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Sommario del 27/02/2013

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'ultima udienza generale: non lascio la Croce, le resto accanto in modo nuovo, ho voluto bene a tutti
  • Tutte le strade portano a Pietro. Il saluto di Benedetto XVI al mondo intero
  • Padre Cantalamessa: Papa umile, Pontificato profondo, i semi germoglieranno
  • Il grazie e l'affetto di Movimenti e nuove Comunità ecclesiali a Benedetto XVI
  • Oltre 150 mila fedeli hanno pregato con il Papa in Piazza San Pietro
  • Padre Lombardi: giornata meravigliosa, Papa sereno per aver deciso davanti a Dio
  • Il Papa invia il cardinale Dziwisz alle celebrazioni del VI centenario della cattedrale lituana di Kaunas
  • Diretta di Radio Vaticana e Ctv per il trasferimento del Papa a Castel Gandolfo
  • Mons. Mamberti denuncia i cosidetti “nuovi diritti” e le forzature per affermarli nella Carte dell’Onu
  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Nucleare Iran: nuovi colloqui con la comunità internazionale a metà marzo
  • Italia, no di Bersani al governissimo. L'economista Quadrio Curzio: l'Europa rilanci la crescita
  • La gratitudine dell'allenatore Roberto Mancini per Benedetto XVI
  • Nella Chiesa e nel mondo

  • Terra Santa: domani la Custodia in preghiera per Benedetto XVI e la Chiesa
  • Siria: sono un milione i rifugiati, campi profughi al limite
  • Iraq: nuovo gruppo militante sciita minaccia sunniti e cristiani
  • Mali, attentato a Kidal: i gruppi armati cambiano strategia
  • Congo: nell'Est divisioni e rivalità dei ribelli alimentano l'insicurezza
  • Turchia: un pastore protestante espulso, un altro sfuggito a un attentato
  • Francia. "Mariage pour tous": respinto il ricorso di 700 mila cittadini
  • Austria. Il card. Schönborn ai rifugiati nella chiesa di Vienna: "Siate ragionevoli"
  • Sud Sudan: l'impegno della Chiesa per fornire arti artificiali
  • Il fenomeno dei minori impiegati nel lavoro domestico
  • Ucciso un parroco a Trapani. Il dolore del vescovo
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'ultima udienza generale: non lascio la Croce, le resto accanto in modo nuovo, ho voluto bene a tutti

    ◊   Mattina di grandi emozioni in Piazza San Pietro, dove Benedetto XVI ha tenuto l’ultima udienza generale del suo Pontificato davanti molte a decine di migliaia persone, che lo hanno applaudito e acclamato con insistenza. Nella sua catechesi, il Papa ha affermato ancora una volta di non abbandonare la Croce, bensì di “restare in modo nuovo” accanto al Crocifisso, “nel recinto di San Pietro”. A tutti, Benedetto XVI ha espresso la propria gratitudine per il sostegno e l’affetto ricevuti in questi anni, ripetendo”: “Continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

    “Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero”.

    Non può starci il mondo intero in Piazza San Pietro, ma la nota dell’entusiasmo che sale di un’ottava quando l’organo attacca la sua marcia alle 10.37, in un tripudio di grida e di sventolii di striscioni e bandiere che da agitati diventano frenetici, dà l’idea che davvero il cuore del mondo sia lì e batta nel petto di quegli oltre 150 mila che hanno portato – dai quartieri dietro Via della Conciliazione come dall’Australia e dall’America Latina – un enorme carico d’affetto per Benedetto XVI. Cornice e atmosfera sono da pagina di storia e da collezione di ricordi. L’ultima udienza di Papa Benedetto, la 348.ma, è quella da mandare a memoria, immagine per immagine: l’ultimo, lungo, lento giro in papamobile del 264.mo Successore di Pietro, la sua benedizione a chi vorrebbe sfiorarlo, a chi gli manda un saluto, un bacio, un “grazie”, un sorriso e una lacrima. Per oltre dieci minuti, il Papa solca la folla in tutte le geometrie che la Piazza consente prima di sedersi per l’ultimo discorso del mercoledì, la madre di tutte le catechesi. Che proprio per questo non può prescindere dal dare, ancora, una risposta al perché di un gesto che sedici giorni fa ha scosso la Chiesa universale dalle fondamenta:

    “Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”.

    Cardinali, fondatori e capi di Movimenti e associazioni, fedeli, giornalisti, curiosi, turisti ascoltano Benedetto XVI spiegare come un Papa, proprio perché è di tutti, non è più di sé stesso. “Alla sua vita – dice – viene, per così dire, totalmente tolta la sua dimensione privata”, poiché accettando il ministero di Pietro c’è un “sempre” e un “per sempre” e dunque “non c’è più un ritornare nel privato”:

    “La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro”.

    Ma prima di “scomparire” nel recinto della preghiera lontano dal mondo, il mondo esige che il suo Papa rievochi la storia di questi anni. Così, il primo applauso scatta quando Benedetto XVI ricorda quel 19 aprile 2005, giorno in cui, confida, un “grande peso” ha accolto sulle spalle per poi sperimentare che quel peso era portato ogni giorno con Cristo. “Il Signore – racconta – mi ha veramente guidato”:

    “E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come San Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa e il Signore sembrava dormire”.

    Ma pioggia o sole, nulla – ha subito soggiunto – ha mai scalfito questa convinzione:

    “Ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua e il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare”.

    Davanti agli occhi del Papa, Piazza San Pietro è un oceano di sentimenti sul quale il Timoniere della barca di Pietro naviga commosso, ricambiando affetto con affetto. La mia, afferma, è stata una storia condivisa. “Non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino”, dice ringraziando i cardinali e i collaboratori di Curia, per poi abbracciare con gratitudine tutti, clero, religiosi, fedeli:

    “Nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella mia preghiera, con il cuore di padre”.

    Un padre, prosegue, al quale in tanti hanno scritto, dai potenti alla gente comune e questo – scandisce Benedetto XVI – fa “toccare con mano” come la Chiesa sia un “corpo vivo”, che unisce tutti in una “comunione di fratelli e sorelle”:

    “Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi poter toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi”.

    Gli applausi salgono d’intensità e frequenza man mano che Benedetto XVI si avvia alla conclusione del suo ultimo, grande discorso. Ricorda alla Chiesa di aver indetto l’Anno della Fede perché ognuno si sentisse amato da Dio, “sentisse la gioia di essere cristiano”, come scrive anche nel tweet successivo all’udienza. E a tutti, indistintamente e ancora, il grazie forse più importante, quello per il “rispetto e la comprensione con cui – riconosce – avete accolto questa decisione così importante:

    “Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito”.

    Le ultime parole di Benedetto XVI sono universali, dirette a quel mondo intero che lo ha amato e ascoltato. Sono il lascito di un padre e maestro non solo di fede, anche di umanità:

    “Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!”.

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    Tutte le strade portano a Pietro. Il saluto di Benedetto XVI al mondo intero

    ◊   All’ultima udienza generale di Benedetto XVI, si è potuta vedere e vivere, in un modo straordinario, l’universalità della Chiesa riunita attorno al Successore di Pietro. Nessuna lingua è straniera al Papa, perché parla la lingua dell’amore di Cristo. E così oggi hanno avuto un significato davvero particolare i saluti in 11 lingue, oltre l’italiano, che il Pontefice ha rivolto ai pellegrini venuti da tutto il mondo per salutarlo e ringraziarlo al termine del suo ministero petrino. Il servizio di Alessandro Gisotti:

    Tutte le strade portano a Roma. Perché portano a Pietro. Nella grande Piazza abbracciata dal Colonnato del Bernini, stamani si potevano ascoltare lingue familiari e idiomi semisconosciuti. Si potevano vedere bandiere di ogni Paese e scorgere, tra la folla, vestiti e copricapi che richiamano culture e tradizioni lontane. E’ il piccolo “miracolo” che si ripete ogni mercoledì all’udienza generale. Nessuno si sente straniero in Piazza San Pietro. Una dimensione, quella dell’universalità della Chiesa, che si è vissuta oggi in modo straordinario. E che ha avuto il suo momento culminante nel saluto, quasi dialogato, che il Papa ha rivolto in 11 lingue, oltre l’italiano, ai pellegrini di tutto il mondo.

    “Je vous remercie pour le respect…”
    “Vi ringrazio – ha detto in francese – per il rispetto e la comprensione” con le quali avete accettato la mia rinuncia. E ha sottolineato che “continuerà ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione”. Quindi, ha incoraggiato i fedeli ad avere il cuore pieno di gioia nella certezza che il Signore “è vicino a noi, ci accompagna con il suo amore” e sosterrà sempre la Chiesa. Benedetto XVI spiega con animo sereno la sua scelta, declinandola nelle diverse lingue. Il pensiero più lungo, comprensibilmente, è affidato al tedesco, la sua lingua madre. Parole che sono precedute da un breve, spontaneo omaggio musicale dei suoi conterranei bavaresi:

    “Wie Petrus und die Jünger…”
    “Come Pietro e i discepoli nella barca sul lago di Galilea – afferma – io sapevo che il Signore è nella Barca, che è la sua Barca”. Nulla, ha aggiunto, “può oscurare questa certezza”. Ecco perché, soggiunge, un Papa non è mai solo quando guida la Barca di Pietro. E in inglese confida di sentirsi come San Paolo che aveva il cuore pieno di “gratitudine al Signore” che sempre guida la Chiesa:

    “In union with Mary and all the saints…”
    “In comunione con Maria e con tutti i Santi”, è il suo invito, affidatevi con speranza al Signore che continua a vegliare sulle nostre vite, sul “cammino della Chiesa e del mondo lungo i sentieri della storia”. Le parole del Papa si alternano agli applausi della gente, ai cori, al semplice "grazie", "gracias", "danke", "merci", che riecheggia da un angolo all’altro della Piazza. Anche in spagnolo e in portoghese, le lingue parlate dalla maggioranza dei cattolici nel mondo, il Papa ha parole di speranza per l’avvenire. La Chiesa, riafferma ancora una volta, è del Signore che sempre la sosterrà e guiderà con la sua luce:

    “En este Año de la fe invito a todos…”
    “In questo Anno della fede – dice – invito tutti a rinnovare la ferma fiducia in Dio con la sicurezza che Egli ci sostiene e ci ama” e invita a testimoniare a tutti la gioia di essere cristiani. Gioia e gratitudine sono proprio le parole che più ricorrono nei saluti del Papa nelle diverse lingue. C'è commozione ma non c’è tristezza nel salutare per l’ultima volta i pellegrini che per otto anni sono accorsi in Piazza San Pietro o in Aula Paolo VI per l’udienza del mercoledì. Non c’è tristezza: quello di oggi, infatti, non è un addio, e neppure un arrivederci. Perché, come il Papa sottolinea nel saluto in croato, “sotto la protezione della Madre celeste, rimaniamo uniti nella preghiera e nella fede in Cristo risorto”.

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    Padre Cantalamessa: Papa umile, Pontificato profondo, i semi germoglieranno

    ◊   Presente in Piazza San Pietro, anche il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Antonella Palermo gli ha chiesto con quali sentimenti abbia partecipato all’ultima udienza generale di Benedetto XVI:

    R. – Con i sentimenti di tutti gli altri fedeli cattolici che sono venuti qui per dare l’addio al Papa, mostrargli l’affetto e accompagnarlo anche in questo momento che solo lui e Dio sanno quanto debba essere intimo e sofferto.

    D. – Come ha accolto questo gesto del Papa?

    R. – Lo ho accolto con serenità; molte cose già lo facevano prevedere, per quello che lui aveva scritto e detto in interviste, che questa sarebbe stata la sua disposizione nel caso che le forze non fossero più a misura. Credo che abbia dato un esempio enorme di distacco dal potere, perché sembra molto più facile attaccarsi che distaccarsi dal potere. Rientrare nella vita semplice, contemplativa – come dice lui – è anche una lezione a tutta la Chiesa. E noi abbiamo bisogno di tempi di contemplazione. Se lo sente il Papa, che lavora per Cristo a tempo pieno, tanto più credo che gli altri dovrebbero sentire il tempo di salire sul Monte Tabor, come ha detto l’altro giorno Benedetto XVI.

    D. – Che ricordo ha della sua esperienza di predicatore pontificio?

    R. – Di nuovo, ammiro l’umiltà, prima del cardinale Ratzinger, che quando era a Roma era sempre in prima linea alle prediche, non mancava mai! E poi anche da Papa, è sempre stato presente. Ora, questo non finisce di stupirmi, da 34 anni che ricopro questo ufficio: che il Papa vada ad ascoltare la predica di un semplice sacerdote.

    D. – Come accompagnare pastoralmente tanti fedeli che stanno vivendo un momento anche di disorientamento?

    R. – Penso che questo disorientamento potrebbe invece tradursi in un momento di edificazione della Chiesa, facendo vedere – come ce l’ha ricordato il Papa – che il vero capo della Chiesa è Gesù Cristo, quindi la sede non è vacante nel senso profondo! Perché Cristo è vivo, è risorto, è Lui che guida la Chiesa attraverso tutti i movimenti e le persone che si alternano.

    D. – Che bilancio si sente di fare, di questo pontificato?

    R. – Io credo che nessuno possa farlo così, a caldo. Il pontificato è una cosa grande, che ha bisogno di spazi per essere valutato nel suo vero senso. E siccome questo è stato un pontificato profondo, giocato sulle idee, sui principi, non dubito che i semi germoglieranno.

    D. – Qual è, secondo lei, un aspetto di Benedetto XVI forse poco valorizzato, poco messo in luce, anche dalla stampa?

    R. – La stampa si occupa solo di ciò che è esteriore, di quello che vede … forse non ha colto l’interiorità di quest’uomo: l’interiorità intellettuale e spirituale che si esprime con discrezione, senza tinte forti, che è tipica, però, di una personalità molto profonda.


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    Il grazie e l'affetto di Movimenti e nuove Comunità ecclesiali a Benedetto XVI

    ◊   A stringersi attorno a Benedetto XVI oggi in Piazza San Pietro vi erano anche gli appartenenti a Movimenti, Associazioni e nuove Ccomunità ecclesiali. Il servizio di Adriana Masotti:

    Gratitudine, vicinanza, apprezzamento e affetto. All’ultima udienza del Papa hanno voluto esserci, sorreggendo grandi striscioni in ogni angolo della piazza. Testimonianza concreta, insieme alle migliaia di fedeli presenti, di una Chiesa viva. Neocatecumenali, Comunione e Liberazione, Azione Cattolica che oggi, in un comunicato, ribadisce il proprio grazie a Benedetto XVI “per il suo Pontificato, per il suo magistero, intenso e illuminato”, e ancora Rinnovamento nello Spirito, che per bocca del presidente, Salvatore Martinez, afferma: “Ora è tempo di pregare e di fare comunione spirituale”. Poi, le Acli, il Centro italiano di solidarietà di don Mario Picchi, l’Unitalsi, con tanti ammalati, in prima fila, sotto il sagrato. Tra i tanti sentiamo il commento a caldo di frère Alois, priore della Comunità di Taizé, e quello di Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari:

    R. – (frère Alois) Sono molto commosso in questa ultima udienza con il Santo Padre Benedetto. Siamo stati così vicini… Abbiamo pregato con lui anche alla fine di dicembre, in Piazza San Pietro. Questo è un giorno di ringraziamento.

    R. – (Maria Voce) Una grande emozione. Mi ha fatto una grande impressione il suo richiamo al fatto che non è solo, che è famiglia, e quindi l’impegno di essere sempre più famiglia per lui e per il Papa che verrà dopo. Questa è la Chiesa: questi rapporti veri, profondi, purificati dalla vita del Vangelo, come lui stesso ha detto.

    D. – Si tratta di un impegno anche per il suo Movimento?

    R. – Sicuramente. E’ l’impegno più importante del Movimento: quello di vivere con lui questo momento, vivendo il Vangelo, con quella fiducia piena che lui ha manifestato in Cristo che guida la Chiesa.

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    Oltre 150 mila fedeli hanno pregato con il Papa in Piazza San Pietro

    ◊   Una festante e commossa Piazza San Pietro ha ascoltato le parole del Papa nella sua ultima udienza generale. Oltre 150 mila i fedeli, provenienti dai cinque continenti, hanno applaudito e acclamato con insistenza il Santo Padre. Massimiliano Menichetti:

    Gli applausi, le bandiere di tanti Paesi sventolate con forza a rappresentare idealmente tutto il mondo che omaggia Benedetto XVI. Piazza San Pietro, gremita di fedeli, ha salutato così il Vicario di Cristo. Tanta la commozione, ma anche la gioia che è stata consegnata al Papa:

    Il Papa mi ha insegnato ad avere una fede gioiosa. Ogni mattina, quando mi alzo, prego e chiedo al Signore di avere questa gioia e questa libertà che ha lui.

    D. – Oggi è l’ultimo incontro con Benedetto XVI, che cosa le lascia?

    R. - Il conforto di andare avanti e anche la fiducia nel Signore.

    R. - Ha detto che la Chiesa è viva e qui si sente.

    R. - Un’emozione grande perché, tenevo ad essere qui. Ero in Piazza il giorno in cui il Papa è stato eletto, quando c’è stata la fumata bianca e poi durante la Messa di inizio Pontificato. Non potevo mancare oggi. Mi ha commosso quando ha detto: “Il mio cuore è aperto a tutti voi e nel cuore del Papa ci siete dentro tutti”. Oggi, il mio desiderio era che non finisse mai di parlare.

    D. - Il Papa ha detto anche la sua decisione “Non significa abbandonare la Croce, ma anzi continuare a darsi completamente di fronte alla Croce”.

    R. - Si, di questo ero proprio sicuro. Da subito, ho pensato che il suo fosse un gesto di amore più intenso. Dovevamo solo capirlo. Come un grande martirio del cuore, che ci testimonia un grande amore, una grande passione per Gesù.

    D. - Qual è il suo augurio per il Papa se potesse dirglielo a voce?

    R. - Gli darei solamente un grande abbraccio e una stretta fortissima dicendogli: "Grazie!".

    Un mosaico di colori abbracciato dal colonnato del Bernini ha pregato con il Papa. Tra i fazzoletti colorati, i cappellini, i vessilli anche decine di striscioni che hanno salutato Benedetto XVI con le loro scritte: “Tu sei Pietro!”, “Il coraggio della Fede”, “Ti vogliamo bene!”.

    R. - Per me è una festa speciale, perché io sono stato ordinato da lui proprio otto anni fa. Oggi, salutarlo dopo otto anni è commovente.

    R. - Tutti noi giovani abbiamo cercato di dirgli quanto amore ancora vogliamo dargli. Siamo sicuri che lui continuerà a tenerci uniti con la sua preghiera.

    R. - Credo veramente che oggi ci sia stato un segno di grande umanità. L’abbraccio del Papa che ringrazia i suoi figli.

    R. - Sono sconvolta e nello stesso tempo ammirata. Questa umiltà, questa umanità: grazie di cuore!

    R. - Pensavo ad oggi: non è mai successo che i fedeli abbiano potuto abbracciare il Papa prima che se ne andasse, vedere gli occhi del gregge colmi di gratitudine. Oggi, questo Papa ha fatto sì che ci fosse anche la possibilità di salutarlo, anche attraverso gli occhi e dirgli "grazie" anche con lo sguardo.

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    Padre Lombardi: giornata meravigliosa, Papa sereno per aver deciso davanti a Dio

    ◊   “Clima di grande commozione e serenità, il Papa aveva un volto bellissimo”: così padre Federico Lombardi nel corso del briefing in Sala Stampa vaticana. Al termine dell’udienza generale, in Sala Clementina si è svolto il baciamano, con il presidente della Repubblica Slovacca, Ivan Gasparovic, il presidente della Baviera, Horst Seehofer, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e i capitani reggenti della Repubblica di San Marino, Teodoro Lonferini e Denis Bronzetti. Ce ne parla Benedetta Capelli:

    Una "giornata meravigliosa", “un grande dono” ha detto padre Federico Lombardi, un sole che è stato il segno del compimento del grande servizio di Benedetto XVI. Un clima di commozione e serenità ha dominato l’udienza generale in piazza San Pietro:

    “Non so se avete potuto notare, attraverso il monitor, le riprese finali del Centro televisivo vaticano che mostravano un volto del Papa bellissimo ed estremamente sereno e sorridente”.

    Una serenità che si è respirata anche nel piccolo baciamano seguito in Sala Clementina:

    “Serenità della coscienza di aver compiuto il buon lavoro e di avere preso questa decisione davanti a Dio e in totale accordo con quello che la volontà di Dio gli poteva domandare”.

    Poi, padre Lombardi ha voluto ripercorrere alcuni passaggi della catechesi del Papa – l’ultimo discorso del Pontificato di Benedetto XVI - in particolare quello sulla fede come “unica vera visione per il cammino della Chiesa e del Mondo”. Importante poi il passaggio sull’Opera di Dio, parole che hanno richiamato San Benedetto:

    Opus Dei, l’opera di Dio, quello che lui ha cercato di fare e che lui continuerà a fare. Ci ha mostrato la via per una vita che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio. Quindi la mia opera è nell’opera di Dio”.

    Domani i porporati vedranno il Papa in Sala Clementina e qui ci sarà un indirizzo di saluto del cardinale decano Angelo Sodano. A Castel Gandolfo, poi, Benedetto XVI rivolgerà alcune parole alla popolazione locale dopo il suo arrivo. Diverse le domande dei giornalisti alle quali padre Lombardi ha risposto, chiarendo - tra l'altro - che il camino, nel quale saranno bruciate le schede votate durante il Conclave, ancora non è stato installato. E sulla data del Conclave così si è espresso:

    “Il primo marzo il cardinale decano convoca le Congregazioni generali dei cardinali. Verosimilmente, come riunioni, le convoca dal 4 in poi. Nell’ambito di queste riunioni i cardinali stabiliscono la data di inizio del Conclave. Quindi noi adesso non possiamo saperlo. La data la sapremo nei primi giorni della settimana successiva per decisione della Congregazione dei cardinali”.

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    Il Papa invia il cardinale Dziwisz alle celebrazioni del VI centenario della cattedrale lituana di Kaunas

    ◊   Benedetto XVI ha nominato il cardinale Stanisłav Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, suo inviato speciale alla celebrazione del VI centenario della Cattedrale di Kaunas, in Lituania, che avrà luogo il 5 maggio 2013.

    In Inghilterra, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Liverpool, presentata da mons. Patrick Altham Kelly, in conformità al canone 401 - paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

    Sempre in Inghilterra, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Liverpool, presentata mons. Patrick Altham Kelly, in conformità al canone 401 paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico.

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    Diretta di Radio Vaticana e Ctv per il trasferimento del Papa a Castel Gandolfo

    ◊   Dopo la straordinaria partecipazione di fedeli, in Piazza San Pietro, c’è grande e commossa attesa per domani, ultima giornata del ministero petrino di Benedetto XVI. La Radio Vaticana in sinergia con il Centro televisivo vaticano (Ctv) seguirà in diretta, dalle ore 16.45 alle 18 circa, il trasferimento del Papa dal Vaticano alla residenza di Castel Gandolfo. L’evento potrà anche essere seguito in diretta on line sul Vatican player, disponibile sul sito Internet della Radio Vaticana e sulle "app" della nostra emittente per Iphone e Android.

    Dal canto suo, il direttore del Ctv, mons. Dario Edoardo Viganò, ha sottolineato che il Centro Televisivo Vaticano sente la “responsabilità di consegnare alla storia un documento di particolare rilevanza che sia capace di raccontare, emozionare ma anche rispettare la scelta libera e umile del Papa teologo”. Il direttore del Ctv sottolinea che il trasferimento del Papa a Castel Gandolfo sarà seguito da 19 telecamere, anche con riprese aeree. Mons. Viganò ha affermato che la scelta di regia è stata guidata “dal desiderio di mostrare il legame non solo della centinaia di migliaia di fedeli al Papa, ma anche il desiderio profondo del Pontefice di stringere tutti e ciascuno in un grande abbraccio”.

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    Mons. Mamberti denuncia i cosidetti “nuovi diritti” e le forzature per affermarli nella Carte dell’Onu

    ◊   La piena realizzazione dei diritti umani incontra ancora “seri ostacoli”, ha denunciato mons. Dominique Mamberti, segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, intervenuto ieri nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Il presule ha stigmatizzato i tentativi di re-intepretare alcuni termini della Carta Universale dei diritti umani e delle Convenzioni Onu, tradendone lo spirito originario. Il servizio di Roberta Gisotti:

    Nel 1946 nasceva - ha ricordato mons, Mamberti - la Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, sostituita nel 2006 dal Consiglio per i diritti umani. Oltre 60 anni di attività di controllo, difesa e promozione dei diritti umani. Ma oggi il ruolo e la stessa credibilità di questo organismo sono messi a rischio – ha denunciato il segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati – per il modo in cui sono discussi e riconosciuti i cosiddetti “nuovi diritti”, che inficiano “l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani”. Si è chiesto mons. Mamberti: i diritti umani sono universali perché una maggioranza di Paesi li riconosce, o perché c’è un fondamento etico che proviene dalla dignità di ogni persona e che precede il riconoscimento degli Stati? “La Santa Sede - ha chiarito il presule - crede fermamente che i diritti umani dovrebbero essere giudicati per il loro riferimento ai principi fondanti e agli obiettivi sanciti nei documenti base dove la natura e l’innata dignità della persona sono elementi chiave”. Anche perché c’è spesso - come indicato da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate - “una relazione tra la rivendicazione del diritto al superfluo o addirittura alla trasgressione e al vizio, nelle società opulente, e la mancanza di cibo, di acqua potabile, di istruzione” e “di cure sanitarie” in certe aree del mondo. “La relazione - ha ribadito il presule - sta nel fatto che i diritti individuali, svincolati da un quadro di doveri che conferisca loro un senso compiuto, impazziscono e alimentano una spirale di richieste praticamente illimitata e priva di criteri”. Per questo – ha aggiunto mons. Mamberti – “i recenti tentativi di reinterpretare il significato di alcuni termini critici nei documenti base, come la Dichiarazione universale dei diritti umani e le relative Convenzioni, introducendo espressioni ambigue e posizioni ideologiche sembrano ignorare le solide fondamenta” e “minare l’universalità dei diritti umani” ed “indebolire i successi già raggiunti”. “Mentre per troppe persone i diritti umani sono ancora un’aspirazione praticamente irraggiungibile” – ha osservato il presule - i meccanismi per proteggere e promuovere questi diritti soffrono “per alcune serie contraddizioni, duplicazioni di strutture e capacità limitate” essendo “sprovvisti di necessarie risorse”. Cosicchè, ha concluso il rappresentante Vaticano “scontri di convinzioni stanno aumentando tra i gruppi, e interessi privati sono perseguiti al posto del bene comune”.

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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Non mi sono mai sentito solo: durante l'ultima udienza generale Benedetto XVI abbraccia la Chiesa sparsa nel mondo (nell'informazione vaticana, la cronaca di Cristian Martini Grimaldi dal titolo "Sotto un cielo perfetto").

    Sulle orme di Gregorio Magno: il vescovo emerito di Nuoro, Pietro Meloni, sulla scelta di Benedetto XVI e l'esercizio dell'umiltà.

    Con Benedetto XVI sul cammino verso Dio: Mouhanad Khorchide su islam e cristianesimo religioni per l'uomo.

    Non è un abbandono: i cardinali sulla rinuncia di Benedetto XVI.

    A tutela della dignità della persona umana: nell'informazione internazionale, l'intervento, a Ginevra, dell'arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Brodo di cultura di tante ideologie di successo: i contributi di Lucetta Scaraffia e Oddone Camerana contenuti nel volume "Per una storia dell'eugenetica. Il pericolo delle buone intenzioni".

    Granai di libri contro l'inverno dello spirito: Marcello Badalamenti e Rodolfo Cetoloni sulla mostra a Gerusalemme organizzata per l'inaugurazione della nuova sede della Biblioteca e dell'Archivio della Custodia di Terra Santa.

    Quel che le suore hanno da dire alla Chiesa: un articolo di Ritanna Armeni su "Il Foglio".

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    Oggi in Primo Piano



    Nucleare Iran: nuovi colloqui con la comunità internazionale a metà marzo

    ◊   Altri due nuovi round negoziali a partire da metà marzo. Questo il risultato dei colloqui, terminati oggi in Kazakhstan, tra l’Iran e la Comunità internazionale – il cosiddetto 5+1, composto dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu più la Germania – sul controverso programma nucleare di Teheran. Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, si è detta fiduciosa di una “risposta positiva” da parte della Repubblica islamica che, dal canto suo, ha parlato di incontri “utili” in vista di “risultati tangibili”. Commenti lusinghieri anche da Russia e Cina. Gli Stati Uniti hanno smentito possibili attenuazioni delle sanzioni economiche. Il primo incontro, a carattere preparatorio, si terrà ad Istanbul, in Turchia. Il secondo, a livello diplomatico-politico, è in programma i primi di aprile in Kazakhstan. Ma qual è il valore del risultato odierno? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Riccardo Redaelli docente di Storia e Istituzioni del mondo islamico all’Università Cattolica di Milano:

    R. – Il valore sta innanzitutto nel fatto che il processo continua, nel senso che non si interrompe, si decide di ritrovarsi, di sdoppiare – sia a livello tecnico, sia a livello politico – le discussioni. Temo, però, che l’interesse finisca qui, nel senso che negli ultimi dieci anni si sono tenuti un numero infinito di incontri, colloqui, negoziati politici, tecnici, misti e non si è mai arrivati ad un accordo. Si rischiava un’ulteriore interruzione che avrebbe favorito un’azione militare dura, magari da parte americana o da parte israeliana, e questo mantiene il filo dei negoziati e dei colloqui. Ormai, da quanto si capisce, le trattative vertono su punti ben chiari da entrambe le parti. E' evidente che prima o poi bisognerà trovare una soluzione o rinunciare a trovarla.

    D. – Cosa serve per sbloccare questa situazione?

    R. – Serve soprattutto che l’Iran accetti di sospendere l’arricchimento al 20% e chiarisca una volta per tutte cosa voglia farne con questo tipo di arricchimento. Da parte occidentale, servirebbe forse un po’ più di capacità di comprendere le percezioni dell’insicurezza iraniane, una maggiore flessibilità. In questi ultimi dieci anni di negoziati – sono iniziati nel 2003 – sono stati fatti errori da entrambe le parti. Ma è chiaro che ora, in questa situazione, sta all’Iran fare il primo passo e fare un passo che risulti concreto. Da parte nostra, dobbiamo mettere l’élite politica di Teheran in condizione di poterlo fare e non spingerla nell’angolo, continuare a minacciarla e continuare a chiedere sempre, aggiungere ulteriori richieste.

    D. – Basterebbe la promessa di attenuare le sanzioni da parte del 5+1?

    R. – Io credo di no e credo pure che occorrano delle rassicurazioni maggiori e ritengo che l’Iran voglia qualcosa di più. E’ certo che le sanzioni colpiscono anche se non in modo tale da distruggere il regime. Provocano però gravi disagi, conseguenze soprattutto alla popolazione e ai settori produttivi iraniani. Mi sembra che l’Iran, tutto sommato, voglia uscire da questa strettoia, da questo "cul de sac" in cui si è infilato da solo, ma non a tutti i costi: non a costo di "inginocchiarsi" di fronte alle potenze internazionali. Quello che serve, quindi, è far capire all’Iran, e farlo capire chiaramente, che noi non accettiamo soluzioni pasticciate, ma allo stesso tempo non vogliamo la distruzione della Repubblica islamica dell’Iran e non inseguiamo un regime change, cosa che invece soprattutto il Congresso americano continua a voler fare.

    D. – La Russia, in queste ore, ha definito positivamente il round negoziale. Quindi, come valutare questo atteggiamento da parte di Mosca?

    R. – La Russia s è mostrata conciliante verso l’Iran e cerca sempre di evitare che il filo delle trattative si spezzi, assieme alla Cina, anche. Il ruolo che può giocare la Russia è positivo ma, tutto sommato, limitato, nel senso che anche in passato non sono mai stati in grado di spingere Teheran ad un accordo, anche quando l’accordo sarebbe stato molto più favorevole. Non dimentichiamoci che Teheran, nel 2009, ha gettato al vento, ha rifiutato un accordo avanzato dall’Occidente che era estremamente più favorevole delle condizioni attuali. E gli errori – ahimé! – nella storia si pagano.

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    Italia, no di Bersani al governissimo. L'economista Quadrio Curzio: l'Europa rilanci la crescita

    ◊   In Italia si cercano soluzioni politiche dopo l’esito delle elezioni che non garantisce una maggioranza stabile. Il segretario del Pd Bersani respinge l’ipotesi di un “governissimo” con il Pdl. “Chiederemo voti a tutto il Parlamento – ha detto il vicesegretario dei democratici Letta – per un governo di svolta”. Il commento, raccolto da Amedeo Lomonaco, dell’economista Quadrio Curzio:

    R. – Certamente, un governo stabile che possa durare è la soluzione migliore. Ma per avere un governo stabile che possa durare, bisogna che le parti in causa abbiano una valutazione concorde sui programmi: un governo le cui parti di sostegno non abbiano una valutazione concorde sui programmi, ovvero un governo bloccato, non va molto lontano. Oggi non abbiamo più un sistema bipolare ma abbiamo un sistema tripolare e forse, per alcuni versi, anche se questo è difficile affermarlo con certezza, quadripolare. Sta di fatto che una forza politica, cioè il cosiddetto Movimento 5 Stelle, rappresenta una novità assoluta. Come tale è difficile capire quale sarà l’atteggiamento di questo movimento con riferimento alla necessità di formare un governo nel Paese. Così come è difficile capire come si posizionerà il partito di maggioranza alla Camera, cioè il Pd nella ricerca di una maggioranza governativa.

    D. - Quali riflessi sta avendo sulla borsa il voto in Italia?

    R. – I riflessi sono già stati molto pesanti ieri. Siamo ovviamente in una condizione di profonda incertezza. Dunque bisognerà vedere come, in gradualità, i mercati si abituano a questa situazione molto complessa.

    D. – Intanto, lo spread vola oltre i massimi storici da dicembre. Lo spread è un indicatore rilevante, da prendere in considerazione, oppure un dato secondario come affermato ad esempio dall’ex premier Berlusconi?

    R. – Lo spread è importante perché da un lato indica il grado di rischio attribuito ai titoli di Stato del nostro Paese. Questo va immediatamente poi a incidere sul rinnovo dei titoli di Stato stessi alle scadenze. In secondo luogo, nei collocamenti dei nuovi titoli di Stato, va a determinare dei tassi di interesse più alti sul nostro debito pubblico, con oneri conseguenti aggravati sul bilancio dello Stato. Quindi affermare che lo spread non è rilevante non coincide in alcun modo con l’evidenza dei fatti che dicono appunto che lo spread conta.

    D. – Allo stato attuale, quanto l’economia italiana può reggere una situazione di stress nei mercati?

    R. – L’economia italiana è in condizioni, per molti versi, paradossali perché il bilancio pubblico per quanto riguarda il deficit è tra i migliori in Europa. Noi arriveremo al pareggio strutturale di bilancio nel 2013, tanto quanto la Germania. Noi abbiamo l’avanzo primario, cioè la differenza tra uscite ed entrate prescindendo dalle uscite per interessi, che è sul reddito nazionale il più alto dell’Eurozona. Sotto questo profilo l’Italia, come si diceva nei mesi scorsi, ha fatto i compiti a casa, molto di più di quanto li abbiano fatti Francia o Spagna. Da un altro lato, l’Italia ha un grande debito pubblico che, tuttavia, non è un debito pubblico insostenibile proprio perché abbiamo un avanzo primario notevole. E’ ovvio che se crescono i tassi di interesse, tutta la situazione si complica. L’altro elemento paradossale del nostro Paese è che l’economia reale va molto male. La crescita è negativa, la disoccupazione sta crescendo, le imprese stanno soffrendo. Ciò significa che bisogna trovare modalità per rilanciare la crescita e queste modalità vanno anche contrattate duramente con l’Europa per il bene dell’Europa stessa: un’Europa che non cresce, dove la disoccupazione aumenta, fa male a se stessa. Bisogna che l’Europa, gestendo democraticamente se stessa, si renda conto che il solo rigore non solo non basta ma è dannoso. Ecco un problema che va affrontato a livello dei governi europei.

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    La gratitudine dell'allenatore Roberto Mancini per Benedetto XVI

    ◊   Parole di affetto a Benedetto XVI anche dall’allenatore italiano del Manchester City, Roberto Mancini. La scorsa settimana, dopo la vittoria della sua squadra contro il Chelsea, l’ex giocatore di Sampdoria e Lazio ha ringraziato Benedetto XVI per gli otto anni di Pontificato. Le parole di Mancini, intervistato da Amedeo Lomonaco:

    R. - Il Papa è una figura molto importante per tutti noi cattolici, soprattutto per chi - come me - ha vissuto a Roma per tanti anni, si sente ancora più vicino. Io credo che lui sia stato straordinario in questi otto anni e con l’ultima decisione presa credo veramente che abbia fatto una cosa straordinaria, difficile - non ne conosco i motivi - ma sicuramente l’ha fatto per il bene della Chiesa.

    D. - La rinuncia del Papa al ministero petrino è sicuramente un gesto di umiltà, di coraggio; una decisione da accogliere con fede in un mondo che invece spesso indica altre vie…

    R. - Io credo sia proprio questo: il Papa ha dimostrato in modo straordinario che si può aiutare in questo caso la Chiesa anche lasciando il posto più importante della Chiesa. Quindi, credo che questo dovrebbe essere di monito a tante persone che sono magari nei posti di comando e che possono fare tante cose e che a volte non le fanno. Io credo che il Papa sia stato straordinario in questo. Sono molto dispiaciuto che lui abbia lasciato, però è chiaro che ha avuto delle motivazioni importanti. Credo sia stato un grande Papa.

    D. - Il calcio, il mondo di cui tu fai parte, sembra un mondo immerso soprattutto in gesti tecnici, in schemi da provare durante gli allenamenti, nelle emozioni della partita… Ma in questo mondo anche la fede - quella autentica, non quella che sfocia nella scaramanzia - ha una sua rilevanza. In particolare, qual è il tuo rapporto con la fede?

    R. - La fede è molto importante. La fede ti aiuta sempre. È chiaro che nei momenti difficili della vita ci si può attaccare di più alla fede, però io ho questa fede da quando sono bambino. Sono nato con questi valori, sono cresciuto all’oratorio… Quindi, credo sia importante e può aiutare veramente tanto nella vita, non solo nei momenti difficili ma anche quando non si ha niente da chiedere. Credo che pregare, andare a Messa sia importante e che aiuti molto.

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    Nella Chiesa e nel mondo



    Terra Santa: domani la Custodia in preghiera per Benedetto XVI e la Chiesa

    ◊   Domani 28 febbraio, in tutte le fraternità della Custodia, nella preghiera comunitaria si pregherà per le intenzioni di Benedetto XVI. È quanto ha stabilito il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, per accompagnare il Pontefice nel suo ultimo giorno di pontificato e per sostenere la Chiesa nel periodo di sede vacante. In una nota, pervenuta all'agenzia Sir, padre Pizzaballa ricorda come “grande è l’attenzione che Benedetto XVI ha avuto per la Terra Santa e la Custodia. Ha visitato i territori della nostra missione più volte (in Terra Santa, nel 2009 e a Cipro nel 2010, Libano nel 2012). Come Frati Minori di Terra Santa, vogliamo rivolgerci al Signore, con la preghiera di lode e intercessione, per le intenzioni di Benedetto XVI e per la Chiesa”. Il 28 febbraio, stabilisce il Custode, “nella preghiera comunitaria si pregherà per le intenzioni di Benedetto XVI. La prima messa nel Santo Presepio, nel Calvario, nel Santo Sepolcro, nella Casa di Pietro a Cafarnao, nel Primato di Pietro a Tabgha, e Nazareth, siano secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. Si pregherà per la santa Chiesa, nel periodo di sede vacante, nell’Ora Santa dei Santuari di Nazareth e del Getsemani, nelle processioni quotidiane di Betlemme e del Santo Sepolcro, nella Via Crucis del venerdì a Gerusalemme. Il giorno precedente al Conclave si terrà una messa votiva allo Spirito Santo nel Cenacolino”. (R.P.)

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    Siria: sono un milione i rifugiati, campi profughi al limite

    ◊   Sono ormai circa un milione i profughi rifugiatisi oltreconfine dall’inizio del conflitto in Siria. Il dato si ricava dagli ultimi aggiornamenti diffusi dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, secondo cui Libano e Giordania sono i primi due paesi per numero di arrivi – con circa 300.000 a testa – seguiti da Turchia, Iraq ed Egitto. In totale 925.000 rifugiati ospitati in parte in strutture create ad hoc ma già al limite della loro capacità. E’ il caso del campo di Zaatari, nel nord della Giordania, dove domenica si sono verificati scontri fra rifugiati e forze di sicurezza che hanno causato alcuni feriti. Il giorno prima una manifestazione era stata dispersa con l’uso di gas lacrimogeni. La situazione in Giordania - riporta l'agenzia Misna - è resa progressivamente più difficile dal flusso ininterrotto e in aumento di nuovi profughi. Soltanto ieri, secondo dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), 3050 siriani hanno superato la frontiera portando ad oltre 50.000 gli arrivi del mese in corso. Il governo di Amman sostiene inoltre che i siriani giunti in Giordania da marzo 2011 sono circa 400.000, ovvero 100.000 in più rispetto alle stime dell’Onu. La prospettiva di vedere altre decine di migliaia di siriani lasciare il proprio Paese è a questo punto più che concreta a meno che il conflitto non si fermi. La soluzione politica è ancora quella caldeggiata dalla Russia, che ieri ha ricevuto il ministro degli Esteri siriano Walid Al Mouallem; quest’ultimo ha sostenuto che Damasco è pronta a negoziati anche con l’opposizione armata. Dichiarazioni che probabilmente avranno un qualche peso a Roma, dove nei prossimi giorni è in programma l’undicesima riunione degli Amici della Siria, il gruppo di Paesi che sostiene l’opposizione. Nella capitale italiana ci dovrebbe essere anche Ahmed Mouaz Al Khatib. Il presidente della Coalizione nazionale siriana (uno dei principali gruppi di opposizione) aveva in un primo tempo annunciato il boicottaggio del vertice, ma sembra essere tornato sui suoi passi. (R.P.)

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    Iraq: nuovo gruppo militante sciita minaccia sunniti e cristiani

    ◊   Quello che tutti temono è un ritorno della violenza settaria che per anni ha insanguinato il Paese: famiglie di un quartiere sunnita di Baghdad hanno ricevuto nelle scorse settimane avvertimenti e minacce dall’Esercito di Mukhtar, nuovo gruppo militante musulmano sciita che sta terrorizzando la popolazione civile con slogan del tipo”: “Andatevene o inizierà la vostra grande agonia”. Secondo gli osservatori, il gruppo, che avrebbe contatti con la Guardia Rivoluzionaria iraniana, intende riaccendere nel Paese tensioni settarie che esplosero all’domani dell’arrivo delle truppe americane, poi lentamente diminuite a partire dal 2008, e vuole colpire, in particolare, i sunniti e le altre minoranze religiose. Una simile ondata di violenza potrebbe facilmente annullare i fragili passi avanti che l’Iraq ha compiuto negli ultimi anni, a livello politico, economico e sociale. La minoranza sunnita in Iraq ha più volte indetto manifestazioni pubbliche, lamentando “una discriminazione da parte del governo in carica”, mentre gruppi estremisti sunniti hanno aumentato attacchi su larga scala contro obiettivi prevalentemente sciiti. Le forze di sicurezza irachene, presenti in diversi quartieri di Baghdad, cercano di garantire maggiore sicurezza alla popolazione civile, ma molti temono l’insorgere di un autentico conflitto confessionale. In questa situazione, i cristiani iracheni restano l’anello debole della società: stretti nel conflitto fra sciiti e sunniti, vittime di gruppi terroristi che considerano le minoranze religiose “ospiti indesiderati” nel Paese. Consci della criticità del momento e delle sfide future, i leader cristiani, e in particolare il nuovo Patriarca caldeo, mons. Luis Sako, chiedono a tutti i cittadini di “abbandonare interessi personali, partigiani, anche religiosi e confessionali” e si appellano ai rappresentanti della politica, della società e delle comunità religiose “ perché lavorino per il bene dell’Iraq e per la pace del popolo iracheno”. (R.P.)

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    Mali, attentato a Kidal: i gruppi armati cambiano strategia

    ◊   Un attentato suicida avvenuto ieri a Kidal, nel nord del Mali, ha causato almeno quattro vittime e ha ancora una volta segnalato il cambio di strategia dei gruppi armati che fino a gennaio tenevano sotto controllo questa parte del Paese. Ieri - riferisce l'agenzia Misna - l’obiettivo è stato un posto di blocco del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla, gruppo armato che sostiene i francesi); ma i precedenti attentati di Gao e le incursioni fatte a più riprese in aree ufficialmente tornate sotto controllo di Bamako lasciano aperti diversi interrogati. Sul Journal du Mali sono proprio questi interrogativi ad alimentare un articolo di fondo molto chiaro fin dal titolo: “Abbiamo forse sottovalutato il nemico?”. I combattenti islamisti, si legge, “hanno capacità proprie di un esercito… sono pesantemente armati, utilizzano ordigni esplosivi artigianali, ricorrono ad attentati suicidi oppure fanno esplodere ordigni con comandi a distanza”. Per Le Pays, giornale del vicino Burkina Faso, “il nemico non è scomparso e la pace è ancora lontana”. Ad alimentare la preoccupazione che la guerra sia ancora lunga è d’altronde la stessa Francia che da gennaio guida l’offensiva contro i ribelli. Come detto ieri dal ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, “combattimenti molto violenti” sono in corso sulle montagne dell’Adrar degli Ifoghas e questo, ha aggiunto, significa che è ancora prematuro parlare di un ritiro di truppe dal Mali. Pochi tra gli attori in campo hanno finora diffuso notizie particolareggiate su quanto sta avvenendo a nord e su bilanci. L’esercito maliano ha riferito della morte di 37 suoi soldati e del ferimento di altri 138; il Ciad, impegnato nella missione al fianco dei francesi, lamenta almeno 23 vittime; molti, sarebbero poi i caduti tra i ribelli. Questo scenario di guerra peggiora ulteriormente le condizioni di vita di una popolazione che doveva fare già i conti con la siccità e la carenza di beni di prima necessità. Secondo dati dell’Onu almeno 430.000 maliani sono stati costretti alla fuga. Di loro, ha detto John Ging, dirigente dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari da poco rientrato a New York dal Mali, deve occuparsi con urgenza la comunità internazionale. (R.P.)

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    Congo: nell'Est divisioni e rivalità dei ribelli alimentano l'insicurezza

    ◊   Nonostante la firma di un accordo regionale di pace per l’Est del Congo, lo scorso fine settimana ad Addis Abeba, sul terreno si stanno manifestando nuove dinamiche che fanno temere per la sicurezza dei civili. Prima fra tutte, avvertono esponenti della società civile della provincia del Nord Kivu, le divisioni all’interno del Movimento del 23 marzo (M23) che si sono già tradotte in violenze nei giorni scorsi nel territorio di Rutshuru. Secondo l’emittente locale ‘Radio Okapi’, la maggior parte degli uomini che rispondono agli ordini del generale Sultani Makenga, capo militare dell’M23, si sarebbero ritirati dal centro di Rutshuru e dalle vicine località di Nyongera, Mabenga, Rubare e Ntamugenga, rimaste sotto il controllo dell’ala ‘rivale’ vicina a Bosco Ntaganda, lo storico leader dell’ex ribellione del Cndp latitante e ricercato dalla Corte penale internazionale. Gli uomini di Makenga si sarebbero riposizionati sulle colline di Mbuzi, Runyonyi e Nyabitona, mentre un altro gruppo si è incamminato verso Bunagana, centro strategico al confine con l’Uganda, a circa 20 km a est di Rutshuru. Inoltre testimoni locali hanno riferito che diverse località del territorio di Rusthuru abbandonate dall’M23 sono entrate nel mirino dei ribelli ruandesi delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda (Fdlr). Lunedì questi avrebbero occupato per alcune ore Rugari, a 40 km a nord di Goma. “Questi dissensi causeranno nuovi morti e spostamenti di civili” hanno già denunciato attivisti dei diritti umani. Nella vicina provincia del Sud-Kivu, fonti della società civile contattate dall'agenzia Misna hanno invece confermato una situazione di “insicurezza persistente e preoccupante”, in particolare a Uvira e nei dintorni, in preda a violenze commesse dalle stesse Fdlr e dalla ribellione burundese delle Forze nazionali di liberazione (Fnl). Inoltre nella zona sono anche attivi i miliziani rivali dei Mayi Mayi Raia Mutomboki. L’emittente ‘Radio Okapi’ ha registrato ingenti spostamenti di civili dai villaggi di Kitundu, Kagogo, Cishagala, Muchuba, Masango e Mulenge. Gli abitanti si sono lamentati dell’ “assenza dei militari regolari nelle località occupate dai gruppi armati stranieri”. Il comandante della X regione militare delle Forze armate regolari del Congo (Fardc), il generale Pacifique Masuzu, ha assicurato che “è in corso un’operazione di rastrellamento nella zona di Uvira per cacciare le forze negative e consentire alla popolazione di vivere in pace”. Dalla nascita dell’M23, lo scorso aprile, le truppe regolari congolesi sono state dirottate verso le roccaforti dell’ultima ribellione, lasciando scoperte ampie porzioni di un vasto territorio ricco di risorse minerarie contese da una miriade di milizie armate. L’intesa raggiunta il 24 febbraio in sede dell’Unione Africana da 11 capi di Stato e responsabili della regione dei Grandi Laghi, alla presenza del Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, prevede la creazione di una “brigata di intervento” di sostegno alla locale missione Onu (Monusco) che verrà dispiegata al confine col Rwanda per “imporre la pace”. Inoltre i firmatari, tra cui Rwanda e Uganda, si sono impegnati a “non tollerare né dare sostegno a nessun tipo di gruppo armato” nel Paese confinante. (R.P.)

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    Turchia: un pastore protestante espulso, un altro sfuggito a un attentato

    ◊   Il Pastore protestante americano Jeremiah Ian Mattix, che svolgeva da oltre dieci lavoro pastorale nella chiesa protestante a Diyarbakir, è stato espulso dal Paese, perché accusato di “svolgere lavoro illegale”. Come appreso dall'agenzia Fides, il Pastore per anni aveva ricevuto il rinnovo di un “visto turistico” sul passaporto, e aveva continuato a prestare servizi di culto nella sua chiesa. Nelle scorse settimane, dopo aver subito un controllo da parte di due agenti in borghese, il Pastore è stato denunciato all’Ufficio immigrazione con l’accusa di svolgere un lavoro illegalmente”. Le autorità turche hanno deciso di espellerlo della Turchia, condannando il Pastore e la chiesa a pagare una multa. Il Pastore ha reagito affermando che le autorità, come i cittadini della regione, “sapevano benissimo i servizi che svolgeva”. La Chiesa Protestante di Diyarbakir ha spiegato che Mattix era stato inviato dalla Chiesa negli Usa data l’assenza di un Pastore per la comunità. Mattix operava in modo del tutto volontario e non percepiva alcun salario. La Chiesa chiede al governo che ai “funzionari religiosi cristiani” sia permesso di soggiornare in Turchia per motivi di culto, proprio come accade agli imam che vivono in Europa. In un altro caso segnalato a Fides dalla Chiesa protestante di Izmit, la polizia ha arrestato 14 sospetti nel tentato omicidio del Pastore protestante turco Emre Karaali. Il gruppo di terroristi, che si era infiltrato fra i fedeli della Chiesa di Izmit, stava organizzando attentati per colpire i cristiani nel mese di gennaio. Due degli arrestati hanno frequentato l’assemblea per più di un anno, per diventare vicini al Pastore e a sua moglie. L’Associazione delle Chiese protestanti in Turchia ha denunciato almeno una decina di incidenti di intolleranza verso Pastori e fedeli cristiani nel 2012, lanciando un appello per il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa in Turchia. (R.P.)

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    Francia. "Mariage pour tous": respinto il ricorso di 700 mila cittadini

    ◊   L’ufficio del Consiglio economico, sociale e ambientale (il Cese) ha dichiarato ieri “inammissibile” il ricorso firmato da 700 mila cittadini francesi che, utilizzando per la prima volta questo nuovo processo di democrazia partecipativa, chiedevano al Cese una sospensione della procedura legislativa in corso sul progetto di legge presentato dal governo che apre il matrimonio e l’adozione alle coppie omosessuali. La petizione al Cese fa parte di una serie d’iniziative messe in atto da “La manif pour tous”, cartello di 34 associazioni che si sono unite per contrastare il progetto di legge del ministro della giustizia Toubira. E ieri l’Ufficio di presidenza del Cese si è pronunciato sulla irricevibilità della petizione. Dopo aver esaminato e controllato le firme e rilevato che le condizioni di numero e forma sono state regolari, il Cese ha fatto però sapere che ai sensi delle leggi vigenti, solo il primo ministro e non una petizione di cittadini può richiedere al Cese un parere su un progetto di legge né tantomeno autorizzare una sospensione di una procedura legislativa in corso. Ha tuttavia deciso di avviare una consultazione sulle “evoluzioni contemporanee della famiglia e le loro conseguenze in materia di politiche pubbliche”. In un comunicato, le associazioni che aderiscono al cartello “La manif pour tous” hanno espresso tutta la loro delusione. “Prendiamo atto - si legge in un loro comunicato - che è nata morta la nuova procedura del 2010, e volta a dare la possibilità ai cittadini di richiedere al Cese di avviare una riflessione approfondita su una riforma così fondamentale del diritto civile come l’istituzione del matrimonio e il diritto di filiazione”. Le associazioni concludono invitando i francesi e in particolare coloro che hanno firmato la petizione a “scrivere la loro disapprovazione a François Hollande” e partecipare alla manifestazione del 24 marzo a Parigi, di nuovo sugli Champs Elysées. (R.P.)

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    Austria. Il card. Schönborn ai rifugiati nella chiesa di Vienna: "Siate ragionevoli"

    ◊   Prima di lasciare Vienna per recarsi a Roma, ieri, il card. Christoph Schönborn ha scritto una lettera ai 40 rifugiati che da metà dicembre occupano la Votivkirche a Vienna e rivendicano maggiori diritti per i rifugiati politici. “Il cardinale ha ripetuto la sua richiesta accorata affinché i rifugiati si trasferiscano in un alloggio più consono, e perché si rendano più disponibili alla collaborazione con le autorità” spiega l’agenzia austriaca Kathpress, che ha diffuso la notizia. “Per favore, siate ragionevoli, e non distruggete nella Votivkirche le vostre reali possibilità, a motivo di una illusione”: queste le parole del cardinale che invita i rifugiati - che rischiano di perdere le possibilità di soggiornare in Austria - a seguire le procedure imposte dalla giurisprudenza austriaca. Secondo quanto riportato sul sito dei rifugiati, uno di loro è stato arrestato venerdì scorso dalla polizia austriaca, mentre si trovava fuori dalla chiesa. Infatti, come spiega la Caritas Vienna, “non ci può essere una soluzione collettiva”: ogni singolo rifugiato deve chiarire la propria posizione. Ma la Caritas denuncia anche le disparità tra Germania ed Austria, ad esempio, per le quote di accoglienza dei pakistani (18% contro 1% nel 2012). (R.P.)

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    Sud Sudan: l'impegno della Chiesa per fornire arti artificiali

    ◊   La Chiesa cattolica ha aiutato 20 persone che hanno subito amputazioni nella guerra nei Monti Nuba (Sudan) a raggiungere una struttura ospedaliera in Uganda dove potranno ottenere protesi artificiali. Queste persone si uniranno ad altre 13 provenienti dal campo profughi di Yida (Sud Sudan). Il Sudan Catholic Network ha citato un ufficiale medico che ha spiegato come mons. Macram Max, vescovo di El Obeid (nella cui diocesi ricadono i Monti Nuba) ha esercitato pressioni per ottenere fondi al fine di impiantare arti artificiali ai pazienti e permettere loro di condurre una vita normale. Il primo gruppo di 35 persone era stato inviato in Uganda per subire l’impianto di arti artificiali. Uno dei nuovi pazienti si è detto felice di essere nella lista di coloro che si recheranno in Uganda per ricevere una nuova gamba ed ha ringraziato la diocesi di El Obeid per l'opportunità offertagli. Sono stati pianificati viaggi per altri dieci gruppi di amputati in diversi ospedali in Uganda per l’impianto di arti artificiali. (R.P.)

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    Il fenomeno dei minori impiegati nel lavoro domestico

    ◊   Dieci importanti organizzazioni internazionali esortano i ministri del lavoro in tutto il mondo a proteggere i bambini che lavorano in servizi domestici e a ratificare la Convenzione dell’International Labour Organization (Ilo) sui lavoratori domestici In una lettera aperta diffusa il 25 febbraio e inviata a Fides, le organizzazioni, fra le quali Human Rights Watch e Amnesty International, chiedono di stabilire un età minima per il lavoro domestico, in accordo con la Convezione Ilo, adottata nel giugno 2011. Il documento punta a migliorare la vita dei quasi 15 milioni di bambini, che si stima sono impegnati in lavoro domestico in diverse nazioni del mondo, affermando che non devono essere privati dell’istruzione, un loro diritto essenziale. La Convenzione è stata ratificata, finora, da quattro governi: Uruguay, Filippine, Italia e Mauritius, e in almeno 48 paesi, il Parlamento o altre istituzioni stanno analizzando il testo per l'approvazione. I firmatari della Lettera aperta sono le organizzazioni per i diritti dei bambini, i diritti umani e gruppi umanitari, presenti in oltre 135 paesi in tutto il mondo: Amnesty International, Anti-Slavery International, Defence for Children International, Child Rights International Network, Global March against Child Labour, Human Rights Watch, International Domestic Worker Network, International Labor Rights Forum, Plan International e World Vision. (R.P.)

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    Ucciso un parroco a Trapani. Il dolore del vescovo

    ◊   La notizia della tragica morte di don Michele Di Stefano, parroco della frazione di Ummari, a Trapani, ucciso nel sonno nel letto della canonica, ha lasciato sgomenta la comunità diocesana, per l'efferatezza di un omicidio di un parroco che nonostante l'età, 79 anni, non ha voluto lasciare il territorio della sua parrocchia scegliendo di restare in mezzo al suo popolo. "La morte improvvisa di un prete è per il vescovo sempre motivo di dolore e di sorpresa. Ma quando questa morte è frutto di violenza omicida, lascia tutta la comunità ecclesiale nella desolazione e nel buio perché ci si chiede quali gravi motivi abbiano armato la mano criminale per uccidere la sua vittima nel sonno", dice mons. Alessandro Plotti, amministratore apostolico della diocesi di Trapani. "Era un uomo buono, cordiale e zelante che a Ummari aveva rapporti sereni con tutti. Recentemente - ricorda mons. Plotti - all'ultimo incontro del clero, avevo parlato a lungo con lui per avviare l'iter per il restauro della chiesa e del campanile della piccola frazione. Mi è sembrato totalmente sereno e mi aveva proposto di partecipare ad una cena con i suoi parrocchiani". Il vicario generale, mons. Liborio Palmeri, che insieme ad altri presbiteri si è recato nella canonica di Ummari, afferma: "Siamo profondamente addolorati e pieni di sgomento. Oggi vediamo don Michele, che ha dedicato gran parte della sua vita al mondo rurale, come il seminatore della parabola che diventa quel chicco di grano del Vangelo che muore nel suo campo per portare frutto nel tempo opportuno per le comunità parrocchiali che ha servito e per tutta la Chiesa di Trapani. Lo ricordiamo per il suo tratto umano che lo rendeva particolarmente gioviale e vicino alla sua gente che per anni ha servito". Don Michele Di Stefano - riferisce l'agenzia Agi - era sacerdote da 48 anni. Ordinato presbitero nella sua città a Calatafimi dal vescovo Francesco Ricceri nel 1965, è stato parroco per 43 anni nella frazione di Fulgatore. Compiuti 75 anni ha continuato il suo ministero pastorale di parroco dedicandosi alla parrocchia "Gesù, Giuseppe e Maria" della vicina Ummari. Per molti anni è stato assistente dei lavoratori di Azione cattolica e assistente spirituale della Coldiretti provinciale, ruolo al quale dedicava molte energie. (R.P.)

    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LVII no. 58

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    E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

    Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Chiara Pileri.