientale e dalla Russia. (R.P.)

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    Pakistan: a Faisalabad 25.mo della parrocchia dell'Assunta, costruita grazie anche ai musulmani

    ◊   Una parrocchia nata grazie alla volontà - e ai finanziamenti - di cristiani e musulmani pakistani, che festeggia in queste settimane i 25 anni dalla fondazione. Per ricordare l'avvenimento, i fedeli hanno contribuito alla costruzione di una piccola grotta di Lourdes, nella quale riunirsi e pregare. È la storia della Arooj-e-Mariam (la Madonna dell'Assunta, ndr), chiesa parrocchiale nel distretto 7 Chak di Faisalabad, provincia del Punjab, in cui è maggiore la presenza dei cristiani nel Paese. E come sottolinea il primo sacerdote, presente ai festeggiamenti, essa racchiude "ricordi preziosi" da consegnare alle generazioni future. Intervistato dall'agenzia AsiaNews padre Barnard, primo parroco della Arooj-e-Mariam ricorda di aver steso "la mappa di questa chiesa con molta passione" e la costruzione si è resa possibile grazie "al sostegno economico della comunità cristiana e musulmana". Egli afferma di conservare "moltissimi ricordi splendidi" legati agli anni in parrocchia e non nasconde la propria "enorme felicità per i festeggiamenti dei 25 anni". Felicità e soddisfazione viene espressa anche da mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi e amministratore apostolico di Faisalabad, che parla di momento "di vera fede", nonostante "le grandi difficoltà" cui deve far fronte il Paese in questi giorni. Il prelato ricorda che "Gesù è fra noi, per questo non dobbiamo avere paura". Infine l'invito a "costruire più chiese" e a pregare la Vergine Maria, che ha ricoperto un "ruolo da protagonista" nella storia della Salvezza. Di profonda "gioia spirituale" parla padre Nisar Barkat, attuale parroco, che ringrazia "Dio onnipotente e tutte le persone" che "mi hanno aiutato a rendere così bella questa parrocchia" e a "costruire la grotta nella chiesa". Il 21 dicembre scorso, alla vigilia del Natale, si è tenuta la messa solenne con la cerimonia di inaugurazione della grotta, alla quale hanno assistito centinaia di fedeli. A guidare le celebrazioni vi era il vescovo di Islamabad/Rawalpindi, cui si sono uniti sacerdoti, suore ed esponenti dell'informazione che hanno dato ampia eco alla ricorrenza. La chiesa era addobbata di fiori, ghirlande, cartelli e palloncini. Durante la messa, impreziosita dal locale coro, mons. Rufin Anthony ha inoltre impartito il sacramento della Cresima ad un gruppo di parrocchiani. (R.P.)

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    Continuano le ricerche del bimotore scomparso in Venezuela: a bordo 4 italiani

    ◊   Proseguono senza sosta le ricerche del bimotore scomparso ieri al largo dell’arcipelago di Los Roques, in Venezuela. A bordo, 4 cittadini italiani, tra cui Vittorio Missoni, figlio del noto stilista e la moglie. Il ministero dell’Interno venezuelano ha confermato che l’ultimo contatto si è avuto poco dopo il decollo, a 10 miglia dalle isole e che l’aereo era diretto a Maiquetia, vicino Caracas. La Farnesina dal canto suo ha chiesto e ottenuto il massimo impegno dalle autorità e ha attivato un canale diretto con la locale Protezione civile. Alle ricerche partecipano aerei, elicotteri, motovedette e una nave speciale. Questa zona è tristemente nota per avvenimenti di questo tipo. Cinque anni fa, il 4 gennaio 2008, scomparve in circostanze analoghe un altro aereo da turismo con otto italiani tra i 18 passeggeri. Il relitto non fu mai recuperato e l’unico corpo ritrovato fu quello del copilota. Si ipotizzò allora il dirottamento da parte dei narcos. Un altro caso simile avvenne nel 1997. (C.S.)

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    India: non raggiunti Obiettivi del Millennio su fame e povertà; bene l’educazione

    ◊   Nel 2000, 191 Stati membri delle Nazioni Unite avevano sottoscritto gli “Obiettivi di sviluppo del millennio”, con cui si puntava, tra i tanti impegni, a sradicare la povertà e la fame, garantire l’educazione di base e migliorare la salute. L’India però non riuscirà entro il 2015 a raggiungere molti degli impegni assunti in quella circostanza. Come riportato dall’agenzia Asianews, il Paese con una delle più forti economie emergenti ha ancora livelli di povertà e tassi di mortalità che non gli permetteranno di mantenere la parola data nel 2000. Secondo le Nazioni Unite nel 2015 il livello di povertà indiano sarà del 26.7%, lontano dall’obiettivo fissato al 23,9% (nel 1990 il tasso registrato era del 47,8%). Anche il tasso di mortalità infantile resterà troppo alto: nel 2015 è previsto un tasso di 43 bambini morti ogni 1000 nascite mentre l’impegno era raggiungere il livello di 27 decessi. Non è solo la mortalità infantile a preoccupare ancora l’India:per la mortalità materna si era fissato un obiettivo di 109 decessi ogni 100mila parti, ma nel 2015 non si scenderà sotto le 139 morti. Il rapporto Onu evidenzia inoltre la malnutrizione, che “continua a essere un grave ostacolo”: la percentuale di bambini sottopeso si attesta in questo periodo intorno al 40% (per il 2015 l’obiettivo era 26%). Positive le notizie legate all’educazione: nel 2007 “è stata raggiunta l’uguaglianza di genere sui banchi delle elementari” ed entro il 2015 il Paese riuscirà a garantire l’educazione elementare a tutti i bambini. (L.P.)

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    Onu: migliaia di rifugiati politici fuggono dallo Sri Lanka

    ◊   Con almeno 8.521 nuove richieste di asilo politico solo nel 2012, lo Sri Lanka è tra i primi Paesi al mondo con il più alto numero di persone in fuga. Lo rivela l'Unhrc Eligibility Guidelines for Assessing the International Protection needs of Asylum-Seekers from Sri Lanka, rapporto dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhrc). Diffuso alla fine dicembre, il documento - riferisce l'agenzia AsiaNews - pone l'ex Ceylon al 12mo posto, con rifugiati che chiedono asilo in 44 Paesi industrializzati. Diminuiscono invece i rifugiati che scelgono di tornare in patria. Rispetto al 2010, le cifre sono in lieve calo: tre anni fa i srilankesi in cerca di asilo politico erano 8.874, collocando il Paese al 10mo posto nella classifica mondiale. Nel complesso, alla fine del 2012 i rifugiati provenienti dallo Sri Lanka erano almeno 136.605, sparsi in 65 nazioni. La maggior parte è in India, che accoglie 69mila persone in 112 campi. Oltre a queste, altre 32mila risiedono nello Stato del Tamil Nadu fuori da campi profughi. In ordine, gli altri Paesi ospitanti sono Francia, Canada, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Australia, Malaysia, Stati Uniti e Italia. Le ragioni legate a questa diaspora sono diverse e non del tutto accertate dal rapporto. In generale, molti dei rifugiati "vecchi" sono fuggiti dallo Sri Lanka durante la guerra civile. Grazie al programma di rimpatrio volontario promosso dall'Unhrc, nel 2012 circa 1.728 srilankesi sono tornati nell'isola, lasciando l'India. Tuttavia, per rientrare in Sri Lanka un rifugiato deve superare una serie di controlli all'Ufficio immigrazione, che spesso "superano" la normale amministrazione. Secondo il rapporto infatti, nel 2011 il 75% dei rifugiati ha ricevuto "visite" di polizia (43%) o esercito (38%), per "ulteriori registrazioni". Di questi, il 26% ha avuto diversi altri incontri e interviste con ufficiali. (R.P.)

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    Liberia: concluso dall'Onu il programma di rimpatrio degli esuli

    ◊   Con il ritorno a casa degli ultimi 724 liberiani dalla Guinea - nell'ultimo fine settimana del 2012 - si è conclusa l'operazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) per il rimpatrio di decine di migliaia di liberiani costretti all'esilio da 14 anni anni di guerra civile. Si chiude così ufficialmente un programma avviato dall'Agenzia nel 2004, un anno dopo il ritorno della pace in Liberia. Complessivamente, attraverso il programma, 155.560 rifugiati liberiani sono stati assistiti dall'Unhcr nel far ritorno a casa, soprattutto per mezzo di convogli stradali o voli. Nell'ambito dello stesso programma, poi, ogni rifugiato rientrato nel proprio Paese ha ricevuto una piccola somma in denaro come aiuto per ricominciare la propria vita. Una volta a casa, i rifugiati di ritorno vengono ulteriormente assistiti dalla Commissione liberiana per il rimpatrio e la reintegrazione dei rifugiati (Liberia Refugee Repatriation and Resettlement Commission, Lrrrc) nella ricerca di un impiego, tra cui anche incarichi statali per coloro che abbiano le competenze necessarie. L'Lrrrc mette inoltre a disposizione borse di studio e assistenza per l'acquisto di lotti di terreno per costruirvi abitazioni. La guerra civile in Liberia è esplosa la vigilia di Natale del 1989 ed è terminata nel 2003. A causa della violenza e dell'instabilità che ne sono derivate, 750mila persone sono state costrette alla fuga: 500mila sono rimaste all'interno del Paese, mentre 250mila hanno cercato rifugio all'estero. Alcuni rifugiati hanno addirittura trascorso oltre vent'anni in Paesi come Costa d'Avorio, Ghana, Guinea, Mali, Nigeria, Sierra Leone e Gambia. Molti di loro sono poi rientrati nel proprio Paese grazie all'assistenza dell'Unhcr e molti altri autonomamente. Con il ritorno della pace e della stabilità nel Paese, lo scorso 30 giugno è cessato lo status di rifugiato per i liberiani fuggiti dai combattimenti. La stessa Liberia al momento accoglie quasi 67mila rifugiati ivoriani fuggiti dalla violenza nel proprio Paese. La maggior parte di loro ha cercato rifugio in Liberia durante la crisi che fece seguito alle elezioni del 2010 e nel 2011. Anche per i rifugiati ivoriani è in corso un programma di assistenza al rimpatrio volontario, ma la maggior parte di loro ha espresso l'intenzione di restare in Liberia almeno fino a quando in Costa d'Avorio non saranno avviati processi di riconciliazione più consistenti. (R.P.)

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    Brasile: l'accesso al Cristo Redentore 24 ore su 24 durante la Gmg

    ◊   Nel corso della Gmg di Rio de Janeiro che si svolgerà dal 23 al 28 luglio prossimi, l’accesso al simbolo maggiore della metropoli brasiliana rimarrà aperto 24 ore su 24. Di solito, il Cristo Redentore rimane aperto al pubblico dalle 8.00 alle 20.00. Durante l’estate brasiliana, da dicembre a marzo, l’orario si allunga dalle 7.00 alle 21.00. L’arcivescovo di Rio, mons. Orani João Tempesta, ha spiegato che tale dicisione è stata presa perchè durante la Gmg saranno organizzate da diversi gruppi di pellegrini, Veglie di preghiera durante la notte per pregare per i giovani, per il mondo e per la pace”. I gruppi saranno formati da 25-30 giovani di diverse nazionalità che seguiranno una programmazione nell’area esterna del Cristo e anche presso la piccola cappella di Nossa Senhora Aparecida, che si trova nella base della statua. La visita del Santo Padre al Cristo non è stata ancora confermata. “Ciò che possiamo dire con sicurezza è che il Papa farà un giro in elicottero intorno al Cristo”, ha detto mons. Tempesta. L’anno scorso 2,2 milioni di persone hanno visitato il Cristo. Nel 2011 sono stati registrati 1,7 milioni di visitatori. (R.B.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 6

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.