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Sommario del 04/01/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa prega per l'Anno della Fede: per annunciare Gesù con gioia non servono specialisti
  • Messaggio di mons. Filoni al Centrafrica: si ponga fine alle violenze
  • Mons. Toso: il vero riformismo non abbatte lo Stato sociale
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Attentato a Damasco: almeno 11 morti. Sempre più tragica la situazione dei profughi
  • Tensione tra Nord e Sud Sudan. Al via il vertice tra i due presidenti
  • Centrafrica: abusi sui civili da parte di ribelli e governativi
  • Germania. Angela Merkel apre campagna elettorale in Bassa Sassonia
  • Usa: prima seduta del nuovo Congresso, sempre più multietnico e multireligioso
  • I vescovi europei e nordamericani: non dimentichiamo i cristiani di Terra Santa
  • Morti bianche: 2012 anno "nero" per l'Italia. L'Anmil: legge attuale è vecchia
  • Lampedusa: rientrata l'emergenza nel centro immigrati
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Indonesia. Appello dell’arcivescovo di Giacarta per la libertà di culto nel Paese
  • Condizioni critiche per migliaia di bambini profughi siriani in Libano
  • India: festa di Natale per mille bambini indigenti
  • All India Christian Council: molte violenze in India non vengono denunciate
  • Congo, missionario comboniano arrestato dai militari perché difende i pigmei
  • Dimessa dall’ospedale la ragazza pakistana ferita dai talebani
  • Elezioni in Ecuador. I vescovi: scegliere proposte politiche compatibili con la fede
  • Il cardinale Angelo Bagnasco: si alleggerisca il peso delle tasse sulle famiglie
  • Burundi. La Chiesa si prepara a ricordare mons. Courtney, assassinato dieci anni fa
  • Gratitudine della comunità di Taizè a quanti si sono impegnati per l’incontro di Roma
  • Il Concilio Vaticano II al centro di incontri promossi dalla diocesi di Savona-Noli
  • Emergenza freddo, l’accoglienza delle parrocchie del Laurentino
  • Vis: gemellaggi in Europa per approfondire la riflessione sul diritto allo studio
  • Adozioni, Aibi: manca ancora una banca dati dei minori adottabili
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa prega per l'Anno della Fede: per annunciare Gesù con gioia non servono specialisti

    ◊   Nell’Anno della Fede, I cristiani “possano approfondire la conoscenza del mistero di Cristo e testimoniare con gioia il dono della fede in Lui”. È l’auspicio che Benedetto XVI affida alla preghiera della Chiesa nella sua intenzione generale per il mese di gennaio. In questi ultimi mesi, soprattutto nelle udienze generali, il Papa sta sviluppando una riflessione specifica sull’Anno della Fede e sulle responsabilità che esso comporta per i cristiani. In questo servizio, Alessandro De Carolis ne sottolinea alcuni passaggi:

    Andare in battaglia in chiara situazione di svantaggio non è cosa che faccia stare tranquillo né un generale, né l’ultimo dei fanti. A meno che non si sappia di poter contare su un alleato di schiacciante superiorità. L’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI circa tre mesi fa contiene per chi crede lo spirito di questa sfida: un combattimento in condizioni di ambiente sempre più spesso ostile – dunque con le difficoltà, e anche i timori, indotti dall’inferiorità numerica – ma con la certezza che chi combatte di fianco ha la forza dell’onnipotenza. Non per niente, nell’aprire l’Anno della Fede, Benedetto XVI ha spinto i cristiani nei “deserti del mondo contemporaneo”, laddove cioè la terra della fede mostra le crepe della siccità anche tra i battezzati:

    “Il cristiano oggi spesso non conosce neppure il nucleo centrale della propria fede cattolica, del Credo, così da lasciare spazio ad un certo sincretismo e relativismo religioso, senza chiarezza sulle verità da credere e sulla singolarità salvifica del cristianesimo (...) Dobbiamo, invece, tornare a Dio, al Dio di Gesù Cristo, dobbiamo riscoprire il messaggio del Vangelo, farlo entrare in modo più profondo nelle nostre coscienze e nella nostra vita quotidiana”. (Udienza generale, 17 ottobre 2012)
    Spesso la fede, affermava il Pontefice, “è vissuta in modo passivo e privato” e questa remissività è alla base della “frattura” che esiste “tra fede e vita”. Eppure, aveva ribadito di recente Benedetto XVI, per rendere efficace l’annuncio di Gesù agli altri non c’è mai stato bisogno del piedistallo di una cattedra:

    “L’evangelizzazione, infatti, non è opera di alcuni specialisti, ma dell’intero Popolo di Dio, sotto la guida di Pastori. Ogni fedele, nella e con la comunità ecclesiale, deve sentirsi responsabile dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo”. (Discorso Congregazione per i vescovi, 20 settembre 2012)

    Nell’intenzione di preghiera, inoltre, il Papa utilizza una parola che spesso passa inosservata, o viene considerata una sorta di “guarnizione” estetica al concetto dell’evangelizzazione, ovvero il fatto di testimoniare con “gioia”. Per far breccia nei muri di indifferenza verso Dio, ebbe a dire Benedetto XVI, c’è bisogno di cristiani “entusiasti della propria fede”. Un entusiasmo, però, tutt’altro che ingenuo:

    “La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida”. (Angelus, 16 dicembre 2007)
    Chiarito il contesto della sfida – e la natura della fiducia da portare nel cuore – Benedetto XVI enumera le armi con cui combatterla:

    “Non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione – ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione”. (Apertura Anno della Fede, 11 ottobre 2012)

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    Messaggio di mons. Filoni al Centrafrica: si ponga fine alle violenze

    ◊   “La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli segue con particolare attenzione la situazione” nel Centrafrica: è quanto scrive il cardinale Fernando Filoni in un messaggio ai vescovi e ai fedeli di questo Paese. “Preoccupata per la svolta che hanno preso gli avvenimenti in questi ultimi giorni” – scrive il porporato - “essa esprime la sua vicinanza spirituale e vi invita a conservare la speranza nella pace che è stata apportata all’umanità intera dal Bambino di Betlemme, Gesù, l’Emmanuele, perché come ha sottolineato il Santo Padre, Benedetto XVI, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace ‘la pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile’. Nell’assicurare le nostre preghiere per le vittime di questa situazione di violenza e per le loro famiglie – continua il prefetto del dicastero vaticano - faccio appello al senso di responsabilità degli uni e degli altri perché attraverso il dialogo, solo mezzo efficace per il ristabilimento di una pace duratura, si metta fine a un ciclo di violenze che non fanno che accrescere la miseria di questo popolo che ha troppo sofferto. Possa Gesù, Principe della Pace – conclude il messaggio - aprire i cuori di tutti i centrafricani per accogliere questo dono prezioso di Dio all’umanità”.

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    Mons. Toso: il vero riformismo non abbatte lo Stato sociale

    ◊   Per Benedetto XVI, "la pace non è solo un altro nome dello sviluppo integrale, ma è anche un altro nome del bene comune della famiglia umana": è quanto affermato stamani da mons. Mario Toso, intervenuto alla Scuola di Pace promossa a Roma dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa, incentrata sul Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace del 2013. Il Papa, ha detto il segretario del dicastero “Giustizia e Pace”, auspica una “nuova evangelizzazione del sociale” per raggiungere la pace e invita “tutte la forze politiche, indipendentemente dal loro schieramento a formare un fronte trasversale che unifica credenti e non credenti” nell’impegno dello “sviluppo integrale”, della pace e del bene comune. Il presule ha inoltre affermato che, alla luce del Messaggio per la pace, “il capitalismo neoliberista, pervaso da un’ideologia radicale, libertaria e consumistica” deve “essere abbandonato quanto prima”. E si deve piuttosto lavorare ad un “nuovo capitalismo, etico e popolare”. Per una riflessione sui temi forti del Messaggio, Alessandro Gisotti ha intervistato proprio mons. Mario Toso:

    R. – Innanzitutto, nell'affermazione che la pace è vocazione innata dell'uomo e che quindi non si è condannati alle guerre, alla violenza, al sopruso perenni. In secondo luogo, nell'affermazione che la pace non è semplice opera dell'uomo ma è anzitutto dono di Dio: si tratta dello smascheramento di tutte quelle visioni che emarginano Dio dalla vita degli uomini e delle società. In terzo luogo nel dire, per conseguenza, che la pace non è un sogno, un'utopia. È possibile per l'uomo, grazie a Dio, al suo aiuto, alla sua presenza nella storia: l'umanità non è da sola a lottare per la pace. È sorretta da una forza morale trascendente. In quarto luogo, nel proporre, come più commisurati all'opera della pace, gli umanesimi integrali (non integristi), basati su un'etica della comunione e della condivisione.

    D.- Nel rivolgersi agli operatori di pace, il Messaggio del Papa contiene anche una valenza progettuale e politica in senso alto?

    R. - Senza dubbio. Anzi, bisogna subito dire che non sembra sia stata adeguatamente colta. Per Benedetto. XVI la pace è il nuovo nome del bene comune. Pace e bene comune stanno insieme: una non può esistere senza l'altro, e viceversa. Dall'epoca moderna ad oggi, - come sottolineò per tempo Giovanni XXIII adottando espressioni “laiche”, giustificabili sul piano della ragione naturale -, l'attuazione del bene comune e della pace, in vista del conseguimento di una vita in pienezza, ha trovato la sua indicazione di fondo nei diritti e doveri dell'uomo. Le comunità politiche sono chiamate, per conseguenza, a riconoscere, tutelare, promuovere tali diritti e doveri, considerandoli come un insieme unitario ed indivisibile — corrispondentemente alla totalità della persona, al volume intero del suo essere — non decurtandolo di parti essenziali. Via della realizzazione della pace è la realizzazione del bene comune, dei diritti e doveri che rappresentano le direttrici di attuazione del bene comune. Proprio per questo i costruttori della pace - comunità politiche, partiti, altri soggetti delle società civili -, coloro che intendono perseguire il bene comune debbono avere come punto di riferimento i diritti e doveri dell'uomo considerati come un'unità indivisibile: unità espressiva della pienezza dell'umanità che è al centro dell'anelito alla pace. Su queste basi il Messaggio sollecita la politica, intesa in senso alto, a non essere dimidiata, ovvero politica ideologica in senso negativo. La vera politica deve mirare alla realizzazione del compimento umano. La politica è amore alla vita umana nella sua integralità. Da questo punto di vista, gli stessi partiti, pur guardando al bene comune da un punto di vista particolare non possono essere privi dell'orizzonte del bene umano integrale. Il vero riformismo di cui tanto oggi si parla si trova avvicinandosi il più possibile, nelle agende, nei programmi partitici, all'integralità dei diritti-doveri dell'uomo. Là dove, per varie ragioni tattiche di alleanza, si mette la sordina su alcuni diritti fondamentali, si frena il vero riformismo. Il riformismo è tale se favorisce la pienezza della umanità in tutte le persone.

    D. - Le vie di un riformismo umanizzante, allora, quali sono?

    R. - L'attenzione alla totalità dei diritti-doveri induce la politica a non trascurare, ad esempio, il diritto al lavoro: il lavoro è un bene fondamentale e non un optional come farebbe intendere la nuova dottrina del capitalismo finanziario sregolato, e, pertanto, occorre promuovere politiche attive del lavoro per tutti. Così, la politica non deve puntare all'abbattimento dello Stato sociale e democratico, erodendo i diritti sociali, pena la crescita delle diseguaglianze e il conseguente indebolimento della democrazia partecipativa. Senza i diritti sociali non sono fruibili i diritti civili e politici. Analogamente, non si debbono contrapporre politiche dello sviluppo e politiche sociali. Se tagli sugli sprechi debbono essere fatti, se tassazioni ci debbono essere ciò non significa penalizzare gli investimenti nella ricerca, nell'innovazione, nello studio, in nuove aree di operosità. Si dovrebbe escluderli, indefinitiva, dal deficit di bilancio. Essi rappresentano le condizioni indispensabili per favorire la crescita e la ricchezza nazionale. Ma alla luce della totalità dei diritti la politica non dovrebbe, penalizzare i credenti discriminando la libertà religiosa nelle sue varie articolazioni, come anche l'obiezione di coscienza nei confronti dell'aborto, della guerra, dell'eutanasia.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   In prima pagina, un editoriale di José G. Funes dal titolo"La domanda che vorrei fare ai magi": in cammino con gli astronomi sapienti.

    In rilievo, nell'informazione internazionale, la ripresa del negoziato sudanese tra speranze e inquietudini.

    In cultura, un articolo di Sergio Pagano dal titolo "Nel retroscena del Vaticano II": dall'Archivio Segreto Vaticano un'edizione speciale del fac simile della Bolla "Humanae salutis" di Giovanni XXIII.

    Quando i poeti scandisono il tempo: Isabella Farinelli su "Il libro d'oro" di Rainer Maria Rilke che riflette una ricerca interiore e spirituale mai conclusa.

    Leonardo plana su Mosca: Marcello Filotei sulla mostra "Il codice sul volo degli uccelli" al museo Puskin.

    Il valore rimosso della complementarità tra i sessi: nel "Corriere della Sera" Adriano Pessina interviene sul matrimonio omosessuale.

    Le leggi non creano il matrimonio: nell'informazione religiosa, il cardinale Francis Eugene George sul dibattito, in Illinois, per legalizzare le unioni omosessuali.

    La carità del Papa per le emergenze umanitarie del pianeta: nell'informazione vaticana, intervista di Mario Ponzi al segretario Giampietro Dal Toso, che traccia un bilancio dell'attività di Cor Unum nell'anno appena trascorso.

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    Oggi in Primo Piano



    Attentato a Damasco: almeno 11 morti. Sempre più tragica la situazione dei profughi

    ◊   In Siria, sono almeno 11 i morti in un attentato compiuto nella notte contro un distributore di benzina a Damasco. Decine i feriti gravi. L’esplosione ha colto nel sonno le tante persone che stavano dormendo in attesa del rifornimento di carburante. Intanto, si fa sempre più drammatica la situazione dei profughi siriani. Marie Duhamel ha intervistato Fabrice Weissman, del Centro di ricerca sull’azione umanitaria di Medici senza Frontiere:

    R.- Il y a, si vous voulez, cet aide mis en place avec par le réseau des médecins…
    C’è una sorta di sostegno messo in opera dai medici siriani con un aiuto limitato dall’estero, che consente di offrire un minimo di servizi di assistenza sanitaria che però è ampiamente insufficiente rispetto alle esigenze. Nelle zone controllate dall’opposizione appare evidente la necessità di molti più aiuti, soprattutto in termini di medicinali e personale medico. Poi, c’è la necessità di alloggi, di cibo ed energia elettrica: ci sono infatti oltre due milioni di persone sfollate internamente, gran parte delle quali si è rifugiata nei villaggi più distanti dalle linee del fronte, nella zona “ribelle”. Le persone che sono fuggite dalle zone dei combattimenti vivono dai parenti in appartamenti sovraffollati, oppure nelle tende. Le loro condizioni di vita sono molto precarie, considerando anche l’inverno che in questa regione è molto rigido: spesso la notte porta il gelo. Oltre alla difficoltà di alloggiare queste persone, c’è anche la crisi energetica: diventa sempre più difficile trovare carburante nelle regioni controllate dall’opposizione armata. E’ noto che prima della guerra la benzina e gli altri aiuti erano sovvenzionati dal governo e che oggi, invece, non solo non c’è più sovvenzione ma nemmeno rifornimento dalle regioni controllate dal governo, e i Paesi limitrofi sono restii a fornire carburante ed energia. Nella regione di Aleppo, ad esempio, il prezzo della benzina è aumentato di 30 volte, e questo rende gli spostamenti estremamente difficili, fa aumentare il costo dei trasporti e quindi il prezzo del cibo, rende più difficile il riscaldamento delle case e spiega anche la mancanza di farina: i mulini non possono lavorare perché mancano il carburante o la corrente elettrica. Oggi registriamo carenza di pane nella maggior parte delle città, come ad Aleppo. Anche in questo caso, si può calcolare che nelle zone controllate dai ribelli servirebbe un aiuto alimentare molto più consistente, sotto forma di farina, di latte in polvere per i bambini.

    D. – Arrivano gli aiuti umanitari internazionali?

    R. - L'aide internationale est encore très limitée…
    L’aiuto internazionale è ancora molto limitato: si tratta sostanzialmente di aiuto medico fornito dalle reti di solidarietà siriane con il supporto dei Paesi vicini, mentre gli attori tradizionali dell’aiuto internazionale – sia le agenzie dell’Onu, sia le grandi Ong internazionali – sono poco presenti nella regione, a causa del mancato sostegno finanziario e diplomatico da parte della comunità internazionale, quindi dei Paesi occidentali, della Cina e della Russia. Bisogna dire che lavorare oggi nella zona controllata dai ribelli è possibile sia da un punto di vista logistico che di sicurezza, anche se ovviamente permane il rischio dei bombardamenti aerei; nonostante molti Paesi riconoscano l’opposizione siriana come l’unico legittimo rappresentante del popolo siriano, sono in pochi quelli disposti a finanziare le operazioni di soccorso umanitario nelle zone ribelli e a fornire garanzie politiche agli operatori delle Nazioni Unite che consentirebbero loro di entrare nelle zone in questione, sfuggendo al controllo di Damasco.

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    Tensione tra Nord e Sud Sudan. Al via il vertice tra i due presidenti

    ◊   Situazione ancora tesa tra Nord e Sud Sudan con scontri e attacchi proprio mentre i presidenti dei due Stati sono arrivati oggi ad Addis Abeba, in Etiopia, per un vertice che dovrebbe segnare la ripresa del dialogo dopo gli accordi siglati in settembre, e rimasti fin qui lettera morta. Il Sud ha accusato il Nord di incursioni militari sul proprio territorio, e ha chiesto all’Onu e all’Unione Africana di condannare questi atti. Cecilia Seppia ha sentito Antonella Napoli giornalista esperta di Africa della rivista Limes:

    R. – Effettivamente, la situazione è molto tesa. Abbiamo verificato che gli ultimi attacchi hanno coinvolto anche la popolazione civile. Ci sono molte città colpite da questi nuovi bombardamenti, e centinaia di persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni per cercare rifugio …

    D. – Questo vertice di Addis Abeba segna la ripresa del dialogo tra Sudan e Sud Sudan e di quei negoziati già siglati a settembre però di fatto rimasti lettera morta. Quali sono ancora le questioni in evidenza?

    R. – Ci sono diversi punti su cui c’è ancora una discussione aperta, per quanto riguarda i confini; poi c’è la questione dell’Abyei, che è quella fondamentale. Ricordiamo che l’Abyei è la regione con le maggiori risorse petrolifere e che ancora non è stata assegnata. Purtroppo, il referendum è stato rimandato e questo ha trascinato una questione che continuerà a creare tensione. E’ la risorsa più importante per entrambi i Paesi e nessuno dei due contendenti – Sudan e Sud Sudan – rinuncerà facilmente ai proventi delle risorse petrolifere di quest’area.

    D. – Si fa sentire anche la protesta del Movimento di Liberazione del popolo sudanese del Nord – lo Splm (Sudans People Liberation Movement) – che sicuramente non facilita la distensione dei rapporti tra i due Paesi …

    R. – Lo Splm Nord continua a contrastare l’esercito nord-sudanese, soprattutto nelle aree più meridionali del Sud Sudan, che confinano con il Darfur. Purtroppo, in questo caso si tratta proprio di un intervento di Juba che contesta le invasioni del territorio sud-sudanese da parte delle forze armate di Khartoum. Per questo continuano i contrasti armati che, come dicevo prima, coinvolgono inevitabilmente la popolazione civile.

    D. – Questi negoziati potrebbero sbloccare la situazione. Ma se così non fosse, qual è lo scenario che si apre?

    R. – Purtroppo, quello che abbiamo visto anche pochi mesi fa è che era stato in qualche modo frenato dalla Risoluzione Onu che era stata approvata all’unanimità per chiedere la sospensione del nuovo conflitto tra Sudan e Sud Sudan, e cioè una guerra aperta che vedrà contrapporsi questi due Stati che si erano già combattuti – ricordiamolo – per oltre vent’anni in una guerra civile che ha provocato quasi 4 milioni di morti; e poi, purtroppo, rimane aperta la questione dei confini che ancora non sono stati demarcati e che a lungo termine hanno visto contrapporsi varie etnie, varie popolazioni che vivono proprio al limite, che non hanno ancora trovato la loro collocazione.

    D. – Ci sarebbe bisogno di una presa di posizione più coerente, più forte da parte della comunità internazionale?

    R. – Certamente. Fino a quando non ci sarà una determinazione davvero forte, con sanzioni effettive ed un intervento risolutivo da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, questa situazione non troverà una soluzione.

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    Centrafrica: abusi sui civili da parte di ribelli e governativi

    ◊   I ribelli in Centrafrica sospendono l’offensiva verso la capitale Bangui e accettano di partecipare ai negoziati di pace in programma l’8 gennaio in Gabon. Secondo le Nazioni Unite sono circa 316mila le persone che vivono nelle aree colpite dagli attacchi dei ribelli e altre 700mila che vivono nella capitale rischiano l’escalation dei combattimenti. Le associazioni per i diritti umani della Repubblica Centrafricana hanno accusato il governo e i ribelli di aver commesso abusi e violenze nei confronti della popolazione. Al microfono di Alessandro Filippelli, padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano che opera nel Nord del Paese:

    R. – Io sono a Bouzoum, una città a 400 km dalla capitale. C’è molta tensione nell’aria, anche perché è una situazione che Bouzoum ha vissuto dieci anni fa – nel 2002-2003 – proprio in questo periodo. E quindi c’è un po’ il terrore che questa crisi diventi cronica e si allarghi anche al resto del Paese: gran parte del territorio è sempre stata, una volta o l’altra, preda di movimenti ribelli, poi più o meno ammansiti con dialoghi, proposte, promesse. Poi, però, la situazione non è che sia migliorata di tanto, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti come la sanità e l’educazione.

    D. – I ribelli hanno annunciato uno stop all’avanzata verso Bangui. Ma cosa rischia realmente il Paese?

    R. – Il problema è che rischi di diventare cronica, nel senso che non riuscendo ad avere uno sbocco rapido su Bangui, facciano un po’ come l’altra volta che pian piano prendono il resto del Paese e quindi poi praticamente la capitale rimane un’isola affamata, perché gran parte della produzione alimentare viene da fuori della capitale, quindi dal Nord, dal Centro.

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    Germania. Angela Merkel apre campagna elettorale in Bassa Sassonia

    ◊   Germania. Si apre oggi la campagna elettorale per le prossime elezioni in Bassa Sassonia. Le consultazioni si terranno il 20 gennaio e rappresentano, di fatto, il primo banco di prova per il Cdu della cancelliera Angela Merkel, in vista delle politiche di settembre. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con il germanista Angelo Bolaffi:

    R. - Le elezioni nella Bassa Sassonia sono importanti perché il partito della cancelliera Merkel - il Cdu - insieme al partito alleato al governo - l’Spd - ha subito una serie di sconfitte nelle elezioni locali, comunali e regionali. È probabile che questo trend venga confermato anche nella Bassa Sassonia, länder tradizionalmente socialdemocratico. Ricordiamoci che per anni è stato guidato dall’ex cancelliere socialdemocratico, Shroeder. Poi, è stato conquistato dai partiti di governo, che però rischiano molto.

    D. - Come andrebbe ad incidere questo risultato negli equilibri federali?

    R. - Porterebbe la maggioranza del Bundesrat, la seconda camera tedesca, in mano all’opposizione. Siccome le leggi devono passare sempre all’approvazione della camera Bundestag, e anche della seconda camera o camera delle regioni del Bundesrat, questo costringerebbe il governo a una grande coalizione di fatto, nel senso che dovrebbe sempre trattare con l’opposizione, a prescindere dall’esito che avranno poi le elezioni generali a settembre.

    D. - Ma il riflesso delle consultazioni in Bassa Sassonia potrebbe arrivare anche alle politiche di settembre?

    R. - Al momento, la cancelliera ha un "bonus" politico imbattibile. Dal punto di vista delle elezioni politiche generali, non credo che questo possa cambiare il trend. Quale coalizione di governo nascerà dal dopo elezioni? Questo è tutto aperto. Stando almeno ai dati attuali, avremo sicuramente la Merkel cancelliera, ma non sappiamo però di quale maggioranza.

    D. - Questo secondo lei potrà incidere sulle scelte che la Germania sta portando avanti essendo di fatto in questo momento perno di un’Europa che fronteggia la crisi?

    R. - Da questo punto di vista, in Germania c’è un accordo "bipartisan". Sia il cancelliere candidato dell’Spd Steinbrück, sia la cancelliera Merkel, sono convinti europeisti. A certe condizioni, però: per ora, non si parla di eurobond, si parlerà di una costruzione lenta, graduale di un’Europa politica e federale. Al termine di questo processo, ovviamente si potrà riaprire il discorso degli eurobond. Tra l’altro, anche il partito più federalista che c’è nel Bundestag, quello dei Verdi, tramite il suo candidato Trittin ha detto che gli eurobond vanno bene ma quando saranno riformati i trattati europei. Cioè, se ne parlerà tra almeno dieci-quindici anni.

    D. - Quindi, di fatto, sono in sicurezza sia la politica europea che le strategie economiche europee…

    R. - L’accordo è sulla stabilità di pareggio di bilancio messo in Costituzione e sicuramente sull’europeismo. Direi che, da questo punto di vista, l’accordo non sposta niente. Ci potrebbe essere però - nel caso l’Spd portasse un candidato alla Cancelleria - un aumento del potere d’acquisto dei salari, nel senso che - come noto - i sindacati tedeschi sono più vicini all’Spd. Quest’anno, questi ultimi apriranno una campagna di aumenti salariali molto decisa. Da questo punto di vista, ci potrebbe essere un aumento del consumo interno che potrebbe favorire le esportazioni di altri Paesi europei a cominciare dall’Italia. Questa è l’unica variante.

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    Usa: prima seduta del nuovo Congresso, sempre più multietnico e multireligioso

    ◊   A Washington, ieri è stata la giornata del giuramento dei parlamentari del nuovo Congresso degli Stati Uniti, il 113.mo della storia americana. Tante le novità per questo “specchio del Paese” sempre più multietnico e multireligioso. Per la prima volta, i deputati bianchi sono una minoranza nel gruppo dei Democratici alla Camera. Per la prima volta, inoltre, siederà a Capitol Hill un deputato induista e una senatrice buddista. Sul significato di questo cambiamento demografico e i suoi riflessi politici, Alessandro Gisotti ha intervistato l’americanista dell’Università di Bologna, Tiziano Bonazzi:

    R. – Un dato: ogni anno negli Stati Uniti entrano fra i 900 mila e un milione di immigrati legali, quindi, senza contare gli immigrati illegali, che pare siano fra i 12 e i 15 milioni. Se teniamo presente, dunque, un ingresso di un milione di persone nuove, provenienti – di massima – dall’America Latina e dall’Asia, ogni anno, è evidente che la vecchia componente etnica di matrice europea stia perdendo rapidamente posizione. Tant’è vero che ormai negli Stati Uniti non si parla più di italo-americani, tedesco-americani, anglo-americani, ma in generale di europei come un unico gruppo etnico, distinto dai latini, dagli asiatici e così via. Questo ci dà idea di un mutamento continuo. Insomma, gli Stati Uniti sono ancora una frontiera: una frontiera demografica, una frontiera per quanto riguarda la giovinezza della popolazione e sono una frontiera per la capacità di amalgamare e continuare ad inserire culture diverse.

    D. – Accanto proprio a questo, all’amalgamare culture, religioni, etnie diverse, ci sono però anche problemi di tensione, a volte anche di scontro, soprattutto nelle grandi città, nelle grandi periferie. Questa può essere una sfida da affrontare in questi anni?

    R. – La sfida c’è ed è una sfida che riguarda soprattutto il crescente divario fra l’America urbana, sia sulla costa del Pacifico che sulla costa dell’Atlantico che anche nelle grandi città del Sud, lungo il Golfo del Messico, e l’immensa “provincia” americana. Ed ecco allora che proprio tutti i grandi Stati del centro, comunità del centro, in cui questa crescente differenza culturale, etnica e demografica si fa molto meno sentire, mantengono un peso sproporzionato a livello politico nel Congresso. In definitiva, nonostante tutto, il Congresso non rispecchia ancora quello che è il Paese e sicuramente questo darà luogo a scontri politici estremamente forti. Questa America della grandissima provincia, infatti, è molto più conservatrice, molto meno desiderosa di mutamenti, di quanto non sia invece l’America urbana delle coste e del Sud urbano.

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    I vescovi europei e nordamericani: non dimentichiamo i cristiani di Terra Santa

    ◊   Inizia domani l’incontro annuale dei vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali europee e nord-americane a sostegno della Terra Santa. L’evento, giunto alla sua 13.ma edizione, viene ospitato quest’anno a Betlemme. Scopo dell’iniziativa, promossa dal 1998 dalla Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles, è di esprimere la comunione e la solidarietà della Chiesa universale con la comunità cristiana locale e di rafforzare la speranza della pace nella regione. Quali i momenti principali dell’evento? Veronica Scarisbrick lo ha chiesto a uno degli organizzatori, mons. William Kenney, vescovo ausiliare di Birmingham e portavoce per le questioni europee della Conferenza episcopale inglese e gallese:

    R. – I think some of the highlights could be visiting refugees …
    Penso che tra i momenti principali ci sia la visita ai rifugiati, sia in Giordania, sia in molte zone della Palestina; inoltre cercheremo di capire quello che è successo nella recente guerra nella Striscia di Gaza e come questo possa colpire le minoranze cristiane. La nostra attenzione si rivolgerà poi al persistente problema dell’occupazione e della situazione dei cristiani.

    D. – Ogni anno, la visita si svolge sullo sfondo di un contesto particolare…

    R. – I do agree with that, because the context keeps changing. …
    Sì, sono d’accordo: infatti, il contesto continua a cambiare. Oggi ci troviamo in un contesto politico particolare: nelle prossime settimane Israele andrà alle urne. Abbiamo la situazione in Siria, di fronte alla quale nessuno si può nascondere, insieme alle minacce di Israele di entrare in conflitto con l’Iran. Tutto ciò crea molto disagio – penso in particolare alla situazione siriana, che è molto grave perché certamente nessuno sa cosa realmente potrebbe succedere qualora un Paese chiave come questo vada fuori controllo: e temo fortemente che il prezzo più grande lo pagheranno i rifugiati ed i poveri.

    D. – Certamente, la preghiera è una parte importante di questo pellegrinaggio …

    R. – It is, indeed. We will, of course, each day …
    Sì, certamente. Ci riuniremo in preghiera ogni giorno, celebreremo insieme la Messa. Faremo visita alle parrocchie comprese nel Patriarcato latino e nelle sue giurisdizioni e alle rappresentanze degli altri riti. La preghiera è sicuramente una parte importantissima di questo pellegrinaggio.

    D. – E’ passato un anno dalla sua ultima visita. Pensa che questi incontri ottengano il risultato sperato?

    R. – I think the visits always serve a purpose to the extent that …
    Penso che queste visite raggiungano sempre lo scopo, nella misura in cui dicono alla gente – soprattutto alle sorelle e ai fratelli cristiani – che noi continuiamo a prenderci cura di loro, che non li abbiamo dimenticati. Quindi, penso che comunque raggiungiamo lo scopo. La situazione è sempre diversa e l’organizzazione di questo pellegrinaggio è sempre difficile: la situazione è in continua evoluzione e a volte il programma deve essere cambiato quando siamo sul posto a seconda dell’evento che si verifica. Non sempre è possibile pianificare e quindi mettere in pratica il programma. Come ho già detto, la cosa più importante è che le persone vedano che noi andiamo da loro, capiscano che noi ci preoccupiamo dei loro problemi e che quando torneremo a casa proveremo almeno a far sì che i nostri governi ne prendano coscienza …

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    Morti bianche: 2012 anno "nero" per l'Italia. L'Anmil: legge attuale è vecchia

    ◊   E’ ancora l’Italia la maglia nera d’Europa per le morti sul lavoro: nel 2012 sono scomparsi sul luogo di lavoro 622 lavoratori. Registrata una diminuzione del 4% rispetto 2011, dato irrisorio se si pensa a quante persone sono state messe in mobilità o in cassa integrazione durante quest’anno. Lorenzo Pirovano ne ha parlato con Franco Bettoni, presidente dell’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro:

    R. - Secondo me, la cosa che è mancata sempre e che col tempo dobbiamo far osservare a tutti, lavoratori e studenti, è una cultura, un approccio diverso al lavoro e alla sicurezza sul lavoro. Di sicurezza sul lavoro non se ne parlava mai. Oggi, invece se ne parla. La fatalità è rara. Dobbiamo inculcare nei futuri lavoratori, nei futuri imprenditori, l’idea che sul lavoro si possa parlare e anche morire e dare più informazione e formazione alle persone che lavorano.

    D. - In che modo la disoccupazione e la crisi delle imprese possono gravare sulla già precaria situazione della sicurezza sul lavoro?

    R. - Dai dati, dalle affermazioni che fanno, noi sappiamo che la sicurezza sul lavoro molte volte non viene vista come un investimento ma ci sono settori in cui il risparmiare sulla sicurezza diventa un modo per coprire i mancati guadagni. Purtroppo, in questi momenti dobbiamo stare attenti perché in un momento di crisi non vorremmo che la sicurezza sia la cosa di cui tutti non prendono atto, anche il lavoratore stesso che pur di lavorare non va a guardare se tutte le norme sono rispettate. Oggi, con i cambiamenti di lavoro, con il poco lavoro, capire che sul lavoro ci si può far male è fondamentale.

    D. - Cosa manca nell’attuale legislatura e quali misure dovrà prendere il prossimo governo?

    R. - Noi da anni diciamo che la legge per quanto riguarda il regolamento per gli incidenti sul lavoro è vecchia. Ci sono stati infatti nuovi cambiamenti e noi abbiamo fatto una legge di iniziativa popolare, raccogliendo più di 75 mila firme, perché venisse modificata. L’organizzazione del lavoro del 1965 è completamente diversa dall’organizzazione di oggi. Abbiamo proposto che questa legge venisse modificata perché è anacronistica, è vecchia.

    D. - Qual è il ruolo delle altre istituzioni che oltre al parlamento dovrebbero lavorare per cercare di arginare il problema?

    R. - I comitati paritetici, per esempio, ma anche le commissioni delle Asl che ci sono nei vari territori, tutti i membri datoriali e non datoriali, sindacali, di governo, sono importanti. Sono momenti in cui si può lavorare pensando al fatto che noi dobbiamo andare a parlare ai lavoratori e futuri lavoratori spiegando che sul lavoro ci si fa male e si muore. Dobbiamo combattere i corsi sulla carta, ma continuare a sostenere quelli che li fanno veramente.

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    Lampedusa: rientrata l'emergenza nel centro immigrati

    ◊   Dopo l’allarme lanciato poco prima di Natale, è rientrata l’emergenza nel centro per immigrati di Lampedusa. Per il sindaco, però, l’isola però deve essere considerata solo un punto di passaggio e del problema si deve fare carico l’intera Europa. Il servizio di Alessandro Guarasci:

    Sono circa 300 gli immigrati ora nel centro di prima accoglienza di Lampedusa. Si tratta della capienza regolamentare, ma solo il 19 dicembre la situazione era ben diversa: circa 600 persone. Il grido d’allarme del sindaco Giusy Nicolini non è rimasto inascoltato. Ma l’emergenza non deve ripetersi:

    “Questo centro deve rimanere tendenzialmente vuoto, perché Lampedusa è isola di approdo, di accoglienza, di primo soccorso e quindi il centro deve sempre rimanere in condizioni di poter ospitare in maniera dignitosa coloro che arrivano. Lampedusa è la porta d’Europa non è soltanto l’ultimo lembo d’Italia e invece questo non viene compreso”.

    Per questo, a Lampedusa è nato il Museo delle Migrazioni per testimoniare il suo ruolo di ''isola ponte'', assieme a Linosa. La Caritas di Agrigento chiede che si apra un tavolo per evitare che il sovraffollamento si ripeta e poi mette in luce l’ospitalità della popolazione. Il direttore Valerio Landri:

    “La popolazione di Lampedusa continua a dare testimonianza di grande spirito di accoglienza. Ad esempio, la sera di Natale la parrocchia ha offerto un momento di festa, di musica e di dolci al quale hanno preso parte moltissimi dei migranti che circolano liberamente per l’isola. È stato un momento molto importante perché si sentivano accanto ai canti della Novena natalizia italiana in siciliano, quelli portati dai fratelli che venivano dall’Africa”.

    Recentemente, la popolazione è stata premiata con la medaglia al valor civile.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Indonesia. Appello dell’arcivescovo di Giacarta per la libertà di culto nel Paese

    ◊   «Tutte le comunità religiose in Indonesia devono essere messe nelle condizioni di poter costruire i propri luoghi di culto»: è l’appello lanciato dall’arcivescovo di Giacarta, Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo, durante una celebrazione eucaristica. Il presule – riferisce L’Osservatore Romano - ha esortato le autorità statali «a prendere le misure necessarie» per garantire il rispetto della libertà di culto. Nel Paese, a maggioranza musulmana, l’edificazione di luoghi di culto cristiani e di altre fedi è caratterizzata da procedure complesse, che vengono di frequente prese a pretesto per impedire lo sviluppo delle comunità. I municipi, spesso dietro pressione dei gruppi estremisti musulmani, non rilasciano o ostacolano i permessi edilizi, oppure li ritirano una volta già concessi. Mons. Suharyo Hardjoatmodjo ha citato, come esempio, la situazione nella quale versano i fedeli delle comunità protestanti di Bekasi e di Bogor che hanno trascorso la vigilia di Natale all’aperto di fronte al palazzo presidenziale di Giacarta, in segno di denuncia della loro difficile situazione. Come accennato, l’iter da seguire per ottenere i permessi edilizi è tortuoso. La costruzione di una chiesa o di altro luogo di culto deve avvenire nel rispetto di una complicata delibera concessa per iscritto dai municipi che consente di dare apertura al cantiere. Si tratta dell’Izin Mendirikan, una procedura amministrativa che per il suo completo termine richiede anche diversi anni. È previsto inoltre che ogni comunità per edificare una chiesa o un tempio debba contare su almeno novanta fedeli e avere anche l’approvazione di almeno sessanta persone affiliate ad altre religioni. Di conseguenza i fedeli delle comunità parrocchiali sono costretti a riunirsi in strutture di fortuna. L’arcivescovo di Giacarta ha osservato che ad alcune comunità «non è permesso costruire i luoghi di culto di cui necessitano e, per questo motivo, i fedeli sono costretti a pregare dove possono e spesso in circostanze che sono lungi da quelle che sono considerate ideali».A Bekasi, per esempio, i fedeli della Batak Christian Protestant Church lottano dal 2007 per l’edificazione di una struttura idonea dove potersi riunire per pregare. La comunità protestante è anche diventata obiettivo di violenze perpetrate dai gruppi di estremisti musulmani. Le autorità municipali, come accennato, agiscono non di rado su pressione delle organizzazioni politiche che strumentalizzano la religione per raggiungere il potere. «La comunità musulmana — ha spiegato l’arcivescovo di Semarang, Johannes Maria Trilaksyanta Pujasumarta — è generalmente tollerante, ma emergono tuttavia dei gruppi estremisti che vogliono ottenere i loro obiettivi con la violenza». Nonostante il timore di attacchi, in occasione del Natale, musulmani e cristiani hanno voluto ugualmente condividere il messaggio di pace: è il caso, per esempio, della chiesa cattolica di San Francesco Saverio, a Semarang, nello Java centrale, dove un gruppo di musulmani ha partecipato alla Messa.

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    Condizioni critiche per migliaia di bambini profughi siriani in Libano

    ◊   Nelle regioni libanesi del Nord e Bekaa sono circa 35 mila bambini siriani con meno di 14 anni che vivono in condizioni critiche. In questo periodo, la situazione meteorologica con temperature sempre più rigide rende la situazione ancora più drammatica. La priorità è mantenere i piccoli al caldo, al sicuro e sani. A Dalhamieh, un piccolo villaggio della Valle della Bekaa, circa 30 chilometri ad est di Beirut, i rifugiati siriani sono sparsi in un accampamento dove le tende si moltiplicano di giorno in giorno. Fino a qualche giorno c’erano 698 persone, tra cui 86 bambini con meno di 2 anni, giunti dalla Siria. In questi giorni – ricorda l’agenzia Fides - si trovano a dover far fronte alle rigide temperature invernali. Le tende sono fatte di cartone e plastica e non sono adeguate per il clima rigido della zona. Secondo le ultime statistiche dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, i profughi registrati o in attesa di registrazione in Libano sono oltre 160 mila. Tuttavia, il numero reale è notevolmente superiore visto che molti, per timore, preferiscono non registrarsi. La scorsa settimana, circa 270 rifugiati sono stati ricoverati in ospedale. C’è anche il pericolo di epidemie di epatite e colera. Nel piccolo villaggio di Adous stanno aumentando i ricoveri negli ospedali. Per cercare di limitare questa emergenza, l’Unicef e altre organizzazioni umanitarie stanno avviando in Libano un programma per distribuire ai rifugiati ad Akkar, nel Libano del Nord e nella Valle della Bekaa, kit con materiali di supporto per far fronte all’inverno. Occorrono scarpe, calze, pantaloni, giacche, cappelli, guanti ma anche teli di plastica, coperte, forniture mediche e alimentari. (A.L.)

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    India: festa di Natale per mille bambini indigenti

    ◊   Oltre mille bambini indigenti di Bangalore e periferia hanno festeggiato il Natale a Chamarajpet, sede dell’Ong Bangalore Oniyavara Seva Coota (Bosco). All’appuntamento, si legge in una nota inviata all’Agenzia Fides, hanno preso parte bambini di varie caste. Il programma della giornata è stato pensato per consentire ai piccoli ospiti di condividere un clima di gioia. Diverse le rappresentazioni, alle quali hanno preso parte i bambini per celebrare la nascita di Gesù, disceso sulla terra per proclamare e ottenere giustizia per i poveri e gli oppressi. L’Ong Bosco lavora per i ragazzi di strada e i minori a rischio dal 1980, riabilitando circa 7000 bambini l’anno. L’organizzazione salesiana ha anche sviluppato delle Comunità d’attenzione per minori e attualmente sta attuando un progetto sperimentale nel Paese per l’affidamento dei minori. (A.L.)

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    All India Christian Council: molte violenze in India non vengono denunciate

    ◊   Oltre agli episodi quotidiani di stupro in tutto il Paese, il governo “dimentica le vittime delle passate violenze di massa”: il massacro dei sikh a Delhi (1984); i disordini tra indù e musulmani di Mumbai (1992-1993); le stragi del Gujarat (2002); i pogrom anticristiani in Orissa (2008). E’ quanto sottolinea John Dayal, segretario generale dell’All India Christian Council (Aicc), denunciando una “propensione a dimenticare”. Ma nel Paese, in questi giorni, si avvertono segnali di cambiamento. Lo stupro a New Delhi della ragazza di 23 anni morta il 29 dicembre in seguito alle gravi ferite riportate, sembra aver alzato un velo su questa mentalità. La società civile – aggiunge John Dayal – è unita nel chiedere a gran voce un reale cambiamento per arginare il fenomeno della corruzione, garantire più sicurezza sulle strade, rendere più efficace il sistema della giustizia. Ma sono ancora molti i casi di violenza, soprattutto sessuale, avvolti dal silenzio. Recentemente tre giovanissime cristiane dalit – di 14, 13 e 5 anni – hanno subito uno stupro. “Due di loro – racconta ad AsiaNews padre Ajaya Kumar Singh, direttore dell’Orissa Forum for Social Action di Bhubaneshwar – sono vittime di violenze di gruppo”. “Una è morta per strangolamento, l'altra è riuscita a sopravvivere”. Tuttavia, sul loro caso non è mai stata aperta alcuna inchiesta. “Il problema – spiega John Dayal – è che la polizia impiega giorni per registrare una denuncia per stupro”. “Le indagini vengono condotte con trascuratezza, e il magistrato si rifiuta persino di ascoltare la versione della vittima”. Notizie allarmanti arrivano anche dal Pakistan: una bambina di nove anni è in fin di vita dopo uno stupro di gruppo avvenuto nella provincia centrale del Punjab. Lo riferisce il quotidiano ‘The Express Tribune’ precisando che la polizia ha denunciato sette uomini per violenza sessuale e sequestro di persona (A.L.)


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    Congo, missionario comboniano arrestato dai militari perché difende i pigmei

    ◊   Un missionario comboniano, padre Franco Laudani, è stato arrestato e picchiato da soldati dell'esercito congolese. Lo denuncia nel suo sito la Conferenza Episcopale Congolese. Il fatto è avvenuto il 2 gennaio nel territorio di Watsa nella diocesi di Wamba (Provincia Orientale). Padre Franco avrebbe chiesto ai militari spiegazioni sull'arresto di alcuni pigmei. Ma i militari lo hanno arrestato e picchiato. Il missionario è stato successivamente rilasciato. I vescovi nel loro sito denunciano il fatto che il territorio in questione vive nell'insicurezza a causa delle violenze commesse da alcuni militari delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo. I fatti sono stati confermati all'Agenzia Fides da fonti della Casa Generalizza dei Missionari Comboniani. Le fonti ricordano che padre Franco si adopera da anni a favore dei pigmei, una popolazione spesso vittima di soprusi e pregiudizi. La Diocesi di Wamba è situata nella Provincia Orientale della Repubblica democratica del Congo, con una superficie di 68.000 kmq e una popolazione di circa 600.000 abitanti. La popolazione "pigmea" si aggira intorno alle 40.000 persone presenti quasi ovunque nelle diciassette parrocchie della diocesi. (A.L.)

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    Dimessa dall’ospedale la ragazza pakistana ferita dai talebani

    ◊   La ragazza quindicenne pakistana, Malala Yousafzai, ferita dai talebani ha lasciato l’ospedale dove era ricoverata. Malala, bersaglio dell’odio fondamentalista per la sua campagna in difesa del diritto all’istruzione delle donne, sarà sottoposta prossimamente ad un intervento chirurgico di ricostruzione del cranio. Lo scorso ottobre, all’uscita da scuola, due uomini le avevano sparato. Un proiettile aveva sfiorato il cervello e perforato il cranio. La ragazza aveva perso molto sangue. Ma le sue condizioni, rimaste gravi per un lungo periodo, sono migliorate. La sua vicenda ha commosso e indignato il mondo. Il suo volto è diventato il simbolo della lotta contro le derive estremiste che cercano di negare diritti fondamentali, come quello allo studio. Oltre 250 mila persone hanno firmato una petizione per candidarla al premio Nobel per la pace. Nel 2009, Malala in un diario in lingua urdu, aveva denunciato le atrocità commesse dai talebani nella valle di Swat. Lo scorso anno ha ricevuto il primo premio nazionale per la pace dal governo di Islamabad ed è stata segnalata per l'"International children's peace prize" dal gruppo Kidsrights foundation. Ma quasi contemporaneamente è stata messa da gruppi talebani "in cima" alla lista degli obiettivi da colpire. (A.L.)

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    Elezioni in Ecuador. I vescovi: scegliere proposte politiche compatibili con la fede

    ◊   I vescovi dell’Ecuador, in un messaggio pubblicato ieri in occasione dell’inizio della campagna elettorale, auspicano che la sfida delle urne sia orientata a salvaguardare un’autentica democrazia. Il prossimo 17 febbraio circa dodici milioni di ecuadoregni saranno chiamati al voto per eleggere il nuovo capo dello Stato. Nel documento si rammenta che i laici cristiani hanno l’obbligo morale di discernere circa la compatibilità delle proposte politiche con la fede e la morale di vita cristiana e non devono aderire a sistemi ideologici che si oppongano ad essa. Nel messaggio i presuli sottolineano che in una società democratica è il cittadino che delega il potere ai propri governanti. Il popolo non è “una moltitudine amorfa che si può manipolare o strumentalizzare”, ma va inteso come un insieme di persone che hanno una propria visione della “cosa pubblica”. In questo senso, i vescovi esortano il governo a rispettare l’ordinamento giuridico come anche la divisione e autonomia tra i poteri dello Stato. Si chiede inoltre ai candidati alla presidenza di centrare la propria campagna sulla discussione dei progetti piuttosto che sulle offese e gli attacchi personali. “Non si tratta – spiegano i presuli - di una lotta cieca e chiusa degli uni contro gli altri ma della possibilità di presentare valide scelte politiche e programmi di governo”. Nel messaggio si esortano poi gli elettori ad esercitare il proprio diritto e dovere di votare con coerenza in favore della difesa della vita dal concepimento alla fine naturale, e della famiglia costituita da un uomo e una donna. “Lo Stato viene dopo la persona e non ha il compito di concedere diritti, bensì quello di riconoscere, promuovere e garantire i diritti umani e civili”, si sottolinea nel messaggio dei vescovi che ribadiscono il proprio dovere di pastori di illuminare sulla realtà politica, sociale ed economica del Paese alla luce del Vangelo. “I vescovi non devono appoggiare acriticamente ogni governo, mantenere una cieca opposizione e nemmeno astenersi da qualsiasi intervento”. “Ai politici cristiani che vivono il precetto della carità si chiede una chiara e trasparente testimonianza nel esercizio delle proprie responsabilità”. (A cura di Alina Tufani)

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    Il cardinale Angelo Bagnasco: si alleggerisca il peso delle tasse sulle famiglie

    ◊   “Certamente le tasse non alleggeriscono le situazioni” delle famiglie “però, nello stesso tempo, speriamo tutti che in prospettiva, avviando una fase di crescita, che tutti dicono giustamente di volere, di invocare e di voler perseguire, questo peso possa essere alleggerito”. Lo ha affermato l‘arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, a margine dell‘incontro avuto con il commissario straordinario della Provincia, Piero Fossati, per il consueto scambio di auguri per il nuovo anno. Il porporato – riferisce il Sir – si è espresso in merito all‘aumento del carico fiscale previsto per l‘anno appena iniziato ed all‘impatto che il peso delle tasse avrà per le famiglie italiane. Nel 2013 – secondo uno studio della Cgia di Mestre – si pagheranno in Italia 14,7 miliardi di tasse in più. L’aggravio per ciascuna famiglia sarà di 585 euro. Secondo l’associazione che raggruppa artigiani e piccole imprese, la maggiore pressione fiscale è dovuta soprattutto all’introduzione della Tares, la nuova tassa sui rifiuti, all’aumento dell'Iva previsto dal primo luglio, al ritocco dell'Imu sui capannoni e agli incrementi dei contributi previdenziali degli autonomi. Il cardinale Angelo Bagnasco è anche intervenuto sul tema dell‘interruzione della partita Milan-Pro Patria per cori razzisti dei tifosi. Il cardinale ha rivolto un messaggio “più che al mondo del calcio, al mondo in generale, alla nostra cultura, al nostro modo di stare insieme” domandando: “Finché seminiamo una cultura individualista, dove ognuno è per sé, dove vogliamo andare?” “Non ci si meravigli - ha proseguito - perché l‘individualismo non libera la persona, la rinchiude in se stessa e vede negli altri dei nemici potenziali”. (A.L.)

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    Burundi. La Chiesa si prepara a ricordare mons. Courtney, assassinato dieci anni fa

    ◊   Era il 29 dicembre del 2003 quando mons. Michael Aiden Courtney, nunzio apostolico in Burundi, veniva ucciso da colpi d’arma da fuoco mentre viaggiava in auto nei pressi di Bujumbura, capitale del Paese. Dieci anni dopo, la Chiesa locale si prepara a commemorare il presule, anche se il movente e gli autori del delitto restano ancora ignoti. Secondo le prime ricostruzioni dell’epoca, infatti, dietro l’omicidio ci sarebbero stati i ribelli burundesi delle Forze nazionali di liberazione che, però, hanno sempre negato ogni responsabilità. Intanto, il 29 dicembre scorso – data che la Conferenza episcopale burundese ha proclamato, tre anni fa, come “Giornata speciale di preghiera per la pace e la riconciliazione nel Paese” – a Minago è stata celebrata una Messa in ricordo di mons. Courtney. Nella sua omelia, mons. Venant Bacinoni, vescovo di Bururi, ha ricordato il compianto presule come “un uomo pacifico che ha sempre esortato i burundesi al dialogo, al fine di uscire dalla guerra fratricida che ha conosciuto il Burundi dopo il 1993”. Quindi, mons. Venant ha ribadito “il carattere sacro della vita della persona umana”, sottolineando che “la commemorazione dell’omicidio di mons. Courtney non deve essere solo un momento di raccoglimento, ma piuttosto un’occasione di riflessione sulla causa che egli difendeva: quella della pace”. Infine, il vescovo di Bururi ha lanciato un appello al governo nazionale affinché giustizia sia fatta. Dal suo canto, l’attuale Nunzio apostolico in Burundi, mons. Franco Coppola, ha sottolineato come “la voce della pace resti la sola a risolvere tutte le differenze”, poiché “senza pace, lo sviluppo è impossibile”. La comunità parrocchiale di Minago ha chiesto poi un gemellaggio con la Chiesa irlandese, Paese d’origine di mons. Courtney, ed ha suggerito di costruire una “Scuola superiore per l’educazione alla pace e alla riconciliazione” accanto al monumento dedicato al presule. Indimenticabili, intanto, restano le parole di Giovanni Paolo II che, nell’omelia per la Messa del primo gennaio 2004, disse: “Del ‘Vangelo della pace’ era testimone Mons. Michael Aidan Courtney, mio rappresentante quale Nunzio Apostolico in Burundi, tragicamente ucciso qualche giorno fa mentre svolgeva la propria missione a favore del dialogo e della riconciliazione. Preghiamo per lui, auspicando che il suo esempio ed il suo sacrificio portino frutti di pace in Burundi e nel mondo”. Due giorni dopo, celebrando una Messa di suffragio nella Chiesa di Nenagh, in Irlanda, il card. Francis Arinze, affermò: “Il nunzio Courtney predicava l'amore reciproco, la riconciliazione cristiana, l'armonia e l'unità tra le persone. (…) Possa la sua dolorosa morte portare grazia e benedizioni al suo Paese natale, una credibilità e una crescita sempre maggiori alla testimonianza che la Chiesa dà a Cristo attraverso l'evangelizzazione, e giustizia, pace e riconciliazione al Burundi e a tutte le altre aree di violenza o di conflitto nel mondo!”. (A cura di Isabella Piro)

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    Gratitudine della comunità di Taizè a quanti si sono impegnati per l’incontro di Roma

    ◊   La comunità di Taizé esprime, in un comunicato, la sua profonda gratitudine a tutti coloro che hanno reso possibile l'organizzazione del trentacinquesimo incontro europeo, tenutosi a Roma. Un ringraziamento particolare va alle parrocchie, ai sacerdoti, alle comunità religiose, alle comunità ortodosse e protestanti e alle migliaia di famiglie che hanno aperto le porte delle loro case per accogliere i giovani pellegrini. Un ringraziamento speciale, poi, al Vicariato e al cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ai giovani romani che hanno lavorato senza sosta per diversi mesi e ai responsabili politici di Roma e dello Stato italiano. All’incontro, promosso dalla Comunità di Taizè, hanno partecipato oltre trentaduemila giovani pellegrini, provenienti da tutta Europa. La preghiera del 29 dicembre in Piazza San Pietro alla presenza del Santo Padre, alla quale hanno partecipato più di quarantacinquemila persone – si legge nel comunicato - ha fatto risorgere tutta la profondità spirituale di quest’incontro e rimarrà come una luce nel cuore di molti giovani. Un gruppo di volontari resterà ancora due settimane a Roma per incontrare le famiglie e le comunità che hanno accolto i giovani pellegrini nella capitale. Sabato 19 gennaio, alle ore 17, nella parrocchia di Ognissanti, sull’Appia Nuova, si terrà una preghiera di grazie per il bell’incontro europeo vissuto. (A.L.)

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    Il Concilio Vaticano II al centro di incontri promossi dalla diocesi di Savona-Noli

    ◊   “L’oggi del Concilio - attualità di una speranza”. E’ il titolo dell’inedita iniziativa che caratterizzerà il 2013 della Diocesi di Savona-Noli e debutterà martedì prossimo. L’evento è legato all’Anno della fede e in particolare al cinquantesimo anniversario dell’apertura del Vaticano II. Sarà infatti il Concilio, con le sue proposte, le sue innovazioni, le sue sfide, valide ancora per la Chiesa e il mondo di oggi, a contraddistinguere questo percorso formativo e culturale. Cinque saranno le serate che verteranno su documenti conciliari. La sede del Teatro Don Bosco di via Piave faciliterà questa dimensione, più votata al "talk show" che non alla lectio magistralis. Seguendo lo stile già sperimentato con successo durante la veglia di apertura dell’anno pastorale, si cercherà di stimolare un proficuo confronto. Ognuna delle prime quattro serate vedrà infatti la partecipazione di due autorevoli figure che si confronteranno su vari temi. Al dibattito fra i due relatori seguiranno poi anche le domande del pubblico. Ognuno di questi incontri sarà introdotto da un contributo filmato che illustrerà in pochi minuti il significato essenziale del tema della serata. Protagonista di queste clip introduttive sarà mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e padre conciliare, che sintetizzerà il documento su cui verterà la discussione. Il primo appuntamento si terrà martedì prossimo a Savona alle 20.45 (Teatro don Bosco, via Piave) e sarà incentrato sul tema: “Chiesa, da conoscere e da amare”. I relatori saranno mons. Franco Giulio Brambilla, già rettore della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e ora vescovo di Novara, e Franco Garelli, sociologo e docente universitario. (A.L.)

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    Emergenza freddo, l’accoglienza delle parrocchie del Laurentino

    ◊   C’è chi solitamente vive in una baracca. Ci sono famiglie rom, anziani abbandonati, stranieri senza documenti e sfrattati. Ma anche una coppia di giovani sposi romani con gravi difficoltà economiche. Sono alcune delle persone che hanno ricevuto un aiuto concreto per affrontare a Roma l’emergenza freddo. Dal 27 dicembre scorso – ricorda la rivista diocesana RomaSette – le Caritas parrocchiali della XXIV Prefettura, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio, il Municipio XII e con il sostegno dell’azienda farmaceutica Takeda Italia, hanno messo a disposizione dei senza dimora 16 posti di accoglienza notturna in Piazzale Caduti dei Militari nei Lager, lungo via Laurentina. Quattro i container, attrezzati con riscaldamento e servizi igienici, che rimarranno attivi fino alla fine di aprile. “L’iniziativa – spiega mons. Giancarlo Graziano, parroco di San Mauro Abate – è giunta al quinto anno e ogni inverno questi moduli abitativi hanno conosciuto nuovi ospiti”. “Finora siamo riusciti a mettere a disposizione solo 16 posti letto, ma per il futuro speriamo di trovare una struttura fissa in cui ospitare più stabilmente quanti ogni anno bussano alle nostre porte in cerca di accoglienza”. Negli ultimi anni – sottolinea Mimmo Di Bartolomeo, diacono impegnato nel progetto – “abbiamo iniziato a ricevere diverse richieste da famiglie di romani”. “L’aspetto più difficile è diventato scegliere chi inserire nel servizio e chi escludere, perché la maggior parte di coloro che ci vengono segnalati dalle parrocchie ne avrebbe bisogno, ma i posti sono limitati”. “Venendo incontro all’emergenza freddo – spiega il presidente del Municipio XII, Pasquale Calzetta – in realtà cerchiamo di occuparci di quella più generale dell’indigenza, che è in aumento costante. Noi pensiamo agli allacci e alle utenze, le associazioni gestiscono il servizio e, da due anni, Takeda Italia offre l’affitto dei container: un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privati”. Nell’ampio piazzale sotto la torre della Telecom, punto di riferimento dello skyline della periferia laurentina, ogni giorno viene anche fornito un pasto caldo servito dai volontari. (A.L.)

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    Vis: gemellaggi in Europa per approfondire la riflessione sul diritto allo studio

    ◊   I gemellaggi promossi dal Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis) diventano europei, grazie all‘impegno profuso nei 10 anni di attività su questo fronte. I confini italiani si aprono alle scuole europee con le insegnanti del Liceo Balcescu di Oltenita (Romania), che hanno realizzato un gemellaggio con una scuola africana, e l’apertura a gemellaggi tra strutture di educazione informale: polisportive, oratori, case famiglie. “Gemellarsi – spiega al Sir Maria Cristina Ranuzzi, responsabile per i gemellaggi del Vis – vuol dire aprire una breccia tra le attività educative che già portiamo avanti, con costanza e con fatica, accettando la sfida di far entrare a far parte del nostro lavoro pedagogico quotidiano insegnanti ed alunni di scuole lontane e spesso in condizioni socioeconomiche di grande svantaggio”. Gemellarsi, aggiunge Ranuzzi, “vuol dire aprirsi alla riflessione costante sulle condizioni che rendono fruibile il diritto allo studio sia qui da noi, in Italia ed in Europa, che nei Paesi del Sud del mondo ricchi di risorse formative che spesso non riescono ad esplicarsi appieno a causa dell’immenso svantaggio economico nel quale sono immersi”. Per maggiori informazioni, si può consultare il sito. (A.L.)

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    Adozioni, Aibi: manca ancora una banca dati dei minori adottabili

    ◊   “La sentenza del Tar del Lazio n. 8231 del primo ottobre 2012 dava termine fino al 31 dicembre 2012 al ministero della Giustizia per attivare la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione, ma siamo ormai nel 2013 e la banca dati ancora non c’è”. Lo denuncia in una nota, ripresa dal Sir, l’Associazione Amici dei bambini (Aibi), che ricorda: “Nel corso della causa al Tar era emerso che dalle casse dello Stato sono stati versati 800 mila euro per un appalto che aveva anche l’obiettivo di crearla… Un altro scandalo italiano?”. Caterina Chinnici, capo del Dipartimento della Giustizia minorile, ha dichiarato che “sono emerse delle difficoltà”. “Non è dato comprendere – sottolinea l’Associazione – di quali difficoltà si tratti”. “L’unica cosa certa è che tutto rimane immutato, mentre il Tar era stato chiaro nel fissare gli ultimi definitivi 90 giorni, che sono trascorsi senza che l’atteso decreto dirigenziale per l’avvio ufficiale della banca dati sia stato emesso”. “Così – aggiunge Aibi – sono trattati oggi in Italia i diritti dei minori vulnerabili. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, circa 2.300 minori sono in attesa di adozione”. Ora, l’Associazione annuncia che “avvierà quanto prima la procedura per l’esecuzione della sentenza ormai definitiva”. (A.L.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 4

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.